Gli eretici d'Italia, vol. II - 06
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l'apologia della sua fede, ma s'arresta al canone della giustificazione,
«dalla viva fede del quale pende tutta la salute della vera Chiesa di
Cristo, e la ruina del regno d'Anticristo. Però per esso sono
perseguitato e questo è ch'io credo, e confesso con Paolo (_Rom._ 8)
che, essendo gli uomini, per il peccato del primo parente, figliuoli
dell'ira e della dannazione morti e impotenti a rilevarsi e a
reconciliarsi con Dio, Cristo giustizia nostra, mandato dal suo eterno
Padre, con attribuirsi li peccati delli suoi eletti, e offerirsi in
croce per essi, ha satisfatto pienissimamente, e in tutto placato l'ira
di Dio; immo adottati per figli del suo eterno Padre e fatti suoi eredi,
ricchi di tutti li divini tesori e grazie; e tutto per Cristo, per mera
grazia e misericordia di Dio, senza che 'l meritassimo o facessimo
alcuna opera, la quale in tutto o in parte fosse di tal grazia degna.
Talchè, non perchè gli eletti aprano gli occhi e conoscono Dio, vanno a
esso e operano in gloria sua opere sante, o si fanno forza di operare,
però Dio gli accetta a braccia e gli ha eletti: ma perchè per mera
grazia gli ha eletti in Cristo. Però li chiama internamente e tira a sè,
n'apre gli occhi, gli dà lume, spirito e grazia, e li fa fare opere
buone in gloria sua, in modo tale che, benchè l'empio sia libero in fare
e non far molte opere umane e basse, niente di meno, infinchè per Cristo
non è rigenerato, essendo prigione e servo del peccato, non può operarne
divine e alte per non essere in sua libertà d'operare nè in tutto, nè in
parte in gloria di Dio. E questo perchè non è in alcun modo in sua
potestà l'avere spirito, lume sopranaturale, fede, speranza e carità, e
l'altre virtù necessarie per operare a gloria di Dio. Immo l'empio,
mentre che è empio, se ben facesse tutto quello potesse, non solo non
amerebbe Iddio con tutto il cuore, e il prossimo infino alli inimici
come se medesimo, ma non osserverebbe straccio della divina legge, nel
modo che è obbligato. È ben vero che farebbe delle opere estrinseche, ma
non a onore di Dio, sì come è tenuto; però non satisfarebbe a un minimo
suo peccato o obbligo, nè meriterebbe appresso a Dio benefizio alcuno,
nè si disporebbe in modo alcuno alla divina grazia, immo in tutte
quell'opere sue peccherebbe non per farle ma per non farle a gloria di
Dio sì come è obbligato. Nè per questo debbe l'empio mancare d'andare a
udire la parola di Dio, di fare elemosine, orazioni e simili opere.
Imperocchè in non farle peccarebbe molto più. Dio vuole che si passi per
simili mezzi, e che se gli obbedisca nel modo possiamo riconoscere ogni
grazia in tutto da Dio per Cristo e in nessun modo da noi.
«Ma dipoi che siamo liberi da Cristo dal peccato, e per fede rigenerati,
se bene restano in noi le prave concupiscenze a esercizio di virtù,
nientedimeno abbiamo un cuor nuovo, e tale che non gli consentiamo nè
obbediamo, immo gli repugnano. Allora essendo veramente liberi,
liberamente con spirito operiamo opere grate e accette a Dio, secondo le
quali ci renderà, non perchè in sè siano degne di essere premiate,
essendo anco quelle de' giusti sempre imperfette, e non tali quali ci
sarebbe debito e si converebbe all'infinita bontà di Dio, benchè tali
difetti non ci siano imputati per essere noi già membri di Cristo. Ma i
giusti saranno premiati secondo l'opere loro, in quanto che quelli che
avranno fatto migliori opere, avranno tanto migliore lume della bontà di
Dio, e con maggior fede abbracciato per suoi li tesori di Cristo: però
se ne saranno insignoriti, li goderanno con maggior sentimento
spirituale, e saranno più felici, ma non già per la degnità delle loro
opere, ma per la degnità d'esse opere di Cristo, e per mera bontà e
misericordia di Dio. Però, benchè possiamo satisfare alcuna volta ai
debiti e obblighi che abbiamo con gli uomini, e appresso d'essi meritare
qualche grazia, nientedimeno non possono in modo alcuno satisfare a uno
de' minimi obblighi e debiti, che abbiamo con Dio, nè meritare appresso
a lui una minima grazia: immo di continuo crescono gli obblighi nostri;
e rimosso Cristo, tutte l'opere nostre, passate alle bilancie della
divina giustizia, sono degne di punizione.
«È pure vero questo che, se avessimo a gloriarci dell'opere, io potrei
gloriarmi sopra molti altri, imperocchè come Paolo facevo profitto nel
mio giudaismo sopra molti miei coetanei: ma ora col medesimo Paolo,
reputo come fango tutte l'opere e giustizie mie, nè cerco se non di
possedere Cristo con fede per mio, ed essere trovato in esso ricco, non
delle mie giustizie e opere, ma delle sue.
«In cospetto di Dio adunque non vedo altre satisfazioni che quelle di
Cristo, nè altre indulgenze se non quelle che per lui abbiamo, e
solamente in Cristo vedo esser purgati li peccati de' suoi eletti e
pienamente. E se Dio alcuna volta li castiga, non è per satisfarsi nè
purgarli de' peccati, o della pena ad essi debita, essendosi tutto
adempito a sufficienza e superabbondanza in Cristo, ma per svegliarli,
umiliarli, perseverarli e esercitarli in tutte le virtù, con farli ogni
dì più perfetti. Non vedo anco altri tesori spirituali e meriti, che
quelli di Cristo, nè altre grazie e benedizioni e giustizie; e è
empissima cosa patire o operare con intento di satisfare in cospetto di
Dio a peccati o agli obblighi che abbiamo con lui, o con animo di
meritare appresso a Dio. Perchè, è un dire, che Cristo non ha satisfatto
in tutto, nè meritatoci ogni tesoro e grazia, ma che in parte siamo
salvi per noi, con diminuire la gloria di Cristo, la quale per esso si
debbe tutta dare a Dio, e non darne parte all'uomo, al quale non si
conviene se non obbrobrio, confusione, vergogna e vitupero.
«Credo anco e confesso che al mondo non fu mai nè sarà altra vera, pia e
santa religione se non quella di Cristo, la quale consiste in credere
vivamente che siamo in tutto purgati da peccati per Cristo, e per lui
reconciliati col Padre, giustificati, santificati, adottati per
figliuoli di Dio, e fatti suoi ricchissimi e felicissimi eredi; e colui
che questo crede con maggior fede, è meglio cristiano e religioso; tutte
l'altre religioni nelle quali gli uomini cercano, credono e pensano di
giustificarsi, purgarsi e arricchirsi da sè in tutto o in parte, sono
empie, e tanto più quanto che più patono o si affaticono a questo fine
con sotterrare il gran benefizio di Cristo. Nè per questo, danno
ritraggo dalle buone opere, immo nessuna cosa è che tanto ecciti e serva
a bene operare sì come questa viva fede, che siamo salvi in tutto per
Cristo, per mera grazia e bontà di Dio, e in nissun modo per nobiltà,
dignità, bontà, o preziosità d'opere nostre.
«Aggiungo anco di più, che è impossibile farsi da noi un'opera veramente
buona, grata e accetta a Dio se non abbiamo questa viva fede;
imperocchè, mentre che l'uomo pensa almanco in parte potere satisfare e
meritare da sè, non opera mai in tutto a gloria di Dio, e questo perchè,
non sentendo il gran beneficio di Cristo d'essere salvo in tutto
solamente per lui, resta sempre in amor proprio e confidenza di sè, però
opera per interessi suoi.
«Ma quando in Cristo sente tanta bontà di Dio, che solamente per Cristo
e per grazia crede esser salvo, allora non avendo più causa d'operare
per sè, e scoprendosegli supremamente la gran carità di Dio in Cristo, è
sforzato a operare non da servo per timor di pena, o speranza di premio,
ma da figlio per impeto di spirito e d'amore a gloria di Dio; e queste
sono l'opere che gli sono grate. Credo anco e confesso essere una sola
universale santa e cattolica Chiesa di Cristo, cioè la congregrazione
degli eletti e di quelli che credono in tutto essere giustificati per
Cristo. Questo è quello che non può errare, in cose che importino alla
salute, stante in essi lo Spirito Santo. E se gli eletti qualche volta
cascano, non però periscono, imperocchè Cristo è con essi sempre, e sarà
in fin alla consumazione del secolo.
«Credo anco e confesso, che tutti gli eletti si salvino per Cristo e per
mera grazia, e non per alcuna opera loro, nè in tutto, nè in parte; e
credere così è l'unica fede, per la quale i veri e buoni cristiani sono
differenti da tutte l'altre false fedi, religioni e sêtte. Immo in
questa fede consiste tutta la somma della cristianità. E di più credo e
confesso, questo essere l'unico e vero evangelio di Dio, promesso per i
profeti nel vecchio Testamento, predicato da Cristo, da Paolo, dagli
apostoli e da santi. Di questa verità ne sono piene le Scritture sacre,
e in particolari l'epistole di Paolo alli Romani e Galati. Questa è
quell'evangelica verità, per la quale Cristo fu crocifisso, lapidato
Stefano, e i profeti di Dio, gli apostoli e santi perseguitati,
incarcerati, flagellati e morti. Per questa verità sono fuor d'Italia
perseguitato a morte, e dagli anticristiani avuto per escomunicato, ma
la causa è sì giusta che mi scusa per se stessa. Se erro in questo
articolo, hanno anco errato dal principio del mondo infin a ora tutti
quelli che in verità sono stati santi, precipue gli apostoli e
singolarmente Paolo, immo e Cristo, e meritano tutti d'essere
escomunicati, reprovati, e maledetti. Immo se in questo erro, si
dovrebbono abbruciar gli evangelj, l'epistole di Paolo, e tutte le
scritture sacre, imperocchè l'evangelo sarebbe un inganno, falsa la fede
di Cristo, empia la religione, il che è impossibile. Le scritture sacre
rendono testimonio di questa verità. Studiate con umiliarvi di cuore a
Dio, e vi darà lume del vero. Ho incominciato e con la divina grazia
seguirò di dare in luce sommariamente e vulgarmente quelle cose, che
sono necessarie al cristiano, acciò siate inescusabili appresso a Dio.
Direte, — Le tue opere sono proibite leggersi. — Rispondo, che questo è
evidente segno ch'elle danno lume del vero, e essi non vorrebbono essere
scoperti. In quelli miei sermonelli non v'è in sostanza altro che le
proprie sentenze e parole delle scritture sacre. Però in proibirle,
proibiscono ai popoli la parola di Dio. Vedete se sono empj, e se se gli
debba obbedire, e dall'altra parte, nelle pubbliche scuole e per i
pulpiti lasciano leggere e predicare profana, eretica, empia dottrina,
purchè non tirino l'acqua da' loro mulini.
«La luce dell'evangelio non è sì piccola, che, se siete in essa, abbiate
da temere che io v'inganni, immo è sì grande, che secondo Paolo, è
ascosta solamente a quelli che periscono; e se siete in tenebre, dovete
farvi beffe di chi vi proibisce il lume. Non amo sì poco la mia patria,
che io volessi ingannarla, immo li miei, me stesso e Cristo. Se anco
fossi io solo in credere e confessare il vero evangelio, e voi non mi
credessi, avereste qualche apparente scusa; ma non vedete, che la
maggior parte de' Cristiani hanno aperto gli occhi al vero? massime i
nobili, pii e veramente dotti spiriti? E se in Italia, in Francia e
nella Spagna potesse liberamente predicarsi l'evangelio sì come in
Germania, quasi ognuno accetterebbe, sì è potente la verità.
«Ma con tutto che sieno proibiti li libri cristiani e il predicarsi la
pura parola di Dio, e di più puniti crudelissimamente quelli che
confessano, o si mostrano amici dell'evangelio, nientedimeno, quanto
sono più perseguitati, esprobati, incarcerati, bruciati e morti, più
crescono. Se vedeste il numero de' Cristiani segreti, che sono in
Italia, in Francia e nell'altre parti del mondo, vi stupireste. S'ella
non fosse opera di Dio si dissolverebbe, siccome disse già Gamaliel; ma
la va sempre crescendo.
«Forse potete dire che questa sia dottrina nuova? È quella de' profeti,
di Moisè, di Cristo, degli apostoli e di tutti i santi; quella che
incominciò al principio del mondo, è durata infino ad ora, e durerà
sempre. Vero è che per un tempo è stata sepolta, e in modo tale che,
quando alli tempi nostri Cristo incominciò a dare di sè un poco di lume,
si verificò quello che già predisse quando disse, _Credi, che quando
verrà il figlio dell'uomo, cioè a manifestarsi in spirito, troverà fede
in terra?_ Come un folgore e un baleno che viene da Oriente, subito
apparisce in Occidente, immo illustra tutto, così fa adesso l'evangelio.
Dottrina nuova sono l'umane e diaboliche invenzioni e tradizioni che si
predicano nel regno d'Anticristo, sforzandosi non di cattivare la loro
carnale prudenza e sensualità alla parola di Dio, ma di tirare con gli
argani fuori d'ogni sesto ai loro propositi le scritture sacre, con
corromperle e depravarle, e con servirsi del nome solo di Cristo, della
sua Chiesa e religione, imporlo di nuovo su la croce.
«Forse che il credere che siamo salvi solamente per Cristo, per mera
grazia e bontà di Dio, è dottrina sospetta? Immo è sicurissima, talchè
se bene non avesse il testimonio delle scritture sacre e dello Spirito
Santo, in ogni modo è sì chiara, che per se stessa si manifesta vera,
santa e divina, perchè dà tutta la gloria a Dio, e all'uomo ignominia e
confusione, e in queste due cose non si può nè eccedere, nè errare.
Cristo, quando volle provare agli Ebrei, i quali calunniavano la sua
dottrina, ch'ella era vera e santa e divina, lo dimostrò con questo
mezzo, perchè ella dava tutta la gloria a Dio. Sospetta vi debbe essere
la dottrina d'Anticristo, perchè esalta l'uomo con deprimere Cristo.
L'omo non è altro che un empio e velenoso verme, e nella sua salute
volle esser compagno di Cristo. Forse che non c'è stato predetto che
Anticristo debba venire, e che il suo regno debba succedere all'imperio
romano, sì come Paolo scrisse, che sarà uomo di peccato, figliuolo della
perdizione, che sederà nel tempio di Dio, e si mostrerà al mondo come
s'el fusse Dio? immo per questo si chiama Anticristo, perchè si metterà
innanzi a Cristo, e si farà adorare in loco suo, estollendosi sopra Dio,
e gli sarà contrario allora abbondando l'iniquità, essa abominazione
starà nel loco santo.
«Ditemi, non abbiamo noi viste tutte le predette cose nella tirannide
papistica? È stato anco predetto, non solo che l'opere loro saranno di
Satana, ma che la dottrina loro sarà di demonj, e essi dicono che non
possono errare. Paolo dice che l'uomo animale non intende le cose dello
spirito, e loro essendo carnalissimi e impiissimi, non solo presumono di
volere giudicare, sindacare e dannare le cose divine e spirituali, immo
camminando alla cieca, vogliono che se li creda che non possono errare.
«È stato pur predetto che sarà allora tal tribulazione, che non fu mai
la simile, e che sedurranno e inganneranno il mondo infin con segni,
miracoli e prodigi mendaci e falsi; talchè, se quelli giorni non fossero
abbreviati, ognuno si dannerebbe, infino agli eletti se fosse possibile;
ma Dio abbrevierà per loro rispetto. È stato pur predetto e predicato,
che la Chiesa debba reformarsi: non vi par forse che ne abbia bisogno
non manco nella dottrina che ne' costumi?
«Abbiamo anco incominciato a vedere verificarsi quello che già Paolo
predisse, cioè che Cristo ucciderebbe Anticristo, non con le forze
umane, ma con lo spirito della sua bocca, cioè con la sua parola, e che
distruggerebbe e annichilarebbe il suo regno col mostrarsi in ispirito
chiaro e illustre, e dar lume di sè alli suoi eletti. Ditemi, si vede
pur che già è incominciato a cadere il suo regno. E che sia il vero,
dove è ora quel credito, quella reputazione, maestà, reverenzia,
obbedienza, autorità, dominio, tirannide infin nelle coscienze, che i
papi con ingannare il mondo, avevano ad un venticinque anni in là? Dov'è
quella affluenza di popoli, i quali correvano a Roma dove sono tante
loro rendite e entrate? Già il mondo si fa beffe delle loro indulgenze,
giubilei, assoluzioni, benedizioni, censure e maledizioni; e se una
scintilla sola da un sì poco tempo in qua ha dato tanto lume del vero,
che credete faranno ora tante torcie accese? Al mondo non furono forse
mai, dagli apostoli in qua, sì chiari spiriti, nè anco sì bene discusse
le scritture sacre siccome ora; questa è opera di Dio, il quale vuole
sempre onore delle sue imprese.
«Vincerà adunque, però col sangue de' martiri, il qual si sparge di
continuo in diverse parti del mondo e si verificherà quello che disse
Cristo ch'el suo evangelio sarebbe predicato per tutto il mondo: allora
verrà la fine. Non vedete che non adorano già più Anticristo se non
certi uomini carnali per interessi proprj, e gente data in reprobamento?
E se 'l popolo ebreo non accettando Cristo quando venne in carne, non fu
escusato appresso a Dio per dire, come i nostri prelati dicono, che non
è il messia ma un seduttore, e ch'essi non possono errare, gli abbiamo a
credere? e non dobbiamo volere essere più savj di tutti gli altri? se la
nostra sinagoga e chiesa l'ha repudiato, siamo obbligati a fare il
simile anco noi? Non saranno anco scusati quelli che ora non accettano
Cristo, il quale si mostra in ispirito, nè gli gioverà il dire, sì come
molti dicono. Noi vogliamo credere secondo che ci hanno insegnato i
nostri parenti, e secondo che abbiamo trovato credere gli altri; la
nostra chiesa e i nostri prelati non possono errare; così non vogliamo
saperne più di loro. Immo tanto manco saranno escusati, quanto che ora
Cristo si mostra con maggior chiarezza, e quanto, che ora sono, in
diverse parti del mondo, tante chiese, tanti popoli e nobili spiriti,
che hanno ricevuto l'evangelio; e quanto la chiesa d'Anticristo è più
corrotta in dottrina e costumi che non fu mai la sinagoga degli Ebrei, è
possibile che non vediate la loro falsa religione essere piena d'umane
invenzioni, ipocrisie, superstizioni, idolatrie e abominazioni? O quanto
saresti felice, e si sarebbe per te se ti purgassi, Siena mia, de tante
ridicole farisiache fastidiose, perniziose, stolte e empie frenesie, di
quelli che mostrano d'essere li tuoi santi, e sono essa abominazione
presso a Dio, e pigliassi la parola di Dio e il suo evangelio nel mode
che lo predicò Cristo, gli apostoli e quelli i quali in verità l'hanno
imitato! Non vuoi fare qualche dimostrazione verso Cristo, essendo
dotata di tanti nobili spiriti? vuoi forse essere l'ultima a conoscere
Cristo? Apri, apri ora mai gli occhi al vero, acciò che conoscendo il
Figliuolo di Dio per ogni tua giustizia, sapienza, salute e pace,
vivendo a Dio sempre felice, gli renda ogni laude, onore, e gloria per
Gesù Cristo Signor Nostro. Amen»[42].
Più d'una volta nominammo Caterino Politi senese, fra' più vivi
battaglieri di quel tempo, e smaniato di trovare eresie, tanto che
denunziò alla facoltà parigina molte proposizioni ereticali nell'opera
del cardinale De Vio. _Ientacula, hoc est præclarissima plurimarum
notabilium sententiarum novi testamenti liberalis expositio._ A vicenda,
quando si trattò di elegger vescovo il Caterino, Bartolomeo Spina,
maestro del sacro palazzo, recò in mezzo cinquanta proposizioni, tolte
dalle opere di lui, dandole come ereticali: ma egli se ne difese. Ciò ad
indicare come allora fosse divulgata l'accusa di eresie[43].
Pensate se risparmiò l'Ochino. Narrando di sè, dice che dopo il primo
libro _adversus impia ac valde pestifera M. Lutheri dogmata, tacui
multis annis, cum jam scriberent plurimi in hæreticos Germaniæ, donec
venerunt qui, suppresso nomine, libellis lutheranam doctrinam
continentes, in vulgus sparserunt._ _Quo tempore fratrem B. Ochinum,
impium illum apostatam, dudum Italiæ concionatorem, suis coloribus parvo
livello depinxi, ut nosceretur crudelis hypocrita, et simplicium
animarum mactator, et libellum composui quem noncupavi Speculum
hæreticorum contra Bernardinum Ochinum, primo editum Romæ 1542._ Poi nel
1544 stampò in italiano la _Riprovazione della dottrina di Bernardino
Ochino e d'alcune conclusioni luterane_. Egli stesso, il 5 gennajo del
1543, da Roma scriveva alla balía di Siena:
«Magnifico e a me molto onorando magistrato; Essendomi venuta alle mani
un'epistola che Bernardino Ochino mandò alle magnificenzie vostre e a
tutta la città, la quale ha fatto stampare in Ginevra, e vedendo in
quella un perfetto veneno che vi porge per uccidere l'anime vostre, io,
mosso da persone religiose e dal zelo della fede, e dall'obbligo che
tengo con la mia patria in cose spirituali per la mia professione, ho
scritto un breve trattatello contro questa epistola, e contra la sua
pestilente dottrina, e hollo diritto a voi e a tutta la città, dedicato
all'arcivescovo, acciocchè, se ha Siena un figliuolo secondo la carne
che li porge con fallaci blandizie il veneno, non gliene manchi un altro
che con salutifere verità lo scopra, e faccila cauta, perchè ne va qui
il vero stato della vita eterna. Ricordo a voi quello che si promesse
nell'ultima riforma nel primo capitolo, cioè di attendere di conservar
la città contra l'eresie. La qual cosa se farete, posso sperare che la
misericordia di Dio venga sopra la città, e se non l'osservarete, vi
annunzio travagli orribili nel mondo, e di poi la dannazione eterna. E
questo mi sia testimonio e scusa dinanzi a Dio, che per me non è mancato
di predirvi questa verità. Il Signore ve ne liberi. Degneretevi di far
leggere il trattatello con comodità vostra, e di conoscere il vero, che
sarà facile a chi non si vorrà accecare lui stesso.
«Non mi accade altro se non ricordarvi la giustizia, e levar le
passioni, e attendere in prima all'onor di Dio, e a placarlo con vera
penitenza in tempi tanto travagliosi e pieni d'ira nell'Onnipotente».
Poi il 7 marzo 1544 di nuovo:
«Mando alle signorie vostre il libretto vulgare già impresso contro la
pestilente dottrina di frate Bernardino Ochino, con molto desiderio che
quelle, come sono obbligate, sien vigilanti contra questa spirituale e
maligna peste, tanto più che contra la peste corporale, quanto di questa
spirituale ne seguita la morte eterna. Prego il Signore che in questi
miseri e infelici tempi vi scampi, e tutta la città dagli imminenti
pericoli e travagli, il che farebbe per sua misericordia se si
provedesse prima col temere Dio e rendergli il debito culto, e di poi
con osservar la giustizia senza rispetto proprio e affezione di parti,
che son cagione della ruina de' regni, e de le città. Non mi occorre
altro».
Nell'indice delle Carte Cerviniane dell'archivio di Firenze, filza
XXVIII, vedo registrata una lettera di Aonio Paleario, e un'altra della
marchesa di Pescara che concernono l'Ochino. Ma non si trovano più, e
andarono fra le non poche, sottratte gli anni scorsi, quando anche
persone di dottrina e di nome dieder mano al turpe latrocinio, sfacciato
a segno, che un negoziante di Parigi offriva pubblicamente agli amatori
qualunque autografo desiderassero di questi archivi.
Bensì trovai nella Biblioteca Magliabechiana, manoscritta (_Classe_
XXXIV, num. 2), la risposta latina di Don Basilio de Lapis cistercense a
un'epistola dell'Ochino. Oltre usar tutti i modi per toccargli il cuore
e indurlo a non nuocere a tante pecorelle che lo aveano seguito nella
verità, il frate viene a confutare direttamente la sua dottrina sul
matrimonio de' preti, sulla supremazia del pontefice, sul sangue di
Cristo come unico espiatore, sul libero arbitrio, sul culto delle
immagini, i digiuni, i giorni festivi; la distinzione fra sacerdoti e
laici, la confessione.
Avverte bene esser pazzia il dire che tutte le costituzioni della Chiesa
siano cattive, giacchè ogni società la leggi per il proprio meglio,
niuna ne fa apposta di cattive: qui poi gli autori di tali leggi
sostennero il martirio. Finisce con una patetica esortazione. _Ad pacis
terminum et Domini hereditatem pervenire non potes, quando pacem Domini
cum tuo furore corrumpis; quando et nos filii tui non a te, sed tu a
nobis continuo recessisti, non unitatem conservasti, non verbum Domini
tenuisti; sed quid ultra? finem dabimus et Dominum rogabimus ut te ac
nos... dirigat in semitis suis et prorrigat gressus nostros in viam
pacis, et te ipsum nobiscum in unitate ecclesiæ et vinculo pacis
convertat, et in sinu suo te recipiat atque conservet._
L'Ochino a Ginevra fondò la prima Chiesa italiana[44] e vi pubblicò
varie operette, fra cui _Cento apologhi_[45], lavoro sì accanito, che
dicea di vergognarsene perfino lo Sleidan, storico e panegirista della
Riforma. Eppure è ancor più sozza una lunga sua lettera che serbasi a
Firenze nella Biblioteca Laurenziana contro Paolo III, colle
amplificazioni in uso, e col tono a cui oggi ci riavezzano i masnadieri
della stampa. Avendo quel papa proibito le opere di lui, esso l'investe,
non perchè speri correggere un vecchio ottagenario, ma per mostrare al
mondo ch'e' non è vero pontefice, bensì creatura del diavolo. E tira via
leggendone la vita, sin da quando giovinetto avvelenò la propria madre,
e riuscì a sottrarsi dal processo. Seguono stupri in ogni grado, e
libidini su persone, distintamente nominate. Molti assassinj gli
attribuisce, dai castighi meritati sempre schermendosi, e poi facendo
giustiziare o incarcerare o bandire i proprj complici. La sua elezione
fu un traffico ontoso. Dappoi tutto andò per simonie, per corruzione dei
cardinali, per vendita d'impieghi, di stupri, di giustizia. Il governo
di lui non potrebbe essere peggiore. Gli rinfaccia le colpe e la fine di
Pier Luigi, e d'aver lasciato dipingere in una cappella papale il
Giudizio di Michelangelo, che appena staria in una bettola. Lo imputa
sopratutto d'astrologia e di necromanzia, molto difondendosi sopra
questo punto per mostrare come la ragione divina e l'umana vietino
l'interporre i demonj alle operazioni nostre, siccome usava Paolo III. E
per patti col demonio è egli riuscito papa; quindi non è eletto
legittimamente; laonde si esortano i principi a deporlo[46].
Eppure l'Ochino fu filosofo e dialettico non vulgare. Insegnava non
potersi giungere al vero colla ragione, ma essere necessaria l'autorità
divina; e poichè la sacra scrittura non basta se un lume infallibile non
ajuti a interpretarla, e avendo ripudiata l'autorità della Chiesa, fu
costretto rifuggire al misticismo e all'immediata ispirazione. «La
ragione naturale, non sanata per la fede (dic'egli) è frenetica e
stolta. Sì che puoi pensare come possa esser guida e regola delle cose
soprannaturali, e come la sua erronea filosofia possa essere fondamento
della teologia, e scala per salire ad essa. Se la ragione umana non
fosse frenetica, benchè abbia poco lume delle cose create, pure se ne
servirebbe, non solo in elevarsi alla cognizione di Dio, ma molto più in
conoscere con Socrate, non solo che non sa, ma nè può alcuna cosa senza
la divina grazia. Dove ora è sì superba, che con deprimere, sotterrare e
perseguitare Cristo, l'evangelio, la grazia e la fede, ha sempre
magnificato l'uomo carnale, il suo lume e le sue forze. E di più per
essere frenetica è in modo cervicosa, che per fede non è sanata; non
accetta per vero se non quello che gli pare, nè se gli può dare ad
intendere una verità, se in prima sindacata dalla sua frenetica ragione,
non è conforme al suo cieco giudizio. La filosofia adunque sta giù,
bassa, nella oscura valle de' sentimenti; non può alzare la testa alle
cose alte e soprannaturali, alle quali è al tutto cieca[47].
«Potrebb'essere una persona, la quale avesse le scritture sacre e la
loro interpretazione a mente, e per forza d'umano ingegno l'intendesse
umanamente, e fosse senza fede, spirito e vero lume di Dio. Perciò ci
bisogna spirito e lume soprannaturale, e che Dio col suo favore ci apra
la mente, e ce le facci penetrare divinamente. Non abbiamo dunque ad
avere le scritture sacre per nostro ultimo fine, nè per nostre supreme
regine ed imperatrici, ma per mezzi e ancille che servano alla fede,
allo spirito e alla vera cognizione di Dio, e molto più che le creature.
Di poi, benchè nella Chiesa di Dio, per certificarci, formarci e
stabilirci nelle verità divine, rivelate e soprannaturali, bisogna
all'ultimo venire all'interno testimonio dello Spirito Santo, senz'il
quale non si può sapere quali scritture sieno sante e da Dio, e quali
no»[48].
Ma l'Ochino, che non avea consentito alla Chiesa universale, potea
rassegnarsi alle opinioni individuali di Calvino? Presto in fatti si
trovò in disaccordo con quello, sicchè a Ginevra venne scomunicato e
perseguitato. A piedi, come sempre, ripigliò dunque il cammino colla
moglie, in cerca della verità, e di chi permettesse dirla. A Basilea
dov'erasi adunato uno degli ultimi concilj, dove eransi rifuggiti Erasmo
ed Hutten, disgustati degli eccessi, dove il Froben stampava scritti
«dalla viva fede del quale pende tutta la salute della vera Chiesa di
Cristo, e la ruina del regno d'Anticristo. Però per esso sono
perseguitato e questo è ch'io credo, e confesso con Paolo (_Rom._ 8)
che, essendo gli uomini, per il peccato del primo parente, figliuoli
dell'ira e della dannazione morti e impotenti a rilevarsi e a
reconciliarsi con Dio, Cristo giustizia nostra, mandato dal suo eterno
Padre, con attribuirsi li peccati delli suoi eletti, e offerirsi in
croce per essi, ha satisfatto pienissimamente, e in tutto placato l'ira
di Dio; immo adottati per figli del suo eterno Padre e fatti suoi eredi,
ricchi di tutti li divini tesori e grazie; e tutto per Cristo, per mera
grazia e misericordia di Dio, senza che 'l meritassimo o facessimo
alcuna opera, la quale in tutto o in parte fosse di tal grazia degna.
Talchè, non perchè gli eletti aprano gli occhi e conoscono Dio, vanno a
esso e operano in gloria sua opere sante, o si fanno forza di operare,
però Dio gli accetta a braccia e gli ha eletti: ma perchè per mera
grazia gli ha eletti in Cristo. Però li chiama internamente e tira a sè,
n'apre gli occhi, gli dà lume, spirito e grazia, e li fa fare opere
buone in gloria sua, in modo tale che, benchè l'empio sia libero in fare
e non far molte opere umane e basse, niente di meno, infinchè per Cristo
non è rigenerato, essendo prigione e servo del peccato, non può operarne
divine e alte per non essere in sua libertà d'operare nè in tutto, nè in
parte in gloria di Dio. E questo perchè non è in alcun modo in sua
potestà l'avere spirito, lume sopranaturale, fede, speranza e carità, e
l'altre virtù necessarie per operare a gloria di Dio. Immo l'empio,
mentre che è empio, se ben facesse tutto quello potesse, non solo non
amerebbe Iddio con tutto il cuore, e il prossimo infino alli inimici
come se medesimo, ma non osserverebbe straccio della divina legge, nel
modo che è obbligato. È ben vero che farebbe delle opere estrinseche, ma
non a onore di Dio, sì come è tenuto; però non satisfarebbe a un minimo
suo peccato o obbligo, nè meriterebbe appresso a Dio benefizio alcuno,
nè si disporebbe in modo alcuno alla divina grazia, immo in tutte
quell'opere sue peccherebbe non per farle ma per non farle a gloria di
Dio sì come è obbligato. Nè per questo debbe l'empio mancare d'andare a
udire la parola di Dio, di fare elemosine, orazioni e simili opere.
Imperocchè in non farle peccarebbe molto più. Dio vuole che si passi per
simili mezzi, e che se gli obbedisca nel modo possiamo riconoscere ogni
grazia in tutto da Dio per Cristo e in nessun modo da noi.
«Ma dipoi che siamo liberi da Cristo dal peccato, e per fede rigenerati,
se bene restano in noi le prave concupiscenze a esercizio di virtù,
nientedimeno abbiamo un cuor nuovo, e tale che non gli consentiamo nè
obbediamo, immo gli repugnano. Allora essendo veramente liberi,
liberamente con spirito operiamo opere grate e accette a Dio, secondo le
quali ci renderà, non perchè in sè siano degne di essere premiate,
essendo anco quelle de' giusti sempre imperfette, e non tali quali ci
sarebbe debito e si converebbe all'infinita bontà di Dio, benchè tali
difetti non ci siano imputati per essere noi già membri di Cristo. Ma i
giusti saranno premiati secondo l'opere loro, in quanto che quelli che
avranno fatto migliori opere, avranno tanto migliore lume della bontà di
Dio, e con maggior fede abbracciato per suoi li tesori di Cristo: però
se ne saranno insignoriti, li goderanno con maggior sentimento
spirituale, e saranno più felici, ma non già per la degnità delle loro
opere, ma per la degnità d'esse opere di Cristo, e per mera bontà e
misericordia di Dio. Però, benchè possiamo satisfare alcuna volta ai
debiti e obblighi che abbiamo con gli uomini, e appresso d'essi meritare
qualche grazia, nientedimeno non possono in modo alcuno satisfare a uno
de' minimi obblighi e debiti, che abbiamo con Dio, nè meritare appresso
a lui una minima grazia: immo di continuo crescono gli obblighi nostri;
e rimosso Cristo, tutte l'opere nostre, passate alle bilancie della
divina giustizia, sono degne di punizione.
«È pure vero questo che, se avessimo a gloriarci dell'opere, io potrei
gloriarmi sopra molti altri, imperocchè come Paolo facevo profitto nel
mio giudaismo sopra molti miei coetanei: ma ora col medesimo Paolo,
reputo come fango tutte l'opere e giustizie mie, nè cerco se non di
possedere Cristo con fede per mio, ed essere trovato in esso ricco, non
delle mie giustizie e opere, ma delle sue.
«In cospetto di Dio adunque non vedo altre satisfazioni che quelle di
Cristo, nè altre indulgenze se non quelle che per lui abbiamo, e
solamente in Cristo vedo esser purgati li peccati de' suoi eletti e
pienamente. E se Dio alcuna volta li castiga, non è per satisfarsi nè
purgarli de' peccati, o della pena ad essi debita, essendosi tutto
adempito a sufficienza e superabbondanza in Cristo, ma per svegliarli,
umiliarli, perseverarli e esercitarli in tutte le virtù, con farli ogni
dì più perfetti. Non vedo anco altri tesori spirituali e meriti, che
quelli di Cristo, nè altre grazie e benedizioni e giustizie; e è
empissima cosa patire o operare con intento di satisfare in cospetto di
Dio a peccati o agli obblighi che abbiamo con lui, o con animo di
meritare appresso a Dio. Perchè, è un dire, che Cristo non ha satisfatto
in tutto, nè meritatoci ogni tesoro e grazia, ma che in parte siamo
salvi per noi, con diminuire la gloria di Cristo, la quale per esso si
debbe tutta dare a Dio, e non darne parte all'uomo, al quale non si
conviene se non obbrobrio, confusione, vergogna e vitupero.
«Credo anco e confesso che al mondo non fu mai nè sarà altra vera, pia e
santa religione se non quella di Cristo, la quale consiste in credere
vivamente che siamo in tutto purgati da peccati per Cristo, e per lui
reconciliati col Padre, giustificati, santificati, adottati per
figliuoli di Dio, e fatti suoi ricchissimi e felicissimi eredi; e colui
che questo crede con maggior fede, è meglio cristiano e religioso; tutte
l'altre religioni nelle quali gli uomini cercano, credono e pensano di
giustificarsi, purgarsi e arricchirsi da sè in tutto o in parte, sono
empie, e tanto più quanto che più patono o si affaticono a questo fine
con sotterrare il gran benefizio di Cristo. Nè per questo, danno
ritraggo dalle buone opere, immo nessuna cosa è che tanto ecciti e serva
a bene operare sì come questa viva fede, che siamo salvi in tutto per
Cristo, per mera grazia e bontà di Dio, e in nissun modo per nobiltà,
dignità, bontà, o preziosità d'opere nostre.
«Aggiungo anco di più, che è impossibile farsi da noi un'opera veramente
buona, grata e accetta a Dio se non abbiamo questa viva fede;
imperocchè, mentre che l'uomo pensa almanco in parte potere satisfare e
meritare da sè, non opera mai in tutto a gloria di Dio, e questo perchè,
non sentendo il gran beneficio di Cristo d'essere salvo in tutto
solamente per lui, resta sempre in amor proprio e confidenza di sè, però
opera per interessi suoi.
«Ma quando in Cristo sente tanta bontà di Dio, che solamente per Cristo
e per grazia crede esser salvo, allora non avendo più causa d'operare
per sè, e scoprendosegli supremamente la gran carità di Dio in Cristo, è
sforzato a operare non da servo per timor di pena, o speranza di premio,
ma da figlio per impeto di spirito e d'amore a gloria di Dio; e queste
sono l'opere che gli sono grate. Credo anco e confesso essere una sola
universale santa e cattolica Chiesa di Cristo, cioè la congregrazione
degli eletti e di quelli che credono in tutto essere giustificati per
Cristo. Questo è quello che non può errare, in cose che importino alla
salute, stante in essi lo Spirito Santo. E se gli eletti qualche volta
cascano, non però periscono, imperocchè Cristo è con essi sempre, e sarà
in fin alla consumazione del secolo.
«Credo anco e confesso, che tutti gli eletti si salvino per Cristo e per
mera grazia, e non per alcuna opera loro, nè in tutto, nè in parte; e
credere così è l'unica fede, per la quale i veri e buoni cristiani sono
differenti da tutte l'altre false fedi, religioni e sêtte. Immo in
questa fede consiste tutta la somma della cristianità. E di più credo e
confesso, questo essere l'unico e vero evangelio di Dio, promesso per i
profeti nel vecchio Testamento, predicato da Cristo, da Paolo, dagli
apostoli e da santi. Di questa verità ne sono piene le Scritture sacre,
e in particolari l'epistole di Paolo alli Romani e Galati. Questa è
quell'evangelica verità, per la quale Cristo fu crocifisso, lapidato
Stefano, e i profeti di Dio, gli apostoli e santi perseguitati,
incarcerati, flagellati e morti. Per questa verità sono fuor d'Italia
perseguitato a morte, e dagli anticristiani avuto per escomunicato, ma
la causa è sì giusta che mi scusa per se stessa. Se erro in questo
articolo, hanno anco errato dal principio del mondo infin a ora tutti
quelli che in verità sono stati santi, precipue gli apostoli e
singolarmente Paolo, immo e Cristo, e meritano tutti d'essere
escomunicati, reprovati, e maledetti. Immo se in questo erro, si
dovrebbono abbruciar gli evangelj, l'epistole di Paolo, e tutte le
scritture sacre, imperocchè l'evangelo sarebbe un inganno, falsa la fede
di Cristo, empia la religione, il che è impossibile. Le scritture sacre
rendono testimonio di questa verità. Studiate con umiliarvi di cuore a
Dio, e vi darà lume del vero. Ho incominciato e con la divina grazia
seguirò di dare in luce sommariamente e vulgarmente quelle cose, che
sono necessarie al cristiano, acciò siate inescusabili appresso a Dio.
Direte, — Le tue opere sono proibite leggersi. — Rispondo, che questo è
evidente segno ch'elle danno lume del vero, e essi non vorrebbono essere
scoperti. In quelli miei sermonelli non v'è in sostanza altro che le
proprie sentenze e parole delle scritture sacre. Però in proibirle,
proibiscono ai popoli la parola di Dio. Vedete se sono empj, e se se gli
debba obbedire, e dall'altra parte, nelle pubbliche scuole e per i
pulpiti lasciano leggere e predicare profana, eretica, empia dottrina,
purchè non tirino l'acqua da' loro mulini.
«La luce dell'evangelio non è sì piccola, che, se siete in essa, abbiate
da temere che io v'inganni, immo è sì grande, che secondo Paolo, è
ascosta solamente a quelli che periscono; e se siete in tenebre, dovete
farvi beffe di chi vi proibisce il lume. Non amo sì poco la mia patria,
che io volessi ingannarla, immo li miei, me stesso e Cristo. Se anco
fossi io solo in credere e confessare il vero evangelio, e voi non mi
credessi, avereste qualche apparente scusa; ma non vedete, che la
maggior parte de' Cristiani hanno aperto gli occhi al vero? massime i
nobili, pii e veramente dotti spiriti? E se in Italia, in Francia e
nella Spagna potesse liberamente predicarsi l'evangelio sì come in
Germania, quasi ognuno accetterebbe, sì è potente la verità.
«Ma con tutto che sieno proibiti li libri cristiani e il predicarsi la
pura parola di Dio, e di più puniti crudelissimamente quelli che
confessano, o si mostrano amici dell'evangelio, nientedimeno, quanto
sono più perseguitati, esprobati, incarcerati, bruciati e morti, più
crescono. Se vedeste il numero de' Cristiani segreti, che sono in
Italia, in Francia e nell'altre parti del mondo, vi stupireste. S'ella
non fosse opera di Dio si dissolverebbe, siccome disse già Gamaliel; ma
la va sempre crescendo.
«Forse potete dire che questa sia dottrina nuova? È quella de' profeti,
di Moisè, di Cristo, degli apostoli e di tutti i santi; quella che
incominciò al principio del mondo, è durata infino ad ora, e durerà
sempre. Vero è che per un tempo è stata sepolta, e in modo tale che,
quando alli tempi nostri Cristo incominciò a dare di sè un poco di lume,
si verificò quello che già predisse quando disse, _Credi, che quando
verrà il figlio dell'uomo, cioè a manifestarsi in spirito, troverà fede
in terra?_ Come un folgore e un baleno che viene da Oriente, subito
apparisce in Occidente, immo illustra tutto, così fa adesso l'evangelio.
Dottrina nuova sono l'umane e diaboliche invenzioni e tradizioni che si
predicano nel regno d'Anticristo, sforzandosi non di cattivare la loro
carnale prudenza e sensualità alla parola di Dio, ma di tirare con gli
argani fuori d'ogni sesto ai loro propositi le scritture sacre, con
corromperle e depravarle, e con servirsi del nome solo di Cristo, della
sua Chiesa e religione, imporlo di nuovo su la croce.
«Forse che il credere che siamo salvi solamente per Cristo, per mera
grazia e bontà di Dio, è dottrina sospetta? Immo è sicurissima, talchè
se bene non avesse il testimonio delle scritture sacre e dello Spirito
Santo, in ogni modo è sì chiara, che per se stessa si manifesta vera,
santa e divina, perchè dà tutta la gloria a Dio, e all'uomo ignominia e
confusione, e in queste due cose non si può nè eccedere, nè errare.
Cristo, quando volle provare agli Ebrei, i quali calunniavano la sua
dottrina, ch'ella era vera e santa e divina, lo dimostrò con questo
mezzo, perchè ella dava tutta la gloria a Dio. Sospetta vi debbe essere
la dottrina d'Anticristo, perchè esalta l'uomo con deprimere Cristo.
L'omo non è altro che un empio e velenoso verme, e nella sua salute
volle esser compagno di Cristo. Forse che non c'è stato predetto che
Anticristo debba venire, e che il suo regno debba succedere all'imperio
romano, sì come Paolo scrisse, che sarà uomo di peccato, figliuolo della
perdizione, che sederà nel tempio di Dio, e si mostrerà al mondo come
s'el fusse Dio? immo per questo si chiama Anticristo, perchè si metterà
innanzi a Cristo, e si farà adorare in loco suo, estollendosi sopra Dio,
e gli sarà contrario allora abbondando l'iniquità, essa abominazione
starà nel loco santo.
«Ditemi, non abbiamo noi viste tutte le predette cose nella tirannide
papistica? È stato anco predetto, non solo che l'opere loro saranno di
Satana, ma che la dottrina loro sarà di demonj, e essi dicono che non
possono errare. Paolo dice che l'uomo animale non intende le cose dello
spirito, e loro essendo carnalissimi e impiissimi, non solo presumono di
volere giudicare, sindacare e dannare le cose divine e spirituali, immo
camminando alla cieca, vogliono che se li creda che non possono errare.
«È stato pur predetto che sarà allora tal tribulazione, che non fu mai
la simile, e che sedurranno e inganneranno il mondo infin con segni,
miracoli e prodigi mendaci e falsi; talchè, se quelli giorni non fossero
abbreviati, ognuno si dannerebbe, infino agli eletti se fosse possibile;
ma Dio abbrevierà per loro rispetto. È stato pur predetto e predicato,
che la Chiesa debba reformarsi: non vi par forse che ne abbia bisogno
non manco nella dottrina che ne' costumi?
«Abbiamo anco incominciato a vedere verificarsi quello che già Paolo
predisse, cioè che Cristo ucciderebbe Anticristo, non con le forze
umane, ma con lo spirito della sua bocca, cioè con la sua parola, e che
distruggerebbe e annichilarebbe il suo regno col mostrarsi in ispirito
chiaro e illustre, e dar lume di sè alli suoi eletti. Ditemi, si vede
pur che già è incominciato a cadere il suo regno. E che sia il vero,
dove è ora quel credito, quella reputazione, maestà, reverenzia,
obbedienza, autorità, dominio, tirannide infin nelle coscienze, che i
papi con ingannare il mondo, avevano ad un venticinque anni in là? Dov'è
quella affluenza di popoli, i quali correvano a Roma dove sono tante
loro rendite e entrate? Già il mondo si fa beffe delle loro indulgenze,
giubilei, assoluzioni, benedizioni, censure e maledizioni; e se una
scintilla sola da un sì poco tempo in qua ha dato tanto lume del vero,
che credete faranno ora tante torcie accese? Al mondo non furono forse
mai, dagli apostoli in qua, sì chiari spiriti, nè anco sì bene discusse
le scritture sacre siccome ora; questa è opera di Dio, il quale vuole
sempre onore delle sue imprese.
«Vincerà adunque, però col sangue de' martiri, il qual si sparge di
continuo in diverse parti del mondo e si verificherà quello che disse
Cristo ch'el suo evangelio sarebbe predicato per tutto il mondo: allora
verrà la fine. Non vedete che non adorano già più Anticristo se non
certi uomini carnali per interessi proprj, e gente data in reprobamento?
E se 'l popolo ebreo non accettando Cristo quando venne in carne, non fu
escusato appresso a Dio per dire, come i nostri prelati dicono, che non
è il messia ma un seduttore, e ch'essi non possono errare, gli abbiamo a
credere? e non dobbiamo volere essere più savj di tutti gli altri? se la
nostra sinagoga e chiesa l'ha repudiato, siamo obbligati a fare il
simile anco noi? Non saranno anco scusati quelli che ora non accettano
Cristo, il quale si mostra in ispirito, nè gli gioverà il dire, sì come
molti dicono. Noi vogliamo credere secondo che ci hanno insegnato i
nostri parenti, e secondo che abbiamo trovato credere gli altri; la
nostra chiesa e i nostri prelati non possono errare; così non vogliamo
saperne più di loro. Immo tanto manco saranno escusati, quanto che ora
Cristo si mostra con maggior chiarezza, e quanto, che ora sono, in
diverse parti del mondo, tante chiese, tanti popoli e nobili spiriti,
che hanno ricevuto l'evangelio; e quanto la chiesa d'Anticristo è più
corrotta in dottrina e costumi che non fu mai la sinagoga degli Ebrei, è
possibile che non vediate la loro falsa religione essere piena d'umane
invenzioni, ipocrisie, superstizioni, idolatrie e abominazioni? O quanto
saresti felice, e si sarebbe per te se ti purgassi, Siena mia, de tante
ridicole farisiache fastidiose, perniziose, stolte e empie frenesie, di
quelli che mostrano d'essere li tuoi santi, e sono essa abominazione
presso a Dio, e pigliassi la parola di Dio e il suo evangelio nel mode
che lo predicò Cristo, gli apostoli e quelli i quali in verità l'hanno
imitato! Non vuoi fare qualche dimostrazione verso Cristo, essendo
dotata di tanti nobili spiriti? vuoi forse essere l'ultima a conoscere
Cristo? Apri, apri ora mai gli occhi al vero, acciò che conoscendo il
Figliuolo di Dio per ogni tua giustizia, sapienza, salute e pace,
vivendo a Dio sempre felice, gli renda ogni laude, onore, e gloria per
Gesù Cristo Signor Nostro. Amen»[42].
Più d'una volta nominammo Caterino Politi senese, fra' più vivi
battaglieri di quel tempo, e smaniato di trovare eresie, tanto che
denunziò alla facoltà parigina molte proposizioni ereticali nell'opera
del cardinale De Vio. _Ientacula, hoc est præclarissima plurimarum
notabilium sententiarum novi testamenti liberalis expositio._ A vicenda,
quando si trattò di elegger vescovo il Caterino, Bartolomeo Spina,
maestro del sacro palazzo, recò in mezzo cinquanta proposizioni, tolte
dalle opere di lui, dandole come ereticali: ma egli se ne difese. Ciò ad
indicare come allora fosse divulgata l'accusa di eresie[43].
Pensate se risparmiò l'Ochino. Narrando di sè, dice che dopo il primo
libro _adversus impia ac valde pestifera M. Lutheri dogmata, tacui
multis annis, cum jam scriberent plurimi in hæreticos Germaniæ, donec
venerunt qui, suppresso nomine, libellis lutheranam doctrinam
continentes, in vulgus sparserunt._ _Quo tempore fratrem B. Ochinum,
impium illum apostatam, dudum Italiæ concionatorem, suis coloribus parvo
livello depinxi, ut nosceretur crudelis hypocrita, et simplicium
animarum mactator, et libellum composui quem noncupavi Speculum
hæreticorum contra Bernardinum Ochinum, primo editum Romæ 1542._ Poi nel
1544 stampò in italiano la _Riprovazione della dottrina di Bernardino
Ochino e d'alcune conclusioni luterane_. Egli stesso, il 5 gennajo del
1543, da Roma scriveva alla balía di Siena:
«Magnifico e a me molto onorando magistrato; Essendomi venuta alle mani
un'epistola che Bernardino Ochino mandò alle magnificenzie vostre e a
tutta la città, la quale ha fatto stampare in Ginevra, e vedendo in
quella un perfetto veneno che vi porge per uccidere l'anime vostre, io,
mosso da persone religiose e dal zelo della fede, e dall'obbligo che
tengo con la mia patria in cose spirituali per la mia professione, ho
scritto un breve trattatello contro questa epistola, e contra la sua
pestilente dottrina, e hollo diritto a voi e a tutta la città, dedicato
all'arcivescovo, acciocchè, se ha Siena un figliuolo secondo la carne
che li porge con fallaci blandizie il veneno, non gliene manchi un altro
che con salutifere verità lo scopra, e faccila cauta, perchè ne va qui
il vero stato della vita eterna. Ricordo a voi quello che si promesse
nell'ultima riforma nel primo capitolo, cioè di attendere di conservar
la città contra l'eresie. La qual cosa se farete, posso sperare che la
misericordia di Dio venga sopra la città, e se non l'osservarete, vi
annunzio travagli orribili nel mondo, e di poi la dannazione eterna. E
questo mi sia testimonio e scusa dinanzi a Dio, che per me non è mancato
di predirvi questa verità. Il Signore ve ne liberi. Degneretevi di far
leggere il trattatello con comodità vostra, e di conoscere il vero, che
sarà facile a chi non si vorrà accecare lui stesso.
«Non mi accade altro se non ricordarvi la giustizia, e levar le
passioni, e attendere in prima all'onor di Dio, e a placarlo con vera
penitenza in tempi tanto travagliosi e pieni d'ira nell'Onnipotente».
Poi il 7 marzo 1544 di nuovo:
«Mando alle signorie vostre il libretto vulgare già impresso contro la
pestilente dottrina di frate Bernardino Ochino, con molto desiderio che
quelle, come sono obbligate, sien vigilanti contra questa spirituale e
maligna peste, tanto più che contra la peste corporale, quanto di questa
spirituale ne seguita la morte eterna. Prego il Signore che in questi
miseri e infelici tempi vi scampi, e tutta la città dagli imminenti
pericoli e travagli, il che farebbe per sua misericordia se si
provedesse prima col temere Dio e rendergli il debito culto, e di poi
con osservar la giustizia senza rispetto proprio e affezione di parti,
che son cagione della ruina de' regni, e de le città. Non mi occorre
altro».
Nell'indice delle Carte Cerviniane dell'archivio di Firenze, filza
XXVIII, vedo registrata una lettera di Aonio Paleario, e un'altra della
marchesa di Pescara che concernono l'Ochino. Ma non si trovano più, e
andarono fra le non poche, sottratte gli anni scorsi, quando anche
persone di dottrina e di nome dieder mano al turpe latrocinio, sfacciato
a segno, che un negoziante di Parigi offriva pubblicamente agli amatori
qualunque autografo desiderassero di questi archivi.
Bensì trovai nella Biblioteca Magliabechiana, manoscritta (_Classe_
XXXIV, num. 2), la risposta latina di Don Basilio de Lapis cistercense a
un'epistola dell'Ochino. Oltre usar tutti i modi per toccargli il cuore
e indurlo a non nuocere a tante pecorelle che lo aveano seguito nella
verità, il frate viene a confutare direttamente la sua dottrina sul
matrimonio de' preti, sulla supremazia del pontefice, sul sangue di
Cristo come unico espiatore, sul libero arbitrio, sul culto delle
immagini, i digiuni, i giorni festivi; la distinzione fra sacerdoti e
laici, la confessione.
Avverte bene esser pazzia il dire che tutte le costituzioni della Chiesa
siano cattive, giacchè ogni società la leggi per il proprio meglio,
niuna ne fa apposta di cattive: qui poi gli autori di tali leggi
sostennero il martirio. Finisce con una patetica esortazione. _Ad pacis
terminum et Domini hereditatem pervenire non potes, quando pacem Domini
cum tuo furore corrumpis; quando et nos filii tui non a te, sed tu a
nobis continuo recessisti, non unitatem conservasti, non verbum Domini
tenuisti; sed quid ultra? finem dabimus et Dominum rogabimus ut te ac
nos... dirigat in semitis suis et prorrigat gressus nostros in viam
pacis, et te ipsum nobiscum in unitate ecclesiæ et vinculo pacis
convertat, et in sinu suo te recipiat atque conservet._
L'Ochino a Ginevra fondò la prima Chiesa italiana[44] e vi pubblicò
varie operette, fra cui _Cento apologhi_[45], lavoro sì accanito, che
dicea di vergognarsene perfino lo Sleidan, storico e panegirista della
Riforma. Eppure è ancor più sozza una lunga sua lettera che serbasi a
Firenze nella Biblioteca Laurenziana contro Paolo III, colle
amplificazioni in uso, e col tono a cui oggi ci riavezzano i masnadieri
della stampa. Avendo quel papa proibito le opere di lui, esso l'investe,
non perchè speri correggere un vecchio ottagenario, ma per mostrare al
mondo ch'e' non è vero pontefice, bensì creatura del diavolo. E tira via
leggendone la vita, sin da quando giovinetto avvelenò la propria madre,
e riuscì a sottrarsi dal processo. Seguono stupri in ogni grado, e
libidini su persone, distintamente nominate. Molti assassinj gli
attribuisce, dai castighi meritati sempre schermendosi, e poi facendo
giustiziare o incarcerare o bandire i proprj complici. La sua elezione
fu un traffico ontoso. Dappoi tutto andò per simonie, per corruzione dei
cardinali, per vendita d'impieghi, di stupri, di giustizia. Il governo
di lui non potrebbe essere peggiore. Gli rinfaccia le colpe e la fine di
Pier Luigi, e d'aver lasciato dipingere in una cappella papale il
Giudizio di Michelangelo, che appena staria in una bettola. Lo imputa
sopratutto d'astrologia e di necromanzia, molto difondendosi sopra
questo punto per mostrare come la ragione divina e l'umana vietino
l'interporre i demonj alle operazioni nostre, siccome usava Paolo III. E
per patti col demonio è egli riuscito papa; quindi non è eletto
legittimamente; laonde si esortano i principi a deporlo[46].
Eppure l'Ochino fu filosofo e dialettico non vulgare. Insegnava non
potersi giungere al vero colla ragione, ma essere necessaria l'autorità
divina; e poichè la sacra scrittura non basta se un lume infallibile non
ajuti a interpretarla, e avendo ripudiata l'autorità della Chiesa, fu
costretto rifuggire al misticismo e all'immediata ispirazione. «La
ragione naturale, non sanata per la fede (dic'egli) è frenetica e
stolta. Sì che puoi pensare come possa esser guida e regola delle cose
soprannaturali, e come la sua erronea filosofia possa essere fondamento
della teologia, e scala per salire ad essa. Se la ragione umana non
fosse frenetica, benchè abbia poco lume delle cose create, pure se ne
servirebbe, non solo in elevarsi alla cognizione di Dio, ma molto più in
conoscere con Socrate, non solo che non sa, ma nè può alcuna cosa senza
la divina grazia. Dove ora è sì superba, che con deprimere, sotterrare e
perseguitare Cristo, l'evangelio, la grazia e la fede, ha sempre
magnificato l'uomo carnale, il suo lume e le sue forze. E di più per
essere frenetica è in modo cervicosa, che per fede non è sanata; non
accetta per vero se non quello che gli pare, nè se gli può dare ad
intendere una verità, se in prima sindacata dalla sua frenetica ragione,
non è conforme al suo cieco giudizio. La filosofia adunque sta giù,
bassa, nella oscura valle de' sentimenti; non può alzare la testa alle
cose alte e soprannaturali, alle quali è al tutto cieca[47].
«Potrebb'essere una persona, la quale avesse le scritture sacre e la
loro interpretazione a mente, e per forza d'umano ingegno l'intendesse
umanamente, e fosse senza fede, spirito e vero lume di Dio. Perciò ci
bisogna spirito e lume soprannaturale, e che Dio col suo favore ci apra
la mente, e ce le facci penetrare divinamente. Non abbiamo dunque ad
avere le scritture sacre per nostro ultimo fine, nè per nostre supreme
regine ed imperatrici, ma per mezzi e ancille che servano alla fede,
allo spirito e alla vera cognizione di Dio, e molto più che le creature.
Di poi, benchè nella Chiesa di Dio, per certificarci, formarci e
stabilirci nelle verità divine, rivelate e soprannaturali, bisogna
all'ultimo venire all'interno testimonio dello Spirito Santo, senz'il
quale non si può sapere quali scritture sieno sante e da Dio, e quali
no»[48].
Ma l'Ochino, che non avea consentito alla Chiesa universale, potea
rassegnarsi alle opinioni individuali di Calvino? Presto in fatti si
trovò in disaccordo con quello, sicchè a Ginevra venne scomunicato e
perseguitato. A piedi, come sempre, ripigliò dunque il cammino colla
moglie, in cerca della verità, e di chi permettesse dirla. A Basilea
dov'erasi adunato uno degli ultimi concilj, dove eransi rifuggiti Erasmo
ed Hutten, disgustati degli eccessi, dove il Froben stampava scritti
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