La plebe, parte II - 06

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altrove senz'affettazione il suo volto e credette di potere lasciar
trapassare l'elegante cavaliere, senza favorirlo altrimenti d'una
occhiata; ma quando egli fu proprio all'altezza della carrozza in cui
ella si trovava, fece corvettare il suo cavallo che parve inalberarsi e
imbizzarrire. La compagna di Virginia mandò una lieve esclamazione; la
giovane non ci potè reggere e si volse a guardare. Gli occhi loro
s'incontrarono nuovamente: poi egli raccolse le briglie, eccitò cogli
sproni il destriero che si slanciò avanti e passò. Fu un lampo; ma la
prima impressione ricevutane senza che Virginia punto se ne accorgesse,
era in lei ribadita.
— Quasi mi ha fatto paura: disse l'amica di Virginia sorridendo; ed ho
avuto torto, perchè il sig. Benda è uno dei più abili cavalieri della
nostra città.
Virginia non disse parola, ma dopo un momento di silenzio, domandò con
indifferenza quasi sbadata:
— Tu lo conosci di molto?
— Chi? Il signor Benda?
La ragazza fece col capo un cenno affermativo.
— Mio marito lo tratta con una certa famigliarità. Egli viene qualche
volta a casa nostra. Mi porta tutte le nuove composizioni che fa, e me
le suona egli stesso. Se tu le udissi eseguite da lui, quelle coserelle
acquistano ancora maggior valore. Sa dare loro un'espressione, un
sentimento!... È un buonissimo musico, ti assicuro... To, un giorno o
l'altro, se ti piace, te lo voglio far sentire.
— Mi farai piacere; rispose tranquillamente Virginia.
Quel giorno medesimo, venuto il vespro, la nobile ragazza, rinchiusasi
nel suo salottino, dove stava il gravicembalo su cui soleva studiare e
da cui cercare il diletto di qualche ora della sua giornata, suonava con
nuovo e maggior sentimento la romanza il _Crepuscolo_. La notte era
mezzo caduta, e Virginia non aveva voluto alcuna luce. Regnava in quella
stanza lo scuriccio d'una sera quasi invernale. Le bianche mani della
ragazza correvano con tutta agevolezza sui tasti a suscitarne quella
melodia ch'ella sapeva a memoria, ed una languida dolcezza, maggiore
d'ogni altra volta, pareva col suono di quelle note invadere l'anima e
la fantasia della leggiadra suonatrice. In mezzo alle varie e vaghe
immagini che, come di solito, venivano ad aleggiare intorno a lei, una
le si presentava nuova, e più precisa e più spiccata: quella d'un
aitante cavaliero di aggraziate forme e sembianze, del quale parevale
scorgere in quel buio la fiamma dello sguardo.
L'amica di Virginia mantenne la sua parola; ed un giorno fece in modo
che nel suo salotto la nipote del marchese di Baldissero si trovò
insieme col figliuolo dell'industriale Benda. Questi fu modesto, di
tratti forbiti, non timido ma riserbato, e nelle indifferenti parole che
scambiò con Virginia, seppe essere gentile senza volgarità nessuna.
Suonò eccellentemente: poche delle sue composizioni, alcune dei grandi
maestri, alle quali seppe dare sì acconcia espressione che più d'una
volta Virginia sentì batterle più vivamente il cuore e inumidirsele gli
occhi. Quando e' fu partito, la stessa orgogliosissima marchesa di
Baldissero confessò che l'avvocato Benda era un giovane degno _du
meilleur monde_; però soggiunse con quell'altezzoso cipiglio che le era
naturale:
— Ma gli è figlio d'un _petit bourgeois_, un bottegaio, un fabbricante o
qualche cosa di simile.
Virginia si sentì arrossire, si chinò sul pianoforte presso cui si
trovava e da cui il giovane s'era alzato poco stante, e si diede a
sfogliare un quaderno di musica.
— Io lo ricevo come un artista di buone maniere: disse la padrona di
casa, quasi volendo scusare la presenza di quell'intruso nel suo
salotto.
Una certa conoscenza si stabilì fra l'avvocato artista e la famiglia
Baldissero, non tanta che permettesse al giovane di presentarsi come
visitatore nelle sale del palazzo del marchese, ma tale da poter
salutare le signore quando le trovasse per istrada, da parlar con esse
allorchè s'incontravano in qualche pubblico convegno, da visitarle in
palchetto a teatro.
Virginia e Francesco avevano parlato rare volte insieme e sempre di cose
le più indifferenti; ma pure nei loro colloquii avevano avvertita una
certa corrente di simpatia che li assembrava, per cui spesse volte le
idee dell'uno erano quelle dell'altra, e la fanciulla soprattutto non
aveva potuto a meno di notare una certa contenuta emozione che vibrava
nella voce del giovane quando a lei dirigeva la parola. Francesco da
canto suo non aveva potuto osservar nulla in lei che valesse a dargli
l'incoraggiamento d'una menoma speranza a quella passione che oramai lo
possedeva tutto e che non poteva più nascondere; ma tuttavia la
gentilezza con cui la nobile donzella lo accoglieva, parevagli talvolta
alquanto maggiore e più cordiale di quella ch'essa soleva usare con
tutti. L'incidente intravvenuto al ballo dell'Accademia filarmonica,
mercè il turbamento che le pose nell'animo, apprese alla titolata
ragazza che quel giovane borghese erale più caro di quanto ella si
sarebbe pensato, di quanto avrebbe voluto.
Virginia, tornata a casa, non potè trovare il menomo riposo. Alla mente
non le soccorreva alcun mezzo da poter impedire il duello imminente; e
lasciarlo compirsi le sembrava una gran colpa. Sapeva che, avesse anche
tutto confidato allo zio, questi, colle sue idee delicatissime in punto
ad onore, si sarebbe guardato bene dal muovere pure un dito per
distogliere suo figlio da uno scontro stabilito, foss'egli il
provocatore o il provocato. Accolse persino un momento la matta idea di
scrivere essa a Francesco, pregandolo a non dar seguito alla sfida: ma
poi capiva che quest'atto imprudentissimo e non conveniente in lei non
avrebbe nulla rimediato, perchè il giovane non l'avrebbe di sicuro
obbedita, e quando avesse ottemperato alla sua preghiera, ella sentiva
che glie ne avrebbe diminuita la stima. L'oltraggio era veramente tale
che un uomo non lo deve a niun modo tollerare: la si sdegnava, a questo
pensiero, contro suo cugino, il quale aveva commesso atto sì villano: e
si diceva che, secondo le regole di buona giustizia, a lui in un
giudizio di Dio, qual era il duello, avrebbe dovuta toccare la
punizione: poi tosto inorridiva di questo suo pensiero e se ne accusava
come di un gravissimo fallo.
Quando, suonato perchè a lei venisse la cameriera, questa venne a dirle
come e con quali parole ed aspetto Paolina erasi presentata al palazzo a
domandare di lei, Virginia, secondo quello che ho già detto, sentì un
impulso vivissimo a recar subito e di persona conforto a quella misera;
chiamò a sè la governante che soleva accompagnarla ogni qual volta ella
desiderasse uscire senza la zia (e in ciò le si lasciava una certa
libertà) fece attelare la carrozza e venne, come abbiam visto, alla
soffitta del proletario Andrea.
— Oh ch'Ella sia benedetta! Dicevale Paolina, prendendo fra le sue la
mano inguantata della marchesina e baciandola con fervore di
riconoscenza. Sì che la sua visita mi fa bene all'anima ed anco alla
salute.
Poi tosto la povera donna sentì che quest'entusiasmo di gratitudine
verso colei che in quell'occasione non aveva ancora fattole altro
benefizio che di mostrare in mezzo a quella squallidezza lo splendore
della sua avvenenza, poteva sembrare un immeritato oblio, un manco verso
quella pietosa che già avevala più efficacemente soccorsa; laonde
facendo scorrere il suo sguardo verso Maria, la quale si teneva in
disparte, ammirando sinceramente la bellezza della sua antica compagna
di collegio, Paolina soggiunse:
— Ah! ce n'è ancora di anime d'oro sulla terra; e la Provvidenza ha
voluto, nell'eccesso della nostra miseria, mandarcene due.
— Sì: proruppe in quella Andrea colla sua voce rauca e commossa: due
angioli.
Virginia si volse vivacemente verso la sorella di Francesco.
— E il merito è tutto di chi venne per primo: diss'ella con infinita
grazia, facendo un passo verso Maria.
Quest'essa, quasi abbacinata da quell'aspetto, chinò gli occhi, arrossì
e non seppe rispondere che con una riverenza.
Virginia fermò il suo sguardo limpido ed espressivo sulle graziose
sembianze di Maria. Riconobbe che esse non erano nuove per lei, e ad un
tratto ricordò dove le avesse viste e qual nome portasse chi le aveva.
Di botto ella non ebbe più il menomo dubbio che a quel giovane, per la
cui sorte in quel momento ella era in pena, fosse congiunta la fanciulla
che le stava dinanzi. Per moto irriflessivo, fece vivamente alcuni passi
verso Maria, e disse con accento vibrato, come impresso di subita
emozione:
— Ma noi ci conosciamo, s'io non m'inganno. Non fu ella nel _Sacro
Cuore_?
— Sì: rispose Maria a cui questo riconoscimento con voce ed espressione
così cordiali della marchesina produceva un aggradevol sentimento, quasi
di gratitudine.
— Madamigella Benda, non è vero?
— Per l'appunto.
Gli occhi di Virginia balenarono d'un lampo di vero affetto; le sue mani
si tesero tuttedue verso Maria che si affrettò a stringerle con
affettuosa effusione.
— Con quanto piacere la rivedo! Ogni qual volta mi avviene di trovare
alcuna compagna di quel tempo è per me una festa.
Maria non si domandò neppure come avvenisse che essa, a cui nel convento
la marchesina non aveva badato più che tanto ed appena era se
avesse parlato due o tre volte, ora destasse sì viva emozione
nell'aristocratica donzella; ma, buona ed innocente com'ella era, si
commosse per quell'accoglienza, e partecipò di vero cuore a quel
sentimento quasi di tenerezza che si adombrava nelle parole e nel
contegno della sua antica compagna.
— Anche per me: disse Maria un po' confusa; gli è un piacere... Io
veramente sono stata così poco tempo in quel collegio... Ero d'altronde
così bambina ancora!... Ho avuto pochi rapporti con Lei; ma tuttavia
ricordo che fra le _grandi_ Ella era una delle più graziose verso noi
piccole, e mi ricordo sopratutto che la ammiravo già come prima e
migliore di tutte in tutto.
Virginia sorrise con modestia.
— Ella mi vuole insuperbire.
— Oh no: proruppe Maria con quella sua schietta e irriflessiva vivacità;
no, perchè a me non piacciono i superbi.
— Ed ha perfettamente ragione: disse graziosamente la marchesina.
Tacque un istante, e parve cercare una transizione affine di passare a
dir cosa che le importava e per cui non sapeva troppo come cominciare;
poi decisasi ad un tratto, disse sollecitamente, non senza arrossire un
pochino:
— Ella è parente, s'io non erro, del sig. Benda, che scrive così
graziose composizioni musicali?
— È mio fratello: rispose Maria con ingenuo orgoglio.
— Ah!...
Virginia esitò un momentino; poi con leggerezza d'accento che un
osservatore avrebbe conosciuta un po' forzata:
— L'ho veduto questa notte al ballo della _Filarmonica_..... che fu in
verità uno stupendo ballo..... Suo fratello le avrà detto quanta folla
ci fosse...
— Mio fratello non mi ha dello nulla: interruppe Maria sorridendo:
perchè quando sono uscita di casa egli dormiva ancora della grossa.
La marchesina mandò un'esclamazione quasi di gioia, e prese vivamente la
destra di Maria.
— Dormiva? Davvero! Ella è certa che suo fratello non fosse uscito di
casa?
La sorella di Francesco guardò tutto stupita in volto alla sua antica
compagna.
— Altro che certa; rispose. La mamma mi fece parlare e camminar piano
tutta la mattina, per non disturbare sor Francesco.
Virginia mandò un sospiro che pareva la manifestazione d'un sollievo
sopravvenuto all'anima oppressa, e i suoi occhi lampeggiarono
lietamente.
Ma Bastiano che aveva udito il colloquio, si fece avanti in quella con
aria tra impacciata e tra inquieta e disse:
— Scusi, madamigella, mi rincresce contraddirla; ma il fatto gli è che
sor Francesco è uscito quando era appena l'alba..... e mi aveva un
aspetto diverso dal solito che mi diede molto da pensare.
Virginia lasciò andare la mano di Maria e divenne pallida; Maria si
volse vivacemente verso il portinaio:
— Francesco è uscito all'alba?
— Sì signora. Vennero due giovani a prenderlo, e partì con essi nella
carrozza di uno di quei signori.
— Ah mio Dio! Esclamò la marchesina, impalliditasi ancora di più.
— Che vuol dir ciò? Chiese Maria, la quale si accorse del turbamento di
Virginia. Qualche pericolo minaccia forse mio fratello?..... Ed Ella lo
sa!... Oh per amor del cielo mi dica tutto.
— No, non so nulla: incominciò per rispondere la marchesina: ma poi non
essendo ella affatto capace di mentire, inoltre avvisando essere assai
miglior consiglio il prevenire quella famiglia d'una disgrazia che
poteva colpirla, che a quel momento forse l'aveva già colpita, soggiunse
subitamente con voce affrettata: ebbene sì, il caso ha voluto ch'io
apprendessi una cosa che riguarda suo fratello. Se egli è uscito così
per tempo di casa... molto probabilmente... gli è per andare a battersi.
Maria gettò un grido di spavento e divenne pallida a sua volta come un
cencio.
— Battersi! Povero Francesco! Povera mamma!... O mio Dio! Ma come è ciò
possibile?
— Ah! Ben me n'ero accorto che c'era qualche cosa di sospetto: esclamò
Bastiano.
— Che cosa fare? Diceva Maria fuor di sè, tutto tremante. Come
impedirlo? Dove andare?...
Virginia voleva tranquillare alquanto lo sgomento della giovanetta, ma
era troppo turbata ancor essa per valerci a ritrovare ragioni che
bastassero.
— Andiamo a casa: interruppe ad un tratto Maria: oh la mia povera mamma!
Ch'io vada presso di lei...
La marchesina le prese di nuovo tuttedue le mani.
— Coraggio! Diss'ella con voce piena di emozione e d'affetto.
La sorella di Francesco, vinta dalla tenerezza, si lasciò andare sul
seno e tra le braccia della nobile sua nuova amica scoppiando in pianto.
— Ah! se ci uccidono mio fratello, uccidono anche la mamma.
— Coraggio! Ripetè Virginia colla sua dolcissima voce; e stringendo fra
le sue braccia la figliuola dell'industriale, ne baciò con affetto quasi
protettore la fronte.
Il dolore e lo sgomento comuni avevano in quel punto distrutta ogni
distanza che gli ordini o, per dir meglio, i pregiudizi sociali ponevano
fra quelle due anime pietose ed elette.
Nel partire affrettata, Maria si fermò pur tuttavia innanzi al giaciglio
di Paolina.
— Non vi dimenticherò nulla meno: diss'ella: e voi pregate per noi,
pregate per Francesco...
Un singhiozzo le ruppe la parola.
— Ah madamigella! esclamò Paolina: con quanto fervore noi pregheremo per
tutti loro!..... E non tema di male, no... Essi sono misericordiosi
verso la povera gente, e il buon Gesù sarà misericordioso verso di loro.
— Dio vi ascolti! disse Maria asciugandosi gli occhi, e fatto un ultimo
cenno di saluto a Virginia, sparì fuor della porta, seguìta da Bastiano.
Volò letteralmente giù delle scale, e salita in fretta nella carrozza
che aspettava alla porta di strada, raccomandò a Bastiano con tronche
parole che facesse dal cocchiere affrettare la corsa dei cavalli.
In dieci minuti la carrozza giungeva all'officina, e Maria correndo
sopra nell'appartamento, trovava già la povera signora Teresa piena
l'anima di sgomenti e di paure.


CAPITOLO VI.

Più volte la signora Teresa era andata all'uscio della camera di suo
figlio ad origliare; e poichè niun rumore le veniva fatto d'udire,
pensando sempre ch'egli chetamente dormisse, erasi sempre allontanata
senz'altro con ogni cura per ammorzare il suono dei suoi passi.
Ma la mattinata s'inoltrava e nella stanza di Francesco era sempre la
medesima immobilità, il medesimo silenzio. Una qualche inquietudine
incominciò ad entrare nell'animo della madre. Che il malessere onde
Francesco s'era lamentato fosse cresciuto e fosse la causa di quel sì
prolungato manco d'ogni segno di vita? che quello non fosse sonno, ma
torpore o fors'anche svenimento? Ad un punto ella ebbe un bisogno
insuperabile di vedere suo figlio. S'accostò di nuovo pian piano
all'uscio della Camera di lui, e ne aprì con ogni cautela un battente.
Nulla udì muoversi colà dentro. Guardò, ma le imposte delle finestre
erano chiuse sopra le invetriate e la pallida luce di quel giorno
invernale non poteva menomamente penetrare nella stanza. Teresa rimase
un poco lì sulla soglia, l'animo ed il passo sospeso, ascoltando
attentamente, e poichè nulla nulla non le venne fatto d'udire, nemmanco
il suono del rifiato del giacente, chiamò con voce contenuta il
figliuolo per nome. Nessuna risposta; ella ripetè la chiama e poi,
continuando il medesimo silenzio, si inoltrò cautamente, colle mani tese
innanzi, a tastone.
Giunse così presso il letto e ci pose sopra le mani. Sentì che era
vuoto, che fredde n'erano le coltri nè anco disordinate dall'esservi
giaciuto qualcheduno, e sotto la sua destra il contatto d'un'arma. Era
la pistola, con cui Francesco s'era mirato nello specchio, e ch'egli
aveva poi gettata sopra il letto.
Teresa mandò un grido, corse all'una, poi all'altra delle finestre, ne
spalancò le imposte, e si volse a guardare. Il letto ancora rifatto
mostrava che Francesco non s'era coricato; il lume sulla scrivania,
alcuni fogli di carta disordinati lì presso, un bastone di cera lacca a
metà consumato, di cui alcune goccie erano colate sul candeliere e sul
tappeto verde, mostravano che Francesco aveva scritto; gli abiti gettati
qua e là in un disordine che non gli era abituale, indicavano all'occhio
chiaroveggente della madre un certo turbamento nell'animo del giovane:
ma quella pistola sopratutto attraeva lo sguardo spaventato della
signora Teresa, come un indizio manifesto di pericolo e di sventura.
La povera donna corse tutto sgomenta da suo marito e con affollate e
confuse parole espresse il suo timore. Il signor Giacomo non trovò che
quelli fossero indizi sufficienti per allarmarsi; volle recarsi ad
esaminare la camera del figlio e trovò mille ragioni onde spiegare la
sparizione di Francesco; ma in verità non credeva egli stesso a siffatte
ragioni e si sentiva profondamente inquieto egli pure.
In quella ecco sopraggiungere Maria. La sua faccia pallida e sconvolta,
i suoi occhi rossi e ancora pieni di lagrime dicevano troppo chiaro
com'ella venisse annunziatrice di qualche trista novella. Teresa le fu
incontro con impetuosa sollecitudine.
— Tu sai qualche cosa!... Francesco?... Che gli avvenne?... Che fu?...
Dov'è?... Parla, parla in nome di Dio.
La giovinetta sconcertata, posseduta dal maggiore sgomento ancor essa,
non seppe rispondere altro che la verità da lei appresa poco prima.
Il colpo fu tremendo per quella povera madre. Divenne bianca come un
cadavere, si premette con una mano il cuore, vacillò, si tenne ad un
mobile per non cadere, parve le mancasse un momento il respiro sotto le
strette dell'angoscia che le oppresse il cuore e la gola; ma non mandò
un grido, non diede una lagrima.
— Disgraziato! Esclamò il padre, percotendosi coi pugni chiusi la
fronte. Di questi dispiaceri ha da dare ai suoi genitori!
Teresa si rassettò con atto meccanico e colle mani febbrilmente agitate
i panni che aveva indosso, come fa chi s'appresta ad uscire.
— Lesti, lesti: diss'ella. I cavalli sono bene ancora attaccati alla
carrozza? Non si stacchino..... Non bisogna perdere un momento..... O
Dio! Ogni minuto che passa può essere mortale per Francesco.....
Corriamo, corriamo.
E strinse nervosamente il braccio del marito per sollecitarlo a
muoversi.
— E dove abbiamo da andare? Disse questi con ruvidezza dettata dal
dolore. Chi sa mai dove si trovano quegli sciagurati!.... Se avessimo
qualche indizio!...
Maria disse che Bastiano aveva visto ad uscire Francesco, e Bastiano fu
fatto venire, e interrogato su tutti i particolari ch'egli conosceva. Le
sue risposte non valsero a dare la menoma luce. Soltanto i genitori ne
appresero che a prendere Francesco erano venuti due giovani, di cui uno
era Giovanni Selva, ch'essi sapevano amicissimo del loro figliuolo.
Il signor Giacomo si disponeva a correre in casa di Selva per cercare di
apprendere colà qualche cosa di positivo, quando una carrozza con un
solo cavallo spinto al galoppo, giungeva alla fabbrica, ed entrava
coll'impeto di un turbine sotto il portone della dimora dei Benda.
Giacomo, Teresa e Maria si precipitarono verso il vestibolo, e videro da
quella carrozza uscire solleciti e venire alla lor volta due giovani di
cui riconobbero Giovanni Selva che camminava primo.
Francesco non c'era.
La madre si gettò contro Giovanni con impeto che si sarebbe potuto
chiamare quasi feroce.
— Mio figlio! Esclamò essa con voce arrangolata e convulsa. Mio figlio!
Che avete fatto di mio figlio?...
Le forze le mancarono e piegandosi sulle ginocchia, sarebbe ella caduta,
se Giovanni non fosse stato lesto a sostenerla. Non isvenne però, e
mentre le labbra pallide come di morta non avevano più la capacità di
pronunciare la parola, i suoi occhi ardenti, fissi sul volto del giovane
che la sosteneva, seguitavano ad esprimere con ansia indicibile quella
domanda.
— Si tranquilli: disse affrettatamente Giovanni. Suo figlio è sano e
salvo, e sta bene..... Glie lo giuro! soggiunse con forza, vedendo
l'incredulità dipingersi sul volto di Teresa.
— Si è battuto? Domandò Giacomo con voce, di cui voleva sforzarsi ma non
riesciva a dissimulare il tremito.
— No signore, non si è battuto.
— Dov'è? Perchè non è qui? Domandò la madre che aveva ritrovato le forze
per parlare e per reggersi sulle proprie gambe.
— Tutto ciò: rispose affrettato Selva, glie lo spiegherà questo signore
— il dottor Quercia che doveva essere l'altro testimonio di Francesco.
Io, per salvare suo figlio, per salvare molti altri eziandio, ho da
compiere una missione, e non bisogna che ci metta indugio di sorta.
Si volse verso il sig. Giacomo e senz'altro preambolo gli disse col tono
d'un uomo a cui la pressa non concede di far frasi:
— Ella sa ch'io sono amico intimo e confidente di Francesco; occorre che
in tutta fretta io faccia sparire delle carte e dei libri che sono nello
scrittoio di suo figlio. Ne va della sua sorte e di quella d'altrui. Si
fida ella di me, signor Benda?
— Vada: rispose Giacomo senza la menoma esitazione, come quello che
conosceva le strette attinenze che passavano fra quel giovane e suo
figlio ed aveva la maggiore stima del carattere di Selva. Questi corse
nella camera di Francesco.
Il padre e la madre di quest'ultimo si volsero verso colui che loro era
stato presentato col nome di dottor Quercia.
— Ella ci spiegherà.....
— Tutto: disse Gian-Luigi affrettatamente; ma per prima cosa, dia
ordine, signor Benda, che si chiuda il portone perchè nessuno possa
entrare senza farsi sentire picchiando; poi riduciamoci in casa a
discorrere.
Bastiano ebbe ordine di chiudere e di non aprire senza prima venire ad
annunziare chi fosse: poscia il giovane fu condotto nella sala, e tutti
tre, Giacomo, Teresa e Maria, stettero lì ad ascoltare, pendendo dalle
labbra di lui, che così fecesi a dire:
— Suo figliuolo è arrestato.
I genitori di Francesco mandarono un grido.
— Arrestato! Ma perchè? Ma come?
— Il duello che doveva aver luogo ne fu il pretesto, la ragione è forse
più grave.
— Più grave? O cielo! Si spieghi.....
— L'avvocato Benda appartiene alla schiera della gioventù liberale; e la
polizia odia assai tale schiera. Potrebbe darsi che questo arresto fosse
soltanto uno sfogo della prepotenza di Barranchi, ma potrebbe anche
essere che venisse come conseguenza di certi sospetti. Ad ogni modo ho
consigliato io stesso al signor Selva di venire a far sparire ogni carta
ed ogni libro compromettente che potesse avere il sig. Francesco, e
così, se mai si venisse a fare una perquisizione, com'è assai
probabile.....
— Una perquisizione! A casa nostra?
— Eh! nulla è di più facile.
Giovanni Selva aprì l'uscio e, cacciando dentro la testa, disse:
— Ho finito. Andiamo pure.
Ma da un altr'uscio accorreva Bastiano tutto conturbato.
— Oh signor padrone! Un Commissario di polizia coi carabinieri domandano
di lei.
— Di già! Disse Quercia tranquillamente, mentre tutti gli altri a queste
parole impallidivano. E' non ha perduto tempo. Lei, signor Giacomo, vada
a parlamentare con loro e li tenga almanco dieci minuti in novelle prima
di aprire. Io starò qui colla signora Benda; e Lei, signorina, conduca
il signor Selva per la strada più breve nelle officine e lo faccia
uscire per una di quelle porte che mettono nella campagna. Se i
carabinieri non hanno pensato a custodire tutte le uscite, noi siamo
salvi.
— È vero, è vero: disse Selva affrettatamente. Venga, madamigella Maria,
ad insegnarmi la strada.
La giovanotta prese Giovanni per mano, e, passando per la scaletta di
servizio, attraversarono ambidue correndo il cortile, ed entrarono nei
laboratoi, mentre il signor Giacomo, fattosi al finestruolo del
portinaio, domandava ai quattro carabinieri e ad un uomo vestito da
civile che li guidava:
— Che cosa c'è? che cosa mi si vuole?
Il borghese volse in su il capo e mostrò la faccia volpina di messer
Barnaba.
— Servizio di S. M.! Diss'egli con accento imperioso. Apra, e
sollecitamente, signor Benda, altrimenti saremo costretti a gettar giù
la porta.
— Un momento! un momento! Posso ben chiedere la spiegazione di questo
strano procedere: soggiunse il signor Giacomo.
— La spiegazione glie la darò quando saremo entrati.
— Io sono un suddito fedele di S. M.
— Non ne dubito, ed è perciò che le ordino di farmi aprir subito.
I dieci minuti erano passati. Giacomo ordinò a Bastiano di aprire, poi
mosse egli stesso all'incontro dell'agente di polizia e dei carabinieri
che entravano; si fece forza a mostrare una fisionomia calma e
tranquilla, ma sulla fronte gli spuntava a goccioline il sudore.
Per ispiegare divisatamente i fatti che erano successi ed avevano
condotto l'arresto di Francesco, bisogna che ci rifacciamo alla sera
precedente, ed entriamo nel camerino della portinaia della casa in cui
dimoravano Giovanni Selva e i suoi amici, entro il qual camerino abbiamo
visto Barnaba introdursi, dopo aver seguitato cautamente Maurilio fino
alla sua abitazione.


CAPITOLO VII.

Il poliziotto, se vi ricorda, era vestito da povero operaio, ed aveva
preso l'aria più timida e peritosa del mondo.
— Buona sera, _madama_: aveva egli detto con accento tutto rispettoso
alla portinaia che per guardare attentamente chi le veniva innanzi,
aveva fermate le sue mani nell'opera del far la maglia e stava colle
punte dei suoi ferri da calza per aria.
Alle popolane torinesi, e massime a quelle dell'onorevole classe delle
portinaie, il titolo di _madama_ è un omaggio che si credono dovuto.
Monna Ghita sorrise graziosamente al nuovo venuto che si mostrava così
civile, e rispose tutto garbata:
— Buona sera a Lei. In che cosa la posso servire? To', to': la è strana.
Mi pare di conoscerla Lei, e non mi pare. Di certo la sua fisionomia
l'ho già adocchiata.
— Può darsi: rispose Barnaba inchinandosi con un sorriso tutto
piacenteria.
— Oh oh! io per ritenere le fisionomie non c'è la mia pari. Se mi
avviene di vedere il muso di qualcheduno, passano anni ed anni e lo
ravviso al primo rincontrarlo, come se non l'avessi visto che da ieri.
— Bella qualità! Disse con molta ammirazione il poliziotto.
— Si figuri che una volta avevo un cardellino, un miracolo di cardellino
che era addomesticato così bene da parere un cristiano a cui mancasse
soltanto la parola.... E Lei saprà come sono difficili ad addomesticare
i cardellini.
Barnaba fece un inchino per affermare che lo sapeva.
— Be', gli volevo bene, come ad una creatura ragionevole... e diffatti
era tale più che certi bestioni d'uomini..... Basta, lasciamola lì.....
Dunque un bel giorno, come fu, come non fu?... Io già ho sempre creduto
che sia stato quello zoticone del mi' uomo che è il più grossolano del
mondo... Allora egli abitava ancora meco... che ora per fortuna di Dio
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