La plebe, parte II - 25

Total number of words is 4424
Total number of unique words is 1552
40.4 of words are in the 2000 most common words
54.9 of words are in the 5000 most common words
63.4 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
interesse. Poscia manifestò il più gran rincrescimento delle cose
avvenute e il suo grandissimo desiderio che le cattive conseguenze di
tali arresti si potessero impedire. Taciutosi un momento, recandosi
sopra sè, si volse quindi con vivacità al suo interlocutore, dicendogli:
— È Ella venuta per caso affine di avere in me un altro testimonio da
escludere l'identità di Mario?
— No, signore: rispose Romualdo con accento pieno di sincerità. A
codesto non avevo nemmanco pensato.
— Tanto meglio!... Per quell'opera avrebbe trovato in me uno stromento
affatto inefficace. Io non sono buono a mentire. Non è mica un elogio
che mi faccio; è un fatto che espongo. La mia natura è così: a dire il
contrario del vero non ci ho gamba, e le parole, se il voglio fare, mi
si strozzano nella gola. Tutt'al più posso tacere il vero.
— Io ho pensato che Ella potrebbe aiutarci: disse allora Romualdo: il
come, non l'ho nemmeno cercato. Mi sono detto fra me e me: quando egli
sappia come stanno le cose non negherà di accordarci il suo patrocinio,
e il modo di questo Massimo d'Azeglio saprà trovarlo assai più
facilmente e meglio acconcio di quello che io gli saprei suggerire. Non
sono stato a riflettere dell'altro, e sono venuto.
D'Azeglio sorrise, stette un poco assorto in sè, guardando traverso la
piazza tutto bianca di neve, le brune muraglie del castello, la neve che
continuava a fioccare con denso turbinar su se medesima, e in fondo alla
scena, per così dire, il severo palazzo reale; poi disse ad un tratto,
come cedendo ad un interno sentimento che prorompa:
— Ebbene sia: Ella ha ragione d'esser venuto. Tenterò la salvezza di
quei poveri giovani, e con ciò tenterò eziandio qualche cosa di maggiore
pel bene d'Italia.
Si tacque un momento quasi cercando le parole con cui aveva da
esprimersi; poi crollando lievemente la testa con atto pieno di grazia e
d'abbandono e sorridendo di quella sua guisa gentile ed amichevole,
soggiunse:
— Io non ho autorità nè influsso di sorta presso nessuno degli alti
funzionari che regolano a lor posta lo Stato, anzi sono loro grandemente
in uggia ed in sospetto, e una parola mia farebbe peggio; non è quindi a
nessuno di essi che penso indirizzarmi. Dacchè sono in Torino,
quest'ultima volta, ho sempre pensato di domandare un'udienza al Re; ora
le cose sono ad un punto che la desidero e la stimo necessaria più che
mai. Domanderò sollecitamente questa udienza, e per essere sicuro del
fatto mio, la domanderò per mezzo del marchese di Baldissero, il quale,
benchè di opinioni affatto contrarie alle mie, mi stima, e cui io stimo
oltre ogni dire. Al Re francamente, insieme con tutte le altre cose che
voglio dire, parlerò dei suoi amici, signor Romualdo, e spero di
ottenere dal cuore di Carlo Alberto la più clemente risposta.
— E non si può dubitare dell'esito: proruppe Romualdo con un calore
contenuto che era un entusiasmo di buona lega frammisto a riconoscenza.
Ella avrà tolto dalle angustie la famiglia di Benda, avrà salvata quella
di Vanardi; avrà conservato all'Italia dei giovani che son pronti a dare
per essa, quandocchessia la vita....
Qui si fermò ad un tratto, e chinò gli occhi con aspetto dubbioso ed
esitante, come chi vede affacciarglisi ad un tratto una difficoltà od
uno scrupolo di molta rilevanza.
— Ma, soggiuns'egli tosto di poi con accento privo della foga di
poc'anzi, ma non di una certa dignitosa sincerità, sollevando di nuovo
gli occhi sull'Azeglio che lo guardava sempre con quella sua attenzione
benignamente osservativa: ma supplicare di grazia Carlo Alberto, noi...
imperocchè gli è come se noi medesimi lo supplicassimo.... noi che in
realtà congiuriamo a suo danno e vogliamo abbattuto il suo governo che
stimiamo avverso ai destini ed ai diritti della nostra patria!... Lo
dobbiamo noi? Lo possiamo in coscienza?...
Massimo d'Azeglio prese vivamente la mano del giovane e la strinse nella
sua.
— Bravo! Esclamò. Ecco uno scrupolo che mi piace.
— E poi, continuava Romualdo, l'avere dal Re una grazia anco a quel modo
ottenuta, non implicherebbe un tacito impegno da parte nostra di
rinunziare ai nostri propositi e disegni? E noi ciò non possiamo fare a
niun modo. Un giuramento solenne, e più ancora le nostre convinzioni non
ce lo permettono. Fino alla morte, con ogni mezzo che ci si presenti,
noi dobbiamo e vogliamo adoperarci per la libertà e per l'indipendenza
d'Italia....
— E va benissimo: interruppe con vivacità l'autore di _Niccolò de Lapi_.
E ciò dovete fare, e farete, ci conto su. Ma la questione sta nei modi
di questo adoperarvi per la santa causa della patria. Certo riavendo da
Carlo Alberto la libertà tolta loro dalla sua Polizia, i vostri amici
non dovrebbero più vagheggiare nè tentare impresa nessuna che fosse
contro la persona o lo scettro di quel Re... Io non voglio saper nulla
dei vostri attuali progetti; ma conosco abbastanza le follie e le
illusioni di quel partito a cui in disperazione d'altro mezzo avete dato
il nome, per esser certo che voi scambiate per attuabili delle chimere
impossibili. Non vi domando in nessuna guisa una promessa di rinunziare
a quei pazzi disegni di cui le circostanze medesime vi mostreranno
l'assoluta vanità. Sono sicuro che a quei propositi vi siete appigliati
perchè non vedevate altro modo di agire in pro della libertà: quando io
stesso vi possa additare un mezzo più sicuro e più leale da ciò, confido
che voi l'adotterete eziandio, rinunciando alle tenebrose congiure.
— Questo mezzo, disse allora Romualdo, è certo quello di cui Ella ha già
tenuto discorso a Mario: procedere verso l'indipendenza d'accordo coi
Principi, ottenendo da loro medesimi a spizzichi la libertà.
Azeglio fece un cenno affermativo.
— Gli è quello, rispose, e primo fra i Principi in questa strada spero
si possa ottenere Carlo Alberto.
— Ma chi si fida di lui? Chi può credere in esso?
— Vi domanderò di credere non alle sue parole, ma alle sue opere.....
Senta, signor Romualdo: nell'abboccamento ch'io avrò col Re, il primo
argomento del mio discorso non sarà quello dell'arresto de' suoi amici;
gli parlerò delle condizioni, dei bisogni, dei desiderii d'Italia, delle
speranze e delle aspirazioni di quel gran complesso di spiriti liberali
che si viene formando per tutta la penisola, il quale non è più una
congiura che si nasconda, non è più una setta, nè manco un partito, ma
può dirsi ed è la opinione pubblica, che dalla sua universalità, dalla
più chiaramente acquistata coscienza dei suoi diritti, viene prendendo
il coraggio di manifestarsi all'aperta luce del giorno. Gli è di questo
coraggio che abbiamo bisogno in Italia, più che di quello di cimentare
la libertà ed anco la vita in cospirazioni segrete, cui forse la pura ed
assoluta morale non approva nemmeno; gli è questa massa di tranquilli
patrioti palesi che dobbiamo adoperarci ad accrescere con una legale ed
onesta propaganda negli scritti, nei discorsi, in ogni attinenza nostra;
perchè accrescendo questa massa aumenteremo sempre più la forza che ha
da spingere sulla strada del patriotismo i Principi colle loro forze già
belle e ordinate, senza bisogno di convulsioni, di guerra civile e di
danni di nessuna specie. Parlerò adunque di codesto al Re, e lo metterò,
come si suol dire, fra l'uscio e il muro, per non uscire di là,
altrimenti che con una parola definitiva. Se questa sarà qual'io la
desidero, e la spero, allora ogni opera di congiura sarà non che
inutile, dannosa; e credo abbastanza nel vostro patriotismo per essere
certo non la vorrete proseguire; allora non esiterò a chiedere a Carlo
Alberto di rimandar liberi que' giovani che domani avrà di certo suoi
soldati nella lotta dell'indipendenza. Se invece dalle risposte del Re
non avrò la certezza della sua compiuta adesione al nuovo programma
nazionale che io gli esporrò in tutti i suoi particolari, allora taccio
affatto de' suoi amici e lascierò le cose alla salvaguardia della
Provvidenza. Questo proposito le va?
— Compiutamente: rispose Romualdo con accento in cui erano riconoscenza
insieme ed ammirativa adesione. Guardi, signor marchese.....
Azeglio lo interruppe sorridendo:
— Ah! lasci stare il marchese, la prego. I miei buoni amici, i popolani
di Roma, mi chiamavano sor Massimo; è il modo con cui mi piace di meglio
sentirmi a chiamare.
Romualdo s'inchinò.
— Quando Ella ci dica: sul mio onore potete fidarvi di Carlo Alberto,
noi ci fideremo.
Massimo rimase un istante in silenzio, quasi come se fosse perplesso.
Poi scosse la testa, si alzò e recossi alla finestra, dove si pose a
guardare fiso verso il palazzo reale.
— Potrò io darvi quest'assicurazione? Là dentro, fra quelle muraglie
laggiù, alberga una sfinge che tiene in pugno i destini d'Italia. Varrò
io ad esserne l'Edipo? Uscirà essa, questa sfinge, dal suo cupo silenzio
o dal dubbio linguaggio?... Vedremo. Ad ogni modo una cosa posso
accertarle: ed è che non sarò ingannatore altrui che ingannato io
stesso... ed ho già visto abbastanza di cose e conosciuto di uomini al
mondo, per non lasciarmi così agevolmente ingannare.
Romualdo, dopo molti altri discorsi coll'illustre cittadino, uscì da
quella modesta camera di locanda più ammiratore e più fiducioso che mai
dell'intelligenza, del cuore e del carattere di Massimo d'Azeglio.


CAPITOLO XX.

Il _medichino_, colle buste dei diamanti della contessa di Staffarda
sotto il suo mantello, era giunto all'uscio chiovato di ferro
dell'abitazione di Nariccia. Giusto che stava per suonare il campanello,
un battente dell'uscio si socchiuse e comparvero in quella penombra la
faccia pienotta, rubiconda ed ilare di Padre Bonaventura che usciva, e
quella terrea, umile e scura del padrone di casa che lo accompagnava fin
sul pianerottolo della casa.
Essi continuavano un discorso che all'accento delle loro voci ed
all'espressione degli sguardi onde lo accompagnavano doveva dirsi per
loro interessantissimo, e Gian-Luigi potè udire le seguenti parole
pronunziate dall'usuraio al frate:
— Sì, reverendo. Ella ha dato alla _Gattona_ il miglior consiglio che
sia del caso.... Io non penso che quel giovane abbia ad essere ciò che
il suo nome e quell'oggetto farebbero sospettare..... Ho delle buone
ragioni per credere che _quello là_ non esiste più.... Ma non importa: è
meglio cercare di saperne alcun che di preciso, tanto più per riguardo
di me che ci ho, più che interesse, alcun rischio da correre.... Dunque
la ringrazio ad esser venuto subito a pormene in sull'avviso e accetto
affatto il suo suggerimento: non dir nulla e far agire con prudenza la
_Gattona_, per aspettare di poi a prendere una risoluzione a cose meglio
chiarite. Chi sa che non ci sia poi in codesto qualche buon mezzo di
nostro vantaggio!...
Vide in quella nello scuriccio del pianerottolo staccarsi dal fondo nero
della scala che si affondava al di sotto la figura d'un uomo che
s'accostava.
S'interruppe sollecitamente, dicendo:
— Ah c'è qualcheduno qui; ed aguzzò i suoi occhietti birci per conoscere
chi fosse il nuovo venuto.
— Buon giorno, Nariccia: disse Gian-Luigi, abbassando la falda del
mantello onde si copriva la parte inferiore del volto: sono io.
— Ah ah! siete voi, dottore: esclamò Nariccia. Gli è di me che cercate?
— Appunto. Ho bisogno di parlarvi.
— Io vi lascio colla buona ventura; disse colla voce melliflua che gli
era abituale il gesuita; e Dio vi tenga nella sua santa grazia.
— _Amen_: rispose tutto compunto l'usuraio torcendo il collo: mi
raccomando alle sue preghiere, reverendo.
Padre Bonaventura fece un movimento colla mano che tramezzava fra un
segno d'addio ed un atto di benedizione sacerdotale, e s'avviò
senz'altro giù della scala.
— Venite avanti, dottore: disse allora Nariccia a Quercia, levandosi di
mezzo ai battenti per lasciarlo passare, ma rimanendo lì presso l'uscio
colla mano sulla serratura per esser egli a chiudere l'imposta quando
l'altro fosse entrato. È forse cosa di premura quella che mi avete da
dire?
— Sì, piuttosto: rispose Gian-Luigi penetrato nello scuro andito che
conduceva alle diverse stanze del quartiere.
— Allora, soggiunse Nariccia, il quale chiudeva intanto la serratura
colla chiave a doppia mandata, e faceva scorrere un paletto dall'una
all'altra imposta dell'uscio; allora vi darò udienza subito.
— Mi farete piacere.
In quella, Nariccia che aveva finito di serrare, si voltò verso
l'interno dell'appartamento; ma in quel moto fatto un po' in fretta,
sembrò che un capogiro lo prendesse; gli occhi gli si appannarono, le
gambe parvero mancargli sotto, le guancie gli si arrossarono e poi
impallidirono subitamente, ed egli si tenne al muro del corridoio quasi
temendo cadere.
— Che cosa avete? Gli domandò Quercia che vide codesto.
L'usuraio si era già compiutamente rimesso.
— Nulla, nulla, rispose. Gli è da qualche giorno che mi piglian così
delle vampe al capo, e mi sento come a girare il cervello.
— Uhm! disse Quercia esaminandolo, alla vostra età, colla vostra
complessione, codeste non son cose da non farci attenzione. Sono venuto
a trovarvi come avventore; ma credo che fareste assai bene ad accettarmi
anche come medico.....
Nariccia ebbe di subito paura che Gian-Luigi colle sue cure da medico
intendesse ripagato di poi quel servizio che veniva a domandargli; e
siccome ciò non gli piaceva niente affatto, fu lesto a rispondere:
— Vi dico che non è nulla e ch'io non ho bisogno di nessun medico.
— Tanto meglio!
Quercia era giunto all'uscio che metteva nello studiolo dell'usuraio, ed
alzò la mano alla gruccia della serratura per aprirlo.
— No lì: disse sollecitamente Nariccia, trattenendolo. Costì c'è un
altro che è venuto testè per parlarmi eziandio, ed è affatto inutile che
vi vediate reciprocamente.
Gian-Luigi si ritrasse con premura da quell'uscio ed abbassò la voce di
cui sino allora aveva usato nel suo tono naturale.
— Avete ragione, disse, m'è più caro non esser visto.
— Venite dunque nella mia camera: soggiunse l'usuraio, e poichè mi dite
che sono cose di premura quelle onde volete discorrermi e siete un
vecchio amico, darò a voi la precedenza, e farò ancora aspettare
quell'altro.
Introdusse il _medichino_ nella sua fredda camera in cui non una favilla
di fuoco a temperarne la gelata atmosfera; gli additò per sedere una
semplice seggiola col piano poveramente impagliato, e presane una pari
sedette egli stesso in faccia al suo visitatore.
Alla luce, che era maggiore in quella stanza che non nel corridoio,
Gian-Luigi vide nel volto di Nariccia certi indizi che, per quanto poco
foss'egli addentratosi nello studio della medicina, eragli facile
conoscere come sintomi di un male minacciante.
— Nariccia, diss'egli osservandolo bene, la vostra indisposizione non è
poi tanto quel nulla che voi credete. Se voi mi date retta vi farete
fare qualche cosa.
L'usuraio fece un sogghigno che voleva essere malizioso, e crollò le
spalle.
— Ecco lì! I medici vogliono sempre trovar dei malati, come gli avvocati
vogliono farvi litigare.
— Rassicuratevi: disse Quercia che comprese il segreto sentimento del
suo interlocutore. In me vedete tutt'altro che un medico in cerca d'un
cliente. Sapete bene ch'io non esercito la professione. Posso dar
qualche consiglio _gratuitamente_ (e pesò sulla parola) ad un amico, ma
non mando mai nessuna lista di _visite_ a chi abbia avuto tanta fiducia
in me da consultarmi.
Nariccia accostò la sua seggiola al dottore.
— Bravo! Diss'egli. È quello che ci vuole per me. Io non sono mica —
grazie a Dio ed alla Madonna della Consolata — così malato da aver
bisogno d'un medico; ma tuttavia il vero è che da un po' di tempo mi
sento così, tutto stonato, e che qualche buon consiglio d'uno che se ne
intenda mi può venire molto a taglio.
Gian-Luigi prese il polso dell'avaro, ne esaminò la lingua, gli fece
trarre il respiro con forza, e poi gli disse freddamente:
— Mio caro, voi siete minacciato niente meno che d'un colpo apoplettico.
L'usuraio fece un sobbalzo sulla seggiola e il volto gli s'impallidì
sotto la tinta terrea della sua carnagione.
— Un colpo apoplettico! Esclamò egli con voce mal ferma..... La Santa
Madonna del Carmine mi tenga lontana una tanta disgrazia!..... Dite voi
per davvero?
— Davverissimo! Voi avete dalla natura le più belle disposizioni del
mondo per avere un accidente, e la vita che fate è adatta a bella posta
per aiutare quelle disposizioni...
— Come! La vita che faccio? A me par tutt'altro. I colpi apoplettici
vengono a quelli che si nutriscono di robe grasse e sostanziose, che son
ghiotti! ed io invece non uso che i più frugali cibi.....
— Sì, delle porcherie, le quali non vi procurano altro che cattive
digestioni, e queste son quelle che vi giuocheranno un giorno o l'altro
qualche brutto tiro. Tutti gli eccessi non valgono nulla per la salute,
e se i ghiotti si rovinano per eccesso di cose nutritive, voi vi
rovinate per l'eccesso contrario, caricando il ventricolo d'una massa di
alimenti poco acconci ad una buona e normale nutrizione. E poi, vi par
egli alla vostra età di dover aver così poco riguardo a voi stesso?
Siete sempre chiuso in questo antro mefitico, e qui dentro, affè di Dio,
vi si gela come in una ghiacciaia....
— Io non patisco il freddo: perchè avrei da gettare via i denari per
abbruciar della legna?
— Non patite il freddo! Bravo! Ma intanto questa temperatura da Siberia
vi restringe di troppo il sistema venoso, la circolazione del sangue si
fa impacciatamente, e nulla favorisce di più le congestioni. Voi siete
minacciato da un travaso nel cervello.
— Misericordia!.... E che cosa fare per antivenirlo?
— La miglior cosa sarebbero due buoni salassi, quanto meno un'abbondante
operazione di mignatte.
Nariccia scosse la testa con risoluta negazione.
— Siete pazzo? Mettermi a letto e starci parecchi giorni in questa fine
del carnovale, in cui c'è tanto da fare e c'è il mezzo di guadagnare
qualche cosa... Ditemi qualche altro rimedio più conveniente ai miei
interessi.
— Ah! se preferite gl'interessi alla salute....
— Che? Non ci sarebbe un altro mezzo?
— Così sicuro, no; ma tuttavia una certa diversione potrebbero farla
degli attivi purganti.
— A questo posso acconsentire. Sì.... scrivetemi voi una brava ricetta
che mi faccia proprio bene... S'intende che la scrivete come amico, non
è vero?
— Sì, sì, state tranquillo; rispose Quercia ridendo; non manderò per
essere pagato.
Si alzò, depose sopra un tavolino le buste che teneva sotto il mantello
e scrisse un'ordinazione. Gli occhi di Nariccia si posarono curiosi ed
interrogativi su quelle buste coperte di marocchino rosso ornato di
filetti d'oro con impressovi in oro eziandio uno stemma ed una corona
comitale.
La sua curiosità non potè frenarsi: tese egli una mano con una mossa
avida e riguardosa nello stesso tempo, da paragonarsi a quella del gatto
che colla zampina cerca levare il marrone dal fuoco, afferrò la più
grossa di quelle buste e l'aprì. Una voce di stupore e d'ammirazione
uscì dal suo petto quasi involontariamente.
— Che magnifici diamanti! Esclamò egli mentre i suoi occhi scintillavano
come se la luce di quegli stupendi brillanti si ripercotesse nelle sue
pupille.
Gian-Luigi alzò con calma il capo, guardò freddamente Nariccia e disse
col più semplice tono di voce:
— Gli è appunto di ciò che son venuto a parlarvi.
E continuò a scrivere la ricetta. Quando ebbe finito la porse
all'usuraio dicendogli:
— Prendete subito questa roba, oggi stesso, e spero ne avrete
giovamento.
— Sì, grazie: rispose Nariccia, prendendo la carta dalle mani del
_medichino_; ma i suoi occhi birci erano sempre fissi sul luccicar dei
diamanti, e la sua salute in quel momento gli era quello a cui pensava
di meno.
— Non è vero che sono stupendi? Disse Quercia con tutta indifferenza.
Ma sul primo effetto, cui non era stato capace di padroneggiare,
Nariccia aveva già fatta prevalere la riflessione. Il _medichino_ gli
aveva detto che di ciò appunto era venuto a parlargli. Certo trattavasi
di qualche transazione in proposito. Il mercatante, no, dirò meglio
l'usuraio, aveva già preso il sopravvento, e fu con tono reso affatto
impassibile che Nariccia rispose:
— Mi par veramente che sieno belli, ma questa non è la mia _partita_: io
non me ne intendo di molto, e non potrei portarne un giudicio proprio
esatto.
— Lasciate un po'; voi ve ne intendete benissimo, e siete maestro anche
in questa come in tante altre materie.... Aprite, aprite tutte quelle
buste, contemplatene a vostro agio il contenuto, e quando vi sarete
fatta un'idea del valore di questo tesoro che vi ho recato, allora vi
esporrò la proposta che sono venuto per farvi.
Nariccia, ora compiutamente padrone di sè e in sull'avviso per
dissimulare le impressioni che la vista di sì ricchi brillanti produceva
in lui, aprì con calma gli astucci e guardò con freddezza tutti quei
diamanti che luccicavano di mille fuochi anco nella penombra di quella
stanza a stento illuminata dalla luce grigiastra della giornata nevosa.
— Che cosa ne dite? Domandò di poi il _medichino_ che teneva i suoi
occhi ardenti fissi sul volto impassibile dell'usuraio. Che valore
assegnereste a questo tesoro?
— Ma! Esclamò Nariccia facendo spalluccie. Se fossero tutti veri....
— Ne dubitereste?
— Allora potrebbero benissimo valere parecchie decine di mila lire....
— Delle decine! Proruppe Quercia con voce concitata. Siete proprio
sempre quel medesimo!... Dite delle centinaia...
— Oh oh! delle centinaia... Non esagerate.
— Vi dico di sì... Non c'è manco la regina che ne abbia dei più belli.
— Uhm!... Ma veniamo a noi... Qual è questa proposta che siete venuto a
farmi?
— Ho bisogno urgente di cinquanta mila lire.
A queste parole l'usuraio cristiano fece il medesimo sobbalzo quasi
spaventato che aveva fatto l'usuraio ebreo.
— Dio buono! Cinquanta mila lire!...
— Solamente per pochi giorni... Voi ci metterete il tasso che più vi
piace e vi lascierò in pegno questi diamanti.
— Per quanti giorni?
— Fino a lunedì mattina... Allora verrò infallantemente a riprenderli e
a riportarvi il vostro denaro.
— Cinquanta mila lire, affè, sono troppe... Ve ne darò trenta mila
coll'interesse di 50 lire per giorno.
— Ne ho bisogno di cinquanta mila.
Nariccia prese di nuovo in mano una busta dopo l'altra ed esaminò
attentamente i gioielli.
— Ve ne do quaranta mila.
— No: disse allora seccamente il _medichino_ alzandosi. Se non volete
far voi questo affare, ne troverò millanta altri che vi acconsentiranno
con premura.
E tese una mano come per serrare gli astucci e riprenderli.
— Un momento! S'affrettò a dire Nariccia. Gli è solamente fino a lunedì
che me li lasciereste in pegno?
— Sì.
— E mi paghereste 100 lire al giorno d'interesse?
Gian-Luigi fece un sogghigno di disprezzo e mormorò in mezzo ai denti:
— Ladro!
Ma Nariccia mostrò di non aver udito.
— Ve li pagherò; disse di poi Quercia con brusco accento.
— S'intende che dopo il lunedì, se tardate a venirmi a restituire la
somma e pagare il totale degli interessi, ad ogni giorno che passerà,
saranno altre 100 lire che s'aggiungeranno al vostro debito.
Il _medichino_ fece con impazienza un cenno affermativo.
— Ed io non vi ritornerò neanche il menomo di questi astucci, finchè non
mi avrete pagato in totalità capitale ed accessorii.
— Ma sì, ma sì.... Finiamola per amor del cielo!....
— Va bene, va bene... Vo di là un momento e torno subito.
Nariccia prese il maggiore degli astucci che conteneva un bellissimo
diadema e si mosse per uscire; ma Gian-Luigi l'arrestò per un braccio.
— Dove portate voi quella busta?
— Di là..... un momento: rispose l'usuraio, facendo guizzare a destra e
a sinistra i suoi occhietti balusanti.
— Per che cosa farne? Tornò a domandar Quercia non lasciandogli libero
il braccio.
— Così..... per osservarli meglio, da me solo.... a un'altra luce.....
— Voi volete farli vedere a qualcheduno?
Nariccia esitò un momentino, e poi credette più spediente il confessare
il vero.
— Ebben sì..... Ve l'ho già detto ch'io non mi intendo abbastanza di
queste cose..... E capirete che per avventurare una somma simile, ho
piacere di essere completamente assicurato sul valore del pegno che mi
viene offerto. Per fortuna quell'altra persona che mi attende di là, è
appunto uomo competentissimo in siffatta materia.....
Quercia lo interruppe con molta vivacità.
— Ma io non voglio che nessuno li veda fuori di voi.....
— No? Disse lentamente e con sospetto Nariccia, deponendo sulla tavola
l'astuccio. Riconoscete che questo vostro desiderio non è fatto per
rassicurarmi di molto. Nella nostra professione, mio caro, la prudenza
non è mai troppa, e se voi non acconsentite a codesto, vi dico in verità
che non vi ha nulla di fatto.
Gian-Luigi lasciò scorgere qualche esitazione.
— Se questi diamanti sono davvero quel che voi dite, io vi porterò
subito di qua le 50 mila lire: soggiunse Nariccia con tono insinuante.
Quercia diede una scrollatina di spalle che mostrava i suoi scrupoli
essere passati.
— Va bene: finì egli per dire. Non temo nulla dall'esame di
chicchessiasi; ma soltanto vi prego di levarli dalla busta; non c'è
nessuna necessità che si veda questo stemma e s'indovini a chi
appartengono.
— Avete ragione.
Nariccia levò dagli astucci i pezzi principali e li recò nel suo studio,
dove stava aspettando quell'altra persona ch'egli aveva detto.
Il caso aveva voluto che quello fosse appunto un gioielliere, il sig. X,
il quale da canto suo, trovandosi in urgente bisogno di denaro, era
venuto da Nariccia per un'operazione uguale a quella che ci aveva
condotto il _medichino_, recando egli eziandio da sua parte per pegno
alcuni gioielli del suo fondaco.
L'usuraio pose sotto gli occhi del gioielliere i diamanti che aveva
recato, e domandogli bruscamente:
— Che cosa ne dite di questa roba?
Il sig. X fece un atto di meraviglia:
— Cospetto! Quei diamanti li riconosco; sono quelli della contessa di
Staffarda.
— Ah sì?
— Di certo. Sono il suo gioielliere io, e non è guari ch'ella me li ha
dati tutti a ripulire e riattare.
— Benone! Allora voi sapete appuntino quanti astucci ella ne abbia e di
quanti pezzi consti tutto il corredo completo.
— Perfettamente.
— Ditemeli un po'.
Il gioielliere fece l'enumerazione e la descrizione di tutti i pezzi, e
Nariccia fu chiaro che Quercia glie li aveva recati tutti per davvero.
— E il valore complessivo di tutto quel corredo quale pensate voi che
possa essere?
— Affè! se lo si volesse vendere, e ch'io ne avessi i denari, non
esiterei a darne duecento mila lire, sicuro di fare un buon contratto.
Nariccia non potè contenere un sorriso.
— Eh eh! si lasciò scappar detto. Io l'avrò forse ad un quarto soltanto
di questa somma.
— Come! Si decidono a venderlo per sole 50 mila lire?
— A venderlo no: me lo danno in pegno soltanto; ma prima che chi mi reca
questo pegno abbia in suo potere una somma sufficiente da ripagarmi
capitale ed interessi, son certo che ce ne passerà dell'acqua sotto il
ponte di Po.
— Ho capito.... E chi vi ha recato questo pegno è il dottor Quercia.
— Siete un bravo indovino!
— Ci ho poco merito. Ne ho udita la voce testè quando si è accostato
alla porta di questa camera... E le sue intime relazioni con quella
povera contessa, tutti le sanno.
— Non occorre, spero, che vi raccomandi il segreto.
— Figuratevi!
Nariccia tornò presso Gian-Luigi colle cinquanta mila lire in denaro
sonante.
Abbiamo visto come l'usuraio faceva i suoi conti che quegli stupendi
diamanti mai più gli si sarebbero potuti levar dalle unghie: da parte
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La plebe, parte II - 26
  • Parts
  • La plebe, parte II - 01
    Total number of words is 4543
    Total number of unique words is 1667
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    52.8 of words are in the 5000 most common words
    62.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 02
    Total number of words is 4448
    Total number of unique words is 1732
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.7 of words are in the 5000 most common words
    58.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 03
    Total number of words is 4507
    Total number of unique words is 1676
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    52.8 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 04
    Total number of words is 4494
    Total number of unique words is 1617
    38.9 of words are in the 2000 most common words
    53.4 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 05
    Total number of words is 4490
    Total number of unique words is 1636
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    62.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 06
    Total number of words is 4405
    Total number of unique words is 1577
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    55.3 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 07
    Total number of words is 4544
    Total number of unique words is 1647
    38.0 of words are in the 2000 most common words
    53.4 of words are in the 5000 most common words
    61.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 08
    Total number of words is 4477
    Total number of unique words is 1647
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    53.4 of words are in the 5000 most common words
    60.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 09
    Total number of words is 4466
    Total number of unique words is 1562
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    55.0 of words are in the 5000 most common words
    64.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 10
    Total number of words is 4426
    Total number of unique words is 1573
    38.9 of words are in the 2000 most common words
    53.5 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 11
    Total number of words is 4484
    Total number of unique words is 1610
    39.6 of words are in the 2000 most common words
    53.7 of words are in the 5000 most common words
    60.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 12
    Total number of words is 4492
    Total number of unique words is 1801
    32.8 of words are in the 2000 most common words
    46.8 of words are in the 5000 most common words
    54.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 13
    Total number of words is 4536
    Total number of unique words is 1694
    37.2 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    60.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 14
    Total number of words is 4584
    Total number of unique words is 1630
    38.8 of words are in the 2000 most common words
    54.7 of words are in the 5000 most common words
    62.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 15
    Total number of words is 4353
    Total number of unique words is 1787
    37.7 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 16
    Total number of words is 4489
    Total number of unique words is 1774
    38.9 of words are in the 2000 most common words
    53.5 of words are in the 5000 most common words
    60.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 17
    Total number of words is 4576
    Total number of unique words is 1752
    37.3 of words are in the 2000 most common words
    52.3 of words are in the 5000 most common words
    60.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 18
    Total number of words is 4482
    Total number of unique words is 1671
    37.7 of words are in the 2000 most common words
    52.6 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 19
    Total number of words is 4444
    Total number of unique words is 1650
    36.7 of words are in the 2000 most common words
    51.9 of words are in the 5000 most common words
    59.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 20
    Total number of words is 4467
    Total number of unique words is 1660
    38.1 of words are in the 2000 most common words
    54.0 of words are in the 5000 most common words
    62.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 21
    Total number of words is 4442
    Total number of unique words is 1726
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    53.5 of words are in the 5000 most common words
    61.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 22
    Total number of words is 4535
    Total number of unique words is 1582
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 23
    Total number of words is 4535
    Total number of unique words is 1654
    40.0 of words are in the 2000 most common words
    55.1 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 24
    Total number of words is 4371
    Total number of unique words is 1733
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    53.7 of words are in the 5000 most common words
    61.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 25
    Total number of words is 4424
    Total number of unique words is 1552
    40.4 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 26
    Total number of words is 4514
    Total number of unique words is 1759
    37.3 of words are in the 2000 most common words
    51.9 of words are in the 5000 most common words
    59.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 27
    Total number of words is 4525
    Total number of unique words is 1813
    37.0 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    59.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 28
    Total number of words is 4494
    Total number of unique words is 1767
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    50.4 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 29
    Total number of words is 4461
    Total number of unique words is 1752
    32.9 of words are in the 2000 most common words
    46.3 of words are in the 5000 most common words
    55.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 30
    Total number of words is 4394
    Total number of unique words is 1662
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    47.7 of words are in the 5000 most common words
    54.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 31
    Total number of words is 4500
    Total number of unique words is 1695
    36.9 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 32
    Total number of words is 4615
    Total number of unique words is 1712
    38.7 of words are in the 2000 most common words
    53.9 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 33
    Total number of words is 4541
    Total number of unique words is 1541
    38.5 of words are in the 2000 most common words
    53.6 of words are in the 5000 most common words
    59.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte II - 34
    Total number of words is 1275
    Total number of unique words is 628
    47.1 of words are in the 2000 most common words
    59.8 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.