Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 20

Total number of words is 4646
Total number of unique words is 1606
41.3 of words are in the 2000 most common words
56.9 of words are in the 5000 most common words
65.2 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
era questo il tenore. Un esordio molto magnifico dichiara essere
quella legge «a sicurezza e fortificazione di tutta la massa e corpo
dei Guelfi, e ad impedire che incontro ai pii ed ai cattolici non
prevalgano quegli empi, che avendo animo di lupo celato sotto pelle
d’agnello, con arti fallaci s’adoprano a fine di entrare nel sacro
ovile dei Guelfi.» Dipoi statuisce, in primo luogo la confermazione
delle antiche leggi: nemmeno gli approvati Guelfi per la legge del
1349 potevano essere, per quindici anni dopo il giuramento fatto,[253]
nè priori, nè gonfaloniere di giustizia, nè dei dodici buonomini,
nè gonfaloniere di compagnia, nè capitani di Parte guelfa, nè notari
d’alcuno dei detti uffici; quelli, che sieno ricevuti Guelfi da ora in
poi non abbiano uffici, se non prestino giuramento di osservare gli
statuti della Parte. I Ghibellini non sieno riconosciuti Guelfi, se
non con le stesse forme per le quali i grandi si facevano popolani.
Valgano le leggi fino alla cattura delle persone e alla distruzione
delle case; possa ciascuno accusare, sia pure anche donna o figliuolo
di famiglia, o uno dei grandi, e per accusa segreta _sine nomine absque
aliqua satisdatione de prosequendo_. A comprovarla bastassero sei
testimoni di pubblica fama, senza bisogno che fossero approvati dai
Priori. I Capitani, sotto pena di cinquecento lire, dovevano prestare
mano agli accusatori, notificatori, denunziatori, e quanto era in
poter loro dare ad essi aiuto e consiglio; promuovere le accuse ed
i processi presso qualunque rettore e ufiziale; e tutto ciò a spese
della Parte, il camarlingo dovendo pagare le spese sopra un semplice
mandato dei Capitani. Prevalga questa ad ogni altra provvisione, e
nel conflitto prevalga quella che più favorisca la Parte guelfa, e più
offenda i Ghibellini. Se alcuno faccia motto contro a questa legge (_in
iudicio vel extra, etiam in sindacatu aliquid dixerit_) sia condannato,
_de facto et sine strepitu et figura judicii_, in tremila fiorini
d’oro; e se non paghi dentro tre giorni, gli sia tagliato il capo
d’in sulle spalle; ed ogni rettore o ufiziale che non osservi o non
faccia osservare questa legge, sia condannato in mille fiorini d’oro,
e perda l’ufficio.[254]» I Capitani di parte guelfa per questa legge
scelleratissima vennero fatti nel tempo stesso istigatori alle accuse e
accusatori e soli giudici, e tolto via da quei giudizi ogni intervento
ed autorità dei magistrati della Repubblica.
Portata l’iniqua petizione ai Signori ed ai Collegi, non la vollero
questi accogliere, nè pure mettere in deliberazione. Ma i Capitani con
dugento dei loro seguaci, e col nome innanzi della Parte guelfa, a cui
niuno resisteva, tornati in palagio, dissero che non si partirebbero
di là innanzichè la petizione fosse vinta: e a questo modo convenne
che si facesse. Dipoi si racchiusero insieme nel palagio della Parte,
e fecero le borse dei capitani e consiglieri da risedere per molti
anni negli uffici di Parte guelfa, scegliendo tra loro sfacciatamente
i più malevoli e di peggiore condizione. Procedendo, squittinarono per
accusarli e farli condannare settanta cittadini «di nome e di stato
e delle migliori case di Firenze, grandi e popolani, eziandio che di
nazione e di operazione si trovassero essere veri e diritti guelfi:
dopo questo, levato il saggio delle accuse, dovevano insaccare degli
altri.[255]» Ma bollendo la città, i Capitani al vedere la commozione
ristettero dall’accusare i potenti; e volendo però dare cominciamento
al fatto, scelsero quattro dei quali si poteva dire qualcosa, e con
accompagnamento di quei soliti dugento andarono al Potestà, exabrupto
gli fecero condannare. Subito di poi, benchè avessero animo di fare
maggior fascio, ma ritenuti dal mormorio del popolo, fecero lo stesso
di altri otto, poi di cinque più. «A ognuno pareva male stare, e
molti cercavano con preghiere e con servigi e con doni di riparare
alla fortuna loro ch’era in mano dei Capitani.» Ciascuno di questi
accusava il suo; «uno dei sei Capitani diceva all’altro: non hai
tu alcun nemico? A me consenti di condannare il nemico mio, ed io a
te consentirò il tuo; e sei erano i condannati:» in pronto sempre i
testimoni. Intanto però tutti gridavano si mettesse rimedio a ciò,
e molti consigli se ne tenevano; «ma nessun modo vi sapevano trovare
per non derogare al nome della Parte; e i più sospetti si mostravano
più zelanti a mantenere la legge insintantochè la pietra cadeva sopra
loro.» I due cronisti che a noi trasmisero questi fatti, pongono studio
nel protestare come la legge contro ai Ghibellini in sè medesima fosse
buona, se non che la era male usata.[256] Quindi i Priori, accorgendosi
non potervi per via diretta riparare, e che l’onore e lo stato poteva
essere tolto a ciascuno quando a tre Capitani di parte paresse, ma
volendo pur fare qualcosa; all’improvvisto ordinarono segretamente
co’ loro Collegi una petizione, che fu vinta. Ai Capitani aggiunsero
due altri popolani, e decretarono che nessuna deliberazione avesse
valore se non fosse concordata da tre popolani: i Capitani grandi non
era obbligo che fossero cavalieri, perchè l’ufficio non continuasse
in pochi grandi; posero a tutti divieto un anno, e che gli squittini
della Parte si dovessero rifare di nuovo e annullare tutti i fatti.
Così almeno ebbero molti alcun intervallo da riparare ai fatti loro: ma
nondimeno coloro che avevano l’animo e la mente sollecita a rimanere
sempre con quell’arme in mano, argomentavano nuovi squittini; e in
questo e in altro caso fecero tanto, che lo scandalo cresceva sempre.
Ed allora, per andare più lesti al percotere, inventarono quel nome
dipoi famoso delle ammonizioni, ch’erano precetti dati senza forma
di giudizio, come a notorii Ghibellini, di non pigliare gli uffici:
e perchè il modo paresse buono, dicevano: «meglio essere ammonito che
gastigato.» Quelli oligarchi così facevano del principio di libertà a
sè strumento di tirannia, cui sempre giova porre innanzi un nome grato
e popolare siccome era il nome guelfo, e coprire le violenze di una
mite appellazione come era quella dell’ammonire.
Si trova[257] che essendo fin dal 1353 grande contesa tra le famiglie
dei Ricci e degli Albizzi, questi armarono le case loro per sospetti
che aveano di fuori; il che ai Ricci essendo rapportato, ed essi pure
si armarono. Gli animi erano in sospeso, quando una zuffa essendo nata
per lieve cagione in Mercato Vecchio, si temette nascesse guerra tra
le due case: poi si trovò che non era nulla; e riposata la cosa, la
Signoria cercò fare pace: ma la volontà cattiva tra loro rimase. E
l’anno dipoi avrebbono i Ricci dato la prima mossa alle nuove leggi
contro a’ Ghibellini, facendo ciò con l’intendimento di battere gli
Albizzi, i quali oriundi d’Arezzo, si diceva che fossero Ghibellini
di nazione. Questi pertanto si proponevano di contrastare la legge,
allorchè un Geri de’ Pazzi, amico falso de’ Ricci, andato una notte
a Piero degli Albizzi, il quale era in Casentino, gli disse a qual
fine era ordinata la legge, e che si sarebbe detto la combatteva egli
per timore non toccasse a lui. Accettò Piero il consiglio e venne in
Firenze; e quando andò la petizione, la favoreggiò con gli amici suoi
tantochè si vinse: ed egli poi e la famiglia sua rimasero capi della
Parte guelfa e per essa crebbero. I Ricci pigliarono la contraria
parte, e per alcuni anni si disse la setta dei Ricci e la setta degli
Albizzi, tra le quali era la città divisa, ma senza però che si venisse
alle armi o che grave effetto ne nascesse; quella dei Ricci venendo ad
essere abbattuta facilmente, finchè dipoi non risorse con altro nome a
levare in alto un’altra casa più fortunata.
Di qui il Machiavelli deduce il filo del suo racconto;[258] ed
egli, che scrive l’istoria di corsa, alla contesa tra i Ricci e gli
Albizzi ed alla zuffa in Mercato Vecchio attribuisce tutto quel fatto
dell’ammonire, scrivendo essere stata invenzione dei due rivali, per
così opprimere l’uno l’altro; e paragona la divisione la quale allora
ebbe principio, a quelle che furono prima tra’ Cerchi e i Donati,
e tra gli Uberti e i Buondelmonti. Ma le fazioni che in antico si
combattevano con le armi, «s’inimicavano ora con le fave,[259]» perchè
il governo popolare era oggimai costituito. Armate erano tuttavia
le case degli Albizzi e quelle dei Ricci, come erano quelle ad ogni
pretesto de’ maggiori cittadini; e armate pure noi troviamo quelle
dei Bordoni.[260] Ma egli è ben certo che la potenza del magistrato
di Parte guelfa ebbe principio subito dopo a che essendo privati i
nobili del governo dello Stato, cadeva questo in democrazia, contro
alla quale gli ambiziosi dapprima insorsero con l’escludere i nuovi
uomini e forestieri, poi col batterli come Ghibellini: il che era stato
più anni prima che tra gli Albizzi ed i Ricci fossero nate inimicizie,
quanto almeno noi sappiamo. Si noti pure come della contesa tra quelle
due case, Matteo Villani in tutto il corso della istoria sua non faccia
parola, solo in un luogo accennando agli Albizzi, quasi temesse di
nominarli, battuto essendone egli stesso come seguace della contraria
parte: ma nemmeno se ne trova fatto ricordo bene espresso nè da
Leonardo d’Arezzo, nè da Piero Boninsegni, comunque vissuti in una età
oramai sicura da quei timori e dai pericoli. Il Velluti ed il Morelli
mettono innanzi i Ricci e gli Albizzi, siccome capi di quelle sètte; ma
il derivare i moti pubblici dalle private inimicizie è tutta cosa del
Machiavelli.
Al fare le leggi contro a’ Ghibellini e alle contese che indi nacquero,
dovette essere pure incentivo, benchè taciuto dagli storici, il
trattato che si fece nel corso appunto di quegli anni con l’imperatore
Carlo IV. Quando Giovanni Villani racconta sotto l’anno 1347 le prime
mosse del magistrato di Parte guelfa contro a’ Ghibellini, dichiara
egli in solenne modo ciò essere stato per le apprensioni che allora
dava alla Parte guelfa l’essere eletto ad imperatore Carlo nipote di
Arrigo VII. Dipoi veggiamo la Signoria trattare l’accordo con questo
stesso Imperatore, e noi dicemmo con qual mistero pei molti ch’erano a
ciò avversi. Nell’aprile del 52 quel trattato ebbe pubblicazione, e qui
pure noi vedemmo con quanta grande contrarietà di molti. Dopo di che
un’ambasceria andò in Germania per la ratificazione; ed ecco subito le
contrarietà in Firenze prevalere ed abbreviarsi il tempo del mandato
agli ambasciatori, i quali dovettero fare ritorno a mani vuote, che
fu in settembre dell’anno stesso. L’accordo per allora andò a monte,
nè altre parole se ne fece negli anni 53 e 54; ma ripigliato nei primi
giorni del 1355, a Pisa venne dipoi conchiuso. Allora tacque la Parte
guelfa, e le sue leggi non si eseguirono; sinchè alla fine tre anni
dopo, e quando era l’Imperatore fuori d’Italia, non si rialzava, con
violenza quasi vendicatrice, la tirannia di quel magistrato. Così a
me sembrano quei due fatti mostrare in tutta la successione loro quel
legamento che pur dovea tra loro essere necessario: e al modo stesso
poi noi vedremo rallentare la violenza del magistrato di Parte guelfa,
e quasi essere soperchiato, un poco innanzi alla seconda venuta in
Italia dello stesso Carlo IV, e ripigliare viemaggior lena dappoichè
Carlo si fu partito.
Dicemmo noi come la parte che più era popolare, ed alla quale
apparteneva Matteo Villani, promovesse quel trattato per cui venivasi
ad autenticare il governo delle Arti costituite dopo il 43: quello
stesso Imperatore aveva in Siena favoreggiato contro all’ordine
dei Nove la formazione di un governo largo. Matteo Villani, che è
il narratore solo a noi rimasto di quel trattato, e che n’è grande
sostenitore, molto era avverso al magistrato di Parte guelfa; dal quale
venne anche ammonito per Ghibellino. Teneva la parte alla quale i Ricci
presiedevano: e di Uguccione, ch’era capo di questa famiglia, dice il
Velluti,[261] ch’egli «recava a sè i Ghibellini e non veri Guelfi.»
Uguccione andò a Cesare in Allemagna ambasciatore la prima volta,
e quando tornarono gli altri quattro colleghi suoi, perchè la parte
contraria ad essi ed al trattato in Firenze prevaleva, rimase in Udine
a cercare se la pratica si rappiccasse. Nei Consigli del Comune mosse
il partito del fare accordo con l’Imperatore giunto in Pisa; e andato
a lui ambasciatore, e nate essendo difficoltà, venne in Firenze a
procurare si conchiudesse a ogni modo, con ampliare a quest’effetto le
facoltà agli ambasciatori:[262] alla fine sottoscrisse quel trattato, e
fu nel Duomo a prestare omaggio: ma, per contrario, niuno degli Albizzi
ebbe la mano in quelle cose. Essi e con loro gli ottimati voleano
fare a sè sgabello del nome guelfo, ch’era la forza della Repubblica
fiorentina, i popolani a sè appoggio delle imperiali tradizioni, contro
all’abuso del nome guelfo: qui stava il nodo della contesa. Ma vero
è poi che le due parti, entrambe incerte e come stracche, l’una con
l’altra si confondevano; più oramai non dispiegandosi franche e sicure
le volontà ed i propositi di ciascuna, com’era al tempo di quelle
guerre che prima i grandi ebbero tra loro, e poi la plebe contro a’
grandi.


CAPITOLO VII.
LA GRAN COMPAGNIA. — GUERRA CO’ PISANI. — SECONDA VENUTA DI CARLO IV IN
ITALIA. — IL MAGISTRATO DI PARTE GUELFA: AMMONIZIONI. [AN. 1358-1374.]

L’occasione o il pretesto pel quale si armavano allora le case dei
possenti cittadini era l’entrata in Toscana della grande Compagnia; di
quell’esercito di ladroni, dal quale ebbe tante devastazioni l’Italia,
miseria non ultima di quel secolo disordinato. Nel dugento noi vedemmo
per alte contese accozzarsi le nazioni; ora guerre da per tutto, ma
un combattersi alla rinfusa e senza un perchè di cui l’istoria tenga
conto: nulla si fece in quella età che poi disfare non fosse meglio.
La Francia invasa e calpestata per cento anni dagli Inglesi, che ad
entrambi fu ruina e arretramento di civiltà; in Allemagna l’Impero
debole, ed un brulicare d’ambizioni feroci, di principi, di armati
vescovi e condottieri: là divisa la nazione pel giure dei feudi e per
argomenti di genealogie, come in Italia per le disuguali fortune dei
popoli e pei contrasti tra le città. Nella Germania era la guerra fine
a sè stessa ed era mezzo al nazionale incivilimento: ma qui tra noi la
grassezza della vita e le arti e i commerci facevano un popolo tanto
proclive alle discordie, quanto alieno dalle armi; queste avevano di
che pagare, fidate ad uomini mercenari; e nelle guerre e nelle stesse
civili fazioni vedemmo più volte conestabili tedeschi vivere al soldo
della Repubblica e avere in mano le forze sue. Infatti costoro allorchè
s’accorsero in Italia essere grande numero, ed i paesani disusarsi
ogni dì più dalle armi; pensarono che era meglio unirsi in compagnie
vivendo di ratto, anzichè del soldo che spesso mancava; avvisandosi che
se a loro venisse fatto di occupare alcuna buona città, le altre tutte
facilmente a sè farebbono tributarie. Così gli antichi progenitori
loro, gli Eruli e i Goti, erano stati prima a guardia dell’Impero,
e poi l’avevano per sè tolto: muovevangli ora le stesse occasioni
e le cupidità stesse, ma essendo già in loro cessato l’impeto delle
invasioni prime, per anche non erano fatti capaci alle conquiste per
via d’eserciti regolari.
In Francia una pace fatta con gli Inglesi avea cominciato le vaganti
Compagnie: lo stesso in Italia, cessata la guerra del Re d’Ungheria
contro alla regina Giovanna di Napoli. Imperocchè avendo quel Re
licenziato un duca Guarnieri d’Urslingen tedesco, questi uscito del
reame insieme ai soldati ch’erano stati con la Regina e col marito
di lei Luigi di Taranto, fece di tutti una Compagnia in numero forse
di tremila cavalieri, taglieggiando la campagna di Roma e le altre
vicine contrade.[263] Dipoi essendo il governo della Compagnia venuto
alle mani di un cavaliere provenzale dell’ordine degli Spedalieri
di Gerusalemme, il cui nome trovo scritto Montreal di Albano, e i
nostri lo chiamano Fra Moriale; costui, che aveva l’animo grande
alla preda, tirò a sè quanti più fossero per l’Italia uomini d’arme
senza soldo, talchè si trovarono seco bentosto settemila paghe di
cavalieri, che cinque mila o più erano in arme cavalcanti, con più
di millecinquecento masnadieri italiani; e da ventimila ribaldi e
femmine di mala condizione seguivano la Compagnia per fare male e
«pascersi della carogna.[264]» Le femmine lavavano i panni e cuocevano
il pane, Fra Moriale avendo provveduto che avessero macinelle da fare
farina; pel quale ordine potè l’oste, che mai non entrava in terre
murate, mantenersi in abbondanza. Avevano l’anno 1354 vernato nella
Marca; donde accennando verso Toscana, i Fiorentini fecero lega, come
solevano, insieme co’ Senesi e Perugini; ma questi che erano i più
esposti, vedendo potersi per le offerte di Fra Moriale senza loro
danno levare la Compagnia da dosso, diedero a questa il passo e le
vettovaglie per danaro, e licenza d’entrare senz’arme nella città
loro, e quivi rifornirsi di vestimenta e d’armi e di cose che a loro
fossero necessarie. Lo stesso avea fatto il Vescovo di Foligno e poi
fecero i Senesi e gli Aretini, patteggiando con la Compagnia; la quale
scorreva baldanzosamente per quelle contrade, non risparmiando le biade
dei campi pe’ loro cavalli e quante altre cose potessero giugnere,
e predando uomini e bestiame. Di là poi scesero nel Valdarno, e indi
trapassato San Casciano, fino a sei miglia da Firenze, perchè avevano
preso la ferma d’essere con la lega di Lombardia contro all’Arcivescovo
di Milano per centocinquanta mila fiorini in quattro mesi, vennero
a composizione co’ Fiorentini per venticinquemila fiorini d’oro;
e nell’accordo si leggono registrati fino a dugentotrentaquattro
uffiziali. Avuta poi la condotta, se n’andarono per Val di Rubbiana
alla Città di Castello, avviandosi in Lombardia: e Fra Moriale, con
licenza degli altri caporali, accomandò la Compagnia a Currado conte
di Lando[265] e fecelo suo vicario, egli recandosi a Perugia e più
tardi a Roma; dove per comando di Cola di Rienzo fattogli processo come
a pubblico principe di ladroni, e che avea devastato la Romagna e la
Toscana e la Marca, gli fu tagliata la testa. Non credo che fosse pura
di tradimento e di avarizia cotesta opera del Rienzi; la quale sarebbe
stata la migliore (se mai sia lecito ammazzare) che fatta si avesse
quell’antiquario della libertà romana, il quale perchè sapeva _lejere
li pataffi_,[266] si credè nato a resuscitare la potestà tribunizia
in quella Roma che fu deserta quando i Papi l’abbandonarono, e fra le
torri armate in guerra dei baroni ghibellini ch’erano in mezzo alla
città stessa.
Cessata bentosto in Lombardia la guerra, il Conte di Lando condusse
nel Regno la Compagnia, dimorata quivi ad agio più mesi per la
scioperatezza del re Luigi di Taranto: indi poi tornò nella Marca,
e tratto danari da molti e perfino dal possente Bernabò Visconti, si
fermò in Romagna, facendo le viste di soccorrere i Signori di quelle
città contro ad Egidio Albornoz Legato del Papa, che ivi guerreggiava
da più anni. Ma stando al coperto nei loro movimenti, intendevano ai
propri loro fatti; e la Compagnia cresceva, molti accorrendovi da ogni
parte per vaghezza della preda, non per affrontare nemici in campo.
Vivevano senza far danno al paese di ruberie e di prede; perchè tanta
era la divisione delle parti e la gelosia de’ popoli contro a’ tiranni,
che a ciascuno meglio pareva accordarsi con la Compagnia per danaro che
contrastare con quella. Però il Legato contro ad essi bandiva la croce
per tutta Italia, ed in Firenze mandò un Vescovo di Narni a predicare
l’indulgenza con grande solennità; dove fu tanto il concorso, che non
poteva egli resistere a ricevere le offerte ed a porre la mano in capo,
e in pochi giorni raccolse da trentamila fiorini d’oro, i più dalle
donne e dalla gente minuta. Mandò la Repubblica in Romagna anche suoi
soldati, e vi andarono masnade di cittadini e contadini crociati, che
furono dugento a cavallo e duemila a piè: in tutto costava al Comune
di Firenze più di centomila fiorini, questa che riusciva non altro poi
che una beffa. Imperocchè il Legato anch’egli scendeva agli accordi con
la Compagnia per cinquanta mila fiorini d’oro, che di sua parte dovè
il Comune pagare il terzo: e la Compagnia, passata di nuovo contro a’
Signori di Milano, tornò in Romagna nel mese di giugno del 1358.
In fin da quando la Compagnia la prima volta fu in Romagna, i
Fiorentini vedendo ch’ella era in parte dove in un dì potea valicare
l’Alpe ed entrare nel Mugello, formarono con bell’ordine una nuova
milizia di balestrieri, che ottocento dalla città sola, e dal contado
e dal distretto in tutto fino a quattromila, dandone secondo l’estimo
tanti per cento; e nel distretto ne feciono scegliere a ciascuna
comunanza, terra o castello, quelli che si conveniano. Ordinarono
pe’ loro soldi certa entrata; e che ogni balestriere, stando a casa
apparecchiato ad ogni richiesta del Comune, avesse venti soldi al mese,
ed i conestabili quaranta; e quando erano in servigio, fiorini tre al
mese. Nella città e nel contado ogni dì di festa si radunavano insieme
i balestrieri; e i vincitori aveano premio un bello e ricco balestro
marcato del marco del Comune. Col mezzo di questa e di altre buone
provvigioni i Fiorentini guardavano i passi dell’Alpe; ed a quello
dell’Ostale, ch’era il più aperto, chiamarono anche per accordo gli
Ubaldini, i quali vi vennero con millecinquecento dei loro fedeli.
Quivi fecero una tagliata per lo spazio d’un miglio e mezzo tra’ due
poggi, e sopra la tagliata fecero barre di grandi e grossi faggi a
modo di steccato, ed abitazioni pe’ soldati. Per questi buoni ordini
salvavano allora da ogni assalto la Toscana: ed allontanandosi la
Compagnia, il Conte di Lando, lasciato a condurla un conte Broccardo,
passò in Germania, ivi portando il tesoro ch’avea rubato, del quale
comprava terre e castelli e riscotendo quelle che aveva impegnate.
Appresso era stato con l’Imperatore, mostrandogli come la Toscana
era piena di soldati di lingua tedesca, i quali se fossero al soldo
del Conte, tutti sarebbero dell’Imperatore. E questi al Conte non si
vergognava dare titolo di suo Vicario in Pisa; e fu detto gli desse
in occulto maggiore legazione, se a lui venisse fatto di riporre sotto
l’imperiale soggezione qualche altra parte della Toscana.
Quand’egli tornava di Germania nel mese di luglio 1358 trovò che
avevano i Caporali della Compagnia chiesto il passo ai Fiorentini per
la Toscana fino a Perugia, dov’erano chiamati. Volevano quelli farli
entrare spartiti e per i luoghi a ciò assegnati; il che rifiutato
dalla Compagnia, i Fiorentini si provvedevano; ma il Conte scelse
venire a patti; così che essendo la Compagnia in Val di Lamone,
dovesse per la via di Marradi tagliare l’Appennino presso a Belforte
ed a Biforco fino a Dicomano e indi a Bibbiena, il Comune dando loro
la panatica per cinque dì, a loro spese. Gli ambasciatori mandati
dai Fiorentini erano rimasti con la Compagnia per più sicurtà della
condotta, sebbene fossero già rivocati dall’ambasciata. Fermati i patti
a questo modo, la Compagnia si mosse con bell’ordine, e prese albergo
in mezzo all’Alpe presso Biforco: ma come è uso di gente siffatta
quando si sente potere, passando i patti, si toglievano la vettovaglia
senza pagare, e se vedevano cose non bene riposte, le rapivano con
brutti oltraggi ai paesani. Gli abitatori delle montagne, tra molte
loro felicità, hanno invidiabili occasioni: quelli di Val di Lamone
e i fedeli del conte Guido da Battifolle s’intesero, e senza porre
tempo in mezzo si disposero per quelle vette a loro vantaggio, dove
potessero nel trapasso rifarsi dei danni e vendicare gli oltraggi che
avevano ricevuti. Il Conte di Lando, affrettandosi prima del giorno,
mise sua gente in cammino divisa in tre parti; con l’avanguardia gli
ambasciatori, e dietro a sè il conte Broccardo con ottocento a cavallo
e cinquecento pedoni e con le cose di più valuta. Era il cammino che
avevano a fare aspro e malagevole, essendo la valle quinci e quindi
fasciata dalle ripe e stretta nel fondo dov’era la via, la quale si
leva dopo alquanto di piano repente ed erta a maraviglia, inviluppata
di pietre e di torcimenti; e tale passo è detto le _Scalelle_, che bene
concorda il nome col fatto. Per dove cercando i primi passare, furono
dai villani assaliti e con le pietre indietro rispinti. Il Conte di
Lando, che s’avea tratto la barbuta di testa e mangiava a cavallo,
sentendo ciò ch’era cominciato, si rimise la barbuta e fece gridare
Arme: di sopra i villani rotolavano grandi sassi, e più ne gettavano
con mano sopra la gente del Conte ch’erano nel basso, quasi come
in prigione chiusi da altissime ripe. Egli nondimanco, siccome uomo
d’alto cuore e maestro di guerra, di subito fece smontare da cavallo
un cento d’Ungheri perchè cacciassero i villani dalle ripe: ma poco
gli valse; chè gli Ungheri, gravi delle loro armi e giubboni, co’ duri
stivali non potevano salire: quelli con le pietre gli ricacciavano
nella valle. Allora una grande pietra mossa nella sommità del monte da
parecchi villani, scendendo rovinosamente percosse il conte Broccardo,
e lui e il cavallo ne portò nel fossato e uccise: per simile guisa
molti e morti e magagnati ne furono. Talchè i villani che erano scesi
alle spalle dei cavalieri, veggendo che questi per la morte di molti
di loro inviliti, per la strettezza non erano abili in alcun modo
a mostrare la loro virtù, arditamente gli affrontarono con lance
manesche. Il Conte, assalito da buon numero di loro, fe’ con la spada
bella difesa; e alla fine non potendo s’arrendè prigione, porgendo la
spada per la punta; ed un villano il ferì con la lancia nella testa,
chè s’avea tratta la barbuta. I cavalieri, arreso il Conte, smontarono
da cavallo; e spogliate l’armi, come ciascuno poteva meglio, su per
le ripe e pe’ burroni si diedero a fuggire; e non che gli uomini, ma
le femmine ch’erano corse al rumore e ad aiutare i loro mariti almeno
col voltare delle pietre, gli spogliavano, e loro toglieano le cinture
d’argento e’ danari e altri arnesi. Molti ne furono presi o morti nelle
circostanze dai paesani che non si erano trovati alla zuffa: in tutti
più di trecento cavalieri e mille cavalli. Il Conte portato per moneta
dai villani in luogo sicuro, fu quivi raccolto dal signore di Bologna
Giovanni da Oleggio, che lo fece medicare; ma l’infermità fu lunga,
egli curandosi alla tedesca e poco regolando sua vita.[267]
Essendo così rotta e sbaragliata la retroguardia, le schiere che già
erano passate innanzi cominciavano a sbigottire. Ma con esse erano gli
ambasciatori del Comune di Firenze, ai quali Amerigo del Cavalletto,
che le conduceva, mettendosi intorno co’ suoi caporali, minacciava
togliere la vita se il fatto accordo non mantenessero. Gli ambasciatori
che nonostante si sentissero in lealtà pure temevano per sè stessi,
usando una autorità che non era commessa loro, ai molti armati che
erano accorsi a occupare i passi comandarono levarsi da quelli,
lasciando libero il cammino; e le due schiere si ridussero quel giorno
stesso in Dicomano. Dove abbarrati come potessero con botti ed altro
legname stavano in grande sospetto, avuto avviso che il Comune aveva
all’intorno dodicimila pedoni, dei quali quattromila erano balestrieri
scelti, e quattrocento cavalli; ma più temevano gli Alpigiani, poichè
gli avevano assaggiati. Udito in Firenze il romore di quei fatti,
i rettori presero consiglio di chiudere i passi, e mandarono per il
contado a far gente, che là si trasse da ogni parte per non lasciarli
passare. E sebbene uno degli ambasciatori (Manno Donati) venisse in
Firenze, ingegnandosi di ottenere che la Compagnia fosse liberata e
posta in luogo sicuro, e che i Priori ciò proponessero in tre altri
Consigli molto numerosi di richiesti, il preso partito fu ogni volta
confermato e dato ordine alla difesa. Erano i colli sopra la Sieve
tutti occupati dai balestrieri, e fatte tagliate dovunque le uscite
fossero più larghe; grande il numero dei pedoni mandati dal Comune o
che per volontà vi erano tratti; gran voglia avea il popolo di levare
di terra una volta quella maladetta Compagnia, ed i contadini stavano
in appetito di cominciare la zuffa: se fatto si fosse (crede Matteo
Villani), in Dicomano senza rimedio si spegnea il nome della Compagnia
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 21
  • Parts
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 01
    Total number of words is 3844
    Total number of unique words is 1344
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    66.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 02
    Total number of words is 4302
    Total number of unique words is 1544
    41.8 of words are in the 2000 most common words
    56.1 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 03
    Total number of words is 4551
    Total number of unique words is 1555
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 04
    Total number of words is 4512
    Total number of unique words is 1632
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 05
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1634
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 06
    Total number of words is 4581
    Total number of unique words is 1579
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 07
    Total number of words is 4563
    Total number of unique words is 1629
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    64.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 08
    Total number of words is 4656
    Total number of unique words is 1596
    38.2 of words are in the 2000 most common words
    53.3 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 09
    Total number of words is 4648
    Total number of unique words is 1615
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 10
    Total number of words is 4609
    Total number of unique words is 1634
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    55.6 of words are in the 5000 most common words
    64.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 11
    Total number of words is 4535
    Total number of unique words is 1663
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 12
    Total number of words is 4593
    Total number of unique words is 1656
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 13
    Total number of words is 4519
    Total number of unique words is 1754
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.0 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 14
    Total number of words is 4553
    Total number of unique words is 1672
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 15
    Total number of words is 4640
    Total number of unique words is 1674
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.2 of words are in the 5000 most common words
    63.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 16
    Total number of words is 4710
    Total number of unique words is 1579
    40.4 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    62.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 17
    Total number of words is 4699
    Total number of unique words is 1570
    41.4 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 18
    Total number of words is 4469
    Total number of unique words is 1524
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    54.6 of words are in the 5000 most common words
    62.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 19
    Total number of words is 4496
    Total number of unique words is 1574
    41.1 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 20
    Total number of words is 4646
    Total number of unique words is 1606
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 21
    Total number of words is 4568
    Total number of unique words is 1666
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    54.7 of words are in the 5000 most common words
    62.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 22
    Total number of words is 4518
    Total number of unique words is 1610
    39.4 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 23
    Total number of words is 4536
    Total number of unique words is 1738
    39.2 of words are in the 2000 most common words
    54.0 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 24
    Total number of words is 4640
    Total number of unique words is 1587
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 25
    Total number of words is 4191
    Total number of unique words is 1910
    28.9 of words are in the 2000 most common words
    41.2 of words are in the 5000 most common words
    46.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 26
    Total number of words is 4408
    Total number of unique words is 1151
    41.6 of words are in the 2000 most common words
    55.5 of words are in the 5000 most common words
    61.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 27
    Total number of words is 4290
    Total number of unique words is 1738
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    44.9 of words are in the 5000 most common words
    51.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 28
    Total number of words is 4283
    Total number of unique words is 1733
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    46.4 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 29
    Total number of words is 4181
    Total number of unique words is 1644
    30.6 of words are in the 2000 most common words
    41.4 of words are in the 5000 most common words
    47.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 30
    Total number of words is 4635
    Total number of unique words is 1613
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 31
    Total number of words is 4138
    Total number of unique words is 1453
    42.5 of words are in the 2000 most common words
    56.4 of words are in the 5000 most common words
    64.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 32
    Total number of words is 4275
    Total number of unique words is 1577
    39.6 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    62.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 33
    Total number of words is 2328
    Total number of unique words is 974
    48.4 of words are in the 2000 most common words
    61.9 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.