La plebe, parte I - 09

Total number of words is 4541
Total number of unique words is 1766
39.0 of words are in the 2000 most common words
54.3 of words are in the 5000 most common words
61.9 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
Giovanni Selva interruppe con vivace uscita, che molto aveva dello
sdegno:
— Ma tu sei il demone del dubbio.
Maurilio levò lentamente la testa e fissò Giovanni collo sguardo sicuro
dei suoi occhi verzigni, intelligenti e profondi.
— Sono lo spirito d'esame: disse egli; poi si levò in piedi e si tirò su
della persona in una mossa superba che parve ingrandirne la statura. Con
voi credo poter parlare il linguaggio della verità: soggiunse. Siete voi
così dappoco, che non altrimenti possiate perseverare in un'impresa, se
non vedendone l'esito sicuro e scartati tutti i pericoli? Cogli altri
che stimo da meno di voi, ho io tenuto mai un simile linguaggio? Venga
il giorno della lotta, e vedrete questo demone del dubbio combattere
come il genio della disperazione.
Selva si precipitò verso di lui e gli afferrò una mano che strinse con
forza ed effusione.
— Perdonami! Diss'egli con accento che partiva veramente dal cuore.
Maurilio fece un mesto e pallido sorriso di indefinita espressione e si
lasciò ricadere seduto.
In quella s'udì pel silenzio della notte l'orologio d'un campanile
batter le ore.
— Undici ore! Esclamò Vanardi, poichè le ebbe contate. E Tiburzio non è
ancora qui? Pur troppo ho paura.....
— No, no: disse vivamente Romualdo. Io lo conosco per bene. Mario alla
sua foga ed alla sua audacia congiunge pur tuttavia una suprema
prudenza. Fin da giovanetto si trovò a dover lottare colla polizia di
Roma, poi, esule in Francia, con quella sospettosissima di Luigi
Filippo. E' ne conosce tutti i mezzi e le arti, e sa a quelle di esse
contrapporne delle altre che le sventano. Poichè è qui in Piemonte, son
certo che niun sospetto ancora egli ha destato d'essere un emigrato
politico ed un agente delle patriotiche società segrete. Qualche cosa lo
avrà trattenuto, ma siccome ci ha promesso di venire, verrà senza fallo.
Romualdo non aveva ancor finito di pronunziare queste parole, che si udì
il passo fermo e franco d'un uomo sul pianerottolo.
— Eccolo qui di sicuro: soggiunse Romualdo.
L'uscio d'entrata s'aprì e comparve un uomo alto di statura, avviluppato
in un ampio mantello.
I quattro amici gli mossero all'incontro, salutandolo per nome.
— Mario!
— Zitto! Disse il nuovo venuto, e chiudendo accuratamente l'uscio dietro
di sè, si curvò a mettere l'orecchio alla toppa ad ascoltare qualche
rumore che succedesse di fuori.
— Che cosa c'è? Domandò sommessamente Vanardi turbato alquanto.
— Siamo spiati: rispose Mario: ed un agente della polizia, ci scommetto,
stava aspettando la mia venuta nel camerino della portinaia.
Vanardi, a quelle parole, impallidì, come se già vedesse sorgere alle
sue spalle i tremendi cappelli a becco dei Carabinieri Reali.
— O mio Dio! Esclamò egli, giungendo le mani.
Mario stette un poco origliando, curvo così, alla porta, mentre gli
amici rimanevano in sospeso, trattenendo il fiato; poi si drizzò, e
gettando via il mantello ed il cappello, disse con un cotal sorriso di
audacia superba:
— Oh! s'e' sono destri, io non sono punto nè uno scemo, nè un inesperto.
Li conosco dalla lungi questi segugi, ed ho acquistato colla pratica una
specie di istinto, che mi avvisa della loro presenza e delle arti loro.
Sono tanti anni che lotto contro di essi!
— Ma che vedeste? Che fu? Domandò sollecitamente, non senza affanno il
buon Vanardi.
— Nulla. Un bracco della polizia che mi diede la caccia. E' mi ha
seguito sin quassù con passo ammorzato; un passo di spia; lo riconosco.
Ora egli sa che sono entrato qui dentro e vorrà informarsi di voi, se
pure già non è in giorno dei fatti di tutti. Bisogna stare all'erta, ed
opporre alla mina una contromina. Ci provvederemo.
— Come avvenne? Richiese Romualdo. Come ti accorgesti di codestui?
— Venivo correndo, perchè l'ora è già tarda, e temevo di trovar chiusa
la porta da via. Ma appena messo il piede sulla soglia, il mio sguardo,
avvezzo a scrutar tutto per bene, si cacciò nella loggia della
portinaia, dove vide un uomo, non dei casigliani; vestito da operaio, ma
colla faccia d'un esploratore. Quel grugno lì l'ho già veduto altre
volte con altri panni, e non esitai neppure un istante a giudicar quel
che fosse. Rallentai di subito il passo e mi spinsi avanti come uomo che
fa una cosa ordinaria venendo ad un solito ritrovo. Fissai con tutta
sicurezza i miei occhi nel camerino e sul viso di quell'uomo, e passando
la testa pel finestruolo, salutai molto amichevolmente la portinaia,
«Buona sera, mamma Ghita, il vostro Bastiano sta bene?» — «Grazie per
servirla:» mi rispose la portinaia, mentre l'uomo, tuttochè facendo a
nasconderlo, mi sviscerava con acuti sguardi di sottecchi. «— È un po'
tardi questa sera, soggiunsi io, e avevo paura aveste già serrato il
portone, perchè voi siete la più diligente delle portinaie di questo
mondo.» — «Oh come? È tardi? Esclamò essa: che ora la è?» — «Presto le
undici: guardate là il vostro oriuolo a cassa che ve lo dice.» — «Eh sì
che gli è vero. Diss'ella. Tò, soggiunse volgendosi a quell'uomo, voi
m'avete trattenuta così bene in novelle che il tempo mi è sfumato via
senz'avvedermene.» Ora noi conosciamo tutti la Ghita e sappiamo quindi
che cosa ciò voglia dire. Quello sconosciuto l'ha fatta destramente
chiaccherare, e la brava donna che ci ha il suo ripesco ha blaterato giù
per parecchie ore, dicendo quello che è e quello che non è di tutti
quanti quel sornione abbia voluto. — «Ho fatto più tardi del solito
ancor io, questa sera (presi a dire), perchè mi fecero fermare sul palco
scenico finchè fosse finita tutta l'opera; le altre sere, appena giù il
telone dopo il primo atto, dove soltanto ci ho parte, me la svigno, ma
stassera il primo baritono era mezzo infreddato ed aveva paura di non
poter cantare sino alla fine. Siccome io gli faccio da _supplemento_,
dovetti star lì pronto ad indossare il suo mantello e calzare i suoi
stivaloni a tromba. Per fortuna, o bene male, fra _scrocchi_ e
stonature, e' si trascinò sino al fine. A proposito di teatro, Ghita, vi
darò poi per domenica le polizze d'entrata per voi e pel vostro
Bastiano.» La portinaia si profuse in ringraziamenti, ed io li accolsi
con tutta la superbia d'un cattivo cantante che si crede un artista. Poi
diedi e ricevetti la buona notte, e me ne venni su adagio adagio,
canterellando una cabaletta. A quest'ora adunque il poliziotto sa che io
mi chiamo Medoro Bigonci, che canto da baritono e faccio la stagione di
carnevale al teatro Regio come seconda parte, che ho presa in affitto
una cameretta ammobigliata dal pittore Vanardi, e che rientro
regolarmente e quietamente a casa tutte le sere verso le dieci. Ci
crederà o non ci crederà? Qui sta il punto: ed è necessario che per noi
si faccia tutto a far parere codesta la assoluta verità. Perciò questa
notte la passerò tutta qui con voi senza andarmene più all'altro mio
quartiere. Non occorre che vi disturbiate a farmi posto in letto. Io
sono avvezzo a di queste nottate, e starò benissimo allungato su tre o
quattro seggiole vicino al fuoco. Del resto ho molto da scrivere, e la
maggior parte del tempo la impiegherò nel carteggio.
Gli amici vollero fare qualche cortese opposizione per indurlo a
prendere un più agiato riposo; ma il sedicente Medoro Bigonci li
interruppe.
— Lasciamola lì: diss'egli bruscamente, con un certo accenno imperioso
che pure non cessava di essere simpatico. Abbiamo ben altre più
rilevanti cose onde discorrere. Sediamo ed ascoltatemi.
Sedettero intorno al fuoco su cui Maurilio non cessava di gettar della
legna. Mario Tiburzio stava in mezzo, e le teste de' suoi quattro
compagni erano chine e tese verso di lui con sollecitudine
d'aspettativa. Mario si passò una mano sulla fronte la quale, benchè
egli fosse giovane, tuttavia cominciava a gittare i capelli e quindi ad
apparire più grande e direi più angolosa nella sua forte ossatura da
tipo d'antico romano; si raccolse un istante, e poi con voce bassa e
contenuta cominciò a parlare.
Mario Tiburzio aveva a quel tempo ventisei anni incirca; ma le emozioni,
i pericoli e i disagi di una vita da profugo vissuta sin quasi
dall'adolescenza, la contenzione dello spirito e dell'anima in un gran
proposito che tutte ne assorbiva le facoltà, davano al suo sembiante
l'aspetto d'una età assai più inoltrata. La sua era una nobile figura
tutto risoluzione e fortezza. I bei lineamenti del tipo romano erano in
lui illuminati, per così dire, da una fiamma interiore, che era una
convinzione, che era un culto ad un principio, che era una fede.
Figliuolo d'un patriota repubblicano morto nelle carceri pontificie,
egli ne aveva ereditato l'amore all'Italia ed alla libertà, e l'odio ai
dominatori del nostro paese, contro cui sentiva inoltre ribollire in
cuore un tremendo desiderio di vendetta, non solo pei mali e per la
vergogna alla patria inflitti, ma per la dolorosa morte del padre, per i
dolori alla santa donna, che a lui era madre, cagionati, per le sventure
alla sua famiglia prodotte.
A quel tempo qual via aprivasi all'ardente gioventù italiana onde
giovare ai troppi danni della patria; onde cercare di abbattere la
soverchiante tirannia? Quella soltanto delle congiure, abbracciando le
frementi ma vaghe teoriche di Giuseppe Mazzini. Il carattere cupo,
dissimulatore e temerario nella sua finzione del congiurato è
nell'indole degl'Italiani, massime di quelli del centro della penisola.
Abbiamo tutti un po' della politica alla Macchiavelli in fondo
dell'animo; ed oppressi ed oppressori giuocavano allora di
macchiavellismo in congiure sempre rinnovantisi e sempre sventate dalle
migliaia di Arghi delle tante polizie che avvolgevano come nelle maglie
di una rete l'intiera Italia.
Mario apparteneva da molti anni alle società segrete che tentavano come
talpe pazienti, scavare nella massa popolare, pian piano, sotto terra,
un abisso ai piedi dei troni esistenti. La sua intelligenza, la forza
del suo carattere e della sua volontà, il coraggio e l'ardenza del
patriottismo insuperabili lo avevano fatto salire tra i primi dei capi e
guidatori di quell'opera sotterranea. Stando egli in Francia, tutte le
fila delle ordite trame facevano capo ad un comitato superiore stabilito
a Parigi, di cui Tiburzio era parte. Egli consigliava, ammaestrava,
ammoniva, andava preparando quanto meglio potesse per uno scoppio che si
augurava e sognava poter essere sollecito e fortunato. Era in relazione
coi repubblicani francesi, che intendevano da canto loro a quel segreto
lavorìo, il quale doveva ad un tratto rivelarsi coll'immensa sorpresa di
tutta Europa nella ibrida repubblica del 1848. Gli uni speravano poter
essere d'aiuto agli altri e riceverne.
Ad un punto — per una di quelle solite illusioni cui vanno soggetti i
profughi — parve al comitato parigino che le cose in Italia già fossero
od almeno di molto s'avvicinassero ad essere mature per l'audacia dei
fatti. Conveniva, e fu deciso di comune accordo, che uno dei componenti
quella suprema direzione esecutiva, scendesse nella penisola, esaminasse
lo stato delle cose, infiammasse gli animi degli adepti, ne accrescesse
a tutto potere il numero, procurasse armi e danaro con ogni possibil
mezzo, si mettesse a capo delle squadre ordinate in segreto, gettasse il
grido della rivoluzione e cominciasse la sacra lotta.
La missione era delle più difficili e rischiose. Mario Tiburzio con
superbia sublime la rivendicò per sè; e niuno volle ed osò
contrastargliela. Venne in Italia sotto nome e professione simulati;
come aveva bella voce e sapeva di musica, si diede per cantante,
acconcio mestiere per correre le varie città, e coll'aiuto di
qualcheduno dei congiurati che poteva in siffatte cose, ottenne di
essere _scritturato_, come si dice, a quel teatro che egli volle.
Il paese più importante per l'umore bellicoso e pel carattere fermo de'
suoi abitanti; quello che la congiura credeva più necessario guadagnare
alla rivoluzione era il Piemonte. Insorta la Lombardia contro lo
straniero, insorto il paese subalpino contro la monarchia più forte
d'Italia, anzi la sola che fosse forte di per sè; tutto il resto della
penisola era in balìa del movimento.
Mario Tiburzio venne in Piemonte. Aveva conosciuto a Parigi Romualdo, in
un viaggio che questi aveva fatto colà, ed anzi avevagli reso un
importante servizio d'amico, in occasione d'un duello che ho raccontato
altrove[2]; aveva sempre continuato a carteggiare con Romualdo, il quale
non aveva fatto la menoma difficoltà ad intingere nella congiura. Giunto
a Torino, il cospiratore romano, per mezzo di Romualdo, era entrato in
relazione con tutti gli amici di quest'esso, e per la generosità della
loro indole, per la vivacità del loro amor patrio, per le doti d'ingegno
e di cuore che li contraddistinguevano, Mario li aveva fatti suoi
confidenti e principali aiutatori nella terribile impresa.
[2] Vedi _Novelliere Contemporaneo_.
Ora erasi al punto di dover prendere gravi ed estreme decisioni; e nel
convegno di quella sera della quale vi sto narrando, Mario Tiburzio
aveva annunziato dovere comunicare agli amici le più importanti novelle.
Ascoltiamolo adunque, ora ch'egli, abbassando la sua voce grave ed
armoniosa, si fa a discorrere.


CAPITOLO XIII.

— Vi dissi che questa sera avrei comunicate gravi e serie novelle: così
cominciò Mario Tiburzio; e quanto sto per manifestarvi è infatti più
importante che forse non crediate, che io stesso non avrei pensato.
Trasse di tasca alcune lettere e mettendole spiegate sopra il suo
ginocchio destro, vi pose su la mano.
— Qui, riprese egli, stanno le relazioni dei comitati parziali delle
città delle Romagne, di alcuni di quelle del Napolitano, di Toscana e
della Lombardia. Dappertutto la rivoluzione è pronta. Non si aspetta che
un cenno da noi e si domanda che questo non tardi. Abbiamo noi da
chiamarli alle armi?
Tacquero tutti sovraccolti, colla fronte corrugata, colle guancie
pallide, cogli occhi fissi a terra, con un po' d'affanno nel respiro che
dinotava il violento palpito del cuore. Il momento era solenne. Quei
giovani si credevano — ed era in parte — avere in pugno la sorte della
patria loro. Certo dal loro accordo in una decisione dipendevano
centinaia di vite, e nuovi travagli e nuovi martirii.
Giovanni Selva, il più impetuoso di tutti, fece primo una mossa che
accennava esser egli per parlare.
Mario alzò la destra e gli accennò attendesse.
— Un momento: pronunziò egli con accento più grave ancora e più solenne.
La risposta che ciascuno di voi deve fare a questa domanda ha da essere
l'effetto d'una matura riflessione e data con piena ed assoluta
cognizione delle cose. Queste lettere mi pervennero oggi nelle prime ore
del pomeriggio, ed io rinchiusomi nella camera dove mi nascondo, ho
meditato su esse una mezza giornata che mi parve la più angosciosa che
abbia vissuto mai e che pure mi passò come un lampo. Quando venne l'ora
di andare a teatro, io aveva tuttavia un confuso tumulto nella testa, un
ronzio negli orecchi per il rifluire del sangue nel cervello, degli
abbagliamenti negli occhi. La febbre mi travagliava. Uscii tenendo sotto
panni qui sul mio petto queste carte fatali, e il loro contatto mi
pareva abbruciarmi. Corsi fuor di città a farmi flagellare la fronte
dalla fredda aria notturna. Quello che s'avvicendò di pensieri nel mio
capo non potrei esprimerlo a gran pezza. Quando entrai nel teatro ero
calmo, la mia risposta era formolata. Non vi dirò per ora qual sia.
Udite prima la lettura di questi rapporti, e poi meditateci sopra anche
voi.
Lesse quei documenti ad uno ad uno con voce lenta e posata. In tutti
dicevasi essenzialmente: essere stanchi della oramai incomportabile
tirannia; rifornite di grandissimo numero di ascritti essersi
dappertutto le file dei congiurati; il popolo impaziente anelare alla
lotta contro i suoi oppressori; aversi raccolto di celato buona somma di
denaro, cui ardenti patrioti erano disposti a venir man mano
rinforzando; aversi delle armi nascoste e sapersi ancora onde
provvedersene: coll'aiuto di certi agenti inglesi che facevano di questi
traffichi; essere gran tempo d'una risoluta eroica decisione. Veniva per
ultimo un disegno di rivolta del comitato parigino, per cui stabilivasi
che ad un tempo nelle Romagne e in Piemonte avesse da seguire lo
scoppio, al quale avrebbero tenuto dietro senza ritardo le insurrezioni
di Lombardia, di Sicilia e del Napolitano. A Mario ed agli amici suoi il
procurare e provvedere pel rivolgimento nelle terre subalpine. Si
assegnava un corto periodo di tempo per gli ultimi preparativi, e i
giorni di gazzarra della fine di carnovale erano posti come quelli in
cui si sarebbe dovuto scendere in piazza. Italia e libertà il grido; via
lo straniero l'impresa; repubblicano, colla formola di Mazzini, il
vessillo.
Poichè Mario ebbe finito di leggere, nessuno ancora degli amici parlò.
Tutti avevano lasciato spegnere in bocca lo zigaro o la pipa, loro
compagni inseparabili.
Mario ripose in seno quelle carte pericolose e riprese a dire:
— Qui non è tutto. Siccome conviene che voi sappiate ogni cosa, mi resta
da narrarvi d'un importante abboccamento che ho avuto testè. Voi sapete
come da poco tempo sia sorta nel nostro paese una nuova schiera di
amatori di libertà e di progresso, la quale, rompendo colle tradizioni
del nostro popolo che sono tutte repubblicane e rivoluzionarie, pretende
e sogna di effettuare l'impossibile vicenda d'un movimento pacifico di
riforma, per cui l'Italia dalla monarchia, o meglio dalle monarchie che
la opprimono, venga a ricevere aiuto precipuo a costituirsi in nazione
ed acquistare la indipendenza dallo straniero. Questa scuola è anzi nata
qui in Piemonte, e ne sono fondatori e precipui campioni i vostri
Gioberti, Balbo e d'Azeglio. Essi chiamano utopia la nostra di sperare
nella forza dell'ira popolare, nella potenza della rivoluzione, nel
santo principio della libertà repubblicana; e noi chiamiamo utopia la
loro di confidare in un miracoloso liberalismo di re che soltanto vivono
per la tirannia, in un desiderio d'indipendenza di principi i quali
dallo straniero soltanto hanno sostenuti i loro troni. Fra queste due
schiere, come vedete, corre un abisso; e tuttedue si guardano con
diffidenza a vicenda. Mi era già venuto parecchie volte il pensiero che
opera buona sarebbe il tentare se possibil cosa non fosse l'indurre fra
queste due parti un accordo per cui, in servizio di quella libertà e di
quel bene della patria che tutti in fondo vogliamo, si traesse profitto
delle forze che in verità stanno presso dell'una e presso dell'altra.
«Siffatto pensiero, ch'io non avevo mai trovato modo, occasione ed
incoraggiamento a porre in atto, ha or ora intrapreso di effettuare uno
dei principali della parte che si chiama e dev'essere chiamata moderata,
uno dei vostri, un di quelli che ho nominato adesso, Massimo d'Azeglio.
«Questo nobile liberale, questo soldato artista, questo scrittore
patriota, viaggia per l'Italia, quasi messo del suo partito, apostolo
della nuova dottrina della rivoluzione pacifica di complicità fra popolo
e principi, sconsiglia ogni violento proposito, incuora alla tolleranza,
alla calma, ad una rassegnata aspettazione, facendo sperare chi sa quali
venturosi successi da un subito convertimento dei nostri reggitori
all'amore della nazionalità. Ora, come sapete, ei trovasi in Piemonte, e
fa nella società torinese la sua opera di propaganda moderata.
«Avevo più volte pensato di recarmigli innanzi. L'ho conosciuto quando
visse in Roma come semplice e non ricco artista, ed io era giovanetto.
Nell'infelice ultima rivoltura, a cui presi sì sfortunata parte, udii
ch'egli avevala condannata: ma le nobili parole ch'egli stampò a far
conoscere il vero all'Europa non mi lasciarono scemar d'un punto quella
reverenza e quell'affetto che sin da prima ho concepiti per esso. Pur mi
peritavo di venirgli innanzi, solamente per appurar meglio lo screzio
profondo che divide le sue dalle nostre idee; e come non confidavo
abbastanza nella mia forza di persuasione, per istaccar lui dalle sue
opinioni, sentivo altresì che le mie mi erano eziandio così radicate
nell'animo, che niuna parola, per quanto autorevole, me ne avrebbe
potuto smuovere. Inutile quindi, e forse doloroso soltanto l'accontarsi
con esso lui.
«Ma ciò che non io, si decise a far egli. Mercè i suoi rapporti con
tutti quelli della parte liberale italiana, d'Azeglio seppe della mia
venuta e del mio star qui in Torino, ed apprese ancora o indovinò
l'opera mia. Volle ad ogni modo vedermi e favellar meco; e per
un'interposta persona mi fece questa medesima sera domandare un luogo ed
un'ora per un colloquio, e presto, che trattavasi di cose urgenti.
Risposi che sarei andato da lui anche subito; mi si prese in parola, e
quand'ebbi finito il mio poco di parte nell'opera, sgusciai via,
raggiunsi in piazza l'uomo che mi aspettava, e fui condotto in presenza
di Massimo d'Azeglio.
«Sono uscito da quell'abboccamento per correr qui da voi; e la cagione
del mio ritardo fu questa. Importanti cose si dissero nel nostro
colloquio, ed è mestieri che voi pure le intendiate.»
Qui Mario fece una pausa. I suoi compagni, sempre più presi
dall'interesse, gli si accostarono ancora di vantaggio, pendendo proprio
dalle sue labbra; ed egli così incominciò a parlare:
— Massimo d'Azeglio ha nella sua persona tutto quanto può sedurre ed
ispirare rispetto insieme e simpatia: la gentilezza d'un cavaliere,
l'abbandono d'un artista, la cortese domestichezza del tratto, la grazia
dell'ingegno, e sopra tutto ciò lo splendore della fama sì giustamente
acquistata al suo nome. Parla con una modesta sicurezza e con un'agevole
semplicità che sono ben lungi dall'eloquenza, ma che più di questa vi si
insinuano nell'anima, vi convincono e vi trascinano. Sul suo volto
nobile ed aperto, nel suo sguardo limpido e schietto, nel suo sorriso
arguto e tuttavia pieno, direi, di tolleranza, appaiono la sincerità
delle sue convinzioni, la integrità della sua anima e la cavalleresca
lealtà del suo carattere. Alto di persona e non ancora cinquantenne, sta
curvo ed ha un aspetto stracco, come se le fatiche della vita sostenute
lo avessero affranto; i capelli brizzolati, le rughe che si affollano
sul suo viso dimagrato gli danno un'apparenza di età più inoltrata e non
gli lasciano di giovane che lo sguardo ed il sorriso. Questa medesima
aria di sofferenza e di affralimento accresce in lui quel fascino di
simpatia che ho detto, ch'egli manda intorno a sè, su chiunque
l'accosti. Tanto più che facilmente si scorge, cotale stracchezza non
esser che delle membra, ma dentro esse perdurare vivaci, forti, ardenti
l'animo e lo spirito, pronti, ove il bisogno ne occorra, a dare, colla
forza indomata del volere, attività e robustezza anche al corpo.
«Vi dico tutto ciò, perchè vediate se io non era disposto meglio che
altro a subire l'influsso della parola, delle ragioni, della giusta
autorità di quell'uomo benemerito d'Italia.
«Al mio entrare si alzò dalla poltroncina su cui sedeva, presso ad una
tavola, leggendo al chiarore d'una lampada, i cui raggi erano riflessi
sul libro da un coprilume bianco al di sotto, verde al di fuori; depose
il volume che teneva in mano sulla tavola colla parte in cui era aperto
volta all'ingiù, e fece alcuni passi verso di me e la persona che mi
introduceva. Appena udito da quest'ultima il mio nome, si accostò più
rapidamente, tendendomi le sue due mani.
«— Tiburzio! Diss'egli con molto affetto. Con quanto piacere vi rivedo!
Voi mi ricordate la mia diletta Roma, e il bel tempo che, giovane, ho
vissuto in essa; voi mi recate innanzi il maschio volto d'un coraggioso
patriota, d'uno che può dirsi per sangue e per animo discendente dai
Romani dei due Gracchi.
«(Vi ripeto, quale egli le disse, le sue parole, che una per una, come
potete immaginare, mi si stamparono nella mente e nel cuore).
«Per le mani, che io aveva poste nelle sue tesemi così cordialmente, mi
trasse presso la tavola, e levando il coprilume dalla lampada, fece che
i raggi di essa si spandessero per la cameretta e percuotessero in pieno
nei volti di ambedue che stavamo là l'uno a fronte dell'altro.
«— Così, diss'egli scherzosamente, che possiamo leggerci nella
soprascritta.
«I suoi occhi si affisarono ne' miei ed i miei si affondarono ne' suoi.
Parve che le nostre anime si incontrassero; e credo poter dire che niuno
rimase scontento di questo mutuo, tacito esame.
«— Ah! Diss'egli con un sospiro insieme ed un sorriso: l'ultima volta
che ci siam visti, voi eravate appena giovinetto ed io già uomo; ora voi
siete un uomo ed io sono vecchio.
«La persona che mi aveva introdotto era testo sparita; ci trovavamo
affatto soli.
«D'Azeglio tirò avanti una poltroncina, rimpetto a quella in cui egli
sedeva poc'anzi, e fe' cenno mi vi assettassi.
«— Sedete e discorriamo: mi disse.
«Sedette egli stesso, ed appoggiando il gomito destro alla tavola
sostenne il capo colla mano alla fronte, mentre mi seguitava a guardare
con insistenza che non aveva nulla di offensivo o sgradito, ma invece di
amorevole, onde non me ne sentivo menomamente turbato.
«Io dissi alcune parole ad esprimere la mia soddisfazione e la mia
superbia nel trovarmi a quel colloquio con esso lui. Egli m'interruppe
con quel suo aggraziato e malizioso sorriso.
«— Caro Tiburzio, non siamo qui per farci dei complimenti, che nella
vostra bocca sento sinceri, ma che non fanno all'uopo. Io non vo' usare
con voi ciò che suol chiamarsi della diplomazia. Lo faccio con nessuno —
o con pochissimi, soggiunse sorridendo — e la gran ragione si è che non
ci ho proprio gamba. Con voi poi meno che meno vorrei tentare codesto,
perchè vi stimo di troppo, e inoltre la sarebbe cosa inutile ed anzi
dannosa agli effetti che mi sono proposto d'ottenere. Gli uomini di
ordinario hanno due verità come due coscienze; una verità vera ed una
coscienza giusta a cui fanno contrapposto una verità affatturata e una
coscienza che chiamerò legale. Nei nostri rapporti noi ci atterremo alle
prime due, perchè tale è nostra natura, e vi dirò schietto che tale è
eziandio il mio interesse. Dunque a noi, senza altro preambolo.
«E qui, ponendomi famigliarmente una mano sopra il ginocchio, mi disse
che se io conosceva alcuna cosa de' fatti suoi, anch'egli non era del
tutto al buio intorno ai miei, che sapeva la parte da me presa negli
ultimi infausti rivolgimenti, la mia dimora in Parigi e in che cosa
l'avessi occupata, la mia venuta in Italia, e l'opera a cui intendevo
sotto il mio finto mestiere d'artista da teatro.
«— Quest'opera, diss'egli allora con molto calore, quest'opera non può
riuscire, più che non abbiano riuscito gli ultimi tentativi di Romagna,
credetene l'esperienza d'un uomo a cui pur troppo la maturanza dell'età
non lascia abbandonarsi alle lusinghe della fantasia, d'un uomo che ha
viaggiato palmo a palmo questa Italia che si tratta di sommovere, che ne
conosce della popolazione gli elementi, le condizioni, gli umori, i
difetti. Voi, col trasporto del vostro desiderio e del vostro
patriottismo, vi create un popolo italiano immaginario che non esiste, e
quindi allorchè lo chiamate alla lotta, esso vi manca e non sapete
rendervene ragione. Fra noi v'è una massa stragrande di plebe, la quale
non si cura di patria, nè d'indipendenza, nè di libertà, perchè non sa
nulla, non comprende nulla, non avverte nessun suo interesse ad un
cambiamento politico qualunque.
A questo punto Maurilio, che era sempre stato immobile ad ascoltare, coi
gomiti appoggiati alle ginocchia e il volto sostenuto alle mani serrate
a pugno, si volse di scatto ed esclamò vivamente.
— Gli è vero! Codesta osservazione tenetela a mente: ci tornerò sopra.
Mario continuava:
— E non solo — così diceva ancora D'Azeglio, e come vedete, io vi ripeto
con tutta imparzialità le sue obbiezioni — non solo fallirà tristamente
il vostro tentativo, ma sarà infaustissimo, oltre che a voi prime
vittime della vostra generosa imprudenza, oltre che a migliaia d'altri
martiri inutili, all'Italia medesima, a quella santa causa a cui volete
appunto giovare, a cui vi disponete a sacrificare la vostra vita, ed
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La plebe, parte I - 10
  • Parts
  • La plebe, parte I - 01
    Total number of words is 4473
    Total number of unique words is 1804
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    49.7 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 02
    Total number of words is 4550
    Total number of unique words is 1598
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    51.5 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 03
    Total number of words is 4593
    Total number of unique words is 1685
    38.8 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    61.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 04
    Total number of words is 4529
    Total number of unique words is 1645
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.3 of words are in the 5000 most common words
    62.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 05
    Total number of words is 4517
    Total number of unique words is 1639
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 06
    Total number of words is 4557
    Total number of unique words is 1749
    38.0 of words are in the 2000 most common words
    53.3 of words are in the 5000 most common words
    60.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 07
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1773
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    59.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 08
    Total number of words is 4559
    Total number of unique words is 1844
    37.6 of words are in the 2000 most common words
    53.3 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 09
    Total number of words is 4541
    Total number of unique words is 1766
    39.0 of words are in the 2000 most common words
    54.3 of words are in the 5000 most common words
    61.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 10
    Total number of words is 4482
    Total number of unique words is 1687
    38.0 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    61.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 11
    Total number of words is 4472
    Total number of unique words is 1716
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    51.6 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 12
    Total number of words is 4616
    Total number of unique words is 1736
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    61.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 13
    Total number of words is 4586
    Total number of unique words is 1743
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    57.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 14
    Total number of words is 4538
    Total number of unique words is 1740
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    53.4 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 15
    Total number of words is 4566
    Total number of unique words is 1732
    36.2 of words are in the 2000 most common words
    50.8 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 16
    Total number of words is 4591
    Total number of unique words is 1775
    36.4 of words are in the 2000 most common words
    51.9 of words are in the 5000 most common words
    60.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 17
    Total number of words is 4585
    Total number of unique words is 1649
    36.2 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 18
    Total number of words is 4630
    Total number of unique words is 1702
    38.8 of words are in the 2000 most common words
    53.1 of words are in the 5000 most common words
    61.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 19
    Total number of words is 4602
    Total number of unique words is 1710
    39.9 of words are in the 2000 most common words
    53.4 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 20
    Total number of words is 4636
    Total number of unique words is 1703
    37.6 of words are in the 2000 most common words
    53.6 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 21
    Total number of words is 4644
    Total number of unique words is 1716
    38.2 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    60.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 22
    Total number of words is 4550
    Total number of unique words is 1806
    37.0 of words are in the 2000 most common words
    51.6 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 23
    Total number of words is 4509
    Total number of unique words is 1853
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 24
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1714
    35.8 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    59.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 25
    Total number of words is 4511
    Total number of unique words is 1703
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    60.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 26
    Total number of words is 4518
    Total number of unique words is 1649
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    53.7 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 27
    Total number of words is 4578
    Total number of unique words is 1666
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    53.4 of words are in the 5000 most common words
    61.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 28
    Total number of words is 4506
    Total number of unique words is 1614
    38.9 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    62.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 29
    Total number of words is 4512
    Total number of unique words is 1691
    36.2 of words are in the 2000 most common words
    51.9 of words are in the 5000 most common words
    59.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 30
    Total number of words is 4508
    Total number of unique words is 1714
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 31
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1648
    38.5 of words are in the 2000 most common words
    54.5 of words are in the 5000 most common words
    63.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 32
    Total number of words is 4447
    Total number of unique words is 1564
    38.8 of words are in the 2000 most common words
    54.8 of words are in the 5000 most common words
    61.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La plebe, parte I - 33
    Total number of words is 144
    Total number of unique words is 121
    61.0 of words are in the 2000 most common words
    78.2 of words are in the 5000 most common words
    86.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.