Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 21

Total number of words is 4568
Total number of unique words is 1666
39.3 of words are in the 2000 most common words
54.7 of words are in the 5000 most common words
62.1 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
per lungo tempo in Italia. Ma erano tali uomini tra gli ambasciatori
(un Donati, un Medici, un Cavalcanti, un Peruzzi) i quali contavano
in Firenze più de’ magistrati, e a loro credettero più che al Comune
i capitani mandati a reggere quelle genti; il potestà si trovò essere
uomo di poca virtù. Un conestabile tedesco ch’era a’ servigi della
Repubblica, andato in Dicomano e quivi ristrettosi insieme con gli
ambasciatori, deliberarono trarre fuori a salvamento i rinchiusi e
porli a Vicchio; il che era farli signori di tutto il piano di Mugello.
Usciti, fecero allargare i passi e rappianare le tagliate e le fosse,
ed abbattere le insegne; i cavalieri col Tedesco furono messi alla
retroguardia. E avendo fasciata la Compagnia co’ balestrieri del Comune
di Firenze, li condussero a Vicchio, facendosi ad essi dare del pane
che era mandato pe’ soldati fiorentini: avvenne che non potendosi
raffrenare i fedeli dei Conti dall’appiccare la mischia, i balestrieri
ebbero comando dagli ambasciatori di saettarli. La moltitudine della
gente a piè, ch’era sparta per li poggi, non essendo capitanata e non
sapendo cui obbedire nè offendere, non si partiva dalle poste: il che
vedendo quei della Compagnia, dopo essersi fermati in Vicchio un giorno
e una notte, sull’albeggiare scesero nel piano; ed un aguato di cento
Ungheri che si avevano lasciato addietro, avendo colto quei balestrieri
che si erano fatti innanzi, ne uccisero più di sessanta. La Compagnia,
sotto la guida di uno degli Ubaldini, in quel giorno cavalcando
quarantadue miglia, non si fermò finchè si ridusse a salvamento in
su quello d’Imola. Gli ambasciatori, fornito il servigio, tornarono
a Firenze; e a chi si doleva, soleano rispondere: non cercate più di
questi fatti, ma dite che noi siamo i ben tornati. La gran Compagnia
vicina a disciogliersi per la mancanza de’ suoi capi, e indi ricomposta
da un altro tedesco, Anichino di Bongardo, assaliva un’altra volta
l’anno dipoi la Toscana; ma lungamente girando attorno al contado di
Firenze, trovò questo essere ben guardato, nè bastò a prendere sua
vendetta. Quella volta Bernabò Visconti aveva mandato contro alla
Compagnia aiuti al popolo di Firenze; dove anche vennero cavalieri di
Puglia in proprio e per comandamento di quel Re amico alla Repubblica.
Abbiamo descritte queste cose più a lungo che non si soglia da noi;
ma ci spediremo brevemente di un’altra guerra di maggior conto, della
quale più ne importa esporre le cause che narrare le battaglie, perchè
non fatte con le armi nostre. Durava dall’anno 1343 _una co’ Pisani
infinta pace,_ e la mala volontà era continua tra’ due popoli. Pisa
ghibellina parea soffocasse dentro terra le ambizioni crescenti ognora
dei Fiorentini e i commerci costringeva, tuttochè avessero questi, per
la pace, franca l’entrata in Pisa delle loro mercanzie fino a ducento
mila fiorini, ed i Pisani in Firenze sino a trenta mila; da indi in
su doveano pagare gli uni e gli altri due soldi per libbra. Ma dopo
cacciati i Gambacorti, venuto il governo di Pisa in mano della fazione
che più era ghibellina, ed avendo obbligo con l’Imperatore di costruire
altre navi per la sicurezza del mare infestato di frequente dai pirati,
fecero a tutti essere comune la gabella dei due soldi, togliendo via le
franchigie: avvisandosi che i Fiorentini ciò pure avrebbero sopportato
per l’agiamento del porto e la comodità delle strade. Ma superbia
e guasti animi credo potessero più del computo; e la Repubblica
decretando che i mercanti fiorentini lasciassero Pisa a un dato
termine, s’accordava co’ Senesi perchè tutto il commercio di Firenze
andasse al Porto di Talamone, con l’agevolare le strade a quel porto e
col disporre le albergherie: avendo altresì fatto divieto al trafficare
da Pisa a Siena come da Pisa a Firenze, tantochè i mercanti e vetturali
pisani venivano presi e rubati sulla via. Quindi aggravarono il
divieto decretando che chi procurasse o consigliasse o in palese o in
segreto tornare a Pisa, fosse condannato nell’avere e nella persona.
Crearono anche il nuovo ufficio dei Dieci del mare con grande balía,
nel quale entravano due de’ grandi perch’era ufficio del Comune, e
perchè i grandi per le ricchezze e le aderenze potevano molto nelle
cose della mercanzia. Ai Pisani era quell’abbandono inestimabile danno
e solitudine della città loro, tanto che vi ebbero congiure per le
sofferenze degli artefici e il desiderio che aveva il clero dell’antico
reggimento. Allora i Pisani cercarono aiuto dal doge di Genova Simone
Boccanegra, del quale erano grandi amici, e n’ebbero sei galere,
sperando per quelle chiudere Talamone, e che ogni naviglio fosse menato
a scaricare a Porto Pisano. Ma i Fiorentini mandarono in Provenza a
fare armare galere; chè prima d’allora non aveva la Repubblica avuta
armata nel mare; ed alle mercatanzie loro si procacciarono una via
di Fiandra per terra, non curandosi di maggior costo, ed ogni cosa
lietamente comportando per mantenere l’impresa.[268] Tentarono anche
i Pisani Talamone per mare e per terra, ma lo trovarono ben guardato
dai Fiorentini e dai Senesi: lo strano impegno continuava, cercando
i Pisani a ogni costo ricondurre in Pisa i commerci, e i Fiorentini
disviarli a Talamone: ivi conduceano a forza le navi, le quali
andassero non che a Pisa a Corneto ed in altri porti, avendo armate
a questo effetto in Provenza dieci altre galere e quattro nel Regno.
Con le quali appresentatisi a Porto Pisano, fecero fare la grida che
sotto piccolo nolo avrebbono caricate con sicurezza per Talamone le
mercatanzie sulle galere del Comune di Firenze; ed i Pisani, per
la meglio, mandarono il bando che ogni uomo potesse liberamente
navicare a Talamone; e incontanente cominciarono a mandarvi della
roba loro, con fare ivi porto. Dei Fiorentini era proposito mostrare
ai Pisani che senza loro ed il loro porto potevano fare, ch’era un
averli a discrezione, contando forse anche nell’avere a sè aderenti i
Gambacorti. Matteo Villani, che non voleva dire il segreto, confessa
pure che a cercare sottilmente lo stato in che erano le due città,
questa materia aveva dentro più che al difuori non apparisse.[269]
Così cercavano le due parti di schermirsi dalla guerra che poi
nell’anno 1362 venne a scoppiare subitamente; da chi voluta, mal si
direbbe. Ai Fiorentini era cresciuto l’animo ed ai Pisani lo sdegno,
avendo i primi acquistata la signoria di Volterra tirannescamente retta
da Bocchino de’ Belforti (altri gli chiamano Belfredotti), ma debole
sempre contro alle insidie o agli assalti delle maggiori città vicine,
per la scarsezza dei traffici e la povertà del suolo, cui non bastavano
a difendere il sito altissimo e le rôcche. Avevano i Pisani tentato
Volterra, che allora sarebbesi accordata per la meglio ricevere da
Firenze il Capitano di guardia e da Siena il Potestà; ma i Fiorentini,
cortesemente avendo levati i Senesi da quel gioco, senz’altro discorso
occuparono Volterra, e rimeritando le scelleratezze del tiranno per
via d’un’altra scelleratezza, fecero a lui mozzare il capo. Così ebbero
quella città e quel montuoso territorio, ponendosi come sul ciglio ai
Pisani, e di fianco sovrastando ai loro confini e ai luoghi forti ed
alle marine. E frattanto Piero Gambacorti con la forza di settecento
soldati ungheri era fallito d’un suo disegno per entrare in Pisa, la
quale sarebbesi in tal modo ricondotta nell’amicizia dei Fiorentini.
Questi avendo allora creato Capitano loro Bonifazio Lupo, nobile di
Parma dei marchesi di Soragna, si diedero in fretta a provvedersi
di gente; scegliendo uomini volonterosi ed atti alla guerra, che
formassero le compagnie, mancato essendo alla milizia ogni miglior
modo poichè i cittadini non volevano più saperne. Si era dovuto anche
pe’ contadini il servizio personale commutare in una tassa, che essi
pagavano con grande loro contentamento, pel mantenimento dei pedoni
e soldati forestieri:[270] bene potevano essere chiamati quando era
necessità, scontando la tassa, come avvenne in questo tempo; ma era
servigio dannoso e disutile: e tutto il nerbo della guerra stava negli
Ungheri e Tedeschi.[271]
Al modo stesso anche i Pisani facevano gente; e abbiamo registro[272]
di ventisei compagnie, la maggior parte di forestieri, le quali sotto
varie insegne e nomi diversi furono in quegli anni tenute a soldo
dai Pisani. Pareva essere da molto a quelle città quando vedevano per
le strade loro passeggiare baroni e cavalieri armati d’ogni nazione:
tra gli altri, un Ridolfo ed un Giovanni di Habsburgo vennero l’anno
1365 agli stipendi dei Fiorentini. Le ostilità cominciarono in Val
di Nievole presso a Pescia; dove il castello di Pietrabuona tolto ai
Pisani furtivamente, questi riebbero per assalto. Di Val di Nievole si
portò la guerra tosto in Val d’Era, e ivi l’oste Fiorentina pigliate
castella di picciolo conto e fatte arsioni di ville e di casolari
e rapina di bestiami, andava all’assalto di Peccioli; quando per
dappocaggine o malizia dei consiglieri o commissari che la Repubblica
inviava a stare a guardia del capitano, Bonifazio fu deposto da
quell’ufficio; egli accontentatosi nobilmente di servire nella qualità
di maliscalco sotto a Ridolfo dei Varano da Camerino, che gli aveva
tolto il luogo suo. Viveva quegli poi molti anni in Firenze, dov’ebbe
cittadinanza, ascritto all’Arte della lana, e benemerito per la
fondazione d’uno Spedale in via San Gallo, il quale ritiene anche
oggi il suo nome.[273] Ridolfo avuta con lungo e faticoso assedio la
terra di Peccioli, e corso anch’egli inutilmente devastando il piano e
distruggendo nobili possessioni fino alle mura di Pisa, altro e buon
frutto non conseguiva. Nel mare frattanto Perino Grimaldi, condotto
dai Fiorentini con quattro galere, facea buona prova; tenendo questi a
grande onore umiliare Pisa colà dov’era la forza sua; tantochè avendo
occupato per marino assalto il Porto Pisano, si recarono a trionfo le
rotte catene che lo solevano tenere chiuso, le quali fino ai giorni
nostri restarono appese alle colonne di porfido presso alla porta
maggiore del tempio di San Giovanni. Altre due galere aveva mandate in
servigio della patria, e a tutte sue spese, Niccolò Acciaiuoli grande
Siniscalco del regno di Napoli.
Continuava la guerra tutta quella state, nè per il verno cessavano
le due parti dall’assalire castelli, avendo i Pisani tentato Barga e
Pescia e Santa Maria in Monte e Altopascio, che poi fu preso; mentre
i Fiorentini sotto Piero da Farnese nuovo capitano, fidatisi avere
Lucca per trattato, da quella furono ributtati per la diligenza dei
Pisani. Avevano questi sul principio della guerra (se fede intera
prestar si debba al Cronista fiorentino) vuotato Lucca d’abitatori
per bando crudele.[274] E in Garfagnana si raccendeva feroce la guerra
nella primavera dell’anno 1363, quivi Rinieri da Baschi capitano de’
Pisani avendo rotte due grosse bande di cavalieri e fatto prigioni i
due valorosi capitani che avea mandati Piero da Farnese a rifornire le
castella e alla difesa di Barga. Ma questi poi ebbe splendida rivalsa
presso al Bagno a Vena, dove la battaglia due ore e mezzo fu combattuta
pertinacemente con dubbia vittoria: infine Ranieri fu preso con la
spada in mano, e seco molti valenti uomini e le insegne dei Pisani.
Del che in Firenze fu molto grande e popolare allegrezza, entratovi
Piero quasi trionfalmente: e subito quindi correva egli sotto Pisa e
fino alle porte, quivi e dappertutto avendo mostrata virtù di soldato e
perizia di capitano. Ma egli moriva in quei giorni della peste ch’avea
ritoccato di nuovo in Toscana dopo soli quindici anni dalla moría del
quarantotto: di lui fu grande e universale compianto, ed ebbe esequie
splendidissime, e di mano di Andrea Orcagna una statua equestre di
legno che stette infino a questi ultimi anni nel maggior tempio; dove
Piero da Farnese fu ritratto sopra un mulo a ricordanza di quando egli,
mortogli sotto il destriero e quasi abbandonato dai suoi, montò sopra
un mulo da soma e a quel modo compiè la vittoria che a’ Fiorentini fu
tanto allegra. Moriva di questa rinnovata pestilenza e al modo stesso
come era morto Giovanni, Matteo Villani che la storia sua condusse
infino all’ultimo giorno della vita: quando s’apprestava a raccontare
l’esequie di Piero il morbo lo colse, e l’istoria fu interrotta,
continuata di poi fino alla pace co’ Pisani da Filippo suo figliuolo,
più letterato dei suoi maggiori, ma istorico troppo da meno, al breve
saggio che egli ne diede.
Ma ecco ad un tratto mutare le sorti di tutta la guerra, dacchè i
Pisani ebbero condotta ai loro stipendi una compagnia d’Inglesi che
aveva nome la Compagnia Bianca. Stava questa in Monferrato contro a
Galeazzo Visconti, che molto bramava di levarsela da dosso; era egli
avverso ai Fiorentini e amico ai Pisani: avriano potuto i Fiorentini
farsi innanzi, molti di loro avendo usanza in Inghilterra e uno tra
gli altri essendo guida in Italia della compagnia; ma invece trassero
di Alemagna poche altre genti capitanate dal conte Arrigo di Monforte,
all’uopo scarse e di minor conto. E gl’Inglesi giunti in Pisa, difilato
camminavano inverso Firenze per il piano di Pistoia infino alle porte,
guastando al solito case e ville, correndo palii e impiccando asini;
finchè ritrattisi all’udire le campane di Firenze suonare a stormo,
discesi a Empoli per i poggi, di là per il Chianti si andarono a posare
nel Valdarno superiore, quivi occupata la grossa terra e il castello
di Figline. Campeggiarono tutto il Valdarno ad agio loro alquanti
dì, ed all’Incisa avendo rotta l’oste fiorentina che si faceva loro
incontro,[275] un’altra volta si appressarono alle mura di Firenze da
opposta parte fino a Ricorboli. Dei Fiorentini era capitano messer
Pandolfo dei Malatesti, il quale o che pe’ mali ordini del governo
gli paresse necessario, o che a pro suo volgesse in mente consigli
malvagi, chiedeva gli dessero giurisdizione di sangue nella città e
fuori, e che i soldati giurassero nelle sue mani. Il che negatogli
e tumultuando la città che ricordava il Duca d’Atene, male potevane
avvenire; quando saputosi che gl’Inglesi con tutta l’oste ricavalcando
i poggi del Chianti di là si erano ricondotti a Pisa, cessò la paura
e s’acchetarono i sospetti.[276] E già il verno soprastava, nel mezzo
del quale non si ristavano quella dura gente degl’Inglesi dal correre
e dare il guasto alle terre cercando preda. Con maggior impeto e più
ordinata battaglia si raccostarono a Firenze, venuta appena primavera;
e più volte ebbero a sè propizia la fortuna delle armi, tenendo stretti
nella città i Fiorentini con disagio e con pericolo molto grande;
quando ecco si videro i nemici balenare, e Inglesi e Tedeschi tra
loro dividersi e insieme combattere, essendo una parte già compra, e
l’altra che ai Pisani serbò fede, appresso a Cascina rimanendo vinta in
molto grossa battaglia. Ed in quei giorni anche fu preso ed abbruciato
Livorno per la maestria di Manno Donati fiorentino, esercitato nelle
compagnie e nelle guerre d’Italia, variando servigi, come i nobili
spesso facevano, e di rado utile alla patria sua. Così tra le due città
rivali erano venute a pareggiarsi le sorti; e il nuovo papa Urbano
V già s’era fatto intromettitore ad una pace, che i danni sofferti
e le inutili ruine ad ambe le parti egualmente consigliavano, e che
Giovanni dell’Agnello, che si era in Pisa levato a doge, promoveva
pe’ suoi privati disegni. Fu essa firmata in Pescia, e in Firenze
pubblicata non senza dispetto dei minuti popolani il primo settembre
del 1364, lasciando le cose appresso a poco tali quali com’erano state
innanzi la guerra: tornava meglio alle due città se non l’avessero
cominciata.[277]
La dimora in Avignone, che ai Papi era stata abbassamento di dignità,
veniva a rendersi ogni giorno più, non che odiosa agli Italiani,
subietto amaro alla riprovazione di tutti gli uomini religiosi; e
Urbano V, benchè francese, non prima assunse il pontificato che pose
mente a ricondurlo dove è la sua natural sede. Questo annunziava egli
col pigliare il nome d’Urbano. Muovevanlo i danni che ne venivano alla
Chiesa, e lo squallore di Roma, e il grido d’Italia, e le rampogne
dei buoni; disdegnava la tutela che si arrogavano sul papato i re di
Francia, ed ultimamente per le guerre di quel regno parevagli fosse
male sicura ivi la dimora: vedeva all’incontro la sudditanza dei popoli
al dominio temporale della Chiesa, di già ottenuta per le armi e per
le arti dell’Albornoz, abbisognare tuttavia della presenza dei papi,
che il nuovo stato costituisse e gli acquistasse la moral forza; si
confidava con la presenza sua poterlo difendere dalle oppressioni
e dalle rapine dei compri ladroni che si appellavano soldati;[278]
sperava domare la potenza di quel Bernabò Visconti che fu insigne per
malvagità anche tra gli uomini della casa sua, e che d’ogni erba faceva
fascio. Si accordava al fine stesso (comune essendo lo scadimento delle
due somme potestà) l’imperatore Carlo IV: credeva questi passando in
Italia nel tempo stesso che il Pontefice, meglio rialzarvi l’imperial
nome e confortarne l’autorità; prometteva gastigare la prepotenza
di Bernabò, che in Italia gli pareva quasi occupare il luogo suo.
Così accordati, sbarcò a Genova Urbano V nella primavera del 1367,
e dimorato alcuni mesi in Viterbo, a’ 16 ottobre faceva l’entrata
solenne e lieta veramente nella desolata Roma, in mezzo al corteggio
dei signori e al plauso dei popoli. Già era tra ’l Papa e l’Imperatore
e il Re d’Ungheria la regina Giovanna di Napoli e i signori di Mantova
e di Padova e di Ferrara conchiusa una lega per l’offesa dei Visconti,
alla quale i Fiorentini con molto cauto accorgimento si rifiutarono
aderire. Oltre al tenere in gran sospetto quell’amicizia tra ’l Papa e
Cesare, pensavano come per sè avessero i Visconti, oltre alla volontà
più forte nella propria difensione e alla unità del comando, le forze
di quante in Italia erano compagnie, cioè delle sole milizie vere che
allora sapessero tenere il campo e mantenessero disciplina. Ma fuori
anche di tutto ciò, per sè avevano i Signori di Milano stragrande copia
di pecunia, che nelle guerre di quella fatta era ogni cosa; e della
quale non saprei dire se fosse Carlo o più avido o più bisognoso.[279]
Egli disceso nel maggio del 1368, trovata l’impresa più dura che in
lui fossero l’animo e i propositi, fece accordo co’ Visconti per molto
danaro e piccioli ossequi o concessioni da loro fatte; e la lega fu
disciolta, ed egli con poche armi recavasi in Toscana.
Si fermò in Lucca, e di là per Siena andato a Roma, accrebbe quivi
lo splendore di quei giorni al Papa magnifici. Di Roma Carlo tornò in
Siena, della quale si aveva creduto nell’andata riordinare il governo;
ma ora cercando mettere in palagio un suo Vicario, infuriò la plebe,
ed ei dovette salvarsi nelle case dei Salimbeni con suo pericolo e
vergogna. A Pisa frattanto, avendo Giovanni dell’Agnello perduto lo
stato, faceva ritorno l’amico dei Fiorentini Piero Gambacorti, dal
quale ottennero essi la conferma degli antichi privilegi e aggiunta di
nuovi, cosicchè allora per sempre cessarono dal fare porto a Talamone.
Nel tempo stesso Lucca sottratta al dominio dei Pisani ricuperava dopo
ventisette anni l’indipendenza; riordinandosi a governo per allora
popolare e molto amico ai Fiorentini. Ai quali però non mancavano
le solite molestie per la venuta di Carlo: consentiva egli, come
vedemmo, fossero libere le città una per una e spicciolate, ma non
formassero uno stato di più insieme, e non facessero acquisti di terre
senza il beneplacito di lui. Diceva pertanto l’annessione di Volterra
essere stata contro ai patti del 55, e grave scandalo gli pareva
che la Repubblica si arrogasse dare castella in feudo ai signori del
distretto, a sè rendendole tributarie. Ma tali pretese chetarono tosto
per pochi danari; e l’Imperatore, che ne aveva da Lucca e da Siena e da
Pisa e dai Visconti avuti buon numero, tornò in Germania soddisfatto.
Ma lasciava però dietro sè odiosa molto ai Fiorentini la ribellione di
San Miniato; non poteva quella terra dimenticare l’essere stata rôcca
ai Vicari dell’Imperatore; e molti avendo e possenti nobili usati al
vivere ghibellino, le istituzioni popolari male vi sapevano allignare:
quelli umori si scopersero alla venuta di Carlo; e i Fiorentini,
partito lui, di già si erano accampati sotto alle mura della città,
allorchè Bernabò Visconti mandò dicendo si ritraessero, avendo avuto
egli dall’Imperatore il vicariato di San Miniato. Ma la Repubblica
questa volta prescelse la guerra per non si mettere un padrone
addosso, e avendo seco Pisa e Lucca, si credeva essere ben guardata.
Ciò nonostante in un primo scontro ebbe la peggio, ed i nemici erano
corsi fino alle porte della città, quando i Fiorentini riusciti essendo
per tradimento a occupare San Miniato, la guerra si tenne finita in
Toscana. Ai presi nobili fu mozzo il capo, e i ragazzi della plebe
fiorentina addosso a loro inferocivano. Si disperderono le casate dei
Sanminiatesi, e una donna della famiglia dei Borromei, portò a Milano
le sue ricchezze.[280] Il Pontefice, che da gran tempo lodevolmente
sollecitava le città e i principi dell’Italia a unire insieme gli
sforzi loro contro alle straniere Compagnie, si era da ultimo collegato
ai Fiorentini; talchè quella guerra si protrasse fiaccamente qualche
altro mese in Lombardia, finchè una pace venne conchiusa massimamente
perchè il Papa si era tornato in Avignone; dove subito ammalato, venne
egli a morte nei giorni ultimi dell’anno 1370.
Diremo adesso in quegli anni le interne cose della Repubblica:
l’ammonire non cessava, e le sètte degli Albizzi e dei Ricci, palesi a
tutti, mantenevano in sospetto la città anche di occulte macchinazioni.
Era venuto in Firenze [anno 1360] Niccolò Acciaiuoli, grande Siniscalco
del regno di Napoli, uomo di potenza quasi regale, e nuovamente da
Egidio Albornoz creato visconte della Romagna riconquistata da quel
bellicoso Cardinale nel nome del Papa. L’Acciaiuoli come cittadino
di Firenze aveva il suo nome tra gli altri imborsato per la tratta
dei magistrati, ma fino allora ogni volta fosse tratto aveva divieto
come assente, rimettendosi però la polizza nelle borse. Le quali erano
quasi vuote ai giorni della sua dimora in Firenze, e fallare non poteva
ch’essendo presente non fosse Priore: le cortesie, le magnificenze,
la fama di lui, molti adombravano, impauriti per la libertà se
tale uomo sedesse in Palagio: ed egli a togliere i sospetti uscì di
Toscana. Occorse in quei giorni che in Bologna l’Albornoz oscuramente
accennasse a un ambasciatore fiorentino d’una congiura in Firenze per
sovvertire lo stato: il che avendo questi rivelato quindi ai Signori,
crebbe il sospetto che si aveva dell’Acciaiuoli, e incontanente fecero
provvisione che niun cittadino il quale avesse giurisdizione di sangue
o sotto sè città o castella potesse essere all’ufficio del Priorato.
Ma veramente una congiura in Firenze si tramava o con Giovanni da
Oleggio il quale cacciato di Bologna si era fatto signore d’Ancona,
o con Bernabò Visconti, o con lo stesso Albornoz, grande ambizioso
che accettava in proprio nome la signoria d’Orvieto e d’altre città
papali, ma cauto da non si tuffare in pratiche a lui fatte da un oscuro
venturiere. Tale si era un Bernardo Rozzo milanese, che per la promessa
di molto danaro disse ogni cosa alla Signoria, e lasciò intendere anche
più del vero. Ma intanto un’altra rivelazione era fatta da Bartolommeo
de’ Medici, a ciò esortato da Salvestro suo fratello. Aveva egli un
trattato con Domenico Bandini e con Niccolò Del Buono, ammoniti di
recente: questi volevano dare lo stato ai Ricci; e quanti fossero
più o meno intinti nella congiura non si seppe mai, parendo meglio ai
reggitori che scuoprire il male mettervi un piede sopra. Il Bandini
ed il Del Buono ebbero mozza la testa: un Infangati di antichissima
famiglia e seco, di case grandi, Pino de’ Rossi, un Frescobaldi
da Sammontana, un Adimari, un Gherardini, un Pazzi, un Donati, due
popolani e uno di quei frati i quali stavano in Palagio, ebbero bando
della persona e confisca degli averi.[281] Qui nota come fosse in sè
divisa, ma sempre viva, la setta dei grandi: quel Manno Donati che
si era dato alla milizia, moriva in Padova ai servigi dei Signori
da Carrara; un altro Donati e un Gherardini ed un Pazzi in Firenze
macchinavano congiure contro allo Stato; ed un altro Pazzi ed un altro
Gherardini sedevano accanto ai grossi popolani, e gli troviamo noi
Capitani della parte guelfa mentre avvenivano queste cose.[282]
Che la Repubblica in quegli anni fosse agitata, si vede pure da questo,
che avendosi nell’anno 52, per economia di spesa, cessato dal fare
venire in Firenze annualmente un Capitano del popolo, ed ora sentendosi
mancamento di chi amministrasse la giustizia in cose politiche, fu
quest’ufficio rimesso nell’anno 1366.[283] Quindi anche nascevano i
sempre nuovi ordinamenti circa al magistrato della Parte,[284] che
di quei moti era principal cagione: s’introduceva per arbitrii dentro
alle viscere dello Stato, nulla correggeva, nulla ordinava, odioso a
tutti e in sè medesimo impotente. A quel che appare dai registri,[285]
le ammonizioni non sarebbero state molte; ma col ferire chi fosse
al punto d’essere tratto di magistrato, impedivano i più solenni
ordinamenti della Repubblica, miravano a tôrre di mezzo quei nomi i
quali fossero più appariscenti. Matteo Villani fu ammonito l’anno 1363,
poco innanzi la morte sua; e infine al proemio del libro undecimo, per
lui rimasto incompiuto, sembra egli accennare con parole commoventi
a’ suoi privati travagli.[286] Ma il figlio suo ciononostante, nei
Capitoli ch’egli aggiugneva poco dipoi, si lagna fosse in quei giorni
raffreddato l’ammonire, lasciando correre la viltà de’ nuovi uomini
che reggevano.[287] Assai notabile attenuazione di quelle leggi contro
a’ Ghibellini fu fatta sulla fine dell’anno 1366, Uguccione de’ Ricci
sedendo allora nel Priorato, ed in quella settimana nella quale essendo
Proposto spettava a lui la prerogativa. I Capitani, ch’erano sei,
fossero otto, poi cresciuti fino a nove; due grandi, due delle Arti
minori, gli altri cinque grossi popolani; e che uno delle Arti minori
intervenga sempre. Che niuno sia condannato nè ammonito senza revisione
della sentenza per un consiglio di ventiquattro cittadini guelfi,
innanzi ai quali possa difendersi l’accusato. Che l’Esecutore degli
ordini di giustizia rivegga per giudizi regolari le condanne fatte
in addietro per Ghibellini, non veri Guelfi o sospetti; e i non bene
condannati assolva, sicchè non possano altrimenti tradursi in giudizio.
Provvede altre cose circa l’ammettere testimoni. Nel marzo seguente fu
confermata la provvisione, annullando cose fatte in quell’intervallo
dai Capitani di parte guelfa contro alle dette riforme.[288] Donato
Velluti, che ebbe parte in quelle cose, molto ampiamente le narra, ma
(come suole) confusamente: aggiugne, volevano anche scemare i divieti,
più gravosi alle maggiori case, che più avevano consorterie; ma nol
poterono mai vincere: dice pure essere allora stati concessi ai grandi
quattro dei maggiori uffici di fuori, cioè vicariati o potesterie:
questo si ottenne a gran fatica.[289]
Sembrano a noi tali ondeggiamenti molto dipendere dalle cose
che avvenivano al di fuori. Agli 11 dicembre 1364 esce divieto a
qualsivoglia persona o collegio di supplicare al Papa o al Legato
suo o al collegio dei Cardinali contro agli statuti della Parte
guelfa o alle singole loro parti:[290] ma in quei giorni Urbano V già
s’adoperava perchè scendesse in Italia l’Imperatore, che nel maggio
susseguente a lui ne andava in Avignone. La riforma del 66 avvenne
quando si aspettava in Toscana Carlo IV; il quale indugiava poi di un
anno la venuta, nè lui presente era dicevole fare gran pressa contro
ai Ghibellini. Dipoi sappiamo Piero degli Albizzi, capo degli uomini
della parte guelfa, essere stato gran promotore della lega con Urbano:
egli ed i suoi dagli avversari avevano per dileggio appelagione di
_paperini_, giocando sul nome quasi che fossero _paterini_. La setta
degli Albizzi aveva anche un segno che la distingueva, e i suoi
aderenti portavano certa nuova foggia di berrette, la quale usanza
era venuta di corte di Roma.[291] Piero degli Albizzi era molto
grande appresso al Papa, massime quando (e forse anche in grazia sua
e a procacciare la lega) Piero Corsini suo nipote ebbe il cappello
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 22
  • Parts
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 01
    Total number of words is 3844
    Total number of unique words is 1344
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    66.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 02
    Total number of words is 4302
    Total number of unique words is 1544
    41.8 of words are in the 2000 most common words
    56.1 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 03
    Total number of words is 4551
    Total number of unique words is 1555
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 04
    Total number of words is 4512
    Total number of unique words is 1632
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 05
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1634
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 06
    Total number of words is 4581
    Total number of unique words is 1579
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 07
    Total number of words is 4563
    Total number of unique words is 1629
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    64.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 08
    Total number of words is 4656
    Total number of unique words is 1596
    38.2 of words are in the 2000 most common words
    53.3 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 09
    Total number of words is 4648
    Total number of unique words is 1615
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 10
    Total number of words is 4609
    Total number of unique words is 1634
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    55.6 of words are in the 5000 most common words
    64.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 11
    Total number of words is 4535
    Total number of unique words is 1663
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 12
    Total number of words is 4593
    Total number of unique words is 1656
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 13
    Total number of words is 4519
    Total number of unique words is 1754
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.0 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 14
    Total number of words is 4553
    Total number of unique words is 1672
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 15
    Total number of words is 4640
    Total number of unique words is 1674
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    63.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 16
    Total number of words is 4710
    Total number of unique words is 1579
    40.4 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    62.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 17
    Total number of words is 4699
    Total number of unique words is 1570
    41.4 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 18
    Total number of words is 4469
    Total number of unique words is 1524
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    54.6 of words are in the 5000 most common words
    62.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 19
    Total number of words is 4496
    Total number of unique words is 1574
    41.1 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 20
    Total number of words is 4646
    Total number of unique words is 1606
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 21
    Total number of words is 4568
    Total number of unique words is 1666
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    54.7 of words are in the 5000 most common words
    62.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 22
    Total number of words is 4518
    Total number of unique words is 1610
    39.4 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 23
    Total number of words is 4536
    Total number of unique words is 1738
    39.2 of words are in the 2000 most common words
    54.0 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 24
    Total number of words is 4640
    Total number of unique words is 1587
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 25
    Total number of words is 4191
    Total number of unique words is 1910
    28.9 of words are in the 2000 most common words
    41.2 of words are in the 5000 most common words
    46.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 26
    Total number of words is 4408
    Total number of unique words is 1151
    41.6 of words are in the 2000 most common words
    55.5 of words are in the 5000 most common words
    61.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 27
    Total number of words is 4290
    Total number of unique words is 1738
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    51.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 28
    Total number of words is 4283
    Total number of unique words is 1733
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    46.4 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 29
    Total number of words is 4181
    Total number of unique words is 1644
    30.6 of words are in the 2000 most common words
    41.4 of words are in the 5000 most common words
    47.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 30
    Total number of words is 4635
    Total number of unique words is 1613
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 31
    Total number of words is 4138
    Total number of unique words is 1453
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    56.4 of words are in the 5000 most common words
    64.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 32
    Total number of words is 4275
    Total number of unique words is 1577
    39.6 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    62.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 33
    Total number of words is 2328
    Total number of unique words is 974
    48.4 of words are in the 2000 most common words
    61.9 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.