Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 07

Total number of words is 4563
Total number of unique words is 1629
40.8 of words are in the 2000 most common words
56.7 of words are in the 5000 most common words
64.7 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
rimaneva altro che Pisa, implicata nelle guerre ad essa infelici contro
a’ Genovesi; e nella Romagna non aveva il conte Guido di Montefeltro
nome ed insegne di ghibellino, se non a fine di occupare quante più
potesse in quella provincia delle città della Chiesa, per quindi
tenerle senza nè papa nè imperatore.
Nelle quali condizioni correndo quell’anno 1282 i Fiorentini, per
la venuta nella Toscana di un altro Luogotenente dell’Impero,[73]
cominciarono a vedere con dispetto la Repubblica governarsi da rettori
d’ambedue le parti. Aveva la pace del cardinal Latino fatto tornare
nella città molte famiglie ch’aveano nome non già potenza, nè forse
animo troppo arrabbiato, di Ghibellini. Ma esclusi erano gli Uberti
e quei da Gangalandi ed i Lamberti e gli Amidei ed i Fifanti e gli
Scolari e i Soldanieri e i Caponsacchi ed i Pazzi di Val d’Arno e i
da Ricasoli del Chianti, e gli altri che vivere più non sapevano nella
patria loro se dominare non la potessero sotto all’ombra dell’Impero.
Il Papa offriva, come vedemmo, ricetto ad essi intorno a Roma sotto
alla guardia e a discrezione sua; ma credo io pochi accettassero:
laonde molti dei confinati vennero tosto fatti ribelli, e ad essi tolta
l’assegnazione (la dicevano salario) spettante loro sopra alle terre
ed agli averi dei quali furono privati al tempo della condannagione.
Degli altri, dicono gli scrittori che riebbero i beni loro; ma Firenze
non ha istorici se non guelfi, e le restituzioni secondo i termini del
trattato dovendo farsi dalle due parti, e i Ghibellini essendo rei di
antichi danni e spoliazioni, il difficile conteggio non è da credere
inclinasse a benefizio dei tornati. Imperocchè nè il Papa stesso voleva
poi che la città fosse altro mai che città guelfa, e tale fu anche
dopo avere ammesso a grazia i più inferiori della parte ghibellina.
Pe’ Guelfi era il vantaggio sempre, sì nel numero degli Anziani, e sì
nelle altre stipulazioni di quel trattato per cui veniva concesso a
pochi stentatamente riporre il piede nella città: era prescritto che
rimanessero altri molti nelle ville, sintanto almeno che il Potestà
e il Capitano non avessero forza bastante di cavalieri e di pedoni da
contenere cotesti uomini, sospetti sempre di non amare lo Stato libero.
Oltre ciò, è fatto che la vacanza dell’Impero e la debolezza dei
successivi imperatori confuse avevano le due parti: più volte i papi
si adoprarono perchè fossero i Ghibellini o i ribelli di altro nome
restituiti nella città; e nel trattato, quando si viene alla formazione
dei Consigli, troviamo essere mentovati i neutri, che nelle guerre
cittadinesche farebbero sempre il maggior numero, se a pigliare cotesto
nome si arrischiassero. Era il contrasto oggimai tutto tra ’l nuovo
popolo e gli antichi nobili: questi cercavano accostarsi ai signori de’
castelli, quale che fosse la parte loro: e intanto che una dei Tosinghi
andava moglie a Maghinardo da Susinana gran condottiero, un Adimari
principale uomo di parte guelfa si era congiunto ad una figlia del capo
stesso dei Ghibellini che era il conte Guido Novello. Coteste erano
ambizioni che dividevano parte guelfa, altri dei nobili procacciando
partecipare co’ mercatanti grossi la popolare dominazione. I grandi
guelfi erano signori, scrive il Compagni che intervenne tuttora
giovine a quei fatti; ed il nome ghibellino svaniva intanto, sicchè
gli avversari loro poterono, senza quasi che apparisse, contraffare ai
patti della pace. Il soprastare montò a questo, che levarono in breve
tempo tutti gli onori e i beneficii ai Ghibellini; infine mutarono,
due anni soli dopo la pace fatta, la forma stessa del reggimento
costituendolo tutto popolare.
I quattordici Buonomini ordinati dal cardinal Latino, otto dei quali
erano Guelfi, come dicemmo, e sei Ghibellini, male si accordavano
tra loro. A racconciare quindi lo Stato ed a stringere il governo
in poche mani e più sicure, fu deliberato d’annullare l’ufficio dei
Quattordici, creando in quella vece altra signoria di durata parimente
bimestrale: ai nuovi magistrati diedero il nome, anche prima usato, di
Priori delle Arti. Così il governo era tutto dato in mano al popolo
trafficante:[74] della quale innovazione furono autori i consoli
dell’Arte di Calimala, dove erano i più savi e possenti cittadini
di Firenze, di maggior seguito, grandi e popolani, che intendevano a
procaccio di mercatanzia e più amavano parte guelfa e di Santa Chiesa.
I primi priori furono tre: Bartolo de’ Bardi di nobile schiatta, per
il sesto d’Oltrarno e per l’arte di Calimala; Rosso Bacherelli, per
il sesto di San Piero Scheraggio e per l’arte de’ Cambiatori; Salvi
del Chiaro Girolami, per quello di San Pancrazio e per l’arte della
Lana. A mezzo giugno entrarono in ufficio per ivi durare fino alla metà
d’agosto, al qual tempo doveano essi dare lo scambio ai nuovi eletti.
Abitavano e mangiavano alle spese del Comune nel luogo stesso dove
si adunavano gli Anziani al tempo del popolo vecchio e i Quattordici
dipoi, cioè nelle case presso Badia: avevano a loro servizio sei
berrovieri o birri e sei messi, per richiedere i cittadini. A questi
Priori e al Capitano del popolo, cui fu aggiunto allora il titolo di
difensore delle Arti, spettava amministrare le grandi e gravi cose del
Comune e raunare i Consigli e fare le provvisioni. Essendo piaciuto
all’universale quell’ufficio nel primo bimestre, quando il secondo fu
venuto ne elessero sei, uno per sesto; ed alle tre delle sette Arti
maggiori ammesse a cotesto magistrato aggiunsero quella dei Medici e
Speziali, quella dei Setaioli e Merciai di Porta santa Maria, e quella
dei Pellicciai e Vaiai. Poi vi aggiunsero le altre maggiori e minori
fino a dodici, e a tanto fu esteso poi alcune volte anco il numero dei
Priori. Tra essi erano dei grandi e dei popolani, ma di buona fama
ed opere, e che fossero artefici o mercadanti: chi a niuna arte si
ascrivesse aveva nome di scioperato, che si trova nelle leggi, e che
in Firenze ora si dice dei fannulloni e scostumati. Così per allora
si ordinava la Repubblica; erano eletti i nuovi Priori da quelli che
uscivano di ufizio, uniti ai Collegi delle dodici Arti, e ad un numero
determinato di Arroti o aggiunti per ciascun sesto: l’elezione si
faceva per isquittinio segreto, e chi aveva più voci era fatto de’
Priori. Ciò avveniva nella chiesa di San Piero Scheraggio, di faccia
alla quale abitava il Capitano del popolo nelle case che furono de’
Tizzoni. E nota qui sempre, che il Capitano veniva eletto dai Consigli
del popolo, siccome era il Potestà dai consigli del Comune. Finalmente,
a somiglianza delle maggiori si ordinavano anche le minori Arti, che
per allora erano cinque; e queste pure ebbero armi e bandiere loro.
Quella dei mercadanti a ritaglio, berrettai e rigattieri, un gonfalone
bianco e vermiglio; quella dei beccai, giallo con entro un capro nero;
i calzolai, a liste bianche e nere; quella dei muratori e falegnami,
il campo vermiglio con entro la sega e l’ascia; e quella dei fabbri e
ferrai, col campo bianco e tanaglie in nero.[75] In breve il numero
delle Arti minori crebbe fino a quattordici; le arti più minute e
di minor conto rimasero sotto alla dipendenza delle ventuna, che
avevano consoli ed insegne loro, e massimamente delle sette chiamate
maggiori, nelle quali era la forza del capitale e gli estesi traffici,
o risiedeva l’autorità delle più nobili professioni. I Senesi, ad
imitazione dei Fiorentini, poco dopo creavano il loro magistrato dei
Nove, bimestrale anch’esso, e uscito dalle arti: Pistoia, Lucca e le
altre città guelfe di Toscana, per le cagioni medesime e ad esempio di
Firenze, anch’esse adottarono somiglianti ordini popolari.
Così erano le Arti venute a pigliarsi nelle mani loro lo Stato, che
essendo tutto divenuto popolare, dava a Firenze un tale carattere
che non ha esempio nelle istorie. L’ingegno svegliato e popolarmente
ingentilito dal senso del bello, i grossi guadagni che molti adescavano
degli stessi grandi a stare a bottega e ad aggirarsi in mezzo alla
plebe; queste cagioni diedero il governo in mano al popolo trafficante.
Fu a questo gran lode avere saputo all’ordinamento di sè stesso trovare
una forma certo variabile e imperfetta, ma che pure ebbe durata più
lunga di quella che altrove si trovi concessa ai governi popolari,
perchè in Firenze i Buonomini, la buona parte conservatrice, per lungo
tempo si contrappose alle ambizioni pubbliche e private. In mezzo a un
popolo sempre armato per la difesa della sovranità che a sè medesimo
arrogava, e benchè mancasse qui un Senato o una qualunque autorità
permanente che in sè mantenesse la scienza politica e le tradizioni di
governo; non però andarono i suffragi in piazza, e sempre le scelte
furono in mano dei collegi e dei magistrati. Ma suoi freni ebbe la
libertà e la Repubblica suo decoro più dai costumi che dalle leggi;
altiero animo pigliava il popolo, e i mestieri s’innalzavano allo
splendore di arti belle, insegnatrici di una eleganza che nulla aveva
di plebeo; il nome romano tenendo qui sempre come un’alta signoria,
con la riverita autorità del Pontificato, e da principio con quella non
bene cancellata dell’Impero.[76]


CAPITOLO II.
SCONFITTA DEI PISANI ALLA MELORIA. — IL CONTE UGOLINO DELLA
GHERARDESCA. — GUERRA CONTRO AI GHIBELLINI D’AREZZO; VITTORIA DI
CAMPALDINO, E BUONO STATO DELLA CITTÀ DI FIRENZE. [AN. 1282-1292.]

I mari di Pisa e di Genova vedevano l’anno 1284 quei feroci
combattimenti onde era abbassata la potenza dei Pisani totalmente
sconfitti da’ Genovesi in una battaglia navale presso lo scoglio della
Meloria; nella quale perderono essi più di quaranta galere e sedici
mila combattenti, cinque mila uccisi ed il resto prigionieri. Firenze
e le altre città guelfe in tal congiuntura viepiù si ristrinsero
contro la misera Pisa ridotta alle angustie estreme. Fermarono esse di
assaltarla per terra, mentre i Genovesi continuerebbero a tempestarla
dal mare; tanto era l’odio già contro quella città rivale e la
cupidigia di soverchiarla pei commerci.
Allora il conte Ugolino della Gherardesca, potentissimo ed ambizioso
tra’ cittadini di Pisa, divisò rompere questa lega e conducendo a
parte guelfa la città sua, occuparne egli la signoria. A lui nuoceva
la mala fama, correndo voce che egli avesse nella battaglia della
Meloria dato il segnale di ritirarsi alle galere da lui comandate, a
fine con ciò di indebolire la patria sua e divenirne più facilmente
signore, contrapponendosi per il fine stesso anche al ritorno dei
prigionieri ch’erano in Genova. Ora costui, per acquistarsi favore
in Firenze, presentò alcuni (come fu detto) dei maggiori cittadini
di grandi fiaschi di vernaccia, nei quali insieme col vino erano
fiorini d’oro. Ottenne così che i Lucchesi ed i Genovesi soli
andassero contro Pisa, della quale il conte Ugolino pigliava lo Stato
con la oppressione degli Anziani che in essa reggevano. Cresciuto
in tirannide, divenne più odioso: inimicossi co’ suoi e con parte
guelfa; cacciò da Pisa Nino Visconti ch’era giudice di Gallura nella
Sardegna, dove i Pisani avevano grande signoria. Fu accusato di avere
fatto per gelosia dello Stato avvelenare il conte Anselmo da Capraia
suo nipote, giovane di grande aspettazione, e di avere a’ Fiorentini
ed a’ Lucchesi voluto tradire alcune castella de’ Pisani. Nel tempo
stesso cercava pure segreti accordi co’ Ghibellini, ma rifiutando poi
di chiamarli ad avere parte nella signoria, fu assalito armata mano
dall’arcivescovo della città, Ruggero degli Ubaldini. Scrive il Villani
che poco innanzi mostrando egli a un Marco Lombardo, uomo di corte che
stava seco, le grandi ricchezze della sua casa, gli domandò se cosa
alcuna vi mancasse; rispose quegli, che una sola: l’ira di Dio, che
sopravverrebbe. Appresso, comunque valorosamente combattesse, il conte
Ugolino della Gherardesca fu chiuso prigione con due figli e due nipoti
nella torre dei Gualandi, di cui le chiavi dopo alcuni mesi nel marzo
dell’anno 1289 furono fatte gettare in Arno; cosicchè quell’infelice,
dopo di avere chiesto invano un sacerdote che lo confessasse, moriva
di fame con i quattro giovinetti: davano a lui perpetuo nome i versi di
Dante.
Essendo morto Carlo d’Angiò primo re di Puglia, ed il successore di
lui Carlo II caduto per grande battaglia navale in prigionia degli
Aragonesi di Sicilia nel 1287, i Ghibellini avevano rialzato gli animi
a speranze nuove e fatto capo in Arezzo. Quivi si era prima formato
sotto parte guelfa un governo popolare, il quale odioso del pari ai
grandi guelfi e ghibellini, da loro insieme fu abbattuto con sanguinoso
rivolgimento; ed il governo venuto in mano dei grandi, bentosto divenne
cosiffattamente ghibellino, che Rodolfo imperatore potè mandare in
Arezzo con poche genti un suo Vicario. Capo di quella parte in Toscana
e nella Romagna e nella Marca era Guglielmo degli Ubertini vescovo
d’Arezzo: ma essendo nata di queste cose grande paura e gelosia nei
Fiorentini,[77] questi chiamarono bentosto a sè le altre città guelfe,
ed assembrarono loro sforzo; in tutto due mila seicento cavalieri e
dodici mila pedoni. Dei cavalieri, ottocento erano di Firenze grandi
e popolani, e trecento pigliati a soldo, e cinquecento della taglia
o lega guelfa; Lucca ne mandò trecento, Siena quattrocento, Pistoia
centocinquanta, Prato, Volterra, San Miniato e San Gimignano cinquanta
ciascuna, Colle trenta: quelli tra’ conti Guidi che erano Guelfi, i
marchesi Malespini, il Giudice di Gallura, i conti Alberti di Mangona,
Maghinardo da Susinana ed altri signori, il rimanente: questo fu il
maggiore esercito che i Fiorentini adunassero dopo il ritorno di parte
guelfa. Si formava in questo modo, secondo abbiamo dalle provvigioni di
quegli anni stessi, ed era modo quale si conveniva a una milizia di cui
le cerne si facevano per le botteghe; com’ivi è detto:[78] descrivevano
per cinquantine gli uomini ch’erano in età dai 15 ai 70 anni, e tra
essi cavavano fuori quelli che andassero con l’esercito; gli altri
restavano come esenti alla custodia della città, pagando le spese ed
il soldo di coloro i quali erano andati in campo. I Ghibellini a quelle
guerre non andavano, ma i cavalli loro doveano imprestare ai Guelfi. Vi
erano poi le cavallate che s’imponevano ai sudditi guelfi e ghibellini,
e si distinguevano dalla cavalleria degli ausiliari e mercenari.[79]
Dipoi Carlo re di Napoli già liberato di prigionia, traversando la
Toscana per andare in Puglia, e soffermatosi in Firenze qualche tempo,
diede alla Repubblica cento de’ suoi cavalieri e un gentiluomo francese
che gli comandasse, col rinnovare ad essa il privilegio di portare in
oste la insegna reale.
Ma prima che tutte si radunassero queste forze, aveva la guerra
continuato già tutto l’anno 1288 con vari successi di correrie;
nelle quali una volta gli Aretini si erano mostrati giù per la valle
dell’Arno fino a San Donato in Collina, tanto che si vedevano da
Firenze i fumi delle case e delle arsioni. Un’altra volta cercando
i Senesi occupare o guastare Lucignano, castello che era disputato
tra essi e gli Aretini, questi incontratigli alla Pieve al Toppo non
lungi da Arezzo, gli misero in fuga con grave disastro. Buonconte
da Montefeltro e Guglielmino de’ Pazzi usciti d’Arezzo furono autori
della sconfitta nella quale periva Rinuccio Farnese capitano di molta
fama in quella età. Dipoi, l’anno susseguente, con maggiore sforzo e
più maturo disegno, la prima mossa dell’esercito fiorentino accennava
contro Arezzo; ma poi ad un tratto, come era convenuto, a’ 2 di giugno,
suonando le campane a martello, s’indirizzò verso Casentino con buona
mano d’ausiliari, andando a porsi sul Monte al Pruno, per ivi attendere
di Bologna altre genti collegate e fare campo grosso: di lì scesero
tosto nel piano di Casentino per guastare le terre del conte Guido
Novello ch’era potestà d’Arezzo.
Il Vescovo e gli altri capitani ghibellini accorsero con tutta l’oste
loro a Bibbiena per impedire il guasto: erano 800 cavalieri e 8 mila
fanti, molto bella milizia ed il fiore dei Ghibellini di Toscana,
della Marca, del ducato di Spoleto e della Romagna; i quali pigliando
i Fiorentini in dileggio, gli proverbiavano dicendo che si lisciavano
come donne e pettinavano le zazzere. Era un sabato mattina, 11 giugno
1289, e già i due eserciti l’uno a fronte dell’altro appiè del monte
di Poppi presso Certomondo nel piano di Campaldino si ordinavano
più maestrevolmente che non fosse mai stato fatto sino allora in
Italia. Amerigo di Narbona, siniscalco del re Carlo, e i capitani dei
Fiorentini disponevano le schiere: scelsero 150 armati alla leggera da
stare in fronte di tutto l’esercito col nome allora di feditori; tra’
quali erano venti cavalieri novelli decorati del cingolo militare in
quella occorrenza: messer Vieri de’ Cerchi uno dei capitani, ancorchè
malato di una gamba, non si ristette perciò dal voler essere di quel
numero, e quando eleggere gli convenne per lo suo sesto, non volendo
alcuno di ciò gravare, elesse con sè i suoi figli e i nipoti. Del che
si ebbe grande onore; e pel suo buono esempio e per vergogna molti
altri nobili cittadini si misero tra’ feditori: uno dei quali era Dante
Alighieri, giovane allora di ventiquattro anni. Veniva poi la schiera
grossa fasciata di pedoni, e dietro tutta la salmeria radunata, che
la munisse e tenesse ferma. Di costa erano due ale di palvesari, di
balestrieri e di pedoni con le lance lunghe; ed i palvesi col campo
bianco e giglio vermiglio attelati dinanzi: allora il Vescovo aretino,
che avea corta vista, vedendo biancheggiare qualcosa, domandò: «quelle
che mura sono?» fugli risposto: «i palvesi dei nemici.» Più indietro,
ai fianchi dell’oste fiorentina, dugento cavalieri e pedoni Lucchesi
e Pistoiesi sotto il comando di Corso Donati, allora potestà di
Pistoia. Messer Barone de’ Mangiadori di San Miniato, franco ed esperto
cavaliere, raunati gli uomini d’arme, disse loro: «Signori, le guerre
di Toscana solevansi vincere per bene assalire e non duravano, e pochi
uomini vi moriano; chè non era in uso l’ucciderli: ora è mutato modo e
vinconsi per istare ben fermi; il perchè io vi consiglio che voi stiate
forti, e lasciateli assalire.[80]»
Gli Aretini dalla loro parte, avendo buoni capitani di guerra,
ordinarono saviamente loro schiere; e anch’essi posero innanzi tutti
i feditori in numero di trecento, fra i quali dodici dei maggiorenti
della terra, che si faceano chiamare i dodici paladini: e dato il nome
ciascuna parte alla sua oste, i Fiorentini _Nerbona Cavaliere_ e gli
Aretini _San Donato Cavaliere_, i feditori degli Aretini si mossero con
grande baldanza a sproni battuti a ferire sopra l’oste de’ Fiorentini.
Gli seguitava tutto l’esercito, salvo il conte Guido Novello, il quale
rimase, quale se ne fosse la cagione, senza mettersi alla battaglia
e poi fuggì alle sue castella. Gli Aretini veniano innanzi con grande
animo e sicurtà; e fu così forte la percossa, che i più dei feditori
de’ Fiorentini furono scavallati, e la schiera grossa rinculava buon
pezzo del campo: ma però non si smagarono nè ruppono, anzi costanti e
forti ricevettero i nemici; e avendo le ali in ordinanza da ciascuna
parte, gli rinchiusono tra quelle e combatterono aspramente. Corso
Donati, che era da banda coi Lucchesi e Pistoiesi, ed avea comandamento
di stare fermo e di non ferire sotto pena della testa, quando vidde
cominciata la battaglia, disse come valente uomo: «se noi perdiamo,
io voglio morire nella battaglia co’ miei cittadini; e se noi
vinciamo, chi vuole venga a noi a Pistoia per la condannagione:[81]» e
francamente mosse sua schiera, e col ferire i nemici di costa fu grande
cagione che fossero rotti. La battaglia fu molto aspra e dura, le
quadrella piovevano, gli Aretini ne avevano poche ed erano feriti per
costa; l’aria coverta di nuvoli, la polvere grandissima. I pedoni degli
Aretini si metteano carpone sotto i ventri dei cavalli con le coltella
in mano e gli sbudellavano; alcuni dei loro feditori trascorsero tanto,
che nel mezzo della schiera furono uccisi molti di ciascuna parte.
Quel giorno fu grande paragone di valore: molti che erano stimati di
grande prodezza si diportarono vilmente, e molti di cui non si parlava
vennero in fama. Dei popolani fiorentini che avevano cavallate, molti
stettero fermi, molti niente seppero se non quando i nemici furono
rotti. Furono rotti gli Aretini non per poca valentia loro, ma per
lo soperchio de’ nemici; i soldati fiorentini gli ammazzavano, i
villani non avevano pietà. I vincitori non corsero ad Arezzo perchè al
Capitano e ai giovani cavalieri bisognosi di riposo parve avere assai
fatto. Più insegne ebbero di loro nemici e molti prigioni, e molti ne
uccisero, che ne fu danno per tutta Toscana. Degli Aretini furono morti
più di millesettecento a cavallo e a piedi e presi più di duemila,
sebbene parecchi dei migliori fossero poi trafugati o per amistà o per
essersi ricomperati con danari. Tra i morti rimasero Guglielmo degli
Ubertini vescovo di Arezzo, grande guerriero, e messer Guglielmino de’
Pazzi di Valdarno co’ suoi nipoti; questi era tenuto il più avvisato
capitano che fosse in Italia: moriva Buonconte[82] figlio del conte
Guido da Montefeltro, e tre degli Uberti e uno degli Abati e più altri
fuorusciti fiorentini. Dei vincitori mancarono tre soli cavalieri;
ma feriti molti più, sì cittadini che stranieri. Narra il Villani che
la novella di questa vittoria giunse in Firenze il giorno medesimo, a
quella medesima ora ch’ella fu, essendone ai Priori venuto il grido, nè
mai si seppe da chi uscisse. Egli medesimo giovinetto era in Palagio e
l’udì, e vidde come all’annunzio tutta la città stesse in sentore: ma
quando giunse chi era stato nella battaglia, fu grande allegrezza; e
poteasi fare con ragione, avendo quella sconfitta fiaccato l’orgoglio
della parte ghibellina in tutta Toscana.[83]
I Fiorentini dopo la vittoria di Campaldino, avuta Bibbiena ed
altri castelli, andarono contro Arezzo; ma era troppo tardi, chè gli
scampati dalla battaglia vi erano dentro; e il governo dell’esercito
fiorentino era venuto alle mani di due Priori delle Arti, male capaci
di quell’ufficio. Diedero il guasto alla contrada, e per la festa di
san Giovanni fecero correre il palio sotto le mura d’Arezzo: atto di
scherno o di possesso in quella età molto consueto, com’era altresì
gettare dentro alle città assediate per dileggio cose vili; ed allora
bruttamente vi manganarono dentro gli asini mitrati, dispetto e
rimproccio all’ucciso vescovo guerriero. Stettero ivi da venti dì; ed
alla fine, dopo assalti male condotti ed infruttuosi, si partirono
per lo migliore, lasciando fornite le tolte castella; ed i Priori
ebbero accusa di essersi ritratti per baratteria. Ad ogni modo però
grandi effetti ebbe quella vittoria, beneficio della città di Firenze;
laonde l’esercito fu ivi accolto a grande festa e trionfo. Tutta la
spesa di questa guerra fu fatta col tesoro del Comune ed ascese a più
di trentasei mila fiorini d’oro; il che fa fede del buono ordinamento
della città e delle molte ricchezze; massimamente chi guardi a tanti
nobili edifizi costrutti in quelli anni più che in altro tempo mai.
Tornato l’esercito, i popolani sospettando che i grandi innalzati dalla
vittoria non gli opprimessero, di nuovo ordinarono più strettamente
le milizie delle Arti: ma queste, intese a guardia della libertà,
poco eran’atte alle imprese grandi, siccome quelle che mal soffrivano
d’allontanarsi dalla città, laddove era la forza loro. Cosicchè,
tranne piccoli fatti contro ad Arezzo e contro Pisa,[84] ebbe Firenze
più anni di pace ogni dì montando, chè ognuno guadagnava d’ogni
mercatanzia, arte o mestiere: avea da trecento cavalieri di corredo, e
molte brigate di cavalieri e donzelli che sera e mattina imbandivano
conviti. Di Lombardia e di tutta Italia traevano quivi buffoni ed
uomini di corte; e non passava per Firenze alcun forestiere che avesse
grado e nome onorato, il quale non fosse da quelle brigate a gara
convitato e da esse accompagnato a cavallo per la città e fuori, come
avesse bisogno. Nel mese di maggio si facevano brigate e compagnie di
gentili giovani; innalzando nelle vie larghe e nelle piazze certi come
padiglioni, che appellavano corti, chiuse di legname, coperte di drappi
e zendadi, per convegno di sollazzi: e per la festa di san Giovanni
si fece sulla contrada di Santa Felicita oltrarno una compagnia di
mille uomini, o più, tutti vestiti di nuovo di robe bianche, guidata
da uno chiamato il Signore dell’amore. Brigate e compagnie di donne
e donzelle con musicali strumenti andavano per la terra ballando con
ordine, inghirlandate di fiori: dandosi tutto il popolo ai giochi, ai
lieti desinari ed alle cene, con giocondo conversare e allegre feste e
graziosi canti.[85]


CAPITOLO III.
GIANO DELLA BELLA. — ORDINI DELLA GIUSTIZIA CONTRO I GRANDI.
ISTITUZIONE DEL GONFALONIERATO. [AN. 1293-1295.]

Lieti giorni erano quelli che il nostro maggiore Cronista si aveva
goduti nell’età sua prima; e quindi credo in lui venisse quella
serenità di giudizi per cui ne sembra non di rado Giovanni Villani
andare più in là di altri storici più solenni. Non fu questo popolo
temprato giammai a’ forti propositi, che sempre hanno in sè qualcosa
di malinconico e di cheto; era una vita che si espandeva seguendo
l’ingegno, più ch’ella non fosse raccolta in sè stessa sotto al dominio
del volere. Firenze aveva poco sofferto al paragone d’altre città; e
lo stato popolare si era qui formato naturalmente, agevolmente, perchè
in sè aveva la propria sua necessità, e perchè insomma il popolo era
qui da più che altrove ed i nobili da meno. Quindi anche troviamo nelle
cose dello Stato valere il consenso più della forza e più della riposta
sapienza dei pochi: guardando ai civili ordinamenti di esso, parrebbe
che fosse come un vivere alla spensierata; ma la Repubblica si reggeva
ed anzi lasciava un’orma profonda, perchè il numero dei _buoni uomini_
qui era grandissimo, svegliati gli ingegni, gli animi per quella
età temperati, allegri gli umori e vôlti al piacere, ma in popolo
artista cercati i piaceri più eletti e gentili; era la giovinezza di
Dante, era l’adolescenza di Giotto. Firenze aveva uomini affaccendati
nei lavori, esperti nei traffici, ammaestrati dal conversare libero
e continuo con gli altri cittadini, esercitati per la frequenza di
viaggi lontani, e ampliata la mente dal molto vedere gli altri uomini
e le cose. Imperocchè avevano allora i commerci pigliato rapidissimo
incremento: Giovanni Villani dimorò assai tempo in Bruggia di Fiandra,
dove i mercanti fiorentini avevano emporio; andavano molti negli scali
di Levante.[86] E allora sorgevano a un tratto quei nobili edifizi
nei quali ha Firenze la sua grandezza; ed allora questo popolo, avendo
formata la nuova sua lingua, godeva l’incanto della giovane parola la
quale usciva a lui dalle labbra, rivelatrice di un’armonia che stava
nell’anima, strumento lucido al pensiero. Non avea Firenze per anche
abusato nè le ricchezze a corruttela, nè la libertà in licenza; le
passioni pubbliche non erano scese a private cupidigie; gustava tuttora
in molta opulenza le care letizie dei semplici costumi, le città e i
popoli fatti liberi a lei guardavano con amore.
Il nome guelfo, come era inteso nella Toscana più che in altra
provincia d’Italia, questo avea fatto, che da principio nobiltà e
popolo nella comunanza d’un affetto nazionale si fossero molto l’uno
all’altro avvicinati e in qualche parte insieme confusi. Non pochi
signori degli abbattuti castelli e cattani spossessati o dalle guerre
civili ruinati, aveano cercato compenso nelle arti per le quali vedeano
montare tante famiglie popolane; molti rimasti ancora in grado, e
andando insieme con la parte vincitrice, s’erano calati alle ambizioni
cittadine, cercandosi un modo prima insolito di potenza. Tra’ due
ordini non pareva la compagnia guasta finchè la guerra continuava
contro a’ Ghibellini; ma questa era vinta, e in quel mezzo l’onda
popolare vie più saliva: quando il governo venne alle mani dei Priori
delle Arti, non parve ai nobili che ne fosse loro lasciata parte da
contentarsene, benchè nel priorato entrassero pure «dei buoni uomini
mercatanti, sebbene fossero dei potenti.» Ma erano guardati con
occhio geloso, ed ogni cosa voltava contro a loro nella città, dove
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 08
  • Parts
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 01
    Total number of words is 3844
    Total number of unique words is 1344
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    66.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 02
    Total number of words is 4302
    Total number of unique words is 1544
    41.8 of words are in the 2000 most common words
    56.1 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 03
    Total number of words is 4551
    Total number of unique words is 1555
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 04
    Total number of words is 4512
    Total number of unique words is 1632
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 05
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1634
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 06
    Total number of words is 4581
    Total number of unique words is 1579
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 07
    Total number of words is 4563
    Total number of unique words is 1629
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    64.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 08
    Total number of words is 4656
    Total number of unique words is 1596
    38.2 of words are in the 2000 most common words
    53.3 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 09
    Total number of words is 4648
    Total number of unique words is 1615
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 10
    Total number of words is 4609
    Total number of unique words is 1634
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    55.6 of words are in the 5000 most common words
    64.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 11
    Total number of words is 4535
    Total number of unique words is 1663
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 12
    Total number of words is 4593
    Total number of unique words is 1656
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 13
    Total number of words is 4519
    Total number of unique words is 1754
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.0 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 14
    Total number of words is 4553
    Total number of unique words is 1672
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 15
    Total number of words is 4640
    Total number of unique words is 1674
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    63.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 16
    Total number of words is 4710
    Total number of unique words is 1579
    40.4 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    62.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 17
    Total number of words is 4699
    Total number of unique words is 1570
    41.4 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 18
    Total number of words is 4469
    Total number of unique words is 1524
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    54.6 of words are in the 5000 most common words
    62.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 19
    Total number of words is 4496
    Total number of unique words is 1574
    41.1 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 20
    Total number of words is 4646
    Total number of unique words is 1606
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 21
    Total number of words is 4568
    Total number of unique words is 1666
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    54.7 of words are in the 5000 most common words
    62.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 22
    Total number of words is 4518
    Total number of unique words is 1610
    39.4 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 23
    Total number of words is 4536
    Total number of unique words is 1738
    39.2 of words are in the 2000 most common words
    54.0 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 24
    Total number of words is 4640
    Total number of unique words is 1587
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 25
    Total number of words is 4191
    Total number of unique words is 1910
    28.9 of words are in the 2000 most common words
    41.2 of words are in the 5000 most common words
    46.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 26
    Total number of words is 4408
    Total number of unique words is 1151
    41.6 of words are in the 2000 most common words
    55.5 of words are in the 5000 most common words
    61.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 27
    Total number of words is 4290
    Total number of unique words is 1738
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    51.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 28
    Total number of words is 4283
    Total number of unique words is 1733
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    46.4 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 29
    Total number of words is 4181
    Total number of unique words is 1644
    30.6 of words are in the 2000 most common words
    41.4 of words are in the 5000 most common words
    47.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 30
    Total number of words is 4635
    Total number of unique words is 1613
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 31
    Total number of words is 4138
    Total number of unique words is 1453
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    56.4 of words are in the 5000 most common words
    64.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 32
    Total number of words is 4275
    Total number of unique words is 1577
    39.6 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    62.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 33
    Total number of words is 2328
    Total number of unique words is 974
    48.4 of words are in the 2000 most common words
    61.9 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.