Gli eretici d'Italia, vol. II - 52

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seme si istituì nel 1545 l'_uffizio di religione_ che vigilasse sopra le
novità di fede, e ne esistono gli atti nell'archivio lucchese; come sui
costumi fu costituito un _uffizio dell'onestà_ e uno della _bestemmia_
che procedette anche contro i giocatori.
D'ordine del Sant'Uffizio, il vescovo pubblicò un editto, invitando
tutti i fedeli traviati a confessar fra tre mesi i loro errori, davanti
a testimonj, impetrandone piena assoluzione: trascorso quel tempo, si
procederebbe contro i contumaci coll'autorità apostolica, cioè con
tribunale eccezionale. Spiaceva come indecoroso quel solenne perdono:
spiaceva quella procedura eccezionale, e parea che il breve del
Sant'Uffizio esagerasse l'estensione dell'eresia, mentre le dava tanta
pubblicità; lo perchè Paolo IV sospese l'editto, commettendo al vescovo
di udir in secreto le confessioni (1555). Ma a quel movimento, forse
perchè si temesse veder ridotte ad effetto quelle che fin allora non
erano state che minaccie, molti cittadini fuoruscirono, tra cui Filippo
Rustici che a Ginevra tradusse la Bibbia (1562), Giacomo Spiafame
vescovo di Nevers; il dottor Nicolao Liena, molto adoprato ne' pubblici
affari; Pietro Perna, che posta tipografia a Basilea, moltiplicò
edizioni principalmente di Riformati, avendo a correttore Mino Celsi
senese; il medico Simon Simoni. Anche intiere famiglie sciamarono, come
i Liena, gli Jova, i Trenta, i Bulbani, i Calandrini, i Cattani, i
Minutoli, i Buonvisi, i Burlamacchi, i Diodati, gli Sbarra, i Saladini,
i Cenami, che poi diedero alla Svizzera utili cittadini, e alla
repubblica letteraria personaggi illustri[494].
Questi profughi erano stati condannati per eretici e confiscatine i
beni, ma ciò piuttosto per mostra, attesochè erasi lasciato ad essi il
tempo di metter al coperto le sostanze. Spirato il termine assegnato al
ritrattarsi, Paolo IV aveva invocato il braccio secolare affinchè i
renitenti fossero tradotti al Sant'Uffizio, e in fatto tre cittadini
vennero arrestati. I senatori imputarono di queste durezze il loro
vescovo, che disgustato da contrasti giurisdizionali, coglieva ogni
occasione di fare sfigurar la sua patria. Contro sei profughi fu eretto
processo a Roma, e arse le loro effigie; e il Governo lucchese
s'affrettò a dichiararli ribelli e staggirne i beni, prima che vi
mettesse mano l'Inquisizione. Michele Diodati, citato a Roma
dall'Inquisizione, rinunziò al posto d'anziano por andar subito a
scagionarsi, ma non vi riuscì che dopo due anni. Nel 1558 si proibiva
ogni colloquio o corrispondenza colle persone dichiarate eretiche, o
contumaci alle chiamate del Sant'Uffizio.
Il senato lucchese accettò i decreti del Concilio di Trento, e la bolla
sulla stampa: obbligò gli albergatori a dar nota di tutti i forestieri
sospetti di male dottrine: escluse dagli uffizj i discendenti fin al
secondo grado di quelli dichiarati eretici: col che meritò che Pio V
mandasse il principe Colonna a presentar alla repubblica la rosa d'oro
benedetta, che suol darsi a gran principi in segno d'affetto. Troppo
premeva ai Lucchesi di mostrarsi cattolici zelanti, attesochè Cosimo,
ambendo annetterseli sudditi, li denunziava come marci d'eresia: onde,
quanti erano domandati dal Sant'Uffizio, consegnavano od obbligavano a
grossa malleveria di presentarsi. Di tempo in tempo rinnovavansi i
tentativi di stabilir l'Inquisizione ed era non piccolo studio il
rimoverla, lasciando anche processare magistrati e persone in grande
stima.
Un Lorenzo Del Fabbro cospirò anzi per mostrar necessaria
l'Inquisizione, raccogliendo deposizioni d'uomini vulgari. Se n'accorse
il Governo, e fattone processo, il mandò a Roma. Dopo lunghe indagini,
il Del Fabbro fu prosciolto, e il senato, secondando l'odio pubblico,
tentò bandirlo col pretesto che cercasse trasferir fuori di patria
l'arte della lana; ma il Sant'Uffizio si accorse che era un pretesto per
vendicarsene, e lo difese.
Pure, qualvolta capitasse alcun inquisitore, era tenuto isolato per
modo, che dovesse presto andarsene: e cercando i Gesuiti di farvisi
domandare per diriger l'educazione de' nobil giovani, il senato dichiarò
non potersi simil gente ricettare senza manifesto pericolo della
repubblica.
Nel 1561, ad esortazione de' cardinali inquisitori, si raddoppiò
d'oculatezza al confine sopra i libri proibiti, dando autorità di aprire
i plichi e le valigie provenienti d'oltremonte. Quando Pio IV temette
che i molti Lucchesi che viaggiavano in Isvizzera, nel Brabante e in
Francia non ne contraessero l'infezione, il senato proibì di stabilire
dimora in quelle contrade (1562, 20 gennajo); coloro che abitano in
Lione devano tutti insieme comunicarsi il giorno di Pasqua; chi alloggi
alcun forestiere, e gli veda far atti o discorsi meno cattolici, lo
denunzii: ai dichiarati eretici dello Stato si proibisce di fermarsi in
Italia, Spagna, Francia, Fiandra, Brabante, «luoghi ne' quali la nazione
nostra suole conversar, abitare e negoziare assai»; e se «vi siano
trovati, chiunque gli ammazzerà guadagni per ciascun di loro, de' danari
del Comune, scudi trecento d'oro; se bandito, rimanga libero; se no,
possa rimetter un altro bandito»[495].
Questo decreto attirò al Comune le lodi di Pio IV e di san Carlo, e fu
proposto ad esempio altrui: ma che non abbia spinto nessuno
all'assassinio ce ne dà speranza l'udire come molti eretici restassero
in questa città, tenessero corrispondenza coi fuorusciti, e ricevessero
opere protestanti, e san Carlo in lettera del 13 dicembre 1563 agli
anziani di Lucca, rammentando i presi provedimenti, diceasi informato
che i loro cittadini e sudditi in Francia, e massime a Lione, faceano
alla peggio, e viveano sospesi circa la fede; lo perchè gli esortava a
rinnovar gli ordini, e farli rigorosamente osservare.
In effetto a Lione, per maneggiarsi nelle turbolenze religiose, erano
venuti da Ginevra molti profughi lucchesi, e mossero rumor grande di
tali decreti, appellandosi alla protezione regia sotto cui viveano:
laonde la regina Caterina e Carlo IX si dolsero colla republica
dell'ingiustizia di quegli atti, e mandavano al governator di Lione che
non lasciasse far loro violenze. Il senato scrisse giustificazioni alla
Corte ed ai senati di Ginevra e di Berna; al che Caterina replicò non
aver volulo impedire il corso della giustizia, nè dato quelle lettere se
non per le importunità de' religionarj, che aveano esposto le cose in
aspetto differente. Ne presero ardire i signori lucchesi, e una
riformagione del 1570 contiene i nomi di nuovi banditi, che sono
Giofredo di Bartolomeo Cenami, Nicola Franciotti, Giuseppe Cardoni,
Salvatore dell'Orafo, Antonio fratello di Michelangelo Liena, Gaspare e
Flaminia Cattani, Cesare di Vincenzo Mei, Benedetto di Filippo
Calandrini, Michele di Francesco Burlamacchi, Giuseppe Jova, Lorenzo
Alò, Venturini, Marco di Clemente di Rimino. I loro nomi stavano affissi
sopra una tabella pubblica, affinchè niuno ignorasse l'obbligo di
evitarne ogni corrispondenza, e se disobbedissero alla citazione,
n'erano confiscati i beni.
Un altro Alessandro Guidiccioni era succeduto all'omonimo, il quale
violentemente procedeva nelle riforme e cozzava col Governo: molestò
alcuni tedeschi acattolici che per commercio erano accasati a Lucca;
sparlava contro l'uffizio sopra la religione, quasi negligente ad
adempier le leggi lodate da Pio IV; e decantava come rimedio necessario
l'Inquisizione (1603); e ne vennero tali urti, che il Governo lo
dichiarò nemico della città. Paolo V parve secondar il vescovo col voler
sottrarre al Governo l'esame de' libri proibiti ed altri uffizj
affidatigli dalle leggi encomiate da Pio IV, e trovava strano che una
città, dond'erano pure usciti tanti eretici, ricusasse quel tribunale,
che aveano accettato e Venezia e Genova. Pure il senato riuscì ancora a
quietarlo, promettendo che, appena l'uffizio sulla religione scoprisse
qualche mancanza, ne darebbe avviso all'ordinario perchè vi riparasse.
Ancora nel 1679 il cardinale Giulio Spinola vescovo di Lucca diresse una
lettera alle famiglie lucchesi dimoranti in Ginevra, esortandole a
ritornar nella patria e in seno della Chiesa romana. Francesco
Turrettini, professore di teologia, gli rispose, giustificando
l'emigrazione d'un secolo prima. «Possiamo assicurarla (diceva egli)
che, se si trattasse di qualsivoglia altra cosa, ci avrebbe trovati
prontissimi ad ascoltarla, ma in un punto così importante, che tocca la
coscienza la quale da Dio solo dipende, non troverà strano che, essendo
pienamente persuasi della verità che professiamo, non possiamo porger
orecchio ad abbandonarla per qualunque considerazione»: avrebbero essi
voluto tener segreta tal pratica, ma poichè erane corsa voce, e che essi
propendessero a cambiar fede, trovavansi costretti a darvi pubblicità.
Sono firmati F. Turrettini, B. Calandrini. F. Burlamacchi, G. Diodati,
M. Micheli, V. Minutoli[496].
Nel 1713 Clemente XI rimproverava il gonfaloniere e gli anziani lucchesi
perchè avean emanato un ordine contrario alla ecclesiastica
giurisdizione e all'autorità della santa Inquisizione, imponendo
stessero a quanto avea prescritto Paolo V col breve 13 ottobre 1606.
Tra i fuggiti indicammo Simone Simoni. Nacque non a Lucca, ma a Vagli
nella Garfagnana, attese alla medicina, e abbracciate le opinioni
calviniche, si stanziò a Ginevra verso il 1565, e carezzato come
sogliono i fuorusciti, ebbe incarico d'insegnar pubblicamente. Però, al
pari d'altri italiani, trascese presto in concetti, che il Beza denunziò
come antitrinitarj, e i teologi di colà anatemizzarono; lo perchè fu due
volte imprigionato. Riuscito a fuggire, ritirossi ad Eidelberga, ivi
pure nominato professore, ove il 20 dicembre del 1568 lesse sopra
l'assioma peripatetico _Ex nihilo nihil fit_: dal qual canone partendo,
sosteneva che anche il Verbo era fatto. Il Beza gli scrisse rimproveri
di siffatte e d'altre proposizioni in questa e nell'opera sull'essenza
di Dio, ove ripudiava la Trinità; e si diceva credesse nel cielo padre,
nella terra madre, e nella forma, cioè nel senso e intelligenza del
cielo. In conseguenza dovette andarsene anche da Eidelberga. Postosi a
Lipsia professore di filosofia, vi ebbe moglie e la protezione
dell'elettore Augusto, che lo nominò suo medico e riformatore
dell'Università, ma poco dopo il congedò anch'esso, fosse per le
opinioni, o per le solite invidie, per cui molti lo combatteano, e
nominatamente Jacobo Schegkio. Ridottosi a Praga, da un gesuita
lasciossi convertir al cattolicismo, nel 1581 fece solenne abjura, e
promettea scriver a difesa del vero; allora stette alla Corte di
Ferdinando II, quindi a quella di Stefano Battori in Polonia e di re
Sigismondo. Ma gli emuli non gli cessavano guerra, e nel 1588 Marcello
Squarcialupo stampò a Cracovia _Simonis Simonii lucensis, primum romani,
tum calvinici, deinde lutherani, denuo romani, semper autem athei, summa
religio_; dov'è appajato all'Aretino; aver insegnato che generatori
delle cose sono il cielo e la terra; che il calor del cielo è quel che
ogni cosa intende, prevede, dispone, e n'adduce in pruova un simbolo da
lui stampato a Vilna.
Vantavasi d'avere sillogismi, i quali imbarazzerebbero fin san Paolo;
eppure i Protestanti lo contano come quello che, dopo Melantone,
restaurò la scienza fra essi; altri lo credono calunniato dai nemici, ai
quali allude nel suo libro, _Scope con le quali si scopano gli
escrementi delle calunnie, delle bugie, degli errori,_ 1589. Scrisse
molte opere di medicina, fra le quali una confutazione dell'avvocato
Nicolao Buccella chirurgo italiano, anabattista in Polonia, del quale
non abbiam altra notizia se non che aveva impugnato i precedenti scritti
del Simoni.
Fra i discendenti dei Lucchesi profughi si illustrarono Federico
Burlamacchi e il famoso legista Gian Giacomo; Gian Lodovico Calandrini;
Giacomo, Bartolomeo e Francesco Graziano Micheli; Gian Lodovico
Saladini. Dai Turrettini provennero molti uomini rinomati, Benedetto,
Francesco, Michele, Samuele, e principalmente Giovanni Alfonso, che
viaggiando per Europa, si fece ammirare come uno de' luminari della
Chiesa riformata, e procurò conciliare le dissidenti. Della famiglia
Minutoli, ornata d'insigni personaggi, massime di prelati e
giureconsulti, era Vincenzo figlio di Paolino e di Laura Cenami, che
fermatosi a Ginevra nel 1594, e professatane la religione, sposò Susanna
figlia di Michele Burlamacchi, e di Clara Calandrini, donde venne la
linea tanto benemerita. Colla quale fioriscono ancora a Ginevra i
Turrettini e i Passavanti[497].
Dei Diodati, oltre Carlo e Alessandro, Giovanni acquistò fama popolare
in grazia della versione della Bibbia, la quale è lodata e conculcata
più del vero, perchè opera di eterodosso. Quanto al valor letterario, io
non vi trovo quella purezza, per cui la Crusca volle or ora annoverarla
fra i testi di lingua. Ha merito di chiarezza, ma per ottenerla aggiunse
articoli, preposizioni, parole, segnandole in corsivo. Ciò lo rende
spesso interprete e parafrasta, anzichè traduttore, nel che alcune volte
riesce felicemente, altre no; tanto più perchè mancava di estesa coltura
orientale, e perchè volle trarre la Bibbia a sensi eterodossi[498]. Alla
prima edizione del 1607 pose brevissime note, che poi crebbe assai in
quella del 1641; ove talora espone le ragioni delle sue interpretazioni,
o le diverse. La più parte son buone; molte volte diverge dal letterale
in sensi mistici e ad intenzioni calviniste.
Come riazione a queste diserzioni lucchesi, accenneremo che nel 1588 un
soldato, perdendo al giuoco, si pose a bestemmiare, ed avventò i dadi
contro un'effigie della Madonna. In quell'atto gli si ruppe il braccio,
di che tutti a gridare al miracolo; e subito cominciar concorso alla
devota effigie, a cui ducencinquanta processioni vennero in mezz'anno, e
tanti donativi, che si potè fabbricare la Madonna de' miracoli.

NOTE
[488] Nello statuto del 1308, manuscritto nell'Archivio di Stato, _liber
tertius, rub. CLV, leggesi_:
_De hereticis et patarinis et sodomitis expellendis de civitate, et pena
eis danda._
_Et (ego lucanus potestas) purgabo civitatem lucanam, districtum et
episcopatum hereticis et patarinis et sodomitis et aliis iniquis septis,
quos omnes punire debeam et tenear in libris CCC in quibus tenear
condepnare et insuper ponere eos in bannum perpetuum, et tenear dari
facere de dictis CCC libris, centum accusanti vel denuntianti vel tantum
de eius bonis quantum valeant ad voluntatem accusantis si legitime de
maleficio probaverit accusator vel denuntiator. Et si predictam
condepnationem non solverit accusatum vel denuntiatus ipsum corpore
puniri faciam si quo tempore mei regiminis reperti fuerint sine ulla
fraude, et de ipsis hereticis expellendis in vabo lucanum episcopum et
lucanum capitulum si me inde inquisierint, et per me et meam curiam
tenear predicta invenire bona fide sine fraude et etiam minare omnem
personam que a Romana Ecclesia officium circa vel iurisdictionem
haberet. Item ego lucanum regimen tenear vinculo juramenti observari
facere omnes constitutiones quas olim dominus Clemens papa bone memorie
fecit contra hereticos utriusque sexus et eorum bona et eorum occasione
confirmavit et approvabit, non obstantibus suprascriptis._
[489] Costui era vissuto da scapestrato e incredulo, ma nella _Storia di
Lucca_ del Cividali, manuscritta, p. 601, troviamo questo _Pietoso
ricordo mandato da Pietro Fatinelli alle sue sorelle monache poco
innanzi di morire_.
«Oh! ancora Saul fra i profeti vi doverà parere men nuovo che io, tanto
gran peccatore, venghi a parlare della parola di Dio, perchè lo spirito
dove vuole spira. Pietro negò, e Paulo fu converso a Cristo,
perseguitando egli gli apostoli suoi; rendendo dunque grazia
all'Onnipotente Dio et a Gesù Cristo, il quale venne per salvare i
peccatori, che mi ha aperti gli occhi, che comincio a conoscerlo per
fede, per sua sola bontà e misericordia, non ho voluto mancare di farvi
partecipi del frutto di questa mia vocazione, e perchè fra tutte le
altre buone opere, sommamente è esaltata l'orazione, come quella che ne
approssima e ci congiunge a Dio, voglio con voi ragionare di essa, non
già come dottore, ma come discepolo di Cristo, e secondochè dallo
Spirito Santo mi sarà comandato di portare acqua al fiume; e benchè io
usi presunzione, vi prego che riceviate queste mie vigilie con quella
sincerità che ve le mando; e se vi è qualche cosa che vi edifichi,
attribuitelo alla bontà di Dio, che me le ha dettate, avendo io la mente
applicata nel suo nome, e quello che altramente sarà, reputatelo a me,
perchè in questo, uomo, non posso operare cosa alcuna buona, e se
intenderò che vi satisfacciano, mi darete animo di mandarvene delle
altre.
«L'orazione è un'elevazione di spirito parlante con Dio; è un desiderio
veemente della gloria sua e della salute dell'anima. È una
considerazione affettuosa della potenza, bontà, grandezza, giustizia e
misericordia di Dio. È una relazione di grazie di tutti i benefizj che
da lui riceviamo, non per li nostri meriti, ma per la sua bontà: è una
confessione della giustizia sua e della ingiustizia nostra,
rallegrandoci di quella e contristandoci di questa. Puossi domandare la
salute dell'anima, e di evitare i mali spirituali: debbe esser fatta con
ardente fede, talmente che non si dubiti di avere a conseguire le
petizioni; debbe essere sincera e secreta nella camera del cuor suo;
breve, senza circumlocuzioni e con semplici parole. Richiede l'orazione
sopra tutte le cose la quiete della mente, e la separazione dei pensieri
da ogni cosa terrena, et in Dio porre tutto l'affetto.
«L'orazione dunque che sarà fatta in questi modi, può esser certo il
fedele che sarà esaudita, come brevemente per le scritture potremo
vedere».
[490] Filza 4015.
[491] Nella lista de' libri proibiti, unita a quel decreto, son nominati
OCHINUS, _De confessione_. _Vita nuova. Quædam simplex declaratio_ PETRI
MARTYRIS VERMILII FLOR. _Et libri dicti P. Martyris et B. Ochini post
eorum lapsum ab unitate sanctæ matris Ecclesiæ._
[492] Suo processo, costituto del 3 settembre 1546. Si sa che,
ultimamente, si volle far del Burlamacchi il primo martire dell'unità
d'Italia e dell'ostilità al papa. Il processo stampatone or dianzi subì
mutilazioni in questo senso, siccome provasi dall'ispezione
dell'originale. P. E. in esso processo, posto in appendice alle storie
del Tommasi nell'Archivio Storico, dopo le parole, a pag. 157, _per
riformar la Chiesa... con levarli l'entrate, nell'originale si legge,
lassandole godere a quelli che l'havevano adesso et doppo la morte loro
l'applicasse o al pubblico, o a soventione dei poveri, segondo che li
fusse parso meglio._ E nella pagina stessa, dopo le parole _non
desideravano altro... si legge: Et l'harebbe esortato a pigliare la via
di Roma, et con l'ajuto di detti Alamanni et della Toscana, a farsi
imperatore di Roma, parendoli che sia male si domandi imperatore de'
Romani, et che non li comandi. Et che questo facilmente li sarebbe
riuscito con il soprascripto ajuto et con havere lì vicino il reame di
Napoli, et della parte di Roma. Et che poi che non è piaciuto a Dio che
seguì per questa via, non li doverà mancare modo che segui per altra._
(R. Archivio lucchese; Cause delegate, filza N. 11). Di ciò il Minutoli
non fa cenno, mal convenendo al martire dell'unità italiana il voler
consegnare la patria all'imperator tedesco.
[493] Di questi fatti si occuparono tutti gli storici moderni di Lucca e
più specialmente il Mazzarosa, non però così che molte cose non
ignorassero od ommettessero. Al valente giovane Giovanni Sforza, che si
tolse la briga di cercare per noi quel ricco archivio, dobbiamo questi
appunti cavati dalle _Storie di Lucca_ di GIUSEPPE CIVITALI, cittadino
lucchese, manuscritto.
«...... Il cardinal Guidiccioni con sue amorevoli lettere come
affezionato alla patria ammonì la città di Lucca che, appresso la
santità di n. s. e di tutta la Corte era tenuta luterana et eretica, e
però esortava a desistere da quell'opinione caso che vi fosse inclinata,
et a vivere da cattolici e buoni cristiani come sempre sono stati i
Lucchesi, et in questo modo veniva scritto da più persone a particolari
cittadini, in modo che per purgare questa infamia risolsero di mandare
ambasciatore al papa, che fu per ciò eletto Nicolao Guidiccioni. Et
essendosi diminuite le visite che solevano già fare gli anziani nelle
solennità di alcuni santi, i corpi dei quali sono in Lucca in più
chiese, furono riassunte e per publico decreto ordinato che nelle feste
loro gli anziani fossero tenuti di andare ad onorarle; e di più avendo
scritto il detto cardinale d'ordine del papa, che fosse ritenuto il
vicario dei frati di Sant'Agostino, esso vicario si mise prigione in
palazzo, e perchè da alcuni suoi amici fu ajutato fuggire, il magnifico
consiglio ne fece gran dimostrazione, onde per ciò Vincenzo Castrucci fu
bandito, Francesco Cattani privato d'offizj d'onore per dieci anni,
Stefano Trenta, Girolamo Liena e Bernardino Macchi in pena pecuniaria
furono multati» (Libro IV della parte VI).
Anno 1543. «Ordinarono per osservanza de' precetti di santa Chiesa che,
essendo di quaresima, non si potessero vender carni in quel tempo».
(Libro V, parte VI).
Anno 1545 «..... Moltiplicando in Italia i Luterani, disputandone
apertamente fino agli artieri idioti et ignoranti di lettere, il quale
abuso era venuto non meno in Lucca che negli altri luoghi, con disonore
della santa Chiesa cattolica romana, e ciò dispiacendo invero agli
uomini savj e cittadini del Governo massime in generale, con tutto che
vi fosse ancora qualcheduno dei grandi macchiato di quest'errore, si
fece per tal conto una fortissima e severa legge contro di coloro che
temerariamente ardissero di parlare, disputare e contendere di tali
cose, e che tutti i libri proibiti e sospetti alla santa Chiesa si
dovessero togliere e sopra di questo si fece un offizio di autorità per
longo tempo di tre qualificati cittadini, cioè: Baldassar Montecatini,
Bartolomeo Cenami e Giovanni Bernardini». (Ivi).
Anno 1549 «..... Fecero i padri del senato una legge in favore della
religione, ancora che altre prima ne avessero fatte, desiderando sopra
ogni altra cose che si vivesse col timor di Dio, in grazia della cesarea
maestà e della santa sede romana; e per tal conto Jacopo Arnolfini fu
ambasciatore a papa Paolo III acciocchè fosse fatto capace della buona
fede e religione nostra». (Ivi).
1553 «....... Si fecero alcuni buoni ordini sopra la religione e fu
spedito a Roma messer Agostino Ricchi all'arcivescovo di Rangia,
affinchè facessero insieme buon uffizio, referendo però con li deputati
e signori sopra l'Inquisizione, imperocchè vi era stato qualche malo
spirito et inquieto o maligno animo che a quelli aveva referto male
della città, la quale invero non preteriva cosa alcuna della vera
osservanza et obbedienza della Chiesa. Dapoi per maggior diligenza del
sagro culto si diede cura a Girolamo Arnolfini, Bartolomeo Pighinucci,
Michele Diodati, messer Libertà Moriconi, Francesco Camicioni,
Bernardino Cenami, messer Bernardo Manfredi, Ferdinando Giovanni
Battista Bonella e Cristoforo Bernardi, che fossero col reverendissimo
vescovo di Lucca per esaminare e deliberare quello che fosse da farsi
per satisfare appieno alli reverendi cardinali dell'Inquisizione di Roma
in modo che la loro città restasse appresso di loro in buon concetto, e
così fecero in breve, mandando per ciò a Roma messer Girolamo
Lucchesini, a Firenze fu mandato messer Nicolao Guidiccioni, mentre che
messer Giovanni Tegrini vi era per un anno. Fecero li nove cittadini
sopraddetti alcune provigioni in favor della religione e pubblicamente
furono manifestate». (Ivi).
Anno 1555 «..... Continuando pure in Italia le opinioni, o per meglio
dire l'eresie luterane, et ancora a Lucca alcuni a quelle aderendo, ma
la città in generale et il proprio governo essendo d'animo tutto
contrario, anzi ben disposto di seguire le pedate degli antichi e sotto
l'obbedienza della santa Chiesa, per ciò per ordine del magnifico
consiglio si creò un magistrato sopra la religione con autorità
convenevole, per il che si fece conoscere a Sua Santità et a reverendi
inquisitori in Roma, avendo essi mandato un certo breve, che i signori
Cattolici erano persecutori degli eretici et inclinati al sagro culto, e
li mandarono l'instituzioni fatte per il detto magistrato acciocchè essi
avessero a vigilare per eseguire la punizione di chi errava, e gli
eletti a questa cura furono messer Tobia Sirti, frate Michele Serantoni,
Guglielmo dal Portico, messer Benedetto Manfredi, Francesco Camicioni,
Baldassar Guinigi». (Ivi).
Anno 1558 «Non restando di travagliare la città in questi tempi alcuni
che pure seguivano le opinioni contrarie alla Chiesa di Roma, ancorchè
ogni giorno se ne facesse legge e proibizioni di non poterne nè pur
ragionare, non che seguirle, con tutto che si stesse vigilanti contro
questi tali in favor della religione per mostrare finalmente al mondo
quanto dispiacesse a quelli del Governo che i suoi cittadini e sudditi
non si dimostrassero veri et obedienti figli della santa Madre Chiesa
Cattolica Romana, non ebbero respetto nè a parentadi nè a nobiltà nè a
cosa alcuna, per l'offizio sopra ciò deputato si procedeva contro dei
beni confiscati dell'infrascritti cittadini dichiarati ribelli benchè
assenti et abitanti in Ginevra terra d'eretici, cioè: messer Nicolao
Liena, Girolamo Liena, Cristofano Trenta, Guglielmo Balbani, Francesco
Cattani, Vincenzo Mei.
Anno 1561 «...... Si elesse un offizio di nove cittadini per causa della
religione e per satisfare ai reverendi cardinali sopra l'inquisizione ai
quali tutta volta era rappresentato male calunniando a torto la città; e
li cittadini eletti a tal cura furono questi: messer Giorgio Franciatti,
Girolamo Lucchesini, Benedetto Manfredi, Iacopo Arnolfini, Bernardino
Cenami, Libertà Moriconi, Nicolao Burlamacchi, Iacopo Micheli e Pietro
Serantoni».
Anno 1563 «....... Il cardinal Borromeo, stretto parente del papa et
amicissimo di questa terra, scrivendo faceva grande istanza che si
facesse provvigione e notabile impresa contro i Lucchesi che erano in
Francia e non vivevano cattolicamente, e tanto più sollecitava essendo
terminato il concilio di Trento per il che bisognò procedere severamente
e senza respetto contro que' tali e si eseguì la volontà di s. s.
appieno».
Anno 1569 «A dì 25 ottobre venne la nuova che gli Ugonotti, eretici e
contrarj agli ecclesiastici di Roma, furono rotti e messi la più parte a
fil di spada nelle parti di Francia dove era suscitata et ampliata
questa setta, di che si fece pubblica dimostrazione di allegrezza per
tutta Italia et in Lucca ancora ad esempio degli altri, come d'animo
tutto conforme agli altri cattolici e fedeli a santa Chiesa».
[494] Non fu dunque una migrazione contemporanea; e caviamo dal Tommasi
(_Sommario di storia lucchese_) la lista de' Lucchesi condannati, colla
data della riformagione che li chiarisce eretici e ribelli.
1558 27 settembre. Balbani Guglielmo, Cattani Francesco, Liena
Girolamo e Nicola, Trenta Cristoforo, Mei Vincenzo.
1564 29 agosto. Guidiccioni Luisi.
1566 2 luglio. Arnolfini Paolo, Balbani Nicola.
1567 26 agosto. Minutoli Paolino.
1567 4 novembre. Calandrini Giuliano.
1567 17 novembre. Del Venoso Regolo, Rustici Filippo, Calandrini
Scipione, Civitali Masseo, Delle Favole Lodovico, Bartolomei
Venanzio, Simoni Simone.
1567 2 dicembre. Jova Giuseppe.
1568 3 marzo. Diodati Carlo e Pompeo.
1570 28 febbraio. Cenani Giuseppe, Franciotti Nicolao, Cardoni
Giuseppe, Dall'Orafo Salvatore, Liena Antonio, Cattani
Gaspare, Mei Cesare, Calandrini Benedetto e Filippo,
Burlamacchi Michele, Jova Giuseppe (il suddetto?), Venturini
Lorenzo, Di Rimini Marco.
1578 28 febbraio. Turrettini Francesco.
1580 28 giugno. Calandrini Giovanni e Cesare, Balbani Manfredo e
Arrigo, Perne Pietro.
1597 31 ottobre. Minutoli Vincenzo di Paolino.
[495] RAYNALDI, _ad annum_ 1562.
Ecco un decreto del 10 aprile 1562 in materia di religione:
«Acciò che il magnifico signor gonfaloniere con li dui magnifici signori
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