I promessi sposi. - 08

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torna a distribuire a tutti i fiumi.»
Qui ricomparve Lucia, col grembiule così carico di noci, che lo
reggeva a fatica, tenendone le due cocche in alto, con le braccia
tese e allungate. Mentre fra Galdino, levatasi di nuovo la bisaccia,
la metteva giù, e ne scioglieva la bocca, per introdurvi l'abbondante
elemosina, la madre fece un volto attonito e severo a Lucia, per la
sua prodigalità; ma Lucia le diede un'occhiata, che voleva dire: mi
giustificherò. Fra Galdino proruppe in elogi, in auguri, in promesse,
in ringraziamenti, e, rimessa la bisaccia al posto, s'avviava. Ma
Lucia, richiamatolo, disse: «vorrei un servizio da voi; vorrei che
diceste al padre Cristoforo, che ho gran premura di parlargli, e che mi
faccia la carità di venir da noi poverette, subito subito; perchè non
possiamo andar noi alla chiesa.»
«Non volete altro? Non passerà un'ora che il padre Cristoforo saprà il
vostro desiderio.»
«Mi fido.»
«Non dubitate.» E così detto, se n'andò, un po' più curvo e più
contento, di quel che fosse venuto.
Al vedere che una povera ragazza mandava a chiamare, con tanta
confidenza, il padre Cristoforo, e che il cercatore accettava la
commissione, senza maraviglia e senza difficoltà, nessun si pensi che
quel Cristoforo fosse un frate di dozzina, una cosa da strapazzo. Era
anzi uomo di molta autorità, presso i suoi, e in tutto il contorno;
ma tale era la condizione de' cappuccini, che nulla pareva per loro
troppo basso, nè troppo elevato. Servir gl'infimi, ed esser servito
dai potenti, entrar ne' palazzi e ne' tuguri, con lo stesso contegno
d'umiltà e di sicurezza, esser talvolta, nella stessa casa, un soggetto
di passatempo, e un personaggio senza il quale non si decideva
nulla, chieder l'elemosina per tutto, e farla a tutti quelli che la
chiedevano al convento, a tutto era avvezzo un cappuccino. Andando
per la strada, poteva ugualmente abbattersi in un principe che gli
baciasse riverentemente la punta del cordone, o in una brigata di
ragazzacci che, fingendo d'esser alle mani tra loro, gl'inzaccherassero
la barba di fango. La parola «frate» veniva, in que' tempi, proferita
col più gran rispetto, e col più amaro disprezzo: e i cappuccini,
forse più d'ogni altr'ordine, eran oggetto de' due opposti sentimenti,
e provavano le due opposte fortune; perchè, non possedendo nulla,
portando un abito più stranamente diverso dal comune, facendo più
aperta professione d'umiltà, s'esponevan più da vicino alla venerazione
e al vilipendio che queste cose possono attirare da' diversi umori, e
dal diverso pensare degli uomini.
Partito fra Galdino, «tutte quelle noci!» esclamò Agnese: «in
quest'anno!»
«Mamma, perdonatemi,» rispose Lucia; «ma, se avessimo fatta
un'elemosina come gli altri, fra Galdino avrebbe dovuto girare ancora,
Dio sa quanto, prima d'aver la bisaccia piena; Dio sa quando sarebbe
tornato al convento; e, con le ciarle che avrebbe fatte e sentite, Dio
sa se gli sarebbe rimasto in mente....»
«Hai pensato bene; e poi è tutta carità che porta sempre buon frutto,»
disse Agnese, la quale, co' suoi difettucci, era una gran buona donna,
e si sarebbe, come si dice, buttata nel fuoco per quell'unica figlia,
in cui aveva riposta tutta la sua compiacenza.
In questa, arrivò Renzo, ed entrando con un volto dispettoso insieme
e mortificato, gettò i capponi sur una tavola; e fu questa l'ultima
trista vicenda delle povere bestie, per quel giorno.
«Bel parere che m'avete dato!» disse ad Agnese. «M'avete mandato da un
buon galantuomo, da uno che aiuta veramente i poverelli!» E raccontò
il suo abboccamento col dottore. La donna, stupefatta di così trista
riuscita, voleva mettersi a dimostrare che il parere però era buono,
e che Renzo non doveva aver saputo far la cosa come andava fatta; ma
Lucia interruppe quella questione, annunziando che sperava d'aver
trovato un aiuto migliore. Renzo accolse anche questa speranza, come
accade a quelli che sono nella sventura e nell'impiccio. «Ma, se il
padre,» disse, «non ci trova un ripiego, lo troverò io, in un modo o
nell'altro.»
Le donne consigliaron la pace, la pazienza, la prudenza. «Domani,»
disse Lucia, «il padre Cristoforo verrà sicuramente; e vedrete che
troverà qualche rimedio, di quelli che noi poveretti non sappiam
nemmeno immaginare.»
«Lo spero;» disse Renzo; «ma, in ogni caso, saprò farmi ragione, o
farmela fare. A questo mondo c'è giustizia finalmente.»
Co' dolorosi discorsi, e con le andate e venute che si son riferite,
quel giorno era passato; e cominciava a imbrunire.
«Buona notte,» disse tristamente Lucia a Renzo, il quale non sapeva
risolversi d'andarsene.
«Buona notte,» rispose Renzo, ancor più tristamente.
«Qualche santo ci aiuterà,» replicò Lucia: «usate prudenza, e
rassegnatevi.»
La madre aggiunse altri consigli dello stesso genere; e lo sposo se
n'andò, col cuore in tempesta, ripetendo sempre quelle strane parole:
«a questo mondo c'è giustizia, finalmente!» Tant'è vero che un uomo
sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica.


CAPITOLO IV.

Il sole non era ancor tutto apparso sull'orizzonte, quando il padre
Cristoforo uscì dal suo convento di Pescarenico, per salire alla
casetta dov'era aspettato. È Pescarenico una terricciola, sulla riva
sinistra dell'Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte:
un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate
qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare. Il convento era
situato (e la fabbrica ne sussiste tuttavia) al di fuori, e in faccia
all'entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco conduce
a Bergamo. Il cielo era tutto sereno: di mano in mano che il sole
s'alzava dietro il monte, si vedeva la sua luce, dalle sommità de'
monti opposti, scendere, come spiegandosi rapidamente, giù per i
pendii, e nella valle. Un venticello d'autunno, staccando da' rami le
foglie appassite del gelso, le portava a cadere, qualche passo distante
dall'albero. A destra e a sinistra, nelle vigne, sui tralci ancor tesi,
brillavan le foglie rosseggianti a varie tinte; e la terra lavorata
di fresco, spiccava bruna e distinta ne' campi di stoppie biancastre
e luccicanti dalla guazza. La scena era lieta; ma ogni figura d'uomo
che vi apparisse, rattristava lo sguardo e il pensiero. Ogni tanto,
s'incontravano mendichi laceri e macilenti, o invecchiati nel mestiere,
o spinti allora dalla necessità a tender la mano. Passavano zitti
accanto al padre Cristoforo, lo guardavano pietosamente, e, benchè non
avesser nulla a sperar da lui, giacchè un cappuccino non toccava mai
moneta, gli facevano un inchino di ringraziamento, per l'elemosina che
avevan ricevuta, o che andavano a cercare al convento. Lo spettacolo
de' lavoratori sparsi ne' campi, aveva qualcosa d'ancor più doloroso.
Alcuni andavan gettando le lor semente, rade, con risparmio, e a
malincuore, come chi arrischia cosa che troppo gli preme; altri
spingevan la vanga come a stento, e rovesciavano svogliatamente
la zolla. La fanciulla scarna, tenendo per la corda al pascolo la
vaccherella magra stecchita, guardava innanzi, e si chinava in fretta,
a rubarle, per cibo della famiglia, qualche erba, di cui la fame aveva
insegnato che anche gli uomini potevan vivere. Questi spettacoli
accrescevano, a ogni passo, la mestizia del frate, il quale camminava
già col tristo presentimento in cuore, d'andar a sentire qualche
sciagura.
--Ma perchè si prendeva tanto pensiero di Lucia? E perchè, al primo
avviso, s'era mosso con tanta sollecitudine, come a una chiamata
del padre provinciale? E chi era questo padre Cristoforo?--Bisogna
soddisfare a tutte queste domande.
[Illustrazione: PADRE CRISTOFORO. (pag. 49)]
Il padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai
cinquant'anni. Il suo capo raso, salvo la piccola corona di capelli,
che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s'alzava di
tempo in tempo, con un movimento che lasciava trasparire un non so che
d'altero e d'inquieto; e subito s'abbassava, per riflessione d'umiltà.
La barba bianca e lunga, che gli copriva le guance e il mento, faceva
ancor più risaltare le forme rilevate della parte superiore del volto,
alle quali un'astinenza, già da gran pezzo abituale, aveva assai più
aggiunto di gravità che tolto d'espressione. Due occhi incavati eran
per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità
repentina; come due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere,
col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno,
di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontan subito, con una buona
tirata di morso.
Il padre Cristoforo non era sempre stato così, nè sempre era stato
Cristoforo: il suo nome di battesimo era Lodovico. Era figliuolo d'un
mercante di *** (questi asterischi vengon tutti dalla circospezione
del mio anonimo) che, ne' suoi ultim'anni, trovandosi assai fornito
di beni, e con quell'unico figliuolo, aveva rinunziato al traffico, e
s'era dato a viver da signore.
Nel suo nuovo ozio, cominciò a entrargli in corpo una gran vergogna
di tutto quel tempo che aveva speso a far qualcosa in questo mondo.
Predominato da una tal fantasia, studiava tutte le maniere di far
dimenticare ch'era stato mercante: avrebbe voluto poterlo dimenticare
anche lui. Ma il fondaco, le balle, il libro, il braccio, gli
comparivan sempre nella memoria, come l'ombra di Banco a Macbeth, anche
tra la pompa delle mense, e il sorriso de' parassiti. E non si potrebbe
dire la cura che dovevano aver que' poveretti, per schivare ogni parola
che potesse parere allusiva all'antica condizione del convitante. Un
giorno, per raccontarne una, un giorno, sul finir della tavola, ne'
momenti della più viva e schietta allegria, che non si sarebbe potuto
dire chi più godesse, o la brigata di sparecchiare, o il padrone d'aver
apparecchiato, andava stuzzicando, con superiorità amichevole, uno
di que' commensali, il più onesto mangiatore del mondo. Questo, per
corrispondere alla celia, senza la minima ombra di malizia, proprio col
candore d'un bambino, rispose: «eh! io fo l'orecchio del mercante.»
Egli stesso fu subito colpito dal suono della parola che gli era
uscita di bocca: guardò, con faccia incerta, alla faccia del padrone,
che s'era rannuvolata: l'uno e l'altro avrebber voluto riprender
quella di prima; ma non era possibile. Gli altri convitati pensavano,
ognun da sè, al modo di sopire il piccolo scandolo, e di fare una
diversione; ma, pensando, tacevano, e, in quel silenzio, lo scandolo
era più manifesto. Ognuno scansava d'incontrar gli occhi degli altri;
ognuno sentiva che tutti eran occupati del pensiero che tutti volevan
dissimulare. La gioia, per quel giorno, se n'andò; e l'imprudente o,
per parlar con più giustizia, lo sfortunato, non ricevette più invito.
Così il padre di Lodovico passò gli ultimi suoi anni in angustie
continue, temendo sempre d'essere schernito, e non riflettendo mai
che il vendere non è cosa più ridicola che il comprare, e che quella
professione di cui allora si vergognava, l'aveva pure esercitata per
tant'anni, in presenza del pubblico, e senza rimorso. Fece educare
il figlio nobilmente, secondo la condizione de' tempi, e per quanto
gli era concesso dalle leggi e dalle consuetudini; gli diede maestri
di lettere e d'esercizi cavallereschi; e morì, lasciandolo ricco e
giovinetto.
Lodovico aveva contratto abitudini signorili; e gli adulatori, tra i
quali era cresciuto, l'avevano avvezzato ad esser trattato con molto
rispetto. Ma, quando volle mischiarsi coi principali della sua città,
trovò un fare ben diverso da quello a cui era accostumato; e vide
che, a voler esser della lor compagnia, come avrebbe desiderato, gli
conveniva fare una nuova scuola di pazienza e di sommissione, star
sempre al di sotto, e ingozzarne una, ogni momento. Una tal maniera
di vivere non s'accordava, nè con l'educazione, nè con la natura di
Lodovico. S'allontanò da essi indispettito. Ma poi ne stava lontano
con rammarico; perchè gli pareva che questi veramente avrebber dovuto
essere i suoi compagni; soltanto gli avrebbe voluti più trattabili.
Con questo misto d'inclinazione e di rancore, non potendo frequentarli
famigliarmente, e volendo pure aver che far con loro in qualche modo,
s'era dato a competer con loro di sfoggi e di magnificenza, comprandosi
così a contanti inimicizie, invidie e ridicolo. La sua indole, onesta
insieme e violenta, l'aveva poi imbarcato per tempo in altre gare più
serie. Sentiva un orrore spontaneo e sincero per l'angherie e per i
soprusi: orrore reso ancor più vivo in lui dalla qualità delle persone
che più ne commettevano alla giornata; ch'erano appunto coloro coi
quali aveva più di quella ruggine. Per acquietare, o per esercitare
tutte queste passioni in una volta, prendeva volentieri le parti
d'un debole sopraffatto, si piccava di farci stare un soverchiatore,
s'intrometteva in una briga, se ne tirava addosso un'altra; tanto che,
a poco a poco, venne a costituirsi come un protettor degli oppressi, e
un vendicatore de' torti. L'impiego era gravoso; e non è da domandare
se il povero Lodovico avesse nemici, impegni e pensieri. Oltre la
guerra esterna, era poi tribolato continuamente da contrasti interni;
perchè, a spuntarla in un impegno (senza parlare di quelli in cui
restava al di sotto), doveva anche lui adoperar raggiri e violenze, che
la sua coscienza non poteva poi approvare. Doveva tenersi intorno un
buon numero di bravacci; e, così per la sua sicurezza, come per averne
un aiuto più vigoroso, doveva scegliere i più arrischiati, cioè i più
ribaldi; e vivere co' birboni, per amor della giustizia. Tanto che,
più d'una volta, o scoraggito, dopo una trista riuscita, o inquieto
per un pericolo imminente, annoiato del continuo guardarsi, stomacato
della sua compagnia, in pensiero dell'avvenire, per le sue sostanze che
se n'andavan, di giorno in giorno, in opere buone e in braverie, più
d'una volta gli era saltata la fantasia di farsi frate; che, a que'
tempi, era il ripiego più comune, per uscir d'impicci. Ma questa, che
sarebbe forse stata una fantasia per tutta la sua vita, divenne una
risoluzione, a causa d'un accidente, il più serio che gli fosse ancor
capitato.
Andava un giorno per una strada della sua città, seguito da due bravi,
e accompagnato da un tal Cristoforo, altre volte giovine di bottega e,
dopo chiusa questa, diventato maestro di casa. Era un uomo di circa
cinquant'anni, affezionato, dalla gioventù, a Lodovico, che aveva
veduto nascere, e che, tra salario e regali, gli dava non solo da
vivere, ma di che mantenere e tirar su una numerosa famiglia. Vide
Lodovico spuntar da lontano un signor tale, arrogante e soverchiatore
di professione, col quale non aveva mai parlato in vita sua, ma
che gli era cordiale nemico, e al quale rendeva, pur di cuore, il
contraccambio: giacchè è uno de' vantaggi di questo mondo, quello di
poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi. Costui, seguito da
quattro bravi, s'avanzava diritto, con passo superbo, con la testa
alta, con la bocca composta all'alterigia e allo sprezzo. Tutt'e due
camminavan rasente al muro; ma Lodovico (notate bene) lo strisciava col
lato destro; e ciò, secondo una consuetudine, gli dava il diritto (dove
mai si va a ficcare il diritto!) di non istaccarsi dal detto muro,
per dar passo a chi si fosse; cosa della quale allora si faceva gran
caso. L'altro pretendeva, all'opposto, che quel diritto competesse a
lui, come a nobile, e che a Lodovico toccasse d'andar nel mezzo; e ciò
in forza d'un'altra consuetudine. Perocchè, in questo, come accade in
molti altri affari, erano in vigore due consuetudini contrarie, senza
che fosse deciso qual delle due fosse la buona; il che dava opportunità
di fare una guerra, ogni volta che una testa dura s'abbattesse in
un'altra della stessa tempra. Que' due si venivano incontro, ristretti
alla muraglia, come due figure di basso rilievo ambulanti. Quando si
trovarono a viso a viso, il signor tale, squadrando Lodovico, a capo
alto, col cipiglio imperioso, gli disse in un tono corrispondente di
voce: «fate luogo.»
«Fate luogo voi,» rispose Lodovico. «La diritta è mia.»
«Co' vostri pari, è sempre mia.»
«Sì, se l'arroganza de' vostri pari fosse legge per i pari miei.»
I bravi dell'uno e dell'altro eran rimasti fermi, ciascuno dietro il
suo padrone, guardandosi in cagnesco, con le mani alle daghe, preparati
alla battaglia. La gente che arrivava di qua e di là, si teneva in
distanza, a osservare il fatto; e la presenza di quegli spettatori
animava sempre più il puntiglio de' contendenti.
«Nel mezzo, vile meccanico; o ch'io t'insegno una volta come si tratta
co' gentiluomini.»
«Voi mentite ch'io sia vile.»
«Tu menti ch'io abbia mentito.» Questa risposta era di prammatica. «E,
se tu fossi cavaliere, come son io,» aggiunse quel signore, «ti vorrei
far vedere, con la spada e con la cappa, che il mentitore sei tu.»
«E un buon pretesto per dispensarvi di sostener co' fatti l'insolenza
delle vostre parole.»
«Gettate nel fango questo ribaldo,» disse il gentiluomo, voltandosi a'
suoi.
«Vediamo!» disse Lodovico, dando subitamente un passo indietro, e
mettendo mano alla spada.
«Temerario!» gridò l'altro, sfoderando la sua: «io spezzerò questa,
quando sarà macchiata del tuo vil sangue.»
Così s'avventarono l'uno all'altro; i servitori delle due parti
si slanciarono alla difesa de' loro padroni. Il combattimento era
disuguale, e per il numero, e anche perchè Lodovico mirava piuttosto a
scansare i colpi, e a disarmare il nemico, che ad ucciderlo; ma questo
voleva la morte di lui, a ogni costo. Lodovico aveva già ricevuta
al braccio sinistro una pugnalata d'un bravo, e una sgraffiatura
leggiera in una guancia, e il nemico principale gli piombava addosso
per finirlo; quando Cristoforo, vedendo il suo padrone nell'estremo
pericolo, andò col pugnale addosso al signore. Questo, rivolta tutta la
sua ira contro di lui, lo passò con la spada. A quella vista, Lodovico,
come fuor di sè, cacciò la sua nel ventre del feritore, il quale
cadde moribondo, quasi a un punto col povero Cristoforo. I bravi del
gentiluomo, visto ch'era finita, si diedero alla fuga, malconci: quelli
di Lodovico, tartassati e sfregiati anche loro, non essendovi più a chi
dare, e non volendo trovarsi impicciati nella gente, che già accorreva,
scantonarono dall'altra parte: e Lodovico si trovò solo, con que' due
funesti compagni ai piedi, in mezzo a una folla.
«Com'è andata?--È uno.--Son due.--Gli ha fatto un occhiello nel
ventre.--Chi è stato ammazzato?--Quel prepotente.--Oh santa Maria, che
sconquasso!--Chi cerca trova.--Una le paga tutte.--Ha finito anche
lui.--Che colpo!--Vuol essere una faccenda seria.--E quell'altro
disgraziato!--Misericordia! che spettacolo!--Salvatelo, salvatelo.--Sta
fresco anche lui.--Vedete com'è concio! butta sangue da tutte le
parti.--Scappi, scappi. Non si lasci prendere.»
Queste parole, che più di tutte si facevan sentire nel frastono confuso
di quella folla, esprimevano il voto comune; e, col consiglio, venne
anche l'aiuto. Il fatto era accaduto vicino a una chiesa di cappuccini,
asilo, come ognun sa, impenetrabile allora a' birri, e a tutto
quel complesso di cose e di persone, che si chiamava la giustizia.
L'uccisore ferito fu quivi condotto o portato dalla folla, quasi fuor
di sentimento; e i frati lo ricevettero dalle mani del popolo, che
glielo raccomandava, dicendo: «è un uomo dabbene che ha freddato un
birbone superbo: l'ha fatto per sua difesa: c'è stato tirato per i
capelli.»
Lodovico non aveva mai, prima d'allora, sparso sangue; e, benchè
l'omicidio fosse, a que' tempi, cosa tanto comune, che gli orecchi
d'ognuno erano avvezzi a sentirlo raccontare, e gli occhi a vederlo,
pure l'impressione ch'egli ricevette dal veder l'uomo morto per lui,
e l'uomo morto da lui, fu nuova e indicibile; fu una rivelazione di
sentimenti ancora sconosciuti. Il cadere del suo nemico, l'alterazione
di quel volto, che passava, in un momento, dalla minaccia e dal furore,
all'abbattimento e alla quiete solenne della morte, fu una vista che
cambiò, in un punto, l'animo dell'uccisore. Strascinato al convento,
non sapeva quasi dove si fosse, nè cosa si facesse; e, quando fu
tornato in sè, si trovò in un letto dell'infermeria, nelle mani del
frate chirurgo, (i cappuccini ne avevano ordinariamente uno in ogni
convento) che accomodava faldelle e fasce sulle due ferite ch'egli
aveva ricevute nello scontro. Un padre, il cui impiego particolare
era d'assistere i moribondi, e che aveva spesso avuto a render questo
servizio sulla strada, fu chiamato subito al luogo del combattimento.
Tornato, pochi minuti dopo, entrò nell'infermeria, e, avvicinatosi al
letto dove Lodovico giaceva, «consolatevi» gli disse: «almeno è morto
bene, e m'ha incaricato di chiedere il vostro perdono, e di portarvi
il suo.» Questa parola fece rinvenire affatto il povero Lodovico, e
gli risvegliò più vivamente e più distintamente i sentimenti ch'eran
confusi e affollati nel suo animo: dolore dell'amico, sgomento e
rimorso del colpo che gli era uscito di mano, e, nello stesso tempo,
un'angosciosa compassione dell'uomo che aveva ucciso. «E l'altro?»
domandò ansiosamente al frate.
«L'altro era spirato, quand'io arrivai.»
Frattanto, gli accessi e i contorni del convento formicolavan di
popolo curioso: ma, giunta la sbirraglia, fece smaltir la folla, e
si postò a una certa distanza dalla porta, in modo però che nessuno
potesse uscirne inosservato. Un fratello del morto, due suoi cugini
e un vecchio zio, vennero pure, armati da capo a piedi, con grande
accompagnamento di bravi; e si misero a far la ronda intorno,
guardando, con aria e con atti di dispetto minaccioso, que' curiosi,
che non osavan dire: gli sta bene; ma l'avevano scritto in viso.
Appena Lodovico ebbe potuto raccogliere i suoi pensieri, chiamato un
frate confessore, lo pregò che cercasse della vedova di Cristoforo, le
chiedesse in suo nome perdono d'essere stato lui la cagione, quantunque
ben certo involontaria, di quella desolazione, e, nello stesso tempo,
l'assicurasse ch'egli prendeva la famiglia sopra di sè. Riflettendo
quindi a' casi suoi, sentì rinascere più che mai vivo e serio quel
pensiero di farsi frate, che altre volte gli era passato per la mente:
gli parve che Dio medesimo l'avesse messo sulla strada, e datogli un
segno del suo volere, facendolo capitare in un convento, in quella
congiuntura; e il partito fu preso. Fece chiamare il guardiano, e gli
manifestò il suo desiderio. N'ebbe in risposta, che bisognava guardarsi
dalle risoluzioni precipitate; ma che, se persisteva, non sarebbe
rifiutato. Allora, fatto venire un notaro, dettò una donazione di tutto
ciò che gli rimaneva (ch'era tuttavia un bel patrimonio) alla famiglia
di Cristoforo: una somma alla vedova, come se le costituisse una
contraddote, e il resto a otto figliuoli che Cristoforo aveva lasciati.
La risoluzione di Lodovico veniva molto a proposito per i suoi ospiti,
i quali, per cagion sua, erano in un bell'intrigo. Rimandarlo dal
convento, ed esporlo così alla giustizia, cioè alla vendetta de'
suoi nemici, non era partito da metter neppure in consulta. Sarebbe
stato lo stesso che rinunziare a' propri privilegi, screditare
il convento presso il popolo, attirarsi il biasimo di tutti i
cappuccini dell'universo, per aver lasciato violare il diritto di
tutti, concitarsi contro tutte l'autorità ecclesiastiche, le quali
si consideravan come tutrici di questo diritto. Dall'altra parte, la
famiglia dell'ucciso, potente assai, e per sè, e per le sue aderenze,
s'era messa al punto di voler vendetta; e dichiarava suo nemico
chiunque s'attentasse di mettervi ostacolo. La storia non dice che
a loro dolesse molto dell'ucciso, e nemmeno che una lagrima fosse
stata sparsa per lui, in tutto il parentado: dice soltanto ch'eran
tutti smaniosi d'aver nell'unghie l'uccisore, o vivo o morto. Ora
questo, vestendo l'abito di cappuccino, accomodava ogni cosa. Faceva,
in certa maniera, un'emenda, s'imponeva una penitenza, si chiamava
implicitamente in colpa, si ritirava da ogni gara; era in somma un
nemico che depon l'armi. I parenti del morto potevan poi anche, se loro
piacesse, credere e vantarsi che s'era fatto frate per disperazione,
e per terrore del loro sdegno. E, ad ogni modo, ridurre un uomo a
spropriarsi del suo, a tosarsi la testa, a camminare a piedi nudi, a
dormir sur un saccone, a viver d'elemosina, poteva parere una punizione
competente, anche all'offeso il più borioso.
Il padre guardiano si presentò, con un'umiltà disinvolta, al fratello
del morto, e, dopo mille proteste di rispetto per l'illustrissima casa,
e di desiderio di compiacere ad essa in tutto ciò che fosse fattibile,
parlò del pentimento di Lodovico, e della sua risoluzione, facendo
garbatamente sentire che la casa poteva esserne contenta, e insinuando
poi soavemente, e con maniera ancor più destra, che, piacesse o non
piacesse, la cosa doveva essere. Il fratello diede in ismanie, che il
cappuccino lasciò svaporare, dicendo di tempo in tempo: «è un troppo
giusto dolore.» Fece intendere che, in ogni caso, la sua famiglia
avrebbe saputo prendersi una soddisfazione: e il cappuccino, qualunque
cosa ne pensasse, non disse di no. Finalmente richiese, impose come
una condizione, che l'uccisor di suo fratello partirebbe subito da
quella città. Il guardiano, che aveva già deliberato che questo fosse
fatto, disse che si farebbe, lasciando che l'altro credesse, se gli
piaceva, esser questo un atto d'ubbidienza: e tutto fu concluso.
Contenta la famiglia, che ne usciva con onore; contenti i frati,
che salvavano un uomo e i loro privilegi, senza farsi alcun nemico;
contenti i dilettanti di cavalleria, che vedevano un affare terminarsi
lodevolmente; contento il popolo, che vedeva fuor d'impiccio un uomo
ben voluto, e che, nello stesso tempo, ammirava una conversione;
contento finalmente, e più di tutti, in mezzo al dolore, il nostro
Lodovico, il quale cominciava una vita d'espiazione e di servizio, che
potesse, se non riparare, pagare almeno il mal fatto, e rintuzzare il
pungolo intollerabile del rimorso. Il sospetto che la sua risoluzione
fosse attribuita alla paura, l'afflisse un momento; ma si consolò
subito, col pensiero che anche quell'ingiusto giudizio sarebbe un
gastigo per lui, e un mezzo d'espiazione. Così, a trent'anni, si
ravvolse nel sacco; e, dovendo, secondo l'uso, lasciare il suo nome, e
prenderne un altro, ne scelse uno che gli rammentasse, ogni momento,
ciò che aveva da espiare: e si chiamò fra Cristoforo.
Appena compita la cerimonia della vestizione, il guardiano gl'intimò
che sarebbe andato a fare il suo noviziato a ***, sessanta miglia
lontano, e che partirebbe all'indomani. Il novizio s'inchinò
profondamente, e chiese una grazia. «Permettetemi, padre,» disse,
«che, prima di partir da questa città, dove ho sparso il sangue d'un
uomo, dove lascio una famiglia crudelimente offesa, io la ristori
almeno dell'affronto, ch'io mostri almeno il mio rammarico di non
poter risarcire il danno, col chiedere scusa al fratello dell'ucciso,
e gli levi, se Dio benedice la mia intenzione, il rancore dall'animo.»
Al guardiano parve che un tal passo, oltre all'esser buono in sè,
servirebbe a riconciliar sempre più la famiglia col convento; e
andò diviato da quel signor fratello, ad esporgli la domanda di fra
Cristoforo. A proposta così inaspettata, colui senti, insieme con
la maraviglia, un ribollimento di sdegno, non però senza qualche
compiacenza. Dopo aver pensato un momento, «venga domani,» disse; e
assegnò l'ora. Il guardiano tornò, a portare al novizio il consenso
desiderato.
Il gentiluomo pensò subito che, quanto più quella soddisfazione fosse
solenne e clamorosa, tanto più accrescerebbe il suo credito presso
tutta la parentela, e presso il pubblico; e sarebbe (per dirla con
un'eleganza moderna) una bella pagina nella storia della famiglia. Fece
avvertire in fretta tutti i parenti che, all'indomani, a mezzogiorno,
restassero serviti (così si diceva allora) di venir da lui, a ricevere
una soddisfazione comune. A mezzogiorno, il palazzo brulicava di
signori d'ogni età e d'ogni sesso: era un girare, un rimescolarsi
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