Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 39

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Michele cogli altri, non conoscendo i luoghi, s'era fermato aspettando
su un pratello avanti la villa; raggiunto da Troilo e da Selvaggia, si
disposero finalmente ad entrare in casa.
Ma qui, non per la smania delle descrizioni, ma per l'intelligenza
di quanto abbiamo a narrare, bisogna dir qual fosse questa villa, o
castello, che lo vogliam chiamare: come ognun sa, le ville di que'
tempi avean dell'uno e dell'altro.
La pianta dell'edificio era un quadrilatero più lungo pel verso della
facciata che sui fianchi: voto nel centro, ov'era il cortile circondato
da un portico: in un angolo, il pozzo con due colonnelli di sasso,
ed un architravetto in traverso dal quale pendea la carrucola. La
facciata, tutta di dadi di travertino, non avea che poche finestre
a grandi distanze, con ferriate di rete così stretta che vi sarebbe
passata una mano malvolentieri. Al portone, alto un uomo e mezzo da
terra, si saliva per quattro rami di cordonata che s'intersecavano, e
sui quali crescevan vigorose ed intatte ortiche, pruni e mill'altre
erbacce: la porta di quercia, tutta vestita di piastra di ferro,
fermata con grandissimi aguti, al di sopra verticalmente una torre
poco più alta del resto della casa, e la cima d'ambedue guernita d'un
ballatojo retto da archetti e coronato di merli ghibellini.
Entrando, vaneggiava sul capo l'interno della torre, e dall'alto,
ov'era un soppalco, avrebbero all'occorrenza, potuto i padroni di
casa fare a loro grand'agio la chierica a chi intendesse venirne a
loro con una visita importuna. L'aspetto di codesta villa, quantunque
trasformato dalle ispirazioni michelangiolesche d'un architetto del
600, serba tuttavia molti indizj dell'antica struttura. La pianta
dell'edificio è la medesima: la torre sopra il portone tosata de'
suoi merli, serve all'orologio. I travertini della facciata rimangon
visibili ancora sugli angoli, e persino nell'ultima camera del
terreno a sinistra è ancora letto e mobile di seta gialla, come se la
prescrizione v'avesse dato l'esclusiva ad ogni altro colore. Picchiando
poi intorno per le pareti, ci venne udito in un luogo un suono di
vôto, Forse era costì il trabocchetto, ma non lo vogliamo asserire.
Troilo, prima d'introdurre i suoi prigioni, volle cogli occhi suoi
proprii veder i luoghi; disse a Michele che soprastesse alquanto,
chè costoro, bendati e legati, non sapendo se fosser guardati da
pochi o da molti, non pensavan a moversi. Lo sbirretto mise a tentone
un'enorme chiave nella toppa, che per la ruggine vi si sforzò dentro un
pezzo scricchiolando prima che aprisse. Aperse alla fine ed entrò il
custode con Troilo e Selvaggia: prese una lanterna, che avea lasciata
accesa in un angolo, e volto a man manca salirono quattro gradini ed
entrarono nel quartiere che solevan occupare i padroni: dapprima era
un'anticamera piena di ritratti di famiglia; quali in lucco, quali in
corazza, alcuni in vesta da prete; in una delle pareti una rastrelliera
piena d'arme in asta, di spade, e d'arnesi da guerra: poi una gran sala
di ricevimento, in ultimo la famosa camera gialla parata di dommasco
giallo (per quei tempi era gran lusso) letto a colonne ritorte di
noce scuro, e casse e seggioloni e stipi, insomma, mobile di tutta
l'eleganza del quattrocento.
Quando v'entrarono videro, al lume della lanterna, svolazzar pel
soffitto e per le pareti molti grandissimi pipistrelli. Disse lo
sbirretto con istizza:
--Maledetti! escon di qua dentro!... se non voglion chiudere questi
sportelli!--
Ed accennò un'apertura nel muro a modo d'armadio, poco lontana dal
letto, sotto la quale era un inginocchiatojo. Troilo accostandovisi,
s'accorse che non era un armadio, ma piuttosto somigliava ad un pozzo.
Su in alto pendeva una puleggia colla sua corda che si perdeva in quel
buco, d'onde saliva al viso il vento fresco ed umido che esce dalle
cantine, con un tanfo di muffa e di terra umida, e scuotendo così un
poco quella corda, udì un picchiar cupo di cosa soda che percuotesse
contro le pareti, e pareva venisse di mezzo miglio sotterra. Si
volse alla sua guida, che spalancate le finestre badava a cacciar i
pipistrelli, e disse sorridendo:
--Qui forse stava l'amico?--
--Costì, costì... per quel che dicono.--
--E dove riesce questo pozzo?--
--Chi lo sa? A buttar la casa sottosopra forse si troverebbe; chè
in tutte le cantine e ne' sotterranei non si trova segno d'uscio, o
d'altro passo che entrasse qui sotto. E poi, un giorno volli veder
quant'era lunga la corda.... Eh ehei! va giù due volte, a dir poco, più
del piano delle cantine.--
--Oh! non dici che quel tale fu trovato dopo molt'anni.--
--Son cose che si dicono da questi vecchi.... ma chi l'ha vedute?
nessuno.--
In quella altri pipistrelli uscendo dal pozzo batteron coll'ali e nel
petto e nel viso a Troilo, che arrestandosi, con ribrezzo si ritrasse,
e presi i due sportelli li richiuse con forza, tanto che pur rimasero
a luogo; vide allora che erano dipinti ed ordinati in modo da formare
un dittico nel quale eran due santi, ed una sottil colonna che li
divideva avea servito a nasconderne con molt'arte la commettitura,
quando i battenti non erano, come adesso, tutti fessi ed imbarcati.
--Oh! oh! disse Troilo: dietro la croce c'è il diavolo, come dicon
gli spagnoli.... e qui, dietro i santi, c'era il pievano!.... Orsù,
lasciamolo dove sta e pensiamo a noi. Qui dunque per la gentildonna.
Sta bene.... ma.... che cos'è là su quella tavola? bravo, Vanni mio....
vino, frutte... Lo sai che sei un gran valentuomo.... se fossi papa ti
farei cardinale. Ora andiamo a veder il quartiere per quest'altri.--
Lo sbirretto, dopo aver acceso due lumi, che lasciò quivi, riprese la
sua lanterna, ed avviatosi innanzi ritornarono in cortile. In faccia
al portone era nel fondo una porta nana, alla quale si scendeva per un
incavo fatto nel suolo. Aperta anche questa con qualche difficoltà,
il terreno seguitava in pendìo, pochi passi, per una specie d'andito,
pel quale vennero in un luogo a volta, spazioso, che girava sotto
il portico, dal quale ricevea la luce per mezzo d'aperture quadre a
livello del lastrico, chiuse da buone spranghe di ferro. Qui eran
botti, legnami, travi, attrezzi, un pò di tutto.
--Se voglion fuggir di qui.... padroni--disse lo sbirretto; nè Troilo o
Selvaggia, dopo aver guardato e girato quanto era lungo il sotterraneo,
poteano muover dubbio sulla sicurezza d'un simil carcere.
--Sei contenta? disse Troilo alla donna; io ho aggiustato i fatti miei:
da buon compagno, vo' che tu aggiusti i tuoi.--
--Per me son contentona. E volgendo l'occhio in giro disse, battendo il
piede: «Qui per Dio, sarò io padrona!.... Qui la cortigiana si potrà
maledirla; ma riderne, ma schernirla!....»--
--Brava Selvaggia! mi piaci... e quasi quasi.... sto per dir che
t'invidio... e pure, anche la parte mia non è da buttar tra la
spazzatura! ma aver un nemico che ve n'ha fatte di quelle che dico
io!... averlo seguitato alla lunga... appostato... e finalmente... c'è
perdio!... l'ho in mano, sotto i piedi... è roba mia! lo posso far
morir in dieci anni, in un attimo, come voglio! e nè cielo nè inferno
me lo posson levar di mano.... Eh! t'invidio; ti invidio.... sappine
godere.... chè a pochi capitan queste venture.--
--E così farò, disse tra' denti Selvaggia: poi accostatasi a Vanni
gli disse--Tre di costoro li legherai qui a diritta voltato l'angolo
del muro, tantochè non vedano quell'altro... ti mostrerò poi quello
che avrai a legare qui a manca a quell'anello, costà tra quelle due
botti.... ha' tu inteso?--
--Ho inteso.--
--Ora andiamo per essi--dissero ad una voce Troilo e Selvaggia, ed il
primo soggiunse:
--Chè tu ed io ce li siam molto ben guadagnati... d'una cosa però son
curioso--disse Troilo fermandosi--di veder domattina che cosa hai
saputo fare dì bello. Al tempo de' tuoi antichi le donne del popolo
eletto ne sapean trovar delle nuove in fatto d'ammazzar cristiani....
non foss'altro, che quella gentildonna che mise un chiodo per
l'orecchio a quel capitano che dormiva in casa sua.--
--Ed io, rispose Selvaggia, d'un'altra cosa son curiosa... di saper
domani che modo avrai tenuto a far che quella bellezza, quell'angiolo,
s'innamori d'un par tuo.--
--Per dirtela com'è... ora che viene il buono.... mi trovo più
impacciato ch'io non pensava. Con questo maladett'assedio... e star
sempre tra' frati e l'archibusate, mi sono scordato come si principia
per dir quattro paroline ad una bella giovane. Non c'è peggio che star
fuori d'esercizio! Oh! che le si dice ora a quest'altra? Pensa come
sarà invelenita!... e sperar che dia retta e tenerezze! sì, aspetta!...
Eh! mi ci proverò.... a ogni modo di qui nessuno ci caccia, e abbiam
tempo d'avanzo, e se volesse intender la via agevole, l'avrei caro....
in cose d'amore la forza guasta tutto.... Se poi non volesse capir
la ragione.... allora poi.... dovrà dir mio danno, ed a tant'altre
sarà accaduto di peggio... e, per dirne una, ti ricordi di que' tuoi
maggiori della tribù di Beniamino.... e della moglie di quel loro
pievano.... vo' dir, levita.... Be'.... non istette peggio costei?--
Troilo tirava per le lunghe con queste chiacchiere, attraversando
senza fretta, a passo a passo, il cortile. Venuto al punto di doversi
mostrar senza maschera ad una creatura così nobile, così elevata, che
s'era avvezzato a veder cotanto venerata da tutti, e che con un suo
sguardo l'avrebbe atterrato, si sentì goffo, impacciato, provava un
inesplicabile sbigottimento: eppure retrocedere non poteva. Che avrebbe
pensato di lui Selvaggia? Che avrebber detto i suoi amici, ai quali
tosto o tardi dovea venir notizia del fatto?--
Era destino di questo ribaldo d'esser pervertito, e reso sempre più
scellerato da una vanità sciagurata. Per guadagnar tempo e rinfrancarsi
meglio gli spiriti, ne pensò un'altra. Volto allo sbirretto, gli diceva:
--Senti, Vanni, penso una cosa.... codesta gentildonna che aspetta
costà fuori.... tu già a un di presso avrai capito.... ch'ella non
è qui con noi di sua voglia... non vorrei andare a lei così subito
a brutto muso.... ci fosse una donna.... non avresti mai moglie per
caso?--
--L'ebbi: ma a Ceppo[72], farà l'anno, che 'l Pievano è venuto per
essa.... e qui non v'è di femmina che la chiave del portone.--
--Non c'è rimedio--disse Troilo tra' denti; poi ad alta voce:
--Faremo senza: ora andiamo.--
Chiamò Michele, e gli disse:
--Condurrai qui madonna; quand'avrà scavalcato, la condurrai in quella
camera che vedi laggiù in fondo. Le farai animo, le dirai non dubiti
di mal nessuno, e toltale la benda, la lascerai sola.... e qualunque
cosa ti domandasse non le risponderai a nulla. Quand'esci chiudila, e
portami la chiave.--
Selvaggia allora volta allo sbirretto, disse:
--E tu conduci costoro costà sotto, e legali come t'ho insegnato.--
Fattasi poi sul ballatojo innanzi al portone, gli mostrò Lamberto, ed
aggiunse:
--Costui è quello che devi legare in disparte tra le due botti....
Però, aspetta che si sia dato assetto alla donna.--
Michele scese sul pratello, e preso per la briglia il cavallo di
Laudomia lo menò sotto il portone, e colla voce più melata che potè, le
disse:
--Madonna, siate contenta scavalcare ch'io son qui per ajutarvi.--
--Oh Dio! abbi pietà di me!... di noi, disse la poveretta sollecitando
ubbidire, per fuggire appunto d'esser ajutata. Quando fu in terra,
Michele la prese per la mano, dicendole:
--Non temete di nulla; nessuno vi vuol offendere.... venite con me....
badate.... son quattro scalini.... ora è tutto piano.... venite pur
liberamente....--
E condottala nella camera gialla, dopo due minuti uscì, chiuse l'uscio,
e diede a Troilo la chiave, dicendo:
--Par più di là che di qua.... e se non trovate modo a consolarla....
la vedo e non la vedo!.... che non fosse come cert'uccelli, che in
gabbia non voglion mangiare, e dopo due ore stiran l'ale, ed escon de'
guaj.--
Troilo non rispose, ma fece l'atto impaziente di chi ode cosa che gli
dia noja.
Venne allora lo sbirretto conducendo i quattro legati; quando furon
dentro, chiuse il portone, e poi li condusse dove gli era stato
ordinato, e poco stante ricomparse anch'esso, e consegnando a Selvaggia
la chiave, disse:
--È fatto. Ora volete che si mettan qualcosa sullo stomaco, m'avete
detto? Lasciatemi arrivar sin a casa.--
Uscì. Dopo un quarto d'ora tornò con un paniere, e disse:
--V'ho tenuti a disagio.... abbiate pazienza.... ma è un pò lontano
dov'io sto.--
E portata la provvigione ai prigioni venne a domandar a Troilo se gli
occorreva altro.
--No, rispose questi, va, e domattina lasciati rivedere a levata di
sole.--
Lo sbirretto diede loro la buona notte con un sorriso espressivo, e
disse:--Chiudetevi, e mettete la stanga, chè in questi paesi seminan
fagiuoli e nascon ladri. Poi se n'andò pe' fatti suoi, e i due rimasti
misero la stanga al portone: guardandosi allora in viso, disse Troilo:
--Se non siam sicuri qua entro, pazienza!--e mettendo un lungo respiro:
--Oh! ci siamo: a noi Selvaggia, e ognun pensi a' fatti suoi.--
Egli s'avviò alla camera di Laudomia, essa al sotterraneo, colla chiave
in una mano, e nell'altra la lanterna dello sbirretto.
Quando fu entrata, Fanfulla, che la credette il carceriere, le disse:
--Ohe maestro! tu ci porti da rodere, e ci lasci colle mani legate!
credi tu che noi becchiamo come i piccioni?--
Selvaggia non rispose, ed andò diritto ove Lamberto s'era seduto in
terra, pensando muto e disperato a Laudomia, e pregando Iddio che
l'ajutasse, la salvasse Egli, dacchè si trovava di non poterla in
nessun modo ne ajutar nè salvare.
Selvaggia, fermataglisi dirimpetto, alzò la lanterna tantochè le
illuminasse il viso; poi disse:
--Son io!.... Mi riconosci Lamberto?--
A Lamberto, riconoscendola, cadde il cuore in terra: uscì poi di
speranza del tutto, ricordandosi qual fosse costei, come si fosser
lasciati l'ultima volta, e tutto doloroso, disse in cuor suo:
--Oh Dio! Dio! che Laudomia è in mano di questa furibonda!....--
Non ardì parlare, non sapendo che dirle, e temendo far peggio, e la
guardava con occhio pieno d'ansia indescrivibile.
Selvaggia depose in terra la lanterna: intrecciò sul petto le braccia
quasi per comprimerne l'ansar frequente che appariva malgrado la
corazza e con voce che penetrò il giovane sin nelle midolle, disse:
--Ti ricordi, giovane, di qual amore t'amò Selvaggia dal giorno che
ti conobbe?.... ti ricordi, in riva al Po quella notte, con quante
preghiere.... e furon umili, Lamberto!.... ti chiese, non amore, chè
se ne stimava indegna, ma un pò di compassione?.... Te ne ricordi?....
Gliel'accordasti? No, gliela negasti.... s'adirò Selvaggia? ti
maledisse? no. Ti benedisse e s'allontanò, nè più ti dette noja
pensando, io non son degna neppur di tanto.... La povera Selvaggia
non uscì perciò di speranza. Senza che tu il sapessi, o te ne potessi
avvedere, s'informò di te, seppe dove andavi, ti tenne dietro, ma
non ti si accostò più mai sino a quel giorno della battaglia, quando
vide una picca spinta a passarti il cuore.... e non avevi rimedio
sai!.... Te la riparai col petto, ed il gelo di quel ferro che
m'entrava nelle viscere mi parve una delizia..... tu eri salvo ed io
finivo di patire.... così credei allora.... Disgraziata! non avevo
neppur cominciato! Travolta in mare, poi moribonda nella sentina
d'una galera... poi nel lezzo d'un ospedale.... poi nel fango d'una
strada.... poi a strascinarmi inferma per miglia e miglia... sotto
la pioggia, al vento, al freddo.... colla fame.... lo stento.... e
sempre avanti, e sempre a sperar in te.... non amore.... lo sai....
te l'ho detto.... ch'io non son pazza quale mi credi.... non amore,
ma pietà.... ma una parola, uno sguardo di compassione. Giungo a
Firenze, m'adopro, m'ingegno in mille modi; soffro, aspetto.... alla
fine ti trovo.... sai come tremavo a cominciar a parlare.... mi pareva
essere innanzi ad un Iddio.... e mi facevo piccola... umile... mi
mettevo sotto i tuoi piedi.... E tu avesti cuore.... non ti vergognasti
d'oltraggiarmi.... Ma come non te ne vergognasti?....--
E la poveretta colle mani tese verso Lamberto, rimase immobile e muta
alcuni secondi.
--Tu mi facesti il peggio che tu potevi: m'avessi uccisa.... ti
ringraziavo, ti benedivo..... ma tu m'hai vilipesa, sprezzata. Volli
mostrarti che si può odiare, uccider Selvaggia, ma non isprezzarla.
Volli vendetta, e l'ho cercata, ho passato i giorni, ho vegliate le
notti per ordinarla; e l'ho alla fine.... Laudomia o qui.... tu sei
qui.... tutti siete in poter di Selvaggia, della cortigiana, del
rifiuto del mondo, di quella che tutti calpestano, che tutti odiano,
che non ha trovata mai anima, mai cuore... neppur quello del padre...
che le donasse un affetto...--
Qui strappò dalla guaina il pugnale, che Lamberto credette volesse
piantargli in cuore, e sopraffatta dalla passione, proruppe in un
pianto desolato, dicendo:
--E neppur ora potrò ottenerlo!....--(Ed intanto tagliava le funi che
legavan Lamberto).
--Neppur così, dandoti vita, libertà, salvando Laudomia che ami, potrò
impetrar quella mia prima preghiera, che tu m'abbi cara come il tuo
veltro, come il tuo palafreno?--
E mentre con voce non più severa, ma umile e supplichevole, finiva
queste parole, Lamberto sciolto dalle funi, s'era, con impeto di
gratitudine, di pietà, d'ammirazione, prostrato a' suoi piedi, ed
abbracciando gli stinieri della donna, esclamava con voce interrotta:
--Angelo salvatore!....--
Selvaggia levò al cielo le palme tremule per la gioja, apparì sul suo
volto un'espressione tutta nuova, pura e serena, e disse:
--Dio di misericordia!.... finalmente ti benedico anch'io.... ti
ringrazio d'avermi creata....--
E rimasta così immobile, e quasi estatica alcuni momenti, lasciò cader
le braccia, e soggiunse, quasi parlando a se stessa:
--Avevo tanto patito!....--
Riscossasi a un tratto, disse, risoluta e con prestezza:
--Su, Lamberto, non è tempo da perdere. Sappi che Troilo dopo avervi
traditi tutti, ha fatto scellerato disegno su Laudomia, ed è con essa
in questo castello. Non v'è dubbio che noi non arriviamo in tempo.
Egli non volea usar la forza se non agli estremi. Andiamo a scioglier
quest'altri, e tutti insieme corriamo a liberarla.--
E mentre parlava se n'era andata con Lamberto nel fondo del sotterraneo
ov'eran i prigioni legati e sollecitava tagliar le loro funi,
mentr'essi sbalorditi, nè sapendo che pensare, con confuse e frequenti
parole, ora ringraziavano, ora interrogavano, e Lamberto anch'esso
prestissimamente lavorando li veniva sciogliendo, e diceva, affannato e
contento:
--Vedrete.... saprete poi.... è un angelo mandato da Dio.... presto,
presto.... che quel traditore non ci può fuggire....--
E diceva loro di Troilo, de' suoi disegni, e ch'egli era quivi con
Laudomia.... tantochè, non appena si trovaron liberi, si slanciarono
tutti in truppa fuor del sotterraneo, col cuore pieno d'indegnazione
contro quello scellerato, e senza pensare o curarsi ch'erano disarmati,
correvano per isbranarlo coll'ugne e co' denti. Ma la fortuna avea
pensato a provvederli, ed entrati nella prima anticamera s'accorsero
della rastrelliera piena d'arme, ed ognuno ne prese una, il solo
Lamberto, senza arrestarsi o pensare ad altro, s'era con Selvaggia
gettato all'uscio della camera gialla, che Troilo, lontano d'ogni
sospetto, non avea chiuso che col saliscendi.
Aprirlo, slanciarsi su Troilo, afferrarlo pel collo, averlo sotto i
piedi, fu per Lamberto cosa d'un attimo.
Il traditore, al punto ch'erano entrati, si trovava a mezzo la stanza,
discosto da Laudomia, la quale stava sul davanzale del trabocchetto
aperto, in atto di volervisi buttare, ed assai appariva, che lo
sciaurato, perduta ogni speranza di venir a capo del suo disegno
in altro modo che colla violenza, avea ridotto, quell'infelice a
quest'ultima disperata difesa.
Intanto, e quasi subito, eran accorsi i compagni, e Maurizio alzava una
mezza spada sul capo al caputo, e l'avrebbe morto, se non che Lamberto
gridò:
--Fermo, Maurizio!--
Ed il servo calò il colpo in terra ritraendosi con istizza.
Per alcuni momenti nessuno profferì parola. Il traditore spaventato,
anelante, colle luci degli occhi fuori del punto, pallido come la
morte, era sempre stramazzato e tenuto ora da Fanfulla ora da Bindo.
Lamberto l'avea lasciato per correre a Laudomia, che di seduta ch'ella
era s'era lasciata cader ginocchioni, e bianca come una statua di cera,
alzava gli occhi al Cielo per ringraziarlo, e lo ringraziava col cuore,
chè colla voce non poteva la poveretta.
Lamberto le s'inginocchiò accanto, ed essa gli si abbandonava sul
collo. Rimase così un momento tra 'l sì e il no di venirsi meno.
Selvaggia arrecò del vino ch'era sulla tavola; Laudomia ne bevve un
sorso, e dopo un poco le ritornò sulle guance il color della vita.
--Sei salva amor mio!--le diceva Lamberto, e le fibre del suo volto
tremavan tutte per la piena dell'allegrezza.
--Oh andiamo, per l'amor di Dio!--disse Laudomia con voce spenta,
chè la vista di quei luoghi, e di Troilo le metteva troppo ribrezzo:
e sollevandosi a stento, ajutata da Lamberto e sorretta anco da
Selvaggia, si tolse di là, e con mal sicuri passi si strascinò nella
camera vicina, ove lasciandosi andare sfinita su un seggiolone, posava
le mani su gli omeri di Lamberto che le stava a piedi, guardandolo con
ineffabil espressione d'affetto. La povera Selvaggia, a passi indietro,
si veniva ritraendo, e che provasse in cuore a quell'ora lo pensi il
lettore. Disse Lamberto:--E lo sai chi m'ha liberato, chi ti ha salvata
la vita e l'onore? Costei... quella di chi t'ho parlato... quella che
avevi tanto nel cuore... Selvaggia.--
--Oh!... È Selvaggia costei!...--
Disse riscuotendosi Laudomia; e in un subito le ricorse alla mente
tutta la sua miserabile istoria, pensò all'angoscia che dovea provare
a vederla a quel modo con Lamberto, ritrasse le braccia con moto
istantaneo e quasi timido, e giungendo le mani in atto di preghiera, le
si volse con viso che implorava perdono, dicendo:
--Oh Selvaggia!.... Io non potevo saperlo!....--
--Sì, son io, rispose questa avvicinandosi, e la sua voce, il volto,
l'atto della persona, assai mostravano in qual terribile travaglio
stesse il suo povero cuore. Son io, proseguiva, che ebbi un lungo....
orrendo pensier di vendetta contro Lamberto..... contro voi......
ma..... dissi a me stessa «che cerchi, sciagurata, da tant'anni? Trovar
chi non t'odii, non t'abbia in dispregio.... Trovar un cuore che t'
ami.. se non amore.... affetto almeno.... goder prima di morire, una
volta.... una sola volta d'una parola, d'uno sguardo amico. E speri
ottenerlo per questa via? ottenerlo colla vendetta?»....--
--Eccola quale è stata la mia vendetta!... Ditemi: Avrete cara almen
voi quest'infelice?... Posso sperarlo questa volta?--
Laudomia volle alzarsi e correr nelle sue braccia, ma le falliron le
forze e ricadde seduta, stendendo pur sempre le palme verso Selvaggia,
che si gettò con un grido di gioia tra esse, e le due donne rimasero
lung'ora avvinte in un caldissimo abbraccio.


CAPITOLO XXXVI.

Troilo intanto era sempre in terra: troppo superbo per raccomandarsi,
o scender ad atto alcuno di viltà, taceva ed aspettava la morte.
Fanfulla, e più di tutti Maurizio, si sentivan pruder le mani, ed avean
gran voglia di dargli lo spaccio e finirla; ma li rattenne il rispetto
di Lamberto, che tanto risolutamente avea comandato al servo di non
toccarlo. Questi però non potè tenersi che non gli dicesse, scrollando
in aria il dito verso di lui:
--Rincraziare, rineraziare messer Lamperte.... se non era mie patrone,
ti ora star già a pruciare giù con _der Teufel_.--
Troilo gli lanciò un'occhiata piena egualmente di rabbia e di sprezzo,
poi disse, senza guardar in viso nessuno in particolare:
--Vantatevi di quest'impresa. Quattro contro uno.... e coglierlo alle
spalle e sprovveduto.... è degna di voi.... Già sapevate che a darmi
tempo ch'io voltassi il viso non bastavan otto come voi altri a
fermarmi.--
--Sozzo ribaldo! gridò Bindo, e con una spinta allontanò Fanfulla, onde
Troilo rimase libero; prendi la tua spada, e s'io non basto solo, tu
non sei traditore.--
Troilo non ebbe appena tempo di rizzarsi e gettar la mano sull'elsa,
che già Maurizio e Fanfulla l'avean di nuovo afferrato.
--Tu sei pazzo Bindo, disse quest'ultimo, tu metterti con questo
ribaldo? Dove c'è Fanfulla di queste non ne succedono.--
In quella era entrato Lamberto; aveva udito il diverbio, e disse con
impeto:
--E perchè non avrebbe a succedere? non con Bindo... ma con me, che ho
più bisogno del sangue di costui, che non dell'aria per respirare; che
darei la vita per tagliarlo a pezzi, e non sono un ribaldo par suo da
voler vantaggio, o giovarmi della sorpresa.... del tradimento!--
--Ti facevo di maggior giudizio, Lamberto, disse Fanfulla, ed impugnata
la spada di Troilo la sguainò, ch'egli validamente tenuto per le
braccia non potea far contrasto, poi soggiunse:
--Codesta tua spada onorata lordarsi toccando quella d'un traditore!
S'io lo consento possa io far un'altra volta il mestiere a piedi....
possa rompere il collo com'io rompo questa lama.--
E puntando in terra la spada, la spinse, dandole un pò di volta, e la
fe' saltare in tre pezzi.
Lamberto avea perduto il lume dell'intelletto: gridò a Fanfulla, col
volto e gli occhi divenuti di fiamme:
--Tu fai da villan discortese.... ed, alla Croce di Dio, ch'io t'ho a
insegnare ad usarmi maggior rispetto.... e bollente d'ira arraffò la
spada dal fodero. Fanfulla non si mosse, non mutò viso o colore, non
fece atto nessuno, ed in quella Laudomia, retta da Selvaggia, comparve
sull'uscio, e gridò:
--Lamberto! vuoi tu farmi morire!--Il giovine s'arrestò, e volgendosi
ad essa, rimase in atto umile e confuso.
--A Troilo, proseguiva Laudomia, non sia tocco un capello.... non io
te lo comando, ma per mia bocca te lo comanda Iddio.... egli solo
conosce i delitti, egli solo può farsene giusto vendicatore. Io perdono
a Troilo.... e s'io gli perdono, chi vorrà vendicarsi di lui?....
Usciamo, e tosto, di queste disgraziate mura. Egli rimanga: sia chiuso
chè non possa nuocerci.... e quando potrà, non avremo, la Dio grazia, a
temer più di nulla.--
Lamberto intanto avea rinfoderata la spada: si accostò a Laudomia, le
prese la mano, e disse:
--Angiolo d'Iddio! sarà fatto come tu dici, nè più nè meno....
quantunque un giorno per avventura ce ne potremmo pentire.--
Volto poi a Maurizio, disse:
--Lega costui colle mani dietro le reni, che non si possa sciorre,
alla colonna del letto.... e andiamo. Domani, quando verrà gente a
disciorlo, noi sarem già lontani, e più di tutto sapremo che abbiam a
guardarci di lui.--
Poi volgendosi a Troilo, rimase un momento indeciso, quasi volesse
dirgli alcun chè: ma un tratto scrollò il capo con dispregio ed uscì
con Laudomia e cogli altri, lasciando il traditore legato in modo, che
senza ajuto era impossibile si liberasse.
Giunti appena nell'anticamera, Lamberto s'accostò a Fanfulla, e gli
disse, sorridendo e prendendogli la mano:
--Io ho avuto il torto, fratello, non rimaner adirato con esso meco.--
--Io non m'adiro mai con chi mi vien colla spada di fronte.... e tu
non saresti capace venir altrimenti.... ed anche a me, quand'ero
giovane, ad ogni mezza parola mi veniva sempre quella benedett'elsa
tra l'unghie... Orsù, non ci si pensi più, ch'io ti voglio più bene di
prima.--
Con tutte queste tribolazioni avean fatto la mezzanotte. L'ora era
opportuna per allontanarsi da que' luoghi senz'esser sentiti nè visti,
e per conseguenza senza lasciar traccia che potesse far indovinare
per qual parte avessero preso. Laudomia instava che si partisse, e
Selvaggia con Maurizio, trovata la stalla, sellarono i tre cavalli e li
condussero sul pratello innanzi alla villa.
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