Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 24

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non fosse morto nella battaglia, che le potesse riuscire ancora di
ritrovarlo, e questa speranza fu per essa la miglior medicina.
Per quanto cercasse informarsi dai soldati, dai viandanti che passavan
di Gaeta, giammai le venne fatto d'udir parola che la togliesse a
tanta incertezza, o le potesse dar indizio dove fosse capitato: e
quando qualcun di nuovo le veniva innanzi, e dopo averlo interrogato si
trovava un'altra volta delusa nelle sue speranze, la poveretta ripetea
sospirando:
--Me l'hanno ammazzato!....--
Alla fine, sentendosi forte assai bene, tolse una mattina commiato
da chi tanto amorevolmente l'aveva soccorsa, e sola, a piede, con un
bastoncello, e senz'altro bene che que' pochi panni che aveva indosso,
e certi danari donatile da que' suoi benefattori, prese animosa per le
gole d'Itri la via di Roma. Avea udito dell'assedio che s'era stretto
intorno a Firenze. «S'egli è vivo, vi sarà anch'esso» diceva «s'egli
non v'è.... sarà segno ch'io posso oramai uscir di vita.... ma almeno
morrò ov'egli è nato, sull'uscio di casa sua.... questa consolazione
almeno me la lasceranno?.... Oh Dio! fa che non passi allora qualcuno
che mi riconosca e dica: costei è Selvaggia la cortigiana, che forse
sarei cacciata anche di là....»--
In cotali pensieri, variando continuamente supposizioni e progetti,
veniva camminando tacita e sola. Le due prime giornate fece di molte
miglia, poi le sue ferite le principiarono di nuovo a dolere, e dovette
riposarsi a lungo e più sovente. Passò Terracina, le paludi, i colli di
Velletri e d'Albano, battuta ora dalle piogge d'autunno, ora sfinita
dalla stanchezza, ora trafitte le membra da acuti dolori, ma sempre
soccorsa dalla speranza, portata dal desiderio di Firenze, ove dovea
trovar fine alla lunga e travagliosa incertezza. Dopo dieci giorni di
viaggio entrò una sera in Roma per porta S. Giovanni. Vi si trattenne
alcuni giorni per riprender un po' di forza, e poi di nuovo avanti, e
per Viterbo, Radicofani e Siena, dopo un mese, dacchè avea lasciato
Gaeta, giunse finalmente alle porte di Firenze.
Entrata in porta S. Gallo (avea dovuto, lasciando la via diritta,
condursi quivi per un lungo circuito, onde evitare il campo imperiale),
si buttò a giacere sotto la vôlta stessa della porta, non tanto
per riposarsi, chè la sua ferrea complessione s'era più che altro
rafforzata nelle fatiche del viaggio, quanto per pensar al modo di
trovar Lamberto, chè in una città così vasta, ove non era mai stata,
piena di tanti soldati e tanto popolo, conosceva la cosa non molto
agevole. Egli è soldato, pensava; dunque, chiedendo del capitano che
comanda le milizie, di ragione, dovrei poterlo scoprire. Appiccato
ragionamento con alcuni di que' gabellieri, le fu detto che il capitano
de' Fiorentini era il sig. Malatesta Baglioni, signore di Perugia.
Si scosse a questo nome, e n'avea motivo, come vedremo più innanzi.
Rimase pensosa un pezzo; diceva alla fine: «Egli avrà seco mio
padre!... Mio padre qui?... e posso vederlo fra pochi momenti!»
E stette ancora un buon poco battagliando con sè stessa: poi a un
tratto alzandosi risoluta, disse: «Sarà forse pel mio meglio. Andiamo.»
E domandando agli uni e agli altri la sua via, giunse, che già era
fatto notte, al portone de' Serristori.
Maestro Barlaam frattanto era solo nel suo scrittojo, che dovremmo
piuttosto chiamare officina, essendo il luogo ove, coll'ajuto di due
fornelli e di gran quantità di pentole, alberelli, lambicchi e storte
componeva rimedii, stillava acque, che mantenevano o dovean mantenere
la vacillante salute del suo padrone. Il magro e misero carcame del
vecchio ebreo era avvolto nella classica _vesta da camera_, o robbone
di velluto logoro, foderato di pellicce; senza il quale, grazie ai
pittori e narratori di storie che ci precedettero, è impossibile di
figurarsi l'alchimista.
Egli aveva tutti i vizj delle razze lungamente perseguitate, ed insieme
quelle doti, direi quasi virtù, che loro concede la natura, onde
non rimangano affatto senza difesa contro i loro oppressori: avaro,
astutissimo, incapace di provar mai in nessun'occasione, o per chi si
sia, il senso della pietà e della compassione, senz'altra cura che di
sè stesso, senz'altra mira che il proprio interesse. Ma questo medesimo
concentrarsi di tutte le facoltà morali nelle stretta periferia
del suo solo individuo, l'avean dotato d'una mirabile rapidità di
concetto nell'ordire i suoi disegni, d'una tenacità imperturbabile
nell'eseguirli, e d'una prudenza calcolatrice, dissimulata e paziente
per rivolgere e guidare a' suoi fini gli uomini coi quali si trovava
aver che fare. La sua mente fredda, e lucidissima insieme, potea
paragonarsi ad una scacchiera, sulla quale le mosse sien rare,
ponderate, frutto d'un disegno impenetrabile e sicuro.
In tempi ove gli agi, i comodi, la sicurezza della vita erano il
frutto per lo più della nascita, dell'ardire e della forza materiale,
egli, privo di tutti questi doni, figlio, per soprappiù, d'una razza
sprezzata e maladetta, avea saputo coll'ingegno e coll'astuzia
procurarsi quei beni, che per altre vie gli venivan ricusati dalla
condizione sociale d'allora. Egli era giunto a sottomettersi Malatesta;
ed all'ombra della sua potenza viveva vilmente, è vero, ma ricco e
sicuro. Un momento di sdegno, un capriccio del suo padrone, potea però
fargli perder tutto, e la vita insieme: chè l'ebreo ben sapeva di non
essere amato, e che quelle carezze, que' riguardi che gli si usavano,
eran soltanto perchè si credeva non poter far senza di lui.
Conosceva Malatesta inclinato al sospetto, terribile nell'ira,
implacabile soprattutto nella vendetta; e, continuo studio della sua
vita era il mantener saldi ed interi i fili della rete in cui lo tenea
avviluppato, far che non se n'avvedesse, e lo tenesse invece per
servitore leale, affezionato, ed incapace mai di usar seco simulazione
o tradimento.
Mentr'egli seduto ad una tavola leggeva un Averoe manoscritto in carta
pecora, al lume d'una piccola lucerna, s'alzò la portiera dell'uscio
che metteva in cortile, ed un soldato entrando, disse:
--Maestro, v'è fuori un giovane che cerca di voi.--
E prima che il vecchio avesse tempo a rispondere, entrò Selvaggia, si
fermò sull'uscio, ed il soldato se n'andò pe' fatti suoi.
--Chi siete voi?--disse Barlaam stringendo le ciglia, e mettendo la
mano scarna tra i suoi occhi e la fiammella della lucerna per veder
meglio chi tanto sicuramente entrava senz'ambasciata.
Selvaggia soprastette un momento a rispondere. Provava un' indicibile
passione alla vista di chi era prima e scellerata origine di tutte le
sue sventure. Pure, venuta avanti lenta lenta, ed appoggiate le mani
alla tavola si lasciò guardare un momento, poi con sorriso amaro diceva:
--Ho mutato viso eh? dacchè m'avete venduta.... e con quello che ho al
presente sarei cattiva merce....--
Il vecchio allora la raffigurò, e senza che si potesse, dalla sua voce,
dal volto, da gesto nessuno trarre il menomo indizio dell'impressione
prodotta in lui da questa comparsa improvvisa, disse con impassibile
tranquillità:
--Ah!.... sei tu Selvaggia?
La giovane allora punta dalla freddezza di questo sciagurato, alzò
la fronte, intrecciò le braccia sul petto, e riprese con voce e modo
risoluto:
--Sì, son io. Ora ascoltatemi, maestro Barlaam: in tutti i giorni,
in tutte le ore trascorse in questi anni passati dal momento che mi
lasciaste sola quella notte.... in quella stanza con colui.... non v'è
mai nato in mente il pensiero «Dio m'avea data una figlia! Che n'ho
io fatto?» Non v'è mai accaduto essere destato nel sonno dalla sua
immagine? Non l'avete veduta vituperata, schernita, coperta d'oltraggi,
raminga di terra in terra? Non v'è mai venuto in mente il dubbio....
essa forse è nuda, forse ha fame, forse giace inferma, e non ha chi le
porga un sorso d'acqua? chi l'ajuti? ditemi, non l'avete provato mai un
momento di rimorso pensando agli immeritati dolori ch'essa soffriva per
cagion vostra?--
Selvaggia tacque un momento aspettando risposta, ma visto che il
padre, immobile ed impassibile, cogli occhi sul suo manoscritto, non
dava segno nessuno di voler parlare, proseguiva con passione sempre
crescente:
--E questa miseria, questi mali ch'io v'ho enumerati, credete voi che
siano stati i soli o i peggiori? Non vi nacque mai il sospetto, che
quest'infelice che voi condannavi al delitto, alla vergogna, avesse
forse invece sortito dalla natura un anima sdegnosa d'ogni viltà, un
cuore capace di virtù e d'amore? Che quest'amore potesse divenire un
giorno un bisogno per essa come l'aria che si respira? Che diventasse
il suo pensiero incessante, la sua vita, l'unico ed ardentissimo
suo desiderio? Che si trovasse per cagion vostra, incapace, indegna
d'ottenerlo, e morisse disperata maledicendovi? Ditemi.... non vi venne
mai questo pensiero?.... movetevi.... rispondetemi, per Dio!....--gridò
forsennata percuotendo sulla tavola co' pugni serrati.
--Io credo che tu abbi il diavolo addosso! disse il maestro arretrando
un poco il suo seggiolone, e mezzo insospettito non volesse costei
manometterlo. Simulando tuttavia sicurezza, proseguiva:
--Dimmi un poco, Selvaggia, chi credevi tu d'essere? la figlia di
qualche principe? Non lo sai che sei nata in terra di cristiani da
un ebreo mendico? che i ricchi, i signori hanno più stima de' loro
bracchi che de' figli della nostra razza? che questa vergogna che tu
vai dicendo non la potevi fuggire e v'eri destinata dall'utero di tua
madre? E perchè vivessi almeno negli agi io t'avevo data a chi ti
poteva far ricca e felice? E se tu non hai saputo governarti, se ti sei
fatta cacciar via, che colpa n'ho io? e che cosa vieni a rompermi il
capo con queste tue novellate e questi tuoi furori?--
--E chi v'avea detto ch'io avessi bisogno di viver negli agi? Chi
v'aveva domandato tesori? Non v'è altro bene che l'oro a questo mondo?--
--Orsù, Selvaggia, se tu seguiti a far la pazza a questo modo, con
un fischio fo venir qui quattro soldati che ti mettano in istrada, e
quando avrò detto ch'io non so chi tu sia, avrò detto tutto. Se invece
vorrai prender la buona via.... Se t'occorron danari....--
Ed un pronunziar più lento di quest'ultima frase lasciò conoscere
quanto costasse al vecchio avaro.
--Io non venni qui per danari, seguitava a gridar la Selvaggia,
mostrando nella voce e nella guardatura un'esaltazione sempre maggiore;
venni qui perchè ho l'inferno nel cuore.... perch'io non posso viver
senz'esso, perchè vo' rivederlo ad ogni costo... perchè spero ancora,
prima ch'io muoja, di trovar un cuore che non sia per me di bronzo!....
amore! oh, lo so, non è per la povera Selvaggia!.... Ma un po'
d'affetto.... oh! l'otterrò s'io ritrovo Lamberto....--
--Oh, insomma, disse Barlaam risoluto, stendendo la mano verso un
fischietto d'ottone che era sulla tavola, io non t'intendo....--
Selvaggia afferrò quella mano, e mutando a un tratto l'espressione,
quasi feroce, della sua fisonomia, disse con fredda e sinistra ironia:
--Non m'intendete? aspettate un momento, che io vi parlerò una lingua
che intenderete.... Se vi serve la memoria! (e fate che vi serva, chè
v'importa!) vi ricorderete che prima di vendermi a quell'uomo che
poi m'ebbe là in quel castello del Friuli.... m'avevate promessa a
Malatesta.... soldato allora de' Veneziani... egli era sui principii
e non troppo ricco... ed il prezzo ch'egli potea darvi era minore di
quello offertovi da quell'altro... però all'altro mi desti, facendo
credere a Malatesta ch'io fossi stata rapita da certi soldati. Non
credevi eh? che ne sapessi tanto?.... voi ora direte ch'io non ho prove
per convincerlo del vostro inganno... ma qui sta il vostro errore....
voi non foste avveduto, maestro! nella fretta, e pel timore non vi
fuggisse di mano il vantaggioso mercato, voi scriveste un foglio al mio
compratore, dicendogli come stava la cosa, e pregandolo fosse contento
tenermi nascosta finchè Malatesta si fosse partito colla compagnia da
que' contorni, e così fu fatto.... Malatesta non seppe, nè sospettò
di nulla, ed anzi, salito poi a maggior fortuna, v'accettò fra suoi
famigliari, e vi fece ricco come siete al presente. Questo foglio
vivendo io libera e sciolta nella casa di costui, lo trovai un giorno,
e mi parve cosa che meritasse di esser serbata.... non pensando però
mai dovesse venire un tempo che m'avesse a servir tanto.... io l'ho
con me, maestro! ed affinchè non crediate che io mi vanti, vedete s'è
vero.--
In così dire si trasse di seno il foglio e lo squadernò agli occhi del
vecchio rimasto atterrato a quella vista.
Ben sapeva che Malatesta non era uomo a perdonagli quel tratto se gli
fosse venuto a cognizione.
--Maestro Barlaam! disse Selvaggia lasciandogli libera la mano, che
avea sempre tenuta ghermita durante il suo discorso, ora chiamate i
vostri soldati, fatemi cacciar via, più non vi trattengo.... avreste
mutato pensiero?.... m'avreste intesa questa volta?--


CAPITOLO XXIII.

L'astuto vecchio trovatosi colto ne' suoi proprii lacci non si perdè
d'animo, e dove non valeva la forza pensò valesse la simulazione. Si
sforzò di vestire d'un'apparenza di tenerezza, umile e contristata,
quel suo bruttissimo volto, che ne divenne più brutto il doppio, e
guardando Selvaggia scrollava il capo, e diceva:
--Sì, t'intendo!.... va dunque.... va da Malatesta.... mostragli quel
foglio.... fa che mi strappi questo rimasuglio di vita... già non sei
venuta per altro; volevi farti padrona di quel poco ch'io ho potuto
metter assieme in tant'anni di sudori..... volevi la morte mia.... lo
meritavo!.... era stato troppo enorme il mio delitto.... avea voluto
levarti dai cenci.... farti viver contenta e ricca, in uno splendido
stato.... oh! meritavo la morte.... oh! figliuola.... disse poi
alzandosi, ed aprendo le braccia verso Selvaggia, è questo dunque ciò
che prepari all'infelice tuo padre?--
--Mio padre voi? disse Selvaggia arretrandosi e sorridendo amaramente.
Maestro! voi non m'intendevi poco fa: ora v'intendo io.--
--Non m'intendi? sciagurata... non odi neppur più la voce del sangue?--
--V'è una voce di sangue tra noi, ma a voi non a me tocca l'udirla.
Questa voce vi dirà, che mediante questo foglio il sangue vostro è
mio,.... è mio, m'avete intesa?.... quello di maestro Barlaam....
non quello di mio padre, che io sola fra i vivi, non l'ebbi mai. Ma
rassicuratevi, non venni qui per ispargerlo, non cerco la vostra
rovina, tenetevi i vostri tesori.... al prezzo che gli acquistaste sono
assai ben vostri.... rimettetevi a sedere ed ascoltatemi. Io incontrai
due anni sono un giovane, un angelo, il solo di cui mi caglia, il solo
che mi faccia soffrir la vita finchè dura la speranza di ritrovarlo,
un uomo.... Ma che vo' io a parlarvi di lui ora? disse con impazienza,
provando nel parlar di Lamberto a maestro Barlaam ugual ripugnanza che
il giovane avea mostrata altra volta nel sentire il suo amore accennato
da essa.
--In una parola, proseguiva, io venni in Firenze per cercar di lui. Non
voglio da voi altro se non che mi ajutate a rintracciarlo, e trovato
ch'io l'abbia vi lascio.... e non udrete mai più parlar de' fatti miei.
Ecco i miei patti, maestro!....--
All'udir queste parole il vecchio riprese fiato, e gli parve, come
si suol dire, averla per un tozzo di pane. Siccome le sue smorfie di
tenerezza divenivano inutili, riprese il suo viso impietrito, e disse:
--T'ajuterò quanto potrò molto volentieri, se non vuoi altro....
sappimi dire il nome di costui... chi egli è.--
Selvaggia, colle più brevi parole possibili, fe' conoscere al padre
il nome, l'aspetto, la condizione di Lamberto; ed egli prendendone
appunto, le scrisse su un fogliolino: diede alla figlia poche monete
d'argento, ed accomiatandola le disse, si facesse rivedere il giorno
dopo, ed intanto si sarebbe dato pensiero del fatto suo.
L'indomani ella vi venne due volte nella giornata ed una terza la
sera al tardi, ma non era riuscito ancora a Barlaam di scoprir nulla.
«La città è piena di soldati, ci vuol tempo; ho fatto domandare tutti
i capitani, se vi è, si troverà.... miracoli non se ne posson fare»
diceva egli alla giovane per calmare la sua impazienza.
Troilo e messer Benedetto, che lasciammo per la via, erano intanto
giunti al palazzo Serristori: venendo loro negato di entrare da
Malatesta, chè a quell'ora non volea veder nessuno, disse il Nobili:
--Andiamone dal maestro.... è cosa di così poco rilievo che già sarà
tutt'uno.... una parola ch'egli dica a Malatesta, e' sarà fatta.--
E così venne alle stanze di Barlaam, col quale era molto domestico.
Entrarono, essendosi prima spogliati della cappa di confratelli e
buttatala in un angolo, e trovarono il vecchio con Selvaggia, che,
vestita com'era da soldato, non riconobbero per donna, e stimarono
fosse uno de' famigliari di casa.
--Addio maestro--disse il Nobili, con un certo suo modo autorevole; e
l'ebreo rispose al saluto molto umilmente, come solea usar con tutti, e
tanto più con quelli che sapea nella grazia del suo padrone.
--Noi siam venuti a domandarvi un piacere, proseguiva il primo; questo
gentiluomo..... egli è quello che venne travestito da frate.... de'
nostri.... di quelli del campo.... vi ricordate?--l'ebreo accennò col
capo di sì.
--Egli dunque per una sua faccenda, ed io pure di compagnia, volevamo
far motto a Malatesta.... ma ci vien detto ch'egli a quest'ora non
ammette visite. Sarete dunque contento in nostro servigio salire un
momento da lui, ed esporgli il nostro desiderio.... di che questo
giovane ed io molto lo preghiamo.... è un'inezia.... che ad esso non
costerà che il volerlo. Si tratta di mandar colle bande di contado un
uomo d'arme qui della compagnia del signor Amico d'Arsoli.... e della
cagione che noi gli domandiam codesto, gliene parlerò poi a miglior
agio quando ci troveremo insieme.--
--E come ha nome questo soldato?--domandò Barlaam movendosi e mostrando
cogli atti del volto che non era cosa difficile ad ottenersi.
--È quello che si tiene in casa Niccolò fin da fanciullo... che
stette un tempo nelle Bande Nere, col signor Giovanni, ed ora dovrà
maritarsi colla Laudomia.... se troverà il momento, ben inteso (e
girò un'occhiata a Troilo sorridendo); egli è quel Lamberto..... ben
sapete.--
--Ah! disse il maestro, ho capito--ed uscì.
Troilo ed il Nobili, che a lui solo ponean mente, non s'avvidero
dell'atto di sorpresa ed allegrezza che fece Selvaggia udendo
pronunziare il nome di quello che da tanto tempo cercava. Ma represso
quel primo moto, di tutto quanto aveva udito non le rimase presente
all'intelletto altra frase fuor di questa «ora dovrà maritarsi colla
Laudomia.» Le pareva che queste parole le si fossero infisse nel cuore
come altrettante saette, e le passò innanzi gli occhi rapida qual
baleno, come una visione di nuove e più spaventevoli angosce che le
si preparassero. Rimasta sola coi due venuti, smaniosa di parlar pure
una volta ed udir di Lamberto, benchè conoscesse ormai che ogni parola
sarebbe stata una nuova fitta, cominciò a dire, frenandosi, e mostrando
indifferenza più che poteva:
--Anch'io un tempo fui delle bande del signor Giovanni.... oh!
lo conosco bene quel bravo giovane.... ed ho caro che sia ora in
Firenze.... ma ditemi?.... com'è? come avete detto? egli prende
moglie?....--
--Sì, prende moglie.... cioè.... non così tosto credo io--rispose
Troilo con un certo sorriso malizioso.
Selvaggia s'accorse che v'era sotto qualche cosa, e le crebbe la smania
di chiarirsene pienamente. Ma come riuscirvi? Potea sperare che costoro
volessero tanto fidarsi d'uno sconosciuto da palesargli così al primo i
loro segreti?
Pure seguì a maneggiarsi con molta destrezza, ed ottenne gli venisser
narrati tutti i casi di Lamberto colla Lisa, e poi colla sorella, ed
in fine il matrimonio imminente: ma d'onde quel dubbio che s'avesse ad
eseguire? Chi voleva impedirlo? perchè?
Tuttociò le si nascondeva, e non trovava modo a scoprirlo; tornò
intanto il maestro con viso allegro, e disse:
--Ho trovato il signore di buona voglia e sul verso di motteggiare....
ed è andata benone... sarà fatto come voi volete.... povero signore,
quando que' suoi dolori lo lasciano in pace egli è tutt'altro... oh!
egli è il grand'uomo dabbene.... che Iddio gli dia salute e lunga
vita.... anzi m'ha detto vi faccia salir da lui,.... qui per la
scaletta, e vi vedrà volentieri. Onde se volete.... ecco....--
Ed in così dire, alzata la portiera del piccol uscio d'onde era venuto,
li messe su per la scaletta e li lasciò andare, tornando al suo solito
posto, e dicendo a Selvaggia:
--L'uomo è trovato, eh?--
--È trovato--rispose la giovane, e fattasi presso il maestro, e presolo
pel braccio, disse prestamente e con un certo raffrenato furore:
--Ora voglio sapere quando deve farsi questo matrimonio; perchè, e da
chi si vuole impedirlo, domandatene loro, io sarò nella camera qui
appresso.--
--E come diavolo vuoi che faccia a farmelo dire, se volessero
tacermelo?--
--Voglio saperlo! v'ho detto--gridò Selvaggia, e scagliando sul maestro
un'occhiata che diceva il resto, se n'andò all'oscuro nella camera
vicina.
Barlaam si morse le labbra per dispetto di trovarsi a quel modo
sottoposto a costei, colla quale ben vedeva non era da scherzare.
Ma se correva grandissimo pericolo nel ricusare di contentarla, ne
incontrava forse uno eguale nello scoprire il nome, la condizione, i
disegni dei due venuti. Le loro pratiche con Malatesta a favore della
parte Pallesca, quelle visite notturne e misteriose erano un geloso
ed importante segreto sotto una Signoria sospettosa ed avveduta.
Come fidarlo a Selvaggia, mezzo pazza a parer suo, e che non avrebbe
mancato di palesarlo a Lamberto, uno de' più caldi fra gli avversarj
dei Palleschi? E se per cagion di costei si fossero scoperte codeste
frodi, non era egli verisimile che Troilo ed il Nobili ne accusassero
lo sconosciuto di quella sera e quindi il maestro? E Malatesta allora
che cosa era per fare? Ben lo sapea Barlaam.
Ma, per fortuna sua, egli non avea il suo pari nel saper all'improvviso
immaginar un ripiego. Si fece sull'uscio della camera ove s'era
ritirata Selvaggia all'oscuro, e le disse:
--Senti: s'io aspetto che costoro tornino.... prima potrebbero
andarsene per altra parte.... poi, se anco scendessero di qua, non è
credibile volessero tanto a minuto dirmi i fatti loro.... io ho pur
voglia di contentarti, figliuola, chè non son quello che tu mi credi:
ora dunque salirò sin all'uscio di Malatesta, e vedrò d'origliare che
cosa parlano con esso lui.--
--Come volete, purchè lo sappia,--rispose Selvaggia, ed il tristo
vecchio salì sorridendo e compiacendosi della sua malizia.
Giunto in un andito oscuro dove avean a riuscire i due, venendo fuori
dalla camera di Malatesta, si fermò aspettandoli, senza curarsi
d'ascoltare che cosa dicessero, che poco gli caleva saperlo, e
lavorando invece col cervello a comporre la novella che voleva poi dire
a Selvaggia. Dopo non molto uscirono, ed egli, fattosi sentire così
all'oscuro, e presili per la mano, gli avviò per un'altra porta che
metteva sullo scalone, dicendo:
--Ad ogni buon riguardo è meglio non vi facciate rivedere da quel
soldato ch'io avevo in camera: egli è di casa.... uomo di fede.... ma è
giovane sventato.... e poi, meno persone vi vedono è sempre meglio.--
Questa precauzione parve ad ambedue naturale e ragionevole, e, senza
curarsi d'altro, salutato il maestro, se n'andarono con Dio.
Sceso in camera, e chiamata fuori Selvaggia dal suo nascondiglio, le
diceva con fare ingenuo:
--Ora so tutto, e ti posso contentare, fortuna però ch'io son salito!
chè costoro se ne vollero andare per altra parte.... oh! non v'è sotto
quel gran mistero che credevamo.... costoro sono due gentiluomini
di Firenze, il vecchio è messer Gabriello Spini, ed il giovane un
suo figliuolo, ch'io appena mi ricordavo aver veduto, ed ha nome
messer Lodovico. Questo giovine è innamorato di quella che dee sposar
Lamberto, e non trovando altra via ora di rompere e sospendere almeno
il parentado, ha pensato questo rimedio, di ottenere dal signor
Malatesta sia mandato fuori di Firenze, come in effetto sarà mandato
domani, chè appunto devon partire per Empoli cento barbute in ajuto del
commissario Ferruccio.
Nacque nel cor di Selvaggia un fiero contrasto, a queste parole.
Permettere che il suo Lamberto venisse tradito a quel modo; che
soffrisse le terribili angosce (e la misera ne sapeva qualche cosa) che
gli si preparavano, le pareva un offendere, un ingannare essa stessa
quello pel quale avrebbe sofferto lieta mille dolori, e non poteva
darsene pace. Ma dall'altro canto darlo colle proprie mani in braccio
alla sua fortunata rivale, figurarselo al fianco d'un'altra, sposo
felice, immerso in tutte le gioje dell'amore, ed ella, poveretta, non
aver più da lui nemmeno un pensiero, trovarsi di nuovo abbandonata da
tutti nella sua prima desolata solitudine!... quest'idea fu troppo
enorme, troppo tremenda; Selvaggia spaventata, non potè reggervi,
dovette allontanarla ad ogni patto, e, per iscusarsi in parte a' suoi
proprj occhi e transigere con affetti cotanto potenti ed opposti, disse
fra sè «io potrò svelar tutto a Lamberto, dirgli ch'egli punisca il mio
fallo, che m'uccida, ma prima vederlo, oh sì! ch'io lo veda, ch'io gli
parli una volta!...»
Ondeggiante in questi pensieri, era rimasta muta e come assorta
per alcuni momenti; preso partito alla fine, si scosse, e disse
risolutamente:
--Ora, maestro, due altre cose m'occorron da voi, e poi vi lascio.
L'una, ch'io sola sia mandata domani a portar a Lamberto l'ordine di
partire. L'altra, che mi provvediate d'un'armatura e d'un cavallo per
seguitarlo.--
--D'un'armatura! disse maravigliato il maestro, sei tu pazza affatto?
credi tu poter reggere coll'armatura indosso e valerti della tua
persona?--
--S'io potrò reggere e valermi della persona voi ve ne avvedrete: e per
ora lasciatene il pensiero a me.--
--Oh! dove vuoi tu che trovi codeste cose? esclamò il maestro che si
spaventava per la spesa; sai pure che in una terra assediata chi ha
cavalli ed armi le tien per sè.--
--Maestro, potrei rispondervi soltanto ch'io n'ho mestieri, e li
voglio: ma vi vo' far riflettere che starebbe in me il torvi altra
maggior cosa che non il pregio d'un cavallo e d'un arnese.... e,
tenete a mente, ch'io voglio l'elmetto colla visiera che si chiuda....
Ora addio, a domani.--
Uscì Selvaggia, ed il maestro arrabbiato e malcontento dovè pur pensare
al modo di levarsi d'addosso costei, e contentarla. L'indomani, appena
giorno, si mise in moto, e per virtù di molte diecine di scudi,
mandando il malanno a chi gliene faceva spendere, riuscì ad aver pronto
per la sera ciò che la giovine gli avea domandato.
Ebbe da Malatesta l'ordine scritto che imponeva a Lamberto di seguire
la gente che si mandava ad Empoli, ed ottenne facilmente, sotto varj
pretesti, da uno de' caporali che dovean guidarla, la licenza di dar
il carico ad un uomo a sè noto, d'andar per Lamberto, condurlo ove la
compagnia faceva la massa, ed uscire di Firenze con essa.
Quella medesima giornata era intanto, per la casa de' Lapi, e per
le donne specialmente, piena di pensieri e di faccende. Laudomia,
svegliatasi all'alba col cuore consolato e sereno, si vestì, e
copertosi il capo con un velo che le scendeva sino alle ginocchia, se
n'andò a' Servi a far le sue divozioni.
Tornata poi a casa, e lasciatasi vedere al padre, che le fece quella
mattina più carezze che non soleva, salì nelle camere, che oggi si
direbbe di guardaroba, e, coll'ajuto di M. Fede e della sorella si
diede ad ammannire panni, biancherie, e preparar le cose necessarie,
con quella sollecita ed operosa premura che nasce nelle profonde
agitazioni dell'animo. Lisa, ritornata in sè dopo quel primo momento
di dispetto, e temendo forse ancor più, per amor proprio, di darne
il menomo segno, prestava il consiglio e l'opera sua in questi
preparativi, senza quel diluvio di parole che la gentil metà del genere
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