La plebe, parte II - 10

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aspettandola; Quercia si era seduto comodamente presso al camino e colla
maggior agiatezza del mondo giuocherellava colle molle aggiustando di
quando in quando la legna sul focolare per farla ardere più vivacemente;
i servi erano aggruppati in un angolo e mostravano nelle fisionomie la
meraviglia e il turbamento che loro ispiravano quei fatti; però fra quei
servi non trovavasi Bastiano il portinaio; il carabiniere stava dritto
come una sentinella alla porta. Il signor Giacomo entrò primo, poi i tre
carabinieri che col loro compagno si schierarono in fila innanzi
all'uscio, ultimo venne Barnaba il quale, camuffato come era, si recò
nella strombatura d'una delle finestre volgendo le spalle alla luce.
— Ancora l'uomo dal mantello! Disse Quercia fra sè. Gli è evidente che
tutto quello studio di nascondere la sua grinta è cagionato dalla mia
presenza. Il portamento della persona mi è affatto ignoto... Qui sotto
c'è qualche mistero che bisogna ch'io penetri.
La madre di Francesco, vedendo entrare quell'uomo coi panni da borghese
ed avvisando che esso fosse la persona più autorevole di quella brigata
poliziesca, si slanciò verso di lui colle mani giunte e con infinita
supplicazione nell'aspetto, nello sguardo, nell'accento della voce.
— Oh per carità, mi renda mio figlio..... Mio figlio è innocente.....
Egli non è capace di far male nessuno..... No non è capace..... O mi
dica almeno qual è la sua colpa.
Barnaba rimase impassibile, senza fare un moto nè dare pure una voce di
risposta. Il brigadiere dei carabinieri si avanzò.
— Parli meco, se le aggrada: diss'egli. Quanto alle cause dell'arresto
di suo figlio, possiamo dirle soltanto che gli è per ragione di Stato.
— O mio Dio! Esclamò la signora Teresa spaventata.
Suo marito, per calmarne lo sgomento, disse allora con ispiccata
espressione:
— Qualunque sieno le accuse che si vogliano fare a Francesco, questo so
di certo, che non potranno avere nessuna prova da convalidarle.
— Gli è ciò che vedremo: soggiunse il brigadiere. Intanto, siccome
abbiamo fondate presunzioni che queste prove si debbano trovare,
prevengo le signorie loro che noi faremo le più minute ricerche in tutti
i locali di questa casa ed anche addosso alle loro persone.
Luigi Quercia si drizzò di scatto come spinto da una molla.
— Per Dio! Esclamò egli con impeto. Questo è ciò che non tollereremo....
In quella entrava Maria sollecita. Aveva il petto ansimante, le guancie
arrossate, sugli abbondanti suoi capelli, cui non aveva avuto tempo di
riparare nemmeno con un velo, ancora alcuni fiocchi di neve cadutile su
nell'attraversare il cortile, ma aveva eziandio l'aria soddisfatta di
chi ha eseguito con pieno successo una importante commissione. Il
dottore fissò su di lei i suoi ardenti occhi neri, che contenevano una
interrogazione; ella rispose con una intelligente occhiata, che diceva:
— tutto è andato a seconda; rassicurò suo padre con un sorriso e si recò
presso la madre, a cui strinse significantemente la mano.
Quercia continuava con maggior vigore:
— Difenderemo da simile oltraggio queste signore; difenderemo la nostra
stessa dignità.
— Signore: rispose il brigadiere, a cui le parole di Gian-Luigi e
l'aspetto di naturale autorità onde s'avvantaggiava la bella di lui
figura imponevano assai. Certo duole anche a noi, ma Ella sa che noi
siamo stromenti e dobbiamo obbedire.
Ma Barnaba vide in codesto una bella occasione di ottenere quello scopo
ch'egli desiderava cotanto: l'arresto del dottore medesimo e una
conseguente perquisizione nel quartiere dall'elegante giovane abitato ed
in quell'altro che la Polizia sapeva essere segretamente da lui tenuto
per ospitarvi i misteri delle sue molte avventure galanti. Egli si
accostò quindi al brigadiere e gli insinuò nell'orecchio alcune parole.
Il brigadiere chinò la testa in atto affermativo, e mentre Barnaba
ritornava al luogo che occupava dapprima presso la finestra, riprese a
dire con più risolutezza al giovane che gli stava fieramente dinanzi:
— Noi dobbiamo obbedire: ed Ella avrà la pazienza di prestarsi primo a
quest'operazione.
Gian-Luigi si trasse indietro d'un passo, incrociò le braccia al petto,
aggrottò le sopracciglia e i suoi occhi lampeggiarono.
— Io?... E se mi vi rifiutassi?
— Adopreremmo la forza.
Il volto di Quercia arrossì pel sangue che tumultuosamente vi corse:
sulla sua fronte si disegnò quella linea fatale che l'attraversava nei
momenti di violenta passione del suo animo. Il suo aspetto era davvero
terribile ed imponente, come quello di un coraggio impareggiabile
accompagnato da una forza degna di esso.
— Giuro a Dio! Esclamò Gian-Luigi con uno scoppio tremendo di voce; e si
atteggiò in una positura minacciosamente aggressiva, che si sarebbe
potuta paragonare a quella del leone che sta per islanciarsi addosso al
suo nemico. Il brigadiere indietrò recando la mano all'elsa della sua
sciabola, e i carabinieri gli vennero a costa in atto di difesa.
Maria, spaventata, per atto irriflessivo, spinta da quel suo cuore
sensibilissimo, si slanciò davanti al giovane, quasi a fargli riparo.
— Per carità, signori! Esclamò essa pallidissima in volto, ma fatta
indicibilmente bella dalla sua emozione.
In Gian-Luigi l'uragano era già passato, la violenza era domata. La sua
fronte era di nuovo liscia e placida come prima, sulle guancie era
tornato il suo colorito naturale, sulle labbra il tranquillo sorriso;
nello sguardo soltanto, chi sapesse osservare avrebbe scorto tuttavia
qualche cosa di duro, di implacato, quasi direi, di feroce.
Prese egli con garbo la piccola mano di Maria e glie la strinse con
affetto; poscia, gentilmente traendola in disparte, le disse colle note
più soavi di quella sua voce che sapeva mirabilmente temperarsi ad ogni
espressione:
— Perdoni, madamigella, se il mio troppo impetuoso umore non ha saputo
frenare questo subito scoppio. — Si volse al signor Giacomo ed alla
signora Teresa e soggiunse: — Perdonino tutti e si rassicurino, chè per
causa mia non avverrà nessuno scandalo in casa loro.
Fece alcuni passi verso i carabinieri che non avevano ancora smessa
l'attitudine bellicosa, e disse con aspetto tutto piacevole:
— Con voi non la ho il meno del mondo, brava gente, che siete soltanto
esecutori materiali di ordini, di cui non avete la responsabilità....
S'accostò a Barnaba che stava sempre rincantucciato nella strombatura
della finestra:
— Gli è a Lei, signore, che io mi rivolgo: continuò. Ella è certo
qualche cosa di più che un cieco stromento d'una volontà altrui; ed Ella
deve capire che un uomo mio pari non si sottopone gratuitamente ad uno
sfregio come quello di che mi si minaccia.
Barnaba rimase immobile.
— Non è certo con nessuna materiale resistenza ch'io voglia oppormi a
codesto, ma gli è colle buone ragioni. Mi conceda Ella un colloquio di
pochi minuti, e sono sicuro di convincerla dell'inopportunità, per non
dir peggio, di siffatto provvedimento.
Il poliziotto non disserrò menomamente le labbra, non iscoprì punto nè
poco il suo volto, ma fece un segno negativo colla testa.
Allora Gian-Luigi gli voltò disdegnosamente le spalle e parlò ai
carabinieri.
— Sarà come si vuole. Ma badate che un simile oltraggio a cittadini
onoratissimi come i signori Benda, ad un buon suddito di S. M. come mi
vanto d'esser io che mi onoro dell'amicizia di molti fra i più
considerevoli personaggi del Regno, è un atto gravissimo; e badate che
io di tanto arbitrario eccesso farò tosto e direttamente i richiami al
vostro comandante, il generale conte Barranchi che è di quelli appunto i
quali mi onorano della loro stima e famigliarità.
Queste parole, più d'ogni altra precedente, fecero effetto sui
carabinieri, i quali esitarono con manifesta perplessità.
Barnaba stava per invigorire la loro decisione con nuovo suo interporsi,
quando un altro grave incidente venne ad interrompere quella scena.
Un uomo vestito da popolano, ma colla faccia da guardia di polizia si
precipitò nella stanza.
— Signore, diss'egli a Barnaba; un cotale fuggiva per una porticina che
dà sui campi dietro la fabbrica; lo abbiamo inseguito, raggiunto ed
arrestato.
Barnaba mandò una sommessa esclamazione di soddisfacimento, e di sotto
la tesa del cappello fece sgusciare uno sguardo di trionfo verso il sig.
Giacomo, quasi per dirgliene: — Ecco la mia rivincita. Il sig. Giacomo,
egli, impallidì; la povera signora Teresa si lasciò cader seduta
mandando un gemito; Maria si torse convulsivamente le mani; Quercia si
morse il labbro inferiore, ma il suo aspetto non perdette nulla affatto
della sua sicurezza e della sua aria di imperiosità.
— Dov'è? Domandò Barnaba a voce bassa all'agente vestito da borghese.
— L'abbiamo qui sotto. Vuol vederlo?
Barnaba fece un segno affermativo, e il birro si allontanò di fretta.
Un minuto dopo entrava in quel salotto, in mezzo a quattro guardie
travestite, Giovanni Selva.
Questi e Maria, che lo guidava per mano, avevano attraversato correndo
il cortile e s'erano introdotti nell'officina. Là, per la via più corta,
attraversando uno dei laboratoi, sempre di corsa, la ragazza aveva
condotto il compagno alla porticina che era meta dei loro passi. Ma la
serratura dell'uscio era chiusa colla chiave, e questa non era nella
toppa. Maria corse nel più vicino dei laboratorii: e gridando quanto più
poteva per superare il fracasso dei varii lavori che facevano le lime ed
i martelli, domandò agli operai:
— La chiave della porticina?... Chi ha la chiave?... Presto per amor di
Dio!
Gli operai dapprima non compresero le parole della giovanetta; ma videro
l'ansietà e l'affanno così vivamente espressi nella fisionomia di lei,
che smisero un momento il loro lavorare per poter udire che cosa ella
dicesse.
Maria ripetè la sua domanda.
I più non ne sapevano nulla e si consultavano tra di loro, dicendo
dev'esser qua, dev'esser là; intanto il tempo passava con inesprimibile
e dolorosa impazienza della ragazza.
— Ne chieda al capo-fabbrica: disse uno finalmente, e Maria, che
comprese quello essere il migliore dei suggerimenti, corse nello
stanzino occupato di solito dal direttore degli opificii.
Per fortuna egli vi si trovava; e Maria col respiro affannoso, colle
parole tronche, fece la sua richiesta. Quella era per sè così strana e
fatta inoltre così stranamente che il capo-fabbrica non potè tenersi dal
provocare qualche spiegazione; ma la ragazza con impeto impaziente
interruppe:
— Presto, presto..... Si tratta di salvar Francesco.... Lo hanno
arrestato.... Bisogna far fuggire il suo amico colle carte.... Sono già
al portone i carabinieri....
Il capo-fabbrica non capì bene che fosse avvenuto, ma vide che si
trattava di cosa premurosa. Senz'altra osservazione si alzò e corse ad
aprire la porticina.
Giovanni lanciò uno sguardo al di fuori, nei campi tutto bianchi di neve
non si vedeva il menomo segno di anima viva. Strinse egli la mano a
Maria e le disse:
— Ora Francesco non correrà più nessun grave pericolo. Si tranquilli,
madamigella, e tranquilli anche la mamma.
Poi uscì di buon passo, mentre gli altri richiudevano la porticina alle
sue spalle.
— Che cos'è ciò ch'Ella mi dice? Domandò con sommo interesse il
capo-fabbrica a Maria. L'_avvocatino_ arrestato? I carabinieri che sono
al portone!
— Sì, sì.... Domandano del papà.... Purchè non vogliano arrestare anche
lui!.... A quest'ora saranno già entrati.... Io corro presso la mamma,
che è tutta sottosopra.
E tornò di volo vicino ai suoi parenti.
Il capo-fabbrica, onestissimo e risoluto uomo, devoto oltre ogni dire al
suo principale, a cui doveva tutto, rimase perplesso e turbato
profondamente.
— Hanno arrestato sor Francesco! Diss'egli tentennando il capo. Vogliono
arrestare anche il padrone!... Che si abbia anche da veder questa?...
Diavolo! Diavolo!
Ed entrò colla faccia tutto stravolta nelle officine dove gli operai,
fra i quali quella notizia era corsa colla rapidità con cui prende fuoco
una striscia di polvere da mina, avevano smesso il lavoro e stavano
animatamente discorrendo in crocchi più o meno tumultuosi, in mezzo a
cui si distinguevano appunto i capi dei laboratoi.
Selva intanto si era avviato di buon passo in linea retta davanti a sè
con non altro intendimento che quello di allontanarsi il più presto da
quel luogo e di ridursi quindi per un lungo circuito in città, dove
avrebbe poi pensato in qual più sicuro nascondiglio andare a riporre i
libri e le carte che aveva presi nella scrivania di Francesco.
Ciò di che più si rallegrava era di aver sottratto il manoscritto di
Mario Tiburzio, e mentre camminava affondando le sue gambe fin sopra al
polpaccio nella neve che copriva i campi, egli veniva scorrendo cogli
occhi quella pericolosa scrittura che avrebbe bastato a far condannare
alla galera qualunque l'avesse posseduta.
Ad un tratto gli parve udire dietro sè rumor di gente che si muovesse.
Si volse e vide due uomini che con lunghi e solleciti passi, l'uno da
destra e l'altro da sinistra venivano verso di lui traverso il campo.
Quantunque non avessero divisa, Selva capì tosto che quelli erano birri;
e senza aspettar altro prese la corsa con quanta più rattezza gli
concedeva l'ostacolo dell'alta neve in cui affondavano i suoi piedi.
— Ferma, ferma: gridarono i birri, e giù a correre ancor essi, cercando
di venirgli a tagliare diagonalmente la strada.
Ma Giovanni, oltre l'altezza della neve, aveva un altro impaccio al
correre, ed era quello dei libri di cui teneva parte nelle tasche, e
parte sotto il braccio. Non tardò egli ad accorgersi che uno di quegli
sgherri, più lesto ed aitante, stava per venirgli a tagliare il passo
nella direzione che aveva presa; pensò sfuggirgli con una svolta, e
girando a sinistra cambiò direzione con una diagonale. Vide allora che
due altri birri travestiti, chiamati dalle grida dei primi, accorrevano
sulle sue traccie di modo da serrarlo per quattro lati: e capì che il
salvarsene sarebbe stato un miracolo.
Barnaba era troppo esperto nel suo mestiere per non aver proceduto nella
sua missione con tutte le possibili cautele. Mentre egli con quattro
carabinieri si disponeva a presentarsi all'entrata principale della casa
e degli opifici del Benda, avuti a sè una mezza dozzina di quelle
guardie di polizia che allora il popolo chiamava gli _arcieri_, ordinava
loro che, appostandosi acconciamente sì da poter gli uni venire all'uopo
in aiuto degli altri, sorvegliassero con cura tutte le uscite dello
stabilimento.
Giovanni Selva, mentre i quattro _arcieri_ già già gli erano sopra, vide
ancora gli altri due che scantonavano di dietro l'edifizio
dell'officina. Si fermò ansante, perduta ogni speranza; e nel capo, in
cui il sangue tumultuosamente saliva a turbargli il cervello, si sforzò
ad evocare un'idea di quello che fosse da farsi. Glie ne nacque una ad
un tratto: distrurre quella carta che teneva ancora in mano. Avesse egli
pensato di subito a lacerarla in minutissimi pezzi e gettarla sparsa per
la neve del campo! Volle eseguire allora quel proposito; ma non era più
a tempo. La mano pesante d'uno degli _arcieri_ si posò sulla sua spalla,
e in un attimo Giovanni si vide circondato dai brutti musi di tutti sei
quegli sgherri. Egli spiegazzò colle mani i due fogli ond'era composto
lo scritto di Mario, e fattane una pallottola, convulsamente la serrò e
tenne chiusa nel pugno della mano destra.
— Alto là! Gridò quello degli _arcieri_ che aveva afferrato Giovanni ad
una spalla. Lei non ci scappa più.
E due altri dei birri lo presero al petto del soprabito.
— Che modo gli è questo? Disse il giovane divincolandosi per liberarsi
dalla presa di quelle manaccie. Chi siete? Che mi volete voi?
Quegli che pareva il capo di quella schiera, rispose:
— Siamo agenti della Sicurezza Pubblica, e vogliamo arrestarla.
— Arrestarmi! Con qual diritto? Per qual ragione?
— Qual diritto? Quello che ci dà la nostra qualità e gli ordini che
abbiamo ricevuti. La ragione? Eh forse ne saprà qualche cosa più di noi
Lei che ci scappava con tanta premura. Orsù; non facciamo ciarle e venga
con noi.
Nel divincolarsi erano caduti per terra i libri che Giovanni teneva
sotto il braccio; uno degli _arcieri_ li raccolse. Quelli che avevano
afferrato Selva pei panni cominciavano a trascinarlo per farlo
camminare.
— Dove mi conducete? Domandò il giovane resistendo.
— Lo vedrà: rispose villanamente il capo degli _arcieri_. Avanti, animo,
_marche_!
E tenuto così, come un assassino, in mezzo ai sei birri, fu egli tratto
alla casa dei Benda, dove, secondo che ho narrato, venne introdotto nel
salotto in cui erano gli altri personaggi che sappiamo.
Appena entrato, Selva gettò sulla famiglia del suo amico e su Quercia
uno sguardo che voleva dire: — Io non ci ho colpa.
Il capo dei birri si avvicinò a Barnaba e gli mostrò i libri che avevano
preso al fuggitivo. Barnaba fece un segno di approvazione, e parlò a
bassa voce coll'_arciere_.
— Domando che non mi si tenga oltre afferrato come un malfattore: disse
Giovanni con voce fremente d'indignazione.
Il capo _arciere_ a cui Barnaba aveva finito di parlare venne presso
all'arrestato, e senza rispondere pure una sillaba alle parole di lui,
mentre gli altri lo tenevano più stretto che mai alle braccia ed ai
panni, si pose a frugarlo in ogni tasca con una lestezza singolare.
Trasse fuori gli altri libri e tutte le carte che Giovanni aveva in
tasca; e le faceva passare man mano a Barnaba, il quale gettava uno
sguardo sopra ogni cosa e poi la rimetteva ad un arciere.
Giovanni sbuffava, ma tenuto strettamente da due uomini robusti non
aveva modo di far efficace resistenza.
Quando ebbero finito di vuotargli le tasche, uno degli _arcieri_ che lo
tenevano disse al suo superiore:
— Egli tiene chiusa in pugno una carta.
— Ah ah! Bisogna averla. Signore, non faccia la pazzia di resistere e ci
dia quella carta di buon accordo.
Selva non disse motto, ma serrò più convulsamente il pugno. Gli
_arcieri_ gli presero il braccio e con tutta la loro forza cercarono di
aprirgli la mano, ma inutilmente.
Gian-Luigi tornò a sedersi con tutta tranquillità presso il camino, come
se quella scena non avesse per lui il menomo interesse; e colle molle
che non aveva cessato di tener fra mano, si diede a percuotere sui
tizzoni eccitando più vivace la vampa. Giovanni capì quell'indiretto
suggerimento. Raccolse tutto il suo vigore in uno sforzo supremo; si
spinse innanzi con moto improvviso e inaspettato a quelli che lo
tenevano, con una violenta strappata liberò il suo braccio dalla stretta
dei due arcieri, lanciò la pallottola di carta verso il focolare.
Impacciato com'era, Selva non la potè gettar giusto sul fuoco; la palla
cadde presso gli alari; ma Quercia come se non aspettasse altro, con
moto più ratto del pensiero, senza scomporsi menomamente, senza volgersi
nemmanco, la prese colle molle e la pose rattamente dove più vive erano
le fiamme.
Giovanni in quello sforzo, in quel moto violento che aveva fatto erasi
inciampato nelle gambe degli _arcieri_ che gli stavano addosso ed era
caduto sul tappeto del pavimento. Ciò stesso fece ostacolo ai birri per
correre presso il camino. Ma Barnaba, che con infinito interessamento
porgeva attenzione a questa scena, visto bruciare quella carta, che di
sicuro doveva essere importantissima, obliò un istante le cautele usate
sino allora per nascondersi.
— Sul fuoco! Sul fuoco! Prendetela! Gridò egli colla sua voce naturale:
e siccome i birri e i carabinieri, impediti nel passo da Giovanni caduto
che si rialzava, non poterono così rattamente slanciarsi al camino
com'era necessario, Barnaba stesso si fece innanzi d'un salto per
disputare alle fiamme la preziosa preda.
Ma in quella, Quercia si drizzò in piedi innanzi al camino colle molle
in mano che stringeva come un'arma, si volse colla faccia più innocente
del mondo e domandò coll'accento d'uomo che non avesse visto nè udito
nulla di quello che era successo:
— Che cosa c'è?
Barnaba e Gian-Luigi si trovarono a fronte meno che ad un passo di
distanza. Al primo, in quel movimento impetuoso che aveva fatto, era
caduta la falda del mantello dalla faccia, e Quercia ne potè vedere un
istante i lineamenti scoperti, come ne aveva udita senz'alterazione per
poche parole la voce. Nè questa, nè quelli Gian-Luigi si prometteva che
avrebbe obliato mai più. L'agente di Polizia non rispose nulla al
dottore; la carta era consumata; egli si coprì di nuovo il volto col
mantello e si ritrasse chetamente nel cantuccio appena abbandonato un
istante.
— Lo scellerato! Il birbante! Urlavano gli _arcieri_ incolleriti,
venendo addosso a Giovanni coi pugni.
— Per carità! Esclamarono Maria e Teresa a cui si strinse il cuore alla
vista dei mali trattamenti onde era fatto segno l'amico di Francesco.
E Gian-Luigi, facendosi innanzi con tutta l'autorevole imponenza d'un
marchese del secolo scorso che si preparasse a castigare i suoi lacchè,
gridò fieramente:
— Olà, mariuoli, volete smetterla, o ch'io, dietro rapporto a chi di
dovere, vi faccio gustare un po' di ferri...
I birri si volsero inveleniti verso il dottore; ma anche su di loro fece
effetto quella sembianza di autorevolezza; borbottavano però qualche
insolenza e qualche minaccia, quando frettolosi entrarono nel salotto,
non senza turbamento nel volto, i due arcieri che erano rimasti nelle
anticamere. Dietro di essi pervenne colà il rumore caratteristico d'una
massa di gente che tumultua.
— Che cosa c'è? Domandò il capo dei birri ai suoi due subordinati che
entravano così precipitosamente.
— Tutti gli operai della fabbrica, armati di stanghe, di leve e di
martelli, accorrono qua minacciosi.....
— Oh oh! Ribellione alla forza pubblica: disse il brigadiere dei
carabinieri, aggiustandosi al petto la tracolla che gli sosteneva la
sciabola. Badi signor Benda che codesto non vorrà avantaggiare le sue
condizioni... Al contrario!...
Egli non aveva finito di parlare che sboccavano nel salotto impetuosi
gli operai in attitudine tutt'altro che pacifica, e primi innanzi a
loro, come duci, Bastiano il portinaio, il direttore della fabbrica ed i
capi dei laboratoi.
— Signor Benda: cominciò senz'altro il direttore; siamo venuti a vedere
che cosa si vuole da Lei, e se mai qualcheduno osa venire in casa a
farle delle prepotenze; chè noi codesto, alla croce di Dio, non lo
tollereremo mai.
— No, non lo tollereremo, urlarono una ventina di voci dietro i capi; e
il grido si ripercosse nella camera vicina dove si assiepavano quelli
degli operai che non avevano potuto intromettersi nel salotto ancor
essi.
L'invasione degli operai aveva modificato la positura dei varii gruppi
di persone che colà si trovavano. I carabinieri e gli arcieri s'erano
raccolti insieme a fare quasi una siepe all'agente di Polizia che li
guidava; i servi, rimasti appartati sino allora, s'erano riuniti agli
operai che ingombravano la porta; la famiglia Benda s'era aggruppata
innanzi al fuoco; Gian-Luigi si trovò in mezzo al salotto, ed al suo
fianco Giovanni, cui gli sgherri avevano abbandonato per ritirarsi più
in là insieme coi carabinieri.
— Tiburzio è compromesso? Bisbigliò rattamente Quercia all'orecchio di
Selva, senza che alcuno ci badasse.
— Sì: rispose nella guisa uguale Giovanni.
— Ah ah! Va bene.
Ma come era egli avvenuto che gli operai si presentassero a quel modo in
difesa del loro principale, non peritandosi innanzi ad una specie di
rivolta contro la forza pubblica?
Torniamo indietro di qualche minuto, al momento in cui il direttore
degli opifici, dopo aperta la porticina e dopo che Maria, dettogli
quelle tronche parole, l'aveva lasciato, entrava nei laboratoi, dove
trovava gli operai già tutti sottosopra per le sparsesi novelle. Vedremo
fra i lavoratori medesimi manifestarsi certi screzii ed appalesarsi
contro i sentimenti del maggior numero una minoranza, e potremo così fin
d'ora conoscere alcuni germi che daranno in futuro tristo frutto di
dolorosi avvenimenti, di pericoli e di danno per la prosperità finora
cotanta, e tanto meritata, della casa Benda.


CAPITOLO XI.

Al vedere entrare il direttore della fabbrica, la maggior parte degli
operai gli si fece incontro, e primi i capi dei laboratoi.
— Che cosa è successo? Domandarono tumultuosamente in più, circondando
il nuovo venuto. È egli vero quel che si dice? Ci sono i carabinieri che
vogliono arrestare il principale, che vogliono far chiudere la fabbrica?
Il direttore disse loro quel tanto che aveva appreso dalle poche e
confuse parole di Maria: che cioè il figliuolo del principale era già in
carcere e che la forza pubblica aveva invasa l'abitazione dei Benda per
menarne imprigionato anche il capo della famiglia.
Gli operai aggruppati intorno al direttore risposero a quelle
comunicazioni con una viva agitazione. Il figliuolo del padrone,
l'_avvocatino_, come lo chiamavano, non era loro famigliare di molto;
aveva egli poche attinenze con essi e raramente lo vedevano ed avevano
occasione di parlargli; ma tutti coloro che l'avevano accostato erano
rimasti presi dalle affabili di lui maniere, ed anche molti di quelli
cui non era avvenuto di parlargli mai, solo al vederlo, avevano provato
quell'influsso di simpatia che esercitava in quasi tutti la franca,
sorridente, e leggiadra fisionomia del giovane. Oltre ciò tutti sapevano
quanto amore avesse il signor Benda per suo figlio, ed il dolore che in
tale occasione provava il principale, per quelli operai che lo amavano
di molto, era potentissima cagione di commuoverli; ma non bastava, gli
era il principale medesimo di cui la libertà era minacciata, e qui,
all'affetto si congiungeva, per turbarli, la ragione dell'interesse, che
è il movente più efficace delle azioni umane. Diffatti, tutti si
domandavano che cosa avverrebbe di loro se, tratto il principale in
carcere, si dovessero chiudere gli opifici.
— Questo è un iniquo sopruso, questa è una prepotenza intollerabile,
questa è una birbanteria: gridavano in parecchi colla concitazione dello
sdegno. L'_avvocatino_ è il più buon giovane della terra; il padrone è
l'onestà in persona, è quello che dà pane a tutte le nostre famiglie. Se
si trattano i galantuomini come i ladri e gli assassini, dove andremo
noi a finire?
Il susurro cresceva come una marea che monta. Tutti avevano abbandonato
i loro posti, e in mezzo al più vasto dei laboratoi si agitavano braccia
nerborute e si corrugavano faccie minacciose annerite dal fumo dei
fornelli; ma forse tutto si sarebbe rimasto a quel rumore inefficace, se
Bastiano, su quelle polveri raccolte, non fosse venuto a recare la
scintilla della sua indignazione più viva di quella d'ogni altro. La
maggioranza degli operai amava la famiglia Benda, per cui mezzo aveva
lavoro e giusta retribuzione; più della comune l'amavano i capi-operai
che il principale aveva fatti partecipi ad una parte dei proventi; più
di questi ancora l'amavano il direttore e il sotto-direttore della
fabbrica più specialmente consociati all'andamento dell'impresa e che
quindi andavano debitori d'una certa agiatezza al signor Giacomo; ma più
di questi e di quelli e di tutti era affezionato e divoto a quella
famiglia il grande e grosso Bastiano.
Egli entrò nell'officina coll'impeto d'una catapulta e coll'autorità
d'un colonnello che va a porsi a capo del suo reggimento. Scuoteva colla
mano destra il suo poderoso bastone; aveva gli occhi pieni di fuoco e le
labbra piene di minacciose imprecazioni; possedeva quell'aspetto di
forza, quella voce potente, quell'audacia di risoluzione e sopratutto
quell'ardore di volontà e di convincimento onde sono vinte e trascinate
le masse. La sua eloquenza fu quella di un cannone che spara: una vera
mitraglia di giuraddio. Che sarebbero stati peggio di femminette a
tollerare che sotto gli occhi, di mezzo a loro, si venisse a portar via
il padrone; che di prepotenze non se ne aveva da sopportare; che la
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