I promessi sposi. - 24

la sua risposta. Ne veniva in fatti, a rigor di termini, perchè c'era
passato; e il nome l'aveva saputo, a un certo punto della strada, da un
viandante che gli aveva indicato quel paese come il primo che doveva
attraversare, per arrivare a Gorgonzola.
«Oh!» disse l'amico; come se volesse dire: faresti meglio a venir da
Milano, ma pazienza. «E a Liscate,» soggiunse, «non si sapeva niente di
Milano?»
«Potrebb'essere benissimo che qualcheduno là sapesse qualche cosa,»
rispose il montanaro: «ma io non ho sentito dir nulla.»
E queste parole le proferì in quella maniera particolare che par che
voglia dire: ho finito. Il curioso ritornò al suo posto; e, un momento
dopo, l'oste venne a mettere in tavola.
«Quanto c'è di qui all'Adda?» gli disse Renzo, mezzo tra' denti, con un
fare da addormentato, che gli abbiam visto qualche altra volta.
«All'Adda, per passare?» disse l'oste.
«Cioè.... sì.... all'Adda.»
«Volete passare dal ponte di Cassano, o sulla chiatta di Canonica?»
«Dove si sia.... Domando così per curiosità.»
«Eh, volevo dire, perchè quelli sono i luoghi dove passano i
galantuomini, la gente che può dar conto di sè.»
«Va bene: e quanto c'è?»
«Fate conto che, tanto a un luogo, come all'altro, poco più, poco meno,
ci sarà sei miglia.»
«Sei miglia! non credevo tanto,» disse Renzo. «E già,» riprese poi,
con un'aria d'indifferenza, portata fino all'affettazione: «e già, chi
avesse bisogno di prendere una scorciatoia, ci saranno altri luoghi da
poter passare?»
[Illustrazione: ....e subito dopo cominciò a tempestare il suo ospite
di domande.... (pag. 238)]
«Ce n'è sicuro,» rispose l'oste, ficcandogli in viso due occhi pieni
d'una curiosità maliziosa. Bastò questo per far morir tra' denti al
giovine l'altre domande che aveva preparate. Si tirò davanti il piatto;
e guardando la mezzetta che l'oste aveva posata, insieme con quello,
sulla tavola, disse: «il vino è sincero?»
«Come l'oro,» disse l'oste: «domandatene pure a tutta la gente del
paese e del contorno, che se n'intende: e poi, lo sentirete.» E così
dicendo, tornò verso la brigata.
--Maledetti gli osti!--esclamò Renzo tra sè:--più ne conosco, peggio
li trovo.--Non ostante si mise a mangiare con grand'appetito,
stando, nello stesso tempo, in orecchi, senza che paresse suo fatto,
per veder di scoprir paese, di rilevare come si pensasse colà sul
grand'avvenimento nel quale egli aveva avuta non piccola parte, e
d'osservare specialmente se, tra que' parlatori, ci fosse qualche
galantuomo, a cui un povero figliuolo potesse fidarsi di domandar la
strada, senza timore d'esser messo alle strette, e forzato a ciarlare
de' fatti suoi.
«Ma!» diceva uno: «questa volta par proprio che i milanesi abbian
voluto far davvero. Basta; domani al più tardi, si saprà qualcosa.»
«Mi pento di non esser andato a Milano stamattina,» diceva un altro.
«Se vai domani, vengo anch'io,» disse un terzo; poi un altro, poi un
altro.
«Quel che vorrei sapere,» riprese il primo, «è se que' signori di
Milano penseranno anche alla povera gente di campagna, o se faranno
far la legge buona solamente per loro. Sapete come sono eh? Cittadini
superbi, tutto per loro: gli altri, come se non ci fossero.»
«La bocca l'abbiamo anche noi, sia per mangiare, sia per dir la nostra
ragione,» disse un altro, con voce tanto più modesta, quanto più la
proposizione era avanzata: «e quando la cosa sia incamminata....» Ma
credette meglio di non finir la frase.
«Del grano nascosto, non ce n'è solamente in Milano,» cominciava un
altro, con un'aria cupa e maliziosa; quando sentono avvicinarsi un
cavallo. Corron tutti all'uscio; e, riconosciuto colui che arrivava,
gli vanno incontro. Era un mercante di Milano, che, andando più volte
l'anno a Bergamo, per i suoi traffichi, era solito passar la notte in
quell'osteria; e siccome ci trovava quasi sempre la stessa compagnia,
li conosceva tutti. Gli s'affollano intorno; uno prende la briglia, un
altro la staffa. «Ben arrivato, ben arrivato!»
«Ben trovati.»
«Avete fatto buon viaggio?»
«Benissimo; e voi altri, come state?»
«Bene, bene. Che nuove ci portate di Milano?
«Ah! ecco quelli delle novità,» disse il mercante smontando, e
lasciando il cavallo in mano d'un garzone. «E poi, e poi,» continuò,
entrando con la compagnia, «a quest'ora le saprete forse meglio di me.»
«Non sappiamo nulla, davvero,» disse più d'uno, mettendosi la mano al
petto.
«Possibile?» disse il mercante. «Dunque ne sentirete delle belle....
o delle brutte. Ehi, oste, il mio letto solito è in libertà? Bene: un
bicchier di vino, e il mio solito boccone, subito; perchè voglio andare
a letto presto, per partir presto domattina, e arrivare a Bergamo per
l'ora del desinare. E voi altri,» continuò, mettendosi a sedere, dalla
parte opposta a quella dove stava Renzo, zitto e attento, «voi altri
non sapete di tutte quelle diavolerie di ieri?»
«Di ieri sì.»
«Vedete dunque,» riprese il mercante, «se le sapete le novità. Lo
dicevo io che, stando qui sempre di guardia, per frugar quelli che
passano....»
«Ma oggi, com'è andata oggi?»
«Ah oggi. Non sapete niente d'oggi?»
«Niente affatto: non è passato nessuno.»
«Dunque lasciatemi bagnar le labbra; e poi vi dirò le cose d'oggi.
Sentirete.» Empi il bicchiere, lo prese con una mano, poi con le
prime due dita dell'altra sollevò i baffi, poi si lisciò la barba,
bevette, e riprese: «oggi, amici cari, ci mancò poco, che non fosse una
giornata brusca come ieri, o peggio. E non mi par quasi vero d'esser
qui a chiacchierar con voi altri; perchè avevo già messo da parte ogni
pensiero di viaggio, per restare a guardar la mia povera bottega.»
«Che diavolo c'era?» disse uno degli ascoltanti.
«Proprio il diavolo: sentirete.» E trinciando la pietanza che gli
era stata messa davanti, e poi mangiando, continuò il suo racconto.
I compagni, ritti di qua e di là della tavola, lo stavano a sentire,
con la bocca aperta; Renzo, al suo posto, senza che paresse suo fatto,
stava attento, forse più di tutti, masticando adagio adagio gli ultimi
suoi bocconi.
«Stamattina dunque que' birboni che ieri avevano fatto quel chiasso
orrendo, si trovarono a' posti convenuti (già c'era un'intelligenza:
tutte cose preparate); si riunirono, e ricominciarono quella bella
storia di girare di strada in strada, gridando per tirar altra gente.
Sapete che è come quando si spazza, con riverenza parlando, la casa;
il mucchio del sudiciume ingrossa quanto più va avanti. Quando parve
loro d'esser gente abbastanza, s'avviarono verso la casa del signor
vicario di provvisione; come se non bastassero le tirannie che gli
hanno fatte ieri: a un signore di quella sorte! oh che birboni! E la
roba che dicevan contro di lui! Tutte invenzioni: un signor dabbene,
puntuale; e io lo posso dire, che son tutto di casa, e lo servo di
panno per le livree della servitù. S'incamminaron dunque verso quella
casa: bisognava veder che canaglia, che facce: figuratevi che son
passati davanti alla mia bottega: facce che.... i giudei della _Via
Crucis_ non ci son per nulla. E le cose che uscivan da quelle bocche!
da turarsene gli orecchi, se non fosse stato che non tornava conto
di farsi scorgere. Andavan dunque con la buona intenzione di dare il
sacco; ma....» E qui, alzata in aria, e stesa la mano sinistra, si mise
la punta del pollice alla punta del naso.
«Ma?» dissero forse tutti gli ascoltatori.
«Ma,» continuò il mercante, «trovaron la strada chiusa con travi e con
carri, e, dietro quella barricata, una bella fila di micheletti, con
gli archibugi spianati per riceverli come si meritavano. Quando videro
questo bell'apparato.... Cosa avreste fatto voi altri?»
«Tornare indietro.»
«Sicuro; e così fecero. Ma vedete un poco se non era il demonio che li
portava. Son lì sul Cordusio, vedon lì quel forno che, fin da ieri,
avevan voluto saccheggiare; e cosa si faceva in quella bottega? si
distribuiva il pane agli avventori; c'era de' cavalieri, e fior di
cavalieri, a invigilare che tutto andasse bene; e costoro (avevano il
diavolo addosso vi dico, e poi c'era chi gli aizzava), costoro, dentro
come disperati; piglia tu, che piglio anch'io: in un batter d'occhio,
cavalieri, fornai, avventori, pani, banco, panche, madie, casse,
sacchi, frulloni, crusca, farina, pasta, tutto sottosopra.»
«E i micheletti?»
«I micheletti avevan la casa del vicario da guardare: non si può
cantare, e portar la croce. Fu in un batter d'occhio, vi dico: piglia
piglia; tutto ciò che c'era buono a qualcosa, fu preso. E poi torna in
campo quel bel ritrovato di ieri, di portare il resto sulla piazza, e
di farne una fiammata. E già cominciavano, i manigoldi, a tirar fuori
roba; quando uno più manigoldo degli altri, indovinate un po' con che
bella proposta venne fuori.»
«Con che cosa?»
«Di fare un mucchio di tutto nella bottega, e di dar fuoco al mucchio e
alla casa insieme. Detto fatto....»
«Ci han dato fuoco?»
«Aspettate. Un galantuomo del vicinato ebbe un'ispirazione dal cielo.
Corse su nelle stanze, cercò d'un Crocifisso, lo trovò, l'attaccò
all'archetto d'una finestra, prese da capo d'un letto due candele
benedette, le accese, e le mise sul davanzale, a destra e a sinistra
del Crocifisso. La gente guarda in su. In un Milano bisogna dirla,
c'è ancora del timor di Dio; tutti tornarono in sè. La più parte,
voglio dire; c'era bensì de' diavoli che, per rubare, avrebbero dato
fuoco anche al paradiso; ma visto che la gente non era del loro
parere, dovettero smettere, e star cheti. Indovinate ora chi arrivò
all'improvviso. Tutti i monsignori del duomo, in processione, a croce
alzata, in abito corale; e monsignor Mazenta, arciprete, cominciò a
predicare da una parte, e monsignor Settala, penitenziere, da un'altra,
e gli altri anche loro: ma, brava gente! ma cosa volete fare? ma è
questo l'esempio che date a' vostri figliuoli? ma tornate a casa; ma
non sapete che il pane è a buon mercato, più di prima? ma andate a
vedere, che c'è l'avviso sulle cantonate.»
«Era vero?»
«Diavolo! Volete che i monsignori del duomo venissero in cappa magna a
dir delle fandonie?»
«E la gente cosa fece?»
«A poco a poco se n'andarono; corsero alle cantonate; e, chi sapeva
leggere, la c'era proprio la meta. Indovinate un poco: un pane
d'ott'once per un soldo.»
«Che bazza!»
«La vigna è bella; pur che la duri. Sapete quanta farina hanno mandata
a male, tra ieri e stamattina? Da mantenerne il ducato per due mesi.»
«E per fuori di Milano, non s'è fatta nessuna legge buona?»
«Quel che s'è fatto per Milano, è tutto a spese della città. Non so
che vi dire: per voi altri sarà quel che Dio vorrà. A buon conto, i
fracassi son finiti. Non v'ho detto tutto; ora viene il buono.»
«Cosa c'è ancora?»
«C'è che, ier sera o stamattina che sia, ne sono stati agguantati
molti; e subito s'è saputo che i capi saranno impiccati. Appena
cominciò a spargersi questa voce, ognuno andava a casa per la più
corta, per non arrischiare d'esser nel numero. Milano, quand'io ne sono
uscito, pareva un convento di frati.»
«Gl'impiccheranno poi davvero?»
«Eccome! e presto,» rispose il mercante.
«E la gente cosa farà?» domandò ancora colui che aveva fatta l'altra
domanda.
«La gente? anderà a vedere,» disse il mercante. «Avevan tanta voglia di
veder morire un cristiano all'aria aperta, che volevano, birboni! far
la festa al signor vicario di provvisione. In vece sua, avranno quattro
tristi, serviti con tutte le formalità, accompagnati da' cappuccini, e
da' confratelli della buona morte; è gente che se l'è meritato. È una
provvidenza, vedete; era una cosa necessaria. Cominciavan già a prender
il vizio d'entrar nelle botteghe, e di servirsi, senza metter mano alla
borsa; se li lasciavan fare, dopo il pane sarebbero venuti al vino, e
così di mano in mano.... Pensate se coloro volevano smettere, di loro
spontanea volontà, una usanza così comoda. E vi so dir io che, per un
galantuomo che ha bottega aperta, era un pensier poco allegro.»
«Davvero,» disse uno degli ascoltatori. «Davvero,» ripeteron gli altri,
a una voce.
«E,» continuò il mercante, asciugandosi la barba col tovagliolo, «l'era
ordita da un pezzo; c'era una lega, sapete?»
«C'era una lega?»
«C'era una lega. Tutte cabale ordite da' navarrini, da quel cardinale
là di Francia, sapete chi voglio dire, che ha un certo nome mezzo
turco, e che ogni giorno ne pensa una, per far qualche dispetto alla
corona di Spagna. Ma sopra tutto, tende a far qualche tiro a Milano;
perchè vede bene, il furbo, che qui sta la forza del re.»
«Già.»
«Ne volete una prova? Chi ha fatto il più gran chiasso, eran
forestieri; andavano in giro facce, che in Milano non s'eran mai
vedute. Anzi mi dimenticavo di dirvene una che m'è stata data per
certa. La giustizia aveva acchiappato uno in un'osteria....» Renzo, il
quale non perdeva un ette di quel discorso, al tocco di questa corda,
si sentì venir freddo, e diede un guizzo, prima che potesse pensare a
contenersi. Nessuno però se n'avvide; e il dicitore, senza interrompere
il filo del racconto, seguitò: «uno che non si sa bene ancora da che
parte fosse venuto, da chi fosse mandato, nè che razza d'uomo si fosse;
ma certo era uno de' capi. Già ieri, nel forte del baccano, aveva fatto
il diavolo; e poi, non contento di questo, s'era messo a predicare, e
a proporre, così una galanteria, che s'ammazzassero tutti i signori.
Birbante! Chi farebbe viver la povera gente, quando i signori fossero
ammazzati? La giustizia, che l'aveva appostato, gli mise l'unghie
addosso; gli trovarono un fascio di lettere; e lo menavano in gabbia;
ma che? i suoi compagni, che facevan la ronda intorno all'osteria,
vennero in gran numero, e lo liberarono, il manigoldo.»
«E cosa n'è stato?»
«Non si sa; sarà scappato, o sarà nascosto in Milano: son gente
che non ha nè casa nè tetto, e trovan per tutto da alloggiare e da
rintanarsi: però finchè il diavolo può, e vuole aiutarli: ci dan poi
dentro quando meno se lo pensano; perchè, quando la pera è matura,
convien che caschi. Per ora si sa di sicuro che le lettere son rimaste
in mano della giustizia, e che c'è descritta tutta la cabala; e si dice
che n'anderà di mezzo molta gente. Peggio per loro; che hanno messo
a soqquadro mezzo Milano, e volevano anche far peggio. Dicono che
i fornai son birboni. Lo so anch'io; ma bisogna impiccarli per via
di giustizia. C'è del grano nascosto. Chi non lo sa? Ma tocca a chi
comanda a tener buone spie, e andarlo a disotterrare, e mandare anche
gl'incettatori a dar calci all'aria, in compagnia de' fornai. E se chi
comanda non fa nulla, tocca alla città a ricorrere; e se non danno
retta alla prima, ricorrere ancora; che a forza di ricorrere s'ottiene;
e non metter su un'usanza così scellerata d'entrar nelle botteghe e ne'
fondachi, a prender la roba a man salva.»
A Renzo quel poco mangiare era andato in tanto veleno. Gli pareva
mill'anni d'esser fuori e lontano da quell'osteria, da quel paese; e
più di dieci volte aveva detto a sè stesso; andiamo, andiamo. Ma quella
paura di dar sospetto, cresciuta allora oltremodo, e fatta tiranna di
tutti i suoi pensieri, l'aveva tenuto sempre inchiodato sulla panca.
In quella perplessità, pensò che il ciarlone doveva poi finire di
parlar di lui; e concluse tra sè, di moversi, appena sentisse attaccare
qualche altro discorso.
«E per questo,» disse uno della brigata, «io che so come vanno queste
faccende, e che ne' tumulti i galantuomini non ci stanno bene, non mi
son lasciato vincere dalla curiosità, e son rimasto a casa mia.»
«E io, mi son mosso?» disse un altro.
«Io?» soggiunse un terzo: «Se per caso mi fossi trovato in Milano,
avrei lasciato imperfetto qualunque affare, e sarei tornato subito a
casa mia. Ho moglie e figliuoli; e poi, dico la verità, i baccani non
mi piacciono.»
A questo punto, l'oste, ch'era stato anche lui a sentire, andò verso
l'altra cima della tavola, per veder cosa faceva quel forestiero. Renzo
colse l'occasione, chiamò l'oste con un cenno, gli chiese il conto, lo
saldò senza tirare, quantunque l'acque fossero molto basse; e, senza
far altri discorsi, andò diritto all'uscio, passò la soglia, e, a guida
della Provvidenza, s'incamminò dalla parte opposta a quella per cui era
venuto.


CAPITOLO XVII.

Basta spesso una voglia, per non lasciar ben avere un uomo; pensate poi
due alla volta, l'una in guerra coll'altra. Il povero Renzo n'aveva,
da molte ore, due tali in corpo, come sapete: la voglia di correre,
e quella di star nascosto: e le sciagurate parole del mercante gli
avevano accresciuta oltremodo l'una e l'altra a un colpo. Dunque la sua
avventura aveva fatto chiasso; dunque lo volevano a qualunque patto;
chi sa quanti birri erano in campo per dargli la caccia! quali ordini
erano stati spediti di frugar ne' paesi, nell'osterie, per le strade!
Pensava bensì che finalmente i birri che lo conoscevano, eran due
soli, e che il nome non lo portava scritto in fronte; ma gli tornavano
in mente certe storie che aveva sentite raccontare, di fuggitivi
colti e scoperti per istrane combinazioni, riconosciuti all'andare,
all'aria sospettosa, ad altri segnali impensati: tutto gli faceva
ombra. Quantunque nel momento che usciva di Gorgonzola, scoccassero le
ventiquattro, e le tenebre che venivano innanzi, diminuissero sempre
più que' pericoli, ciò non ostante prese contro voglia la strada
maestra, e si propose d'entrar nella prima viottola che gli paresse
condur dalla parte dove gli premeva di riuscire. Sul principio,
incontrava qualche viandante; ma, pieno la fantasia di quelle brutte
apprensioni, non ebbe cuore d'abbordarne nessuno, per informarsi della
strada.--Ha detto sei miglia, colui,--pensava,--se andando fuor di
strada, dovessero anche diventar otto o dieci, le gambe che hanno fatte
l'altre, faranno anche queste. Verso Milano non vo di certo; dunque vo
verso l'Adda. Cammina, cammina, o presto o tardi ci arriverò. L'Adda
ha buona voce; e, quando le sarò vicino, non ho più bisogno di chi
me l'insegni. Se qualche barca c'è, da poter passare, passo subito;
altrimenti mi fermerò fino alla mattina, in un campo, sur una pianta,
come le passere: meglio sur una pianta, che in prigione.--
[Illustrazione: ....s'accorse d'entrare in un bosco.... (pag. 251)]
Ben presto vide aprirsi una straducola a mancina; e v'entrò. A
quell'ora, se si fosse abbattuto in qualcheduno, non avrebbe più fatte
tante cerimonie per farsi insegnar la strada; ma non sentiva anima
vivente. Andava dunque dove la strada lo conduceva; e pensava:
--Io fare il diavolo! Io ammazzare tutti i signori! Un fascio di
lettere, io! I miei compagni che mi stavano a far la guardia! Pagherei
qualche cosa a trovarmi a viso a viso con quel mercante, di là
dall'Adda (ah quando l'avrò passata quest'Adda benedetta!), e fermarlo,
e domandargli con comodo dov'abbia pescate tutte quelle belle notizie.
Sappiate ora, mio caro signore, che la cosa è andata così e così, e che
il diavolo ch'io ho fatto, è stato d'aiutar Ferrer, come se fosse stato
un mio fratello; sappiate che que' birboni che, a sentir voi, erano i
miei amici, perchè in un certo momento, io dissi una parola da buon
cristiano, mi vollero fare un brutto scherzo; sappiate che, intanto che
voi stavate a guardar la vostra bottega, io mi faceva schiacciar le
costole, per salvare il vostro signor vicario di provvisione, che non
l'ho mai nè visto nè conosciuto. Aspetta che mi mova un'altra volta per
aiutar signori.... È vero che bisogna farlo per l'anima: son prossimo
anche loro. E quel gran fascio di lettere, dove c'era tutta la cabala,
e che adesso è in mano della giustizia, come voi sapete di certo;
scommettiamo che ve lo fo comparir qui, senza l'aiuto del diavolo?
Avreste curiosità di vederlo quel fascio? Eccolo qui.... Una lettera
sola?... Sì signore, una lettera sola; e questa lettera, se lo volete
sapere, l'ha scritta un religioso che vi può insegnar la dottrina,
quando si sia; un religioso che, senza farvi torto, val più un pelo
della sua barba che tutta la vostra; e è scritta, questa lettera,
come vedete, a un altro religioso, un uomo anche lui.... Vedete ora
quali sono i furfanti miei amici. E imparate a parlare un'altra volta;
principalmente quando si tratta del prossimo.--
Ma dopo qualche tempo, questi pensieri ed altri simili cessarono
affatto: le circostanze presenti occupavan tutte le facoltà del
povero pellegrino. La paura d'essere inseguito o scoperto, che aveva
tanto amareggiato il viaggio in pieno giorno, non gli dava ormai più
fastidio; ma quante cose rendevan questo molto più noioso! Le tenebre,
la solitudine, la stanchezza cresciuta, e ormai dolorosa; tirava una
brezzolina sorda, uguale, sottile, che doveva far poco servizio a
chi si trovava ancora indosso quegli stessi vestiti che s'era messi
per andare a nozze in quattro salti, e tornare subito trionfante a
casa sua; e, ciò che rendeva ogni cosa più grave, quell'andare alla
ventura, e, per dir così, al tasto, cercando un luogo di riposo e di
sicurezza.
Quando s'abbatteva a passare per qualche paese, andava adagio adagio,
guardando però se ci fosse ancora qualche uscio aperto; ma non vide mai
altro segno di gente desta, che qualche lumicino trasparente da qualche
impannata. Nella strada fuor dell'abitato, si soffermava ogni tanto;
stava in orecchi, per veder se sentiva quella benedetta voce dell'Adda;
ma invano. Altre voci non sentiva, che un mugolìo di cani, che veniva
da qualche cascina isolata, vagando per l'aria, lamentevole insieme e
minaccioso. Al suo avvicinarsi a qualcheduna di quelle, il mugolìo si
cambiava in un abbaiar frettoloso e rabbioso: nel passar davanti alla
porta, sentiva, vedeva quasi, il bestione, col muso al fessolino della
porta, raddoppiar gli urli: cosa che gli faceva andar via la tentazione
di picchiare, e di chieder ricovero. E forse, anche senza i cani, non
ci si sarebbe risolto.--Chi è là?--pensava:--cosa volete a quest'ora?
Come siete venuto qui? Fatevi conoscere. Non c'è osterie da alloggiare?
Ecco, andandomi bene, quel che mi diranno, se picchio: quand'anche non
ci dorma qualche pauroso che, a buon conto, si metta a gridare: aiuto!
al ladro! Bisogna aver subito qualcosa di chiaro da rispondere: e cosa
ho da rispondere io? Chi sente un rumore la notte, non gli viene in
testa altro che ladri, malviventi, trappole: non si pensa mai che un
galantuomo possa trovarsi in istrada di notte, se non è un cavaliere in
carrozza.--Allora serbava quel partito all'estrema necessità, e tirava
innanzi, con la speranza di scoprire almeno l'Adda, se non passarla, in
quella notte; e di non dover andarne alla cerca, di giorno chiaro.
Cammina, cammina: arrivò dove la campagna coltivata moriva in una
sodaglia sparsa di felci e di scope. Gli parve, se non indizio, almeno
un certo qual argomento di fiume vicino, e s'inoltrò per quella,
seguendo un sentiero che l'attraversava. Fatti pochi passi, si fermò
ad ascoltare; ma ancora invano. La noia del viaggio veniva accresciuta
dalla salvatichezza del luogo, da quel non veder più nè un gelso, nè
una vite, nè altri segni di coltura umana, che prima pareva quasi
che gli facessero una mezza compagnia. Ciò non ostante andò avanti;
e siccome nella sua mente cominciavano a suscitarsi certe immagini,
certe apparizioni, lasciatevi in serbo dalle novelle sentite raccontar
da bambino, così, per discacciarle, o per acquietarle, recitava,
camminando, dell'orazioni per i morti.
A poco a poco, si trovò tra macchie più alte, di pruni, di quercioli,
di marruche. Seguitando a andare avanti, e allungando il passo, con più
impazienza che voglia, cominciò a veder tra le macchie qualche albero
sparso; e andando ancora, sempre per lo stesso sentiero, s'accorse
d'entrare in un bosco. Provava un certo ribrezzo a inoltrarvisi; ma
lo vinse, e contro voglia andò avanti; ma più che s'inoltrava, più
il ribrezzo cresceva, più ogni cosa gli dava fastidio. Gli alberi
che vedeva in lontananza, gli rappresentavan figure strane, deformi,
mostruose; l'annoiava l'ombra delle cime leggermente agitate, che
tremolava sul sentiero illuminato qua e là dalla luna; lo stesso
scrosciar delle foglie secche che calpestava o moveva camminando,
aveva per il suo orecchio un non so che d'odioso. Le gambe provavano
come una smania, un impulso di corsa, e nello stesso tempo pareva
che durassero fatica a regger la persona. Sentiva la brezza notturna
batter più rigida e maligna sulla fronte e sulle gote; se la sentiva
scorrer tra i panni e le carni, e raggrinzarle, e penetrar più acuta
nelle ossa rotte dalla stanchezza, e spegnervi quell'ultimo rimasuglio
di vigore. A un certo punto, quell'uggia, quell'orrore indefinito con
cui l'animo combatteva da qualche tempo, parve che a un tratto lo
soverchiasse. Era per perdersi affatto; ma atterrito, più che d'ogni
altra cosa, del suo terrore, richiamò al cuore gli antichi spiriti, e
gli comandò che reggesse. Così rinfrancato un momento, si fermò su due
piedi a deliberare; e risolveva d'uscir subito di lì per la strada già
fatta, d'andar diritto all'ultimo paese per cui era passato, di tornar
tra gli uomini, e di cercare un ricovero, anche all'osteria. E stando
così fermo, sospeso il fruscio de' piedi nel fogliame, tutto tacendo
d'intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorío, un mormorío
d'acqua corrente. Sta in orecchi; n'è certo; esclama: «è l'Adda!» Fu il
ritrovamento d'un amico, d'un fratello, d'un salvatore. La stanchezza
quasi scomparve, gli tornò il polso, sentì il sangue scorrer libero
e tepido per tutte le vene, sentì crescer la fiducia de' pensieri, e
svanire in gran parte quell'incertezza e gravità delle cose; e non
esitò a internarsi sempre più nel bosco, dietro all'amico rumore.
Arrivò in pochi momenti all'estremità del piano, sull'orlo d'una riva
profonda; e guardando in giù tra le macchie che tutta la rivestivano,
vide l'acqua luccicare e correre. Alzando poi lo sguardo, vide il vasto
piano dell'altra riva, sparso di paesi, e al di là i colli, e sur uno
di quelli una gran macchia biancastra, che gli parve dover essere una
città, Bergamo sicuramente. Scese un po' sul pendio, e, separando e
diramando, con le mani e con le braccia, il prunaio, guardò giù se
qualche barchetta si movesse nel fiume, ascoltò se sentisse batter
de' remi; ma non vide nè sentì nulla. Se fosse stato qualcosa di meno
dell'Adda, Renzo scendeva subito, per tentarne il guado; ma sapeva bene
che l'Adda non era fiume da trattarsi così in confidenza.
Per ciò si mise a consultar tra sè, molto a sangue freddo, sul partito
da prendere. Arrampicarsi sur una pianta, e star lì a aspettar
l'aurora, per forse sei ore che poteva ancora indugiare, con quella
brezza, con quella brina, vestito così, c'era più che non bisognasse
per intirizzir davvero. Passeggiare innanzi e indietro, tutto quel
tempo, oltre che sarebbe stato poco efficace aiuto contro il rigore
del sereno, era un richieder troppo da quelle povere gambe, che già
avevano fatto più del loro dovere. Gli venne in mente d'aver veduto, in
uno de' campi più vicini alla sodaglia, una di quelle capanne coperte
di paglia, costrutte di tronchi e di rami, intonacati poi con la mota,
dove i contadini del milanese usan, l'estate, depositar la raccolta,
e ripararsi la notte a guardarla: nell'altre stagioni, rimangono
abbandonate. La disegnò subito per suo albergo; si rimise sul sentiero,
ripassò il bosco, le macchie, la sodaglia; e andò verso la capanna.
Un usciaccio intarlato e sconnesso, era rabbattuto, senza chiave nè
catenaccio; Renzo l'aprì, entrò; vide sospeso per aria, e sostenuto
da ritorte di rami, un graticcio, a foggia d'hamac; ma non si curò di
salirvi. Vide in terra un po' di paglia; e pensò che, anche lì, una
dormitina sarebbe ben saporita.
Prima però di sdraiarsi su quel letto che la Provvidenza gli aveva
preparato, vi s'inginocchiò, a ringraziarla di quel benefizio, e
di tutta l'assistenza che aveva avuta da essa, in quella terribile
giornata. Disse poi le sue solite divozioni; e per di più, chiese