Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 29

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confusione corse a un tratto tra la folla la voce, che era vinto il
partito d'assaltare le trincere. A questa nuova si levaron mille grida
di _viva i Signori!_--_Viva il marzocco!_ E nel modo istesso che in
mare al cader del vento, cade presto, ma non subito, la superbia del
flutto, così, ancora per breve spazio durò il frastuono e l'agitazione,
ma poi a poco a poco, anco per esser oramai notte chiusa, si venne
diradando la folla, scemaron le grida e il susurro, e movendosi
allegri i cittadini, pieni di nuova speranza, tornaron alle loro case,
lasciando la piazza muta e deserta.
Insieme cogli altri, e misto tra quelli che venivan per Vacchereccia
e Mercatonovo, camminava anche Troilo, tirando verso Ponte Vecchio.
Dacchè non ci siam più occupati de' fatti suoi, egli s'era occupato
anche troppo della scellerata bisogna per la quale era venuto in
Firenze, e vendutosi a Baccio Valori, quantunque sul primo si portasse
assai rimessamente e di malavoglia, come accennammo, parte per un resto
di ripugnanza a totali ribalderie, parte per trovarsi affastidito della
vita che gli conveniva menare, avea poi a poco a poco, calpestando ogni
scrupolo, saputo guadagnar benissimo il prezzo del suo tradimento.
Dal tetto della casa de' Nobili, quando l'occasione lo richiedeva,
veniva facendo cenni a quelli del campo con panni e biancherie,
di giorno, e con lumi la notte: avea tenuto mano ad una segreta
corrispondenza tra Baccio e Malatesta, e portava le lettere in una
balestriera fuor di porta a S. Gallo, ove un messo del campo di notte
segretamente veniva per esse. Instrutto da Malatesta, chè oramai si
fidava di lui interamente, s'era addimesticato coi giovani della
milizia, e con quelli spezialmente che appartenendo alla setta di
Niccolò Capponi, ed essendo de' grandi, concorrevano bensì col resto
del popolo alla difesa, ma nutrendo sempre in cuore l'antica gelosia
contro la plebe, e mantenendo il sospetto non venisse il reggimento a
cadere unicamente nelle sue mani, offrivan appiglio a chi si volesse
staccare dal comune interesse, come di fatti avvenne.
Troilo, senza scoprirsi, e mostrandosi anzi acceso più degli altri
per la parte Piagnona, avea però saputo con grand'arte seminar tra
loro di quelle parole che inveleniscon gli animi più sollevati, e li
spingon destramente verso que' propositi che non s'oserebbe esprimere
allo scoperto. Mostrandosi pensoso, sopra ogni cosa, del bene della
città, diceva talvolta, stando sopra di sè e sospirando: «Si vincerà,
si scioglierà l'assedio, non v'ha dubbio nessuno, ma poi?...» e qui
una reticenza, ed a chi lo stimolava si spiegasse, aggiungeva con voce
grave «poi... faccia Iddio che questo popolo non si levi in troppa
superbia, non voglia cose disoneste.... non abusi della vittoria.»
Con queste ed altre somiglianti insinuazioni, ed anco per esser egli
gentiluomo, era venuto in grazia de' grandi, e coll'arti medesime
appropriate ai diversi umori che dividevano i cittadini, era
generalmente ben veduto, ed avuto in grande stima da tutti, e Niccolò
stesso, malgrado la sua vecchia esperienza, e non ostante gli antichi
sospetti, s'era ora del tutto rassicurato sul fatto suo, ed interamente
si riposava sulla sua fede.
Trovatosi Troilo in piazza questa sera tra il popolo avea fatto come
gli altri; gridato, urlato, Battutosi il petto come il più arrabbiato
Piagnone, ma insieme era venuto attentamente notando gli atti ed i
visi di quelli fra i cittadini che sembrava partecipassero a que'
furori, più per non cader in sospetto del popolo che perchè tale
fosse realmente la loro opinione, e quando la turba si cominciava a
sciogliere, avendo veduto un cerchiello di giovani fermati un po' in
disparte sotto la loggia dell'Orgagna, fra quali era il Morticino,
Alamanno de' Pazzi, Daniele degli Alberti, Giannozzo de' Nerli e molti
altri de' primi di Firenze, ch'eran di quegli appunto ch'egli andava
sobillando, s'era accostato a loro, e dopo molti ragionamenti coi quali
magnificava l'ardito proposito d'andare a combattere, e si protestava
pronto a morir mille volte per la libertà, faceva poi intendere
destramente che maggior gloria sarebbe stata a' grandi l'abbracciar
questo partito, che ai popolani: poichè vincendosi lo stato rimaneva
in balìa de' popolani, e perdendosi, o i nemici, espugnata la città,
l'avrebber posta a sacco, ed i ricchi perdean più de' poveri; o si
veniva agli accordi, ed ai ricchi sarebbe toccato pagar le taglie
che senza dubbio verrebbon poste a' cittadini per punire una troppo
ostinata e pazza difesa, onde a ogni modo i grandi ci perdevano, ed il
popolo ci veniva ad acquistare: e finiva dicendo: «Tanto maggior virtù
sarà per voi il combattere!»
Ma quei giovani, conoscendo ch'egli diceva il vero, ed a fronte
del danno, poco curandosi di tanta virtù, stavano ingrugnati senza
rispondere, e Troilo in cuore godeva, vedendo così ben riuscirgli le
sue malizie.
Questi suoi aggiramenti furon molti più che non si scrivono, bastandoci
aver accennato quali fossero il suo animo e le sue frodi.
Uscito egli dunque di piazza, e venuto al Ponte Vecchio, che già era
notte, si condusse al palazzo di Malatesta. Le bocche delle vicine
strade, e quella di Via Maggiore, di dove era venuto, eran prese
dalle guardie, che riconosciutolo lo lasciaron passare, e, giunto al
portone, che trovò chiuso e guardato da molti soldati, fu messo dentro,
e s'avviò per cercare di maestro Barlaam, che soleva segretamente
introdurlo da Malatesta.
Attraversando il cortile illuminato da molte torce vide nel lato, in
fondo, e collocato in modo che dal portone aperto potesse vedersi anco
da chi passava in istrada, vide, dico, un asino sparato, ed appiccato
pei piè di dietro, come s'usa de' vitelli e de' manzi ne' macelli.
Con questa vista voleva Malatesta dar ad intendere al popolo ch'egli
pativa non men degli altri gli stenti di quell'assedio, e si cibava di
quella vil carne: se ciò fosse vero lo vedremo tra poco.
Nel nuovo alloggiamento del capitan generale, maestro Barlaam s'era
allogato alla meglio, ed in modo però d'esser sempre, per certi
bugigattoli segreti, a portata del suo signore. Anche qui le sue camere
eran terrene, ma non avendovi per la sua officina quelle comodità che
gli offeriva il palazzo Serristori, era ancora colle sue robe per aria,
ammucchiate in disordine negli angoli della camera che occupava.
Entratovi Troilo lo trovò che attendeva a dar loro sesto, ed in questa
bisogna lo veniva ajutando Selvaggia. Lo salutarono ambedue, come s'usa
con chi da un pezzo è di casa. Da quando lasciammo Selvaggia sulla
strada d'Empoli erano scorsi di molti mesi, come sa il lettore, ed in
questo frattempo, quantunque non le fosse avvenuta cosa d'importanza, è
però bene, a maggior chiarezza di quest'istoria, diciamo di lei quattro
parole.
Maestro Barlaam vedutala ricomparire così tosto, e quando meno
l'aspettava, chè essa era venuta difilato a scavalcare da lui, s'era
molto maravigliato, e mentre stava in sospetto non venisse costei a
tempestarlo con nuove richieste e nuovi furori, fu rassicurato tosto da
essa, che gli disse risolutamente aver ormai mutato d'animo, pensieri
e desiderj; aver scoperto finalmente quanto poco meritasse il suo
amore quello sciaurato pel quale avea durate tante fatiche, e tanto
sofferto: narrò come l'avesse trattata, e quali parole di scherno
avesse dovuto sentire, e giurando di volersi a ogni modo vendicare,
profferiva al padre di volerlo servire d'or innanzi in ogni cosa, e
non ubbidir se non lui, purchè l'ajutasse ad ottenere questa tanto
desiderata vendetta. Mostrandosi poi nei modi non più altiera e feroce
come prima, ma docile e dimessa, come colei che era a un tratto caduta
d'ogni speranza; e considerando il maestro, che un animo sicuro come
il suo poteva però talvolta venirgli molto a proposito pe' suoi fini,
l'accolse benignamente, e le disse, che era molto contento si fosse
messa sulla via ragionevole, e quanto al vendicarsi, ch'ella gli
desse campo a pensare, e lasciasse capitar l'occasione, e poi forse
farebbe in modo ch'ella rimanesse contenta. Senza voler dir altro,
nè fidandosi ancora del suo giudizio, la venne intrattenendo, finchè
trovatala sempre uguale a sè stessa, e sempre più accesa nel volersi
vendicare di Lamberto, un giorno le svelò, ridendo, tutte le pappolate
che le avea date ad intendere quella prima sera che s'era trovata con
Troilo e messer Benedetto, de' quali, dicendole ora i veri nomi e lo
stato, soggiunse: che non gliene volle dire allora, per sospetto, che
trovandosi essa con Lamberto non gli rivelasse ogni cosa.
Avendo essa poi varie volte occasione di trovarsi con Troilo, ed
affiatandosi seco, a poco a poco erano spesse volte venuti sul discorso
di Lamberto, e mostrando Selvaggia passione grandissima nel parlar
di costui e non minor desiderio di fargli dispiacere, Troilo, visto
che la cosa faceva per lui, avea soffiato in questo fuoco, pensando
che nessuno al mondo avrebbe potuto tenergli il fermo, ed ajutarlo ne'
suoi disegni, quanto questa cotanto offesa ed adirata donna. Ed avendo
da essa, e parte dal padre, avuto notizia della sua vita passata, e
conosciuta la sua arrischiata e terribil natura, rimase persuaso che
in cuore di siffatta tempra l'odio e la sete di vendetta per l'amor
vilipeso dovean produrre effetti sicuri e tremendi, e che nel suo
disegno di toglier Laudomia a Lamberto non potea trovare ausiliario che
più efficacemente di lei lo soccorresse.
Non sapeva ancora, a dir il vero, in che l'avrebbe potuta adoprare;
ma prevedendo in nube il fin dell'assedio, ed il momento in cui la
casata de' Lapi si troverebbe oppressa cogli altri popolani, pensava:
«Capiterà bene una qualche occasione! e fra due anime, come Selvaggia
ed io, che vogliam risolutamente la cosa stessa, sarà gran che, se non
ci vien fatta!»
--Presto, presto, maestro, disse dunque Troilo entrando e senza
risponder al saluto, conducetemi dal sig. Malatesta, chè si sta
mettendo di gran carne a bollire, e qui non è tempo da perdere!--
Barlaam gli s'avviò innanzi e, mentre Troilo usciva con esso, diceva,
volto a Selvaggia:
--Sta di buona voglia anche tu, chè se egli non ha voluto far alle
braccia con qualche archibusata, dovrebbe star poco a comparire il
nostro messer, e allora a noi, n'avremo ognun la sua parte.--
E via senz'aspettar risposta.
Trovò Malatesta in un suo salotto appartato, ed avea finito di cenare
allora allora; era ancora seduto a tavola, avendo dinanzi in certi
piattelli gli avanzi della vivanda, che alle ossa appariva essere stata
composta di capponi ed uccellami, e non d'asino. Appoggiato col gomito
al bracciolo del seggiolone e stuzzicandosi i denti, tenea bassa la
fronte, ed il lume della lucerna che ardeva in mezzo alla mensa gli
percuoteva sulla cotenna tirata e scolorita del cranio, che rifletteva
quel raggio come fosse d'avorio ingiallito.
Gli sedevan di contro messer Benedetto de' Nobili, e Baccio Valori,
che molte volte, durante l'assedio, con grandissimo suo disagio e
pericolo era venuto segretamente a visitarlo[57]. Tutti e tre alzarono
il viso verso Troilo, che aspettavano con grande impazienza, per udire
che novità vi fosse; e Malatesta, che volea parer d'animo sicuro,
quantunque gli errasse sulla fronte e nella guardatura un sospetto
inquieto, e non senza qualche spavento, disse, sforzandosi di sorridere:
--Che tu sii il ben venuto!.... Orsù, e che ne dicono i Piagnoni del
loro Gedeone?--
--Dicono.... dicono.... (rispose Troilo scrollando il capo coll'atto
che significa «non è tempo da motteggi») Dicono ch'e' faranno
senz'esso..... ed hanno il diavolo addosso più che mai.--
--E con esso si stieno, rispose Malatesta, alzando le spalle con
disprezzo. A buoni conti questa mosca dal naso ce la siam saputa
cacciare. E in piazza, che si fa?
--In piazza e stato l'inferno, e ancora mi duol l'ugola pel
grand'urlare,.... chè a far il Piagnone ci vuol canna e polmoni.... ve
lo dico io!.... In somma, il nostro vecchione, ed i frati, e'l Fojano,
e tutti, a predicare, e dagli! a chi più ne diceva, chè non avrebber
voluto Fra Girolamo per ragazzo. E il popolo era com'andasse a nozze:
schiamazzi, urli, battersi il petto; e la conclusione è stata: che se
non si spargeva la voce che in Palagio era vinto il partito di uscir a
combattere, io credo che que' diavoli tagliavan a pezzi la Signoria.
--Ed ora?--
--Ora tutti a casa a prepararsi per la festa di domani.--
--Oh, oh! il marzocco arriccia il pelo da maladetto senno questa volta!
E se a me non piacesse l'uscire?--
--Farebbon qualche diavoleto, ho paura, e vorrebbero sforzarvi.--
--E s'io chiedessi licenza, e li lasciassi ingegnarsi da loro, con
quest'esercito addosso, che non pensa e non sogna altro che sacco?--
--Al modo come sono infiammati, e come gli ho veduti stasera, io non
vorrei giurare che v'avessero a lasciar finir la parola, e pensassero i
fatti loro farseli da se.--
--Quando fosse così, vedremmo un bel gioco, alla croce di Dio!--
E l'occhio del traditore lampeggiò di quella rabbia diabolica che
accende uno scellerato se scorga possibile il perdere in un punto il
frutto di lunghe frodi.
Baccio allora, che non avea il capo a far il bravo, e stava con una
vecchia paura addosso che non tentava dissimulare, diceva:
--Ma e gli altri, e la setta di Niccolò[58] che fanno? che dicono? E'
pare che in Firenze non sian più se non Piagnoni?--
--Che volete che facciano! Fanno come gli altri. Chi avesse voluto
dir una parola in contrario, era bravo stasera, e poteva far conto di
tornar a casa colle budelle nella berretta. Tuttavia, anche stasera
qualche cosa s' è fatta.... via.... rassicuratevi. E s'io non erro,
a un serra serra molti gonfaloni tentennerebbero, e molti di questi
che hanno le casse molto ben foderate di ducati avrebber caro che non
finissero per le mani de' _bisogni_, e de' lanzi; e perciò terrebbono
più presto per gli accordi e pel sig. Malatesta, che vuoi le cose
oneste, ed ha promesso loro di molte volte uno stato di pochi, che
sarebbe appunto il fatto loro.... Non è egli vero, sig. Malatesta? Io
credo che il papa non vorrà farvi parer bugiardo, e sarà contento dar
loro uno stato di pochi--E sorridendo con malizia, aggiungeva--Ed anzi,
per mostrarsi largo nel mantenere i patti, vorrà che sian pochi fin
dove si può giungere, e se a questo modo lo stato finisse in un solo
non istarà a guardarla tanto pel sottile.--


CAPITOLO XXVII.

Nessuno de' tre non rispose alle suggestive parole di Troilo; chè
quelle vecchie volpi poco si fidavan tra loro, e sapevano che non
sempre i padroni vogliono che si parli tanto sicuramente delle loro
ribalderie, anche tra quegl'intimi che sono pur incaricati d'eseguirle.
Onde Baccio, dando una voltata al discorso, diceva:
--A buon conto, del Ferruccio siam liberi, che potea nuocer tanto...
io ho scritto la morte del principe a S. Beatitudine, cui dorrà
grandemente, son certo, d'un così valoroso signore; ma dacchè la
volontà d'Iddio[59] e le sorti della guerra l'hanno tolto di questa
vita.... da quel sant'uomo ch'egli è, comporterà in pace una tanta
sventura....--
--Ma non siam ancor liberi d'ogni sospetto,.... sig. Malatesta (disse
quasi raccomandandosi), qui è tempo di star desti, ed all'erta....
pensiamo che gli imperiali, ora che il principe, e D. Ferrante, come
nuovo capitano, non ha grande autorità, pensiamo, per amor di Dio,
non abbia a succedere qualche strano scherzo... che ad ogni poco
d'occasione quelle genti potrebbero abbottinarsi a voler dar l'assalto,
e dove riuscissero, trattar Firenze, come Roma tre anni sono. E se noi
dessimo Firenze saccheggiata a S. Beatitudine, sapete che grado ce
n'avrebbe.... E potrebbe anco avvenire che l'esercito ributtato dalle
mura si risolvesse e s'andasse con Dio, che sarebbe mal peggiore;
perchè bisogna pensarvi.--
--E' par che non ci pensi! rispose Malatesta con impazienza. Orsù,
voi, messer Baccio, tornate in campo più presto che voi potete, e fate
di trattener quelle genti col dire, che non si vuol in Firenze sentir
parlar d'accordi;.... così i soldati spereranno sul sacco, e finchè
speran sovr'esso non faranno movimento nessuno. E di questi arrabbiati
lasciatene il pensiero a me. E tu, Troilo, e voi, messer Benedetto,
pensate che il tempo stringe, e che è venuto il momento di raccogliere
il frutto delle vostre fatiche e de' vostri pericoli. Trovate Cencio e
gli altri, e mettetevi in moto, chè ora è tempo rannodar que' giovani
che hanno que' bei ducati e non li voglion perdere.... io so quel che
mi dico.... su loro e non su altri si dee far fondamento. Voi sapete
quel che avete loro a promettere.... fate che a me si uniscano ed a me
faccian capo.... Eh! soggiungeva poi scrollando il capo e sorridendo,
di questi furori di libertà n'ho veduti a guarir parecchi, o coll'oro,
o col timore di perderlo!.... e quel vecchione di Niccolò debb'essere
d'una pasta diversa d'ogni altro, per dio! che e' dicono di fiorini
egli n'abbia piene le cantine, eppure non si cura di nulla,... su di
esso non è da far conto, non è egli vero?--
--Oh! disse Troilo con quel viso di chi ode dire la maggiore
stravaganza del mondo. Oh! quanto a Niccolò, se non avete altro
moccolo, anderete a letto all'oscuro.... figuratevi! Nemmeno a
discorrerne.--
Al Nobili, udendo di quelle cantine piene di fiorini, era venuta
l'acqua alla bocca, e
--Per l'amor di Dio, disse, che non succeda il sacco!... Già vi
ricorderete, messer Baccio, che sul fatto di Niccolò siam d'accordo...
e dacchè ora sembra si venga allo stringere, ho caro rammentarvelo...
per dirvela com'è, a far quel che vuole il signor Malatesta, e
rannodare, com'egli dice, questa setta de' grandi, in questi
momenti,... non si scherza!... se nulla nulla si cadesse in sospetto,
ne va la vita.... io son contento porla a questo rischio, ma a cose
finite poi ricordatevi....--
--Sì, sì, già sapete, ve l'ho promesso, disse troncando le parole il
Valori, affastidito di questo vile ribaldo.
--Io poi, disse Troilo ridendo, non patteggio a danari... altre cose
voglio... e quando sarà tempo vi dirò quel che fa per me, messer
Baccio: ora non vi voglio tener a disagio, chè avete altro pel
capo.... Questo solo vi dico, che ho passati qui nove mesi in mezzo a
prediche e croci, e me n' avrete a saper grado.--
--Orsù, non è tempo da pazzie ora... bensì vi giuro la mia fede ch'io
non mancherò a nessuna promessa ch'io v'abbia fatta, e per avventura
potrei attenerla migliorata, ove i vostri portamenti lo meritino.--
--E di tanto ero certissimo, rispose Troilo. Ora, messer Benedetto,
andiamo, chè prima di domani ci rimane di molte bisogne da fare, e non
vorrei mancare di trovarmi a casa per l'ora delle orazioni,.... chè non
avessi ad andar a letto come i cani, a uso vostro... e poi, e poi egli
è bene ch'io faccia provvista di divozioni, così n'avrò poi per fin che
campo senza avermi a confonder altrimenti, quando non sarò più in casa
i Lapi.--
Malatesta s'alzò, ed aperto un cassone ne trasse un sacchetto di
danari, e consegnandolo a Troilo, gli disse:
--Questi in mio servigio li darete, uscendo, a Cencio, chè li
distribuisca a' soldati, tanto che ognuno abbia la parte sua; e ditegli
che non si lascino senza vino... non troppo però... ch'io non li
vorrei ubbriachi. Ora andate e siate accorti e di fede, chè buon per
voi. E d'ogni novità fatemi avvertito, che la riuscita o la rovina
dell'impresa in questi momenti può dipender da un nulla.--
Troilo ed il Nobili, toltisi di quivi, scesero in cortile e, consegnati
a Cencio i danari, uscirono. Dopo pochi passi si separarono, andando
ognuno in traccia di quelli che era loro commesso sedurre e trarre al
partito di Malatesta.
Mentr'essi attendevano a queste macchinazioni, Niccolò, che aveva
abbandonata la piazza insiem colla turba del popolo, si trovava in casa
già da qualche tempo.
Affrante le membra dalle cure, dalla fatica, dal dolore amarissimo
della rotta e della morte del Ferruccio, dolore ch'egli aveva dovuto
comprimere alla presenza del popolo per non disanimarlo, e che perciò
appunto avea sentito più cocente di dentro, il misero vecchio entrando
in camera s'era buttato sul suo seggiolone, e col capo nelle mani,
l'anima ottenebrata da funesti presentimenti, e combattuto tra la
speranza e i sospetti circa le profezie del frate, taceva, e tratto
tratto metteva lunghi e profondi sospiri.
Seduta un po' in disparte, colla fronte bassa e le mani intrecciate
sulle ginocchia stava piangendo, cheta, la povera Laudomia. Le sue
guancie in questi mesi s'eran affilate e fatte pallide, chè quel viver
sempre in agitazione, quel dover ad ogni ora temere le giungesse
l'avviso che Lamberto era rimasto ucciso, esauriva in lei a poco a
poco la vita. Ed ora dopo questa rotta, della quale s'ignoravano i
particolari, ed in cui sapeva però quasi 3000 persone aver perduta la
vita, rimaner col tremendo dubbio s'egli fosse vivo o morto! Non aver
modo di uscirne, non sapere a chi domandarne! «Oh! pensiamo, diceva,
s'egli non si sarà gettato nel maggior pericolo! S'egli avrà voluto
staccarsi dal fianco del Ferruccio? Oimè! Oimè! ch'io non abbia proprio
a vederlo mai più?»
E veniva calcolando, quando sarebbe potuto comparire, ove ancor fosse
vivo... poi, pensava alla difficoltà d'entrare in Firenze.... al caso
possibile, che fosse vivo bensì ma ferito, abbandonato, chi sa dove, e
in mano di chi!
Tutti questi pensieri eran altrettanti aghi arroventati, che le
entravano e le rimanevan fissi nel cuore, e per trovar modo di
sopportare quell'innestimabili angosce, diceva, vestendosi un po'
di speranza «questa sera ancora può capitare... fino a domani a
mezzogiorno... aspetterò. Ma se allora non fosse comparso?» E seguitava
a piangere, rattenendo i sospiri e i singhiozzi per non aggiunger
dolori al padre, che vedeva attraverso un velo di lagrime, in atto di
così profonda afflizione.
E le sarebbe stato pur dolce in quel momento di buttarsi a' suoi
piedi, abbracciarlo, versare nel suo seno a rivi quelle lacrime che
raffrenava! ma sempre, in ogni momento, Laudomia pensava ai suoi cari
più che a se stessa. A un tratto un dubbio tremendo l'assalse «ch'egli
sapesse che Lamberto è ucciso!... e non trovasse modo a dirmelo! e
volesse farmelo intendere con quel silenzio, e con quel sospirar
profondo!»
La poveretta non potè più rattenersi, si gettò alle ginocchia di
Niccolò, e scoppiando in singhiozzi, tutta tremante diceva:
--Oh babbo! L'hanno dunque ammazzato!.... Voi lo sapete... e volete
nascondermelo... Oh! sarebbe più crudeltà a tenermi in questo dubbio...
Oh! ditemelo... ed ajutatemi a portar anche questo dolore....--
Ed impedita dal pianto a profferir parole, stringeva e baciava le
mani del vecchio, che tutto commosso s'affrettava a rassicurarla,
affermandole sulla sua fede non saper nulla sul fatto di Lamberto, e
facendole animo a sperar bene.
Laudomia sapeva troppo quanto valesse la fede di Niccolò per serbar
ombra di dubbio, onde tutta rasserenata, colle mani giunte, alzava al
cielo gli occhi lagrimosi, e ringraziando Iddio di questo leggiero
conforto, lo pregava le concedesse la vita, la salvezza del suo sposo.
S'era fatto intanto un po' di rumore al portone, e comparvero poco
stante Fra Zaccaria con altri frati, ed insieme alcuni cittadini, tra'
quali due o tre eran de' Priori. Entravan taciti, salutando appena, e
sedevan gli uni dopo gli altri in cerchio attorno a Niccolò, col quale
volevan consultare circa i casi presenti, udire quali fossero i suoi
pensieri, quali i consigli da proporsi in Palagio, ma venivan meno le
parole ad ognuno: in ogni cuore stava impressa la dolorosa sentenza
«Per noi non è più rimedio!» e nessuno però voleva concedere a se
stesso nè agli altri che si dovesse tenerla irrevocabile, avrebbe
voluto parlar di speranza; ma la cercavano invano, ed il silenzio
durava.
In quella fu udito picchiare, Laudomia si riscosse, chè ad ogni rumore,
ad ogni voce le era avviso fosse Lamberto, ed era in quello stato
d'agitazione nervosa per la quale ogni piccolo strepito che venga
improvviso fa dare un balzo ed accelera il battito del cuore. Tendea
l'orecchio la poverina tutta tremante; udì il portone aprirsi. Chi
potrebbe esprimere quel ch'ella provasse, udendo a un tratto la voce di
M. Fede esclamare:
--Oh! sia benedetto Iddio mille volte! Voi siete pur vivo, Lamberto!--
Laudomia volle alzarsi e correre all'uscio, ma le ginocchia non la
ressero, ricadde seduta, sentendosi alle fauci ed alla fronte quel
sottil gelo che precede lo smarrirsi de' sensi. S'alzarono bensì
frettolosi e contenti Niccolò cogli altri, ed in quel mentre entrava
Lamberto reggendosi al braccio di Fanfulla, e quanto potè più presto,
ch'egli mostrava aver un piede offeso, accostatosi a Laudomia, che
gli alzava in viso gli occhi illanguiditi, e gli stendea la mano, le
diceva, stringendogliela tra le sue:
--Laudomia mia, lo vedi che pur son ritornato!--
E la voce appassionata del giovane diceva assai più che non sonassero
le parole.
In un momento Niccolò e tutti gli furono attorno abbracciandolo e
rallegrandosi, e ringraziando Iddio ch'ei fosse salvo, e poco minori
carezze facevano a Fanfulla, che tutto contento diceva a Laudomia:
--Non ve l'avevo io detto che ve l'avrei rimenato a ogni modo?--
--Lo puoi dir con verità, esclamava Lamberto, che se non eri tu!.... E
s'io son qui, dopo Iddio, lo debbo a te, fratello!--
--Che ci ho che fare io? rispose Fanfulla, son i casi della guerra,
ajutami che t'ajuto,..... oggi tu, domani io.... e a buon conto siam
qui, ancora buoni da qual cosa.... e, vedete, M. Laudomia, non vi
sbigottite se Lamberto strascina quella gamba... non è nulla.... ora vi
racconteremo com'è andata.--
Le accoglienze intanto non restavano, e Niccolò, abbracciando
replicatamente Lamberto ed il buon Fanfulla, a questo rendeva grazie
per ciò ch'egli aveva operato, e che indovinava dalle parole del suo
compagno, ed a Lamberto diceva:
--Fra tante calamità almen tu ci rimani! Oh Lamberto, in qual terribile
punto ci tocca rivederci!--
L'aspetto de' due soldati mostrava assai ch'essi avean di fresco avuto
parte ad un'aspra ed accanita battaglia. L'armatura a strisce d'oro
di Lamberto, già così tersa e lucente, era appannata dalla ruggine
e da un velo di polvere: delle penne che ornavan l'elmo non n'era
rimasta neppur una, ed appena n'avanzava il segno in due o tre fusti
rotti e spogliati. Il bracciale sinistro era rotto, e tenuto insieme
provvisoriamente da una funicella, sul petto poi e sui cosciali si
scorgea l'impronta di cento colpi, e sul fianco destro l'ammaccatura
profonda d'una palla.
Fanfulla anch'esso era conciato, Dio lo sa! non avea elmo in capo, ed
invece un cappello, sotto il quale uscivan i capi d'un panno che gli
fasciava le tempie, ed i pochi capelli bigi che si vedessero eran tutti
impiastricciati di sangue cagliato. Avea fasciato la mano sinistra,
e tanto sconnesso e maltrattato l'arnese, che nel moversi crocchiava
tutto come una canna fessa.
Madonna Fede, parte afflitta nel veder costoro così malconci, parte
rallegrandosi che fossero pur usciti vivi di tanti pericoli, aveva
intanto sollecitato ad arrecar qui da bere ed un po' di vesti per
ambedue affinchè si disarmassero, e gli veniva ajutando, insieme con
Maurizio, giunto col suo padrone in non miglior arnese.
Ma alla momentanea, benchè vivissima allegrezza, prodotta dal ritorno
de' due uomini d'arme, prevalse ben presto nel cuor degli astanti il
doloroso e dominante pensiero della rotta del commissario Ferruccio.
Così abbujandosi di nuovo a poco a poco gli aspetti eran tornati al
primo silenzio, e soltanto mentre Lamberto e Fanfulla si disarmavano,
venivan dicendo qualche interrotta parola, tutta piena di rammarico, di
maraviglia e di lodi grandissime sulla terribile fazione di Gavinana;
ed appena disarmati, diceva Niccolò con un sospiro, nel quale il
dolore appariva temperato da virile fermezza:
--Ora, dacchè a Dio piacque così, narrateci tutto almeno!--
Lamberto allora battendo insieme le palme, ed alzandole congiunte
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