Storia della Repubblica di Firenze v. 1/3 - 31

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_Cronica_ di Ottone di Frisinga, seguito dall’Ammirato e dal Muratori.
[16] AMMIRATO, _Storie_.
[17] _Annali Pisani_.
[18] G. VILLANI, lib. V, cap. 9.
[19] MALESPINI, cap. 77.
[20] G. VILLANI, lib. V, cap. 12.
[21] AMMIRATO, _Storie_, anno 1197. Sono giunte di Scipione Ammirato
il giovane, che ebbe conoscenza, a quel che sembra, dall’atto di lega
— RAYNALD, _Annal. Eccles._, tomo I. — MALAVOLTI, _Storie di Siena_,
parte I, lib. IV, pag. 44. — FLAMINIO DAL BORGO, _Dissert. Pisan_. 4.
[22] _Epist. Innocentii III_, che sta nella Vita di quel Papa; _Rerum.
Ital. Script._, tomo III, parte 1.
[23] AMMIRATO, _Storie_.
[24] Mentre era in piede Semifonte, si diceva: «Firenze fatti in là,
chè Semifonte si fa città.» Il quale detto popolare da sè mostrerebbe
(se bisogno ve ne fosse) l’idioma parlato già negli ultimi anni del
secolo XII avere forma tutta italiana. Ma la Cronaca di quelle guerre,
che uscì alle stampe, è scrittura apocrifa.
[25] Nel libro dei _Capitoli del Comune di Firenze_, pubblicato l’anno
1866, è l’atto di accomandigia del Comune di Montepulciano, 24 ottobre
1202.
[26] RICORDANO MALESPINI, cap. 50.
[27] È una procura fatta a’ 15 maggio 1204 nella persona di Tignoso di
Lamberto, uno dei Consoli, a comparire avanti al Papa come procuratore
del Comune. (AMMIRATO, _Storie_.)
[28]
«Già eran Caponsacchi nel mercato
Discesi giù da Fiesole.»
DANTE, _Paradiso_, canto 15.
[29] AMMIRATO, _Storie_. Vedi agli anni che sono indicati nel testo.
[30] Cap. 132.
[31] Cap. 102. — VILLANI, lib. V, cap. 21.
[32] Lib. IV, cap. 36.
[33] AMMIRATO, anno 1218, 1224.
[34] Ivi.
[35] SANZANOME, _Cronica_.
[36] G. VILLANI, lib. VI, cap. 2.
[37] _Chronicon Patavinum_, in Muratori.
[38] LAMI, _Antichità Toscane_, lez. 17.
[39] Cap. 132.
[40] Il Malespini (cap. 137) dà la lunga serie delle famiglie che
avevano torri: sarebbero state alcune di esse alte fino a 120 braccia.
[41] Le antiche edizioni e alcuni testi del Malespini farebbero credere
che a lui, come uomo di un altro tempo, ciò paresse atto di ribellione.
[42] L’atto è dei 22 giugno 1251. (_Archiv. Stor._, tomo IV, parte 2,
anno 1866, pag. 36.)
[43] Archivio di Stato.
[44] MALESPINI. — VILLANI. — AMMIRATO.
[45] MALESPINI, cap. 155. — G. VILLANI, lib. VI, cap. 62.
[46] G. VILLANI, lib. VI, cap. 65.
[47] Ivi, cap. 69.
[48] _Paradiso_, canto XV.
[49] G. VILLANI, lib. VI, cap. 74.
[50] G. VILLANI, lib. VI, cap. 75.
[51] Così gli altri storici fiorentini. Sono poi da vedere i Documenti
pubblicati dal signor Cesare Paoli. (_Bullettino di Storia Patria
Municipale_, vol. II, fasc. 2. Siena, 1869.)
[52] MALESPINI, cap. 171.
[53] Furono morti due dei Cerchi e due presi, che uno si ricomperò per
1200 fiorini, e l’altro si riscattò in questa forma. «Lui con l’arme
che aveva addosso per dilegione fu messo in sur una bilancia, e in
sull’altra tanta moneta sanese, e cotanto si ricomprò.» (_Cronichetta
di Bindaccio dei Cerchi_, sta col Bonincontri, _Hist. Sicula_. — LAMI,
_Deliz. Erud._, parte II, pag. 303.)
[54] G. VILLANI, lib. VI, cap. 80.
[55] MALESPINI e G. VILLANI, lib. VI, cap. 78, 79 e 80. — LEONARDO
ARETINO, lib. II. — AMMIRATO, lib. II. — MALAVOLTI, _Storie di Siena_,
lib. I, parte 2. — _Cronache Senesi_, che fanno seguito all’_Istoria di
Marcantonio Bellarmati._ Siena, 1844.
[56]
«Come asino sape così minuzza rape;
Tal va capra zoppa se il lupo non la intoppa.»
MALESPINI, VILLANI, DANTE, _Inferno_, canto X.
[57] VILLANI, lib. VII, cap. 9.
[58] _Epist. Clem. IV_.
[59] MALESPINI, cap. 190.
[60] _Cronichetta di Bindaccio dei Cerchi_. (LAMI, _Deliz. Erud._,
parte II, pag. 305.)
[61] MALESPINI, cap. 183. — VILLANI, lib. VII, cap. 13.
[62] G. VILLANI.
[63] Lettere di Clemente IV, in Martène _Thesaurum Nov. Anecdot._,
tomo II, p. 321 e seg.; e vedi intorno a questi fatti un lavoro molto
diligente del prof. BONAINI, _Giornale Storico degli Archivi Toscani_,
Vol. II e seg. — Nella Lettera papale dei 12 maggio 1266 è scritto:
«Cum igitur (ne, quod absit, novi flores emarceant ex defectu regiminis
non suspecti) multorum judicio tam intrinsecis quam extrinsecis
civitatis ejusdem (Florentinæ) civibus, utile videatur nostro regi
consilio civitatem, nostrâque, saltem ad tempus aliquod, providentia
gubernari etc.» — Vedi _Appendice_ Nº I.
[64] Il Malespini, presente a quei fatti, riesce più chiaro ma
è insieme alquanto più stretto; e nelle parole del Villani sono
dubbiezze e forse alcune inverosimiglianze in quanto all’ordine e alla
composizione dei Consigli. Vedasi, fra gli altri documenti, quello del
28 agosto 1274, nel registro XXIX dei _Capitoli del Comune di Firenze_
(Archivio Centrale di Stato), a c. 227; e gli altri dei 29 ottobre, 7
novembre 1278, nel detto registro, a c. 356-7.
[65] Abbiamo a stampa (_Delizie degli Eruditi_, tomo VII, pag. 203)
la descrizione e la stima dei beni e case distrutte e danneggiate dai
Ghibellini, che in tutto ammontano a lire grosse 130,736; grande somma
per quei tempi, quando si vede una casa avere prezzo di poche lire.
[66] In un libro detto del _Chiodo_, e pubblicato dal P. Ildefonso
(_Delizie degli Eruditi_, tomo VIII, p. 221), è la lista dei
condannati, divisi per sesti e parrocchie.
[67] G. VILLANI, lib. VII, cap. 17.
[68] Sopra era uno Ospizio dei Cavalieri di San Giovanni, ora Villa di
Monsoglio, dove è da supporre che il misero giovane passasse l’ultima
sua allegra notte.
[69] VILLANI, lib. VII, cap. 35.
[70] G. VILLANI, lib. VII, cap. 54.
[71] Di questa celebre pacificazione alcuni atti furono pubblicati
nell’Appendice al tomo IX delle _Delizie degli Eruditi_, ed un compiuto
ragguaglio venne poi dato dal prof. BONAINI, _Giornale Storico degli
Archivi Toscani_, tomo III, pag. 174 e seg. L’instrumento originale,
sottoscritto di propria mano dal Cardinale e da sei Vescovi, si
conserva fra i cimelii dell’Archivio Centrale di Stato, che da pochi
anni n’è venuto in possesso.
[72] G. VILLANI, lib. VII, cap. 62.
[73] Abbiamo nel vol. IX, pag. 270, della più volte citata raccolta
del P. Ildefonso, il diploma di Rodolfo per la elezione di due vicari o
luogotenenti suoi nella Toscana, da valere anche per un solo; la quale
elezione è confermata da un breve di Martino IV, nel primo anno del
pontificato suo.
[74] G. VILLANI, lib. VII, cap. 79.
[75] G. VILLANI, lib. VII, cap. 13.
[76] Nelle _Deliz. Erud. Tosc._, IX, 256, è un assai notabile Discorso
intorno al Governo di Firenze, ma che vale anche per altri tempi, e
può essere utile a consultare in quanto concerne i Consigli e gli Ufizi
minori. — Vedi Appendice Nº II.
[77] VILLANI e AMMIRATO.
[78] «Hic est modus faciendi Exercitum per Commune Florentiæ, inventus
per Mercatores Florentiæ, pro meliori et utiliori statu et commodo
civitatis, et Artificum et Artium ac totius Mercantiæ civitatis
prædictæ. In primis: quod placeat vobis facere firmare omnes et
singulas apothecas etc.» — _Delizie degli Eruditi_, tomo XI, pag. 199.
[79] Da un cenno che si trova nella _Cronaca_ dello STEFANI (lib. I,
rub. 268) appare che allora quando le cavallate doveano uscire dalla
città, si mettesse una candela alla porta, e che il mancante alla
chiamata avesse pena del piè: ciascuno interpreti queste parole a
modo suo. Sulle Cavallate Fiorentine dei secoli XIII e XIV abbiamo un
pregevole lavoro del signor Cesare Paoli (_Arch. Stor._, tomo I, parte
I, 1865).
[80] DINO COMPAGNI, lib. I.
[81] G. VILLANI, lib. VII, cap. 131.
[82] Dante nel _Purgatorio_, con poetica maravigliosa invenzione e con
affetto pietoso, descrive la morte di questo giovine cavaliero, e la
scomparsa del suo cadavere ricoperto dalle acque e dalla melma di un
torrente. Noi questa battaglia abbiamo narrata in gran parte con le
parole tanto vive e colorate del Compagni, o mantenendo la efficace
semplicità del Villani.
[83] VILLANI, lib. VII, cap. 131.
[84] A uno di questi intervenne Dante, che vide uscire patteggiati di
Caprona i fanti pisani.
[85] G. VILLANI, lib. VII, cap. 89, 132.
[86] Vedi, tra gli altri, lib. VII, cap. 145, dove racconta la perdita
d’Acri (an. 1291) e le cagioni di essa, «avutane relazione da uomini
degni di fede, nostri cittadini e mercatanti, che in quelli tempi erano
in Acri.»
[87] REPETTI, _Dizionario della Toscana_, art. _Montopoli_.
[88] Qui una volta per sempre dobbiamo notare come in Firenze l’anno
cominciasse ai 25 di marzo: quel giorno 15 di febbraio era qui dunque
tuttora dell’anno 1292, ma noi scriviamo le date secondo lo stile
comune.
[89] Il prof. BONAINI pubblicava gli _Ordinamenti di giustizia_ del
1293, (_Nuova Serie dell’Archivio Storico Italiano_, vol. I, 1855)
con le successive provvisioni per cui vennero afforzati; non che le
consulte che in più tempi si fecero a tal fine, con tutti gli atti
di queste consulte e i nomi dei cittadini che ivi esposero i pareri
loro: tra’ quali due volte a’ 14 aprile del 1301 ed una ai 13 di
settembre dello stesso anno, è il nome di Dante Alighieri. Lavoro
diligente e utile soprammodo, a cui rimandiamo tra’ nostri lettori
quelli che volessero avere contezza più intera e minuta di questo punto
capitalissimo nell’istoria nostra. — Lo _Statuto Fiorentino_, compilato
l’anno 1415 dall’insigne giureconsulto PAOLO DA CASTRO, e pubblicato in
Firenze con la data di Friburgo l’anno 1778, vol. III, in-4, (tomo I,
pag. 407-516) comprende questi ordini contro a’ grandi, quali vigevano
infino al tempo suo, ed il novero delle famiglie fatte di grandi, con
la indicazione dei tempi in cui vennero esse a patire tale condanna.
— Vedi anche le _Provvisioni_ o Statuti, pubblicati dal P. ILDEFONSO,
tomo IX, pag. 305, sino alla fine del volume: è tra le altre (pag. 341)
l’estratto di una _provvigione_ per la quale, _in beneficium popularium
et debilium contra magnates_, è vietato al Potestà e al Capitano (dei
quali poco si fidavano per essere eglino di case nobili) procedere
contro ai malefizi commessi prima della battaglia di Montaperti, a
quelli cioè fatti da uomini popolani sotto al governo di parte guelfa.
[90] Nello _Statuto Fiorentino_, tomo III, pag. 692, è il registro
di oltre quaranta Leghe del contado e distretto di Firenze con la
descrizione delle parrocchie e popoli e dei luoghi che le componevano.
— Come la Repubblica si governasse verso i Comuni a lei soggetti, si
vede, tra gli altri, da un curioso documento (_Registro di Lettere_
del 1308 presso di noi) nel quale vengono ammoniti severamente certi
Comuni perchè usavano misure e pesi diversi da quei di Firenze: il che
veniva a mostrare _semiplenam devotionem, aut incuriam, aut animorum
dissonantiam_, e si temeva che nuocesse ai commerci della Repubblica:
adottassero pertanto le misure fiorentine sotto la pena di mille lire.
[91] Vedi _Cronaca_ di PAOLINO DI PIERO, nei tomi aggiunti alla
collezione degli _Scriptores Rer. Ital._, e l’edizione di Roma 1755.
[92] VILLANI, lib. VIII, cap. 8. — MARCH. STEFANI, lib. III, rub. 204.
[93] DINO COMPAGNI, lib. I, pag. 12.
[94] AMMIRATO, _Storie_, lib. IV, ann. 1295.
[95] Lib. VIII, cap. 8.
[96] DINO COMPAGNI, lib. I.
[97] VILLANI, lib. VIII, cap. 39.
[98] DINO COMPAGNI, lib. I.
[99] Questi nomi, stando alla _Cronaca_ di PAOLINO DI PIERO, sarebbono
esistiti in Firenze sino dall’anno 1297, venuti da Pistoia o nati in
quale altro si voglia modo.
[100] COMPAGNI, lib. I. — G. VILLANI, lib. VIII.
[101] Intorno al tempo di questo confine dato agli uomini delle due
parti contradice Dino molto al Villani ed allo Stefani, i quali pongono
tutto questo fatto assai più tardi. Noi fummo incerti quale seguire,
perchè il Villani, generalmente, è quanto ai tempi meglio ordinato;
laddove il Compagni vivo ed ingenuo narratore delle cose dove egli ebbe
parte, dispone sovente male la serie degli eventi, o furono questi male
disposti da chi sopra una informe copia metteva insieme quella istoria:
nè in tutto a questa potemmo aderire, e quello stesso ordine a cui ci
attenemmo non è senza qualche difficoltà o dubbiezza. Ma noi lo teniamo
sostanzialmente per vero, nè i nostri lettori vogliamo partecipi di
quella lunga pazienza che fu da noi posta nel minuto esame dei singoli
fatti. Ci avea preceduto lodevolmente in molta parte CESARE BALBO nella
_Vita di Dante Alighieri_.
[102] VILLANI, lib. VIII, cap. 42.
[103] DINO COMPAGNI, in fine al lib. I.
[104] G. VILLANI, lib. VIII, cap. 44, 45.
[105] L’ambasceria dovette essere andata dopo al 13 di settembre,
perchè in quel giorno Dante sedeva e diceva il suo parere in una
consulta pubblicata dal Bonaini (_Archiv. Stor. Ital._, nuova serie,
tomo I, pag. 82).
[106] DINO COMPAGNI, lib. II.
[107] Dino veramente scrive il 4 novembre, ma noi seguiamo il Villani
con tutti gli altri, perchè la data del 4 non lascerebbe spazio
bastante ai fatti posteriori. E così pure fece il Balbo, non senza
avere, come noi, molto ondeggiato innanzi di risolversi, perchè in
tanta confusione di date rimane sempre uno spazio largo al dubitare.
— Crediamo prossima la pubblicazione di nuovi lavori intorno a Dino
Compagni del professor Del Lungo, da cui potranno questi fatti avere
ulteriori schiarimenti.
[108] Giovanni Villani, ch’era presente in Santa Maria Novella,
scrive da quel Parlamento essere stata rimessa in Carlo la _signoria e
guardia della città_. Ma noi crediamo fossero quelle parole di onore:
nè Carlo in Firenze ebbe vera e propria signoria, avendo anzi chiesto
più tardi guardare la sola parte d’oltrarno, dove egli dimorava: e
i nuovi Priori, scrive il Compagni che furono eletti dai vecchi in
palagio. Ma qui pure la narrazione di Dino non riesce chiara abbastanza
nè ordinata, senza però che le incertezze importino molto al giudizio
dell’istoria.
[109] _Dino Compagni_, lib. II.
[110] Bindaccio dei Cerchi, nella _Cronichetta di Famiglia_, scrive
messer Vieri essere stato tradito da uno dei Frescobaldi, che a lui
doveva diciassette mila fiorini e gli voltò contro la furia del popolo.
(LAMI, _Deliciæ Erud., Hist. Siculæ,_ part. II.)
[111] Parrebbe che fosse reo e che fuggisse questo Pier Ferrante;
imperocchè nelle postille dell’Ammirato, le quali sono tratte da
documenti, si legge un trattato del mese di marzo susseguente tra lui
ed alcuni capi dei bianchi per fare guerra alla città rimettendovi la
parte cacciata.
[112] _Deliz. Erud._, tomo X, pag. 93.
[113] L’atroce giurisprudenza usata in que’ tempi contro ai ribelli e
agli sbanditi è da vedere nello _Statuto Fiorentino_, tomo I, pag. 362
e 66 ed in più luoghi. Potevano essere impunemente offesi.... _usque ad
mortem etiam per assassinum vel assassinos in quacumque parte mundi_; e
gli uccisori avevano premio: chi ricettasse uno sbandito era soggetto a
gravi pene.
[114] DINO COMPAGNI. — G. VILLANI. — MARCHIONNE STEFANI. — CESARE
BALBO, _Vita di Dante_. — PIETRO FRATICELLI, _Storia della Vita di
Dante_; Firenze, 1861.
[115] DINO COMPAGNI, lib. III.
[116] «I Lucchesi erano arbitri e non signori, benchè avessero le
chiavi e il dominio perchè dentro nè fuori non entrasse persona che
avesse a contaminare nulla — mandavano i bandi da parte del Comune di
Lucca — di che sdegnato uno in Mercato nuovo, diè un colpo di una spada
al banditore e disse: Porta questo a Lucca e offerilo a santa Zita.»
(STEFANI, lib. IV, pag. 35.)
[117] G. VILLANI, lib. VIII, cap. 70.
[118] _Ricordi_ di FILIPPO DI CINO RINUCCINI.
[119] G. VILLANI, lib. VIII. — COMPAGNI, lib. III.
[120] _Scipione Ammirato_ riferisce la condanna d’un figlio di Guido
e d’un altro Cavalcanti, data nel 1303, ma della quale fu poi sospesa
l’esecuzione in grazia di ambasciatori senesi mossi «dalla nobiltà
della famiglia e dalla sua devozione alla Chiesa,» sempre però che i
Cavalcanti non più si unissero ai Ghibellini.
[121] Abbiamo il trattato con gli Ubaldini, dove tra gli altri
sottoscritti si legge, ma in copia, il nome di Dante Alighieri.
[122] AMMIRATO, _Storie_, an. 1303.
[123] DINO COMPAGNI.
[124] BALBO, _Vita di Dante_. — FRATICELLI, _Storia della Vita di
Dante_.
[125] VILLANI, lib. VIII, cap. 82. — COMPAGNI, lib. III. — _Storie
Pistolesi_.
[126] Vedi, per la istituzione dell’Esecutore, la già citata
pubblicazione del prof. BONAINI intorno agli Ordini della Giustizia;
_Archivio Storico_, nuova serie, tomo I, 1855. — E lo _Statuto
Fiorentino_, tomo I, pag. 407 e segg.
[127] VILLANI, lib. VIII, cap. 89. — DINO, lib. III.
[128] Il COMPAGNI ha 15 settembre, ed altri altre date: ma noi teniamo
per certa quella che si rileva dalla chiamata delle Leghe di contado,
secondo abbiamo in un Registro di lettere della Signoria per l’anno
1308, il quale era presso di noi, ed è oggi nell’Archivio di Stato.
(Vedi _Archivio Storico_, nuova serie, fasc. II, 1857, articolo del
prof. CAPRI.)
[129] DINO COMPAGNI, lib. III. — VILLANI, lib. VIII, cap. 96. — MARCH.
STEFANI, lib. IV, rub. 264.
[130] Tutta questa materia fu ampiamente discorsa dal prof. CAPEI
nell’articolo sopraccitato, dove sono i documenti ad essa relativi.
[131] DINO COMPAGNI, lib. III.
[132] Questo almeno scrisse G. VILLANI, lib. IX, cap. 7.
[133] COMPAGNI, lib. III.
[134] Ivi.
[135] _Iter Ital. Henrici VII_; in MURATORI, _Rer. Ital. Script._, tomo
IX, pag. 908.
[136] _Iter Ital. Henrici VII_.
[137] _Iter Ital. Henrici VII_.
[138] DINO COMPAGNI, lib. III.
[139] G. VILLANI e DINO COMPAGNI, lib. III.
[140] La lista è data dal P. ILDEFONSO (tomo XI, pag. 61).
[141] Troviamo che i figli di Dino Compagni essendo falliti nel 1341,
s’interponeva per essi in certe vertenze Stefano Colonna, capo dei
Guelfi magnati in Roma e in Italia. (_Archivio Storico_, nuova serie,
tomo 16, parte I, Documenti relativi al Duca d’Atene). Abbiamo intorno
a Dino Compagni un pregevole lavoro del prof. HILLEBRAND (Parigi,
1862).
[142] _Iter Ital. Enrici VII_. — VILLANI, lib. IX.
[143] Il P. ILDEFONSO (_Deliz. Erud_., tomo XI, pag. 95) pubblicava la
Sentenza d’Arrigo VII contro a’ Fiorentini.
[144] Abbiamo la lista dei feritori fiorentini a Montecatini. _Deliz.
Erud._, tomo XI, pag. 751.
[145] Una _Cronaca_ latina di Ser GIOVANNI DI LEMMO, pubblicata dal
signor Luigi Passerini (_Docum. di Stor. Ital._, tomo VI, a cura della
Deputazione di Storia Patria della Toscana ec.) contiene dal 1299 al
1320, oltre a fatti e contese personali, ragguagli pregevoli intorno
alle cose di Pisa e di Lucca e di tutta quella parte di Toscana, della
quale sembra per il Lemmi essere centro San Miniato, tanto da far
credere che ivi egli avesse o patria o dimora. Il valore principale
di quella _Cronaca_ è per gli anni corsi dalla morte d’Arrigo VII
infino alla pace fatta dal re Roberto, anche in nome di Firenze, co’
Ghibellini di Pisa e di Lucca. È da vedere, sebbene a noi direttamente
non appartenga, come i Pisani, avendo in casa e agli stipendi loro
molti cavalieri tedeschi, cercassero da principio difendersi da
Uguccione della Faggiuola, che di quelle genti faceva sua forza; come
essendosi offerto a Federigo d’Aragona, questi chiedesse innanzi tutto
per sè la Sardegna; come poi cedessero ad Uguccione, e come Lucca fosse
a lui ribellata per opera di Castruccio. Quanto ai termini della pace,
registra il Lemmi quelli che importano specialmente a San Miniato.
[146] VILLANI, lib. IX, cap. 76.
[147] _Diurnali_ di MATTEO SPINELLI da Giovenazzo, 1258.
[148] So i dubbi che sono stati mossi ai giorni nostri circa alla
_Cronaca_ di MATTEO SPINELLI, che si disse fabbricata nel cinquecento.
Potè a quel tempo taluno averla messa in ordine levigando forse
l’antico idioma nel quale fu scritta, ma non inventare la materia e
tutto nemmeno rifare lo stile; del che si hanno prove intrinseche, nè
le difficoltà sono diverse da quelle che si ritrovano nella maggior
parte delle antiche cronache, per lo più messe insieme in più tempi e
fatto di pezzi. Ciò pure avvenne in qualche parte anche all’Istoria del
Malespini.
[149] AMMIRATO, lib. IV.
[150] Qui giova trascrivere alcune parole dove un nostro istorico assai
più recente dà belle ragioni di questo cercare lontani paesi che da
tempo antico faceano gli uomini fiorentini.
«La città di Firenze è posta di sua natura in luogo salvatico e
sterile, che non potrebbe con tutta la fatica loro dare da vivere agli
abitanti, che sono molto multiplicati: e per questa ragione è stata
necessaria cosa da uno tempo in qua ai Fiorentini di cercare loro
vita per industria; e per questo sono usciti fuori di loro terreno a
cercare altre terre e provincie e paesi, dove uno e altro ha veduto da
potersi avanzare un tempo e fare tesoro, e tornare a casa: e andando a
questo modo per tutti i regni del mondo e cristiani e infedeli, hanno
veduto i costumi delle altre nazioni, e fatto in loro abito delle cose
vantaggiate, scegliendo d’ogni parte il fiore: e l’uno ha fatto venire
volontà all’altro, intantochè chi non è mercatante e che abbia cerco il
mondo e veduto le strane nazioni delle genti, e tornato alla patria con
avere, non è riputato da niente. E questo amore ha sì accesi gli animi
loro, che da un tempo in qua pare che ne nascano naturali a ciò, e è
tanto il numero che vanno per lo mondo in loro giovanezza, e guadagnano
e acquistano pratica e virtù e costumi e tesoro, che tutti insieme
fanno una comunità di sì grande numero di valenti e ricchi uomini,
che non ha pari al mondo.... I loro vicini, alquanto di natura di loro
terreni più ricchi e più grassi, si sono stati a quella bada di tanto,
che basta loro, sanza volere fatica di cercare più.» — (GORO DATI,
_Stor. Fior._, pag. 54, 55.)
[151] VILLANI, lib. X, cap. 86.
[152] Il Machiavelli scrisse la vita di Castruccio senza istorica
verità, ma perchè fosse come esemplare a quella idea che egli
vagheggiava; e se uno eleggerne pur voleva, meglio Castruccio che il
Valentino.
[153] Scriviamo il numero dei soldati come si trova nei contemporanei;
ma quello delle genti a piedi, incerto sempre, comprende ancora i
guastatori ed i saccomanni.
[154] G. VILLANI, lib. IX, cap. 214.
[155] _Cronaca di Paolino di Piero_.
[156] G. VILLANI, lib. IX, cap. 214.
[157] Ivi, cap. 219.
[158] _Istoria Fiorentina_ di MARCHIONNE STEFANI, lib. VI, rub. 385. —
Tra ’l Potestà e il Capitano del Popolo e l’Esecutore degli ordini di
giustizia menavano seco oltre a 200 tra giudici e notai e armigeri e
donzelli. (_Statuti_, lib. I.)
[159] G. VILLANI, lib. IX, cap. 273.
[160] FRANCO SACCHETTI, novella 63.
[161] Neri Strinati, del quale abbiamo una breve Cronichetta (stampata
di seguito alla Storia apocrifa di Semifonte), era insieme col suo
fratello Maffeo mallevadore al fallimento degli Scali: «ma perchè io e
Maffeo eravamo dei grandi, non potevamo torre azione contro agli eredi
di Ghigo di Gofo ch’erano di popolo:» sì erano fatti gli ordinamenti
del popolo contro a’ grandi.
[162] Storie Pistolesi dal 1300 al 1348.
[163] _Deliz. Erud._, tom. XII, pag. 262.
[164] _Balìa rebanniendi exbannitos habitos pro Guelfis et qui pro
Guelfis habeantur_ [11 ottobre 1325]. Archivio di Stato, _Provvisioni_
di quell’anno.
[165] G. VILLANI, lib. X, cap. 2. — COPPO STEFANI, lib. VI.
[166] _Istorie Pistolesi dal 1300 al 1348_.
[167] VILLANI, lib. X, cap. 86.
[168] Il P. ILDEFONSO, tomo XII, pag. 288, pubblicava il testo
originale di questa riforma. È anche da vedere il libro settimo delle
_Istorie_ di SCIPIONE AMMIRATO, con le pregevoli aggiunte di chi
portava il suo stesso nome e casato.
[169] È un libro o zibaldone del secolo diciassettesimo, scritto da
TOMMASO FORTI notaro fiorentino, intorno agli uffici e magistrati
della Repubblica: manoscritto appresso di noi, e si trova in altre
Biblioteche.
[170] G. VILLANI, lib. X, cap. 118. — Abbiamo per quell’anno 1329 e
pei susseguenti il Diario d’un Simone Lenzi biadajolo, del quale un
estratto si legge nel giornale filologico _Il Borghini_, an. 1864; ed
è pittura circostanziata e molto viva di quei mercati tumultuosi, che
spesso conferma le parole del Villani. Per un’altra carestia che fu poi
nel 1353 il Comune fece incetta di grano in più luoghi d’oltremare;
ma bastò l’annunzio a fare aprire i granai che prima erano tenuti
chiusi, rinviliando il prezzo, talchè il Comune vi perdè non poche
migliaia di fiorini d’oro. Sul quale proposito io prego gli economisti
a considerare le parole di Matteo Villani, le quali mi sembrano con
precisione maravigliosa anticipare una dottrina la quale tardò più
secoli a farsi norma comune, e in Firenze stessa rinacque appena cento
anni fa, ma prima qui che tra le maggiori nazioni d’Europa, perchè
l’esperienza ed il senno popolano quivi le avevano prima sparse. «In
tali casi occorrono diversi gravi accidenti, e spesso contrari l’uno
all’altro. Se grandi compere in così fatta carestia fanno pericolo di
disordinata perdita, e certezza non si può avere di grano che di Pelago
si aspetta; ma utilissima cosa è dare larga speranza al popolo; chè si
fa con essa aprire i serrati granai de’ cittadini, e non con violenza;
chè la violenza fa il serrato occultare, e la carestia tornare in fame:
e di questo per isperienza più volte occorsa nella nostra città in
cinquantacinque anni di nostra ricordanza possiamo fare vera fede.» M.
VILLANI, lib. III, cap. 76.
[171] G. VILLANI, lib. XI, cap. 1. — L’_Archivio Storico_ dell’anno
1873, disp. II, pubblicava una notizia del signor Gherardi intorno ai
danni di quella inondazione ed ai lavori che occorsero. A maestro e
governatore di tutti quei lavori elessero Giotto: essendochè a bene
e onorevolmente procedere occorresse preporvi un qualche esperto e
famoso uomo, e non si trovasse in tutto il mondo persona più adatta di
lui. Dolevano alla Signoria le molte assenze di Giotto a dipingere per
l’Italia, bramando che un tanto _magnus magister et carus reputandus
in civitate, materiam habeat in ea moram continuam contrahendi_; perchè
dalla sua scienza e dottrina venga a molti altri insegnamento, e onore
non piccolo alla nostra città. (GAYE, _Carteggio d’Artisti_, tom. I,
pag. 481.)
[172] G. VILLANI, lib. II, cap. 23.
[173] _Archivio Storico Italiano_, Nuova Serie, tom. IV, disp. I.
[174] «Sono solito a dire che più d’ammirazione è che i Fiorentini
abbino acquistato quello poco dominio che hanno, che e’ Veneziani o
altro principe d’Italia il suo grande; perchè in ogni piccolo luogo di
Toscana era radicata la libertà in modo, che tutti sono stati inimici
a questa grandezza. Il che non accade a chi è situato tra’ popoli usi
a servire, a’ quali non importa tanto lo essere dominati più da uno che
da un altro, che gli faccino ostinata o perpetua resistenza.» (_Ricordi
Politici_ di FRANCESCO GUICCIARDINI, Nº 353.)
[175] Vedi le _Istorie Pistolesi dal 1300 al 1348_.
[176] Abbiamo gli Atti della dedizione nel tomo I dei _Capitoli del
Comune di Firenze_, pubblicato dalla Soprintendenza generale degli
Archivi toscani, pag. 4, 28.
[177] Era proibito contrarre parentela con tali Signori (vedi _Statut.
Flor._, lib. III, rubr. 179, tom. I, pag. 380). Ed altra rubrica,
lib. III, rubr. 46, tom. I, pag. 262, vieta egualmente che sieno fatti
vescovi di Firenze o di Fiesole uomini di famiglie le quali avessero
castelli nel contado o nel distretto; così almeno si vuol intendere:
e se accettassero uno di quei vescovadi, i loro parenti divenivano
ipso facto grandi qualora fossero popolani, e i grandi passavano nella
categoria dei sopraggrandi. Nessuno poteva acquistare dall’Imperatore
possessioni nella Toscana o diritti, _vel quæ ad Imperium spectare
dicuntur_, sotto pena della testa o della confisca; e divieto d’abitare
nel territorio della Repubblica, essi e in perpetuo i discendenti
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