La plebe, parte II - 14

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Egli alzò vivamente il capo ed aggrottò le sopracciglia.
— Che è codesto? Vi dissi di partire, e voi?...
Maddalena gli si abbandonò addosso con tutta la persona, abbracciandolo
e baciandolo con passione.
— Ah! Luigi, tu non mi vuoi più bene..... Ed io che te ne voglio tanto,
tanto, e sempre di più!... Una volta non mi avresti trattata così.
Gian-Luigi prese le braccia della giovane e togliendosele di sopra le
spalle serrò i due polsi nella sua destra piccola, fina e bianca, ma
forte come tenaglia: allontanò da sè la persona di Maddalena, senza
sgarbo e senza violenza, ma con una certa bruschezza che dinotava un
principio d'impazienza, e disse col suo tono da gran signore:
— Olà! Vogliamo noi per caso introdurre delle novità? Oseresti far delle
scene o tentar dei rimbrotti? Eh via! Maddalena, o non mi conosci
ancora, od oblii chi sono.
— E tu dimentichi che una donna come son io non si può rassegnare a
tanta trascuranza, a tanta indifferenza... Ho bisogno di vederti io, ho
bisogno d'esser tua, ho bisogno di te.
Abbassò la voce, e le parole passarono fischiando fra i denti stretti
cui le labbra contratte scoprivano sino alle gengive:
— Sono gelosa!... Tremendamente gelosa!... Oh! le tue belle signore,
come le odio! Esse vesti di velluto e di seta, ed ori e gioielli intorno
nei saloni eleganti... E le ti piacciono per questo... Io, povera,
poveramente vestita, in un'umile taverna, serva degli avventori e di che
avventori!...
Sulla faccia del _medichino_ si dileguò quell'espressione d'impazienza
che incominciava ad accostarsi alla collera; una specie d'interesse
simpatico vi si sostituì; gli era sempre quella terribile questione dei
ricchi e dei poveri che gli veniva dinanzi; era quell'ambizione e
quell'invidia che lui tormentavano, le quali apparivano ancor esse nella
passione di Maddalena; egli la guardò seriamente e quasi con pietà.
— Lena, le disse, tu potresti avere e belle vesti ed ogni cosa che hanno
le ricche, e potrei procurartene io stesso; ma tu sai che mi sei utile
rimanendo in queste umili condizioni in cui ti ho trovata. Ho bisogno di
un'anima fidata come sei tu...
— E s'io ti sono utile, proruppe la donna, e se io sono pronta a dare
anche il mio sangue per te, perchè mi ami tu meno di quelle tue
schifiltose poppatole delle sale, che, dove sapessero il vero esser tuo,
ti sprezzerebbero e si vergognerebbero di averti conosciuto?
Una fiamma di rossore passò sulla faccia di Gian-Luigi.
— Ah! se mi trovassi mai una volta muso a muso con una di quelle
smorfiose! Sclamò Maddalena con represso furore, digrignando i suoi
denti da jena. Che sì che mi piacerebbe disfarle quel mostaccio
imbellettato.
Il _medichino_ si alzò.
— Oh basta: diss'egli severamente. Che diritto hai tu sopra di me? Che
promesse ti ho io fatte di cui tu possa invocare il mantenimento?
Maddalena liberò le sue mani dalla stretta di quella di Gian-Luigi e si
contorse le braccia in atto di disperazione.
— Sì, gli è vero! Esclamò essa con accento tronco e doloroso, che pareva
interrotto dal singhiozzo. Sì, che cosa sono io? Un nulla, una povera
stracciona a cui tu hai fatto un grande onore prendendola, di passata,
per un passatempo, o meglio per incatenarla di più a te, affine di
servirtene mediante un'elemosina di amore. È vero: io non ho chiesto
nulla, e tu non mi hai nulla promesso. Con che fronte avrei io
domandato? Ma la mia cieca devozione, ma il mio sconfinato abbandono, ma
l'aver io tutto lasciato del mio passato, non meritano forse da te alcun
riguardo?
— Lo meritano e lo hanno: disse Gian-Luigi colla calma d'un superiore
che si piace d'accondiscendere alle preghiere d'un subalterno; e
passando carezzevolmente la mano sui capelli della giovane, soggiunse
con alcuna tenerezza nell'accento: — Non ti ho io introdotta nei misteri
della mia vita; non sei tu conscia di me come l'anima mia? Oh va che
nessun'altra può competer teco a questo riguardo. Non cerco io da te
altresì delle dolci ore d'oblìo?...
— Ah! troppo poche e troppo di raro: interruppe sfacciatamente
Maddalena.
Il _medichino_ sorrise e poi soggiunse fra severo e scherzevole:
— Indiscreta!..... Ma nè il mio umore, nè i miei sensi sono fatti per
essere incatenati a servitù di sorta.
Si udì uno stropiccio di passi nello stanzone che precedeva il
gabinetto.
— Zitto! Disse Gian-Luigi, abbassando la voce: qui v'è gente che
aspetto. Va, Maddalena, e di' a _Macobaro_ che fra un'ora venga a
parlarmi qui dove l'attenderò..... Te poi... te attenderò questa sera,
dopo chiusa l'osteria, a mezzanotte.
Maddalena mostrò i suoi bianchi denti in un sorriso di tutta gioia e
sparì. Nello scuriccio dello stanzone detto _Cafarnao_ si avanzavano due
uomini, di cui uno aveva gli occhi bendati. Erano il domestico di
Gian-Luigi e Mario Tiburzio.


CAPITOLO XIII.

Prima di assistere all'importante abboccamento che sta per aver luogo
fra Gian-Luigi e Mario Tiburzio, l'ordine cronologico degli avvenimenti
vuole che vediamo ciò che succedesse in casa del pittore Vanardi in quel
frattempo in cui avvenivano le scene ond'erano teatro l'abitazione e la
fabbrica dei Benda.
Dal quartiere in cui dimoravano i giovani amici, Mario Tiburzio era
partito prima ancora dell'alba, Giovanni Selva erasi allontanato poco
dopo per correre dove abbiam visto, e Romualdo un po' più tardi era
uscito per le sue faccende: non rimanevano adunque che Vanardi e
Maurilio, e Rosina la moglie del primo. Mentre la donna, con
quell'alacrità da buona massaia che era una delle sue principali virtù,
si dava intorno ad ordinare la casa, Vanardi che aveva litigato fin
tardi nella notte colla curiosità della moglie e Maurilio che fino al
mattino era stato raccontando i casi suoi a Giovanni, dormivano
tuttavia, quando una scampanellata fece accorrere all'uscio del ripiano
la Rosina impazientita che si venisse a disturbarla a quell'ora
mattutina. Vedendosi innanzi una brutta vecchia in luridi panni che
teneva per mano un fanciullo cencioso, la moglie del pittore credette le
si venisse a domandar l'elemosina, e senza aspettare altro disse
sollecita:
— Andate, andate con Dio, buona donna, qui non si ha nulla da darvi.
Ma la vecchia, facendosi innanzi a tenere il battente che Rosina voleva
di presente richiudere, si affrettò a dire:
— Noi non siamo mica ciò che Lei crede, _madama_. Siamo aspettati in
questa casa, dove ci abbiamo a che fare.
La Rosina spalancò tanto d'occhi.
— Siete aspettati? Avete da che fare qui dentro? Oh bella! Che cosa mai
ci avete da fare e chi siete?
Quella brutta vecchia contrappose a quelle una sua richiesta:
— Gli è ben qui che abita il signor Maurilio Nulla?
— Sì, che gli è qui.
— Suo marito forse?
— No, non è mio marito, nè mio parente nemmanco di nessuna maniera, ma
e' sta qui. Gli è con lui che avete qualche cosa da spartire?
— È stato lui che ci ha detto di venire e che ci aspetta. Faccia un po'
grazia di dirgliene: che c'è la _Gattona_ col _Gognino_, e vedrà.
A Rosina l'aspetto di quei due ispirava poca fiducia.
— Va bene: rispos'ella. Aspettate un momento che vado ad avvertirne
Maurilio.
E senza punto cerimonie chiuse l'uscio sul naso adunco della _Gattona_.
Maurilio dormiva gettatosi tutto vestito sul letto. Il freddo che lo
aveva colto gli allividiva le guancie e le mani da fargliele sembrare
mani e guancie di cadavere. Rosina, che pure aveva poca simpatia per
l'aspetto tenebroso e l'umore cupamente taciturno di quel giovane, nel
vedere profondo il segno d'un'intima sofferenza sui lineamenti di lui
addormentato, sentì un senso di compassione.
— Povero giovane! Esclamò ella. E' par morto addirittura.
E ne toccò lievemente la fronte che trovò fredda come marmo; ma a quel
tocco Maurilio si destò in sussulto.
— Che cosa c'è? Domandò egli sorgendo a sedere. Ah! la è Lei Rosina....
— C'è qui fuori una vecchia che dice che Lei l'aspetta e che si chiama
la _Gattona_.
— La _Gattona_? Ripetè meravigliato Maurilio, il quale non ricordava
punto in tal momento quel nome, nè l'avventura capitatagli la sera
innanzi.
— Ha seco un bardotto alto così, cui dà nome di _Gognino_.
— Ah sì, sì: esclamò allora Maurilio, a cui tornò la memoria di tutto; e
saltò in piedi giù del letto.
— Li ho dunque da introdurre? Disse Rosina.
— Sì, faccia il piacere; ho veramente detto loro di venire.
La vecchia e il fanciullo furono fatti entrare in quella stanza in cui
la notte avevan tenuto consiglio i congiurati.
— Eccoci qui, ad accettare la sua tanta carità: disse a Maurilio col suo
accento melato da volgare baciapile la _Gattona_, che intanto faceva
girare tutto intorno i suoi occhi cisposi per esaminare ogni cosa di
quella stanza. — Levati il berretto di capo, tu: soggiunse dando uno
scapellotto al ragazzo che stava lì colla sua aria di malavoglia; e
domanda al tuo benefattore se ha dormito bene.
_Gognino_ per tutta risposta si nascose dimenando le spalle dietro le
sottane della vecchia.
— Animo, su, non fare lo scimunito: insisteva la nonna, volendolo trarre
a forza di dietro a sè per farlo avanzare verso Maurilio; non mostrarti
più male educato di quello che sei. Santa Madonna del Carmine! Se
sapesse _madama_ (e si rivolgeva a Rosina la quale assisteva
curiosamente a quella scena), se sapesse le fatiche e i mali di stomaco
che mi costa questo benedetto sbarazzino... senza contare i denari! Gli
è un umorino che non ha il suo compagno, glie lo assicuro io... testardo
come un mulo, e malizioso come il fistolo... Io faccio di tutto per
ispirargli i sentimenti del timor di Dio e della buona creanza... Eh sì!
Gli è come lavar la testa all'asino... Dunque (e riparlava al marmocchio
a cui dava potenti strappate al braccio per tirarlo avanti) vuoi venir
fuori sì o no a fare il tuo dovere col signore?...
— Lasciatelo stare; interruppe Maurilio seccamente. Quando saremo soli
ce la diremo di sicuro fra di noi. Prendete i vostri dieci soldi voi, e
andatevene con Dio.
La vecchia prese i denari che Maurilio gli porgeva e torcendo il collo
da una parte, volgendo gli occhi in su, biascicò una litania di
ringraziamenti.
— Che il Signore e la Madonna e i Santi tutti del Paradiso la
benedicano. Io vado difilato al _Carmine _ a pregare per Lei... o alla
_Consolata_ se le piace di meglio...
— Pregate per voi o per chi altri vi aggrada. Io non cerco preghiere da
nessuno.
— Gesummaria! Disse fra sè la _Gattona_. Padre Bonaventura ha ragione: è
un eretico e miscredente.
— Oh sante piaghe! Soggiunse ella poi ad alta voce: le preghiere non
fanno mai male a nessuno. Però come la vuole. Lascio dunque _Gognino_
presso di Lei. E quando uscirai (disse al fanciullo levando l'indice per
fargliene notar di meglio l'intimazione) vieni tosto a raggiungermi
sulla porta del _Carmine_, e non baloccarti per istrada siccome è tuo
uso, neh? _Monsù_ e _Madama_ li riverisco.
Fece una profonda riverenza, che avrebbe contentato un maestro di ballo,
ed uscì, accompagnata sino all'uscio dalla moglie del pittore.
Questa non capiva bene l'atto di Maurilio, ed era ben lontana
dall'approvarlo. Fare la carità, anche la buona Rosina trovava una
bellissima cosa, ma quando se ne avesse i mezzi; e di Maurilio ella
sapeva come, coll'esercizio del suo povero mestiere, guadagnasse tanto
appena da bastare ai più stretti bisogni suoi. E poi che cosa voleva
egli fare di questo bambino che si faceva condurre in casa? Forse
mantenerlo? Oh sì ch'ella voleva quella giunta di carico alle gravezze
famigliari! Accompagnando la vecchia, Rosina, che era la più curiosa
delle donne, interrogò, e la _Gattona_, che era la più ciarliera, contò
tutto quello che era intravvenuto fra lei, suo nipote e Maurilio.
— Gli è matto per davvero: conchiuse la moglie di Vanardi, tornando
indietro dalla porta, dopo partita la vecchia. S'ei si mette in capo di
insegnare a leggere e scrivere a tutti gli straccioni che non lo sanno,
sì che mi sta fresco!
Maurilio aveva preso il fanciullo per mano e se l'era condotto seco
nella vicina stanza, dove ci aveva il suo letto. Rosina cedette alla
tentazione della sua irrefrenabile curiosità; si accostò pianamente
all'uscio, e messo l'occhio al buco della toppa, si diede ad ascoltare e
guardare.
Maurilio s'era seduto presso la finestra e teneva il fanciullo innanzi a
sè, passandogli carezzevolmente una mano sugl'ispidi, scarmigliati
capelli. L'espressione della sua faccia era quale Rosina non gli aveva
mai vista. Una nuova affettuosità raggiava dai suoi lineamenti strani ed
originali, una luce di tenerezza brillava ne' suoi occhi affondati.
Pareva che la sua fisionomia avesse deposto il velo scuro che
l'appannava per mostrare una espansività fino allora contenuta e
dissimulata. Quella faccia irregolare in tal momento pareva quasi
leggiadra.
— Mi riconosci ancora? Domandava egli al ragazzo con voce diversa
dall'usata ancor essa, e soave.
— Sì: gli è Lei che mi ha pagato da cena ieri sera.
— E ti ha egli fatto piacere che io ti abbia procurato una buona
satolla?
— Oh sì... Mi avviene così di rado..... Mi tocca sempre rosicchiare un
pezzo di pan nero e non altro.
— Dà retta, Luca, per qual ragione pare a te che io t'abbia fatto quel
piacere?
Il fanciullo levò i suoi occhioni larghi e sgranati in volto a Maurilio
e li fissò fra interrogatori, fra stupiti in quelli di lui, che in quel
punto, brillanti d'un sentimento d'ineffabile affetto, parevano anche
alla Rosina i più belli occhi del mondo. Da quello sguardo Luca non
sentiva nessuna soggezione, ma invece un'aggradevole sensazione
inesplicabile: ei non era mai stato guardato di quella maniera; gli
sembrava che una specie di calore gliene penetrasse nelle vene a
riconfortarlo; la figura di solito diffidente e maliziosa del ragazzo si
aprì ancor essa ad un'espressione più mite ed espansiva, quasi di
fiducia; non rispose nulla il meschinello, ma come se volesse con un
atto manifestare la nuova confidenza che nasceva in lui per quell'uomo
tuttavia sconosciuto, ei si fece più presso a Maurilio e gli pose una
mano sopra il ginocchio, tenendo sempre il suo sguardo affondato, per
così dire, in quello di lui.
Maurilio ripetè la sua domanda accarezzando al bambino con più tenerezza
le chiome.
— Ma... non saprei... per farmi piacere; rispose esitando _Gognino_.
— Sì; perchè ho provato per te un sentimento d'interesse che mi ha
spinto a farti del bene... Gli è quello appunto che si chiama voler
bene; nella qual cosa vi sono varii gradi, a cominciare da un
interessamento lieve e passeggero andando poi fino all'affetto profondo
e che dura sempre. Capisci quello che voglio dire?
— Capisco: disse lentamente _Gognino_; e ne' suoi occhi sempre fissi a
quel modo in chi gli parlava, passavano davvero certi lampi
d'intelligenza che erano come il risveglio dell'anima pensante.
Capisco... A me fino adesso nessuno ha voluto bene.
— E la nonna? Domandò Maurilio.
Il piccino scosse melanconicamente il capo senza pronunziare parola.
— Se tu te lo meriterai, te ne vorrò io del bene, e te ne vorrò sempre
più, a seconda che corrisponderai alle mie cure ed ai miei desiderii.
Quello stesso sentimento d'interesse che mi ha fatto darti da cena ieri
sera che avevi fame mi ha indotto a prenderti qui meco per farti un bene
ancora maggiore di quello che sia il saziarti di cibo. Il dar da
mangiare, vedi, è un benefizio a questo che si chiama corpo, che è quel
che si tocca e che si vede di noi; ma noi tutti abbiamo dentro una cosa
che nè si vede, nè si tocca, ma che è la miglior parte di noi, che anzi
è proprio ciò che fa noi stessi, ed è quella cosa che pensa e che vuole.
_Gognino_ allargava sempre più gli occhi.
— E questa cosa dentro c'è l'ho ancor io? Domandò egli con una serietà
che dinotava l'effetto che facevano in lui le parole di Maurilio così
nuove alle sue orecchie.
— Sì certo: rispondeva Maurilio. Tutti quanti gli uomini l'hanno del
pari, uguale se non nelle qualità, nella sostanza. Non hai tu mai
sentito a parlare dell'anima?
— Oh sì. La nonna mi conduce tutte le mattine in chiesa a sentir la
messa di padre Bonaventura e dice che gli è per salvar l'anima; ma io
non ho mai capito che cosa fosse.
— Senti! Ti avviene egli mai di ricordare qualche cosa che ti è avvenuto
nei giorni che sono passati? Oppure non ti avviene egli di desiderare
alcune volte di essere in qualche luogo o di far qualche cosa e benchè
tu sia, per esempio, in casa tua, non ti par egli di esser qua o colà
coi tuoi compagni?
— Oh sì! Esclamò il ragazzo nelle cui pupille correvano sempre più vivi
i lampi dell'intelligenza. Certe volte, seduto sulla cenere del camino
nella soffitta della nonna, mi piacerebbe essere sulla piazza a guizzare
sulle sgusciarole cogli altri, e gli è proprio come se ce li vedessi; ed
altre volte mi ricordo del bel verde che avevano la state gli alberi dei
viali e vorrei correrci sotto.
— Bene. Fa attenzione, Luca; in quei momenti tu non sei mica col tuo
corpo nè sulla piazza nè tampoco sui viali che a questa stagione sono
tutt'altro che verdi. Tu vedi quelle cose perchè le _pensi_. Gli è col
pensiero che sei colà, mentre il corpo sta nella soffitta: ora il
pensiero è la facoltà di quella parte interna di noi che si chiama
l'_anima_, ed è il modo con cui la si manifesta. Se io, saziando ieri
sera la tua fame, ho procacciato un bene al tuo corpo, facendoti venir
qui ad imparare ciò che sto per insegnarti voglio procacciare un bene
all'anima tua; e questo bene è assai più prezioso del primo, perchè anzi
tutto è duraturo, mentre quello è passeggero, e poi perchè ogni
miglioria dell'anima è quella in realtà che innalza l'uomo in raffronto
ai suoi simili e in cospetto di Dio.
— Ah! Esclamò il piccino, il quale si vedeva che cominciava a
comprendere in nube, entrando la sua intelligenza in una sfera tutto
novella, a cui non s'era ancora nemmanco affacciata.
— Che razza di discorsi gli va facendo? pensava intanto la Rosina. E' mi
pare sarebbe meglio ch'e' desse mano addirittura al catechismo.
— Or dunque, continuava Maurilio, s'io ti vorrò bene e se ti farò del
bene, non domando altro in compenso da te se non che tu pure abbia poi
per me alcuna affezione. Tu dici che nessuno ancora ti ha amato. Povero
bambino! Io pure passai una infanzia pari se non peggiore della tua; io
più che ogni altro posso capire la tua disgrazia e compassionarla a
dovere. Noi ci ameremo. Vien qui, dimmi tutto di te. Quanti anni hai?
— La nonna dice che ne ho dieci; ma nessuno vuol crederlo e dicono tutti
che all'aspetto ne mostro sette od otto.
— Tu non hai conosciuta tua madre?
Il piccino scosse gravemente la testa in segno negativo.
— Poveretto! Esclamò Maurilio con voce in cui vibrava una profonda
emozione. E ne hai tu qualche memoria, alcuna reliquia?
Luca seguitò a scuoter la testa di quel modo.
— Ci pensi tu qualche volta a tua madre?
— Sì: rispose il ragazzo quasi esitando: quando la nonna me ne parla.
— Almeno tu hai qualcheduno che l'ha conosciuta, che le appartenne e che
può parlarti di lei!... Io no.... E che cosa te ne dice la nonna?
— Dice che la è stata la sua sciagura e che la era una sgualdrina.
Gli occhi di Maurilio balenarono di sdegno.
— La disgraziata! Gridò egli. Oh non crederle, sai, Luca alla nonna; non
crederle queste cose di tua madre. La donna che ci ha dato la vita è per
noi sempre, dev'essere la più santa creatura dello universo. Fosse pur
anco la più vile e colpevole, il sublime ufficio della maternità la
nobilita innanzi ad ogni animo ammodo, per noi, a cui ella ha dato colla
sostanza delle sue vene la esistenza, la rende mediatrice fra la nostra
anima e Dio. Un santissimo vincolo è quello che lega e stringe la madre
alla sua creatura. Nel nostro cuore palpita il cuore della madre,
nell'anima di essa si appunta e vive, direi quasi, l'anima nostra. Nè
questo vincolo si rompe pur colla morte!...
Sollevò il capo e guardò innanzi a sè con occhio che brillava d'una
fiamma pressochè sovrumana.
— No, non si rompe! L'anima della madre è così congiunta, così
intrecciata con quella del figlio, cotanto l'avvolge e la compenetra,
che nemmanco la tomba non può separarnela del tutto. Ella — l'anima
amorosa materna — ci segue, ci sta presso, ci veglia, e se non può
materialmente farcisi scorgere, e se non può sfogare cogli amplessi
terreni l'affetto, forse, e senza forse, è quella che ne ispira i nostri
buoni pensieri, che ne infonde nei dolori calma e coraggio, che ci fa
entrare nell'animo la dolcezza tante volte di un misterioso inesplicabil
conforto.
Prese il ragazzo alle braccia e traendolo a sè, lo abbracciò con più
viva espansione d'affetto.
— Senti, Luca, seguitava egli con voce sempre più soavemente commossa e
dolcemente vibrante; non ti avvenne egli mai di vedere nelle visioni del
tuo sonno una pietosa figura di donna che ti sorridesse? Nelle ombre
della sera non hai mai visto disegnarsi innanzi a te, come in un
chiarore nebbioso, una vaga, aerea immagine? Non hai tu mai sentito qui
nel tuo capo come un susurro di parole amorose, qui entro il tuo petto
come il tepore di una mano che ti carezzasse il cuore?
Il bambino continuava a guardare co' suoi occhi sbarrati quell'uomo che
gli parlava sì nuove e per lui strane parole. Di certo egli non le
capiva bene e intieramente; ma pur tuttavia dallo sguardo scintillante
di Maurilio, dall'amplesso di lui, da quell'accento grave, tenero e
commosso, sentiva penetrare entro sè un ignoto influsso che glie ne
serpeva non senza gradevolezza nell'intimo, e suscitavagli non ancora
provati sentimenti nell'animo. Chinò il capo tacitamente in segno
affermativo, e il suo sguardo infantile e il suo viso patito e smunto
erano tutto pensosi.
— Ebbene, ripigliava con calore Maurilio, in quei momenti comunicava col
tuo spirito rinchiuso in questa tua carne lo spirito di tua madre. Se
l'esserci incontrati noi due ieri sera nel fango di quella ignobile
strada dove tu piangevi, potrà esserti un giovamento nella vita, siccome
io spero, tu ne dovrai ringraziare l'anima di tua madre. Essa fu che ti
pose sui miei passi, come la ignota madre mia mi condusse un giorno
dinanzi quel generoso che doveva destare alla vita la mia intelligenza:
e forse in questo istante le due anime pietose delle madri nostre sono
qui stesso che ci guardano, che ispirano in me l'affetto che mi detta
queste parole, in te quella commozione che t'impallidisce le guancie.
E l'occhio lucente di Maurilio si levava in alto, come a mirarvi i due
spiriti delle morte donne che aleggiassero sopra di loro; e le pupille
dilatate del fanciullo guardavano ancor esse fisse nello spazio incerte
ed immote, quasi vedessero anche loro aperto innanzi a sè il mondo delle
visioni ultraterrene.
— Luca: soggiunse con inesprimibile efficacia nell'accento il nostro
protagonista; io t'insegnerò per prima cosa quello che è uno dei
principali tuoi doveri: rispettare ed amare la memoria di tua madre.
T'insegnerò a pregare per lei, ed a pregar lei che t'assista. Le
preghiere dei sopravvivi giovano ai morti, e le preghiere della madre
morta placano la ferocità del destino pei figli, ottengono alla loro
anima la forza e la virtù. Forse ti avranno insegnato a pregare i santi,
perchè essi intercedano fra le nostre miserie e la grandezza di Dio; il
migliore di siffatti intercessori è l'anima di nostra madre.
In questo punto l'uscio si aprì vivamente ed entrò la Rosina, commossa,
cogli occhi inumiditi da due lagrimette. Ella era madre, la sua natura
era la più amorevole e pietosa; come avrebb'ella potuto ascoltare i
discorsi di Maurilio senza commoversi?
Ebbe rimorso della poca simpatia che aveva provato sino allora per quel
giovane melanconico e taciturno; e sentì quasi l'obbligo di farne subita
e manifesta ammenda. Senza curarsi punto di rivelare l'indiscrezione da
lei commessa nell'ascoltare dietro l'uscio, Rosina irruppe nella stanza
colla mano tesa verso Maurilio attonito a quella brusca interruzione.
— Bravo! Esclamò essa. Bravissimo! Queste sono belle parole e questi
sono bellissimi atti. La sua è una santa opera, e il buon Dio ne la
ricompenserà di sicuro.
Ed ecco che essa non aveva ancora finito di parlare quando sopravvenne
un fatto che pareva volerla pienamente contraddire, chi volesse cercare
negli avvenimenti immediati della vita terrena l'azione della giustizia
divina.
Una forte scampanellata data con mano robusta e che annunziava la
maggior premura del mondo, fece accorrere Rosina all'uscio del
quartiere. Vide affacciarsi un uomo a faccia sospetta e dietrogli nel
pianerottolo quattro altri individui con faccia non meno sospetta di
lui.
— Che cosa cercano? Domandò Rosina con aria niente affatto
incoraggiante, mettendosi fra i due battenti ad impedire il passo a
chicchessia, e pronta a richiuder bruscamente l'uscio sul muso a chi si
volesse avanzare.
— Cerchiamo tante cose: rispose con un dubbio sogghigno l'uomo che
veniva il primo; ma perchè le possiamo trovare, conviene che Ella ci
lasci venir dentro.
La moglie di Vanardi, che era la più coraggiosa donna del mondo, scosse
fieramente la testa.
— No signore. Non li lascierò entrare finchè non mi avranno detto chi
cercano e che cosa vogliono.
— Bene: rispose di nuovo quel medesimo che aveva parlato prima; abbiamo
da parlare ai signori Bigonci e Nulla, e quello che vogliamo lo diremo
loro.
Ma la donna inesorabile:
— Il signor Bigonci non c'è; il signor Nulla è occupato; mi dicano chi
essi sono e allora.....
— Oh quante ciancie! Esclamò quell'uomo impazientito. Ci lasci entrare
in nome del Re! Io sono impiegato di Polizia, e questi sono carabinieri
travestiti.
La Rosina, che si aspettava tanto a siffatta risposta, quanto a vedersi
cascare il fulmine tra' piedi, gettò un grido di meraviglia e si fece
indietro di un passo spaventata.
Poliziotto e carabinieri entrarono.
Antonio Vanardi che si stirava tranquillamente le braccia, destatosi
allor'allora dal sonno con cui aveva compensalo le ore perdute nella
notte, vide ad un punto entrargli in camera la moglie esterrefatta
dicendogli con voce tremante: — C'è la Polizia, ci sono i
carabinieri.... Cercano di Maurilio e del cantante.... Vieni presto di
là....
Il buon pittore fece un sobbalzo nel letto e divenne più bianco delle
sue lenzuola e più tremante di sua moglie.
— La Polizia! Balbettò egli. Misericordia! Sono venuti per
arrestarci.... Ah! lo sapevo che la doveva finire a questo modo.
— O Santo Dio! Sclamava la Rosina, giungendo le mani. Che cosa avete
dunque fatto?... Mi pareva bene che le vostre misteriose combriccole
avevano qualche cosa di losco....
— Zitto! Zitto!... Hanno dimandato anche di me?
— No, finora.
Vanardi mandò un respiro e si cacciò ben bene sotto le coltri.
— Se ne domandano, di' loro che son malato, molto ammalato.... Io
frattanto non mi muovo di qua.
Il poliziotto e i carabinieri s'erano messi a frugare e rifrugare
dappertutto, cominciando dalle robe di Medoro Bigonci che s'erano fatte
rammostrare per prime; ma il baule del povero cantante era il più
innocente che si potesse trovare, e non la menoma carta sospetta, nè il
più piccolo libro proibito compensò i carabinieri della loro fatica.
Passarono quindi alle cose che appartenevano agli altri giovani amici,
ma la prudenza li aveva consigliati opportunamente a non custodire
presso di sè nessun documento, nè oggetto qualsiasi pericoloso, e i
carabinieri non poterono sequestrare che lettere indifferenti e
manoscritti di tentativi ed abbozzi letterari.
Vennero poscia allo stipo in cui Maurilio aveva riposte le poche sue
robe.
— La chiave di questa serratura? Domandò imperiosamente l'agente di
Polizia.
Maurilio assisteva a quell'avvenimento con una impressione d'allarme che
non sapeva e non cercava nemmanco dissimulare. Il suo era chiaro e netto
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