Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 22
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scorgessi nel futuro, fu tosto di poter ottenere quel bene di che voi
mi parlate. Ma coll'animo in tanta agitazione, tenevo questa speranza
per illusione, ne diffidavo come d'un inganno. Oh! per giungere a
tanto,.... perchè venga meno anco il conforto dello sperare bisogna pur
esser misero! Vedevo difficoltà, ostacoli in tutto.... tremavo d'aprire
di nuovo il cuore a quest'affetto,.... (s'io mi trovassi deluso,
pensavo, sarebbe troppo!....) A quest'affetto che, ora lo conosco, è
stato il primo, il solo della mia vita che mai potrà cancellarsi.... io
credetti averlo volto altrove.... oh, come mi sono ingannato!.... mi
pare ora come se mi destassi da un lungo sonno.... Oh! ma chi può dirsi
degno di Laudomia...? di quell'angiolo! chi potrebbe tanto presumere di
sè da sperarne l'amore!--
Da molto tempo Niccolò non avea provata gioja eguale a quella che
sentiva in questo momento. Le calde parole del giovane gli mostravano
che l'adempimento del suo desiderio non sarebbe costato nè a Laudomia
nè a Lamberto, ed avrebbe anzi stabilita la felicità d'ambedue. Gli
venne sulle labbra di dirgli «consolati dunque ch'ella t'ama» si
rattenne però, frenato da un cotal senso d'alterezza, da un riguardo
per la figlia, che non ardiremo chiamare eccessivo; e pensò: «Ormai
la cosa non può fallire: sarà miglior partito lasciar che s'intendano
tra loro.» Posta di poi una mano sulla fronte al giovane, gli diceva
sorridendo:
--Eh via! ti pare? Un soldato par tuo dubitare tanto di se?... Tutti
due alla fine siete miei figliuoli, non è dovere ch'io favorisca più
l'uno che l'altro, e perciò ti dico: se merita il tuo amore, tu meriti
il suo.--
--Oh, che dite mai! rispose Lamberto scrollando il capo, e rimase
pensoso.
Ma s'egli amava Laudomia, come in effetto l'amava più di quel che sel
pensasse egli stesso, a che rimaner sospeso e pensoso? Se da quello che
ci siamo ingegnati descrivere sin qui sul fatto di Lamberto, ha potuto
il lettore comprenderne l'animo e la natura nobile, e dilicata fino
allo scrupolo, non troverà strani i pensieri che in quel momento lo
combattevano.
Appunto perchè l'amor di Laudomia era il primo ch'egli avesse provato,
il solo che meritasse veramente di riempire un cuore qual era il suo,
e perchè ora risorgeva più possente dopo le vicende che l'avean bensì
represso, ma estinto non mai, stava il valoroso giovane più timoroso di
non avere ad offrirle un cuore tanto puro, tanto immemore d'ogni altro
affetto, quant'ella gli pareva meritare.
Rammentando Selvaggia ed i suoi pietosi casi, si sentiva ancora
commovere sin nel profondo, e questa giusta compassione, degna d'ogni
anima gentile, questa premura (come non sentirla!) che provava per una
infelice che tanto disperatamente s'era abbandonata all'amor suo, il
povero Lamberto le scambiava con affetti d'altro genere, e sospirando
pensava: «Sarei io tanto sciagurato d'offrire a Laudomia un cuore ove
rimanesse vestigio dell'immagine d'una....» e non poteva sostenerne
l'idea nè compiere la frase.
Agitato la sera antecedente da queste angustie non era riuscito a
superarle, nè a distinguere il reale dall'immaginario, chè il giudicare
è incerto ed offuscato quando le passioni sono in tempesta. A questo
punto però la gioja intima ed immensa, provata alle parole di Niccolò,
fu come un raggio che gli rischiarò l'animo, e dovette avvedersi quanto
profondamente vi fosse radicato l'amor di Laudomia. Così dopo un
momento rasserenatosi tutto in viso, si volse a Niccolò che attento lo
guardava non senza maraviglia, e gli disse:
--La troppa opinione appunto che avete di me è quella che mi pone in
pensiero.... ma qualunque io mi sia, meritevole o no della grazia
vostra, voglio che voi mi conosciate meglio.... che sappiate tutto....
mi parrebbe tradirvi se vi tenessi celato un solo pensiero.... voi poi
siate mio giudice....--
Lamberto allora narrando sin dal principio tutto quanto si riferiva a
Selvaggia, apriva interamente il suo cuore a Niccolò, mostrandogliene
con intera schiettezza i dubbj, i timori, gli affetti; ed il vecchio,
che dall'esperienza d'una lunga vita trascorsa tra vicende ed uomini
d'ogni maniera, aveva conosciuto quanto sian rari quelli che in fatto
d'amore e di donne danno retta agli scrupoli, s'avvide quanto gran
tesoro verrebbe a posseder Laudomia divenendo donna di chi pareva
proprio formato da Dio sul di lei stesso modello. E quando il giovane
ebbe posto fine alla sua, si può dir confessione, gli prese il capo tra
le mani, e, baciatolo in fronte con effusione di tenerezza, gli disse:
--Va, che s'io avessi dovuto crearti apposta, per farti sposo di
Laudomia, io non avrei saputo immaginare la metà di quel che tu
vali.... io leggo nel tuo cuore più che non vi leggi tu stesso.... tu
ami Laudomia.... e se di quell'altra sventurata non sentissi pietà
non saresti quel Lamberto che sei... Orsù, sta di buona voglia, e se
saprai (come non ne dubito) rendere a Laudomia accetto il tuo amore,
sappi insieme, che prima di morire potrò aver ancora per cagion tua
un momento di bene, in mezzo a tanti mali che ci minacciano.... chè
io, vedi, non sono ormai per campare un pezzo, ma di ciò non ho un
pensiero, quando sia certo che tu rimani a guardia e a consiglio
di questa mia casa: chè io mi fido di te, più che d'ogni altro,
Lamberto!--
CAPITOLO XXI
Nel dir queste parole Niccolò s'era fatto grave nell'aspetto; rimasto
sopra di se un momento, proseguiva:
--Dacchè siam venuti su questo ragionamento, sappi ch'io fo capitale
di te pel tempo in cui non sarò più di questo mondo. Averardo è
animoso, amante della patria, ma soverchio feroce: ed il furore suole
offuscar la prudenza: Vieri, buon cittadino e valente anch'esso, ma
leggiero: Bindo è fanciullo. Ed ora questo Troilo ci s'aggiunge.,..
io non diffido di lui.... ma egli era Pallesco; i suoi maggiori ed
esso, insino a ieri, furon sempre nemici nostri e di questo stato....
egli è seme di traditori!.... Forse ho io il torto di porre innanzi
cotali sospetti.... A ogni modo m'hai a promettere, che pel futuro, tu,
Lamberto mio, avrai di questa casa e de' miei figliuoli quelle cure
che io ebbi di te fanciullo, e spenderai a loro benefizio il senno e
la prudenza di che per avventura sei fornito meglio di loro. Me lo
prometti, Lamberto?--
--Oh, babbo, ma pensate s'egli accade ch'io vi faccia codesta promessa!
Quel poco ch'io sono, e tutto il bene ch'io ho, non lo tengo forse da
voi e da' vostri..., e potreste dubitare....--
Gli occhi ed il viso del giovane esprimevano tanta passione nel dir
queste parole, che Niccolò riprese tosto:
--Tu dici il vero, non occorron promesse tra noi.... io ti leggo in
cuore, ed ove tu legga altrettanto nel mio, vedrai quanta fede io
riponga in te... se ti parlai a quel modo fu soltanto affinchè le mie
parole ti rimanesser poi sempre più vive e presenti nella memoria.
Ora dunque ascoltami: tieni a mente, che questa casa venne in qualche
riputazione, e si mantenne onorata e sicura attenendosi alla nostra
santa religione ed alla libertà di questo stato popolare; le quali
cose non è possibile che stieno l'una senza l'altra. Religione senza
libertà, non sarà religione, ma frode ed ipocrisia. Cristo re nostro
non morì forse egualmente per tutti? Non volle egli che ci tenessimo
in conto di fratelli? non maledisse forse i violenti, i superbi,
coloro che s'innalzano sulle rovine dei deboli, che occupano il loro
avere, i loro diritti, che li costringono a porre in proprio benefizio
le fatiche e la vita? E quelli che operano in codesto modo chi sono
eglino, se non i nemici della religione ed al tempo stesso della
libertà? Quel che più nuoce poi si è, che queste male operazioni le
cuoprono col manto della fede. Quali furono i portamenti dei Medici
e di tutti i Palleschi? Quale il loro intendimento nell'edificare
conventi, stabilir regole di frati, dotar chiese ed ospedali? Il fatto
l'ha dimostrato.
Libertà poi senza religione, se pur fosse possibile stabilirla, non
potrebbe durare, e saria spenta da qualunque tra' cittadini salisse in
maggior grado degli altri, o per ricchezze, o per potere, o per ingegno
ed astuzia, che non avendo il freno della religione, non sarebbe schivo
dal farsi ingiusto e violento, ed occupar lo stato.
Sia dunque sempre vostro primo pensiero mantenerle ambedue, chè ove
queste sian salve, sarete salvi ancora voi, e non altrimenti.
Ma non i soli Palleschi sono i nemici da temersi. Io veggo serpeggiare
un rumore per la città che mi tiene in sospetto. La setta di Niccolò
Capponi, la setta de' grandi, che vorrebbe ristretto in pochi il
reggimento, se venisse a farsi più potente, potrebbe arrecare a questo
popolo altrettanto danno di quello che si teme da' Palleschi e dai
nemici di fuori. Per ora costoro mostrano tener pel popolo: ma sarà
egli da fidarsi di loro? in ogni tempo, e presso tutti i popoli, i
grandi per nobiltà e ricchezza ebber sempre volto l'animo a ristringer
lo stato, sperando così accrescer codesti beni, o goderne meglio e
più sicuramente; e per questi motivi nelle mutazioni e ne' contrasti
cittadineschi inclinaron sempre piuttosto alla tirannide che alla
libertà. E converrà aver loro gli occhi addosso, Lamberto. Io ne tenni
già ragionamento con questi nostri uomini di stato, e gli ho trovati
nella medesima opinione. Ora ho voluto farne motto anche con te,
affinchè un giorno, quando abbi ad esercitare alcun magistrato (allora,
la Dio grazia, sarà sciolto quest'assedio, la città viverà libera e
felice, ed io non vi sarò più) quando t'avvenisse esser de' rettori
del popolo, ti torni a mente questo ricordo di Niccolò, e lo usi in
beneficio della patria. E sappi, Lamberto, che in popolo omai corrotto,
quale è il nostro pur troppo, le buone leggi ed i buoni ordini poco
giovano, anzi nulla, ove non si vieti ai grandi ed ai ricchi di
ristringersi e far setta tra loro. Che vale in fatti, che ad eleggere
i magistrati, i rettori, e tutti coloro che debbon fare e mantener le
leggi, si richieggano i voti d'uomini liberi, se questi si vendono, e
se i petenti li comprano?
Però, te lo ripeto, guardati da costoro, che sono i più pericolosi
nemici del viver libero, che da principio non si possono frenare perchè
non apertamente colpevoli, ed alla fine perchè troppo potenti.
Nelle parole del vecchio era una tal effusione di confidenza, che
Lamberto, parte maravigliato, parte commosso, non batteva palpebra,
e tutto riverente lo stava ascoltando:, a questo punto però non potè
tenersi di non esclamare:
--Dio mio! se voi foste all'ultim'ora non potreste parlare
altrimenti.... oh! perchè tenermi cotali discorsi? Io non son tale
d'aver mai in Firenze autorità nessuna, ma ciò dovesse pure avvenire
un giorno, avanzerà tempo, la Dio mercè, perchè possiate reggermi ed
ammonirmi al ben fare co' vostri consigli.
--Forse ci avanzerà questo tempo che tu dici: ma ci potrebbe anco venir
meno. Ti voglio a buon conto dar questi ricordi oggi, che più che mai
mi sembri divenuto mio figlio: mio buon Lamberto, lo veggo, t'attristan
le mie parole.... ti fanno il senso d'un'ultima dipartenza, m'è caro
il tuo amore, lo sa Iddio, ma questo è tempo di virili pensieri, non
di deboli affetti; prima o poi tutti dobbiamo andarcene, ed il quando
poco importa: ma assai importa a me che la morte non mi colga tanto
improvviso ch'io non abbia disposto tutto quanto è in poter mio a pro
della città e di questa mia casa. Or va, che Dio ti benedica mille
volte!--
Lamberto uscì dalla camera pieno il cuore di gratitudine, e, se era
possibile, di più alta venerazione per Niccolò; pieno del pensiero
di Laudomia, e formando mille disegni sul modo d'aprirsele una volta
interamente. Non avrebbe tardato un momento a cercar di lei; se non che
giunse in quella l'avviso, che dovesse, ognuno per non so che motivo di
non grave importanza, raccogliersi in piazza sotto il suo gonfalone,
per la qual cosa i giovani di casa i Lapi uscirono, e per tutto quel
giorno più non poteron tornare.
Ma prima di sera Laudomia già s'era trovata da sola a solo col padre,
il quale non le nascose il ragionamento ch'egli avea tenuto con
Lamberto, e, pieno d'allegrezza, la fe' sicura dell'amor suo. Sul
volto di Laudomia apparve una luce di gioja così serena, così pura a
quelle parole, che ben mostrava quanto divina cosa sia l'amore quando
nessuna colpa lo macchia, nessun timore l'attrista, nessun rimorso
lo turba. Essa alzò al cielo gli sguardi umidi, giungendo le mani e
stringendosele al seno in atto tenero e riconoscente, e nel suo cuore
la gratitudine verso Dio, l'amore per Lamberto si fusero in un solo
affetto, ineffabile ed ardente, che per un momento cangiò il di lei
pallore in un leggiero incarnato, mentre con voce tremula disse:
--Povero Lamberto! lo sapevo!--
Niccolò se la strinse al cuore e la baciò in fronte, poi soggiunse:
--Io però non volli scoprirgli quel ch'io t'avevo letto nell'animo, nè
dirgli che tu l'amassi.--
Laudomia gli alzò in viso gli occhi, e, tutta attonita, disse in modo
cotanto ingenuo e candido che mosse il vecchio ad un sorriso:
--Oh, perchè non dirglielo, s'egli è pur così vero? povero Lamberto!
egli l'avrebbe avuto caro.--
--L'avrà più caro assai udendolo dalla tua bocca--rispose Niccolò, poi,
presa una mano della figlia tra le sue, proseguiva con un affetto che
sul suo volto, abitualmente severo, riusciva più commovente:
Laudomia mia, tu sei giunta al passo più grave ed importante della vita
d'una donna. In questa occasione, più che in ogni altra, ti gioverebbe
aver viva tua madre, ma, poveretta! tu l'hai perduta!... dal cielo
almeno ella ti benedica e preghi per te; e s'io non sapessi pienamente
far le sue veci, l'amore grandissimo ch'io ti porto, o meglio forse la
di lei mente, di lassù m'ispirino que' consigli e que' pensieri che
più fanno ora al tuo caso. Tu vedi in quanti pericoli s'avvolga questo
popolo; in giorni più lieti, l'essere sposa ad un uomo come Lamberto ti
prometterebbe una vita piena d'allegrezza. In questi invece io prego
Iddio, ed egli sa con che cuore! di farti contenta, di raccogliere sul
mio capo ogni sventura, purchè s'allontani dal tuo, ma sarà ascoltata
la mia preghiera?.. nei casi dunque che minacciano la nostra città,
armati di fortezza, Laudomia, chè forse e' ti farà mestieri, sta
preparata ad ogni fortuna, e ferma l'animo in modo che tu sappi in
tutte mostrarti degna della tua fede, della tua patria, di quel sangue
che ti corre nelle vene, e ch'io vi trasfusi, la Dio grazia, libero ed
onorato....--
Qui il vecchio si fe' ad un tratto scuro nel volto, serrò le ciglia, ed
alzando il pugno chiuso in atto di minaccia, esclamava:
--Ah, Lisa! Lisa! Se non eri tu, questo vanto sarebbe più pieno!....--
Sentì in quella sulla sua mano gelida il tocco delle labbra tiepide di
Laudomia, vi sentì il caldo d'una stilla di pianto.... ricompose il
volto, e proseguì:
--E per mostrarti degna figliuola di Dio, e di Firenze, può nascer tale
occasione che ti costi assai caro, Laudomia! Il primo tuo pensiero,
il primo tuo affetto tra le creature viventi debb'essere d'or innanzi
Lamberto, ma devi pure ad esso anteporre Iddio e la patria, che in
certo modo fanno una cosa sola, poichè il bene dell'una, non mai va
disgiunto dal volere dell'altro. Pensa, figliuola, che viviamo in tempi
ove per la salute pubblica, quel Lamberto che ami, che sarà presto il
padre dei tuoi figli, il tuo solo sostegno, l'unico conforto che ti
rimanga dopo me, dovrai vederlo cacciarsi tra le ferite e le morti con
occhio sereno! dovrai tu stessa spingerlo ne' maggiori pericoli! pensar
ogni volta che ti lascerà, _sarà forse l'ultima!_ e non piangere, non
dolerti, non tornar troppo agli abbracci, alle carezze, non dirgli
di quelle parole che sgorgan pronte ed impetuose dal cuore in tali
occasioni, ma che scuotono, rendono men sicuro l'ardire, perchè troppo
rammentano le dolcezze della vita quando appunto più importa l'averla
in dispregio.
La patria ne' suoi pericoli assai chiede agli uomini, ma più forse
talvolta alle donne. Agli uni il sangue e la vita propria, alle
altre quella de' loro cari. Gli uni incontran la morte nel fervor
della battaglia, agli occhi de' cittadini e de' nemici, bollenti di
furore, d'amor patrio e di gloria; le povere donne, sole, chiuse nel
silenzio della casa, debbono udir lontano il fragor de' colpi, gli
urli dei combattenti, pensare: in questo punto forse cade il marito,
il padre, il fratello.... tra gli uni e le altre chi ha più mestieri
di fortezza, di sicurtà d'animo?.... Tu piangi, povera Laudomia?....
Non per sbigottirti od affliggerti io ti ho dipinti i cimenti ai quali
sarai posta, ma perchè sappi quali sono i doveri d'una donna: d'una
moglie in una città libera, perchè li pensi, li mediti, conosca quanto
siano sacri ed importanti, fermi l'animo e lo disponga ad adempierli
virtuosamente, e ti sostenga il nobil pensiero, che a mantener la
libertà di un popolo, a produrre azioni grandi e generose, hanno
grandissima forza le donne, purchè sappiano e vogliano usarla; e tu,
son certo, vorrai e saprai.--
--Oh! sì, sì, padre mio.... io non mancherò.... questo mio pianto non è
per poco animo.... sono figliuola vostra. Certo.... non mi vo' far più
brava di quel che sono.... pensar che Iddio mi dona oggi Lamberto.... e
forse domani....--
Qui la voce della giovane fu troncata da un singhiozzo represso, le sue
labbra sporgevano chiuse e tremolanti, finchè riuscì ad aprirle ad un
sorriso dicendo:
--Ma non dubitate di me, babbo! Iddio mi darà forza.... e dacchè voi
tenete pur le donne buone da qualcosa, non sarà Laudomia vostra che
vi torrà di codesta opinione.... già non siamo a questo mondo per
godercela, ma per patire come e quando piace a Dio.--
--Ora hai detto bene, figliuola, che in questa vita la vera, la sola
sapienza, sta non nell'affannarsi col tener dietro ad un fantasma
di felicità, che quanto più s'insegue tanto più s'allontana, ma nel
racchetar l'animo nell'idea del patire. E siccome rassegnarsi a patir
senza compenso è contrario ed impossibile alla nostra natura, chi vuol
trovar quiete quaggiù e regger al peso de' mali che ci opprimono, non
ha altro ajuto se non la speranza d'un compenso futuro. Se questa
speranza sola guidasse gli uomini, il mondo non sarebbe in mano de'
violenti, degli ambiziosi, degli iniqui, e la libertà oppressa presto
risorgerebbe.
--Ma, diceva sorridendo il vecchio, io ti volevo parlare di te, delle
cose tue, ed invece io ragiono di cose di stato! che vuoi? la mia vita
sta presso il suo termine; mi preme il pensiero della patria, e la
mente mi corre, contro mia voglia, talvolta ad esprimer quel solo. A
ogni modo, anco sul fatto tuo, t'ho detto abbastanza e mi sono accorto
che m'hai inteso molto bene. Ora sta di buona voglia, e piaccia a Dio
di non porti a troppo ardui cimenti.--
Questo dialogo era accaduto mentre, come dicemmo, non era in casa se
non Niccolò colle figlie. Lisa, che era in camera col suo bambino, si
vide comparir Laudomia col viso commosso, le palpebre umide: s'avvide
che qualche novità doveva esser nata; l'interrogò premurosa, e seppe
dalla sorella i suoi pensieri, le sue speranze, è tutto quanto, poco
innanzi, aveva discorso col padre. Laudomia parlava coll'affetto caldo
ed espansivo che nasce dal bisogno d'aprirsi con quelli che si amano, e
di metterli a parte delle gioje, de' secreti del cuore, ed era troppo
intenta a ciò che diceva, troppo agitata, ed anco forse troppo ingenua
per avvedersi del senso che le sue parole producevano sull'animo della
sorella.
Lisa la veniva ascoltando con un sorriso ch'ella cercava di rendere
affettuoso e compiacente; sa il lettore che testina avesse costei.
Colta all'improvviso, si sentì punger proprio, come si suoi dire, ove
le doleva, dal pensiero che l'amore di Lamberto era svanito assai più
presto che non era ragionevole, e non era dunque stato quale essa se
l'era figurato e le parea meritare. Quest'idea riusciva doppiamente
dolorosa al suo amor proprio, perchè non potea non iscorgere quanto
abbietto fosse il motivo che la produceva, non v'è maggior dispetto per
i superbi che venir condotti a trovarsi bassi e ridicoli nella propria
opinione, e questo dispetto si dipinse amaro e cocente sul volto di
Lisa. Durò un momento; e Laudomia per fortuna, non se n'avvide, chè la
sorella più per ingannar se stessa, che per ingannarla (almeno così
ci giova sperare per onor suo) le profuse mille espressioni e mille
carezze, passato appena quel primo momento, e facendo ogni opera per
persuadersi ch'ella sentiva grandissima premura per la felicità de'
nuovi sposi, ch'ella era sopra modo contenta di quest'unione, riuscì
alla fine a parere, e fosse ad essere, sincera e naturale nelle sue
dimostrazioni.
A due sorelle, a due giovani, in tali occasioni non mancano le parole:
e qui furon molte; piene di progetti, di disegni, di disposizioni per
l'avvenire, e non le ripeteremo, per l'ottima ragione che al lettore
annojerebbe il leggerle ed a noi lo scriverle.
Si lasciarono alla fine abbracciandosi e rallegrandosi insieme, ed
appena uscì Laudomia, che tornato a casa Troilo salì dalla moglie.
Chi l'avesse veduto per le scale dovea dire, costui del mestiere che
gli tocca fare n'ha proprio piene le tasche. Veniva su lentamente
dondolandosi ad ogni scalino con un fare svogliato, e si strascinava
dietro una grande alabarda, che tenendola impugnata da capo presso il
ferro, veniva col calcio picchiando sul ciglio d'ogni gradino. Giunto
sul pianerottolo, gonfiò a un tratto le gote lasciandone tosto uscire
il fiato, che durò un bel pezzo, tanto s'avea pieni i polmoni, e con
certe ciglia alte ed inarcate, cogli occhi a terra e la testa su una
spalla, canterellando a mezza voce, appiccò ad un chiodo l'alabarda
accanto all'uscio di camera sua, si sfilò una rotella che aveva in
braccio, volle deporla ritta appoggiata al muro, ma sdrucciolò e venne
a terra, senza ch'egli si chinasse per raccoglierla; poi entrò ov'era
la Lisa sforzandosi di fare il miglior viso che potesse, e facendosi
animo col dir tra sè: «Su, Troilo, coraggio; tutta questa seccaggine
non sarà senza premio!»
--Credevo s'uscisse a combattere, disse baciando in fronte la giovane
così a fior di labbra, ma è stata soltanto una rassegna, ed altra
novità non v'è.---
--La c'è bene in casa, invece--rispose Lisa.
--Ed è?--
--Lamberto sposa Laudomia.---
--Ah! eh!.... Come?.... oh! n'ho piacere.--
Poi fissando la Lisa in volto, e conosciuto ottimamente i suoi
pensieri, soggiungeva, godendo d'esercitare la sua cattività naturale:
--Oh, bella davvero!.... Proprio, non l'avrei indovinata!...
Chi avrebbe pensato che costoro s'amassero? Bisogna dire che se
l'intendessero da un pezzo.--
Lisa si morse le labbra, e si strinse nelle spalle; e Troilo avanti:
--Davvero ci ho gusto... che a dirtela, di quel povero Alberto....
Lamberto voglio dire.... me ne sapeva male.... quantunque non avessi
avuto intenzione di fargli dispiacere.... pure ero stato cagione di
disturbargli il suo amore.... e nessuno più di me doveva avergli
compassione, chè io so quanto vale il tesoro ch'egli ha perduto....--
E qui trovandosi alle spalle della Lisa tirò fuori dalla bocca un palmo
di lingua.
--Ora ringrazio Dio ch'io vedo ch'egli non s'è buttato al tutto al
disperato.... ed anche per te n'ho piacere, Lisa mia. Capisco, col tuo
buon cuore doveva esser una spina.... ed ora devi provare un gran
sollievo a vederlo contento, e che ha saputo così ben far uso della
ragione, e consolarsi....--
--Oh! quanto a me son contentissima--- disse Lisa asciutto asciutto.
Troilo se le piantò davanti e, fissandola, disse:
--Eppure, a veder che viso fai, e' parrebbe che fossi tutt'altro che
contenta. Hai forse qualche altra cosa, qualch'altro dispiacere....--
--Io, non ho nulla.... mi pare d'essere come il solito.--
--Oh! come il solito no, Lisa mia. Perchè non dirmi addirittura: «non
te lo voglio dire?» A ogni modo ti si vede in viso il dispetto un
miglio lontano.--
--Ma che dispetto vuoi tu che abbia?.... e con chi?--
--Questo appunto è quello che ti domandavo... chè da me non lo so
indovinare.... ma qualunque cosa sia, mi piace che in questo momento il
veder felice tua sorella, Lamberto consolato e contento, ti dovrebbe
rallegrare in modo da farti scordar ogn'altra cosa.--
Lisa a queste parole, delle quali conosceva la profonda ironia, senza
che le fosse concesso lo sfogo di potervi risponder direttamente, fu
presa da un tal impeto d'impazienza, che battè il piede in terra,
s'alzò, e ripetendo due o tre volte: «Ma se dico che non ho niente!»
alla fine, come i bambini cattivi, si mise a piangere.
Troilo, godendo intieramente di questa scena, che, come diremo or ora,
serviva ai suoi fini, la stava guardando con mostra di grandissima
maraviglia, e badava a dire:
--Io non capisco.... ma che cos'hai? Ma che è accaduto?
--Ma non ho nulla, non è accaduto nulla.... anche tu vieni qui con un
certo viso, mi guardi a un certo modo.... e poi: _che cos'hai.... e di
certo hai qualche cosa.... e non me lo vuoi dire_.... tu mi faresti
uscir de' termini.... ch'ell'è pure una gran noja....--
--Noja! mi piacque la parola! che è quanto dire: levamiti d'innanzi. Se
non vuoi altro, saremo presto d'accordo.--
In così dire volse le spalle alla giovane, che mutata a un tratto, e
sbigottita all'idea d'aver isdegnato quello che pur cotanto amava,
si mosse frettolosa per rattenerlo; ma fu inutile, e Troilo con una
strappata liberò il braccio ch'ella gli avea preso ed in quattro salti
si trovò in istrada. Udito appena il matrimonio di Lamberto, era venuto
in mente allo sciaurato d'impedirlo a ogni modo, chè ove s'eseguisse
andava a monte affatto ogni disegno ch'egli avesse fatto sopra
Laudomia: disegno appena abbozzato, che conosceva benissimo d'assai
difficile esecuzione, ed al quale avrebbe forse potuto rinunciare:
ma vederla ora in mano d'un altro, diede nuova forza al suo malvagio
appetito, presa la cosa in gara, e conoscendo che non era da perder
tempo, seppe profittar dell'occasione per far nascer la contesa colla
moglie, or ora accennata, per la quale l'uscir di casa ed il lasciarla
così tosto sola parve cosa naturale.
Mentre camminava, egli, che non era punto in collera, quantunque
n'avesse fatto le viste, diceva tra se ridendo:
--Quest'amoroso sdegno non lo darei per un fiorino! alla fediddio,
ch'egli non potea venir in miglior punto! Ora, messer Troilo; a noi, a
saperlo usare! Prima di tutto, trovar modo di mandar Lamberto a cento
mila paja di diavoli.... E come? questo, domando io.--
Gli sovvenne in quel punto del Nobili; di quel che gli avea detto circa
la buca di S. Girolamo, del modo di potergli parlar segretamente, e
pensò potersi valer di costui. In pochi minuti fu all'ufficio della
confraternita suddetta, e, dato notizia di sè ad uno di quegli anziani,
che conoscendo Niccolò e la casata sua, avea udito bisbigliare di tutto
quanto era accaduto a quei giorni, ottenne facilmente di venire scritto
tra' fratelli. Pagò que' pochi danari che vi volevano per l'ammissione,
diede la ben entrata allo scaccino, e ricevuto l'abito della compagnia
ne fece un fardelletto, col quale si mosse tutto allegro per
ritornarsene a casa.
In questo frattempo Lamberto cogli altri giovani v'eran già ritornati.
Questi salì in camera, si disarmò frettoloso, parendogli mill'anni
di trovar Laudomia, alla quale, fatto ora mai sicuro e confidente,
ardeva l'aprir una volta il cuore, e rifarsi del lungo silenzio,
dell'incertezze, delle pene sofferte, scese al piano di sotto, non
senza aver prima posto maggior cura del solito onde il suo vestire,
i capelli, la barba, avesser miglior garbo possibile, e persino (già
in certi momenti siam tutti a un modo) gettò nell'uscire di camera un
occhio così alla sfuggita su una spera che era appiccata alla parete,
ma nel punto istesso, fatto accorto di quel suo donnesco pensiero, rise
di sè, e tirò innanzi.
Giunto all'uscio di Laudomia lo trovò socchiuso, picchiò piano piano
chiamandola a nome, chè pure gli batteva il cuore assai bene; siccome
mi parlate. Ma coll'animo in tanta agitazione, tenevo questa speranza
per illusione, ne diffidavo come d'un inganno. Oh! per giungere a
tanto,.... perchè venga meno anco il conforto dello sperare bisogna pur
esser misero! Vedevo difficoltà, ostacoli in tutto.... tremavo d'aprire
di nuovo il cuore a quest'affetto,.... (s'io mi trovassi deluso,
pensavo, sarebbe troppo!....) A quest'affetto che, ora lo conosco, è
stato il primo, il solo della mia vita che mai potrà cancellarsi.... io
credetti averlo volto altrove.... oh, come mi sono ingannato!.... mi
pare ora come se mi destassi da un lungo sonno.... Oh! ma chi può dirsi
degno di Laudomia...? di quell'angiolo! chi potrebbe tanto presumere di
sè da sperarne l'amore!--
Da molto tempo Niccolò non avea provata gioja eguale a quella che
sentiva in questo momento. Le calde parole del giovane gli mostravano
che l'adempimento del suo desiderio non sarebbe costato nè a Laudomia
nè a Lamberto, ed avrebbe anzi stabilita la felicità d'ambedue. Gli
venne sulle labbra di dirgli «consolati dunque ch'ella t'ama» si
rattenne però, frenato da un cotal senso d'alterezza, da un riguardo
per la figlia, che non ardiremo chiamare eccessivo; e pensò: «Ormai
la cosa non può fallire: sarà miglior partito lasciar che s'intendano
tra loro.» Posta di poi una mano sulla fronte al giovane, gli diceva
sorridendo:
--Eh via! ti pare? Un soldato par tuo dubitare tanto di se?... Tutti
due alla fine siete miei figliuoli, non è dovere ch'io favorisca più
l'uno che l'altro, e perciò ti dico: se merita il tuo amore, tu meriti
il suo.--
--Oh, che dite mai! rispose Lamberto scrollando il capo, e rimase
pensoso.
Ma s'egli amava Laudomia, come in effetto l'amava più di quel che sel
pensasse egli stesso, a che rimaner sospeso e pensoso? Se da quello che
ci siamo ingegnati descrivere sin qui sul fatto di Lamberto, ha potuto
il lettore comprenderne l'animo e la natura nobile, e dilicata fino
allo scrupolo, non troverà strani i pensieri che in quel momento lo
combattevano.
Appunto perchè l'amor di Laudomia era il primo ch'egli avesse provato,
il solo che meritasse veramente di riempire un cuore qual era il suo,
e perchè ora risorgeva più possente dopo le vicende che l'avean bensì
represso, ma estinto non mai, stava il valoroso giovane più timoroso di
non avere ad offrirle un cuore tanto puro, tanto immemore d'ogni altro
affetto, quant'ella gli pareva meritare.
Rammentando Selvaggia ed i suoi pietosi casi, si sentiva ancora
commovere sin nel profondo, e questa giusta compassione, degna d'ogni
anima gentile, questa premura (come non sentirla!) che provava per una
infelice che tanto disperatamente s'era abbandonata all'amor suo, il
povero Lamberto le scambiava con affetti d'altro genere, e sospirando
pensava: «Sarei io tanto sciagurato d'offrire a Laudomia un cuore ove
rimanesse vestigio dell'immagine d'una....» e non poteva sostenerne
l'idea nè compiere la frase.
Agitato la sera antecedente da queste angustie non era riuscito a
superarle, nè a distinguere il reale dall'immaginario, chè il giudicare
è incerto ed offuscato quando le passioni sono in tempesta. A questo
punto però la gioja intima ed immensa, provata alle parole di Niccolò,
fu come un raggio che gli rischiarò l'animo, e dovette avvedersi quanto
profondamente vi fosse radicato l'amor di Laudomia. Così dopo un
momento rasserenatosi tutto in viso, si volse a Niccolò che attento lo
guardava non senza maraviglia, e gli disse:
--La troppa opinione appunto che avete di me è quella che mi pone in
pensiero.... ma qualunque io mi sia, meritevole o no della grazia
vostra, voglio che voi mi conosciate meglio.... che sappiate tutto....
mi parrebbe tradirvi se vi tenessi celato un solo pensiero.... voi poi
siate mio giudice....--
Lamberto allora narrando sin dal principio tutto quanto si riferiva a
Selvaggia, apriva interamente il suo cuore a Niccolò, mostrandogliene
con intera schiettezza i dubbj, i timori, gli affetti; ed il vecchio,
che dall'esperienza d'una lunga vita trascorsa tra vicende ed uomini
d'ogni maniera, aveva conosciuto quanto sian rari quelli che in fatto
d'amore e di donne danno retta agli scrupoli, s'avvide quanto gran
tesoro verrebbe a posseder Laudomia divenendo donna di chi pareva
proprio formato da Dio sul di lei stesso modello. E quando il giovane
ebbe posto fine alla sua, si può dir confessione, gli prese il capo tra
le mani, e, baciatolo in fronte con effusione di tenerezza, gli disse:
--Va, che s'io avessi dovuto crearti apposta, per farti sposo di
Laudomia, io non avrei saputo immaginare la metà di quel che tu
vali.... io leggo nel tuo cuore più che non vi leggi tu stesso.... tu
ami Laudomia.... e se di quell'altra sventurata non sentissi pietà
non saresti quel Lamberto che sei... Orsù, sta di buona voglia, e se
saprai (come non ne dubito) rendere a Laudomia accetto il tuo amore,
sappi insieme, che prima di morire potrò aver ancora per cagion tua
un momento di bene, in mezzo a tanti mali che ci minacciano.... chè
io, vedi, non sono ormai per campare un pezzo, ma di ciò non ho un
pensiero, quando sia certo che tu rimani a guardia e a consiglio
di questa mia casa: chè io mi fido di te, più che d'ogni altro,
Lamberto!--
CAPITOLO XXI
Nel dir queste parole Niccolò s'era fatto grave nell'aspetto; rimasto
sopra di se un momento, proseguiva:
--Dacchè siam venuti su questo ragionamento, sappi ch'io fo capitale
di te pel tempo in cui non sarò più di questo mondo. Averardo è
animoso, amante della patria, ma soverchio feroce: ed il furore suole
offuscar la prudenza: Vieri, buon cittadino e valente anch'esso, ma
leggiero: Bindo è fanciullo. Ed ora questo Troilo ci s'aggiunge.,..
io non diffido di lui.... ma egli era Pallesco; i suoi maggiori ed
esso, insino a ieri, furon sempre nemici nostri e di questo stato....
egli è seme di traditori!.... Forse ho io il torto di porre innanzi
cotali sospetti.... A ogni modo m'hai a promettere, che pel futuro, tu,
Lamberto mio, avrai di questa casa e de' miei figliuoli quelle cure
che io ebbi di te fanciullo, e spenderai a loro benefizio il senno e
la prudenza di che per avventura sei fornito meglio di loro. Me lo
prometti, Lamberto?--
--Oh, babbo, ma pensate s'egli accade ch'io vi faccia codesta promessa!
Quel poco ch'io sono, e tutto il bene ch'io ho, non lo tengo forse da
voi e da' vostri..., e potreste dubitare....--
Gli occhi ed il viso del giovane esprimevano tanta passione nel dir
queste parole, che Niccolò riprese tosto:
--Tu dici il vero, non occorron promesse tra noi.... io ti leggo in
cuore, ed ove tu legga altrettanto nel mio, vedrai quanta fede io
riponga in te... se ti parlai a quel modo fu soltanto affinchè le mie
parole ti rimanesser poi sempre più vive e presenti nella memoria.
Ora dunque ascoltami: tieni a mente, che questa casa venne in qualche
riputazione, e si mantenne onorata e sicura attenendosi alla nostra
santa religione ed alla libertà di questo stato popolare; le quali
cose non è possibile che stieno l'una senza l'altra. Religione senza
libertà, non sarà religione, ma frode ed ipocrisia. Cristo re nostro
non morì forse egualmente per tutti? Non volle egli che ci tenessimo
in conto di fratelli? non maledisse forse i violenti, i superbi,
coloro che s'innalzano sulle rovine dei deboli, che occupano il loro
avere, i loro diritti, che li costringono a porre in proprio benefizio
le fatiche e la vita? E quelli che operano in codesto modo chi sono
eglino, se non i nemici della religione ed al tempo stesso della
libertà? Quel che più nuoce poi si è, che queste male operazioni le
cuoprono col manto della fede. Quali furono i portamenti dei Medici
e di tutti i Palleschi? Quale il loro intendimento nell'edificare
conventi, stabilir regole di frati, dotar chiese ed ospedali? Il fatto
l'ha dimostrato.
Libertà poi senza religione, se pur fosse possibile stabilirla, non
potrebbe durare, e saria spenta da qualunque tra' cittadini salisse in
maggior grado degli altri, o per ricchezze, o per potere, o per ingegno
ed astuzia, che non avendo il freno della religione, non sarebbe schivo
dal farsi ingiusto e violento, ed occupar lo stato.
Sia dunque sempre vostro primo pensiero mantenerle ambedue, chè ove
queste sian salve, sarete salvi ancora voi, e non altrimenti.
Ma non i soli Palleschi sono i nemici da temersi. Io veggo serpeggiare
un rumore per la città che mi tiene in sospetto. La setta di Niccolò
Capponi, la setta de' grandi, che vorrebbe ristretto in pochi il
reggimento, se venisse a farsi più potente, potrebbe arrecare a questo
popolo altrettanto danno di quello che si teme da' Palleschi e dai
nemici di fuori. Per ora costoro mostrano tener pel popolo: ma sarà
egli da fidarsi di loro? in ogni tempo, e presso tutti i popoli, i
grandi per nobiltà e ricchezza ebber sempre volto l'animo a ristringer
lo stato, sperando così accrescer codesti beni, o goderne meglio e
più sicuramente; e per questi motivi nelle mutazioni e ne' contrasti
cittadineschi inclinaron sempre piuttosto alla tirannide che alla
libertà. E converrà aver loro gli occhi addosso, Lamberto. Io ne tenni
già ragionamento con questi nostri uomini di stato, e gli ho trovati
nella medesima opinione. Ora ho voluto farne motto anche con te,
affinchè un giorno, quando abbi ad esercitare alcun magistrato (allora,
la Dio grazia, sarà sciolto quest'assedio, la città viverà libera e
felice, ed io non vi sarò più) quando t'avvenisse esser de' rettori
del popolo, ti torni a mente questo ricordo di Niccolò, e lo usi in
beneficio della patria. E sappi, Lamberto, che in popolo omai corrotto,
quale è il nostro pur troppo, le buone leggi ed i buoni ordini poco
giovano, anzi nulla, ove non si vieti ai grandi ed ai ricchi di
ristringersi e far setta tra loro. Che vale in fatti, che ad eleggere
i magistrati, i rettori, e tutti coloro che debbon fare e mantener le
leggi, si richieggano i voti d'uomini liberi, se questi si vendono, e
se i petenti li comprano?
Però, te lo ripeto, guardati da costoro, che sono i più pericolosi
nemici del viver libero, che da principio non si possono frenare perchè
non apertamente colpevoli, ed alla fine perchè troppo potenti.
Nelle parole del vecchio era una tal effusione di confidenza, che
Lamberto, parte maravigliato, parte commosso, non batteva palpebra,
e tutto riverente lo stava ascoltando:, a questo punto però non potè
tenersi di non esclamare:
--Dio mio! se voi foste all'ultim'ora non potreste parlare
altrimenti.... oh! perchè tenermi cotali discorsi? Io non son tale
d'aver mai in Firenze autorità nessuna, ma ciò dovesse pure avvenire
un giorno, avanzerà tempo, la Dio mercè, perchè possiate reggermi ed
ammonirmi al ben fare co' vostri consigli.
--Forse ci avanzerà questo tempo che tu dici: ma ci potrebbe anco venir
meno. Ti voglio a buon conto dar questi ricordi oggi, che più che mai
mi sembri divenuto mio figlio: mio buon Lamberto, lo veggo, t'attristan
le mie parole.... ti fanno il senso d'un'ultima dipartenza, m'è caro
il tuo amore, lo sa Iddio, ma questo è tempo di virili pensieri, non
di deboli affetti; prima o poi tutti dobbiamo andarcene, ed il quando
poco importa: ma assai importa a me che la morte non mi colga tanto
improvviso ch'io non abbia disposto tutto quanto è in poter mio a pro
della città e di questa mia casa. Or va, che Dio ti benedica mille
volte!--
Lamberto uscì dalla camera pieno il cuore di gratitudine, e, se era
possibile, di più alta venerazione per Niccolò; pieno del pensiero
di Laudomia, e formando mille disegni sul modo d'aprirsele una volta
interamente. Non avrebbe tardato un momento a cercar di lei; se non che
giunse in quella l'avviso, che dovesse, ognuno per non so che motivo di
non grave importanza, raccogliersi in piazza sotto il suo gonfalone,
per la qual cosa i giovani di casa i Lapi uscirono, e per tutto quel
giorno più non poteron tornare.
Ma prima di sera Laudomia già s'era trovata da sola a solo col padre,
il quale non le nascose il ragionamento ch'egli avea tenuto con
Lamberto, e, pieno d'allegrezza, la fe' sicura dell'amor suo. Sul
volto di Laudomia apparve una luce di gioja così serena, così pura a
quelle parole, che ben mostrava quanto divina cosa sia l'amore quando
nessuna colpa lo macchia, nessun timore l'attrista, nessun rimorso
lo turba. Essa alzò al cielo gli sguardi umidi, giungendo le mani e
stringendosele al seno in atto tenero e riconoscente, e nel suo cuore
la gratitudine verso Dio, l'amore per Lamberto si fusero in un solo
affetto, ineffabile ed ardente, che per un momento cangiò il di lei
pallore in un leggiero incarnato, mentre con voce tremula disse:
--Povero Lamberto! lo sapevo!--
Niccolò se la strinse al cuore e la baciò in fronte, poi soggiunse:
--Io però non volli scoprirgli quel ch'io t'avevo letto nell'animo, nè
dirgli che tu l'amassi.--
Laudomia gli alzò in viso gli occhi, e, tutta attonita, disse in modo
cotanto ingenuo e candido che mosse il vecchio ad un sorriso:
--Oh, perchè non dirglielo, s'egli è pur così vero? povero Lamberto!
egli l'avrebbe avuto caro.--
--L'avrà più caro assai udendolo dalla tua bocca--rispose Niccolò, poi,
presa una mano della figlia tra le sue, proseguiva con un affetto che
sul suo volto, abitualmente severo, riusciva più commovente:
Laudomia mia, tu sei giunta al passo più grave ed importante della vita
d'una donna. In questa occasione, più che in ogni altra, ti gioverebbe
aver viva tua madre, ma, poveretta! tu l'hai perduta!... dal cielo
almeno ella ti benedica e preghi per te; e s'io non sapessi pienamente
far le sue veci, l'amore grandissimo ch'io ti porto, o meglio forse la
di lei mente, di lassù m'ispirino que' consigli e que' pensieri che
più fanno ora al tuo caso. Tu vedi in quanti pericoli s'avvolga questo
popolo; in giorni più lieti, l'essere sposa ad un uomo come Lamberto ti
prometterebbe una vita piena d'allegrezza. In questi invece io prego
Iddio, ed egli sa con che cuore! di farti contenta, di raccogliere sul
mio capo ogni sventura, purchè s'allontani dal tuo, ma sarà ascoltata
la mia preghiera?.. nei casi dunque che minacciano la nostra città,
armati di fortezza, Laudomia, chè forse e' ti farà mestieri, sta
preparata ad ogni fortuna, e ferma l'animo in modo che tu sappi in
tutte mostrarti degna della tua fede, della tua patria, di quel sangue
che ti corre nelle vene, e ch'io vi trasfusi, la Dio grazia, libero ed
onorato....--
Qui il vecchio si fe' ad un tratto scuro nel volto, serrò le ciglia, ed
alzando il pugno chiuso in atto di minaccia, esclamava:
--Ah, Lisa! Lisa! Se non eri tu, questo vanto sarebbe più pieno!....--
Sentì in quella sulla sua mano gelida il tocco delle labbra tiepide di
Laudomia, vi sentì il caldo d'una stilla di pianto.... ricompose il
volto, e proseguì:
--E per mostrarti degna figliuola di Dio, e di Firenze, può nascer tale
occasione che ti costi assai caro, Laudomia! Il primo tuo pensiero,
il primo tuo affetto tra le creature viventi debb'essere d'or innanzi
Lamberto, ma devi pure ad esso anteporre Iddio e la patria, che in
certo modo fanno una cosa sola, poichè il bene dell'una, non mai va
disgiunto dal volere dell'altro. Pensa, figliuola, che viviamo in tempi
ove per la salute pubblica, quel Lamberto che ami, che sarà presto il
padre dei tuoi figli, il tuo solo sostegno, l'unico conforto che ti
rimanga dopo me, dovrai vederlo cacciarsi tra le ferite e le morti con
occhio sereno! dovrai tu stessa spingerlo ne' maggiori pericoli! pensar
ogni volta che ti lascerà, _sarà forse l'ultima!_ e non piangere, non
dolerti, non tornar troppo agli abbracci, alle carezze, non dirgli
di quelle parole che sgorgan pronte ed impetuose dal cuore in tali
occasioni, ma che scuotono, rendono men sicuro l'ardire, perchè troppo
rammentano le dolcezze della vita quando appunto più importa l'averla
in dispregio.
La patria ne' suoi pericoli assai chiede agli uomini, ma più forse
talvolta alle donne. Agli uni il sangue e la vita propria, alle
altre quella de' loro cari. Gli uni incontran la morte nel fervor
della battaglia, agli occhi de' cittadini e de' nemici, bollenti di
furore, d'amor patrio e di gloria; le povere donne, sole, chiuse nel
silenzio della casa, debbono udir lontano il fragor de' colpi, gli
urli dei combattenti, pensare: in questo punto forse cade il marito,
il padre, il fratello.... tra gli uni e le altre chi ha più mestieri
di fortezza, di sicurtà d'animo?.... Tu piangi, povera Laudomia?....
Non per sbigottirti od affliggerti io ti ho dipinti i cimenti ai quali
sarai posta, ma perchè sappi quali sono i doveri d'una donna: d'una
moglie in una città libera, perchè li pensi, li mediti, conosca quanto
siano sacri ed importanti, fermi l'animo e lo disponga ad adempierli
virtuosamente, e ti sostenga il nobil pensiero, che a mantener la
libertà di un popolo, a produrre azioni grandi e generose, hanno
grandissima forza le donne, purchè sappiano e vogliano usarla; e tu,
son certo, vorrai e saprai.--
--Oh! sì, sì, padre mio.... io non mancherò.... questo mio pianto non è
per poco animo.... sono figliuola vostra. Certo.... non mi vo' far più
brava di quel che sono.... pensar che Iddio mi dona oggi Lamberto.... e
forse domani....--
Qui la voce della giovane fu troncata da un singhiozzo represso, le sue
labbra sporgevano chiuse e tremolanti, finchè riuscì ad aprirle ad un
sorriso dicendo:
--Ma non dubitate di me, babbo! Iddio mi darà forza.... e dacchè voi
tenete pur le donne buone da qualcosa, non sarà Laudomia vostra che
vi torrà di codesta opinione.... già non siamo a questo mondo per
godercela, ma per patire come e quando piace a Dio.--
--Ora hai detto bene, figliuola, che in questa vita la vera, la sola
sapienza, sta non nell'affannarsi col tener dietro ad un fantasma
di felicità, che quanto più s'insegue tanto più s'allontana, ma nel
racchetar l'animo nell'idea del patire. E siccome rassegnarsi a patir
senza compenso è contrario ed impossibile alla nostra natura, chi vuol
trovar quiete quaggiù e regger al peso de' mali che ci opprimono, non
ha altro ajuto se non la speranza d'un compenso futuro. Se questa
speranza sola guidasse gli uomini, il mondo non sarebbe in mano de'
violenti, degli ambiziosi, degli iniqui, e la libertà oppressa presto
risorgerebbe.
--Ma, diceva sorridendo il vecchio, io ti volevo parlare di te, delle
cose tue, ed invece io ragiono di cose di stato! che vuoi? la mia vita
sta presso il suo termine; mi preme il pensiero della patria, e la
mente mi corre, contro mia voglia, talvolta ad esprimer quel solo. A
ogni modo, anco sul fatto tuo, t'ho detto abbastanza e mi sono accorto
che m'hai inteso molto bene. Ora sta di buona voglia, e piaccia a Dio
di non porti a troppo ardui cimenti.--
Questo dialogo era accaduto mentre, come dicemmo, non era in casa se
non Niccolò colle figlie. Lisa, che era in camera col suo bambino, si
vide comparir Laudomia col viso commosso, le palpebre umide: s'avvide
che qualche novità doveva esser nata; l'interrogò premurosa, e seppe
dalla sorella i suoi pensieri, le sue speranze, è tutto quanto, poco
innanzi, aveva discorso col padre. Laudomia parlava coll'affetto caldo
ed espansivo che nasce dal bisogno d'aprirsi con quelli che si amano, e
di metterli a parte delle gioje, de' secreti del cuore, ed era troppo
intenta a ciò che diceva, troppo agitata, ed anco forse troppo ingenua
per avvedersi del senso che le sue parole producevano sull'animo della
sorella.
Lisa la veniva ascoltando con un sorriso ch'ella cercava di rendere
affettuoso e compiacente; sa il lettore che testina avesse costei.
Colta all'improvviso, si sentì punger proprio, come si suoi dire, ove
le doleva, dal pensiero che l'amore di Lamberto era svanito assai più
presto che non era ragionevole, e non era dunque stato quale essa se
l'era figurato e le parea meritare. Quest'idea riusciva doppiamente
dolorosa al suo amor proprio, perchè non potea non iscorgere quanto
abbietto fosse il motivo che la produceva, non v'è maggior dispetto per
i superbi che venir condotti a trovarsi bassi e ridicoli nella propria
opinione, e questo dispetto si dipinse amaro e cocente sul volto di
Lisa. Durò un momento; e Laudomia per fortuna, non se n'avvide, chè la
sorella più per ingannar se stessa, che per ingannarla (almeno così
ci giova sperare per onor suo) le profuse mille espressioni e mille
carezze, passato appena quel primo momento, e facendo ogni opera per
persuadersi ch'ella sentiva grandissima premura per la felicità de'
nuovi sposi, ch'ella era sopra modo contenta di quest'unione, riuscì
alla fine a parere, e fosse ad essere, sincera e naturale nelle sue
dimostrazioni.
A due sorelle, a due giovani, in tali occasioni non mancano le parole:
e qui furon molte; piene di progetti, di disegni, di disposizioni per
l'avvenire, e non le ripeteremo, per l'ottima ragione che al lettore
annojerebbe il leggerle ed a noi lo scriverle.
Si lasciarono alla fine abbracciandosi e rallegrandosi insieme, ed
appena uscì Laudomia, che tornato a casa Troilo salì dalla moglie.
Chi l'avesse veduto per le scale dovea dire, costui del mestiere che
gli tocca fare n'ha proprio piene le tasche. Veniva su lentamente
dondolandosi ad ogni scalino con un fare svogliato, e si strascinava
dietro una grande alabarda, che tenendola impugnata da capo presso il
ferro, veniva col calcio picchiando sul ciglio d'ogni gradino. Giunto
sul pianerottolo, gonfiò a un tratto le gote lasciandone tosto uscire
il fiato, che durò un bel pezzo, tanto s'avea pieni i polmoni, e con
certe ciglia alte ed inarcate, cogli occhi a terra e la testa su una
spalla, canterellando a mezza voce, appiccò ad un chiodo l'alabarda
accanto all'uscio di camera sua, si sfilò una rotella che aveva in
braccio, volle deporla ritta appoggiata al muro, ma sdrucciolò e venne
a terra, senza ch'egli si chinasse per raccoglierla; poi entrò ov'era
la Lisa sforzandosi di fare il miglior viso che potesse, e facendosi
animo col dir tra sè: «Su, Troilo, coraggio; tutta questa seccaggine
non sarà senza premio!»
--Credevo s'uscisse a combattere, disse baciando in fronte la giovane
così a fior di labbra, ma è stata soltanto una rassegna, ed altra
novità non v'è.---
--La c'è bene in casa, invece--rispose Lisa.
--Ed è?--
--Lamberto sposa Laudomia.---
--Ah! eh!.... Come?.... oh! n'ho piacere.--
Poi fissando la Lisa in volto, e conosciuto ottimamente i suoi
pensieri, soggiungeva, godendo d'esercitare la sua cattività naturale:
--Oh, bella davvero!.... Proprio, non l'avrei indovinata!...
Chi avrebbe pensato che costoro s'amassero? Bisogna dire che se
l'intendessero da un pezzo.--
Lisa si morse le labbra, e si strinse nelle spalle; e Troilo avanti:
--Davvero ci ho gusto... che a dirtela, di quel povero Alberto....
Lamberto voglio dire.... me ne sapeva male.... quantunque non avessi
avuto intenzione di fargli dispiacere.... pure ero stato cagione di
disturbargli il suo amore.... e nessuno più di me doveva avergli
compassione, chè io so quanto vale il tesoro ch'egli ha perduto....--
E qui trovandosi alle spalle della Lisa tirò fuori dalla bocca un palmo
di lingua.
--Ora ringrazio Dio ch'io vedo ch'egli non s'è buttato al tutto al
disperato.... ed anche per te n'ho piacere, Lisa mia. Capisco, col tuo
buon cuore doveva esser una spina.... ed ora devi provare un gran
sollievo a vederlo contento, e che ha saputo così ben far uso della
ragione, e consolarsi....--
--Oh! quanto a me son contentissima--- disse Lisa asciutto asciutto.
Troilo se le piantò davanti e, fissandola, disse:
--Eppure, a veder che viso fai, e' parrebbe che fossi tutt'altro che
contenta. Hai forse qualche altra cosa, qualch'altro dispiacere....--
--Io, non ho nulla.... mi pare d'essere come il solito.--
--Oh! come il solito no, Lisa mia. Perchè non dirmi addirittura: «non
te lo voglio dire?» A ogni modo ti si vede in viso il dispetto un
miglio lontano.--
--Ma che dispetto vuoi tu che abbia?.... e con chi?--
--Questo appunto è quello che ti domandavo... chè da me non lo so
indovinare.... ma qualunque cosa sia, mi piace che in questo momento il
veder felice tua sorella, Lamberto consolato e contento, ti dovrebbe
rallegrare in modo da farti scordar ogn'altra cosa.--
Lisa a queste parole, delle quali conosceva la profonda ironia, senza
che le fosse concesso lo sfogo di potervi risponder direttamente, fu
presa da un tal impeto d'impazienza, che battè il piede in terra,
s'alzò, e ripetendo due o tre volte: «Ma se dico che non ho niente!»
alla fine, come i bambini cattivi, si mise a piangere.
Troilo, godendo intieramente di questa scena, che, come diremo or ora,
serviva ai suoi fini, la stava guardando con mostra di grandissima
maraviglia, e badava a dire:
--Io non capisco.... ma che cos'hai? Ma che è accaduto?
--Ma non ho nulla, non è accaduto nulla.... anche tu vieni qui con un
certo viso, mi guardi a un certo modo.... e poi: _che cos'hai.... e di
certo hai qualche cosa.... e non me lo vuoi dire_.... tu mi faresti
uscir de' termini.... ch'ell'è pure una gran noja....--
--Noja! mi piacque la parola! che è quanto dire: levamiti d'innanzi. Se
non vuoi altro, saremo presto d'accordo.--
In così dire volse le spalle alla giovane, che mutata a un tratto, e
sbigottita all'idea d'aver isdegnato quello che pur cotanto amava,
si mosse frettolosa per rattenerlo; ma fu inutile, e Troilo con una
strappata liberò il braccio ch'ella gli avea preso ed in quattro salti
si trovò in istrada. Udito appena il matrimonio di Lamberto, era venuto
in mente allo sciaurato d'impedirlo a ogni modo, chè ove s'eseguisse
andava a monte affatto ogni disegno ch'egli avesse fatto sopra
Laudomia: disegno appena abbozzato, che conosceva benissimo d'assai
difficile esecuzione, ed al quale avrebbe forse potuto rinunciare:
ma vederla ora in mano d'un altro, diede nuova forza al suo malvagio
appetito, presa la cosa in gara, e conoscendo che non era da perder
tempo, seppe profittar dell'occasione per far nascer la contesa colla
moglie, or ora accennata, per la quale l'uscir di casa ed il lasciarla
così tosto sola parve cosa naturale.
Mentre camminava, egli, che non era punto in collera, quantunque
n'avesse fatto le viste, diceva tra se ridendo:
--Quest'amoroso sdegno non lo darei per un fiorino! alla fediddio,
ch'egli non potea venir in miglior punto! Ora, messer Troilo; a noi, a
saperlo usare! Prima di tutto, trovar modo di mandar Lamberto a cento
mila paja di diavoli.... E come? questo, domando io.--
Gli sovvenne in quel punto del Nobili; di quel che gli avea detto circa
la buca di S. Girolamo, del modo di potergli parlar segretamente, e
pensò potersi valer di costui. In pochi minuti fu all'ufficio della
confraternita suddetta, e, dato notizia di sè ad uno di quegli anziani,
che conoscendo Niccolò e la casata sua, avea udito bisbigliare di tutto
quanto era accaduto a quei giorni, ottenne facilmente di venire scritto
tra' fratelli. Pagò que' pochi danari che vi volevano per l'ammissione,
diede la ben entrata allo scaccino, e ricevuto l'abito della compagnia
ne fece un fardelletto, col quale si mosse tutto allegro per
ritornarsene a casa.
In questo frattempo Lamberto cogli altri giovani v'eran già ritornati.
Questi salì in camera, si disarmò frettoloso, parendogli mill'anni
di trovar Laudomia, alla quale, fatto ora mai sicuro e confidente,
ardeva l'aprir una volta il cuore, e rifarsi del lungo silenzio,
dell'incertezze, delle pene sofferte, scese al piano di sotto, non
senza aver prima posto maggior cura del solito onde il suo vestire,
i capelli, la barba, avesser miglior garbo possibile, e persino (già
in certi momenti siam tutti a un modo) gettò nell'uscire di camera un
occhio così alla sfuggita su una spera che era appiccata alla parete,
ma nel punto istesso, fatto accorto di quel suo donnesco pensiero, rise
di sè, e tirò innanzi.
Giunto all'uscio di Laudomia lo trovò socchiuso, picchiò piano piano
chiamandola a nome, chè pure gli batteva il cuore assai bene; siccome
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