Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni - 10

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quanto dovessero offenderla cotali discorsi, e quanto fosse facile
che nell'opporvisi cadesse in qualche imprudenza, si fece coraggio, le
tagliò la parola, e con quel suo modo tutto dolcezza disse:
--Messer Ferruccio, anch'io amo la patria e mi tengo buona cittadina;
anch'io spero che le vostre spade ajutate dal favore che Iddio promette
alla giustizia salveranno la nostra città dalle mani de' Medici e
d'ogni altro tiranno, ma se credo lecita ad un cristiano la brama di
venir liberato da chi cerca d'opprimerlo; se credo permesso, anzi opera
santa, ributtar colle ferite e le morti gl'inimici della patria, non
trovo che il nostro divin Redentore ci abbia permesso d'odiarli, di
godere ne' loro strazj, di rallegrarci della loro morte per piacer di
vendetta. Non dite voi il _Pater noster_, messer Ferruccio?--
Il Ferruccio e gli altri rimasero senza saper che rispondere a queste
mansuete parole, e per verità oppor loro una buona ragione non era cosa
facile; Fra Zaccaria poi, che aveva bensì un'anima tutta fuoco per
le sue opinioni politiche, ma era al tempo stesso uomo leale, severo
e virtuoso, cui eran sorti in cuore i medesimi pensieri di Laudomia
senz'essersi attentato a palesarli, disse volgendosi a Fra Benedetto:
--Quello che dovevamo dir noi ministri dell'evangelio, l'ha detto la
Laudomia. Iddio parla spesso per bocca dell'innocenza; egli sia quello
che ti benedica buona fanciulla.--
Laudomia arrossì, e tacque, e la Lisa di, nascosto le prese una mano,
se l'accostò alle labbra ringraziandola così alla mutola d'aver tanto
appuntino indovinato il suo cuore.
Niccolò, era rimasto come assorto in un profondo pensiero, in quel
momento le passioni di parte, l'odio contro i Palleschi nutrito per
tanti anni durava fatica a reggersi contro la sublime mansuetudine che
suonava nei detti della figlia, le si accostò, le pose una mano sul
capo, e le disse:
--Che tu sii benedetta, cara, buona Landomia.
Persino il feroce Ferruccio (tanto è grande ed invincibile la forza
della virtù) fattosi dappresso alla giovane la stette guardando un
momento in atto di rispetto e di maraviglia, ma poi brontolando le
diceva:
--Voi parlate bene Laudomia, ma al modo in cui si vive oggi giorno, con
tutti questi perdoni ci farebbe poco frutto, se un nemico è in piedi,
ponilo a giacere se puoi, e quando è caduto non t'impacciar di levarlo
da terra, che chi spicca l'impiccato, l'impiccato impicca lui. Del
resto poi io son soldato e non chierico, amo la mia patria, sono nemico
de' suoi nemici. S'io potessi ammazzarli tutti non lascerei di farlo, e
del resto non m'intrometto in altro.--
--Non nego che si possa, che si debba ammazzarli talvolta, rispose
Laudomia alzando timidamente i suoi occhi azzurri e sereni sul volto
duro e torbido del feroce repubblicano, ma non si può forse al tempo
stesso piangere sulla dolorosa necessità che ci porta a versar tanto
sangue? Non si può forse sentir per loro pietà invece d'odiarli? Non
si può almeno pregar per loro, che morendo lasciano pur mogli e madri
sconsolate? Che hanno pur un'anima immortale da salvare o perdere
eternamente? Voi, Fra Zaccaria, diceste che ora è tempo di meritar
misericordia e perdono dal nostro Signore Iddio. Non vi par egli che,
invece di godersi nell'odio de' Palleschi, nell'immagine delle loro
membra palpitanti, sarebbe miglior via a meritar questa misericordia
il pregar per essi, il chiedere a Dio la forza di ributtarli bensì
e difendersi da loro, ma, nel mostrarsi buoni cittadini, di non
iscordarsi d'esser cristiani?--
A coteste parole quasi costretti da una forza invincibile, Fra
Zaccaria, il primo, e poi tutti gli altri, e perfin Ferruccio, caddero
ginocchioni. Alzò la voce il frate non più tremenda e sonora come prima
ma dolce e raumiliata.
--Dio di bontà, disse: _ex ore infantium et lactentium perfecisti
laudem_; una fanciulla ha dato gloria al tuo nome più di noi che pur
siam tuoi ministri.--
--Ora accogli questa nostra nuova preghiera, salva il tuo popolo
dalle violente mani de' malvagi; ma sovvienti che que' malvagi sono
più miseri di noi, poichè si chiariscono tuoi nemici e rinnegano il
tuo santo nome, rammenta che sono nostri fratelli, che tutti siamo
tuoi figli, rammenta che tutti a un modo ti costiam prezzo di sangue,
infondi adunque in loro sensi di giustizia, in noi di mansuetudine,
concedi ad essi il perdono, a noi la forza di accordarlo, e di
chiedertelo per loro.--
--Ti raccomandiamo, o Signore, più degli altri l'imperator Carlo
V, poichè egli è il nostro più fiero nemico! Ti raccomandiamo papa
Clemente. Ti raccomandiamo tutta la casa de' Medici....--
(Queste parole parvero tanto nuove, tanto enormi, che fecero riscuotere
ognuno).
--Ti raccomandiamo tutti i nostri nemici, i Palleschi....--
La povera Lisa, che stava ginocchioni col viso nascosto nelle palme
sentiva a questa preghiera due rivi di pianto scenderle per le mani e
le braccia.
--Ti raccomandiamo finalmente tutti coloro che ci hanno fatto o
vogliono farci ingiuria. Salga, o Iddio, questa nostra preghiera sino
al piè del tuo trono, ed a norma delle tue promesse c'impetri quella
misericordia e quel perdono che non abbiamo negato ai nostri fratelli.--
Finita questa orazione tutti s'alzarono con viso sereno e contento,
che tale è il primo frutto d'una vittoria riportata dalla carità sulle
passioni dell'odio e del furore di parte.
--Ecco la Trojana che suona, disse messer Bernardo[23], è tempo di
andarci con Dio.--
Voltosi poi alla Laudomia le disse sorridendo;
--Non anderò agli Otto a dir loro quali preghiere ci avete fatto fare
stasera, chè non vorrei credessimo tutti dormire a letto, ed avessimo a
dormire al bargello....--
Salutato poi Niccolò, uscirono tutti. I frati s'avviarono al convento,
egli a casa sua, ed il Ferruccio disse voler arrivar insin in palagio
per non so che faccende egli avea col gonfaloniere.
Le cose accadute in questa serata aveano versato un po' di balsamo nel
cuor della Lisa. Avvezza a non udir parlar de' Palleschi che nel modo
con che si parlerebbe di fiere, pieni sempre gli orecchi di parole
di sangue contro di loro, s'era sentita ricrear il cuore dal suono
di quella preghiera, come da una celeste rugiada; senza saper essa
stessa ben definire quali speranze potesse accogliere, le pareva però
di veder come un primo albore d'un men tristo avvenire. Salì in camera
colla Laudomia, vi si chiuse, e quando fu ben sicura di non esser
sovrappresa, corse nella stanza vicina alla culla del suo bambino; e
lo trovò che dormiva riposatamente. Nel voltolarsi come soglion fare i
fanciulletti di poco tempo avea disordinato il lettuccio. Una picciola
gambetta tonda e bianca con un piedino color di rosa, usciva fuori
dalie coperte; le braccia stavan buttate uno in qua l'altro in là con
certe manine piccine e grassotte, ed il petto colmo e tondo, splendeva
così candido e pulito che pareva un raso, e proprio rubava i baci.
La povera madre s'abbandonò tutta sulla culla, guardando però di non lo
svegliare, ed aprendo la porta a mille affetti che aveva dovuto tutta
la sera tener racchiusi nel cuore, cominciò a piangere dirottamente.
Racquetatasi poi a poco a poco, diceva al fanciullo, che s'era pur
risentito, aveva aperti gli occhi, e colle manine s'andava ora
prendendo un piedino, ora accarezzava il mento della Lisa.
--Povero Arriguccio, passerino mio, amore della madre.... sai.... hanno
pregato anche per te finalmente, hanno pregato anche pel babbo. Poi
volgendosi a Laudomia le diceva:
--Sai che sono stata per isvelare ogni cosa? Quando Fra Zaccaria ha
detto preghiamo pei nostri nemici Palleschi, c'è mancato un pelo che
non abbia detto:--Preghiamo dunque per mio marito.--
--Davvero non so che mi ti dire, rispose Laudomia, in certi momenti
anch'io quasi quasi penserei che fosse il nostro meglio.... ma pure,
misura sette, e taglia uno....--
--Più ci penso e più mi pento di non averlo fatto.... vedi che vita
di sospetto viviamo; sempre così non è possibile di durarla, senzachè
ben sai per la natura mia quel finger continuo, quel coprire, quel
dissimulare è cosa troppo dura ed insopportabile.... sono stata una
dappoca a non saper cogliere quel momento che si trovavan avere il
cuore un po' men duro del solito. S'io avessi parlato, allora per forza
conveniva che il rumore fosse men grande se non volevano smentire le
loro parole e le loro orazioni.--
Laudomia non partecipava che sino a un certo punto a questa speranza;
il suo chiaro discernimento le mostrava che era un mal fidarsi di
un momento di commozione, e che non bisognava creder per questo che
cuori indurati nell'odio e nella vendetta si potessero così tosto ed
interamente cambiare; perciò disse alla sorella:
--Lisa mia, quanto a questo lo sa Iddio che cosa sarebbe accaduto, e
per me, siccome non mi son mai attentata a darti un consiglio (fuorchè
quel primo), così neppur ora non mi vi attento; quel che ti posso dire
si è, che qualunque cosa risolva, mi avrai sempre pronta per ajutarti,
reggerti, consolarti, per quanto mi durino le forze e la vita. Lo sai
pure ch'io vivo del bene che mi vuoi, del bene che mi vogliono i miei
di casa, che non conosco, non comprendo altra gioja fuori di quella
d'essere amata, e di pensare a procurar il bene, la contentezza, la
pace di chi mi ama.--
La povera Laudomia pensava forse nel secreto del suo cuore a Lamberto
nel dir codeste parole, ma non osando fermare troppo il pensiero in
lui, riportava sulla Lisa e sulla sua famiglia quegli affetti che pur
volevano un oggetto sul quale fermarsi.
Lisa intenerita le si gettò al collo dicendo:
--Io credo che gli angioli non abbiano il cuore fatto altrimenti dal
tuo. Così ti avessi dato retta quella mattina sul tornar di chiesa....
ma dopo mi pareva ogni giorno più difficile: che vorrà dire che stasera
invece mi sento spinta con tanta forza a confessare, a svelare ogni
cosa?---
--Iddio talvolta, rispose Laudomia, ci pone in cuore ciò che farebbe
per noi.--
--Orsù, disse Lisa risolutamente, vo' fare ciò ch'Egli m'ispira.
Domattina non saranno uscite ancora di mente al babbo le parole
dicesti, le preghiere di Fra Zaccaria; basterà ch'egli mi punisca
d'avergli avuto sì poco rispetto, d'essermi maritata senza sua saputa,
ma non vorrà rinnegar quel perdono che ha poche ore prima implorato
pe' suoi nemici, non vorrà rinnegarmi per figlia, cacciarmi soltanto
perchè un Pallesco è divenuto suo genero. E poi ci butteremo a' suoi
piedi con Arriguccio, lo pregheremo come si prega Iddio; Iddio non nega
il perdono, potrà egli negarlo? La speranza è un male che facilmente
s'appicca; se pure si può dire un male anche quando è fallace. Laudomia
si persuase alla fine anch'essa che dopo un primo impeto di sdegno le
cose si sarebbero pur potuto assestare. Lisa sedutasi accanto alla
culla si recò in grembo il fanciullino e scopertosi il seno glielo
porse, dicendo:
--Prendi angioletto, e voglia Dio che quando sarai fatto grande, siano
spente queste maladette parti.--
Il bambino suggendo avidamente il latte, la Lisa gli dicea sorridendo:
--Avrei pur bisogno mi lasciasti un po' di forza per domani.... ma
Iddio me la darà.---
Appoco appoco il fanciullino veniva chiudendo gli occhi, e la madre
dondolando colla sedia, canterellava sottovoce una canzoncina, onde
s'addormentasse del tutto. Laudomia, ritta dietro la sorella, gli
veniva intanto ravviando i capelli, e finalmente glieli serrava in una
reticella per la notte.
Mona Fede strascinando certe sue pianelle si dava da fare per ammannire
i letti delle due giovani, porre la culla d'Arriguccio accanto a quella
di Lisa.
--Aveva ascoltata attentamente la discussione tra le due sorelle, ma la
conclusione ultima poco le andava a sangue: ricordando la parte avuta
nel caso della Lisa, già le pareva aver addosso Niccolò con tutta la
casa; onde, quando tacquero, con molti sospiri e molti scrollamenti di
capo, pur seguitando ad ammannire l'occorrente per la notte cominciò a
brontolare:
--Hum! Dio faccia che la vada bene!.... è presto detto raccontare ogni
cosa!.... e poi? Se riesce a rovescio? Se succede qualche diavoleto
peggio?.. così almeno con un po' di riguardo si vive, stiamo in
puntelli è vero, ma insomma finora non è andata malaccio, e un giorno
o l'altro in qualche modo s'ha da trovar la via d'uscir da questo
gineprajo.,.. ma almeno, per amor di Dio, non gli stessi a dire, che
v'ho tenuto mano, che sono stata io.... lo sapete anche voi, io non ci
ho che far niente!....--
--No, no, non gli dirò nulla, rispose la Lisa sorridendo della paura
della povera vecchia.
--Già vi dico il vero, avrete un gran coraggio se vi basterà la vista
di dire a messer Niccolò «Son moglie di....» Uh vergine Santissima!...
solamente a pensarci.... è un grand'uomo dabbene, non c'è che dire, è
un santo, ma quando s'entra su certi particolari, e' diventa troppo
pessima bestia.... è un pezzo che sono in questa casa, e come l'ho
veduto io in certe occasioni, non l'avete veduto voi altre, avrebbe
fatto tremare il sig. Giovanni. Quando poi ci si mette di mezzo quella
diavoleria del Giglio e delle Palle.... allora salvatevi.... che io
poi non so capire che domin si vogliano Intendere: quel che so io è,
che quando era vivo il sig. Lorenzo, e i Fiorentini gridavano Palle,
il grano non istava a sette lire lo stajo, nè il vino a otto e nove
fiorini d'oro il barile, come oggi giorno. Del resto, i ricchi e i
signori hanno le loro fantasie, ed io in questo non c'entro.... ma
volevo dire a proposito di messer Niccolò, e di quando va in furia.....
Alla venuta de' Francesi nel novantaquattro.... voi altre eravate
ancora in mente Dei.... que' caporali dell'esercito, com'è usanza di
cotesta nazione, vagheggiavano le belle donne di Firenze: un certo
capitano de' Guasconi, proprio il nemico lo tentò di mettersi a
spesseggiare qui sotto i balconi per M. Fiore vostra madre. Un giorno
il padrone torna a casa e qui, proprio sul portone, se lo trovò tra'
piedi. Vi so dir che con due parole ed un certo viso che gli fece, il
capitano pensò bene provvedersi d'altro alloggiamento. Insomma, badate
al fatto vostro.---
--Fede, lasciami stare, già sono risoluta, e sai che non mi muto.--
--Eh lo so, lo so anche troppo.... Basta, Dio faccia che se ne indovini
una: ma da quel giorno che i leoni[24] s'azzuffarono, e fu morta la
leonessa, una che è una non ci è più andata bene nè per Firenze,
nè qui per la casa. Già l'ho sempre inteso dire a' vecchi, che per
questa città non è il più pessimo augurio.... e jer notte a aria
cheta si sentiva sin di qua il ruggito di quel leone grande che venne
colla giraffa, quando il soldano mandò a presentare il sig. Lorenzo
nell'88... quel povero animale lo saprà ben egli perchè grida a quel
modo.--
--Ed anch'io lo so, rispose la Lisa, e te lo dico subito, e' grida
perch'egli ha fame: ora che la carne d'asino vale un carlino la libbra
gli toccherà far magro scotto.--
--Sentite, sentite, s'è vero che non finisce mai d'urlare!....--
Le tre donne cessaron in un subito di cicalare; la Lisa fermò la
sedia, la Fede rattenne perfin l'anelito, tendendo ognuna gli orecchi.
Per l'ora tarda, tutta la città quieta, il lungo della casa alto, e
non troppo discosto dal palagio de' Signori, dietro il quale era il
serraglio de' leoni, s'udiva giunger tratto tratto il cupo e rauco
ruggire di quelle fiere, che in quel disagio dell'assedio (la Lisa
aveva indovinato) pativan la fame.
Ma mentre le povere donne stavan tutte orecchie ad udir quel ruggito
lontano, un suono scoppiò terribile e vicino, la voce di Niccolò, che
battendo all'uscio colpi furiosi, gridava:
--Apri, mala femmina!....--


CAPITOLO XI

Tra le molte leggi ed i molti ordini coi quali si reggeva la repubblica
Fiorentina ve n'era uno il quale, non ostante fosse stabilito a tutela
del viver libero, era non di rado pregiudicevole a quello, e partoriva
tutto di pessimi effetti. Questo si chiamava la tamburagione.
Affinchè ogni cittadino potesse avere una via secreta, sicura, e sempre
aperta per accusare ai magistrati chi macchinasse contro lo stato, e
per togliere al tempo stesso ogni sospetto quando l'accusato fosse
possente e temuto, erano ordinate in varj luoghi della città alcune
casette chiamate tamburi, sul coperchio delle quali era un fesso d'onde
si poteva far passare lettere o carte, e la chiave di tali tamburi era
presso i rettori.
Chi voleva far pervenire in mano di questi un'accusa contro un
cittadino la buttava in un tamburo (e ciò si nominava tamburare), e
rompendo in due pezzi un grosso d'argento ne serbava una metà, l'altra
la chiudeva nella lettera onde se in seguito gli fosse venuto bene di
farsi riconoscere ne avesse il modo.
Queste tamburagioni produssero mai sempre poco vantaggio, se pure ne
produssero alcuno, e spesso furono istrumento alla malignità, all'odio
ed alle vendette d'uomini codardi e vigliacchi.
Messer Benedetto de' Nobili tra gli altri il quale, se il lettore se
ne ricorda, avea concertato con Malatesta quanto fosse da farsi per
costringere Niccolò ad accettar Troilo per suo genero, s'era tanto
maneggiato, che gli venne fatto scoprire ove fosse il bambino della
Lisa. Conobbe poter ottenere l'intento molto facilmente per vie della
tamburagione.
Scritta perciò una lettera accomodata a questo suo disegno, la gettò
nel tamburo posto nel muro del palazzo de' Signori dalla parte della
Dogana, e venne in mano al gonfaloniere Carduccio la sera stessa ove
accadder le cose accennate nel precedente capitolo.
La lettera diceva così:
_Magnifice Domine_
«Avvegnachè sia pervenuta a notizia d'alcuni cittadini amanti della
patria e di questo stato popolare esservi chi desidera e procura far
novità, e tiene pratiche segrete coi nemici del nome e della libertà
Fiorentina, si tengon essi obbligati darne avviso a chi può correre al
riparo d'un tanto male.
Sappia adunque la vostra Magnificenza, che si dubita assai da molti
sul fatto di messer Niccolò de' Lapi, e si crede quella sua rigidità
contro la parte Pallesca non sia che una vana ostentazione per
colorire disegni pregiudizievoli a questo reggimento. La cagione di
cotali sospetti sta nel sapersi che molte volte prima che cominciasse
l'assedio era messo segretamente in casa sua, di notte tempo e per
una loggia che mira sulla via dei Conti, Troilo degli Ardinghelli,
rubello, al quale Niccolò ha maritata la Lisa; e per tener nascosto il
parentado, dubitando forse non generi sospetto nel popolo, tiene ora un
fanciullo nato di questo matrimonio, molto ben guardato in certe camere
appartate su in alto della sua casa.
Vi è chi dice d'aver veduto Troilo entrargli di notte in casa anche
a questi giorni che il campo è sotto le mura, benchè si sappia esser
il sopraddetto Troilo ai servigi del principe d'Orange, e militare
coi nemici di Firenze (ciò era al tutto falso, e messer Benedetto lo
sapeva meglio d'ogni altro). Ora potrà la V. Magnificenza chiarirsi
della verità dei fatti, e giudicar cosa si debba inferire da queste
pratiche condotte con tanto segreto, e se faccian ritratto di buono e
leale cittadino. A ogni modo non s'è voluto mancare di non l'avvertire
a quella _quae bene valeat_.»
Il Carduccio rimase senza fiato leggendo quell'accusa. Niccolò, il suo
amico, l'uomo sul quale non era mai caduto un sospetto, crederlo un
traditore, crederlo soltanto capace di dissimulare, non ci si sapeva
indurre. Dall'altro lato la lettera citava fatti così positivi che si
potevano così presto verificare!... Stette un momento sopra di se, ma
tosto nel suo cuore riuscì vittoriosa la buona opinione che aveva del
vecchio popolano, e deliberò mostrargli questa volta quanto largamente
si rimettesse nella sua fede.
Si trovava appunto il Ferruccio alla presenza; fatto un piego, ove pose
la lettera, e suggellato, lo pregò volesse in suo servigio portarlo
tosto a Niccolò, dicendogli queste parole «Il gonfaloniere vi manda
questo scritto onde veggiate in qual conto vi tiene.»
Pensò servirsi del Ferruccio e non d'un fante, affinchè qualunque
alterazione apparisse sul volto di Niccolò nel leggere una sì enorme
accusa, non fosse veduta se non da persona amica e prudente, e così non
andasse per le bocche d'ognuno.
Giunse il Ferruccio a casa i Lapi, ed intromesso, non senza qualche
maraviglia di Niccolò di vederlo così tosto ricomparire, gli pose in
mano la lettera, dicendogli le proprie parole del Carduccio.
Niccolò l'aperse; la lesse, e rimase un momento senza dir parola o far
moto nessuno. Poi alzatosi in piedi, e fattosi più presso al lume,
colla mano si strofinò gli occhi e la fronte, guardò fisso in viso il
Ferruccio come per accertarsi ch'era desso, e ricominciò a leggere il
foglio dal principio.
Finita questa seconda lettura, e fatto certo che tutto ciò non era
sogno, pensò al primo che non fosse se non una filza di menzogne
trovate da' suoi nemici per iscreditarlo, e fu sua buona ventura,
che se avesse pensato ciò poter esser vero, è probabile, colto così
all'improvviso, fosse caduto morto. Due o tre volte incominciò a
parlare, ma gli s'annodava la lingua in bocca e taceva, finalmente,
facendo ogni prova onde non apparisse agli occhi del Ferruccio la
tempesta si sentiva nel cuore, lo pregò ringraziasse il Carduccio della
sua cortese opinione, ed usando tronche ma amorevoli parole gli diede
commiato.
Volto allora a' suoi figliuoli, che soli erano rimasti, con un'occhiata
che li fece tremare, disse con quella voce alla quale alcuno in casa
non osava replicare:
--Niuno sia tanto ardito d'uscir di questa camera finch'io non torno;
presto saprò se anche sotto questo tetto vivano traditori.--
I tre giovani, attoniti e conturbati, si guardarono in viso l'un
l'altro senza profferir parola; Niccolò, preso un lume colla manca,
s'avviò per uscire, e passando vicino a Vieri gli strappò d'accanto la
daga; varcò la soglia, chiuse la porta, e cominciò a salire la scala.
Fatto il primo capo, si fermò un momento a pensare, poi scagliò lontano
da sè il pugnale, che venne sdrucciolando per gli scalini insino in
fondo.
Giunse alla porta della camera ove dormivan le figlie, si fermò di
nuovo un momento origliando, pose l'occhio al buco della chiave, ed il
povero sventurato vecchio fu certo alfine della sua vergogna. La Lisa
allattava il bambino.
A quella vista smarrito affatto il lume degli occhi percosse due volte
col pugno chiuso sì fattamente la porta che quasi la staccò dalle
bandelle, e con voce che pareva piuttosto ruggito d'una fiera mandò
quel grido che abbiam poco sopra narrato.
--Apri!.... mala femmina.--
Passarono due o tre secondi, e nessuno apriva. Niccolò con una valida
spinta sforza l'uscio già scassinato, entra, e si ferma in mezzo alla
camera. Le due giovani s'eran fatte a un tratto diacciate e bianche
come due statue di marmo, ed il vecchio rimasto muto, ed assalito da un
tremito convulso, figgeva nella Lisa due occhi di fiamma che sembravano
consumarla come fosse di cera.
--È dunque vero! gridò alla fine dando un muglio che i figli udirono
dal pianterreno, e trasportato dalla furia di quel primo impeto si
scagliò contro la figlia colle più orrende e vituperose parole che
siano mai state dette a femmina perduta, a tale che Laudomia tutta
tremante cadde bocconi piangendo dirottamente, e prese pel lembo il
lucco del padre: ma questi voltosele come un serpe cui venga pesta la
coda, glielo strappò dalle mani, e la sbigottita giovane ricadde colle
braccia e colla fronte sul pavimento.
Lisa col capo tra le ginocchia (che al primo picchiar di Niccolò avea
posto il fanciullo nella culla) non s'era mai mossa; dopo quella prima
sfuriata il vecchio tacque un momento come per riprender l'anelito, ma
tosto proseguiva:
--Dimmi, femmina d'inferno, vergogna mia, vergogna della tua casa, non
potevi prima ammazzarmi, e poi far quel che tu hai fatto? Non vi eran
più coltelli in Firenze? Ci voleva tanto a spegner l'ultimo fiato di
vita d'un vecchio di novant'anni? Non bastava levartelo dinanzi, e
poi se volevi, darti anima e corpo al nemico? Togliermi la vita? che
mi toglievi? ma l'onore salvato per tanti anni puro, intatto insin ad
oggi!...... quando ho già un piè nella fossa, tu, perversa, mi butti il
fango in capo? Su questi canuti, che dovean essere la gloria de' miei
figliuoli, l'onore di te, sozza scellerata!.... E se non eri da tanto
di saper tener in mano un pugnale, chè nol dicesti a quel tuo sgherro
ribaldo.... era impresa di gentiluomo, di Pallesco, di cortigiano
fradicio de' Medici scannar un vecchio da tergo..... ma sapeva il
traditore che potea farmi peggio.... Ma, alla croce d'Iddio, anch'io
gli saprò far conoscere l'error suo d'aver lasciato vivo Niccolò, e se
n'avrà a pentire che non sarà più tempo.... Averardo.... Vieri....--
I giovani, che stavano in orecchi, corsero alle grida di Niccolò, che
data loro a leggere la lettera mandatagli dal Carduccio esclamava:
--Chi di noi sarà tanto ardito d'or innanzi di alzar gli occhi in
viso a Lamberto, a quel giovane onorato e dabbene, ed altrettanto
disavventurato....--
E qui fermatosi un momento come colto da un nuovo pensiero:
--Disavventurato? seguiva, son pur pazzo.... avrà invece a ringraziar
Dio, e botarsi, d'averlo salvato d'impacciarsi con questa trista, con
questa sfacciata, che ha potuto tradire un par suo per darsi ad un
ribaldo traditore, traditor mille volte!....
--Fuori di questa casa, gridava con furore e voce sempre crescente,
fuori ora proprio, tu e questo fanciullo, e va, portaglielo a suo
padre, e digli che ringrazii Iddio ch'io non son nè Pallesco, nè
gentiluomo, ne cortigiano, che s'io fossi tale!.... che avete fatto
assai ad uscirmi vivi dalle mani... Ma è stato Iddio che non ha
permesso ch'io venissi sin qui con quella daga....--
Mentre Niccolò profferiva queste parole, la Laudomia in terra non
cessava di singhiozzare tentando d'abbracciare le ginocchia del padre,
che mai nol sofferse, e sempre la respingeva; i fratelli, vedendolo
venuto in tanto furore, non ardivano appressarsegli.
La Lisa, che senza muoversi, e senza aprir bocca aveva ascoltato sino
al fine quella gran villania finch'era contro essa sola, si scosse
udendo chiamar traditore il marito, e ritrovò forza nella sua ardita
natura, che a guisa d'una molla più era compressa, e più valida
risorgeva. Alzò la fronte pallida, ed affissato il padre con occhio
languido ma sicuro si pose ginocchioni così un po' distante com'era,
poi disse:
--Mi fate voi degna dirvi quattro parole prima ch'io esca di questa
casa?--
Niccolò rispose--Di', e fa presto.--
--Se voi m'avessi ammazzata, lo meritavo bene.... non posso negarlo.
Conosco d'aver fatto errore grande, scostandomi da quell'obbedienza che
v'era dovuta, e conosco ch'io dovevo almeno, poichè il male era fatto,
confessarvi ogni cosa.... Laudomia ch'è costì e che non seppe mai nulla
finchè tutto non fu condotto a fine, me lo consigliava; sono stata
io che non ho voluto. Dunque tutta la colpa è mia, ed è ragionevole
ch'io ne porti la pena, e tutto quanto m'avete detto, o mi direte, e
qualunque sia il castigo che mi preparate, tutto riceverò benedicendovi
le mani e dirò d'averlo molto ben meritato; ma se siete signore e
padrone di me, non lo siete dell'onore e del nome di Troilo, che mai fu
traditore a persona....--
--Io voglio aver tanta pazienza ch'io ti ascolti insino in fine....--
Disse Niccolò con riso amaro.
--E, riprendeva Lisa, di questo ne starà a paragone con tutto il mondo.
S'egli è della parte Pallesca, egli è quali furono gli antichi suoi,
e ciò non vuol dir altro se non che egli l'intende a un altro modo,
che non l'intende il popolo di questa città.... e sarebbe cosa troppo
enorme voler dire, che quanti cittadini son fuori di questa mura tutti
sono traditori....--
--E tu vile ribalda sei tanto ardita di bestemmiar la tua patria a
questo modo, in casa di Niccolò, e credi pazza che tel comporti?....
e quando dovresti nasconderti sotterra, e morir per la vergogna, e
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