Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 19

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levarselo d'innanzi, ed aggiungeva: senza tenerlo più a disagio, te lo
farò metter di guardia al portone, e così avanzerà tempo di quello che
già in cuore gli avevo promesso. Un po' prima un po' dopo sarà tutt'una
per lui.»
--Quando sia così, e che a voi non importi, anzi abbiate motivo di
mandar costui alla morte, conosco anch'io, che la cosa si farà con
maggior apparenza di verità.--
Quanto al carceriere, che il conte Pier Maria non volea s'uccidesse,
essendo uomo da fidarsene, lo fe' chiamare, e in presenza di Troilo
l'avvertì, che nella notte questi sarebbe entrato in camera sua per
la chiave; se fosse venuto solo gliela desse, ed allora non era
difficoltà, se (per preveder tutti i possibili) avesse avuto un
compagno, Troilo fingerebbe di piantargli un pugnale nel petto, ed egli
mostrasse di dar i tratti senza gridare, come accade a chi è ferito in
parte molto vitale.
Rimasti così d'accordo, Troilo, nel prender commiato, domandò al conte:
--Posso servirvi di nulla in Firenze? Ora ch'io divengo setajuolo, se
vi bisogna velluti, broccati, sciamiti, voi non mi farete torto eh? E
vi potrò dir presto quanto stanno il braccio.--
--Addio, addio pazzo. Ma se in un pajo di braccia di quale stoffa tu
vorrai, mi mandassi il capo d'Anguillotto, chi me lo portasse avrebbe
una mancia che lo ristorerebbe del disagio: digli però, che se il pane
non gli è venuto a noja, faccia di non venirmi nelle mani.--
Troilo uscì, e andò alla stalla ov'era il suo cavallo, gli pose sella
e briglia, e gl'involse l'ugne in certi stracci, onde il cavarlo fuori
non fosse sentito sul lastrico; ed avendo così preparato tutto, risalì
in camera, e trovò Lisa e Fanfulla addormentati: si pose pianamente
a sedere, e rimasto così una mezz'ora, quando gli parve il momento
risvegliò l'una e l'altro, e disse: «ora è tempo, prepariamoci.»
La Lisa fu tosto in piedi, e preso il fanciullino gli pose, così
addormentato com'era, il seno in bocca, onde svegliandosi non gridasse.
Troilo s'armò, ajutato da Fanfulla, poi prese una lanterna, che copriva
col pastrano, s'avviarono tutti e tre giù per la scala, in punta di
piedi, e, giunti al basso sotto il portico del cortile, disse Troilo:
«Aspettatemi qui, io vo per la chiave.» Voleva Fanfulla ad ogni patto
venire ad ajutarlo, dicendogli sotto voce: «gli metterò due dita al
collarino, che vi so dire l'azzitteranno subito» onde il giovane
conobbe sempre più quant'importasse l'andar solo, e con gran difficoltà
riuscì pure a liberarsi dal suo troppo zelante compagno, dicendogli;
«no, no, rimanete, piuttosto, se volete ajutarmi, quando mi vedrete
tornare, intanto ch'io cavo di prigione il giovinetto, voi gettatevi
sull'uomo di guardia, e fate che il primo colpo sia l'ultimo.» Si
mosse senza aspettar risposta, e dopo tre minuti, ricomparve, alzando
il braccio per mostrar la chiave. Fanfulla s'era intanto accostato
muro muro sin presso il portone, come un tigre che sta per iscagliarsi
sulla preda, e teneva nuda in mano una mezza spada larga, pesante e che
radeva: veniva a trovarsi tre passi lontano dal soldato di guardia, il
quale appoggiate le due braccia sulla bocca dell'archibugio, di tanto
in tanto abbassava il capo sonnecchiando, e scopriva così un palmo di
collottola. Vide venir Troilo, dette uno slancio menando un rovescio,
e la testa del soldato cadde da un lato, il corpo dall'altro. Fanfulla
forbita la spada sull'erba, la ripose nel fodero, e levando in ispalla
l'archibugio del morto, se n'andò colla Lisa innanzi sotto i cipressi,
in luogo coperto ed oscuro, ad aspettare. Troilo era sceso intanto
nel carcere, e trovato Bindo addormentato, lo svegliò, e gli disse di
seguirlo: il fanciullo, che avea creduto si venisse per ammazzarlo,
si mosse contento, e fu presto al fianco della sorella, che con
grandissima maraviglia riconobbe ed abbracciava, e che avvertendolo
prima ben bene a non alzar la voce, gli diede a conoscere, con brevi
ma caldissime parole, l'accaduto, ed il proposito fermato da Troilo,
facendone ambedue, per quanto il luogo lo concedeva, maravigliosa
festa. Comparve allora Troilo col cavallo a mano, e taciti, alla
sfilata, presero tutti insieme la strada che conduce a Baroncelli,
di dove avean intenzione, passando dietro Bellosguardo, di venire a
riuscire sulla strada di Pisa, e varcato Arno sul Ponte a Signa,
condursi per porta al Prato a Firenze.
Camminando con gran riguardo, e colla precauzione d'evitare i luoghi
ove alloggiavano bande di soldati, giunsero, senza cattivi incontri,
dopo due ore di viaggio, sulla strada di Pisa.
Pel resto del cammino non v'era altro pericolo fuorchè d'incontrare
qualche mano di scorridori; ma se erano imperiali Troilo aveva il nome
di quella notte, se fiorentini, Fanfulla si dava a conoscere, ed in
ogni modo eran certi di non capitar male, perciò lieti e contenti di un
così buon successo si fermarono un momento per lasciar riposar la Lisa,
poi messala a cavallo, tirarono innanzi verso Signa: passato quivi il
ponte, per S. Donato si condussero finalmente, a levata di sole, sani
a salvi a Firenze. Bindo, per la via era venuto camminando alla staffa
della Lisa, udendola raccontare i suoi casi, e tutto il successo di
quella sera, e non è da dire se essa magnificasse il valore e la bontà
del suo sposo; il quale, per salvar la vita d'un suo fratello, avea,
a suo credere, rinunziato alle splendide speranze che avean accennate
le recenti parole di Baccio, e che da quel tristo erano state dette
col solo fine di far apparire maggiore il sacrificio di Troilo, e
metterlo così in maggior vista di Niccolò, della sua famiglia e della
parte Piagnona. Il giovinetto, pien di gratitudine pel suo liberatore,
non si potea saziar di lodarlo, e diceva: che senza dubbio Niccolò, e
per un tanto servigio, e per essersi tolto dal combatter la patria,
venendo invece ad ajutarla, l'avrebbe accettato in grazia, e si sarebbe
così posto fine una volta a tanti dispiaceri: Troilo, che indovinava
quali dovessero esser i discorsi della Lisa, e li stimava utilissimi
ai suoi bisogni, per darle maggior campo, si teneva addietro con
Fanfulla, al quale con lunghi ragionamenti mostrava d'aver seguito sin
allora a malincuore la parte Pallesca, tiratovi da una certa fatalità,
e dall'esempio de' suoi maggiori, ma che d'or innanzi voleva esser
buon fiorentino, e tra ch'egli era bel parlatore, tra che l'altro era
uomo alla buona e lontano dai sospetti, gli riuscì facilmente tirarlo
interamente dalla sua, tantochè, prima ancora d'aver messo piede
in città, potea già vantarsi d'avervi tre persone che renderebbero
testimonianza al suo valore, al suo eroismo, ed alla sincerità della
sua conversione politica.
Entrati per porta al Prato, quando furono al fine di borgo Ognissanti,
la compagnia si divise. Bindo prese per Parione, e gli altri per
lung'Arno. Ma prima di lasciarli, il giovanetto, dopo aver ringraziato
Troilo, e dettogli che da lui riconosceva la vita, gli promise che
avrebbe con ogni studio e ad ogni suo potere procurato che venisse
accolto in casa con quell'onore e quell'affetto che meritavano i suoi
virtuosi portamenti.
Troilo, giunto alla porta della città, s'era chiuso nell'elmo, per
non esser riconosciuto prima di aver ricomprato il bando di ribelle,
pel quale, non avendo egli salvocondotto alcuno, era lecito ad ogni
uomo il manometterlo. Ora, accompagnata Lisa in casa la Niccolosa,
ove dimorasse frattanto che le faccende s'assestavano, non parendogli
d'andare addirittura al magistrato sui ribelli e confinati, prese
partito di ripararsi con Fanfulla in S. Marco, ove poteva rimaner
sicurissimo, mentre si sarebbe operato ch'egli venisse liberato dal
bando.
Giunti ambedue alla porteria, disse Fanfulla mentre picchiava:
--La meglio sarà andare a Fra Benedetto; egli è più amorevole di tutti,
e senza dubbio si prenderà a petto questa faccenda.... Quando può far
piacere egli va a nozze.... chè di quest'altri frati non si può dir
così di tutti.... e molti hanno sempre a mente la notte che fu dato
l'assalto al convento, e per loro un Pallesco e il diavolo è tutt'una
cosa.--
In quella il portinaio aprì, e riconosciuto il suo antico amico e
compagno, disse levando le braccia:
--Oh, ben venga il nostro Fra Bombarda! Era un pezzo che non ci venivi,
e quasi quasi si cominciava a dubitare.--
--Eccomi vivo e sano, la Dio grazia, rispose Fanfulla, e non vengo
solo.... ho bisogno di far motto a Fra Benedetto.... vedi qua, ho fatto
un novizio.--
Il portinajo guardando Troilo tutto armato, che gli si vedevan a
malapena gli occhi, diceva, mentr'essi s'avviavano:
--Un novizio del tuo taglio! se non erro. Eppure, col vento che tira,
e' farà più bisogno corazze che tonache.
Saliti, trovaron il buon vecchio nella sua cella, sul solito
seggiolone, col suo S. Agostino aperto davanti, coi soliti occhiali
sul naso, proprio come Fanfulla l'aveva lasciato l'ultima volta, che
pareva non si fosse mai mosso. Entrando, e vedendolo, non potè a meno
di non pensare in cuor suo: «Domando io se questo si chiama vivere!
Tanto sarebbe nascer fungo!» Baciata poi la mano al suo superiore,
che con modi amorevoli l'accoglieva, e s'era alzato così un poco
per abbracciarlo, gli presentava Troilo, dicendogli chi egli era,
narrandogli tutti i diversi accidenti pei quali era qui venuto, la
liberazione di Bindo, la risoluzione presa di accostarsi alla parte
Piagnona, e la sua riunione colla Lisa, alla quale non mancava ormai se
non l'assenso di Niccolò.
--Egli, proseguiva, non vorrà ributtare chi gli ha campato il
figliuolo.... ma se pure bisognasse, noi siam venuti a richiedervi d'un
poco di favore. Se voi vorrete parlargli, egli non vi potrà dir di no.--
Troilo allora, trattosi l'elmo, e mostrandosi in viso tutto raumiliato
e contrito, cominciò a parlare con tanta passione ed apparenza di
verità del suo amore per la Lisa, del dolore col quale ricordava la
vita passata, del proposito fermato di renderla migliore in avvenire,
in una parola, seppe così bene far del Piagnone, che Fra Benedetto
rimase pienamente convinto della sua sincerità, e promise di far tutto
il possibile onde aggiustar i fatti suoi con Niccolò e colla Signoria.
--Qui non c'è da metter tempo in mezzo, disse alzandosi, e prendendo
in un angolo un suo bastoncello; voi trattenetevi in convento.... Fra
Giorgio!.... quantunque abbiate ora più del soldato che del frate,
siete però di casa: vi lascio dunque in custodia questo gentiluomo.....
fatelo rinfrescare, e mi confido tornarmene fra non molto con lieta
novella.... Quel buon Niccolò! diceva alzando gli occhi al cielo, egli
è pure il grand'uom dabbene.... un po' ruvidotto alle volte, non si può
negare.... ma uno di quelli della stampa antica.... il maggior amico
che abbia questo convento.... vorrei vederlo in pace una volta....
sarebbe tempo, che n'ha avuto de' dispiaceri!.... Sì, sì, speriamo
bene; ora la cosa è ridotta al punto che, per onor di mondo, egli non
può voler altro di quello vorremo noi.--
Uscito dal convento, ed affrettando i passi quanto glielo concedeva
la vecchiaja, fu in breve al portone de' Lapi. In casa non era che
Laudomia, il padre, e, giuntovi da pochi momenti, il giovinetto Bindo,
pel quale, non avendone avuto notizia dal giorno innanzi, erano stati
in grandissima apprensione. Appena arrivato, era subito ito da Niccolò.
Egli l'aveva accolto con faccia turbata, e con aspre parole, dalle
quali traspariva però l'allegrezza che egli sentiva, di vedersi
davanti sano e salvo quello tra i suoi figli che solo gli sapea far
dimenticare talvolta la sua consueta rigidità; e pel quale vedendolo in
così tenera età esporsi a tanti pericoli, tremava più che per gli altri.
Questi, per quell'intimo senso che rende accorti i fanciulli de'
pensieri e dell'inclinazione de' loro parenti, temeva meno d'ognuno
la collera e la faccia severa di Niccolò, e sapendo con destrezza
governarsi secolui ne' momenti di burrasca, senza cercar ora di
scusarsi, gli domandava perdono di essersi messo, senza sua licenza,
ad una così difficile impresa; ma, diceva, non aver potuto reggere al
desiderio di vendicar ad un tempo la città e la sorella: e narrandogli
ingenuamente tutto quanto gli era succeduto, quando fu a raccontar che
già stava col laccio alla gola salendo la scala del patibolo, il povero
vecchio, ch'era pure stato in vita sua, saldo a cotante scosse, non
potè non lasciarsi cader colle braccia sul collo del figlio, ed una
tinta rosata ravvivò per qualche momento il pallore abituale delle sue
guance.
E con impaziente smania domandò chi l'avea liberato. Udì il nome di
Baccio Valori, e fatto scuro nel volto, disse fra sè stesso: «Dio mio,
sia fatta la tua volontà!» chè vi volle un atto di rassegnazione assai
potente per fargli sopportare l'idea di aver un cotant'obbligo a quel
traditore; seguitò Bindo a dir della sua prigionia e dell'inevitabil
morte alla quale era destinato.
--Ma, soggiungeva, da questa m'ha campato? --Troilo.--
A tali parole, a questa nuova vergogna, Niccolò non si potè più tenere:
--Troilo, tu dici, Troilo t'ha campata la vita?.... Ma Dio mio, Dio
mio, che cos'ho io fatto che tutte l'onte s'abbino a cumular sul mio
capo! E tu, codardo, non iscegliesti morir mille volte?.... Non lo sai
che si muore? che la morte o prima o poi non si può fuggire?... ma che
l'infamia si può fuggire.... e che è infamia il tener la vita da chi
ha tradita la patria.... da chi ha vituperato quel sangue che ti corre
nelle vene, da chi ha calpestato nel fango questi capelli bianchi?....
e co' suoi portamenti ha detto a te, ai tuoi fratelli, e a tutti noi,
che siamo un branco di vili, e quest'onta ce l'ha scritta in fronte,
sulle mura di questa casa, sullo scudo che tenete in braccio, e che io
vi diedi senza macchia ed onorato? Tuttociò non lo sapevi?..... e mi
torni vivo alla presenza?


CAPITOLO XIX.

A queste rigorose parole, profferite senz'arrestarsi punto con voce
concitata ed occhi fulminanti, Bindo avea tentato inutilmente d'opporre
qualche sillaba. Venir chiamato codardo da quel solo al quale non potea
risponder col ferro gli riusciva troppo dolorosa ed insopportabil cosa,
chè quantunque fanciullo non era di meno terribil natura del padre:
onde alzato arditamente il viso rispondeva:
--Questo traditore che voi dite, questi che ci ha fatto oltraggio, io
me n'andai senz'altra compagnia che la mia spada, in mezzo ai nemici
per ammazzarlo. Avrò errato a non chiedervene licenza, ma non fu atto
di codardo, credo io. Quand'egli venne a cavarmi di prigione, dormivo.
Svegliato all'improvviso, neppur lo riconobbi. Uscii, trovai la Lisa,
e seppi da lei che Troilo ravveduto si disponeva a venir con noi, e
combatter d'ora innanzi per la libertà di Firenze....--
--Troilo in Firenze?--disse Niccolò con maraviglia grandissima.
--Egli v'è tornato con noi, ha riconosciuto il suo torto, e non ha
altro desiderio che di mostrarsi buon cittadino, lavarsi della macchia
di traditore e ottener la grazia vostra....--
--La grazia mia! disse Niccolò con sorriso amaro: poi rimasto un
momento pensando, proseguiva: cancelli le sue ribalderie passate, torni
al suo dovere, ponga la vita per questa sventurata patria, ed allora
egli avrà la grazia di Dio che val più della mia.--
--E la vostra insieme--disse Fra Benedetto, che entrando avea
udite quest'ultime parole e indovinato, vedendo Bindo, e notando
l'alterazione dei visi d'ambedue, a chi si dovessero riferire. Accolto
cortesemente da Niccolò, e sedutosi, soggiungeva:
--Io vengo a rallegrarmi con voi di due cose: l'una, che un figlio
ribelle ed empio di questa città ritorni ora ravveduto a soccorrerla.
D'un tale esempio in questi momenti è da tenere gran conto.... così
ce ne fosser molti, ciò crescerebbe a noi riputazione, e la terrebbe
ai nemici. L'altra, che Iddio v'abbia aperta una via di tor di mezzo
ogni scandalo, e di mostrare che voi trattaste la Lisa con estrema
rigidità, non tanto per l'offesa fatta a voi quanto per quella fatta
alla patria, col dare la mano di sposa a chi le era nemico. Messer
Niccolò, io vengo, com'è mio uffizio, a portarvi parola di pace,
e chiedervi perdono per parte di Troilo e della vostra figliuola.
Questa sottomissione serve a riparar l'ingiuria che v'hanno fatta:
Troilo saprà poi egli ammendar quella ch'ei fece alla patria, e s'egli
dapprima vi fece oltraggio, ora v'ha pur salvato Bindo dalla morte.
Iddio, giusto e terribile, accoglie chi di cuore si pente, egli fa
maggior festa d'un peccator convertito, che di novantanove giusti,
messer Niccolò, vorreste voi correggere, infermare i suoi giudizj,
mostrarvi più implacabile dell'istessa Eterna Giustizia?--
Il vecchio pensoso non rispondeva nulla, e colla mano alla barba, gli
occhi a terra e le ciglia aggrottate, veniva considerando se dovesse
tanto fidarsi di se stesso, da concedere che un uomo del quale non
avea avuto sin allora il maggior nemico gli venisse alla presenza. Gli
pareva cosa tanto enorme, e gli capitava addosso così inaspettata, che
era pur naturale vi volesse qualche tempo per avvezzarsi alla sua idea.
Ascoltando il cuore soltanto, avrebbe risposto al frate con un rifiuto
netto; ma anche prima d'udirlo, se avesse avuto il tempo di fermar un
momento il pensiero, si sarebbe col suo buon giudizio persuaso presto
che Troilo, rimesso in patria e divenuto buon cittadino, Troilo, al
quale era debitore della vita del figlio, non poteva più trattarsi come
Troilo Pallesco; e tosto o tardi, dacchè non si potea però togliere
ch'egli non fosse marito della Lisa, sarebbe bisognato perdonargli e
riceverlo in grazia.
Udendo com'era passata la cosa, e l'uccisione del soldato, non gli
pareva ragionevole il dubitare della sua sincerità, e non essendo il
vecchio per natura suo uso a tergiversare, disse finalmente:
--Chi è amico di questo popolo, e combatte per la sua libertà, non può
esser mai nemico di Niccolò de' Lapi. All'ingiuria ch'egli mi fece,
ora, lo conosco, è contrapposto un gran beneficio; poi ad ogni modo,
a fronte della calamità pubblica, debbon tacere gli odj privati, essi
terrebber divisi gli animi, quando più è necessario che si mantengan
uniti....
--Fra Benedetto! voi conoscete Niccolò da cinquant'anni, conoscete i
miei pensieri, e quanto abbia curato sempre l'onore di questa povera
casa! Io non mi sarei mai immaginato che m'avesse a succedere quello
che m'è accaduto!.... Iddio vide ch'io meritavo questo castigo! Ora
egli vuole che il sacrificio si consumi, sia fatta la sua volontà...--
E rimasto sopra di se un momento, soggiunse:
--Io perdono a Troilo ed alla Lisa.---
--Messer Niccolò, disse il frate ponendogli sul braccio una mano: Iddio
si ricorderà di queste vostre parole, ed io che vi conosco, come voi
dite, so quel che vi costano, e perciò quello che valgono.--
Così dicendo s'alzava per tornare a S. Marco, non vedendo l'ora di
portare a Troilo questa buona nuova; Niccolò lo rattenne. Al punto di
fare alla patria il sacrificio d'un odio cotanto radicato ed acerbo,
al punto di accogliere qual figlio uno di quella parte la quale gli
avea sempre contrastato il più impetuoso de' suoi desiderj, quello di
veder Firenze libera e felice, e gliel'avea contrastato con modi ora
astuti, ora violenti, ma scellerati sempre, si sentiva bisogno d'un
ultimo sfogo, e di versare nel petto d'un amico l'amarezza onde il
suo traboccava. Fatto seder di nuovo Fra Benedetto, diceva scrollando
il capo, e saettando a quando a quando certe terribili occhiate che
mettevano paura al mansueto religioso:
--Sì, gli perdono! L'ho detto, e basta, ma mi costa! non lo nego, mi
costa, e molto! Pensate, Fra Benedetto, che non v'è stata sventura,
non v'è stato danno o ruina di quante hanno percosso la nostra città,
e questa mia casa dal 34[40], quando ritornò Cosimo sino ad oggi, che
non ci sia venuta da quei perfidi Palleschi. Per loro l'ossa di messer
Cione mio padre giacciono in terra straniera! Per loro non istette
che non fossimo preda di re Carlo nel 92! Per loro questo popolo già
tanto religioso e costumato, corrotto da pessimi esempi, s'è ridotto
di sorte che ormai Firenze è fatta un postribolo! Per loro fu arso
e saccheggiato Prato nel 12: da questi sozzi, vituperati ribaldi fu
morto quel mirabile e santissimo Fra Girolamo, ed ora non contenti di
metter essi le mani violente nel sangue della misera patria, chiamano
in soccorso persino i barbari che gli ajutino a lacerarla.... e
questo ribaldo papa benedice le spade destinate a trafiggere i suoi
concittadini e a desolar quella terra che gli fu madre!.... Non dovrei
parlar più di questo Troilo, poichè ho stabilito di perdonargli, ma con
voi, Fra Benedetto! da 50 anni siamo amici! Egli è pur forza ch'io lo
dica per l'ultima volta, egli m'ha troppo assassinato!--
Tacque un momento; poi con un sospiro disse risolutamente:
--Orsù, questa sera voi farete di condurmeli tutt'a due; voglio che ci
si trovino i miei figliuoli, e Lamberto, che anch'esso lo tengo per
tale. Io so che le case degli Ardinghelli andarono a sacco, e furon
parte rovinate: vo' mostrargli ch'io non fo le cose a mezzo. Venga ad
abitar nella mia finchè egli abbia dove andare.... già ormai questa era
troppa casa a sì poca famiglia.--
Fra Benedetto contentissimo dell'ottimo fine di questa pratica, dopo
aver grandemente commendata la determinazione cotanto magnanima di
Niccolò, tolta licenza se ne tornò a S. Marco, e trovato Troilo, gli
fece intendere che la sera istessa l'avrebbe condotto dal suocero, che
da quel momento l'accettava per figlio e dimenticava tutto il passato.
Non è a dire se il giovine si mostrasse contento e grato al buon frate
di cotanto beneficio. Mancava ora che dai magistrati egli venisse
liberato dal bando. Fra Benedetto scrisse una lettera ad Alessandro
d'Antonio Scarlattini, uno de' cinque sindachi de' rubelli; Fanfulla
tolse il carico di portarla, e messosi per la via non tardò molto a
ricomparire con risposta favorevole, per la quale Troilo ribenedetto
potè uscire sicurissimo dal convento a ritrovar la Lisa, che tutta
ansiosa lo stava aspettando, e fu per morir dall'allegrezza, udendo con
quanta felicità venissero a terminarsi tutti i suoi dispiaceri.
Rimasti così un poco a far festa e rallegrarsi insieme, Troilo se ne
uscì dicendo che trovandosi colle sole sue armi, e non avendo panni
civili voleva andare a rivestirsi per potersi presentare decentemente
la sera, ed avviatosi verso Calimala, veniva per istrada cercando il
modo di poter senza dar sospetto trovarsi con messer Benedetto de'
Nobili per dargli la lettera di Baccio, e conferir seco sugl'interessi
della parte Pallesca.
Messer Benedetto stava appunto di casa in una delle vie che da Calimala
sboccano sul corso degli Adimari. Troilo, passando davanti all'uscio
suo, lo trovò chiuso:, alle finestre non era persona. Andò innanzi
alle sue faccende, e in una bottega di sarto vicina pochi passi trovò
panni quali s'usavano in quel tempo da' soldati: una cappa chiamata
alla spagnuola, cioè colla cappuccia di dietro, calza tagliata al
ginocchio con cosciali fregiati di velluto, ed in capo un tocco.
Scelse colori oscuri pensando «questo zazzerone[41] di Niccolò, mi
troverà più a suo modo così.» Quando fu rivestito, legò tutte insieme
le sue armi, dicendo avrebbe mandato per esse, e mentre attendeva
ad assettarle, venne appiccando ragionamento col sarto per veder di
scoprire dove messer Benedetto si riparasse, che non avrebbe voluto
entrargli in casa così alla scoperta, ma neppur s'arrischiava domandar
di lui direttamente; perciò, dopo un lungo giro di parole, compose
una sua novella, che veniva di Bologna per una lite che gli era mossa
da certi mercanti, e gli conveniva cercar di un dottor di legge per
consiglio, e pregava finalmente il sarto se ne conoscesse alcuno
valente glielo insegnasse. Questi, come Troilo sperava, propose tra
primi Messer Benedetto, e disse che se non lo trovasse in casa, era
sicuro incontrarlo alla stamperia del Giunta, in faccia alle scalere
di Badìa[42], o all'osteria del Porco, o in sulla bottega di Benvenuto
Orafo in Mercato nuovo.
Troilo vi si condusse, e trovò sulla porta molti giovani ed omaccioni
tutti della milizia dei quartieri, che ogni giorno vi praticavano,
dilettandosi di veder lavorare il Cellini, ed intrattenendosi con esso,
chè s'era messo in ordine anch'egli sotto il suo gonfalone, e diceva
tante gran cose, che pareva volesse egli solo ingojarsi l'esercito
imperiale. Quando Troilo vi capitò, era tra loro un gran bisbiglio,
perchè Benvenuto s'era partito di nascosto d'ognuno e correva voce
fosse tornato a Roma. Chi diceva che bisognava farlo raggiungere,
chi voleva gli fosser saccheggiate le sue robe, altri gridava «E'
converrebbe impiccarlo» ed i più, concordavano che si dovesse bandire;
questo subuglio venne a proposito per Troilo, che vide messer Benedetto
tra costoro, e potè accostarsegli senza che alcuno ponesse mente al
fatto suo. Fattosegli dappresso, disse, guardando il cielo: «Domani
pioverà» (era accordo fatto tra il Valori e messer Benedetto, che
questa frase servisse a fargli riconoscere coloro che venivano da parte
del primo, e de' quali potea fidarsi) messer Benedetto si scosse a
queste parole e gli venne in mente fosse Troilo appunto, che da molti
giorni aspettava: guardandolo attentamente gli parve ravvisarlo, chè
non s'era imbattuto più in lui da molti anni, ed anche allora non lo
avea conosciuto se non di veduta.
Trattosi seco un po' in disparte, e saputo ch'egli era desso, gli
diceva:
--Non è bene che noi pratichiamo insieme.... ma per poterci parlare
sicuramente ti farai scrivere tra' fratelli della buca di S.
Girolamo[43]: io vi vo ogni sabato ed ogni vigilia di festa: per
riconoscerci, che tutti colà siamo col viso coperto dal cappuccio,
avverti ch'io farò un segno di croce colla mano nuda e mi metterò il
guanto tossendo tre volte: tu mi ti accosterai dicendo «egli è freddo.»
Ora scostati, e se mai c'incontreremo in luogo pubblico, non far le
viste di conoscermi.--
Troilo gli diede la lettera di Baccio e senz'altra parola si separarono.
Messer Benedetto, cui tardava leggerla, corse a casa, si chiuse nel suo
scrittojo a pian terreno, ed apertala, trovò che dapprima l'ammoniva
star cogli occhi addosso a Troilo, il quale di carattere leggiero e
facile a lasciarsi aggirare, correva rischio di venir sottomesso, e
forse mutato dall'autorità di Niccolò; gl'indicava poi la traccia da
seguirsi d'accordo con Troilo pel vantaggio generale della parte, e
finiva colle seguenti parole: «E quando la città sia in mano nostra,
che o prima o poi lo sarà, senza manco nessuno, lascio a voi la cura
che Niccolò non ci possa fuggire: e non dico altro, ch'io so a chi lo
raccomando.»
--Non dubitare!--Disse il Nobili buttando la lettera sotto il
camminetto ed osservando che tutta venisse ridotta in cenere.
--L'odio ch'egli avea contro Niccolò era nato molti anni addietro
da questa occasione: esercitando, messer Benedetto, non so che
magistrato, ebbe voce di non aver serbato le mani nette. Niccolò, al
quale era noto non esser quest'accusa senza fondamento, udendolo in
una pratica scagliarsi con troppo aspre parole contro un cittadino
caduto nel medesimo sospetto, lo riprese dicendogli «che a volersi far
tanto sicuramente accusatore altrui conveniva esser puro.» Il Nobili,
che sapeva di non esserlo, tacque, ma se la legò al dito: e da quel
simulatore grandissimo ch'egli era, seppe far tanto che, rappacificato
seco Niccolò, lo persuase a prestargli molte migliaja di scudi, coi
quali potè dar sesto alle cose sue, e turar la bocca a chi l'accusava.
Per mostrarsi grato, a uso dei ribaldi pari suoi, cercava ora la rovina
di Niccolò, non tanto per rubargli quei danari ch'egli aveva di suo,
quanto colla speranza d'ottenere, giungendo allo stato i Palleschi,
parte delle sue spoglie, e forse tutte: chè finito l'assedio, costoro
patteggiarono insieme gli esilii e le morti, ognuno de' proprj nemici,
nel modo istesso che Ottavio, Antonio e Lepido usarono al loro ritrovo
nell'isola del Reno.
Troilo intanto se n'era tornato a casa per aspettar l'ora d'andar
a S. Marco e levar Fra Benedetto e condursi tutti di compagnia a
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