Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 20

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casa i Lapi, ove anche Fanfulla (ci scordammo di dirlo) dovea venire
per volere del suo superiore, affinchè potesse al caso, render
testimonianza di tutto il fatto della Torre del Gallo. Quando Lisa lo
vide comparire tutto rivestito in un modo che dava buonissima grazia e
sveltezza alla persona, ed insieme avea una certa gravità composta, e
senza affettazione, disse tosto: «Oh quanto stai bene, Troilo mio!» poi
indovinando l'intenzione sua nella scelta de' colori, aggiungeva:
--Come ti vidi partito mi sovvenne ch'io ti avrei dovuto ammonire a
non porti indosso troppe gale come usano questi soldati, chè al babbo
poco gli vanno a sangue; non dovevo io sapere, pazzarellina, che il mio
Troilo non ha mestieri di queste saccenterie, e sa molto meglio di me
quello che si conviene? Oh! lasciamiti guardare!.... volgiti.... ora,
così.... Oh, chi è bello come te in Firenze?--
Troilo, che n'era persuaso, quanto essa almeno, depose sulle sue labbra
un bacio, nel quale senza la benda ch'ella aveva sugli occhi, avrebbe
potuto ravvisare meno tenerezza che degnazione: ma non era ancor venuto
il giorno in cui doveva conoscerlo.
--Ora senti, proseguiva la Lisa, sedendogli sulle ginocchia, postogli
un braccio al collo, mentre coll'altra mano gli veniva ravviando ora
la barba, ora i capelli, ora le pieghe del vestito. Senti amor mio,
io vorrei avvisarti.... ecco lei che fa la saccentina, dirai.... lo
so, non hai bisogno dei miei avvisi.... ma pure lo sai il proverbio,
ne sa più un pazzo di casa sua, che non un savio dell'altrui.... ed
io conosco il babbo.... vedi.... così alla prima e' mette paura....
eh, tu ridi!.... non a te, lo so.... ma pure non vorrei che ti venisse
così improvvisa quella sua guardatura... e poi.... lo capisci anche tu,
egli ha avuto ragione d'adirarsi con esso noi.... potrebbe dire qualche
parola un po'.... un po'.... che so io? Ma tu, non è egli vero? Sarai
buono per amore di Lisa tua.... pensa che anch'essa ha tanto sofferto,
poverina.... ed ho sofferto volentieri; son contenta ora, tornerei a
soffrir il doppio, purchè sia con te, purchè non mi sii tolto.....
questo dunque ti volevo dire,..... tu non te l'hai avuto per male, non
e vero? e col babbo, qualunque cosa dica, tu saprai comportarla....
e....--
--Io ti taglio la parola in bocca, Lisa mia. Tu mi fai torto. Credi tu
ch'io possa trovarmi a questo passo, e non aver preveduto tutto? e non
essermi armato a soffrir da Niccolò persino gli oltraggi?--
--Oh, sii tu benedetto! M'hai tolto un gran peso dal cuore.... ed io
che non ardivo dirtelo!.... Oh! chi ti vede tanto bello.... non sa
quanto sei buono!--
In così dire gli si abbandonò sul collo senza più parlare, e rimase
così per alcuni momenti. Alzandosi poi, ed asciugandosi gli occhi,
diceva:
--Ora convien pensare al povero Arriguccio... vorrei aver come vestirlo
un po' a modo!... povero innocente, non ha che quella poca vestuccia!
Pure m'ingegnerò.--
E, preso il bambino sulle ginocchia, gli veniva ravviando i capelli,
acconciando i panni, e mentre attendeva a questa bisogna, sentiva
l'oriuolo di Palagio suonar le 22 e mezza. Alle ventitrè dovean
muoversi; l'avvicinarsi di quell'ora desiderata prima con tanta smania,
ora le metteva in cuore un indefinibile terrore, sentiva farsele
più rapido il batter de' polsi, mille sospetti, mille paure le si
affollavano nella fantasia, ora volgeva il cuore a Dio con una breve e
fervida preghiera, ora baciava il fanciullo, ora volgeva gli occhi a
Troilo, cercando di trovar nella sua vista un po' di forza, un po' di
coraggio, sperando d'incontrare un suo sguardo che la confortasse: ma
egli era seduto col gomito appoggiato sul davanzale d'una finestra, il
suo viso era immobile volto verso strada, Dio sa a che cosa aveva il
capo a quell'ora. La povera Lisa avrebbe accolta un'occhiata, in quel
momento, come un benefizio, ma non l'ebbe, e suonaron le 23.
Sentì un momento quasi mancarsi le ginocchia; ma le scorrea nelle
vene il sangue di Niccolò, e perciò questo momento di debolezza
passò come un lampo. Recatosi in collo il bambino s'alzò, chiuse gli
occhi pregando Dio d'ajutarla, poi si mosse arditamente con Troilo e
s'avviarono verso S. Marco senza profferir più una sola parola per
tutta la strada: e trovati alla porta del convento Fra Benedetto e
Fanfulla che gli aspettavano, tutti di compagnia presero la strada, e
dopo non molto picchiarono al portone de' Lapi.
Niccolò avea frattanto fatti avvisare i suoi figliuoli affinchè
si trovassero in casa a quell'ora, e dato a Laudomia il carico di
preparare una camera per la sorella e il cognato ove stesser col loro
bambino comodamente. Quand'essa ebbe ammannito tutto quanto occorreva,
scese e trovò Niccolò seduto sul suo seggiolone, ed i suoi figli
Averardo, Vieri e Bindo in piedi all'intorno, tutti armati; v'era anche
Lamberto, e Niccolò gli diceva:
--Lo conosco, figliuol mio, quanto t'ha a parer duro veder costui in
casa mia. Che poss'io dirti? Egli è marito di Lisa!... egli viene a
combatter con noi!..... Egli m'ha pur campato Bindo dalla morte! potevo
io negargli il perdono? potresti tu negarglielo? Ti volli ora presente
a questo fatto perchè ti conosco saldo d'animo.... e in tutti i modi vi
sareste pur dovuti rivedere prima, o poi... e ciò forse ti riuscirà men
grave accadendo qui in nostra presenza.--
--Padre mio, rispose Lamberto, di tutto quanto vi verrà bene di
risolvere sul fatto mio ora, e per l'avvenire, voi non v'avrete mai a
scusar meco. A me basta che mi vogliate tener per figliuolo, e quanto
al resto, io farò di mostrarmi sempre maggior d'ogni fortuna.--
--Tu parli da uomo, Lamberto!.... poi scrollando il capo, soggiungeva:
Lisa, Lisa, tu fosti pur pazza!--
Averardo allora, uomo ruvido, feroce, di pochissime parole, e che
non aveva altro pensiero fuorchè delle cose della guerra, disse con
malumore:
--E le pazzie delle donne tocca a noi a scontarle.... perciò non tolsi
mai donna.... ora io vo' sperare che questi sposi non vorranno indugiar
troppo.... non gli aspetterò un pezzo, alla croce di Dio. S'è visto
oggi in campo un gran rimenarsi... non vorrei s'entrasse in ballo, ed
io non esservi!--
Vieri, che all'opposto del fratello era di quegli uomini ch'hanno la
felicità d'esser sempre beati, anche fra le malinconie e le sciagure,
tanto che neppur pareva nato de' Lapi, diceva ridendo:
--Eh! non dubitare; se anche perdessimo una qualche archibugiata, non
ce ne vorrà mancar per questo.... di tal derrata ce n'è abbondanza,
la Dio grazia.... così la ci fosse di starne e fegatelli, e di buon
trebbiano. Ho veduto dalle mura che governo hanno fatto delle vigne sul
poggio sopra Arcetri, ve n'è rimasto quant'io n'ho sulla palma della
mano. Se è così per tutto, avremo a bere trebbian di carrucola.--
Niccolò non rispose nulla, ed Averardo, senza far nemmen l'atto di
sorridere, disse mezzo stizzito:
--Beato te, che la ti va sempre per un verso.--
--Mi va! mi va! Già lo sai ch'io voglio aspettare a star ingrugnato
quando sarò nella bara, chè ora non ci conosco profitto nessuno. Eh
via! stiamo di buona voglia, che forse forse la finirà meglio che non
pensate. E tu, Lamberto, rallegrati che hai pur fuggito il gran brutto
rischio.... è mia sorella la Lisa, ma non importa, avresti avuto per
donna una pazzerellina, e di costoro n'è gran dovizia in Firenze; sarai
sempre a tempo.--
Mentre erano in questi ragionamenti comparve la fante M. Fede, e
distesa una tovaglia di bucato su una tavola, vi depose un vassojo con
due fiaschi di vino; venne Maurizio, il famiglio di Lamberto, quello
ch'egli avea tratto dall'Adda, portando i bicchieri ed un piatto di
confetti, chè in quel tempo in Italia ogni riconciliazione voleva il
bere, come anche oggi giorno nelle province meridionali di essa, ove
sono frequenti risse sanguinose fra contadini: e ci sovviene aver
assistito ad una di queste paci, ove due che s'erano voluti ammazzare
il giorno innanzi, vennero condotti tutti malconci e colle ferite
fasciate, a bere insieme: e ci fu detto, che dopo quest'atto non vien
neppur in mente di dubitare, che non si siano vicendevolmente perdonato.
Dopo il breve dialogo che abbiamo narrato, si erano tutti ammutoliti,
che in quei momenti ove abbondano i pensieri vengono meno le parole.
La fante soltanto bisbigliava sommessamente col famiglio per dirigere
l'apparecchio, e tratto tratto dava un'occhiata ai suoi padroni, chè
si moriva di voglia d'appiccar discorso sul ritorno della Lisa e
mostrar l'allegrezza che ne sentiva; vedendoli tutti ingrugnati, quando
appunto, secondo essa, avrebbero dovuto confortarsi e far buon viso,
non sapea darsene pace, ma poi s'acquetava colla solita riflessione
che usava applicare a tutti i casi superiori alla sua intelligenza, ed
ove entrassero signori e ricchi, e diceva fra se stessa: «già, hanno le
loro fantasie! È inutile, bisogna lasciarli stare.»
Maurizio invece, sotto l'apparenza fredda e riposata degli uomini
boreali, si rodeva di dover far onore ed accoglienza a quello che aveva
fatto così brutto torto al suo padrone, pel quale sentiva l'affetto
esclusivo, scevro d'ogni pensiero d'utile proprio, che, a vergogna
dell'umanità, ha nel cane il più perfetto modello. E quando M. Fede gli
disse tutta contenta:
--Vedi Maurizio, di questi fiaschi ce n'è pochi in Firenze! gli avevo
riposti,... pareva che il cuore me lo dicesse, a che dovevan servire!--
Egli rispose scrollando il capo:
--Questo fostro messer Droile, io piuttosto harchibusata, che picchieri
di fino!--
In quella s'udì picchiare, e tutti si scossero. Corse la Fede ad
aprire, e dietro di lei si slanciò Laudomia, non tanto per abbracciar
più presto la sorella, come per non lasciar ch'entrasse sola dal padre:
Bindo anch'esso si fece incontro a Troilo per introdurlo. Aperto appena
l'uscio, le due sorelle si trovarono abbracciate stringendosi co' visi
e coi petti, e rimasero così senza profferir parola, quanto il dire
un'avemmaria: scioltesi alla fine, Lisa prese in collo il bambino, che
era stato fin qui portato dal marito, e si mosse con Laudomia che con
una mano la teneva per un braccio, coll'altra le cingeva la vita. Fra
Benedetto andava innanzi, dietro Troilo con Bindo, Fanfulla veniva
l'ultimo.
Niccolò si preparò per riceverli in piedi accanto al suo seggiolone con
una mano su un bracciolo, e l'altra pendente lungo la coscia. Stava
col petto aperto, le spalle ritte, avea l'occhio grave, non lieto, ma
sereno. Da un lato Averardo, scuro ed austero in viso, colla sinistra
sull'elsa, la destra dietro le reni, dall'altro Lamberto, che se dovè
mai ringraziar Iddio d'avergli data un'anima forte, fu per certo in
quell'ora. Vieri anch'esso, prese un contegno serio e conveniente.
Appena Fra Benedetto fu sull'uscio, cominciò a dire, venendo pur avanti
seguìto dagli altri:
--Messer Niccolò, ecco qui la vostra figliuola, ecco messer Troilo, che
sanno d'aver bisogno del vostro perdono e vengono a domandarvelo,...
pronti ora, e sempre, a far tuttociò che voi vorrete.... e sperano
che gli vogliate accettare nella grazia vostra, e tenerli in conto di
figliuoli amorevoli ed ubbidienti.--
Mentre il frate parlava, la Lisa tutta tremante, retta da Laudomia,
s'era venuta accostando, ed alfine cadde ginocchioni a' piedi del
padre, col viso basso, nascosto in parte da quello del suo bambino,
che al veder tanta gente nuova si stringeva colle sue manine alla
madre. Troilo anch'esso aveva posto a terra un ginocchio, un po' più
addietro. Nel prepararsi col pensiero a questa scena, aveva proposto
di non iscender ad atto cotanto umile: inginocchiarsi avanti ad un
setajolo! Avrebbe tenuto pazzo, e deriso chi gliel avesse suggerito.
Ma all'entrar in quella camera, l'alta e maestosa figura del vecchione
popolano, l'autorità veneranda che appariva sulla sua fronte e in tutta
la persona; il senno, la fortezza che gli splendeano negli sguardi;
tuttociò l'aveva turbato, l'aveva vinto in modo, che cadutagli ad
un tratto ogni superbia, e trovatosi tanto piccolo, tanto basso e
spregevole a petto a quell'uomo, fu quasi, senza saper come, da una
incognita ed invincibil forza prostrato a' suoi piedi. Sentì in quel
momento venirsi meno l'ardire di dar opera al brutto tradimento: gli
era sembrato che la prima occhiata del vecchio l'avesse penetrato
fino nel profondo del cuore, n'avesse tosto conosciuto lo scellerato
mistero, per poco non gli abbracciò le ginocchia, confessando ogni
cosa, ed implorando perdono. Ma a condurlo a quest'atto non potea
bastare la sola commozione di quella prima vista, senza che vi s'unisse
uno di quegl'impeti virtuosi che ferman talvolta anco i ribaldi
sull'orlo del precipizio: ma di quest'impeti non era capace l'anima di
Troilo.
Anzi gli sovvenne in quel momento di Baccio Valori, de' suoi amici del
campo, gli parve vedersi innanzi i loro visi che ridessero della sua
dappocaggine e lo schernissero; si raffermò più che mai ne' suoi primi
pensieri, e conosciuto che dal non recitar perfettamente la sua parte
in quell'occasione potean generarsi sospetti sul fatto suo, e seguirne
la total rovina della sua impresa, compose il viso e la persona, e
s'armò per parlare in modo che la simulazione riuscisse perfetta.
Quanto a Niccolò, aveva alla vista di Troilo, provata inestimabile
passione, ma premendola in cuore, gli piantò gli occhi in viso per
veder pure che faccia avesse quest'uomo che gli era stato cagione di
tante perturbazioni. «È bello, non si può negare!» disse fra se, poi
tosto soggiunse: «Come mai potè la Lisa innamorarsi di costui!» Che se
era piaciuto agli occhi di Niccolò, era stato ributtato dal suo cuore.
Ma non fece caso di questo giudizio, stimandolo effetto dell'odio che
gli aveva sin allora portato, e non l'ebbe appena veduto piegare il
ginocchio, che gli disse:
--Alzatevi, messer Troilo! Lisa, alzati, ed ascoltatemi.--
Rimessisi in piedi ambedue, Niccolò proseguiva:
--S'io v'apersi là porta di casa mia non fu con animo di dirvi di male
parole, o farvi rimproveri sulle cose passate. Per quanto s'attiene a
me, ed all'ingiuria che voi m'avete fatta, io son contento perdonarvela
liberamente, e vi prometto cancellarla in tutto e per tutto, così Iddio
cancelli i miei peccati. Ma voglio che sappiate, messer Troilo.... e ve
lo dico ora a viso aperto, per non dover mai più per l'avvenire entrare
in questo discorso,.... voglio che sappiate, che se voi non tornavi in
Firenze; se invece di venir a difendere la libertà di questo popolo,
come, da quanto mi è stato detto, voi avete in animo di fare....--
--E' v'hanno detto il vero, messer Niccolò, ch'io non ho altro
desiderio...--
--E così voglio credere.... Ma lasciatemi dire. Se dunque all'opposto
voi fossi rimasto coi nemici della patria nostra, tenete per fermo,
messer Troilo, che Niccolò de' Lapi prima d'accettarvi per genero si
sarebbe lasciato tagliar a pezzi. Ma ora, se Firenze ha fatto guadagno
d'un buon soldato, d'un difensore di più, non solo v'accetto per
genero, ma benedico tutti i miei dispiaceri, che alla fine vengono a
riuscire a beneficio della nostra città. Io non farò differenza d'or
innanzi tra voi, e gli altri miei figliuoli; ma è dovere che sappiate,
ch'io ho giurato ad essi, e così giuro a voi, per quelle ceneri che
voi vedete là in quella nicchia (e le indicava col braccio alzato e
l'indice teso) e furon raccolte ancor calde dal rogo d'onde l'anima
santa di Fra Girolamo volò in paradiso, vi giuro, che se mai per
vostra mala fortuna v'accadesse di mancare in qualsisia modo al debito
di buon cittadino, vi saprò giungere, o io col ferro, o quell'Iddio
che ascolta, e rafferma sempre la maledizione d'un padre, colla sua
vendetta.--
Troilo a queste parole si sentì correr un freddo per le vene, ma, a
somiglianza del reo, che posto alla colla si sforza di parer franco,
e non dir parola che possa tradirlo, rispose arditamente e con quanta
veemenza gli fu possibile:
--Ed io, messer Niccolò, a patto d'esser da voi tenuto per figliuolo
d'or innanzi, accetto sul mio capo questo sacramento che voi fate;
e coll'ajuto di Dio, e del beato Fra Girolamo, ch'io voglio d'or
innanzi per solo avvocato e protettore, io mi confido che non sia per
avvenirmene male nessuno.--
--E così credo anch'io, rispose Niccolò, poi soggiunse, additando l'un
dopo l'altro i suoi figli; questi Averardo, questi e Vieri, Bindo, e
questi è Lamberto....--
A questo nome Troilo si scosse, che sapeva tutto quanto era passato
fra esso e la Lisa: essa abbassò gli occhi ed impallidì. Niccolò,
rimasto un momento come riflettendo, soggiunse, guardando Lamberto, che
rimaneva immobile e gli si veniva intorbidando lo sguardo:
--Lamberto! Niccolò ha perdonato!.... Orsù, figliuoli, ascoltatemi!....
son io che parlo! (e nel profferire queste parole la faccia del
vecchio divenne accesa, e la voce terribile). Si tratta di Firenze!
si tratta della patria e non di noi! Alle sue ingiurie pensiamo e non
alle nostre! Ci sta sul capo l'ultima rovina, e potremmo aver altro
pensiero che del suo pericolo? Unione! concordia! per Dio! chè le città
divise furon sempre preda d'ogni nemico, e lo sa Firenze, lo sa tutta
Italia. Contro i nemici della libertà nostra, contro i traditori e i
ribelli a questo stato popolare si volgan gli odj, le forze e l'armi
di tutti: ma chi si ravvede sia accolto come fratello. Ricordatevi
di Lorenzo dei Medici venuto a morte.... il beato Fra Girolamo gli
offerse misericordia e perdono al solo patto che restituisse lo Stato
che ingiustamente teneva, ed al popolo la sua libertà. Rifiutò il
perdono, e morì da quell'empio e ribaldo ch'egli era: ma stava in lui
l'ottenerlo, nè il nostro santo maestro glielo avrebbe negato, ove
avesse dato segno di penitenza e restituito il mal tolto. Così non
si nieghi da noi. Come ci ajuterà Iddio, se ostinati seguitiamo ad
offenderlo?--
--Oh! messer Niccolò, disse Fra Benedetto giungendo le mani, sono sante
queste parole! Oh, fosse qui presente tutta Firenze ad ascoltarle!--
Il vecchio allora voltasi alla fante le fece un cenno, ed essa, venuta
avanti con Maurizio, si fermarono innanzi a Niccolò presentandogli il
vassojo col vino ed i bicchieri; ed esso empiutili, fe' che ciascuno
prendesse il suo, e così tutti bevvero. Poi Niccolò pose le mani sulle
spalle di Troilo, lo baciò in bocca (com'era costume nelle paci) baciò
la figlia ed il bambino, e tutti, gli uni dopo gli altri, fecero
scambievolmente lo stesso.
Volle Niccolò che anche madonna Fede ed il famiglio, bevessero. La
fante ubbidì tosto, ed accostandosi alla Lisa col bicchiere in mano, le
disse:
--Madonna, io lo sapevo, che questo giorno doveva venire, e.... non
per vantarmene.... ma m'ero botata a' Servi di digiunare ogni sabato,
perchè Dio e la santissima Nunziata ci facessero questa grazia.--
--Io t'avrò dunque quest'obbligo,--rispose Lisa sorridendo.
Ma non fu mai possibile di far bere Maurizio, che alle istanze della
fante rispose sempre «Non hafer sete!» e neppur a Lamberto non venne
fatto di vincerlo, onde spiccandosi dall'impresa, gli disse ridendo,
Vieri:
--Se tu avessi saputo che non amasse il vino, conveniva lasciarlo bere
l'acqua dell'Adda.--
Maurizio ingrugnato non rispose, e se n'andò brontolando e ripetendo
fra se stesso: «Harchipusata, e non picchier di fino!»
La brigata intanto senza badargli s'era seduta in cerchio attorno al
fuoco; le due sorelle vicine, Laudomia con Arriguccio sulle ginocchia,
Troilo accanto alla Lisa tenendola per la mano, Fra Benedetto allato
a Niccolò, e tutti con modi più sciolti venivano entrando in varj
ragionamenti, quando a un tratto vennero scossi, ammutolirono, e teser
l'orecchio all'udire un tocco della campana grossa del Consiglio, e
poi due e tre e quattro, e via via sempre con maggior furia sonare a
stormo, e quasi ad un tempo risponder tutte le campane della città,
con un fremito, un rombo lontano che pareva venisse per l'aere
dall'alto, e nascesse da turbe che mandasser grida e facesser tumulto
in distanza; poi qua e là si fecer sentire colpi d'archibuso, e poco
stante scoppi più forti d'artiglieria; ed intanto il fragore pareva si
venisse accostando, le vie s'empievano di gente, di romore, di grida,
s'aprivano e si serravano a furore porte e finestre, e pareva insomma
che la città tutta si fosse per qualche grave ed impensato accidente
levata in arme: e facendosi d'ora in ora più frequente il correr de'
popoli per le vie, e più alto il bisbiglio, s'udì sotto le finestre
passar correndo una frotta d'uomini, ed una voce gridare: «Arme, arme,
popolo e libertà!.... I nemici sono in Firenze!»


CAPITOLO XX

Voler dipingere il furore che invase Niccolò, Averardo, Lamberto,
Vieri e Bindo a questo grido, lo spavento di Fra Benedetto e delle due
giovani, l'agitazione di Troilo, che tutt'altro attendeva, sarebbe
cosa vana, ma sei pensi il lettore. Averardo saltò sul suo archibuso
che avea lasciato in un angolo: arrotava i denti, e con voce strozzata
dalla rabbia diceva:
--Maladetta l'ora ch'io mi tolsi dalle mura.--
Gli altri fratelli insieme con Lamberto e Fanfulla avean anch'essi
dato di piglio alle loro armi; e quest' ultimo, senza dar segno di
perturbazione nessuna, chè troppo era uso a simili strette, accese alle
braci del focolare la corda del suo archibuso, dicendo: «Qui ci vuoi
altro che baje»! e tutti insieme stavan per uscire, quando entrarono
con impeto cinque o sei uomini del popolo minuto, artefici dell'arte
della seta a servigi di Niccolò, dicendogli:
--Messere, siam qui fuori cinquanta compagni, e veniamo per guardarvi
la casa e difendervi fino alla morte.--
--Che difendermi? gridò Niccolò, alle mura, alle mura! Chè questo è il
giorno che tutti abbiamo a morire per la nostra libertà, ed io voglio
esser il primo.--
Ed il feroce vecchio, afferrato un pezzo d'arme in asta ch' era in un
canto, voleva uscire cogli altri e correr anch' esso alla difesa; se
non che tutti si diedero a pregarlo, e fargli forza che restasse, e le
figlie più degli altri, ma egli insuperbito, ributtava ognuno prima
colle parole, poi cogli urti, esclamando:
--Io voglio morire ad ogni modo!--e senza poter esser persuaso o
trattenuto, tirava disperatamente verso la porta, quando giunse
correndo un tavolaccino della Signoria, che per parte del gonfaloniere
veniva ad annunziare non esser i nemici in Firenze com' era corsa la
voce, ma aver bensì cominciato a combatter le mura, con gran numero di
scale, e perciò ordinava che tutti gli uomini da fazione corressero
oltr' Arno verso S. Niccolò ove era cominciato l'assalto.
A quest' annunzio, visto che le cose non erano ali' ultima rovina,
com' egli aveva creduto dapprima, si lasciava pur indurre, ma non così
subito, a rimanere; e fermatosi sul portone di strada colle mani
alzate, disse con gran voce ai giovani che si avviavano:
--Addio figliuoli! Ricordatevi che voi siete cristiani, e cittadini
liberi, ed a rivederci forse in Paradiso.--
Essi si perderono parte tra la folla, e Troilo, che avea pur dovuto
andarne con loro e mostrarsi volonteroso ed ardito, pensava in cuor suo
«Sarebbe bella che tutte le promesse di Baccio finissero stanotte con
una buona archibusata!»
Niccolò allora, mandata a combattere anco la maggior parte degli
operai che erano venuti ad offerirglisi, ne tenne con se otto o dieci
onde l'ajutassero metter in ordine la casa e prepararla a sostenere
un assalto. Quel suo primo furore avea dato luogo alla ragione, e
poichè la città non era ancor vinta, dispose, mutando proposito,
e considerando che le sue povere figliuole potean venir alle mani
de' soldati e dei Palleschi, di fortificarsi e far testa, e quando
non potesse, ne gli rimanesse altro scampo, metter fuoco alla casa,
ardervisi colle figlie, e salvar così a se la libertà, ad esse l'onore.
E Niccolò era muso di farlo.
Serbando le antiche usanze di Firenze, ch'egli non avea voluto mutar in
nulla, si trovava aver in pronto i ferramenti, le catene e i legnami,
per far il serraglio. Giacevano sotto il portico del cortile, ed in
un attimo vennero strascinati in istrada, e disposti in modo che si
potessero in un momento porre in opera.
Ciò fatto, mandava uno de' suoi uomini nelle case de' Carnesecchi che
stavan di fianco a quelle de' Lapi, separati tra loro dalla via de'
Conti, dicendo si mettessero in ordine che intendeva far il ponte
sulla strada, e sollecitando l'opera egli stesso, vide presto uscire
dai fori disposti a quest'uso al primo piano di casa sua, lunghe
travi che sospinte dagli uomini di dentro venivan introdotte in buchi
corrispondenti nella casa de' Carnesecchi. Su quelle travi furono
collocati in più pezzi tavolati che si connettevano tra loro e si
fermavano con arpioni, onde venivano a formare un ponte solidissimo
capace di sostener uomini e munizioni per opprimere dall'alto i nemici
che fossero in istrada.
Mentre Niccolò in mezzo alla via, ove pei lumi posti a tutte le
finestre si vedeva chiaro come di giorno, gridando ora agli uni, ora
gli altri, e facendo animo a tutti colle parole e colla presenza,
ordinava questi apparecchi, nell'interno della casa si trasportavano
armi d'ogni sorta dalla stanza ove eran ammucchiate, nei luoghi più
vicini a quello ove si doveva combattere, nell'androne cioè, che era
contiguo alla porta di strada, e su al primo piano sotto le finestre
che mettevano sul ponte. Laudomia, Lisa e la vecchia ajutavano
anch'esse la bisogna, e tutte affannate per la fatica, pel correre e
per l'agitazione dell'animo, venivan dov'era il bisogno, arrecando
fasci di picche, sassi, balestre grandi a staffa, archibusi e munizioni
d' ogni maniera.
Qucll'ardire, quella prontezza medesima che mostrò in codesta notte
Niccolò e tutta la famiglia de' Lapi, apparve spontanea e mirabile in
ogni casa di Firenze[44], ed il principe d'Orange, che avea stimato per
esser la notte scurissima e piovosa, e la vigilia di S. Martino, trovar
le guardie negligenti o sepolte nel vino, ed aveva con questa fiducia
all'improvviso assaltato le mura dalla Porta S. Niccolò a quella di S.
Friano con gran numero di scale, pensandosi aver la terra per sorpresa,
fu invece accolto con tanto furore d'artiglierie, trovò i bastioni così
ben provvisti di difensori, che dovette alla fine ritrarsi dall'impresa
con vergogna, e con non poca uccisione de' suoi soldati. Ma se gli
fosse pur riuscito di superare le mura in qualche parte, è difficile
prevedere che cosa sarebbe avvenuto; e quanto a noi, crediamo che
neppur per questo non avrebbe riportato vittoria; chè la milizia s'armò
in un attimo, tutti i cittadini corsero oltrarno, e pei quartieri più
prossimi al campo, insino ai ponti, ed al di qua per un buon tratto,
le vie eran calcate d' uomini armati; dalle case i vecchi, le donne, i
fanciulli avrebbero col gettar sassi, tegoli e qualunque cosa venisse
loro alle mani, dato ajuto non piccolo alla difesa, la disperazione
avrebbe duplicate le forze e l'ardire d'un popolo che aveva pel
passato anche troppo fatto conoscere quanto valesse nelle battaglie
cittadine, e forse l'esercito imperiale che d'uomini utili non sommava
a quindicimila persone, avrebbe trovato in Firenze la tomba: ma questa
generosa ed infelice città era da Dio condannata a più lunghi dolori ed
a maggiori castighi.
Dopo brev'ora le bande nemiche, disperatesi affatto di poter vincere,
si tolsero dall'impresa, e si ridussero agli alloggiamenti, di
dove l'indomani il principe d'Orange partì alla volta di Bologna
onde ottenere dall'imperadore e dal papa, che s'eran colà condotti
per l'incoronazione, nuovi ajuti di genti e d'artiglierie, senza i
quali conosceva impossibile di far profitto nessuno. Le milizie dei
quartieri, vedendo passato il pericolo, si divisero tornando ognuno a
poco a poco alle sue case: le vie rimasero presto vuote, le finestre si
chiusero, i lumi ed i lanternoni de' soldati scomparvero, tutto ritornò
nella quiete e nel silenzio consueto; ed in ogni famiglia i vecchi
e le donne rimaste sole in casa, udendo i passi sonanti de' mariti,
de' fratelli, de' figli usciti poco innanzi con tanta probabilità di
non aversi a riveder più vivi, e che ora tornavan salvi, e dopo aver
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