La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 20

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frullate e agro di limone. La confusione di questi e simili termini fra
provincia e provincia, in Italia, è tale che poco manca a formare una
seconda Babele.
Dopo l'unità della patria mi sembrava logica conseguenza il pensare
all'unità della lingua parlata, che pochi curano e molti osteggiano,
forse per un falso amor proprio e forse anche per la lunga e inveterata
consuetudine ai propri dialetti.
Tornando al cacciucco, dirò che questo, naturalmente, è un piatto in
uso più che altrove nei porti di mare, ove il pesce si trova fresco
e delle specie occorrente al bisogno. Ogni pescivendolo è in grado
di indicarvi le qualità che meglio si addicono a un buon cacciucco;
ma buono quanto si voglia, è sempre un cibo assai grave e bisogna
guardarsi dal farne una scorpacciata.
Per grammi 700 di pesce, trinciate fine mezza cipolla e mettetela a
soffriggere con olio, prezzemolo e due spicchi d'aglio intero. Appena
che la cipolla avrà preso colore, aggiungete grammi 300 di pomodori
a pezzi, o conserva, e condite con sale e pepe. Cotti che siano i
pomodori, versate sui medesimi un dito d'aceto se è forte, e due
se è debole, diluito in un buon bicchier d'acqua. Lasciate bollire
ancora per qualche minuto, poi gettate via l'aglio e passate il resto
spremendo bene. Rimettete al fuoco il succo passato, insieme col
pesce che avrete in pronto, come sarebbero, parlando dei più comuni,
sogliole, triglie, pesce cappone, palombo, ghiozzi, _canocchie_, che in
Toscana chiamansi _cicale_, ed altre varietà della stagione, lasciando
interi i pesci piccoli e tagliando a pezzi i grossi. Assaggiate se
sta bene il condimento; ma in ogni caso non sarà male aggiungere un
po' d'olio tenendosi piuttosto scarsi nel soffritto. Giunto il pesce a
cottura e fatto il cacciucco, si usa portarlo in tavola in due vassoi
separati; in uno il pesce asciutto, nell'altro tante fette di pane,
grosse un dito, quante ne può intingere il succo che resta, ma prima
asciugatele al fuoco senza arrostirle.
456. Cacciucco II
Questo cacciucco, imparato a Viareggio, è assai meno gustoso
dell'antecedente, ma più leggiero e più digeribile.
Per la stessa quantità di pesce pestate in un mortaio tre grossi
spicchi d'aglio e dello zenzero fresco, oppure secco, per ridurlo in
polvere. Per zenzero colà s'intende il peperone rosso piccante, quindi
va escluso il pepe. Mettete questo composto al fuoco in un tegame
o pentola di terra con olio in proporzione e quando avrà soffritto
versateci un bicchiere di liquido composto di un terzo di vino bianco
asciutto oppure rosso e il resto acqua. Collocateci il pesce, salatelo
e poco dopo sugo di pomodoro o conserva sciolta in un gocciolo d'acqua.
Fate bollire a fuoco ardente tenendo sempre il vaso coperto, non
toccate mai il pesce per non romperlo, e lo troverete cotto in pochi
minuti.
Servitelo come il precedente, con fette di pane a parte che
asciugherete prima al fuoco senza arrostirle.
Se il pesce, prima di cuocerlo, resta crudo per diverse ore, si
conserva meglio salandolo; ma allora è bene di lavarlo avanti di
metterlo al fuoco.
457. Pesce al piatto
Ritengo che il pesce, per essere alimento poco nutritivo, sia
più igienico usarlo promiscuamente alla carne anzichè cibarsi
esclusivamente di esso ne' giorni magri, ammenochè non vi sentiate
il bisogno di equilibrare il corpo per ripienezza di cibi troppo
succolenti. Di più il pesce, in ispecie i così detti frutti di mare
e i crostacei, per la quantità notevole d'idrogeno e di fosforo che
contengono, sono eccitanti e non sarebbero indicati per chi vuol vivere
in continenza.
Meglio è il servirsi per questo piatto di qualità diverse di pesce
minuto; ma si può cucinare nella stessa maniera anche il pesce a taglio
in fette sottili. Quando io l'ho fatto di sogliole e triglie, ho diviso
le prime in tre parti. Dopo che avrete nettato, lavato e asciugato il
pesce, ponetelo in un vaso di metallo o di porcellana che regga al
fuoco e conditelo con un battuto d'aglio e prezzemolo, sale e pepe,
olio, agro di limone e vino bianco buono.
Ponete in fondo metà del battuto con un po' d'olio, distendetegli sopra
il pesce, e poi, versando dell'altro olio e il resto degli ingredienti,
fate che il pesce vi sguazzi entro. Cuocetelo con fuoco sotto e sopra;
se il vassoio è di porcellana posatelo sulla cinigia.
Non è piatto difficile a farsi e però vi consiglio di provarlo,
persuaso che ve ne troverete contenti.
458. Pesce marinato
Sono parecchie le specie de' pesci che si possono marinare; ma io
preferisco le sogliole e le anguille grosse. Se trattasi di sogliole
friggetele prima nell'olio e salatele; se di anguilla tagliatela a
pezzi lunghi circa mezzo dito e, senza spellarli, cuoceteli in gratella
o allo spiedo. Quando hanno gettato il grasso conditeli con sale e
pepe.
Prendete una cazzaruola e in essa versate, in proporzione del pesce,
aceto, sapa (che qui ci sta come il cacio su' maccheroni), foglie di
salvia intere, pinoli interi, uva passolina, qualche spicchio d'aglio
tagliato in due per traverso e del candito a pezzettini. Mancandovi
la sapa supplite collo zucchero e assaggiate per correggere il sapore
dell'aceto, se fosse troppo forte. Fate che questo composto alzi il
bollore e poi versatelo sul pesce che avrete collocato in un tegame di
terra, disteso in modo che il liquido lo investa da tutte le parti.
Fategli spiccare un'altra volta il bollore col pesce dentro, poi
coprite il vaso e riponetelo.
Quando lo servite in tavola prendetene quella quantità che vi abbisogna
con un poco dei suo intinto, unendovi anche porzione degli ingredienti
che vi sono. Se col tempo il pesce prosciugasse, rinfrescatelo con un
altro poco di marinato. Anche l'anguilla _scorpionata_ che è messa in
commercio, potete prepararla in questa maniera.
459. Pesce lesso
Non sarà male avvertire che si usa cuocere il pesce lesso nella
seguente maniera: si mette l'acqua occorrente, non però in molta
quantità, al fuoco; si sala e prima di gettarvi il pesce si fa bollire
per circa un quarto d'ora coi seguenti odori: un quarto o mezza
cipolla, a seconda della quantità del pesce, steccata con due chiodi di
garofani, pezzi di sedano e di carota, prezzemolo e due o tre fettine
di limone; oppure (come alcuni credono meglio) si mette al fuoco con
acqua diaccia e con gli odori indicati e, dopo cotto, si lascia in
caldo nel suo brodo fino all'ora di servirlo. Con le fettine di limone
strofinatelo prima tutto da crudo, che così rimane con la pelle più
unita.
Il punto della cottura si conosce dagli occhi che schizzano fuori,
dalla pelle che si distacca toccandola e dalla tenerezza che acquista
il pesce bollendo. Mandatelo caldo in tavola, non del tutto asciutto
dall'acqua in cui è stato cotto, e se desiderate vi faccia miglior
figura, copritelo di prezzemolo naturale e collocatelo in mezzo a un
contorno misto di barbabietole cotte nell'acqua se piccole, o in forno
se grosse, e di patate lesse, tanto le une che le altre tagliate a
fette sottilissime perchè prendano meglio il condimento; unite, infine,
qualche spicchio di uova sode.
Non facendogli il contorno potete servirlo con le salse dei numeri 128,
129, 130, 132, 133 e 134.
Si può anche mandare in tavola il pesce lesso decorato nella seguente
maniera che farà di sè bella mostra. Tagliato a pezzetti e colmatone
un vassoio, intonacarlo tutto di maionese N. 126 e questa ornarla a
disegno con filetti di acciughe salate e di capperi interi.
460. Pesce col pangrattato
Questo piatto, che può servire anche di tramesso, si fa specialmente
quando rimane del pesce lessato di qualità fine. Tagliatelo a
pezzetti, nettatelo bene dalle spine e dalle lische, poi ponetelo nella
_balsamella_ N. 137 e dategli sapore con sale quanto basta, parmigiano
grattato e tartufi tagliati fini. Mancandovi questi ultimi, servitevi
di un pizzico di funghi secchi rammolliti. Poi prendete un vassoio che
regga al fuoco, ungetelo con burro e spolverizzatelo di pangrattato;
versateci il composto e copritelo con un sottile strato pure di
pangrattato. Per ultimo mettete sul mezzo del colmo un pezzetto di
burro, rosolatelo al forno da campagna e servitelo caldo.
461. Pesce a taglio in umido
Il pesce a taglio di cui potete servirvi per questo piatto di ottimo
gusto, può essere il tonno, l'ombrina, il dentice o il ragno, chiamato
impropriamente _bronzino_ lungo le coste dell'Adriatico. Qualunque sia
prendetene un pezzo di circa grammi 600 che potrà bastare per cinque
persone.
Levategli le scaglie e, lavato ed asciugato, infarinatelo tutto e
mettetelo a rosolare con poco olio. Levatelo asciutto, gettate via il
poco olio rimasto e pulite la cazzaruola. Fate un battuto, tritato
molto minuto, con mezza cipolla di mediocre grandezza, un pezzo di
sedano bianco lungo un palmo e un buon pizzico di prezzemolo; mettetelo
al fuoco con olio a sufficienza e conditelo con sale, pepe e un chiodo
di garofano intero. Quando avrà preso colore fermatelo con molto sugo
di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Lasciatelo bollire un poco e
poi collocateci il pesce per finirne la cottura, voltandolo spesso, ma
vi prevengo di servirlo con molto del suo denso intinto onde vi sguazzi
dentro.
462. Pesce squadro in umido
Il pesce squadro o pesce angelo (_Rhina Squatina_) è affine alle razze
per avere il corpo depresso. La sua pelle, aspra e resistente, serve
per pulimentare il legno e l'avorio e per foderare astucci, guaine
di coltelli o di spade e cose simili. La sua carne è ordinaria, ma
trattata nella seguente maniera riesce un piatto da famiglia non solo
mangiabile, ma più che discretamente buono e di poca spesa, perchè
trovasi comune da noi.
Componete un battuto, tritato fine, con un buon pizzico di prezzemolo,
mezza carota, un pezzo di sedano, mezzo spicchio d'aglio e, se il
pesce fosse grammi 600 circa, cipolla quanto una grossa noce. Ponete
il battuto al fuoco con olio in proporzione e quando sarà rosolato
fermatelo con sugo di pomodoro o conserva sciolta in un mezzo bicchiere
d'acqua. Conditelo con sale e pepe e collocateci sopra il pezzo del
pesce che preferibilmente dev'essere dalla parte della coda, la quale
è molto grossa. Cuocetelo adagio e quando sarà giunto a due terzi
di cottura aggiungete, per legare la salsa e per dargli un gusto più
delicato, un pezzetto di burro bene impiastricciato di farina e finite
di cuocerlo.
463. Nasello alla palermitana
Prendete un nasello (merluzzo) del peso di grammi 500 a 600, tosategli
tutte le pinne, eccetto quella della coda, lasciandogli la testa.
Sparatelo lungo il ventre per levargli le interiora e la spina,
spianatelo e conditelo con poco sale e pepe. Voltatelo dalla parte
della schiena, ungetelo con olio, conditelo con sale e pepe, panatelo,
poi collocatelo supino con due cucchiaiate d'olio sopra un vassoio che
regga al fuoco o sopra una teglia.
Prendete tre grosse acciughe salate, o quattro, se sono piccole,
nettatele dalle scaglie e dalle spine, tritatele e mettetele al fuoco
con due cucchiaiate d'olio per disfarle, badando che non bollano. Con
questa salsa spalmate il pesce nella parte di sopra, cioè sulla pancia
e copritela tutta di pangrattato spargendovi sopra qualche foglia
di ramerino, piacendovi. Cuocetelo fra due fuochi e fategli fare la
crosticina, ma badate non risecchisca troppo, anzi perciò spargetegli
sopra dell'altro olio e prima di levarlo strizzategli sopra un grosso
mezzo limone. Credo potrà bastare per quattro o cinque persone se io
servite in tavola contornato da crostini di caviale o di acciughe e
burro.
464. Rotelle di palombo in salsa
Il palombo (_Mustelus_) è un pesce della famiglia degli squali ossia
de' pescicani, e perciò in alcuni paesi il palombo si chiama pescecane.
Questa spiegazione serva per chi non sapesse cosa è il palombo, il
quale prende grandi dimensioni e la sua carne è forse la migliore tra i
pesci del sott'ordine dei selachi cui appartiene.
Prendete rotelle di palombo grosse mezzo dito; se le lavate,
asciugatele dopo in un canovaccio, spellatele con un coltello che
tagli bene, conditele con sale e pepe e tenetele per diverse ore in
infusione nell'uovo frullato. Friggetele nell'olio, ma prima copritele
di pangrattato rituffandole per due volte nell'uovo.
Ora fate la salsa componendola nella seguente maniera:
Prendete una teglia o un tegame largo ove possano star distese e nel
medesimo ponete olio in proporzione, un pezzetto di burro intriso
bene nella farina, la quale serve per legare la salsa, un pizzico
di prezzemolo tritato, sugo di pomodoro, oppure conserva diluita
coll'acqua e una presa di sale e pepe. Quando questa salsa avrà
soffritto un poco sul fuoco, mettete nella medesima le rotelle di
palombo, fritte, voltatele dalle due parti ed aggiungete acqua onde
la salsa riesca liquida. Levatele dal fuoco, spargete sulle medesime
un poco di parmigiano grattato e mandatele in tavola ove saranno molto
lodate.
465. Sogliole in gratella
Quando le sogliole (_Solea vulgaris_) sono grosse, meglio è cuocerle
in gratella e condirle col lardo invece dell'olio; acquistano in questo
modo un gusto più grato.
Sbuzzatele, raschiatene le scaglie, lavatele e poi asciugatele bene.
Dopo spalmatele leggermente di lardo vergine diaccio e che non sappia
di rancido; conditele con sale e pepe ed involtatele nel pangrattato.
Sciogliete in un tegamino un altro poco di lardo ed ungetele con una
penna anche quando le rivoltate sulla gratella.
Le sogliole da friggere quando sono grosse, si possono spellare da
ambedue le parti o anche solo dalla parte scura, infarinandole e
tenendole nell'uovo per qualche ora, prima di gettarle in padella.
Una singolarità di questo pesce, meritevole di essere menzionata, è che
esso nasce, come tutti gli animali bene architettati, con un occhio a
destra ed uno a sinistra; ma a un certo periodo della sua vita l'occhio
che era nella parte bianca, cioè a sinistra, si trasporta a destra e si
fissa come quell'altro nella parte scura. Le sogliole e i rombi nuotano
collocati sul lato cieco. Alla sogliola, per la bontà e delicatezza
della sua carne, i Francesi danno il titolo di _pernice di mare_; è un
pesce facile a digerirsi, regge più di tanti altri alla putrefazione
e non perde stagione. Si trova abbondante nell'Adriatico ove viene
pescato di nottetempo con grandi reti a sacco, fortemente piombate alla
bocca, le quali raschiando il fondo del mare sollevano il pesce insieme
colla sabbia e col fango in cui giace.
Il rombo, la cui carne è poco dissimile da quella della sogliola ed
anche più delicata, è chiamato _fagiano di mare_.
466. Filetti di sogliole col vino
Prendete sogliole che non sieno meno di grammi 150 ciascuna, levate
loro la testa e spellatele. Poi con un coltello che tagli bene separate
dalle spine la carne per ottenere quattro lunghi filetti per ogni
sogliola od anche otto se le sogliole fossero molto grosse. Con la
costola del coltello batteteli leggermente e con la lama del medesimo
spianateli per renderli sottili e così conciati lasciateli per diverse
ore nell'uovo frullato condito con sale e pepe. involtateli poi nel
pangrattato e friggeteli nell'olio. Dopo versate in un tegame o in una
teglia, ove possano star distesi, un gocciolo di quell'olio rimasto
nella padella e un pezzetto di burro, disponeteci sopra i filetti,
conditeli ancora un poco con sale e pepe e quando avranno soffritto
alquanto, bagnateli col vino bianco asciutto, fate bollire per cinque
minuti insieme con un poco di prezzemolo tritato e serviteli con la
salsa che hanno, spargendoci sopra un pizzico di parmigiano. È un
piatto di molta comparita. Servitelo con spicchi di limone. Anche i
naselli si possono cucinare nella stessa maniera.
La parola _asciutto_ applicata al vino, in questo caso è di rigore
perchè altrimenti la pietanza saprebbe troppo di dolce. Una sogliola di
comune grandezza può servire per una persona.
467. Contorno di filetti di sogliole a un fritto dello stesso pesce
Prendete un paio di sogliole mezzane oppure una sola, staccatene i
filetti dopo averle spellate, che saranno quattro, e tagliateli per
traverso a listarelle fini come fiammiferi. Se li tagliate in isbieco
li otterrete alquanto più lunghi e sarà meglio. Metteteli in una
scodella col sugo di un limone o più se occorre, e lasciateli così
marinare per due o tre ore il che li farà irrigidire, chè altrimenti
riuscirebbero mosci. Poco prima di servire in tavola asciugateli con
un canovaccio, immergeteli nel latte, infarinateli, cercate che non
facciano gomitolo e friggeteli nell'olio; poi salateli leggermente.
468. Triglie col prosciutto
Non è sempre vero il proverbio: _Muto come un pesce_, perchè la
triglia, l'ombrina e qualche altro, emettono suoni speciali che
derivano dalle oscillazioni di appositi muscoli, rafforzate da quelle
dell'aria contenuta nella vescica natatoria.
Le triglie più grosse e saporose sono quelle di scoglio; ma per
cucinarle in questa maniera, possono servire triglie di mezzana
grandezza che nella regione adriatica chiamansi _rossioli_ o _barboni_.
Dopo averle nettate e lavate asciugatele bene con un canovaccio e poi
ponetele in una scodella da tavola e conditele con sale, pepe, olio
e agro di limone. Lasciatele così per qualche ora e quando sarete
per cuocerle, tagliate tante fettine sottili di prosciutto grasso e
magro larghe come le triglie e in quantità uguale al numero di esse.
Prendete un vassoio o un tegame di metallo, spargete in fondo al
medesimo qualche foglia di salvia intera, involtate bene le triglie nel
pangrattato e disponetele in questa guisa: addossatele insieme ritte
e frapponete le fettine di prosciutto fra l'una e l'altra, spargendovi
sopra altre foglie di salvia.
Per ultimo versate sopra le medesime il condimento rimasto e cuocetele
fra due fuochi. Se volete che questo piatto riesca più signorile,
levate la spina alle triglie da crude aprendole dalla parte davanti,
richiudendole poscia.
469. Triglie in gratella alla marinara
Dopo averne estratto l'intestino, con la punta di un coltello, dalle
branchie, lavatele ed asciugatele e nel posto dov'era l'intestino
collocate un pezzetto d'aglio. Conditele con sale, pepe, olio, foglie
di ramerino e lasciatele così condite. Quando sarete per cuocerle
involtatele nel pangrattato ed ungetele col condimento allorchè saranno
sul fuoco. Oppure, dopo averle nettate, lavate ed asciugate, conditele
con poco sale e pepe e cuocetele così naturali a fuoco ardente.
Collocate poi sul vassoio, conditele solo allora con olio, un altro po'
di sale e pepe.
Servitele con spicchi di limone.
470. Triglie di scoglio in gratella
Questo bellissimo pesce di color rosso vivace, che raggiunge il peso
di 500 a 600 grammi, eccellente al gusto, si suole cuocere in gratella
nella seguente maniera:
Conditelo con olio, sale e pepe, cuocetelo a fuoco ardente e quando lo
levate spalmatelo così a bollore con un composto di burro, prezzemolo
trito e agro di limone preparato avanti. Trattamento questo che può
servire anche per altri pesci grossi cotti in gratella.
Gli antichi Romani stimavano il pesce più delizioso della carne e le
specie che maggiormente apprezzavano erano: lo storione, il ragno,
la lampreda, la triglia di scoglio e il nasello pescato nel mar della
Siria senza annoverar le murene che alimentavano in modo grandioso in
appositi vivai e che nutrivano anche con la carne dei loro schiavi.
Vedio Pollione, noto nella storia per la sua ricchezza e per la sua
crudeltà, mentre cenava con Augusto comandò fosse gettato nel vivaio,
alle murene, uno sventurato servo che aveva rotto disavvedutamente
un bicchiere di cristallo. Augusto, ai cui piedi cadde lo schiavo,
invocando la sua intercessione, potè salvarlo a stento con un ingegnoso
suo strattagemma.
Le triglie grosse di scoglio, che raggiungevano il peso non mica
di soli grammi 500 a 600, come dico più sopra, ma perfino di 4 a 6
libbre, erano stimate assai e pagate a prezzi altissimi, favolosi.
La mollezza dei costumi e la golosità avendo nei Romani raffinato il
senso del gusto, studiavansi di appagarlo con le vivande più delicate e
perciò avevano inventata una certa salsa chiamata gareleo nella quale
disfacevano e stemperavano la coratella di questo grosso pesce per
intingervi la carne del medesimo.
471. Triglie alla livornese
Fate un battutino con aglio, prezzemolo e un pezzo di sedano; mettetelo
al fuoco con olio a buona misura e quando l'aglio avrà preso colore,
unitevi pomodori a pezzi e condite con sale e pepe. Lasciate che i
pomodori cuociano bene, rimestateli spesso e passatene il sugo. In
questo sugo collocate le triglie e cuocetele. Se sono piccole non
hanno bisogno d'esser voltate e se il vaso dove hanno bollito distese
non è abbastanza decente prendetele su a una a una per non romperle e
collocatele in un vassoio.
Poco prima di levarle dal fuoco fioritele leggermente di prezzemolo
tritato.
La pesca di questo pesce è più facile e più produttiva di giorno che di
notte e la sua stagione, quando cioè è più grasso, è, come si disse, il
settembre e l'ottobre.
472. Triglie alla viareggina
Se le triglie fossero in quantità di circa mezzo chilogrammo fate un
battutino con due spicchi d'aglio e un buon pizzico di prezzemolo.
Mettetelo al fuoco con olio a buona misura in un tegame o in una teglia
ove le triglie possano star distese e quando il soffritto sarà rosolato
fermatelo con sugo di pomodoro semplice. Lasciate bollire alquanto,
poi collocateci le triglie rivoltandole nell'intinto a una a una.
Copritele e fatele bollire adagio e quando avranno ritirato buona parte
dell'umido versateci un dito (di bicchiere) di vino rosso annacquato
con due dita di acqua.
Fatele bollire ancora un poco e servitele.
473. Tonno fresco coi piselli
Il tonno, pesce della famiglia degli sgombri, è proprio del bacino
mediterraneo. In certe stagioni abita le parti più profonde del mare,
in altre invece si accosta alle spiagge, ove ha luogo la pesca che
riesce abbondantissima. La sua carne, per l'oleosità che contiene,
rammenta quella del maiale, e perciò non è di facile digestione.
Si vuole che si trovino dei tonni il cui peso raggiunga fino i 500
chilogrammi. La parte più tenera e delicata di questo pesce è la
pancia, che in Toscana chiamasi _sorra_.
Tagliatelo a fette grosse mezzo dito e mettetelo al fuoco, sopra
un abbondante soffritto d'aglio, prezzemolo e olio, quando l'aglio
comincia a prender colore. Conditelo con sale e pepe, voltate le fette
dalle due parti e, a mezza cottura, aggiungete sugo di pomodoro o
conserva sciolta nell'acqua. Cotto che sia levatelo asciutto e nel
suo sugo cuocete i piselli, poi rimettetelo sopra i medesimi per
riscaldarlo e mandatelo in tavola con questo contorno.
474. Tonno in gratella
Tagliatelo a fette come il precedente, ma preferite la _sorra_;
conditelo con olio, sale e pepe, involgetelo nel pangrattato e
cuocetelo, servendolo con spicchi di limone.
475. Tonno sott'olio in salsa alla bolognese
Prendete un pezzo tutto unito di tonno sott'olio del peso di grammi
150, mettetelo al fuoco con acqua bollente e fatelo bollire adagio
per mezz'ora cambiandogli l'acqua ogni dieci minuti, cioè tre volte.
Frattanto fate un battuto tritato fine con mezza cipollina di quelle
indicate al N. 409, un quarto di spicchio d'aglio, due costole di
sedano bianco lunghe un palmo ciascuna, un bel pezzo di carota e un
pugno abbondante di prezzemolo. Ponetelo al fuoco con tre cucchiaiate
d'olio e grammi 15 di burro e quando avrà preso colore fermatelo con
due dita (di bicchiere) d'acqua e lasciatelo bollire un poco. Il tonno,
diaccio che sia, tagliatelo a fette più sottili che potete e, preso
un tegame, distendetelo nel medesimo a strati, intercalandolo con la
salsa e grammi 15 di burro sparso a pezzetti. Fategli alzare il bollore
al fuoco per liquefare il burro, strizzategli sopra mezzo limone e
servitelo caldo. Potrà bastare per quattro persone come principio a una
colazione di magro o come tramesso a un desinare di famiglia e non è
piatto da disprezzarsi, perchè non aggrava nè anche molto lo stomaco.
476. Arigusta
L'aragosta o arigusta è un crostaceo dei più fini e delicati, comune
sulle coste del Mediterraneo. È indizio della freschezza e della buona
qualità delle ariguste, degli astaci e de' crostacei in genere, il loro
peso in proporzione della grossezza; ma sempre è da preferirsi che
siano vivi ancora, o almeno che diano qualche segno di vitalità, nel
qual caso si usa ripiegare la coda dell'arigusta alla parte sottostante
e legarla avanti di gettarla nell'acqua bollente per cuocerla.
A seconda della sua grossezza fatela bollire dai 30 ai 40 minuti; ma
prima aromatizzate l'acqua in cui deve bollire con un mazzetto composto
di cipolla, carote, prezzemolo e due foglie d'alloro, aggiungendo
a questo due cucchiai di aceto e un pizzico di sale. Lasciate che
l'arigusta diacci nel suo brodo e quando la levate, sgrondatela
dall'acqua strizzandone la coda e dopo averla asciugata strofinatela
con qualche goccia d'olio per renderla lucida.
Mandatela in tavola con una incisione dal capo alla coda per poterne
estrarre facilmente la polpa e, se non si volesse mangiare condita
semplicemente con olio e agro di limone, accompagnatela con la salsa
maionese o con altra salsa piccante; ma potete servirla pur anche con
una salsa fatta con lo stesso pesce nel seguente modo:
Levate la polpa della testa e questa tritatela ben fine con un rosso
d'uovo assodato e alcune foglie di prezzemolo. Ponete il composto in
una salsiera, conditelo con pepe, poco o punto sale e diluitelo con
olio fine e l'agro di mezzo limone, o aceto.
477. Cotolette di arigusta
Prendete un'arigusta del peso di grammi 650 circa, lessatela come è
indicato nella ricetta precedente, poi sgusciatela per estrarne tutta
la parte interna che triterete all'ingrosso con la lunetta. Fate una
_balsamella_ nelle proporzioni e come quella del N. 220 e quando la
ritirate dal fuoco gettateci dentro l'arigusta, salatela e dopo aver
mescolato bene il composto, versatelo in un piatto e lasciatelo, per
qualche ora, raffreddar bene.
Quando sarete per formare le cotolette dividete il composto in dieci
parti eguali e facendole toccare il pangrattato modellatele fra la
palma delle mani alla grossezza un po' più di mezzo dito; tuffatele
nell'uovo frullato, panatele ancora e friggetele nell'olio. Delle
lunghe corna dell'arigusta fatene dieci pezzi che infilerete nelle
cotolette quando le mandate in tavola onde facciano fede della nobile
materia di cui le cotolette sono composte. Possono bastare per cinque
persone ed è un piatto molto delicato.
478. Conchiglie ripiene
È un piatto delicato di pesce che può servire per principio a una
colazione.
I gusci delle conchiglie marine per quest'uso devono essere, nella
parte concava, larghi quanto la palma di una mano onde ognuno, col
contenuto suo, possa bastare a una persona. Appartengono al genere
_Pecten Iacobaeus_, Pettine, detto volgarmente cappa santa perchè si
usava dai pellegrini. La carne di questa conchiglia, buona a mangiarsi,
è molto apprezzata pel suo delicato sapore.
In qualche casa signorile usansi conchiglie d'argento e allora possono
servire anche per gelati, ma in questo caso, trattandosi di pesce, mi
sembrano più opportune quelle naturali marine.
Prendete la polpa di un pesce fine lessato, benchè possa prestarsi
anche il nasello, il muggine e il palombo, e con questa dose, che potrà
bastare per riempire sei conchiglie, formate il seguente composto:
Pesce lesso, grammi 130.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Farina, grammi 20.
Burro, grammi 20.
Rossi d'uovo, N. 2.
Latte, decilitri 2-1/2.
Fate una _balsamella_ col latte, il burro e la farina e quando la
ritirate dal fuoco uniteci il parmigiano e, non più a bollore, i rossi
d'uovo e il pesce tritato, condendolo con sale e pepe. Versatelo nelle
conchiglie unte prima col burro diaccio, rosolatelo appena nel forno da
campagna e servitelo.
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