Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 34

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più che non si scrive). Ed ora vi abbiam veduto piangere.... e noi non
possiamo vedervi piangere.... e vo' avete a star di buona voglia.... e
non avete a piangere.... che no' siam qui noi.... e ci avete a mettere
dove voi vorrete.... e far di noi quel che voi vorrete.... e finchè c'è
vita... finchè di noi ce n'è un pezzetto come l'orecchia... vedete,
messer Niccolò, no' siam tutti presti a ogni vostra volontà, ma state
su.... via.... rasciugatevi quegli occhi benedetti.... fatevi veder col
viso un po' contento.... e allora sapremo che ci avete perdonato, che
non siete adirato con esso noi.... Oh! perdonateci, messer Niccolò,
perdonateci.--
E tutti a stender verso lui le braccia ed a gridare:--Perdono,
perdono!--


CAPITOLO XXXI.

--Perdono! disse Niccolò pieno il volto d'una pietà tenera e
malinconica, e di qual colpa v'ho io a conceder perdono, poveri
figliuoli miei?... Ah! no.... non è vostra la colpa, ma de' vostri
rettori, di quelli che vi dovean difendere e v'hanno abbandonati....
Non avete risposto alle mie parole! Che v'era a rispondere? Ah! lo
vedo, lo conosco anch'io che per noi non v'è più rimedio, che siam
condannati da Dio.... s'io vi parlava a quel modo, egli è perchè non
si può veder disperse le speranze e le fatiche di tutta la vita,
non si può veder la patria oppressa, caduta a mano de' nemici e
de' traditori, e rimaner muti, coll'occhio asciutto.... ma lo so,
lo so, figliuoli; che potete far voi oramai per impedirlo! Chi può
opporsi, chi può sottrarsi al giudizio di Dio? E questo giudizio è
oramai chiaro ed aperto. Egli ci mandò il suo profeta, come lo mandò
ai Niniviti: quelli si convertirono e furon salvi.... noi ci siam
indurati nel peccato, abbiam morto il profeta, dovevam capitar male,
è giusto! _Justus es Domine, et rectum judicium tuum_. E poi dicono
ch'egli ci aveva ingannati! Noi sciagurati c'ingannammo! ch'egli ci
avea ben promesso misericordia, ma a patto di rivolgerci a Dio, e
lasciar gli abbominevoli vizj. L'abbiam noi fatto?.... Ora, figliuoli
miei, alzatevi, tornate alle case vostre, andate, che Iddio vi benedica
mille volte. Questa sarà forse l'ultima che noi ci vediamo, s'io
in nulla vi detti mai scandalo, s'io v'offesi in checchesia, siate
contenti perdonarmi; ricordatevi sempre di Niccolò, che v'ha amati
come figliuoli insino alla morte.... ricordatevi, se mai verranno per
Firenze giorni men tristi, che sempre può la patria risorgere, e sempre
si debbe esser parati per essa.... ricordatevi di Dio, che fu il nostro
principio e debbe esser il nostro unico fine, e pregatelo per l'anima
mia, pregatelo che mi faccia degno d'uscir di questa vita nella sua
santa grazia, e d'accettar virtuosamente quella morte che gli piacerà
mandarmi,.... avessi anco.... e così dovrà finire!.... avessi ad
incontrarla sotto la mannaja dei Palleschi....--
A queste parole, come allo scoppiar d'una mina, tutti que' popolani
ch'eran rimasti sin allora in ginocchio umili e cheti, si trovarono in
piedi, feroci e minacciosi, ed alzando al cielo le pugna, arrotando
i denti e fremendo, giuravano morir tutti in difesa di Niccolò; ed il
Bozza, alzando la voce sopra ogni altro, gridava....
--No, siam qui noi!.... e prima che vi si torca un capello.... di
quanti siam qui, e di mezzo Firenze, se n'ha a far tonnina!....--
Niccolò, accennando colle mani levate, acchetò di nuovo questo rumore,
poi disse:
--Io vi ringrazio figliuoli.... vi ringrazio, e sa Dio con che
cuore!.... ma s'io non istimo che abbiate a metter la vita vostra a
rischio per l'utile della città, pensate s'io vorrei che per l'utile
mio!... Dio non lo voglia!.... ora andate e pregate per me, come io
pregherò per voi.--
A Troilo, che in tutti quei contrasti non s'era mai mosso, nè avea mai
aperto bocca, parve allora esser giunto il momento che faceva pel suo
disegno, e venuto avanti, disse, risoluto ed ardito:
--Messer Niccolò, cittadini! ascoltatemi, m'è venuto un pensiero....
una speranza ancor ci rimane!....--
Si volsero tutti a queste parole, guardandolo fisso, che nessuno se
l'aspettava in quel momento, e molto meno da Troilo; ed esso:
--Sì, ci rimane aperta una via!.... dubbia.... difficile.... è vero....
ma noi siam ridotti in termini che l'audacia.... la temerità può
nominarsi prudenza. Ditemi? Chi tiene il piè sul collo a Firenze?
chi la tiene ormai vinta in sua potestà, che non può più far difesa?
l'esercito imperiale. Sperar d'assaltarlo e di romperlo colle forze
d'una città sbigottita e divisa!.... Pazzie! Ma e se v'insegnassi il
modo di disfarlo coll'armi sue proprie? E questo modo, viva Dio! io
spero averlo trovato.--
Niccolò gettò le braccia al collo del traditore, e questi, ricevuto
modestamente quell'abbraccio, seguitava:
--Voi sapete di quante nazioni sia composto il campo, e quanti odii,
e gelosie, e risse sian tra loro tutto giorno.... io che, pur troppo!
combattevo con essi contro questa infelice patria, conosco un per uno
que' colonnelli italiani ed i loro capitani, e mille volte gli ho uditi
maledir la fortuna che li condannava combatter a pro de' Forestieri
contro quelli della loro nazione. Ora è nato un caso.... l'ho saputo
stasera.... che potrebbe mirabilmente ajutare il mio disegno. Alcuni
fanti spagnoli hanno morto due italiani per rubarli, e gittatili in
un pozzo: e le bande del Vitelli hanno fatto altrettanto per vendetta
a parecchi spagnoli.... gli uni e gli altri stanno ora coll'animo
sollevato, e pronti ad ogni momento a venirne alle mani.... gl'italiani
soli saranno più deboli del resto del campo, ma se ci accosteremo
a loro, saranno più forti, e potremo metterlo in rotta, e rimaner
padroni noi di Firenze.... e dove sul principio succeda prosperamente
la cosa.... si leverà tutto il popolo.... e non avremo a temere di
Malatesta, forte soltanto finchè il campo è intero e può fargli
spalla....--
Niccolò non potè aver tanta pazienza che lo lasciasse finir di dire,
ed alzando la voce esclamava:
--Egli dice il vero!.... chi potea pensare!.... Dio ti benedica,
figliuolo!.... tu sei la salute nostra...--
E Fanfulla, sorridendo con compiacenza, soggiungeva:
--E' non l'ha pensata male, sapete! e Lamberto ed i figliuoli di
Niccolò, e poi a mano a mano tutti i frati, stringendosi intorno a
Troilo, e discorrendo sul suo disegno, e, per dir così, volgendolo
e rivolgendolo per tutti i versi, lo venivan sempre maggiormente
approvando, e si capacitavano che fosse, se non d'esito sicuro, almeno
tale da restare ancora bastante probabilità per non doversi lasciare
intentato.
Così risolutisi affatto, ed abbracciandosi gli uni gli altri, e
rallegrandosi insieme, ordinarono di porsi all'opera senz'altro
indugio, chè cessato il temporale, e sgombratosi il cielo d'ogni
nube, appariva già la prim'alba, rischiarando placida e serena tutto
l'oriente; e non era da perder tempo.
--Prima di moversi, disse Niccolò a Fra Zaccaria, siete contento dirci
la messa, chè da Dio s'ha a cominciare se vogliam che ci ajuti.--
Andò il frate in sagrestia, e poco stante tornò parato, ed incominciò
la messa, che tutti udirono taciti e con quel fervor di preghiere che
eccita l'imminenza de' grandissimi pericoli. Ma Troilo intanto; che
era inginocchiato cogli altri e stava in apparenza tutto divoto e
raccolto, veniva tra se dicendo:
--Ora dunque s'andrà difilato in campo.... ci azzufferemo
senz'altro.... E Baccio penserà, cred'io, a trarmi d'impaccio, com'io
penso a farmi frate!.... e come ho io a fare per avvertirlo di quanto
sta per accadere?.... e' bisogna ch'io trovi Michele ad ogni modo.--
Egli facea disegno sul suo servo. Quel tal Michele che trovammo, se il
lettor se ne rammenta, alla Torre del Gallo, e che rimasto in campo fin
ch'era durato l'assedio, s'era poi condotto in Firenze, e così istrutto
da Troilo, senza farsi vedere in casa i Lapi, s'andava raggirando
in modo che il suo padrone l'incontrasse assai sovente, ond'esser
sempre pronto ad un suo cenno, per tutti i fortuiti accidenti che mai
potessero nascere.
Finita la messa, tutti ricevettero la comunione, e Troilo cogli altri,
e tornando dall'altare, sotto colore di cercar un angolo appartato ove
potesse attendere, senza disturbi, alle sue divozioni, s'andò a porre
nello sfondo d'una cappella, e quivi, volgendo le spalle alla chiesa, e
tutto curvo, appoggiandosi ad una panca, trasse di seno un fogliolino
ed un pezzo di matita, dei quali s'era ad ogni evento provveduto, e
scrisse in fretta:
«Si va in campo a sollevar le bande italiane, e farle azzuffare contro
gli spagnoli; s'è tentato far movere le bande di città: e finalmente si
leverebbero al rumore: perchè state all'erta. Fate buona guardia alle
porte. Non vi scordate ch'io non ho modo nessuno ad uscir di mezzo a
costoro se voi non m'ajutate.»
Piegato il fogliolino, e postoselo nella manica, pensò: «all'uscir di
qui, Michele si lascerà vedere, e potrò mandarlo a Baccio.»
Niccolò intanto, finite le sue orazioni, s'era rizzato, e, raccolti
intorno a se i circostanti, tenne loro un breve discorso, quale voleva
la strettezza del tempo e l'importanza del caso. Le fatiche, le
inquietudini, la veglia più di tutto di quella notte, aveano esauste
le forze del povero vecchio; si sentiva incapace, per quanta volontà
n'avesse, d'andar cogli altri a quest'ultima impresa: il pensiero di
sè e del pericolo cui s'esponeva non sarebbe sicuramente bastato a
rattenerlo, ove pensasse di poter giovare in alcun modo; ma conosceva
ch'egli, invece d'ajuto, sarebbe stato d'impaccio a' giovani, i quali
avrebbero avuto che fare assai a pensar a loro stessi, senza dover di
giunta pensare a lui.
--Andate, disse alla fine abbracciandoli l'un dopo l'altro, andate, chè
s'io non posso accompagnarvi colla persona, sarò con voi col cuore,
colle preghiere; e chi di voi non vedrò più in questo mondo lo vedrò in
cielo....--
Mentre diceva queste parole era venuta per Bindo la sua volta
d'abbracciar il padre: corse alla mente del vecchio un tristo presagio
(chi può non curarli in certi momenti?).... Pensò: «Fosse appunto
questo fanciullo ch'io non dovessi riveder più se non in Cielo!....»
Niccolò si fece forza più che umana per rattenere e divorar le lagrime
che stavan per isgorgargli, conobbe quanto importasse mostrarsi forte
a quel punto, e, posto sotto i piedi ogni altro affetto, disse, colla
fronte alta e stendendo le mani verso i suoi figli:
--Oh Firenze! Oh patria! null'altro mi rimane fuorchè codeste vite!....
io te le dono.....--
Dette le quali parole si lasciò cader seduto; si coperse gli occhi
colle mani, e rimase un momento quasi fuor di sè, e presso a
soccombere a così terribili e replicate scosse: un ronzìo confuso gli
suonava nell'orecchio, e sentendosi affievolire e vacillare le virtù
dell'intelletto, non sapea ben discernere se fosse quello un sogno,
o se udisse veramente i passi e lo strepito de' suoi figliuoli e del
popolo che usciva di chiesa.
Dopo un buon poco, ripresi alquanto gli spiriti, aprì gli occhi, si
guardò intorno: avea accanto Fra Zaccaria ed alcuni pochi frati che
oravano; e tutti gli altri se n'erano andati.
Venuti questi nel chiostro, e prima d'uscir sulla piazza, disse Troilo:
--Tutta l'importanza sta nel poterci condurre salvi agli alloggiamenti:
e sebbene alle porte non s'usi troppo rigore, e si lascian assai
liberamente comunicare i cittadini col campo, pure io stimo non
usciamo di qui tutti in frotta.... ciò potrebbe dar sospetto... ma
a due, a tre insieme; e 'l ritrovo sia Giramonte, ove alloggia il
signor Alessandro Vitelli.... nelle sue bande, come vi dissi, è nato
lo scandalo, incominciam da loro.... Ora lasciatemi uscir solo sulla
piazza, tanto per veder se di verso i Servi, o di via Larga, s'ha a
temere impedimento nessuno.... Io do un po' di volta qui attorno, e son
qua in un baleno.--
--Troilo uscì, ed Averardo, guardandogli dietro:
--Chi m'avesse detto che costui dovea diventar de' nostri, gli avrei
risposto: tu te ne menti!... Oh, vedi ora ch'egli è più infiammato di
tutti!....--
--Oh! non ve lo dicevo io? esclamò Bindo; egli era traviato dalle male
pratiche, da amici ribaldi.... ma in sostanza è un bravo giovane.... e
poi, ora le opere sue le vediamo... Mentre costoro, con parole ancor
più diffuse che non si scrivono, portavano a cielo quel ribaldo, egli,
uscito in piazza, la trovò deserta, se non che volgendo l'occhio in
giro, scórse di dietro il canto di via della Sapienza, proprio al
filo dello spigolo, uscir il terzo d'un volto, in modo che si vedeva
soltanto un occhio ed un po' di naso. Si drizzò a quella parte, e
trovò dietro il canto appiattato il suo servo. Gli mise in mano il
fogliolino, dicendogli prestamente:
--Corri con quanto n'hai nelle gambe e portalo a Baccio.... e digli....
ma tienlo ben a mente!... che io uscirò di porta s. Giorgio tra
mezz'ora.... e gli serva di regola.... ora corri, e se non giungessi
in tempo, cercati d'un altro mondo.... tu m'hai inteso, io non
motteggio!--
Il servo, che conosceva con chi aveva a che fare, la diede a gambe, ed
in un momento non si vide più: e Troilo si venne trattenendo, quanto
gli fu possibile, per dar campo a Michele di giungere, e non tanto che
potesse dar sospetto ai suoi; ed alla fine, rientrato in convento,
disse, per guadagnar qualche altro minuto:
--Ho veduto certi soldati venir su per via del Cocomero.... andranno
a metter le guardie.... aspettiamo un altro poco. Alla fine, quando
gli parve tempo, cominciarono a tre, a quattro per volta ad uscire,
combinando tra loro, che ogni compagnia tenesse una strada diversa.
Troilo in varj modi destramente ottenne d'esser degli ultimi, e
finalmente uscì anch'esso con Bindo e Fanfulla, e per la piazza e la
via de' Servi si drizzarono verso P.ª s. Giorgio. Passato ponte alle
Grazie, presero sopra la via del Bardi su per la costa, e Troilo, che
aveva scelto uscir da quella porta, la più lontana di tutte, per dar
tempo a Baccio d'ajutarlo in qualche modo, veniva fra se almanaccando
sul modo appunto che quegli avesse a scegliere, non senza qualche
sospetto, che dopo averlo messo in quest'impaccio non lasciasse poi a
lui il pensiero d'uscirne come potesse.
Ma il Valori avea ancora bisogno di lui, e però non l'aveva
abbandonato. Mentre costoro venivano salendo, senza incontrar persona,
chè appena usciva il sole di dietro le colline di Vallombrosa, e Troilo
veniva gettando occhiate avanti e addietro aspettando qualche soccorso,
videro, ove la strada voltando un poco lascia scoprire porta s.
Giorgio, venirsi incontro un frate minore, che mostrando d'oltrepassare
senza curarsi di loro, e poi, a un tratto fermandosi, coll'atto di chi
raffigura qualcuno, disse:
--Oh! voi qui messer Troilo? E dove andate voi?--
Troilo non conosceva il frate, ma gli venne tosto in mente fosse
mandato da Baccio, e si dispose secondarlo.
--E voi, Padre, di dove ne venite?--
--Vengo dal campo.... già sapete, l'abito di s. Francesco ripara meglio
che un giaco, e con esso si può andar sicuri.... ma voi, non andresti
mai in campo, eh?....--
--E s'io vi volessi andare?
--Che Iddio ve ne scampi... E levatevi di qui il più presto che voi
potete.... e di Firenze ancora, chè sarà meglio.... Non sapete? Il sig.
D. Ferrante v'ha posto addosso 400 fiorini di taglia, per vendicarsi
che avete combattuto co' Fiorentini.... E ora appunto, qui fuori la
porta, son passato per mezzo una compagnia di lanzi, che mostrano
conoscervi di persona, e dicono, che se v'incontrano v'hanno a tagliar
a pezzi.--
Troilo, per far un po' di commedia, ringraziò il frate, mostrando
voler pur passare innanzi, ma costui lo prese pe' panni affermando,
che in nessun modo non lo lascerebbe andare ad una inevitabil morte; e
Fanfulla e Biado, conoscendo che non conveniva attaccar una mischia
e levar il rumore nel campo, mentre s'apparecchiavano a cosa di tanta
importanza, e che ad ogni modo non avrebber potuto bastar essi soli a
campar il loro compagno, lo persuasero tornasse addietro, e Fanfulla,
tiratolo in disparte, tanto che il frate non lo udisse, gli diceva:
--Va, va, che anche in Firenze ci potrai ajutare... parlando ai
soldati, com'ho fatt'io jeri, e persuadendoli, quando sentano attaccata
la mischia, ad uscir fuori, ed in mezzo a loro non avrai paura dei
lanzi.--
E senza voler udir altro, voltogli le spalle, e' se n'andò con Bindo,
mentre Troilo, ridendo in cuor suo, scendeva di nuovo la costa in
compagnia del frate.
Fanfulla dunque col giovanetto, tirando innanzi verso la porta, diceva
il primo:
--Fortuna che s'è incontrato codesto par di zoccoli... se non era lui,
Dio sa che diavoleto nasceva!... e in questi casi, un nulla basta a
rovinar un'impresa.--
Porta s. Giorgio era tenuta da una grossa guardia, di cui Malatesta si
potea fidare, e che non impediva ai cittadini di comunicare col campo,
come dicemmo, meno però le ore della notte. Fanfulla venne riconosciuto
e salutato da parecchi di quei soldati, e mentre varcava la soglia
sotto il voltone massiccio, che ancora in oggi si vede, chi gliene
diceva una, e chi un'altra.
--Oh, ecco Fanfulla!--Ben levato Fra Bombarda!--Dove si va così per
tempo! ec. ec.--
E egli, senza fermarsi, e salutando colla mano:
--Andiamo a vedere certi amici del campo, ora ch'è aperta la gabbia....
Addio, addio, ci rivedremo, cristiani, se piace a Dio e alla
Madonna!...--
E via senz'aspettar risposta.
Se il nostro lettore fu mai a Firenze, se gli accadde andarsene a
spasso fuor di questa porta, d'onde ora uscivano Bindo e Fanfulla,
si ricorderà, che dal piede delle mura di Firenze, guardando verso
mezzodì, si vedono sorgere a gradi quelle bellissime colline ondulate
così gentilmente sulle cime, sparse di foltissimi uliveti, di filari
di vigna frapposti, parte verdeggianti, parte d'un color grigio-perla,
simile a quello del salcio; ricorderà quelle casucce, quelle villette,
che bianche e pulite fan capolino tra gli ulivi, e mettono cotanta
invidia a chi le vede, tanto più se a caso stia in qualche tristo
pensiero, e ruminando i suoi guai, quasi non dovessero essi penetrare
tra quelle mura, sotto quelle ombre tranquille!.... e pur chi sa quanti
ve ne sono anche costì!.... ricorderà insomma l'aspetto placido e
ridente di codesta contrada, variata com'è varia la natura, ma insieme
accurata come un giardino... Or bene, all'epoca della nostra storia,
dopo undici mesi che era in mano de' nemici, tutta quella bellezza
era cambiata in una landa desolata, nuda e fangosa; non più traccia
di siepi o di divisione alcuna tra poderi, le viti sbarbate, rotte,
peste e sotterrate; gli ulivi tagliati al pedale per farne legna, o,
se pur qualcuno ne rimaneva qua e là ad attestare l'antica ricchezza,
eran tronchi, o quasi fusti informi, senza rami, pieni d'intaccature,
e traforati dalle palle dell'artigliera. Smosso e solcato da queste
in varii luoghi vedevasi il terreno, non men che dall'acque de'
temporali. Tale era l'aspetto del suolo tra le mura e le trincee, che
simili ad una zona cingevano il poggio a mezza costa sotto Giramonte, e
consistevano in un fosso, dietro il quale s'alzava un terrapieno armato
di stecconi e forato da cannoniere.
Mentre Bindo e Fanfulla si dirizzavano verso un seno del poggio ov'era
una dell'entrate dal campo, già si poterono accorgere che v'accadeva
o vi si preparava qualche cosa di straordinario del sordo mormorìo
che n'usciva, dal chiamarsi, dal correr de' soldati per le vie che
rimanevan tra le file dei padiglioni, delle trabacche, e lungo le
trincere, chè giacendo l'alloggiamento sul pendìo del poggio, si poteva
coll'occhio abbracciar tutto quanto, e vi si Vedeva quell'intimo ed
incomposto rimescolamento che appare in un formicajo, ove in qualche
modo si metta il disordine.
Entrati alla fine nel campo, e seguitando a salire per giungere
sull'eminenza ove siede Giramonte, passavan tra le tende e le baracche
costrutte in cento modi, d'assi, di graticci, di stoppie o di mota,
come meglio era venuto fatto a chi v'avea avuto a passar tanti mesi,
e s'era ingegnato procurarsi alla meglio qualche comodità: alcune,
le più fiacche, mezzo rovesciate dal turbine della notte, giacean
tutte arruffate, tutte ispide e piene di pali contorti o schiantati,
di stecchi, di cannucce fradicie e ancora stillanti d'acqua piovana;
sovra molte eran distesi panni onde asciugarli ai raggi del sole, o
v'erano appiccati arnesi da guerra, che i ragazzi ed i famigli venivan
racconciando e forbendo frettolosi, punzecchiati da' loro padroni, chè
aveano furia di vestirsene. Tra questi famigli, molti, colle lunghe
capigliature, colla forma del petto e de' fianchi tradivan l'abito
virile che avean indosso. Eran donne e donzelle (in quel tempo ne'
campi ne accadeva di tutte le razze) o rapite nel sacco di qualche
terra e da un padrone rozzo e bestiale ridotte ai più bassi uffici, o
che, sedotte ed innamorate, eran fuggite di casa con qualche soldato,
il quale, sazio oramai di loro, le soffriva, a patto soltanto di
tenerle in conto di garzoni, ed esserne servito[67].
Tratto tratto trovavan tettoje o frascati sotto i quali i vivandieri
e canovaj facean la cucina e vendevan vino: un qualche fanciullaccio
sudicio e bisunto, attendeva a volgere lunghi spiedi innanzi al fuoco
sul quale insieme bollivano grandissimi pajuoli. A certe tavolacce
lunghe e mal composte, od usando botti rizzate a guisa di mense, eran
soldati sollecitando finire gli ultimi bocconi, per unirsi a quelli
che alla rinfusa concorrevano a Giramonte; s'udiva gridare, ridere,
sganasciare. S'udiva il parlar alto e concitato di cento voci, ora
grosse e sonore, ora rauche, ora stridule; ed ognuno voleva dir la sua
sul fatto degli spagnoli: ma chi potea ritrarre il senso d'una sola
parola in quel confuso fracasso, accresciuto, ora dall'abbajar d'un
cane, ora da un tamburino, che per prova, veniva battendo la cassa, ora
da qualche majale, che legato per una zampa di dietro ad uno stilo si
veniva ravvolgendo a saltellone stiracchiando la fune, ed empiendo il
cielo d'acuti e maladetti grugniti?
Fanfulla e Bindo, seguitando a salire tra gente e gente, e notando,
tutti allegri, la buona disposizione di costoro a sollevarsi e menar
le mani, giunsero finalmente sullo spazzo ov'è posta la villa di
Giramonte; luogo piano, assai ben largo, donde si scopre tutta Firenze,
i monti di Fiesole e il val d'Arno da' poggi dell'Incontro a quelli
d'Artimino. Quivi, sul ciglio che guarda in città, era una batteria di
ventiquattro pezzi, tra cannoni, sagri e columbrine, separati da grossi
gabbioni di vinchi, pieni di sassi e di terra; quivi era più che mai
stretta ed accalcata la folla de' soldati, de' quali eran pur piene le
finestre della villa; ve n' era sul carriaggio che serviva pel bagaglio
della banda, e stava in fila lungo i muri della casa; ve n'era sulle
artiglierie, su' gabbioni, su tutti i luoghi alti, e stavano tutti
intenti ad udire Lamberto, che salito medesimamente su un gabbione
parlava con voce alta, gestir pronto ed infiammato, e quando i due
giunsero a portata della sua voce, diceva, terminando una frase della
quale non avean udito il principio:
--.... de' vostri compagni che que' marrani hanno assassinati! Vendetta
di loro soltanto! di tutta la nostra nazione che hanno assassinata, ed
assassinano tutto giorno in mille modi, di essa s'ha a far vendetta, e
liberarci una volta da codesti ladroni!... Ma ditemi, perdio!... s'io
non dico il vero buttatemi giù di questa trincea... ditemi! andiamo
noi nei paesi loro a vivere a discrezione, a rubarli, a vituperar le
loro donne, a scannarli, a sollevarli con mille trappole, e metterli
in discordia gli uni contro gli altri, come s'aizzano i mastini pel
gusto di vederli sbranarsi? E loro invece sempre qui! ora con una
scusa, ora con un'altra, ora per mare, ora per terra... ogni momento,
che è, che non è? una truppa di questi ribaldi, miseri, scalzi, morti
di fame, che hanno bisogno di rifarsi.... dove s'ha a andare? In
Italia! andiamo, col nome di Dio! In Italia! Ma per Cristo, la terra
dove siam nati, dove son sepolti i nostri padri, è roba rubata? è roba
del comune?.... Iddio, che ad ogni popolo ha dato tanta terra che ci
potesse vivere e morire in pace... ove potesse seminare e mietere....
ha egli detto: questa sola sia di chi la vuole, di chi se la prende,
sia di tutti, e vi possa raccogliere chi non vi ha arato? Siam forse
maladetti da Dio? siamo bastardi? siamo bestie?.... Lo volete sapere?
senza avvertirlo, ve l'ho detto io quello che siamo! Siamo bestie, e
peggio che bestie! chè anco i bruti, se si voglia disturbarli nella
loro tana, si difendono e adoprano l'ugna e 'l dente, e non badano se
'l nemico sia maggior di loro.... e non potranno gli uomini far almeno
altrettanto?.... E non mi vengan a dire che son più valenti di noi! Gli
uomini son tutti compagni, e solo i cattivi ordini, le male usanze li
corrompono e li rendon diversi.... e in prova, quante volte s'è avuto
a far con loro a buona guerra, corpo a corpo, chi n'ha toccate? loro o
noi? ed eccola...--(Disse accennando Fanfulla, che avea scorto nella
folla).
--Ecco là.... s'io dico bugia, mi dica bugiardo....--
Tutti i visi si volsero a veder con chi parlava, ed egli:
--Fanfulla, che era de' tredici di Barletta, lo dica egli.... come
andò la cosa? Chi vinse?... e per combatter que' tredici francesi, si
mando forse un bando per tutta Italia per venire i più valenti? i più
arditi? S'aspettò d'aver raccolti uomini più grandi e grossi che non
erano i nemici? si misero due contr'uno?.... tredici loro, tredici
noi; quelli che si trovaron sotto mano ne' due campi.... si scelse i
migliori, è vero.... ma scelsero i migliori anch'essi. E chi visse?
torno a dire.... Non son più valenti dunque, ma più astuti.... o per
dir meglio, essi son tristi ed astuti, chè sanno seminar la discordia
tra noi e consumarci colle nostre armi medesime.--
Ma che sciagurato furore, che maladetta peste è mai questa? qual
demonio dell'inferno ci saetta ne' cuori il suo veleno, che sempre
tra noi ci abbiamo a lacerare! tra noi fratelli! tra noi d'un istesso
sangue, d'un'istessa lingua, d'un'istessa famiglia! E una città
coll'altra, o coll'armi, o colle frodi e co' maneggi, e sempre in ogni
modo, pensare a nuocerci e a rovinarci tra noi?.... e beato chi ci
riesce, e' gli sembra un gran bel fatto.... e quando non posson farci
del male.... affinchè almeno non se ne perda la volontà, e l'odio si
mantenga vivo.... ad offenderci con parole, con nomi ingiuriosi.... e
chiamar i Pisani traditori; i Fiorentini ciechi, i Sanesi pazzi, e che
so io? e non solo tra città e città, tra stato e stato, ma ogni terra,
ogni casale, ogni villa a voler male alla sua vicina, offenderla,
ingiuriarla, odiarla almeno, se altro non può?--
E, stese in giù le mani accennando la città sottoposta, proseguiva:
--Ed ecco qui un esempio fresco fresco!.... Firenze, che era libera,
ricca, felice; ch'era l'onore, la gloria d'Italia, madre di tanto
senno, di tante virtù e d'ogni bell' arte.... questo bastardo papa
dice un giorno: _Firenze ha ad esser mia_... la prima cosa.... al
solito!.... chiamar questi spagnoli, questi ladroni ad ajutarlo!....
Pensate se aspettano la seconda parola!.... Figuratevi se corrono!....
Si tratta di saccheggiar Firenze!.... E che fanno intanto le altre
città? che fa Venezia, Siena, Genova?.... Venezia fa la sua brava pace
coll'imperadore, rinnega le sue promesse, e sta a vedere.... Siena,
manda perfino artiglierie che ajutino disfar la sua vicina....--
E guardando una lunga colubrina che avea dappresso, e percuotendola col
piede in atto d'ira e di dispregio, gridava:
--E questi pezzi, che vorrei farne polvere co' calci, non son essi de'
Sanesi? non son essi armi italiane? E voi, voi, compagni miei!....
Lasciatevelo dire, perdio! e non v'adirate.... voi non siete tutti
italiani? non avete voi ajutata la rovina di questa nobilissima
terra.... e qual profitto n'avete, ora che ve la vedete a' piedi
schiava, povera, vituperata?.... Cento disagi e cento ferite, e quella
misera fecciosa paga, se pur riuscirete a toccarla. E i tesori, e
'l potere, a chi? a questi ladroni.... i quali soprammercato ci
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