La plebe, parte II - 19

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ancora nel mondo abbastanza amici che, pregati, si faranno premura di
sovvenirmi... Ah! gli è codesto che ripugna al mio orgoglio: pregare
altrui!... Al postutto questa somma non ho bisogno di torla ad
imprestito che per pochi giorni. La settimana ventura io sarò in
condizioni tali da poterla rimborsar tosto... C'è bensì una persona alla
quale non avrei che da dire una parola, perchè mettesse a mia
disposizione tutti gli ori e le gemme che possiede...
Candida impallidì, e i suoi occhi lampeggiarono.
— Ah! Esclamò essa. So a chi volete alludere.
— Ma questa parola, soggiunse affrettatamente Luigi, non la dirò a niun
conto.
Successe un silenzio. Candida pareva riflettere profondamente.
— No: proruppe ella ad un tratto; tu non avrai da ricorrere ad altri...
Hai detto che di questa somma hai bisogno per pochi giorni?
— Pochissimi.
— Ti do i miei diamanti... Essi valgono il doppio... Impegnali e serviti
dei denari...
Luigi si gittò ginocchioni a' piedi della contessa e ne abbracciò il
corpo con braccia che si sarebbero potute dire frementi di passione.
— Oh Candida! Esclamò con espressione indicibile di riconoscenza e
d'amore.
— Ma io questi diamanti, ripigliava la contessa, bisogna assolutamente
che li riabbia lunedì. Quella sera c'è ballo a Corte; io non ci posso
mancare, e non voglio comparirci senza i miei diamanti.
— Ed io solennemente ti prometto, sull'onor mio, che lunedì mattina,
senza fallo, li riavrai.
La contessa, senza aggiunger parola si alzò, aprì il suo stipo e mise in
mano di Luigi le buste dei suoi diamanti.
Quercia la ricompensò con parole e carezze di tanta ardenza che la
misera donna ne fu tutta beata.
— Luigi! Disse poi con languido abbandono la contessa, posato il capo
sul petto di lui. Non c'è sacrifizio ch'io lieta non facessi per te. E
tu, a tua volta, non vorresti soddisfare al mio desiderio in quella sì
poca cosa che ti domando?
Gli occhi e la fronte di Quercia si oscurarono, per così dire, in
un'espressione di fastidio e di contrarietà, mentre le labbra
continuavano tuttavia a sorridere con amorosa dolcezza.
— Diletta mia, rispose egli, non voler ora parlar di codesto. Già ti ho
detto più volte come certe mie ragioni particolari mi obbligassero ad
andare in quella casa. Ti giuro che io per quella donna non ho il menomo
sentimento che ti possa dar ombra, che non si scambia fra noi la menoma
parola che possa dirsi d'amore. Ciò non ti basta?
Candida scosse il capo con leggiadra ostinazione, ma il suo amante le
chiuse le labbra che stavano per parlare con un bacio.
— Taci, amor mio dolce, e lascia ch'io ti rammenti i miei due amici
arrestati. Si tratta d'un'opera di carità. Se tu avessi visto la
desolazione dei poveri genitori di Benda, ne avresti avuta commossa
oltre ogni dire la tua bell'anima.
Le raccontò tutto quanto era occorso nella mattinata, e poi soggiunse:
— Bisogna che tu faccia comprendere a tuo padre, perchè lo ripeta al suo
amico il Governatore, che con questi eccessi il Governo altro non
ottiene che di far nascere a suo danno, e di far crescere nelle classi
colte un odio il quale potrà riuscire a dilungo a indebolirlo ed a
preparargli serii impacci. Aggiungi che questi atti meno lodevoli e
giustificabili, sono sempre il fatto di agenti subalterni che vanno al
di là delle intenzioni dei superiori, sui quali poi tuttavia ricasca la
responsabilità e l'odiosità degli atti medesimi; puoi sopratutto citare
quello stesso agente che procedette all'arresto de' miei amici ed alla
perquisizione in casa Benda, un certo Barnaba... E ti prego anzi
d'insistere su questo punto, perchè se non viene dall'alto un cenno a
mettere le pastoie allo zelo di questo poliziotto, siamo noi pure che
corriamo un rischio, per evitare il quale farei non so che cosa.
— Oh come? Domandò la contessa. Che rischio possiamo correr noi?
— L'esser io amico di quei due giovani, il mio carattere indipendente e
la franchezza della mia parola hanno di certo già tratta l'attenzione
della Polizia su di me. Se si lascia procedere per la strada intrapresa,
quel cotal Barnaba è capace di venire a perquisire anche il mio
domicilio, e la riposta casetta, così tranquillo asilo all'amor nostro.
Ora io ho una cosa sola cui ci tengo a nascondere all'occhio di
qualunque — le tue lettere; e prima di lasciarle cadere in mano di
chicchesiasi, mi farei uccidere.....
— Hai ragione: disse la contessa spaventata all'idea che le sue lettere
d'amore potessero venire in possesso d'altri che colui al quale erano
scritte, spaventata ancora di più al pensiero del pericolo a cui si
sarebbe esposto il suo amante nel volerla difendere. Hai ragione, e
bisogna assolutamente che ciò non avvenga.
— E questo può ottenere tuo padre per mezzo del Governatore, e tu devi
fare in modo che l'ottenga.
— Lo farò.
— Una buona lezione a quel Barnaba metterà un freno allo zelo e di lui e
degli altri.
— Egli avrà questa lezione... Barnaba è il suo nome?
— Sì: lo ricorderai?
— Sta tranquillo. Vado subito da mio padre.
Dieci minuti dopo la carrozza era pronta, e la contessa di Staffarda,
vestitasi in tutta fretta, si faceva condurre al palazzo del barone La
Cappa.
Gian-Luigi intanto, colle buste dei diamanti avuti da Candida,
dirigevasi verso l'alloggio di messer Nariccia.
L'illustrissimo signor barone Anatolio La Cappa aveva comperato lo
stupendo palazzo monumentale dell'antica famiglia — ora estinta — dei
conti De Meyrat, e l'aveva fatto ristaurare a nuovo, e rindorare, come
si suol dire, su tutte le costure. Nel frontone del palazzo, in luogo di
quello della stirpe savoina che prima lo aveva posseduto, si
pavoneggiava, alto di due metri, lo stemma inventato da qualche
araldista nel 1814 per l'illustre prosapia dei La Cappa, sormontato
dalla corona baronale; nella traversa su cui si rabbattevano le due
larghe imposte del portone da via, di legno riccamente scolpito,
brillava nella sua fresca indoratura il blasone dei La Cappa con sopravi
la sua brava corona da barone; le colonne di pietra del Malanaggio che
sostenevano la vôlta dell'atrio, erano ornate a metà dall'inevitabile
corona baronale, sotto cui pendeva lo stemma; nei pilastrini della
balaustra di marmo che accompagnava la scala, facevano bella mostra di
sè altrettanti blasoncini colla corona baronale ancor essi; questa
eterna corona e questo eterno blasone la sfoggiavano sulle livree
gallonate dei domestici, sulle cassapanche dell'anticamera, sulle
spalliere scolpite delle seggiole nella camera da pranzo, su quelle
indorate delle poltroncine nella sala di ricevimento, sulle cornici dei
quadri nella famosa galleria degli antenati comperati dal rigattiere,
sulle tappezzerie delle muraglie, sulle biancherie da tavola, sulle
argenterie d'ogni fatta e sul collare del can griffone, delizia ed
oramai unica compagnia in quel vasto palazzo del signor barone.
In mezzo a tutti questi stemmi il padre della contessa di Staffarda,
ricco di denari e di superbia, s'annoiava tremendamente col titolo, il
grado e la pensione di riposo d'intendente generale — che oggi direbbesi
prefetto. A fare un po' di variazione alla noia arrivavano di quando in
quando i dolori della gotta, cui un tempo così efficacemente giovava ad
allenire la presenza della figliuola. Le chiacchere serali al caffè
Fiorio, le visite al suo eccellentissimo amico il Governatore, la
partita a _whist_ nel _club_ dei nobili, la lettura della Gazzetta
Ufficiale occupavano alcune ore della giornata del signor barone; il
resto lo possedeva padrone assoluto — meno nel tempo de' pasti — lo
sbadiglio.
Mai non vi fu uomo che più felicemente giungesse al compimento de' suoi
desiderii, e che dopo ciò fosse più profondamente stufo ed annoiato. La
sua ambizione era giunta ad uno dei primi gradi nelle dignità
amministrative: la sua vanità era soddisfatta di un grandissimo numero
di croci che gli decoravano il petto: il suo amore della ricchezza aveva
visto raddoppiarsi il vistoso patrimonio lasciatogli dal padre; la sua
smania di aristocrazia andava soddisfatta per vedere imbrancata alla
nobilissima e storica famiglia dei Langosco di Staffarda la sua unica
figliuola.
Eppure s'annoiava — tremendamente, profondamente, irrimediabilmente.
Finchè Candida era rimasta con lui, molte delle ore della sua giornata
avevano una sicura piacevolezza nella compagnia che gli faceva la
figliuola; la presenza di quest'essa bastava da sola a spandere un non
so che di aggradevole nei vasti ambienti del vasto palazzo; la vita del
padre pareva avere in lei incarnato dinanzi lo scopo e la occupazione
che le spettavano. Sparita la giovane, quel palazzo divenne silenzioso
come un convento di trappisti e deserto come una rovina. Il vecchio
barone s'aggirava per le sontuosità di quelle sale come un'anima in pena
condannata al domicilio coatto in un luogo abbandonato. Da principio
Candida ci tornava di frequente a fare splendere, in mezzo alle dorature
del palazzo paterno, la sua fresca bellezza: e avreste detto che quello
sfarzo pesante ne rimanesse per un poco rallegrato, come avveniva
all'animo del padrone; ma la contessa di Staffarda non recò a gran pezza
colà il primitivo suo buonumore di ragazza. La noia che attingeva essa
stessa nel palazzo e nella convivenza maritale, la portava seco,
tradotta in taciturnità dì parole, in pallidezza di guancie, in
espressione di malavoglia nella fisionomia. Il padre si stancava a
domandare alla figliuola: «Che cos'hai?» ed ella s'impazientava a
rispondere sempre, invariabilmente: «Non ho nulla.» Poscia venne il
periodo in cui Candida s'abbandonò pazzamente alla agitazione febbrile
della vita mondana, faticosa per incessanti divertimenti, per
vertiginoso avvicendare di _toilettes_ e di feste. Colle giornate prese
dalla sarta, dalla crestaia, dal negoziante di mode, dalla pettinatrice,
fra il riposo della tarda mattina, e il ricevimento del salotto nel
pomeriggio, e il teatro la sera, e poscia i balli la notte, la contessa
non ebbe più tempo da recarsi da suo padre; e a non molto andare la non
ci pensò più nemmanco; le sue visite al palazzo La Cappa non ebbero più
altra ricorrenza che quella delle occasioni solenni.
Più tardi sopravvenne ancora la sua fatale passione, che a Candida fece
obliare poco meno che il resto dell'universo. Il barone Anatolio fu più
trascurato che mai. Egli non osava lamentarsene, e nemmeno dar torto fra
sè alla figliuola: una contessa Langosco era al di là dell'arrivo d'ogni
rimprovero; ma sentiva ogni giorno più uggiosa la solitudine in cui
veniva abbandonato. Le graziosità e il dimenar della coda del suo
prediletto cagnuolo non lo consolavano che mediocremente; nemmeno
l'umiltà impertinente del servitorame e le corone baronali de' suoi
stemmi con tanta larghezza profusi non pervenivano più a temperargli il
fastidio accarezzandone la boria. Il peggio era quando quella sfacciata
d'una gotta aveva la temerità di assalire le nobili giunture delle sue
gambe baronali. Come allora si faceva avvertire la mancanza della mano
carezzevole, della voce confortatrice, delle cure sollecite, amorose ed
intelligenti della figliuola! Alle sue scampanellate colleriche, il
barone non vedeva accorrere che le faccie impassibili dei domestici, i
quali nel rispettoso loro contegno di servi di nobil casa mandavano il
padrone ai cento mila diavoli; ai suoi lamenti e ai gridi di dolore,
egli non udiva rispondere che il silenzio indifferente di chi se ne
impipa.
Quel giorno adunque che la contessa aderendo alle brame di Gian-Luigi,
recossi in casa del padre, fu per costui la più inaspettata e più
gradevol sorpresa del mondo. Non avendo ricevuto controrisposta al suo
bigliettino, egli aveva creduto che la figliuola avesse di piano
rinunziato alla raccomandazione che gli aveva mandata quella mattina per
lettera, e mai più non avrebbe sognato che essa medesima sarebbe venuta
da lui in persona.
Quando si venne ad annunziare al barone che la carrozza della contessa
era entrata nel cortile e che la contessa medesima saliva le scale, egli
che sbadigliava innanzi al fuoco, studiosamente avvolto nella sua veste
da camera di seta e di velluto, fece un sobbalzo sopra la sua poltrona.
Si fece ripetere l'annunzio, quasi temesse di non aver ben capito; non
pensò il meno del mondo ch'ella venisse per quei due borghesucci di cui
gli aveva scritto alcune ore innanzi, e di cui egli non si ricordava più
nemmanco; ma pensando che di questa straordinaria venuta doveva esserci
uno straordinario motivo, s'affrettò a muovere incontro alla figliuola
che già calpestava il ricco tappeto della sala vicina.
— Che? Sei tu per davvero, mia cara contessa! Esclamò il barone,
tendendo verso sua figlia le maniche di seta lucicchianti della sua
veste da camera, nelle quali si agitavano le sue braccia. Che buon vento
ti mena così di mattina da me? Hai tu forse bisogno di qualche cosa?
Candida, che sapeva il facil modo onde avere a sua discrezione l'anima
del padre, gli gittò le braccia al collo e gli fece due baci sonori
sulle guancie accuratamente rase di fresco.
— Sì, papà: rispos'ella. Ho precisamente bisogno di te, e son venuta a
parlarti.
Il barone la prese per mano e disse con tutta sollecitudine:
— Vieni, vieni nel mio gabinetto. Ehi! Comandò al domestico che aveva
introdotta la contessa e che stava ancora dritto impalato sul passo
della porta: chiunque venga a cercarmi, gli direte che non ricevo....
Sono tutto tutto per mia figlia.
— To', una bella idea! Soggiunse il barone. Tu starai qui a farmi
compagnia al _déjeuner_. Manderemo ad avvertire il conte ch'e' non
t'aspetti.... E se vuol venire ancor egli a far da terzo alla nostra
tavola, _ma foi!_ ci sarà il benvenuto.
Il barone aveva creduto bene di prendere ancor egli il vezzo
aristocratico di frammischiare nel suo linguaggio parole e locuzioni
francesi.
— Grazie, papà: rispose Candida. Accetto il tuo invito...
Il volto del padre raggiò di gioia.
— Oh brava!...
— Ma ad un patto, soggiunse vivamente la contessa... anzi due.
— Sentiamo questi due patti... I quali sono già consentiti d'_avance_.
— Il primo che non disturberemo per nulla il conte a farlo venir qui
terzo incomodo fra di noi...
— Va bene: non disturberemo il signor conte.
— L'altro patto è che tu mi prometta di fare, e subito subito ciò di cui
sto per pregarti.
— _Corbleu!_ Gli è dunque un affare che ti sta a cuore?
— Assai.
— Eh eh! Sarebbe un compromettersi l'impegnarsi così alla cieca ad
accontentare un desiderio non ancora conosciuto d'una giovine donna, ma
_bah!_ con te, figliuola mia, mi posso avventurare... Accordato anche
questo! Farò quel che tu vuoi.
Si volse al lacchè, il quale attendeva sempre gli ordini nella postura
del soldato senz'armi innanzi al suo superiore:
— Rinviate la carrozza della contessa, dite allo staffiere annunzi al
conte di Staffarda che la contessa non rientrerà per il _déjeuner_ e
prevenite il maggiordomo che la contessa farà il _déjeuner_ con me.
Poscia, accompagnandola con tutta galanteria, egli introdusse sua figlia
nel camerino in cui stava annoiandosi dapprima, e dispose per lei egli
stesso una poltroncina vicino al fuoco, dirimpetto a quella cui tornò ad
occupare colla sua importante persona.
Candida, colle aggraziate movenze che le erano proprie, si levò cappello
e mantiglia, gettò questa e quello sopra un sofà, e venne a sedersi in
faccia a suo padre che ne seguitava ogni movimento con uno sguardo che
si sarebbe potuto paragonare a quello d'un ghiottone che comincia a
divorare cogli occhi la leccornia che si appresta a divorar colla bocca.
Quando la figliuola gli si fu seduta dinanzi, l'illustre barone si
rassettò di meglio tra le braccia soffici della poltrona, e mandò un
sorriso di beatitudine che significava: — Oh bene! Ora ce l'ho, e per un
poco la non mi scappa più.
— Dunque a noi! Diss'egli incrociando le mani sulle lucide falde della
guarnacca, che gli coprivano l'addome. _Exposez votre requête, madame la
comtesse_, ed io sto qui pronto a non altro che a dir sì..... Già
m'immagino che non sia nulla di grave. Non è con quel visino sorridente
lì che si viene a parlare di cose gravi..... A proposito, sai che ti
trovo buonissimo aspetto! L'espressione animata, l'occhio brillante.....
Sei un po' pallida è vero; ma ci scommetto che gli è la fatica dei
balli. Quasi ogni giorno una festa; e sono persuaso che la notte scorsa,
all'_Accademia_, avrai ballato fin presso al mattino. Io me ne sono
ritirato poco dopo la venuta della Corte. Appena S. M. mi ebbe fatto
l'onore di rivolgermi la parola e di ricevere il mio ossequio, quatto
quatto io me ne sono partito. Eh! la mia età e la mia gotta non si
accomodano più di queste _nuits blanches_.
Il bravo barone si affrettava a spacciar subito subito un poco di
quell'arretrato di ciance, cui la solitudine della sua vita non gli
lasciava più smaltire periodicamente. La figliuola lo ascoltava con un
sorriso compiacente a fior di labbro, ma senza prestargli attenzione, e
la sua mente era lontana, era nell'elegante casina di Luigi, dove poteva
avvenire da un momento all'altro che una mano profana si impadronisse
delle sue lettere d'amore.
Ella interruppe adunque suo padre.
— Ciò che son venuta a domandarti, lo sai già; te l'ho scritto poc'anzi
in una lettera.
— Che? che? Si tratterebbe di quei due giovani avvocatuzzi che tu mi hai
appreso essere arrestati?
Candida fece un segno affermativo colla testa.
— Tu insisti adunque, perchè io mi adoperi in loro vantaggio presso il
Governatore?
La contessa ripetè più vivamente i suoi segni di affermazione.
— E sei venuta qui da me a bella posta?
— Precisamente.
— Ma che interesse pigli tu in codesto? Che attinenze hai tu con
siffatta gente?
— So che non meritano la brutta misura onde furono fatti segno.
M'interesso per una buona e brava famiglia, la quale è nella
desolazione.
La faccia del barone mostrò che la commissione datagli dalla figliuola
non gli andava troppo a genio.
— Uhm! Diss'egli di mala voglia; poichè tu insisti, poichè tu la prendi
sì calda.....
— E tu hai promesso di accontentarmi.....
— Poichè te l'ho promesso, farò a tuo senno. Scriverò, dunque un
bigliettino a S. E.
Candida si ricordò delle parole che aveva dette a lei medesima
Gian-Luigi.
— Ah no, un bigliettino. Hanno più efficacia quattro frasi dette a viva
voce che non quattro pagine di scritto per quanto eloquentissime.
— _Corbleu!_ Vuoi dunque che mi rechi io stesso dal Governatore, in
persona?
La contessa regalò a suo padre uno de' più seducenti sorrisi onde fosse
capace la sua bellezza.
— Sì, papà. Perchè si tratta non solamente di rimediare ad un mal
fatto....
— Mal fatto! mal fatto.... Io trovo che si fece benissimo ad arrestarli.
— Arrestare degl'innocenti è sempre male, e non serve ad altro che a
creare nemici al Governo, che commette di questi falli.
Il barone inarcò le sopracciglia e arrotondò la bocca in una
esclamazione di stupore.
— Cospetto! Tu mi fai della politica.
Candida fece vezzosamente un cenno affermativo, continuando nella malìa
di quel suo sorriso.
— Stavo appunto per soggiungere che si tratta inoltre di dare un savio
consiglio al governatore; consiglio cui nessuno può suggerire
con tanta autorità al pari di te, che hai tenuto sì alte cariche
nell'amministrazione e con sì buon successo.
La Cappa si rimpettì e sorrise con compiacenza.
— Certo che nella mia carriera ho mostrato di valerne bene un altro; e
se in tante cose mi avessero dato retta, _ma foi!_.... Ma sentiamo un
poco questo consiglio che tu vorresti suggerito.
— Gli è di rendere la polizia meno vessatoria, perchè non infastidisca e
non perseguiti cotanto i tranquilli cittadini.
Il padre di Candida fece un leggero sobbalzo per meraviglia.
— Sei tu, contessa, che mi parli _de cette façon_?
Ed ella, come se non avesse avuto luogo l'interruzione, con crescente
calore continuava:
— Il torto di questi eccessi non è da accagionarsi ai capi, ma agli
agenti subalterni. Sono essi che, non frenati, abusano di quell'arbitrio
cui loro dànno le proprie funzioni. L'arresto, per esempio, di questi
due giovani e la perquisizione sono dovuti ad uno di tali impiegati
secondarii, un certo Barnaba, il quale mi si dice essere appunto di
quelli che si piacciono nell'insolentire contro i cittadini quanto più
sono onesti e pacifici.
— Ma dove hai tu appreso tutto questo?
A Candida soccorse il rimedio d'una bugia e non si arretrò innanzi ad
esso.
— Da mio marito: rispos'ella. Il conte s'interessa molto ancor egli per
quei due giovani.....
— Ah sì?
— Ed anzi recossi egli stesso dal conte Barranchi.
— Oh allora quasi non occorre più ch'io mi muova.
— Da parte di mio marito medesimo ti prego eziandio di far questo passo
presso il Governatore. Il fatto di questa mattina ha gettato
necessariamente un allarme in tutta la popolazione colta della città. Se
un giovane il quale non si occupa che di far l'elegante, come l'avvocato
Benda, può essere arrestato e subire una perquisizione in casa, chi è
più sicuro?..... Una perquisizione domiciliare può mettere in luce, o
quanto meno alla discrezione di gente che non è fior di roba, tanti
segreti famigliari che non riguardano in nessun modo il Governo e la cui
divolgazione può essere fatalissima... Tutti gli amici e conoscenti
degli arrestati a questa ora sono in pena per la propria sorte... Mio
marito, per esempio ha molto timore.....
— Egli! Interruppe il barone con incredula vivacità. Il conte di
Staffarda non ha da avere nessuna di queste paure....
— Non per sè: soggiunse la contessa; ma per un suo amico.
Esitò un momentino, e poi, volgendo un po' in là il viso mentre un
lievissimo rossore le correva alle guancie, pronunziò il nome:
— Il dottor Quercia.
— Ho udito parlare di questo signorino. Un giovane che non pensa ad
altro che a darsi buon tempo. Non so come si possa avere alcuna
inquietudine a questo riguardo.
— Per causa dell'amicizia che esso ha col Benda.
— Bene, bene; di' pure al conte che _j'en toucherai deux mots_ col
Governatore: e che il suo amico non avrà più ragione alcuna
d'inquietudine.
Candida, in un èmpito di contentezza, prese la mano del padre e la serrò
forte colle sue.
— Oh grazie! diss'ella con vivacità.
Il barone la guardò stupito.
— Anche tu prendi interesse a questo signor dottore?
— Sì: rispose Candida volgendo di nuovo la testa in là, poi si affrettò
a soggiungere: or dunque, papà, da bravo non perder più tempo, va subito
dal Governatore; raccomandagli la liberazione degli avvocati Benda e
Selva, raccomandagli non s'inquieti in niuna maniera il dottore Quercia,
e che si ponga freno alla prepotenza di quel Barnaba.
— Farò tutto quello che vuoi.
— Suono perchè venga il cameriere a vestirti!
— Suona pure.
— Io ti attenderò qui colla risposta.
— E sarò sollecito a venire. Facendo _déjeuner_ ti ripeterò il colloquio
che avrò avuto col Governatore.
Il Governatore accolse il barone La Cappa con tutta la urbanità d'un
gentiluomo per un altro; ma quando il padre di Candida ebbe finito di
esporre le ragioni della sua venuta, S. E. rispose tentennando il capo:
— Duolmi, caro barone, non potervi accontentare; ma vi sono delle
circostanze, da voi probabilmente ignorate, le quali me lo impediscono.
Prese sopra la scrivania un foglio di carta e lo porse al barone.
— Ecco qui un rapporto su questo proposito di quell'agente medesimo di
cui voi mi denunziaste lo zelo come eccessivo. Datevi la pena di
scorrerlo cogli occhi un momento, e vedrete come stieno diversamente le
cose da quello che voi credete.
Mentre il barone stava esaminando il rapporto di Barnaba, il Governatore
veniva via esprimendone per sommi capi le risultanze e le conclusioni.
— Voi vedete! Quel cotal Benda ha osato venirne a vie di fatto contro il
figliuolo del marchese di Baldissero nel palazzo dell'Accademia
Filarmonica, mentre era onorato dalla presenza di S. M. È un crimenlese
che da solo richiede l'arresto, il processo e la condanna. Non basta!
Quell'avvocatuzzo sfida a duello il marchese di Baldissero figlio, e
questa mattina s'incontrano presso il camposanto affine di battersi. S.
M. si è degnata di pubblicare un codice penale dove c'è un articolo —
non so quale — che parla chiaro a questo riguardo. Reato positivo
previsto dalla legge. Nella perquisizione che ha luogo in casa dei
Benda, che cosa succede? Quell'altro, che è evidentemente un complice,
l'avvocato Selva, cerca scappare portando seco i libri i più sovversivi
e rivoluzionari che sieno al mondo posseduti dal Benda, ed un
manoscritto che riesce a distrurre, ma cui perciò questo fatto medesimo
denunzia come criminoso all'estremo. Così stando le cose, era un
assoluto dovere il procedere all'arresto anche del Selva. Io avrei
approvato che si fosse fatto il medesimo eziandio per quel signore cui
mi venite a raccomandare, il dottor Quercia. Il suo contegno in quelle
circostanze fu tale da fortemente indiziarlo per partecipe alle mene di
quegli altri malintenzionati; e secondo il rapporto di Barnaba, egli
sarebbe concorso efficacemente a render possibile a Selva la distruzione
di quella carta, il cui possesso ci avrebbe forse svelato il segreto di
quei cospiratori....
— Cospiratori! Esclamò il barone La Cappa sussultando. Che? Voi credete
che quei giovani...
— Cospirano contro il legittimo governo di S. M., ne sono persuaso.
— _Corbleu!_ Se io avessi mai sospettato una cosa simile, vi prego bene
di credere, Eccellenza, che non avrei voluto dire nè anco una mezza
parola in favor loro.
— Ne sono persuaso; ma perchè siate chiaro di tutto, vi dirò che quel
Barnaba medesimo, uno dei più accorti ed intelligenti impiegati di
Polizia che abbiamo, denunzia certe segrete conventicole solite a
tenersi in casa del Selva, nelle quali avrebbe parte un agente
mazziniano venuto qui di celato sotto sembianze d'un artista di canto.
— _Je tombe des nues._
— L'audacia di quei rivoluzionarii è incredibile.
Mostrò al barone sconcertato un grosso manoscritto, che era lo zibaldone
in cui il povero Maurilio soleva effondere gli affetti della sua anima e
far concreti i pensieri più riposti dal suo intelletto.
— Questo scartafaccio, soggiunse, fu sequestrato nella perquisizione che
si fece in casa del nominato Selva. È l'opera d'un da nulla, un
giovinastro senza famiglia e senza nome che lì dentro inneggia alla
libertà de' popoli....
— Oh! Esclamò Anatolio La Cappa, levando indignato le mani al cielo.
— E si arroga niente meno che di scombiccherare un progetto di riforma
della società..... Fra parentesi vi dirò che vuole abolito ogni diritto
di privilegio nelle classi superiori; e da questo giudicate dello
spirito che ne informa lo scritto!....
— È un demagogo! Gridò ancor più indignato il bravo barone.
— E non è tutto! Il medesimo progetto riforma, rinnovella, o per dir
meglio rivoluziona anche il Governo.
— Ah! _c'est trop fort!_
— Vi dico che se leggeste codesta roba, inorridireste....
— Inorridisco anche senza leggerla.
— Comprenderete quindi anche voi che, malgrado la vostra raccomandazione
di cui tengo il massimo conto, non posso promettervi.....
— Comprendo, comprendo: s'affrettò a sclamare il barone, il quale fra sè
intanto borbottava: _dans quel guêpier_ mi ha mandato a _me fourrer_
quella matta di mia figlia!
— E circa il signor Benda, continuava il Governatore, ho inoltre verso
il marchese di Baldissero mio buon amico qualche debito di riguardo che
mi impone di esaminare con assai ponderazione il suo caso.
Quell'avvocatuzzo ha insultato, minacciato, sfidato a duello il
figliuolo del marchese, di uno dei più alti personaggi dello Stato. Che
cosa non avrebbe ragione di dire Baldissero, che cosa non direbbe S. M.
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