Gli eretici d'Italia, vol. II - 44

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trasmigrazione, or la temporarietà delle pene, or l'indifferenza de'
culti, adesso come nel medioevo se ne traggono titoli di fede e titoli
d'empietà, pretendendo alcuni dimostrare con ciò che esistono le anime e
la vita postuma; altri facendo da quegli spiriti dichiarare che Cristo
non è Dio. E tali dottrine si fan professare da David, da san Tommaso,
da san Paolo, da san Giovanni evangelista, da Dante, dal La Mennais, dal
curato di Ars. E pretendesi sia un modo di rivelazione nuovo, che
cambierà le religioni, e ne recherà una nuova, la quale insomma non
potrebb'essere che il culto del demonio.
Queste opinioni ne' secoli passati furono combattute colle armi d'un
tempo che credeva, e che tutto applicava al supremo affare della salute
eterna; adesso colle armi d'un tempo che non crede neppur alle verità
positive, e che mai non fissandosi su nulla, abbatte la credenza di jeri
coll'abbracciarne oggi un'altra, che domani avrà posta nel
dimenticatojo. Il risultato più generale è la negazione del
cristianesimo: la carità è annunziata per unico mezzo di salute, donde
l'indifferenza delle credenze e delle pratiche: intanto crescono i casi
di pazzia, crescono i suicidj; si difonde il disprezzo pel cattolicismo
e l'odio per Roma e dopo idolatrato il dio del bello, poi il Dio della
libertà, eccoci a venerar il Dio del male, che, vinto sul Calvario, non
vedendosi ormai più frenato dal cristianesimo, vien a farsi adorare in
vece dello Spirito Santo[401].

NOTE
[345] _Striges, ut ait Verrius, Græci_ στριγας _appellant, a quo
maleficis mulieribus nomen inditum est; quas volaticas etiam vocant._
FESTO. — E PLINIO: _Fabulosum arbitror de strigibus, ubera eas infantium
labris immulgere_; e altrove: _Post sepulturam visorum quoque exempla
sunt_. — APULEJO, Metam. 5: _Scelestarum strigarum nequitia_. —
PETRONIO, Fragm. 63: _Cum puerum mater misella plangeret, subito strigæ
cæperunt... Strigæ puerum involaverunt, et supposuerunt stramenticium_.
— Lucano nel lib. VI descrive i patti col diavolo e le stregherie, come
potrebbe fare un cinquecentista:
_Quis labor hic superis cantus herbasque sequendi,_
_Spernendique timor? Cujus commercia pacti_
_Obstrictos habuere Deos?_
_An habent hæc carmina certum_
_Imperiosa Deum, qui mundum cogere quidquid_
_Cogitur ipse potest?_
e Sereno Samonico (cap. 59):
_Præterea si forte premit strix atra puellos,_
_Virosa immulgens exertis ubera labris,_
_Allia præcepit Titini sententia necti._
Festo conservò due versi come preservativi, ma scorrettissimi; Dachery
gli emenda così:
Στρίγγ ’ἀποπἓμπειν νυκτινόμαν, στρίγγα τ’ἀλαὸν,
’Ωρνιν ἀνώνυμον, ὠκυπορόυς, ἐπὶ νῆας ἐλαὐνειν.
_La strige rimuovi notte-mangiante: la sucida strige, uccello ferale,
fuga nelle veloci navi._
I passi di antichi, attestanti le magiche arti, sono prodotti da DELRIO,
_Disquisitiones magicæ_, lib. II. qu. 9, e _passim_.
[346] _Consilia in causis gravissimis_, p. 414, citato da Alfredo Maury,
_Revue Archéologique_, 1846, pag. 161.
[347] TRITHEMIUS in Chron.; SPANHEIM ad 1501.
[348] Questo frà Girolamo Armenini, che dovette vivere sin verso il
1520, lasciò un _Volumen adversus Tiberium Russilianum Sextum calabrum
de artis astrologicæ falsitate_. Questo calabrese sosteneva pure che il
diluvio universale accadde per natural congiunzione di astri, e
l'Armenini lo combattè; come combattè altri che sostenevano Cristo
essere stato concetto non nell'utero di Maria, ma presso al cuore da tre
goccie di sangue. Vedi _Scriptores ordinis Prædicatorum_.
Il cardinale Cajetano ha un trattato, _Utrum liceat maleficium solvere
opera malefici parati utendo_. Milano, marzo 1500.
Nella XXIX lettera al signor Dell'Isola, frà Paolo Sarpi scrive: «Non
posso penetrare in modo alcuno il senso di quelli che dicono, Dio ha
predetto e voluto questo, e tuttavia si affaticano acciò non sii. Ma
dell'astrologia giudiziaria bisognerebbe parlarne con qualche Romano,
essendo quella più in voga nella loro corte che in questa. Con tutto che
pur concorra ogni abuso, questo mai ha potuto aver luogo: la vera causa
è perchè qui le persone non aggrandiscono se non per gradi ordinarj, e
nessun può sperare oltre lo stato suo, nè fuori dell'età conveniente. In
Roma, dove oggi si vede nel supremo grado chi jeri era ancora
nell'infimo, la divinatoria è di gran credito».
[349] GIO. CAMBI, _Storia fiorentina_ al 1517.
[350] Il trattato del Savonarola contro l'astrologia fu tradotto
elegantemente in latino da frà Tommaso Buoninsegni di Siena (-1609),
teologo lodatissimo, del quale mi piace ricordare alcuni trattati, che
tanto farebbero ai casi odierni:
_Dei cambj, dove con molta brevità e chiarezza si dichiarano i modi oggi
usitati nei cambj, e la giustizia che in quelli si contiene._ Firenze
1573.
_Trattato delli sconti e del tagliar le dette._ Firenze 1585.
_Trattato de' traffichi giusti ed ordinarj, cioè della vendita a
credenza, la diminuzione del prezzo per l'anticipato pagamento, i cambj,
i censi, i giuochi e i monti._ Venezia 1588.
[351] _Compendio dell'arte esorcistica, e possibilità delle mirabili e
stupende operationi delli demonj e dei maleficj, con li rimedj opportuni
alle infermità maleficiati... opera non meno giovevole agli esorcisti
che dilettevole ai lettori, ed a comune utilità posta in luce._ Venezia
1605.
[352] Pag. 218, 214, 302 del _Palagio degli incanti e delle gran
meraviglie degli spiriti e di tutta la natura, diviso in libri
quarantacinque e in tre prospettive, spirituale, celeste ed elementare,
di_ STROZZI CICOGNA. Vicenza 1605.
[353] Il penitenziale del vescovo Burcardo, anteriore al Mille, assegna
le penitenze per chi crede che altri possa per incantagione eccitar
procelle, odio o amore, affascinare o venir alle tregende. Il Muratori,
_Ant. Medii Ævi VI, Dissertaz. LXVIII_, pubblicò un penitenziale del
monastero di Bobbio, ove si legge: _Qui cum vidua aut virgine peccavit,
qui falsa testimonia super alios apponunt, et ad sorcerias recurrunt,
aut divinationes credunt... isti pœniteant V annis, vel III ex his in
pane et aqua_.
[354] _Communis catholicorum sententia docet re ipsa hanc commixtionem
dæmonum mulierumque accidere._ Theol. Christ., tom. III. Il milanese frà
Francesco Maria Guacci, nel _Compendium maleficarum_, stampato a Milano
nel 1608 e nel 1626, ove le dottrine sono illustrate con molte figure,
al cap. 12 del lib. I, scrive: _Solent malefici et lamiæ cum dæmonibus,
illi quidem succubis, «hæc» vero incubis, actum venereum exercere;
communis est hæc sententia patrum, theologorum, philosophorum, doctorum,
et omnium fere sæculorum atque nationum experientia comprobata_.
[355] _Sunt qui credunt mulieres quasdam maleficas, sive potius
veneficas, medicamentis delibutas, noctu in varias animalium formas
verti et vagari, seu potius volare per longinquas regiones, ac nuntiare
quæ ibi aguntur, choreas per paludes ducere, et dæmonibus congredi,
ingredi et egredi per clausa ostia et foramina, pueros necare, et nescio
quæ alia deliramenta._ De situ Japigiæ, pag. 126.
[356] Forma seguito alla _Lucerna Inquisitorum hæreticæ pravitatis
reverendi patris fratris BERNARDI comensis ordinis Prædicatorum ac
inquisitoris egregii, in qua summatim continetur quidquid desideratur ad
hujusce inquisitionis sanctum munus exequendum_. Milano 1566. Fu
stampato per opera del reverendo padre inquisitore di Milano _ad laudem
Dei_, ristampato delle volte assai, e commentato da Francesco Pegna.
[357] Citano questo fatto anche il Bodino nella prefazione alla
_Dæmonomania_, e frà Silvestro di Priero, il primo contraddittore di
Lutero, nelle _Mirabili operazioni delle streghe e degli demonj_. Egli
ha pure _De strigomagarum dæmonumque libri tres, una cum praxi
exactissima et ratione formandi processus contra ipsas, opus finitum 24,
novembre 1520_. _De strigibus_, 1523; e _Quattroapologie_, 1525.
[358] Così frà Girolamo Menghi nel citato _Compendio dell'arte
esorcistica_, pag. 480. Però egli stesso, pag. 416, dice che le streghe
non aveano potenza sugli inquisitori in uffizio, e «più volte essendo
interrogate queste maghe et malefiche per che causa non offendevano gli
giudici et inquisitori, rispondevano, questo più volte aver tentato et
non l'aver potuto fare».
[359] XILETTI, _Consilia criminalia_. Venezia 1563, tom. I, cons. 6.
[360] _Millenarium sæpe excedit multitudo talium, qui unius anni decursu
in sola comensi diœcesi ab inquisitore, qui pro tempore est, ejusque
vicariis, qui orto vel decem semper sunt, inquiruntur et examinantur, et
annis pene singulis plusquam centum incinerantur._ SPINA, _De
strigibus_, cap. 13.
[361] _Sacro arsenale, ovvero Pratica dell'ufficio della santa
Inquisizione, di nuovo corretto ed ampliato._ Bologna 1665. Lo stesso
trovo nella _Breve informatione del modo di trattare le cause del
Sant'Officio per li molto reverendi vicarj della santa Inquisizione di
Modana_, 1650.
[362] Gli stacci, i crivelli. Ciò ricorda affatto i nostri tavolini
giranti.
[363] Nella Magliabecchiana provenne dalla biblioteca Palatina (mss.
CCCCVIII) una _Pratica del procedere nelle cause del Sant'Uffizio_ di
Tommaso Fransone, consultore in quel di Genova, manuscritto del secolo
XVI (PALERMO, n. 583). Fra il resto vi si legge: «Sotto il nome di
sortileghi si comprendono anche le streghe e i stregoni, che maleficiano
le persone con varj modi, o d'amore, o di morte, e singolarmente li
fanciulli di latte (pag. 40).... «Pochi o niun processo si ritrovano
bene formati in questa materia; sì perchè sono per il più fondati sopra
indizj remoti, come di qualche minaccia, _ti farò pentire, me la
pagherai_, o sopra indizj indifferenti, cioè, cose mangiate, dopo le
quali la persona s'inferma. — E perciò si ricerca in giudizio la fede
del medico, che quella infermità non sia naturale, o almeno ne dubiti; e
anco la fede di un esperto e prudente esorcista: perchè molti ve ne
sono, che ogni infermità giudicano maleficj, o per poca pratica, o per
farvi sopra mercanzia; e talvolta se le persone non sono maleficate,
essi, col nutrirle quell'umore malinconico, o con altre loro arti
illecite le maleficano (pag. 43).
I sortilegj e le stregonerie più notevoli, praticate allora in Genova
erano: De' sortilegj in generale, «Quelli, che per mezzo di caratteri,
parole incognite di _niuna significazione in qualsivoglia linguaggio_,
abuso di sagramenti, di cose sagramentali e benedette, di parole di
sagra scrittura, suffumigazioni, oblazione di proprio sangue, o di
quello d'animale, e atti di religione verso il demonio, invocazione del
medesimo, procurano l'opera d'esso, o per l'amore, o per morte delle
persone, o per trovar tesori, o per conservamento di moneta, acciò spese
ritornino in borsa, o per dignità, o per scienze, o per altre cose». —
Questi sortileghi ordinariamente hanno scritture de' caratteri et
esperimenti magici, carte vergini, clavicole, Al-Madel, Centum regum,
Arte notoria Paolina, Cornelio Agrippa, Pietro Abano, l'Opus
Mathematicum, instrumenti magici, come spada caratterizzata».
Seguono i malefici amorosi e micidiali. «Maleficano d'amore talvolta con
li medesimi mezzi, che adoperano li sortileghi, cerioli, caratteri, e
gittar il sale nel fuoco, gettar le fave benedette, abusando delle
parole della consegrazione, scrivendole sopra bollettini, facendo
polvere di certe erbe, e, benedette che siano, toccando con esse la
persona amata, servendosi di calamita battezzata, di ostie».
Per lo più maleficano sopra cose comestibili, scrivendo parole ignote, e
caratteri sopra frutti, mischiando polvere fra cibi, formando statue di
cera, trafiggendole con aghi, e facendole a poco a poco dileguare al
fuoco, dicendole sopra alcune parole, tendenti ad accendere l'amore di
quella persona; formando certi invogli di erbe, di capelli, tagliatura
d'unghie, o altra cosa tolta alla persona maleficiata, sopra le quali vi
susurrano parole incognite, e invocazioni di demonj, e le seppelliscono
poi in qualche luogo di abitazione di detta persona, e singolarmente
sotto il limitar della porta, per dove ha da passare. Di qui nasce, che,
_non avendo le dette cose fra se stesse virtù di fare tale effetto_, il
demonio vi concorre, per il fatto esplicito, o implicito con l'opera
sua» (pag. 39).
A pag. 34 dice «che il demonio non resti effettivamente obbligato a
patti, ma _finga di esserlo_». E «Ho di fede, che il diavolo non possa
sforzare l'umana volontà, può bene perturbare la fantasia» (pag. 38),
eppure, se non sopra la volontà, ha potere sopra la vita, e «le persone
molte volte si consumano senz'alcun rimedio, non arrivando il medico a
trovar la cagione; e nell'istesso modo maleficano a morte per odio»
(pag. 42).
Taluni son denunziati perchè mangiano carne in giorni proibiti, «ma il
Sant'Offizio va posato assai in procedere, perchè molte volte si trova o
ch'erano infermi o convalescenti, o ne aveano licenza; o non avendola,
la qualità della indisposizione e la necessità li scusa».
[364] FRANCESCO VITTORIA, _Prælectiones theologicæ_, lib. II.
[365] B. SPINA, _De strigibus et lamiis_ 1523 con tre apologie. Lo
Spina, di Pisa, scrisse di molte controversie d'allora, e prima contro
il Pomponazio sulla mortalità dell'anima, poi contro i nuovi eretici
circa la podestà del papa, la necessità del confessarsi avanti la
comunione, la forma della consacrazione; e così intorno all'Immacolata
Concezione, principalmente confutando il cardinale Cajetano e il
Catarino.
[366] _De sortilegiis._
[367] _Strix, sive de ludificatione dæmonum_, 1523; e la versione
italiana stampata a Venezia il 1556 col titolo, _Il libro della strega,
ovvero delle illusioni del demonio_.
[368] _De sortilegiis_, lib. II, q. 7.
[369] _De strigibus_, cap. 17 e seg.
[370] _Fortalitium fidei._
[371] _De hæresi._
[372] _De lamiis, et excellentia utriusque juris._
[373] _Parergon juris_, VII, c. 23; VIII, cap. 21. Contro di lui
principalmente sono dirette le confutazioni di Martin Delrio,
_Disquisitionum magicarum_, lib. III, q. 16.
[374] _Dæmonum investigatio peripatetica, in qua explicatur locus
Hipocratis, si quid divinum in morbis habeatur._ Firenze 1580.
[375] _Cum in brixiensi et bergomensi civitatibus et diœcesibus quoddam
hominum genus perniciosissimum ac damnatissimum labe hæretica, per quam
suscepto renuntiabatur baptismatis sacramento Dominum abnegabant, et
Satana, cujus Consilio seducebantur, corpora et animas conferebant, et
ad illi rem gratam faciendam in necandis infantibus passim studebant, et
alia maleficia et sortilegia exercere non verebantur..._ Bolla del 15
febbrajo 1521.
[376] _Repertæ fuerunt quamplures utriusque sexus personæ..... diabolum
in suum dominum et patronum assumentes, eique obedientiam et reverentiam
exhibentes, et suis incantationibus, carminibus, sortilegiis aliisque
nefandis superstitionibus jumenta et fructus terræ multipliciter
lædentes, aliaque quamplurima nefanda, excessus et crimina, eodem
diabolo instigante, committentes et perpetrantes etc._
[377] _Hist. Univers._, lib. XI.
[378] EUSEBII _Præparatio evangelica_, lib. II, VI.
[379] _Magos et maleficos, qui se ligaturis, nodis, characteribus,
verbis occultis mentes hominum perturbare, morbos inducere, ventis,
tempestati, aeri ac mari incantationibus imperare posse sibi persuadent
aut aliis pollicentur, ceterosque omnes, qui quavis artis magicæ et
veneficii genere pactiones et fœdera expresse vel tacite cum dæmonibus
facient episcopi, acriter puniant, et e societate fidelium exterminent._
p. 3, pag. 5.
[380] _Act._ p. 3.
[381] Nell'epistolario stampato a Milano il 1857, a pag. 419, san Carlo
scrive a Giovanni Fontana: «M'è dispiaciuto d'intendere quello che passa
nelle Tre Valli per conto di quel negromante, il quale, facendo
professione di scoprire le streghe e stregoni di quel paese fuor delle
vie giuridiche, mi par non meno degno di castigo lui medesimo che li
stregoni stessi, camminando per via di necromanzia o altra proibita a'
Cristiani. Però ne scrivo ai signori, e do ordine al visitator Bedra che
vadi in dentro a posta per riportar provisione perchè costui sia
rivocato et anche castigato». Segue l'ordine al visitatore.
Anche nella vita del cardinale Federico Borromeo nel 1608, si legge: —
Ancora alcuni perseverano con i segni superstiziosi in guarir malìe, nè
si può aver testimonj per formar processo. Si admettono chirurghi,
medici et maestri di scuola senza far la professione della fede; et
volendo noi che la faccino, il fòro secolare dice di voler loro far
giurare di non far cosa illecita, nè usar cose diaboliche, et con questo
si admettono persone vagabonde». Tutto ciò si riferisce alle tre valli
di diocesi milanese, appartenenti agli Svizzeri.
Sotto il 19 luglio 1675 il Torriano, vescovo di Como, scriveva a un
parroco del territorio bormiese aver trovato colà _quamplures tam viros
quam fœminas variis sortilegiis infestos, fascinationibus incumbere et
vere strigas esse, arte in tenera ætate prehensa_. Perciò ne' quattro
anni seguenti furono giustiziate trentacinque persone, e molte sbandite.
[382] RIPAMONTI, _Historia mediolanensis_, dec. IV, lib. V, p. 300; —
OLTROCCHI, _Notæ ad vitam sancti Caroli_, pag. 684-94.
Nell'archivio della curia di Milano esistono diversi processi contro
maliardi ed eretici, e principalmente son notevoli la «Relazione di
quanto fece san Carlo nella visita dei Grigioni (_Instructiones pro iis
qui in missionibus contra hæreticos versantur_)»; i «Dubbj dati dal
prevosto di Biasca», un de' quali è: «Sono processati i sospetti d'arte
diabolica, et il notar dice d'aver mandato i processi a Milano, nè altra
provision s'è visto: perciò vanno peggiorando con scandalo d'altri»; e
un altro: «Sono alcuni mercanti, i quali non osservano il decreto di non
andare ne' paesi d'eretici senza licenza, e sono difesi dalli signori
temporali (svizzeri) perchè così fanno loro, però con precetto di non
andar alla predica d'heretici, nè trattar con loro della religione».
D'altri casi ho io parlato nella _Storia della città e diocesi di Como_,
lib. VII.
[383] Il processo esiste ms. nell'Ambrosiana di Milano, segnato R. 109,
in-fol.
Del resto, giocolieri spertissimi non mancavano, e Ortensio Landi
(_Comm. delle cose notabili e mostruose in Italia_) dice: «In Venezia
trovai un Siciliano il quale scriveva in uno specchio d'acciajo, e quel
che nello specchio scriveva, ve lo faceva per riflesso leggere nella
luna... faceva apparir una mensa carica di ottime vivande, e poi come
fumo faceva ogni cosa sparire. Poneva un pezzo di carta non nota ove
erano scritte alcune parole, od una serratura, e incontanente se gli
apriva ogni ben serrata porta. Cavava ogni grosso chiodo coi denti.
Convertiva in oro il rame, il ferro, il piombo, e ogni metallo col
spargervi sopra una certa polvere non più veduta. E alla presenza mia e
di tre altri fece parlar una testa di morto».
[384] CREPET, _De odio Satanæ_, lib. I, diss. 3.
[385] Stuttgard 1843.
[386] PICOT, _Histoire de Genève_.
[387] PAOLETTI, _Istituz. criminali_.
[388] Manuscritto nella Magliabecchiana, Cl. XXIV, 65.
[389] Il famoso Peiresc al 28 giugno 1615 da Aix scriveva a Paolo Gualdo
a Padova: «Il medico che mi cura, desidera con passione d'avere un libro
_Baptistæ Codrunqui medici imolensis de morbis ex maleficio_, per causa
di certe monache di questa città in assai numero, che si trovano inferme
di malattie incognite e soprannaturali».
[390] _Ep._, lib. III.
[391] 2 gennajo 1610.
[392] DONZELLI, pag. 174.
[393] Cosimo Baroncelli, diplomatico toscano, nemicissimo del Concini,
racconta a' suoi figli le proprie missioni e la fine del maresciallo.
«Il cadavere di Concini fu gettato nelle fosse del palazzo dove si
orina, e poi di quivi per ordine del re fu levato e condotto da quattro
galuppi sur una scala alla sepoltura in un cimitero. Il popolo di
Parigi, sentita la morte del Concini, si sollevò, e corse a furia
dov'era stato sepolto, e cacciatolo della sepoltura, lo strascinarono
per tutta la città, e poi l'impiccarono sul Ponte Nuovo, e gli
tagliarono il membro, dicendo parole ch'è molto meglio tacerle che
raccontarle. Tornarono poi a distaccarlo, e ristrascinarlo, e alfine
l'appiccarono per un piede, ed il popolo tutto corse a tagliargli chi un
orecchio, chi il naso, chi un dito, chi a cavargli gli occhi, di modo
che non vi rimase nè carne nè osso che non fosse portato via, tenendosi
felice chi ne poteva avere un pezzo.... Or vedete e sentite se io rendo
le mie vendette a mio modo».
Manuscritto nella Magliabecchiana, Cl. XXIV, 65.
[394] Giacomina d'Entremont, casa potentissima in Savoja, vedovata,
volle sposare l'ammiraglio di Coligny, e allorchè questo cadde trucidato
a Parigi la notte del san Bartolomeo, essa ricoverò al castello di
Chàtillon in Savoja, pregando il duca Emanuele Filiberto a custodir lei
e i suoi figli (1572). Egli a stento consentì, ma la fe chiuder nel
castello di Nizza perchè si professasse cattolica. Ma si scoperse che
carteggiava coi protestanti di Germania, e meditava fuggire; pure
giurando non fuggire, non abjurar il cattolicismo, e non cercar marito,
senza il consenso del duca, a sua figlia, erede di pinguissimi feudi, fu
tenuta libera non solo, ma forse in amore di Emanuele Filiberto. Lui
morto, venuto il tempo di sposar sua figlia con don Amedeo, figlio
naturale del duca, nacquero dissapori e sospetti che Giacomina tenesse
legami cogli Ugonotti, e che stregasse il duca, e fu tenuta in carcere.
La colpa era di competenza de' tribunali secolari, ma la santa sede la
incolpò pure d'eresia, e pretese fosse data al vescovo di Torino e al
nunzio. E lungamente essa ne sofferse, finchè morì in carcere nel
dicembre 1599.
L'accusa di stregheria erale data da un'ossessa. Il cardinale d'Ossat
nelle lettere del 1597 molto ne parla, e adopera a salvarla, mostrando
non doversi aver fede al diavolo, padre della menzogna, e ch'esso non
vorrebbe denunziare i proprj devoti: al tempo stesso crede accorgersi
che il duca di Savoja non aspira che ad impadronirsi de' beni di lei per
_servir de partage à un de tant de petits louveteaux qui se nourrissent
au pié de ces monts_, alludendo ai molti figli naturali del duca.
[395] _Del congresso notturno delle lamie, libri III._ Rovereto 1749.
[396] _Lettere del Presidente Gian Rinaldo Carli al signor G. Tartarotti
intorno all'origine e falsità della dottrina dei maghi e delle streghe;_
— MAFFEI, _Arte magica dileguata_. Verona 1750. — A queste uscì una
risposta in Venezia l'anno stesso, _Osservazione sopra l'opuscolo Arte
magica dileguata_, di un prete dell'Oratorio (padre Luziato), per
dimostrare che, avanti e dopo Cristo, sempre vi furono maghi e streghe;
e raccolgonsi passi de' santi Padri che sembrano credere alle
stregherie. A una _dissertazione epistolare di Bartolomeo Melchiorri_
(Venezia 1750) _sopra gli omicidj che diconsi commessi con sortilegj_,
conviene col Tartarotti nel negare le streghe e ammettere i maghi, e
insegna ai giudici il modo di determinare con sicurezza i rei, per non
dar sentenze ingiuste. L'arciprete Antonio Florio veronese confutò il
Luziato (Trento 1750), dove pure Francesco Staidelio conventuale fe la
_Ars magica adserta_; e l'anno dopo a Verona si stampava anonima la
replica alla risposta intitolata _Arte magica distrutta_, di un dottore
sacerdote veronese; un altro anonimo fe contro il Tartarotti le
_Animadversioni critiche_ (Venezia 1751) in 76 riflessioni sostenendo la
magia. La opinione contraria fu sostenuta l'anno stesso a Roma nella
_Dissertazione_ di Costantino Grimaldi, «in cui s'investiga quali siano
le operazioni che dipendono dalla magia diabolica, e quali quelle che
derivano dalla magia artificiale e naturale, e qual cautela si ha da
usare nella malagevolezza di discernerle». Poi a Venezia comparve
_L'arte magica dimostrata_ da Bartolomeo Preati vicentino, «dove
sostiene che il traslocamento delle streghe è vero e reale»: e «Apologia
del congresso notturno delle lamie, ossia risposta di G. Tartarotti
all'arte magica dileguata del M. S. Maffei ed all'opposizione
dell'assessore B. Melchiorri». Poi ancora nel 1792 si stampò a Venezia
stessa _Philippi Mariæ Renazzi de sortilegio et magia liber singularis_,
dove informa dei dispareri, delle leggi in proposito, delle procedure.
[397] _Storia letteraria d'Italia_, 1750.
[398] ALLAN KARDEC, _Le spiritisme à sa plus simple expression. Le livre
des Esprits etc._ E vedasi anche la _Revue Spirite_.
[399] _Non inveniatur in te... qui querat a mortuis veritatem._ Deuter.
XVIII.
[400] Il cav. Des Mousseau pubblicò, tra varj libri sulla magia e lo
spiritismo, _Mœurs et pratiques des Demons_ (Parigi 1866), e varj
vescovi gliene fecero congratulazioni, asserendo non potersi che ai
demonj attribuire i fatti del moderno spiritismo.
Vedi anche RIZOUARD, _Des rapports de l'homme avec le démon_.
[401] _Traité du Saint-Esprit_, par M. GAUME. Paris 1864, 2 vol.


DISCORSO XXXIV.
SAN PIO V. 1566-72.

Dopo la gran riforma cattolica, portata dal Concilio tridentino, mutasi
l'aspetto esterno della Chiesa; maggior severità di costume; studio più
severo; disciplina rispettata. Un gentiluomo tedesco, udendo sempre
declamare contro la depravazione di Roma, era voluto venire ad
accertarsene coi proprj occhi, e ad un principe scriveva nel 1566 come
invece avesse trovato gli abitanti dediti alle pratiche pie, rigorosi
osservatori della quaresima, frequenti alla comunione e alla visita
delle chiese; la settimana santa poi dormire per terra, e veglie, e
digiuni, e tutti _gli artifizj della penitenza_ adoperati per
raggiungere i beni dell'anima. E segue descrivendo quelle commoventi
solennità pontificali del giovedì santo; e le scomuniche lette a gran
voce al popolo che le ascolta in venerabondo silenzio, e il bombo dei
cannoni che vi tien dietro, gli presentavan immagine del terribile
giorno finale. Lunghe file di penitenti disciplinandosi giungeano a San
Pietro, ove ad essi mostravansi la lancia di Longino e il volto santo,
fra singhiozzi, gridi e preghiere.
Io non accetto appieno queste lodi perchè, come costui vede tutto santo,
così altri tutto scellerato, secondo l'affetto individuale. Nel 1563
viaggiò in Italia Filippo Camerario, illustre dotto tedesco, il quale
descrisse quel viaggio giorno per giorno, più fermandosi sulla parte
materiale. Sparla del regno, allegando quel proverbio «Il napolitano è
un delizioso paradiso, ma abitato da diavoli», e si meraviglia come il
re di Spagna da paesi tanto feraci tragga o nulla o pochissimo, dovendo
spender tutto nel frenare i sudditi e respingere i Turchi. Descrive i
fenomeni del tarantismo: e che spesso all'entrare in una città erano
obbligati a depor le armi e le pistole, ricuperandole poi all'uscita;
del che non sa trovar la ragione, massime che v'ha osterie dove si è in
maggior pericolo che sopra alcune strade di Lombardia e di Toscana. A
Roma fa il solito piagnisteo sulla diversità dall'antica; ma sopratutto
decaduti gli sembrano gli uomini, la più parte ignari fin delle lettere.
«Poeti, filosofi, oratori v'ha per certo, ma tali che non vorresti
udirli: chiamano poeti certi ciarlatani, che cantano per le strade versi
lascivi; filosofi che tutto attribuiscono alla natura, o secondano le
voluttà; oratori che mai non lessero Cicerone nè Demostene, ma
arringarono una o due cause». Sul partire, l'Inquisizione lo colse, e
gittò nel carcere, ove stava da un anno Pompeo De Monti barone
napoletano, reo d'uccisioni e d'incendj, ma allora imputato d'eresia. Il
Camerario si confessò luterano, onde cercarono trarlo alla nostra
chiesa: e se il domenicano frate Angelo lo vessava, il gesuita Canisio
gli procurò agevolezze e libri, usavagli ogni cortesia il dottor Donato
Stampa milanese: un Cencio carceriere lo salvò da insidie e veleni: un
ignoto gli offerse denaro pel ritorno. Egli medesimo ne stese una
_Relatio vera et solida_ per dimostrare come Dio, per mezzi insperati,
campi i suoi dalle mani de' nemici, e liberi dalle calunnie. Suo
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