Gli eretici d'Italia, vol. II - 04
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amor santo a fare la santissima penitenza con vera contrizione,
purissima confessione e integra soddisfazione, con elemosine spirituali
e corporali, con digiuni in verità fatti e con la santa orazione,
contemplando quella cosa per la quale l'anima si trasforma nel suo amato
Cristo, alli cui santi piedi umilmente gettandoci, la nostra propria e
le pubbliche necessità spirituali doviamo esporre, esortando, e col buon
volere ajutando l'anima nostra a vestirsi in modo di quelle divine
virtù, fede, speranza e carità, che di quelle abituali possiamo
fermamente vedere e tenere per certo, che, nel dì del gran giudizio,
quella riunita a questi corpi, con essi insieme saranno con gli altri
beati nel regno di Dio.
«E perchè fare orazione richiede l'anima raccolta nelle sue potenze
salga su in cielo alli piedi della Santissima Trinità, e questo non può
farsi se il corpo non s'allontana dall'opere del mondo, et essendo vero
ch'a far questo (come può dire chi cristianamente lo sa) non si è ancora
veduto nè saputo il più spedito modo, non tanto a far partecipe ognuno,
quanto a mostrare a quelli che nol sanno (che son molti) il modo
d'orare, che quello che da poco in qua è cominciato nella città nostra,
cioè l'orazione durante lo spazio di quarant'ore. Però si prega per
parte di Dio la carità vostra, da quella per grazia si domanda, che,
fattone il sopradetto apparato e preparamento dell'anima vostra, siate
contenti, secondo l'ordine infrascritto, quando al vostro oratorio
toccherà, assettare quello, come è solito, e disporre le persone,
ch'hanno a fare la guardia del tempo, e mettere i fratelli, e gli altri
d'ora in ora in qualsivoglia numero senza strepito e confusione nel
detto oratorio, dove si stia in continua orazione ore quaranta; il quale
spazio giunto all'ultima ora, con quelli fratelli, che potrete in abito
di battenti, anderete alla Compagnia che dopo voi segue, dalla quale
alcuni venghino per voi, computando quanto tempo basti a partirsi dal
vostro oratorio, e che, quando giungete all'altro, sieno al fine le
quarant'ore, et ivi dicendo qualche prece, incomincierà l'altra
orazione, restandovi quelli della prima ora, ritornerete al vostro
oratorio, dove aspettandovi quelli dell'ultima ora, farete tutti qualche
prego per finire l'orazione.
«Durerà secondo l'ordine sottoscritto l'orazione d'una Compagnia in
un'altra, quaranta giorni, a similitudine delle maggiori orazioni che si
leggono nella vecchia e nuova scrittura santa, e comincerassi a dì 19 di
ottobre martedì la mattina seguente il dì di san Luca a ore 14, e
durando fino alla prima domenica dell'Avvento, alla medesima ora saranno
quaranta dì, e farassi l'orazione ventiquattro volte; tutte l'ore sono
novecensessanta.
«Venuta l'ultima mattina, la prima domenica dell'Avvento, siate invitati
a fare una processione in questo modo, che in abito di battenti tutti
siamo a udire la predica, dopo la quale, la Compagnia che sarà l'ultima
all'orazione con l'immagine di quel Crocifisso che doviamo imprimere e
stampare nelli cuori nostri, deva andare per la città e seguendo l'altre
senza confusione e senza altra insegna, ma standosi dove lo vorrà bene,
ritorneranno alla chiesa cattedrale, dove la predetta Compagnia deve
aver fatto provisione d'un sacerdote che celebri la messa all'altar
maggiore, la quale, finita e avuta la benedizione, ciascuno tornerà alla
casa sua, risoluto totalmente spogliarsi il vecchio uomo, e vestirsi del
nuovo Cristo benedetto.
«Questa è la prima grazia, quale vedete. Se tutta è in benefizio vostro,
cercatela adunque, e respondete a Gesù Cristo crocefisso che vi infiammi
alla seconda.
«Questo è l'ordine delle Compagnie, preso così solo per la commodità;
resta che facciate sapere alla Compagnia che è innanzi a voi, e a quella
che è dopo, come siete parati a fare quest'orazione: l'uno animisca
l'altro, e in virtù del preziosissimo sangue di Cristo, vincete ogni
tentazione che 'l nemico dell'umana generazione vi porgesse dinanzi.
«Vi si dà quest'ordine ora, acciocchè abbiate tempo a trovare li
fratelli; e confortargli a questo, e disporli all'ora loro.
«1º Comincierà col nome di Dio la Compagnia del _Corpus Domini_ a dì 19
ottobre, martedì mattina a ore 14, e mercoledì notte a ore 6 finirà.
«2º A ore 6 mercoledì notte San Niccolò passerà giovedì, e venerdì a ore
22 finirà.
Segue divisando le ore di ciascuna Compagnia.
«La prima domenica dell'Avvento sarà il fine delle quarant'ore e de'
quaranta giorni, a laude e gloria della santissima Trinità, Padre,
Figliuolo e Spirito Santo.
«La seconda grazia non meno utile della prima, la quale è atta a
confermarsi ne' principiati beni, è questa: che le carità vostre, senza
alcuna contradizione siano contente mandare secondo l'ordine
soprascritto, quando sarà la volta loro, quattro o sei fratelli a
guardare por una notte i poveri infermi dello spedale maggiore. A quelli
non solo la notte, ma ancora il dì bisognerebbero la presenza e le
consolazioni della carità vostra, quando solamente sono governi da
mercenari, e da chi senza amore alcuno li vede, anzi da chi non
considera che manco sono infermi dell'anima che del corpo.
«Oh! di quanto bene sarete cagione, e a voi prima, perchè da questi
imparerete l'esser vostro, e quanto invano fatighiamo fuori della via di
Dio, e a quelli, quando li conforterete, e con amore sovvenirete nelli
loro affanni e dolori.
«S'entrerebbe in un lunghissimo ragionamento a volere esporre le molte e
buone utilità che da quest'opera usciranno; però le taceremo, essendo
per certo che molto più con l'opera stessa la conoscerete, che con
parole non si mostrerebbero.
«Però, per parte (di nuovo) di Gesù Cristo crocefisso, si prega la
carità vostra, immo a quella per la virtù del suo sangue comanda che la
prima e la seconda di quelle grazie sieno da voi esaudite e ad effetto
mandate, e Cristo, il quale a queste vi chiama, darà parte in voi e
nell'anima vostra, e doneravvi grazia che con pura fede opererete quello
che ne comanda.
«Restate nell'amore di Gesù Cristo, al quale col Padre e col Santo
Spirito ha onore, gloria et imperio, sempre ne' secoli de' secoli».
«E questo è il tenore della presente lettera, come ho detto, del nuovo
modo d'orare, trovato novamente dalli reverendi padri frati de'
Cappuccini, e da loro predicato.
«Letta la presente lettera, non si risolvè altro la presente mattina per
esser tardi, ma si risalvò a un'altra tornata.
«A dì 3 ottobre 1540.
«Dato dal priore licenza ad ognuno di parlare a bene et utilità della
Compagnia etc. Lorenzo di Bernardino cimatore, fatta la debita
riverenza, propose che si dovesse fare quattro persone sopra l'ordinare
ed ornare la Compagnia nostra per fare la nuova orazione delle
quarant'ore, e perchè bisogna fare qualche spesa, che detti quattro
fratelli avessero autorità di fare tutte le spese, che bisognassero per
detta orazione, e così si deliberò di fare detta orazione».....
1540, a dì 1 novembre, a ore 22.
«Essendo adorna la Compagnia con il cielo, e panni d'araza per chiesa, e
la sagrestia, radunati gli fratelli andorono innanzi a certa ora 21,
vestiti da battenti, tutti con torcie, alla Compagnia di Santa Caterina
in Fontebranda per il Crocefisso, e così processionalmente con molte
torcie vennero alla nostra Compagnia, accompagnati da moltissimi
fratelli della detta Compagnia di Santa Caterina, e giunti nella nostra
Compagnia, fatte le debite orazioni e invocazioni dello Spirito Santo, e
fatto un breve sermone da Mº Bernardino di san Domenico in esortazione
alla frequenza della detta orazione e ringraziamento alla Compagnia di
Santa Caterina, ed alla moltitudine delle persone che vennero ad
accompagnare il Crocefisso, dêtte licenza a ognuno, eccetto quelli che
volessero restare all'orazione, e così chiusa la Compagnia, spento tutti
i lumi, eccetto un lanternino con la figura di Gesù Cristo, portata la
croce, e così a laude dell'onnipotente Dio si dêtte principio alla detta
orazione. E un'ora si dura di stare in orazione per volta, e finita
un'ora, si mette altre persone d'ora in ora, nell'ordine che li
sopradetti fratelli hanno ordinato, cioè (_seguono i nomi_).
«Così a laude dell'onnipotente Dio si finì la detta orazione con molta
frequenza de' fratelli, e di molte altre persone fuora della nostra
Compagnia e di frati ad ogn'ora; e innanzi che fussero le 13 ore andammo
tutti vestiti da battenti con torcie accese accompagnare il Crocefisso
alla Compagnia di Sant'Andrea Gallerani, prima nella nostra sagrestia e
detta Compagnia di Sant'Andrea fatta parare, cantate le litanie, e per
il nostro correttore fatto un breve sermone, tornati poi alla nostra
Compagnia, si cantò il _Te Deum_, fu fatto fine alla detta orazione,
ecc.
«A dì 7 ottobre 1540.
«Al nome di Gesù Cristo crocefisso, radunato il Capitolo, fu per il
nostro priore presentata una polizza da parte del vicario
dell'arcivescovo, il tenore della quale è questo:
«Al nome di Giesù Christo,
«Il signor vicario dell'arcivescovo e li tre canonici eletti dall'altro
sopra il fine dell'orazione delle quarant'ore, e il reverendo padre frà
Bernardino Ochini, fanno intendere alla carità vostra che sieno contente
per la prima domenica dell'avvento, per fuggir la confusione, osservare
l'infrascritte cose:
«E prima per ragione della comunione da farsi comunemente in duomo, si
prega quella che là sarà innanzi, vadino a reconciliarsi dove li piace;
perchè la mattina sarebbe impossibile per molti rispetti: ecc., ecc.
A dì 14 ottobre 1540, fº 8.
«Al nome di Gesù Cristo crocefisso; per il nostro Padre Priore fu
presentata la presente lettera diretta alla nostra Compagnia, e per
comandamento del medesimo Priore, fu letta da Lorenzo di Bernardino
Cimatore, il di cui tenore è questo: — Alla Compagnia di San Domenico; —
Carissimi in Cristo Gesù crocefisso fratelli.
«Non a quelli che cominciano, ma a quelli che perseverano è riservato il
premio, e questo per esperienza vediamo: se l'arbore, fatto ch'ha una
volta il frutto, si restasse e non ne facesse più, ovvero, come una
volta le facesse buone, e l'altra le facesse cattive, quello si è da
tagliare e porlo al fuoco.
«Sarebbe per questo, in Cristo fratelli, vedendo il servire a Gesù
Cristo nostro Signore santissimo, assai cosa tanto fruttuosa, buona e
necessaria, avendo concessa la prima e maggior grazia, non dee negarsi
la seconda più facile, e non manco accettabile al Redentor nostro Gesù
Cristo, la quale sarà il visitare quelli poveri infermi, anzi esso
Cristo Gesù nella sua santissima casa dello spedale di Santa Maria della
Scala, scala del paradiso; e questo doveremmo trattare con un modo et
ordine che fusse perpetuo, e tanto facile con la grazia di Gesù Cristo,
che non sarà fatica o rincrescimento alcuno, quantunque nè fatica nè
rincrescimento può porgere il servire a Gesù Cristo, anzi a noi
medesimi.
«Pigliamo dunque quest'ordine: noi siamo ventidue Compagnie: pigliamo
ogni ventidue giorni, una volta almeno visitare (con 2, 4 o 6 quelli che
a ogni compagnia piacerà) quella santissima casa, e vegliare una notte
con Gesù Cristo, e tenendo quest'ordine toccherà sedici o diciassette
volte l'anno per Compagnia: facciasi dunque da ogni Compagnia di quelli
sono più atti a tal offizio, tante parti, che in un anno tocchi una
volta per parte o più come piacerà.
«E chi sarà quello che una volta l'anno per amor di Gesù Cristo non
vogli pigliare quella consolazione di vegliare una notte con Gesù
Cristo? facciamolo adunque, fratelli, facciamolo, deh! facciamolo, e non
dubitiamo di niente, che per Gesù Cristo potiamo il tutto.
«Voi, carissimi fratelli della Compagnia di San Domenico, piglierete al
nome di Dio a dì 12 di novembre in martedì, e seguitarete questa santa
opera, e così ogni terzo martedì vi toccherà una volta, e di poi con la
grazia di Dio seguiranno l'altre Compagnie.
«Questo qui sotto è l'ordine per tutto l'anno, ecc.
«A dì 17 gennaro 1541 _a nativitate_.
«Adunato il Capitolo ecc. fu dal P. Priore (Ochino) presentata la
seguente lettera diretta alla nostra Compagnia.
«Grazia, laude e gloria a Gesù Cristo benedetto.
«Per li grandi e mirabili effetti, che sono esciti dalla passata
orazione dei quaranta giorni si è potuto chiaramente conoscere e far
giudizio, che non fu motivo d'uomini il mostrarvi un tal ordine, ma che
viene dal Donatore di tutta la grazia, dalla bontà e misericordia del
Salvator nostro.
«Però sappiate di certo, e tenete per fermo, ch'ogni grazia, e ogni dono
perfetto viene di sopra, dall'infinita bontà e carità di Dio. Da parte
del quale oggi vi si presenta un preziosissimo dono spirituale, il quale
non solo a voi, mentre che vivete, ma ancora a quelli, che dopo voi
verranno sarà di tal giovamento, che sempre voi e loro ne ringrazieranno
Dio.
«Il dono è questo, che la carità vostra senza alcuna contradizione, con
sincero cuore e grato animo, sperando sempre in Dio, e con voi si
disponghino a fare deliberazione, e vincasi non con lupini, ma con viva
voce, non per tempo determinato, ma che passi da voi nelli vostri
posteri, e da quelli in perpetuo, che nell'Oratorio vostro (come
nell'altro si farà) si faccia quattro volte l'anno l'orazione di
quaranta ore secondo 'l modo sottoscritto.
«La cosa è tanto da se onesta, giusta, santa e divina, che non fa
bisogno di persuaderla, tenendo per certo che, nel sentir voi
presentarvi tal cosa, a tutti parrà un'ora anni mille di ritrovarla, e
per amor di chi ve la manda, metterla in esecuzione.
«Prima che altro vi si dica, si prega la carità vostra che procurino e
con diligenza osservino l'infrascritta avvertenza, acciò che 'l nemico
nostro non semini nell'opera nostra qualche disordine, ch'a ciò sempre
sta parato, e massime contro l'orazione, dove (dicono i santi) che porrà
ogni sua industria per disviarli da quella.
«E perchè questa ha da essere l'ultima volta che di ciò vi ragioni, non
vi porga fastidio se troppo a lungo vi si scrive.
«Faccisi dunque prima sapere a quelli che non sanno, che, dovendosi dare
un tempo determinato, si è preso questo di quaranta ore e quaranta
giorni, perchè 'l numero quadragenario è stato sempre di grandissimo
mistero, e di più, che non solo in questo tempo determinato doviamo
orare, ma sempre che questo è fatto per eccitare, e ricordare.
«Quattro volte l'anno si ha da fare l'orazione di quaranta giorni,
talchè a quaranta per volta tocca sei dì e sedici ore l'anno per
Compagnia...
«Acciochè questa oratione facci l'effetto suo di fare salire la mente
nostra a Dio per pietoso e umile affetto, bisogna darle per guida la
santa penitenza, cioè con fermo proponimento di levarsi dall'offesa
verso Dio e verso 'l prossimo, fare uno splendido preparamento di vera
contrizione, piena confessione e intiera sodisfazione, e di poi
spiritualmente, e sagramentalmente comunicarsi; bisogna ancora, oltre
alla guida, aggiungere a quest'orazione due ali, cioè il vero digiuno e
l'elemosina spirituale e corporale; facendo così, pentendosi, e
domandando misericordia da Dio della nostra côlpa e rendendo grazie alla
bontà sua di tanta grazia che ci ha concessa, e che continuamente con
larga mano per sua benignità sopra noi sparge, potiamo renderci sempre
certi che la maestà sua averà grate, e riceverà l'orazioni nostre, e
doneracci grazia che conosceremo il bene e lo avremo, che fuggiamo il
male, e che sempre operiamo in onore e gloria sua (_seguono molte regole
particolari_).
«I sermoni per non tediare sieno brevissimi e divoti, ammaestrando
sempre l'orazione; sieno fatti da persone ecclesiastiche, e per l'amor
di Dio s'avvertisca che sieno brevi e senza cerimonie, ringraziamenti e
frascherie, perchè importa assai, acciocchè di zelo di Dio non si venga
in pompa del mondo e vanagloria.
«Venuto il fine de' quaranta giorni, l'ultima Compagnia inviti l'altre;
e venendo o no, faccino una breve e divota processione, odi la messa e
si comunichi, e se pure trova altre Compagnie disposte, le guidi in
qualche tempio, dove, dopo un pubblico sermone o predica, si facci una
pubblica e divota comunione, e cantando _Te Deum_ ognuno ritorni
all'oratorio suo, e la Compagnia che fu prima piglierà la sua croce, e
porteralla al suo oratorio. Non si facci apparati con drappi, panni,
tappezzerie o frasche, anzi si faccia semplicemente con divozione e zelo
di Dio, e gli apparati nell'anima nostra.
«Vi si comanda da parte di Cristo crocefisso, che si fugga ogni
precedenza, ambizione e onore, acciocchè non possa mai nascere un minimo
scandalo e facendosi processione, vadasi senza insegna confusamente. E
se invitando voi le Compagnie, qualcheduna o tutte non venissero, non vi
scandalizzate, anzi state quieti, e pensate che così è volontà di Dio.
Fino quando l'altre vi inviteranno, siate li primi, e umiliatevi, perchè
con la santa umiltà s'acquista il paradiso.
«Insomma quando sentite cosa alcuna che possi dare alterazione,
immediate mozzate le maestre, e non se ne parli, nè vi si pensi più, e
fate questa deliberazione ora per sempre di far ciascuna vostra opera a
onor di Dio, e di poi trattatela alla libera e puramente, e così vedrete
che di bene in meglio anderanno le cose vostre, e quest'orazione
santissima, la quale renderà frutti gratissimi a Dio e salutiferi a noi.
«Perchè una delle cose necessarie ad un cristiano, anzi la più
importante è l'orazione, e perchè rari sono che sappino altro che
rimenare le labbra, non che fare orazione, e maggiormente l'orazione
mentale; però si prega la carità vostra, che qualche volta, anzi spesso
avvertiate li nostri fratelli che si faccino insegnare da chi se
n'intende, e di più che si provedino di libri spirituali che ne
contenghino, e molti vedano con quanto loro scapito fino ad ora o per
negligenza o per ignoranza sono stati privi di cosa sì utile.
«Mancando qualche Compagnia, si succedano l'altre di mano in mano, fin
che si finiscano li quaranta giorni».
Seguono altri avvertimenti. In appresso son registrate le funzioni
fattesi man mano, ove copieremo quest'una:
«A dì 20 giugno 1542.
«Fu letta una polizza, inviata dalla Compagnia della Madonna sotto lo
spedale, come avea deliberato la Balìa e conservatori della libertà di
Siena che si dovesse fare un orazione di quaranta giorni, a pregare Dio
che, per sua infinita pietà e misericordia, per i meriti della passione
e sangue sparso dal suo unigenito Figliuolo per salute dell'uman genere,
che vogli temperare il suo giusto sdegno preparato contro di noi, di
guerre grandissime che si vedono preparare per tutta cristianità,
evenimento de' Turchi contro li Cristiani, per la disunione de' prencipi
cristiani l'uno contro l'altro, ed altri gran prodigi di terremoti con
gran rovine di cappelle e ville, ecc.
«A quest'affetto elessero due di loro che fussero con le Compagnie, e
così congregati due di ciascuna Compagnia nello spedale, si deliberò a
gloria di Dio di fare la detta orazione nell'oratorio e Compagnia della
Madonna sotto lo spedale, di far quaranta giorni continui dì e notte».
E basti delle preghiere: veniamo a materia più pruriginosa; gli errori.
Il Boverio, annalista de' Cappuccini, non ha frasi sufficienti per
lodare l'Ochino, «prudente, sagace, di bei costumi, esercitatissimo per
lungo uso di molte cose, ingegno e grandezza d'animo ad abbracciar
qualunque gran fatto; tanta compostezza esterna ed onestà, che mostrava
apparenza non vulgare di virtù e santità; mirabile predicatore,
coll'eloquenza guadagnava gli animi, sicchè fu una generale approvazione
allorchè, nel terzo capitolo generale, fu eletto generale il 1538. E
tolse ad amministrar l'Ordine con tanto consiglio, prudenza, zelo della
regolar osservanza, e coll'esempio d'ogni virtù, che i frati
s'applaudivano dell'elezione d'un tal uomo. Quasi sempre pedestre visitò
i varj conventi; esortava con mirabile eloquenza alla povertà,
all'osservanza della regola, all'altre virtù, e s'acquistò sempre
maggior nome presso i suoi e presso gli esteri: grande autorità godeva
presso re e principi, che l'usavano in difficilissimi consigli; il papa
avealo in massimo onore; talmente era cercato, che bisognava ricorrere
al papa per averlo predicatore, e le più grandi chiese non bastavano
agli uditori, sicchè bisognava aggiungervi portici; e molti, levando le
tegole dal tetto, calavansi di là per ascoltarlo. Predicando a Perugia
nel 1540, calmò le nimicizie per quanto inveterate. A Napoli avendo dal
pulpito raccomandata non so qual pia opera, l'elemosine offerte salirono
a cinquemila zecchini».
Scaduto il triennio (prosegue con incolta prolissità) fu rieletto, ma
ricusò fermamente, finchè dalle istanze persistenti si lasciò vincere. E
negli otto anni che fu cappuccino, mai non diede il più piccolo sentore
di eresia.
Eppure sotto quelle apparenze celava un'estrema superbia, il desiderio
di levar rumore, e la fiducia nel proprio intelletto, avendo imparato
dai libri di Lutero a cercare nelle sacre carte ciò che alla sua
passione compiacesse. Dicono che, mentre predicava a Napoli in San
Giovanni Maggiore nel 1536, il Valdes lo avvicinasse, e fomentandone
l'immaginativa e l'ambizione, l'inducesse a insultare Paolo III, che non
l'aveva ornato cardinale. Al vicerè Toledo fu rapportato che spargesse
errori luterani, e quegli cercò che il vicario arcivescovile chiarisse
la cosa; «ma perchè con l'austera vita che mostrava, con l'abito
asprissimo, con il gridar contro i vizj ricopriva il suo veleno, non si
potè per allora conoscere se non da pochi la sua volpina fraude». Son
parole del domenicano Caracciolo, il quale prosegue: «Pure vi fu alcun
che se n'accorse, e fra i primi, per quanto ho inteso dai nostri vecchi,
furono i nostri santi padri don Gaetano e don Giovanni; i quali poi più
chiaramente se n'accorsero nel 1539 quando l'Ochino, predicando nel
pulpito del duomo, andava spargendo molte cose contro il purgatorio,
contro le indulgenze, contro le leggi ecclesiastiche del digiuno ecc.; e
quel che fu pessimo, soleva talora l'empio frate proferire interrogative
quel che sant'Agostino dice negative, _Qui fecit te sine te, non
salvabit te sine te?_ dando a questo modo ad intendere tutto il
contrario di quel che insegna sant'Agostino, cioè che _sola fides
sufficit_, e che Iddio ci salva senza che noi facciamo opera alcuna per
cooperar con Dio. Andavano attorno iscritti prima, e poi stampati i
libri di costoro, come di tanti profeti, e già in pochi anni non solo i
plebei ed ignoranti, ma anche molti signori e signore nobili, e molti
religiosi e preti se n'erano infetti; e si facevano conferenze e
conventicole secrete tra loro, e si prestavano scritti l'un l'altro di
cotali dottrine pestifere»[33].
In quel tempo l'Ochino mostrava ancora una pietà incolpabile, e possiamo
offrire in testimonio alcune sue lettere, tali quali le abbiam desunte
dagli archivj della sua patria.
«Molto magnifici signori; Non penso vi habi a esser difficile el
persuadersi che molto volentieri verei in questa quaresima a predicar
alla mia Siena, sicchome per una vostra o visto sarebbe intento di
vostre signorie: resta solo che da chi può comandarmi io non sia
impedito. Di me potran servirsi nel scrivere che a me el venire sarebe
gratissimo, pur che sia con volontà di sua santità. Questo medesimo o
expresso al reverendissimo monsignore Ghinucci; et perchè del tempo fuor
della quaresima sua santità non è solita impedirmi, quando a vostre
signorie paresse che io venisse in questo tempo innanzi alla quaresima,
mi dieno un cenno del quando, che non mancarò, col non cessare ancora di
tentare per la quaresima; il che sarà etiam più facile di ottenersi per
esser lì; et se in altro posso si servin di mè, che per la singolare
affetione li porto mi sarà facile tutto in Christo per il quale vivo e
spero di morire. Resto col pregarlo che vi prosperi sempre con la sua
grazia in ogni vostra felicità.
«Da Roma il 5 settembris 1540.
_Frater Bernardinus sen._
«Molto magnifici signori; Non ho più presto resposto per non essere
resoluto di sua santità. Oggi s'è contentata che io per lo advento
venghi, e così mi sforzarò circa Ognisanti essere a Siena. Preghiamo el
Signore ch'el mio venire non sia vano. Resta che vostre signorie in
quanto posso mi comandino che non sarà cosa tanto difficile che lo amor
non me lo renda facile.
«Il Signore vi conservi e prosperi nella sua grazia.
«Da Roma 27 settembris 1540.
«Molto magnifici signori Priori Governatori e Capitani miei osserv.; Mi
dolgo, per la molta affetione e cordiale amor che porto ed alle signorie
vostre e alla patria, di non poter soddisfar a quello che per debito me
si conviene, e a quanto saria il volere di quelle. Io non harei già
aspettato che mi havessin fatto istantia di venir costà a predicare, che
(quantunque non sia secondo il merito di quelle) al primo cenno sarei
venuto, ma mi trovo, da molti giorni indrieto, con un dolor grande di
schiena, e con altre indispositioni, attalchè, si ben mi forzasse a
venir, non potrei predicare, e per questo ho ricusato anche a molti, e
mi sò fermato qui che, tra che curarò il mal, mi verrò rassettando le
mie scritture; per questo le Signorie Vostre si degneranno per tal
impedimento scusarmi, contentandosi di quanto è voler di Dio per la mia
imperfetione; e di questo è il mio buon volere verso di tutti, e mi
faran gratia avermi nella vostra protectione e così a quelle con tutto
il core mi fo raccomandato.
«Dal luogo nostro di Firenze, il dì xjj di novembre del D4j».
«Molto magnifici signori; Sa Dio quanto piacere ho avuto in intendere de
diverse parti e ultimamente per una vostra, el ben essere della mia
diletta patria: desidero essere instrumento di Christo a honorarlo se
fosse possibile in ogni loco, ma spetialmente come sarebbe justo ne la
mia Siena: e tanto più me n'è cresciuto el desiderio quanto che intendo
che comincia a reformarsi et mi desidera. Ma le Signorie Vostre hanno a
sapere che io, poi partii da Venetia, ad istantia dell'illustrissimo
dominio veneto, la santità di Nostro Signore per un breve mi a imposto
che ritorni a Venetia, e li stia in lor satisfatione in fin tanto che di
me altro non determina, però bisogna che acceptiate per ora la bona
volontà e mi haviate per excusato. Trovandomi così legato, mi sforzarò
ben quanto più presto potrò venir a visitarvi: e se in altro possa in
Cristo servirvi, sapino che lo animo è prontissimo. El Signor vi
conservi et prosperi sempre nella sua divina gratia.
«Da Verona alli 20 maggio 1542.
«Molto magnifici signori; Per esser lo amor della patria justo e santo,
e tanto più quanto è d'un bene universale e pubblico, cognosco che tanto
più siamo obligati a amarla quanto siamo a Dio più proximi, però per
esser frate non sò escluso da questo dolce vinculo, anzi tanto più
strettamente ligato, quanto in me fusse più charità. Unum est che mi son
congratulato del felice essere della mia patria, e o incominciato a
honorarmene, però in Cristo, tanto ne sento dir bene, e desidererei
presentialmente godermene, si chome del contrario in altre volte ne ho
avuto molestia, e tanto più quanto per la vostra vedo el desiderio di
Vostre Signorie e della città, maxime quando credesse avere a giovare.
Ma poi so qui a Verona ad instantia del clarissimo dominio veneto, o
avuto un breve da Sua Santità dove mi impone che ritorni a Venetia, e li
stia infin tanto che altro non determina: tal che so impedito, e bisogna
mi haviate non solo per excusato, ma compassione, e tanto più quanto el
venire mi sarebe più contento ch'el restare. Pregarò bene el Signore
che, essendo suo onore, faci che Sua Santità osservi la promessa, e
quanto più presto potrò me ne verrò alla mia Siena. Pregando Dio che la
conservi e prosperi nella sua gratia e pace.
«Da Verona alli 20 maggio 1542[34].
Nel 1541 l'Ochino avea stampato alcune prediche, locchè crebbe ne'
Veneziani il desiderio di riudirlo. E il papa vi assentì: pure
essendogli già insinuato qualche dubbio, diede ordine di tenerlo
d'occhio. In fatto predicando in Santi Apostoli, cominciò a spargere
errori. Alcuni ne l'accusarono, e (non essendovi ancora il sant'Uffizio)
purissima confessione e integra soddisfazione, con elemosine spirituali
e corporali, con digiuni in verità fatti e con la santa orazione,
contemplando quella cosa per la quale l'anima si trasforma nel suo amato
Cristo, alli cui santi piedi umilmente gettandoci, la nostra propria e
le pubbliche necessità spirituali doviamo esporre, esortando, e col buon
volere ajutando l'anima nostra a vestirsi in modo di quelle divine
virtù, fede, speranza e carità, che di quelle abituali possiamo
fermamente vedere e tenere per certo, che, nel dì del gran giudizio,
quella riunita a questi corpi, con essi insieme saranno con gli altri
beati nel regno di Dio.
«E perchè fare orazione richiede l'anima raccolta nelle sue potenze
salga su in cielo alli piedi della Santissima Trinità, e questo non può
farsi se il corpo non s'allontana dall'opere del mondo, et essendo vero
ch'a far questo (come può dire chi cristianamente lo sa) non si è ancora
veduto nè saputo il più spedito modo, non tanto a far partecipe ognuno,
quanto a mostrare a quelli che nol sanno (che son molti) il modo
d'orare, che quello che da poco in qua è cominciato nella città nostra,
cioè l'orazione durante lo spazio di quarant'ore. Però si prega per
parte di Dio la carità vostra, da quella per grazia si domanda, che,
fattone il sopradetto apparato e preparamento dell'anima vostra, siate
contenti, secondo l'ordine infrascritto, quando al vostro oratorio
toccherà, assettare quello, come è solito, e disporre le persone,
ch'hanno a fare la guardia del tempo, e mettere i fratelli, e gli altri
d'ora in ora in qualsivoglia numero senza strepito e confusione nel
detto oratorio, dove si stia in continua orazione ore quaranta; il quale
spazio giunto all'ultima ora, con quelli fratelli, che potrete in abito
di battenti, anderete alla Compagnia che dopo voi segue, dalla quale
alcuni venghino per voi, computando quanto tempo basti a partirsi dal
vostro oratorio, e che, quando giungete all'altro, sieno al fine le
quarant'ore, et ivi dicendo qualche prece, incomincierà l'altra
orazione, restandovi quelli della prima ora, ritornerete al vostro
oratorio, dove aspettandovi quelli dell'ultima ora, farete tutti qualche
prego per finire l'orazione.
«Durerà secondo l'ordine sottoscritto l'orazione d'una Compagnia in
un'altra, quaranta giorni, a similitudine delle maggiori orazioni che si
leggono nella vecchia e nuova scrittura santa, e comincerassi a dì 19 di
ottobre martedì la mattina seguente il dì di san Luca a ore 14, e
durando fino alla prima domenica dell'Avvento, alla medesima ora saranno
quaranta dì, e farassi l'orazione ventiquattro volte; tutte l'ore sono
novecensessanta.
«Venuta l'ultima mattina, la prima domenica dell'Avvento, siate invitati
a fare una processione in questo modo, che in abito di battenti tutti
siamo a udire la predica, dopo la quale, la Compagnia che sarà l'ultima
all'orazione con l'immagine di quel Crocifisso che doviamo imprimere e
stampare nelli cuori nostri, deva andare per la città e seguendo l'altre
senza confusione e senza altra insegna, ma standosi dove lo vorrà bene,
ritorneranno alla chiesa cattedrale, dove la predetta Compagnia deve
aver fatto provisione d'un sacerdote che celebri la messa all'altar
maggiore, la quale, finita e avuta la benedizione, ciascuno tornerà alla
casa sua, risoluto totalmente spogliarsi il vecchio uomo, e vestirsi del
nuovo Cristo benedetto.
«Questa è la prima grazia, quale vedete. Se tutta è in benefizio vostro,
cercatela adunque, e respondete a Gesù Cristo crocefisso che vi infiammi
alla seconda.
«Questo è l'ordine delle Compagnie, preso così solo per la commodità;
resta che facciate sapere alla Compagnia che è innanzi a voi, e a quella
che è dopo, come siete parati a fare quest'orazione: l'uno animisca
l'altro, e in virtù del preziosissimo sangue di Cristo, vincete ogni
tentazione che 'l nemico dell'umana generazione vi porgesse dinanzi.
«Vi si dà quest'ordine ora, acciocchè abbiate tempo a trovare li
fratelli; e confortargli a questo, e disporli all'ora loro.
«1º Comincierà col nome di Dio la Compagnia del _Corpus Domini_ a dì 19
ottobre, martedì mattina a ore 14, e mercoledì notte a ore 6 finirà.
«2º A ore 6 mercoledì notte San Niccolò passerà giovedì, e venerdì a ore
22 finirà.
Segue divisando le ore di ciascuna Compagnia.
«La prima domenica dell'Avvento sarà il fine delle quarant'ore e de'
quaranta giorni, a laude e gloria della santissima Trinità, Padre,
Figliuolo e Spirito Santo.
«La seconda grazia non meno utile della prima, la quale è atta a
confermarsi ne' principiati beni, è questa: che le carità vostre, senza
alcuna contradizione siano contente mandare secondo l'ordine
soprascritto, quando sarà la volta loro, quattro o sei fratelli a
guardare por una notte i poveri infermi dello spedale maggiore. A quelli
non solo la notte, ma ancora il dì bisognerebbero la presenza e le
consolazioni della carità vostra, quando solamente sono governi da
mercenari, e da chi senza amore alcuno li vede, anzi da chi non
considera che manco sono infermi dell'anima che del corpo.
«Oh! di quanto bene sarete cagione, e a voi prima, perchè da questi
imparerete l'esser vostro, e quanto invano fatighiamo fuori della via di
Dio, e a quelli, quando li conforterete, e con amore sovvenirete nelli
loro affanni e dolori.
«S'entrerebbe in un lunghissimo ragionamento a volere esporre le molte e
buone utilità che da quest'opera usciranno; però le taceremo, essendo
per certo che molto più con l'opera stessa la conoscerete, che con
parole non si mostrerebbero.
«Però, per parte (di nuovo) di Gesù Cristo crocefisso, si prega la
carità vostra, immo a quella per la virtù del suo sangue comanda che la
prima e la seconda di quelle grazie sieno da voi esaudite e ad effetto
mandate, e Cristo, il quale a queste vi chiama, darà parte in voi e
nell'anima vostra, e doneravvi grazia che con pura fede opererete quello
che ne comanda.
«Restate nell'amore di Gesù Cristo, al quale col Padre e col Santo
Spirito ha onore, gloria et imperio, sempre ne' secoli de' secoli».
«E questo è il tenore della presente lettera, come ho detto, del nuovo
modo d'orare, trovato novamente dalli reverendi padri frati de'
Cappuccini, e da loro predicato.
«Letta la presente lettera, non si risolvè altro la presente mattina per
esser tardi, ma si risalvò a un'altra tornata.
«A dì 3 ottobre 1540.
«Dato dal priore licenza ad ognuno di parlare a bene et utilità della
Compagnia etc. Lorenzo di Bernardino cimatore, fatta la debita
riverenza, propose che si dovesse fare quattro persone sopra l'ordinare
ed ornare la Compagnia nostra per fare la nuova orazione delle
quarant'ore, e perchè bisogna fare qualche spesa, che detti quattro
fratelli avessero autorità di fare tutte le spese, che bisognassero per
detta orazione, e così si deliberò di fare detta orazione».....
1540, a dì 1 novembre, a ore 22.
«Essendo adorna la Compagnia con il cielo, e panni d'araza per chiesa, e
la sagrestia, radunati gli fratelli andorono innanzi a certa ora 21,
vestiti da battenti, tutti con torcie, alla Compagnia di Santa Caterina
in Fontebranda per il Crocefisso, e così processionalmente con molte
torcie vennero alla nostra Compagnia, accompagnati da moltissimi
fratelli della detta Compagnia di Santa Caterina, e giunti nella nostra
Compagnia, fatte le debite orazioni e invocazioni dello Spirito Santo, e
fatto un breve sermone da Mº Bernardino di san Domenico in esortazione
alla frequenza della detta orazione e ringraziamento alla Compagnia di
Santa Caterina, ed alla moltitudine delle persone che vennero ad
accompagnare il Crocefisso, dêtte licenza a ognuno, eccetto quelli che
volessero restare all'orazione, e così chiusa la Compagnia, spento tutti
i lumi, eccetto un lanternino con la figura di Gesù Cristo, portata la
croce, e così a laude dell'onnipotente Dio si dêtte principio alla detta
orazione. E un'ora si dura di stare in orazione per volta, e finita
un'ora, si mette altre persone d'ora in ora, nell'ordine che li
sopradetti fratelli hanno ordinato, cioè (_seguono i nomi_).
«Così a laude dell'onnipotente Dio si finì la detta orazione con molta
frequenza de' fratelli, e di molte altre persone fuora della nostra
Compagnia e di frati ad ogn'ora; e innanzi che fussero le 13 ore andammo
tutti vestiti da battenti con torcie accese accompagnare il Crocefisso
alla Compagnia di Sant'Andrea Gallerani, prima nella nostra sagrestia e
detta Compagnia di Sant'Andrea fatta parare, cantate le litanie, e per
il nostro correttore fatto un breve sermone, tornati poi alla nostra
Compagnia, si cantò il _Te Deum_, fu fatto fine alla detta orazione,
ecc.
«A dì 7 ottobre 1540.
«Al nome di Gesù Cristo crocefisso, radunato il Capitolo, fu per il
nostro priore presentata una polizza da parte del vicario
dell'arcivescovo, il tenore della quale è questo:
«Al nome di Giesù Christo,
«Il signor vicario dell'arcivescovo e li tre canonici eletti dall'altro
sopra il fine dell'orazione delle quarant'ore, e il reverendo padre frà
Bernardino Ochini, fanno intendere alla carità vostra che sieno contente
per la prima domenica dell'avvento, per fuggir la confusione, osservare
l'infrascritte cose:
«E prima per ragione della comunione da farsi comunemente in duomo, si
prega quella che là sarà innanzi, vadino a reconciliarsi dove li piace;
perchè la mattina sarebbe impossibile per molti rispetti: ecc., ecc.
A dì 14 ottobre 1540, fº 8.
«Al nome di Gesù Cristo crocefisso; per il nostro Padre Priore fu
presentata la presente lettera diretta alla nostra Compagnia, e per
comandamento del medesimo Priore, fu letta da Lorenzo di Bernardino
Cimatore, il di cui tenore è questo: — Alla Compagnia di San Domenico; —
Carissimi in Cristo Gesù crocefisso fratelli.
«Non a quelli che cominciano, ma a quelli che perseverano è riservato il
premio, e questo per esperienza vediamo: se l'arbore, fatto ch'ha una
volta il frutto, si restasse e non ne facesse più, ovvero, come una
volta le facesse buone, e l'altra le facesse cattive, quello si è da
tagliare e porlo al fuoco.
«Sarebbe per questo, in Cristo fratelli, vedendo il servire a Gesù
Cristo nostro Signore santissimo, assai cosa tanto fruttuosa, buona e
necessaria, avendo concessa la prima e maggior grazia, non dee negarsi
la seconda più facile, e non manco accettabile al Redentor nostro Gesù
Cristo, la quale sarà il visitare quelli poveri infermi, anzi esso
Cristo Gesù nella sua santissima casa dello spedale di Santa Maria della
Scala, scala del paradiso; e questo doveremmo trattare con un modo et
ordine che fusse perpetuo, e tanto facile con la grazia di Gesù Cristo,
che non sarà fatica o rincrescimento alcuno, quantunque nè fatica nè
rincrescimento può porgere il servire a Gesù Cristo, anzi a noi
medesimi.
«Pigliamo dunque quest'ordine: noi siamo ventidue Compagnie: pigliamo
ogni ventidue giorni, una volta almeno visitare (con 2, 4 o 6 quelli che
a ogni compagnia piacerà) quella santissima casa, e vegliare una notte
con Gesù Cristo, e tenendo quest'ordine toccherà sedici o diciassette
volte l'anno per Compagnia: facciasi dunque da ogni Compagnia di quelli
sono più atti a tal offizio, tante parti, che in un anno tocchi una
volta per parte o più come piacerà.
«E chi sarà quello che una volta l'anno per amor di Gesù Cristo non
vogli pigliare quella consolazione di vegliare una notte con Gesù
Cristo? facciamolo adunque, fratelli, facciamolo, deh! facciamolo, e non
dubitiamo di niente, che per Gesù Cristo potiamo il tutto.
«Voi, carissimi fratelli della Compagnia di San Domenico, piglierete al
nome di Dio a dì 12 di novembre in martedì, e seguitarete questa santa
opera, e così ogni terzo martedì vi toccherà una volta, e di poi con la
grazia di Dio seguiranno l'altre Compagnie.
«Questo qui sotto è l'ordine per tutto l'anno, ecc.
«A dì 17 gennaro 1541 _a nativitate_.
«Adunato il Capitolo ecc. fu dal P. Priore (Ochino) presentata la
seguente lettera diretta alla nostra Compagnia.
«Grazia, laude e gloria a Gesù Cristo benedetto.
«Per li grandi e mirabili effetti, che sono esciti dalla passata
orazione dei quaranta giorni si è potuto chiaramente conoscere e far
giudizio, che non fu motivo d'uomini il mostrarvi un tal ordine, ma che
viene dal Donatore di tutta la grazia, dalla bontà e misericordia del
Salvator nostro.
«Però sappiate di certo, e tenete per fermo, ch'ogni grazia, e ogni dono
perfetto viene di sopra, dall'infinita bontà e carità di Dio. Da parte
del quale oggi vi si presenta un preziosissimo dono spirituale, il quale
non solo a voi, mentre che vivete, ma ancora a quelli, che dopo voi
verranno sarà di tal giovamento, che sempre voi e loro ne ringrazieranno
Dio.
«Il dono è questo, che la carità vostra senza alcuna contradizione, con
sincero cuore e grato animo, sperando sempre in Dio, e con voi si
disponghino a fare deliberazione, e vincasi non con lupini, ma con viva
voce, non per tempo determinato, ma che passi da voi nelli vostri
posteri, e da quelli in perpetuo, che nell'Oratorio vostro (come
nell'altro si farà) si faccia quattro volte l'anno l'orazione di
quaranta ore secondo 'l modo sottoscritto.
«La cosa è tanto da se onesta, giusta, santa e divina, che non fa
bisogno di persuaderla, tenendo per certo che, nel sentir voi
presentarvi tal cosa, a tutti parrà un'ora anni mille di ritrovarla, e
per amor di chi ve la manda, metterla in esecuzione.
«Prima che altro vi si dica, si prega la carità vostra che procurino e
con diligenza osservino l'infrascritta avvertenza, acciò che 'l nemico
nostro non semini nell'opera nostra qualche disordine, ch'a ciò sempre
sta parato, e massime contro l'orazione, dove (dicono i santi) che porrà
ogni sua industria per disviarli da quella.
«E perchè questa ha da essere l'ultima volta che di ciò vi ragioni, non
vi porga fastidio se troppo a lungo vi si scrive.
«Faccisi dunque prima sapere a quelli che non sanno, che, dovendosi dare
un tempo determinato, si è preso questo di quaranta ore e quaranta
giorni, perchè 'l numero quadragenario è stato sempre di grandissimo
mistero, e di più, che non solo in questo tempo determinato doviamo
orare, ma sempre che questo è fatto per eccitare, e ricordare.
«Quattro volte l'anno si ha da fare l'orazione di quaranta giorni,
talchè a quaranta per volta tocca sei dì e sedici ore l'anno per
Compagnia...
«Acciochè questa oratione facci l'effetto suo di fare salire la mente
nostra a Dio per pietoso e umile affetto, bisogna darle per guida la
santa penitenza, cioè con fermo proponimento di levarsi dall'offesa
verso Dio e verso 'l prossimo, fare uno splendido preparamento di vera
contrizione, piena confessione e intiera sodisfazione, e di poi
spiritualmente, e sagramentalmente comunicarsi; bisogna ancora, oltre
alla guida, aggiungere a quest'orazione due ali, cioè il vero digiuno e
l'elemosina spirituale e corporale; facendo così, pentendosi, e
domandando misericordia da Dio della nostra côlpa e rendendo grazie alla
bontà sua di tanta grazia che ci ha concessa, e che continuamente con
larga mano per sua benignità sopra noi sparge, potiamo renderci sempre
certi che la maestà sua averà grate, e riceverà l'orazioni nostre, e
doneracci grazia che conosceremo il bene e lo avremo, che fuggiamo il
male, e che sempre operiamo in onore e gloria sua (_seguono molte regole
particolari_).
«I sermoni per non tediare sieno brevissimi e divoti, ammaestrando
sempre l'orazione; sieno fatti da persone ecclesiastiche, e per l'amor
di Dio s'avvertisca che sieno brevi e senza cerimonie, ringraziamenti e
frascherie, perchè importa assai, acciocchè di zelo di Dio non si venga
in pompa del mondo e vanagloria.
«Venuto il fine de' quaranta giorni, l'ultima Compagnia inviti l'altre;
e venendo o no, faccino una breve e divota processione, odi la messa e
si comunichi, e se pure trova altre Compagnie disposte, le guidi in
qualche tempio, dove, dopo un pubblico sermone o predica, si facci una
pubblica e divota comunione, e cantando _Te Deum_ ognuno ritorni
all'oratorio suo, e la Compagnia che fu prima piglierà la sua croce, e
porteralla al suo oratorio. Non si facci apparati con drappi, panni,
tappezzerie o frasche, anzi si faccia semplicemente con divozione e zelo
di Dio, e gli apparati nell'anima nostra.
«Vi si comanda da parte di Cristo crocefisso, che si fugga ogni
precedenza, ambizione e onore, acciocchè non possa mai nascere un minimo
scandalo e facendosi processione, vadasi senza insegna confusamente. E
se invitando voi le Compagnie, qualcheduna o tutte non venissero, non vi
scandalizzate, anzi state quieti, e pensate che così è volontà di Dio.
Fino quando l'altre vi inviteranno, siate li primi, e umiliatevi, perchè
con la santa umiltà s'acquista il paradiso.
«Insomma quando sentite cosa alcuna che possi dare alterazione,
immediate mozzate le maestre, e non se ne parli, nè vi si pensi più, e
fate questa deliberazione ora per sempre di far ciascuna vostra opera a
onor di Dio, e di poi trattatela alla libera e puramente, e così vedrete
che di bene in meglio anderanno le cose vostre, e quest'orazione
santissima, la quale renderà frutti gratissimi a Dio e salutiferi a noi.
«Perchè una delle cose necessarie ad un cristiano, anzi la più
importante è l'orazione, e perchè rari sono che sappino altro che
rimenare le labbra, non che fare orazione, e maggiormente l'orazione
mentale; però si prega la carità vostra, che qualche volta, anzi spesso
avvertiate li nostri fratelli che si faccino insegnare da chi se
n'intende, e di più che si provedino di libri spirituali che ne
contenghino, e molti vedano con quanto loro scapito fino ad ora o per
negligenza o per ignoranza sono stati privi di cosa sì utile.
«Mancando qualche Compagnia, si succedano l'altre di mano in mano, fin
che si finiscano li quaranta giorni».
Seguono altri avvertimenti. In appresso son registrate le funzioni
fattesi man mano, ove copieremo quest'una:
«A dì 20 giugno 1542.
«Fu letta una polizza, inviata dalla Compagnia della Madonna sotto lo
spedale, come avea deliberato la Balìa e conservatori della libertà di
Siena che si dovesse fare un orazione di quaranta giorni, a pregare Dio
che, per sua infinita pietà e misericordia, per i meriti della passione
e sangue sparso dal suo unigenito Figliuolo per salute dell'uman genere,
che vogli temperare il suo giusto sdegno preparato contro di noi, di
guerre grandissime che si vedono preparare per tutta cristianità,
evenimento de' Turchi contro li Cristiani, per la disunione de' prencipi
cristiani l'uno contro l'altro, ed altri gran prodigi di terremoti con
gran rovine di cappelle e ville, ecc.
«A quest'affetto elessero due di loro che fussero con le Compagnie, e
così congregati due di ciascuna Compagnia nello spedale, si deliberò a
gloria di Dio di fare la detta orazione nell'oratorio e Compagnia della
Madonna sotto lo spedale, di far quaranta giorni continui dì e notte».
E basti delle preghiere: veniamo a materia più pruriginosa; gli errori.
Il Boverio, annalista de' Cappuccini, non ha frasi sufficienti per
lodare l'Ochino, «prudente, sagace, di bei costumi, esercitatissimo per
lungo uso di molte cose, ingegno e grandezza d'animo ad abbracciar
qualunque gran fatto; tanta compostezza esterna ed onestà, che mostrava
apparenza non vulgare di virtù e santità; mirabile predicatore,
coll'eloquenza guadagnava gli animi, sicchè fu una generale approvazione
allorchè, nel terzo capitolo generale, fu eletto generale il 1538. E
tolse ad amministrar l'Ordine con tanto consiglio, prudenza, zelo della
regolar osservanza, e coll'esempio d'ogni virtù, che i frati
s'applaudivano dell'elezione d'un tal uomo. Quasi sempre pedestre visitò
i varj conventi; esortava con mirabile eloquenza alla povertà,
all'osservanza della regola, all'altre virtù, e s'acquistò sempre
maggior nome presso i suoi e presso gli esteri: grande autorità godeva
presso re e principi, che l'usavano in difficilissimi consigli; il papa
avealo in massimo onore; talmente era cercato, che bisognava ricorrere
al papa per averlo predicatore, e le più grandi chiese non bastavano
agli uditori, sicchè bisognava aggiungervi portici; e molti, levando le
tegole dal tetto, calavansi di là per ascoltarlo. Predicando a Perugia
nel 1540, calmò le nimicizie per quanto inveterate. A Napoli avendo dal
pulpito raccomandata non so qual pia opera, l'elemosine offerte salirono
a cinquemila zecchini».
Scaduto il triennio (prosegue con incolta prolissità) fu rieletto, ma
ricusò fermamente, finchè dalle istanze persistenti si lasciò vincere. E
negli otto anni che fu cappuccino, mai non diede il più piccolo sentore
di eresia.
Eppure sotto quelle apparenze celava un'estrema superbia, il desiderio
di levar rumore, e la fiducia nel proprio intelletto, avendo imparato
dai libri di Lutero a cercare nelle sacre carte ciò che alla sua
passione compiacesse. Dicono che, mentre predicava a Napoli in San
Giovanni Maggiore nel 1536, il Valdes lo avvicinasse, e fomentandone
l'immaginativa e l'ambizione, l'inducesse a insultare Paolo III, che non
l'aveva ornato cardinale. Al vicerè Toledo fu rapportato che spargesse
errori luterani, e quegli cercò che il vicario arcivescovile chiarisse
la cosa; «ma perchè con l'austera vita che mostrava, con l'abito
asprissimo, con il gridar contro i vizj ricopriva il suo veleno, non si
potè per allora conoscere se non da pochi la sua volpina fraude». Son
parole del domenicano Caracciolo, il quale prosegue: «Pure vi fu alcun
che se n'accorse, e fra i primi, per quanto ho inteso dai nostri vecchi,
furono i nostri santi padri don Gaetano e don Giovanni; i quali poi più
chiaramente se n'accorsero nel 1539 quando l'Ochino, predicando nel
pulpito del duomo, andava spargendo molte cose contro il purgatorio,
contro le indulgenze, contro le leggi ecclesiastiche del digiuno ecc.; e
quel che fu pessimo, soleva talora l'empio frate proferire interrogative
quel che sant'Agostino dice negative, _Qui fecit te sine te, non
salvabit te sine te?_ dando a questo modo ad intendere tutto il
contrario di quel che insegna sant'Agostino, cioè che _sola fides
sufficit_, e che Iddio ci salva senza che noi facciamo opera alcuna per
cooperar con Dio. Andavano attorno iscritti prima, e poi stampati i
libri di costoro, come di tanti profeti, e già in pochi anni non solo i
plebei ed ignoranti, ma anche molti signori e signore nobili, e molti
religiosi e preti se n'erano infetti; e si facevano conferenze e
conventicole secrete tra loro, e si prestavano scritti l'un l'altro di
cotali dottrine pestifere»[33].
In quel tempo l'Ochino mostrava ancora una pietà incolpabile, e possiamo
offrire in testimonio alcune sue lettere, tali quali le abbiam desunte
dagli archivj della sua patria.
«Molto magnifici signori; Non penso vi habi a esser difficile el
persuadersi che molto volentieri verei in questa quaresima a predicar
alla mia Siena, sicchome per una vostra o visto sarebbe intento di
vostre signorie: resta solo che da chi può comandarmi io non sia
impedito. Di me potran servirsi nel scrivere che a me el venire sarebe
gratissimo, pur che sia con volontà di sua santità. Questo medesimo o
expresso al reverendissimo monsignore Ghinucci; et perchè del tempo fuor
della quaresima sua santità non è solita impedirmi, quando a vostre
signorie paresse che io venisse in questo tempo innanzi alla quaresima,
mi dieno un cenno del quando, che non mancarò, col non cessare ancora di
tentare per la quaresima; il che sarà etiam più facile di ottenersi per
esser lì; et se in altro posso si servin di mè, che per la singolare
affetione li porto mi sarà facile tutto in Christo per il quale vivo e
spero di morire. Resto col pregarlo che vi prosperi sempre con la sua
grazia in ogni vostra felicità.
«Da Roma il 5 settembris 1540.
_Frater Bernardinus sen._
«Molto magnifici signori; Non ho più presto resposto per non essere
resoluto di sua santità. Oggi s'è contentata che io per lo advento
venghi, e così mi sforzarò circa Ognisanti essere a Siena. Preghiamo el
Signore ch'el mio venire non sia vano. Resta che vostre signorie in
quanto posso mi comandino che non sarà cosa tanto difficile che lo amor
non me lo renda facile.
«Il Signore vi conservi e prosperi nella sua grazia.
«Da Roma 27 settembris 1540.
«Molto magnifici signori Priori Governatori e Capitani miei osserv.; Mi
dolgo, per la molta affetione e cordiale amor che porto ed alle signorie
vostre e alla patria, di non poter soddisfar a quello che per debito me
si conviene, e a quanto saria il volere di quelle. Io non harei già
aspettato che mi havessin fatto istantia di venir costà a predicare, che
(quantunque non sia secondo il merito di quelle) al primo cenno sarei
venuto, ma mi trovo, da molti giorni indrieto, con un dolor grande di
schiena, e con altre indispositioni, attalchè, si ben mi forzasse a
venir, non potrei predicare, e per questo ho ricusato anche a molti, e
mi sò fermato qui che, tra che curarò il mal, mi verrò rassettando le
mie scritture; per questo le Signorie Vostre si degneranno per tal
impedimento scusarmi, contentandosi di quanto è voler di Dio per la mia
imperfetione; e di questo è il mio buon volere verso di tutti, e mi
faran gratia avermi nella vostra protectione e così a quelle con tutto
il core mi fo raccomandato.
«Dal luogo nostro di Firenze, il dì xjj di novembre del D4j».
«Molto magnifici signori; Sa Dio quanto piacere ho avuto in intendere de
diverse parti e ultimamente per una vostra, el ben essere della mia
diletta patria: desidero essere instrumento di Christo a honorarlo se
fosse possibile in ogni loco, ma spetialmente come sarebbe justo ne la
mia Siena: e tanto più me n'è cresciuto el desiderio quanto che intendo
che comincia a reformarsi et mi desidera. Ma le Signorie Vostre hanno a
sapere che io, poi partii da Venetia, ad istantia dell'illustrissimo
dominio veneto, la santità di Nostro Signore per un breve mi a imposto
che ritorni a Venetia, e li stia in lor satisfatione in fin tanto che di
me altro non determina, però bisogna che acceptiate per ora la bona
volontà e mi haviate per excusato. Trovandomi così legato, mi sforzarò
ben quanto più presto potrò venir a visitarvi: e se in altro possa in
Cristo servirvi, sapino che lo animo è prontissimo. El Signor vi
conservi et prosperi sempre nella sua divina gratia.
«Da Verona alli 20 maggio 1542.
«Molto magnifici signori; Per esser lo amor della patria justo e santo,
e tanto più quanto è d'un bene universale e pubblico, cognosco che tanto
più siamo obligati a amarla quanto siamo a Dio più proximi, però per
esser frate non sò escluso da questo dolce vinculo, anzi tanto più
strettamente ligato, quanto in me fusse più charità. Unum est che mi son
congratulato del felice essere della mia patria, e o incominciato a
honorarmene, però in Cristo, tanto ne sento dir bene, e desidererei
presentialmente godermene, si chome del contrario in altre volte ne ho
avuto molestia, e tanto più quanto per la vostra vedo el desiderio di
Vostre Signorie e della città, maxime quando credesse avere a giovare.
Ma poi so qui a Verona ad instantia del clarissimo dominio veneto, o
avuto un breve da Sua Santità dove mi impone che ritorni a Venetia, e li
stia infin tanto che altro non determina: tal che so impedito, e bisogna
mi haviate non solo per excusato, ma compassione, e tanto più quanto el
venire mi sarebe più contento ch'el restare. Pregarò bene el Signore
che, essendo suo onore, faci che Sua Santità osservi la promessa, e
quanto più presto potrò me ne verrò alla mia Siena. Pregando Dio che la
conservi e prosperi nella sua gratia e pace.
«Da Verona alli 20 maggio 1542[34].
Nel 1541 l'Ochino avea stampato alcune prediche, locchè crebbe ne'
Veneziani il desiderio di riudirlo. E il papa vi assentì: pure
essendogli già insinuato qualche dubbio, diede ordine di tenerlo
d'occhio. In fatto predicando in Santi Apostoli, cominciò a spargere
errori. Alcuni ne l'accusarono, e (non essendovi ancora il sant'Uffizio)
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