La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 05

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in due per ottenere la forma di una piccola mezza luna. Con questa dose
ne otterrete un centinaio che saranno buoni in brodo o asciutti come
i tortellini e riescono leggeri allo stomaco più di questi. La carne
rimasta poi la mangerete sola o con un contorno d'erbaggi e figurerà
come uno stracotto.

MINESTRE ASCIUTTE E DI MAGRO
55. Tortelli
Ricotta o raviggiuolo, oppure l'una e l'altro uniti, grammi 200.
Parmigiano, grammi 40.
Uova intere N. 1 e un rosso.
Odore di noce moscata e di spezie.
Un pizzico di sale.
Un po' di prezzemolo tritato.
Si chiudono in una sfoglia fatta come quella dei _cappelletti_ e
tagliata con un disco rotondo alquanto più grande. Io mi servo del
disco N. 195. Si possono lasciare colla prima piegatura a mezza luna,
ma è da preferirsi la forma dei _cappelletti_. Si cuociono nell'acqua
salata a sufficienza, si levano asciutti e si condiscono a cacio e
burro.
Con questa dose ne otterrete 24 o 25 e possono bastare, essendo grandi,
per tre persone.
56. Zuppa di purè di piselli di magro
Piselli freschi sgranati, grammi 400.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Burro, grammi 40.
Una cipolla novellina non più grossa di un uovo.
Una piccola carota.
Un pizzico tra prezzemolo, sedano e qualche foglia di basilico.
Tritate fine il prosciutto con un coltello e fate un battuto con
questo e con gli altri ingredienti. Mettetelo al fuoco col burro, poco
sale e una presa di pepe. Allorchè sarà rosolato versate l'acqua che
giudicherete sufficiente per bagnare la zuppa e quando essa avrà alzato
il bollore gettate giù i piselli per cuocerli insieme con due fette di
pane fritte nel burro; poi passate ogni cosa per istaccio.
Ottenuto in questo modo un purè per sei persone, bagnate col medesimo
il pane che avrete già messo in pronto come nei purè di grasso.
57. Zuppa di fagiuoli
Si dice, e a ragione, che i fagiuoli sono la carne del povero,
e infatti quando l'operaio frugandosi in tasca, vede con occhio
malinconico che non arriva a comprare un pezzo di carne bastante
per fare una buona minestra alla famigliuola, trova nei fagiuoli
un alimento sano, nutriente e di poca spesa. C'è di più; i fagiuoli
restano molto in corpo, quetano per un pezzo gli stimoli della fame;
ma... anche qui c'è un _ma_, come ce ne sono tanti nelle cose del
mondo, e già mi avete capito. Per ripararvi, in parte, scegliete
fagiuoli di buccia fine o passateli; quelli dall'occhio hanno meno
degli altri questo peccato.
Per rendere poi la zuppa di fagiuoli più grata al gusto e più saporita,
dato che debba essere una quantità sufficiente a quattro o cinque
persone, fatele un soffritto in questa proporzione: prendete un
quarto di cipolla, uno spicchio d'aglio, un pizzico di prezzemolo e
un bel pezzo di sedano bianco. Tritate finissimi questi odori colla
lunetta e metteteli al fuoco con olio a buona misura; siate generosi
a pepe. Quando il soffritto avrà preso colore, unitevi due ramaiuoli
della broda dei fagiuoli, aggiungete un poco di sugo di pomodoro o
di conserva, fateli alzare il bollore e versatelo nella pentola de'
fagiuoli.
Per chi aggradisce nella zuppa un poco d'erbaggio può mettete in questa
il cavolo nero, prima lessato e fatto bollire alquanto nel liquido del
soffritto suddetto. Ora non resta che bagnare il pane, già preparato
avanti con fette arrostite, grosse un dito e poi tagliate a dadi.
58. Zuppa toscana di magro alla contadina
Questa zuppa che, per modestia, si fa dare l'epiteto di contadina, sono
persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori, se fatta con la
dovuta attenzione.
Pane bruno raffermo, di pasta molle, grammi 400.
Fagiuoli bianchi, grammi 300.
Olio, grammi 150.
Acqua, litri due.
Cavolo cappuccio o verzotto, mezza palla di mezzana grandezza.
Cavolo nero, altrettante in volume ed anche più.
Un mazzo di bietola e un poco di pepolino.
Una patata.
Alcune cotenne di carnesecca o di prosciutto tagliate a striscie.
Mettete i fagiuoli al fuoco con l'acqua suddetta unendovi le cotenne.
Già saprete che i fagiuoli vanno messi ad acqua diaccia e se restano
in secco vi si aggiunge acqua calda. Mentre bollono fate un battuto
con un quarto di una grossa cipolla e due spicchi d'aglio, due pezzi di
sedano lunghi un palmo e un buon pizzico di prezzemolo. Tritatelo fine,
mettetelo al fuoco con l'olio soprindicato e quando avrà preso colore
versate nel medesimo gli erbaggi tagliati all'ingrosso, prima i cavoli,
poi la bietola e la patata tagliata a tocchetti. Conditeli con sale e
pepe e poi aggiungete sugo di pomodoro o conserva, e se nel bollire
restassero alquanto asciutti bagnateli con la broda dei fagiuoli.
Quando questi saranno cotti gettatene una quarta parte, lasciati
interi, fra gli erbaggi unendovi le cotenne; gli altri passateli dallo
staccio e scioglieteli nella broda, versando anche questa nel vaso dove
sono gli erbaggi. Mescolate, fate bollire ancora un poco e versate ogni
cosa nella zuppiera ove avrete già collocato il pane tagliato a fette
sottili e copritela per servirla dopo una ventina di minuti.
Questa quantità può bastare per sei persone; è buona calda e meglio
diaccia.
59. Farinata gialla di magro
Come minestra ordinaria, si può collocare fra le buone. Mettete al
fuoco con acqua proporzionata quattro decilitri di fagiuoli bianchi,
che tanti bastano per quattro persone. Dopo cotti passateli dallo
staccio e il passato mescolatelo nella broda degli stessi fagiuoli
e nella medesima mettete a bollire, per due ore circa, mezza palla
tritata di cavolo bianco o verzotto che condirete con sale, pepe e
foglie di pepolino, detto altrimenti timo.
Ponete un tegame al fuoco con olio a buona misura e due spicchi d'aglio
interi sbucciati; quando questi saranno ben rosolati gettateli via e
aggiungete all'olio sugo di pomodoro, o conserva sciolta nell'acqua e
anche qui un altro poco di sale e pepe; bollito che abbia alquanto,
versate anche questo condimento nella pentola ov'è la broda e il
cavolo. Per ultimo, quando questo sarà cotto, versate con una mano, a
poco per volta, la farina di granturco; coll'altra mescolate bene, onde
non si formino bozzoli, e giunta che sia a una certa consistenza, cioè
alquanto liquida, fatela bollire ancora un poco e servitela.
60. Semolino di magro
Questa minestra non si può, a tutto rigore, dirsi di magro se c'entrano
le uova, il burro, e il parmigiano; ma può venire opportuna quando
manca il brodo. Cuocere il semolino nell'acqua e prima di levarlo dal
fuoco salatelo, scioglietevi dentro un pezzo di burro proporzionato
alla quantità del semolino ed aggraziatelo con un poco di sugo di
pomodoro o conserva. Disfate nella zuppiera due o tre uova miste a
parmigiano grattato e versateci il semolino. Se trattasi di minestra
per una persona soltanto può bastare un solo rosso d'uovo con due
cucchiaiate di parmigiano.
61. Zuppa di lenticchie
Se Esaù vendè la primogenitura per un piatto di lenticchie, bisogna
dire che il loro uso, come alimento, è antichissimo, e che egli o n'era
ghiotto all'eccesso o soffriva di bulimia. A me sembra che il sapore
delle lenticchie sia più delicato di quello de' fagiuoli in genere, e
che, quanto a minaccia di _bombardite_, esse sieno meno pericolose dei
fagiuoli comuni ed eguali a quelli dall'occhio.
Questa zuppa potete farla nella stessa guisa della zuppa di fagiuoli;
però la broda delle lenticchie e dei fagiuoli dall'occhio si presta
bene anche per una minestra di riso, che si prepara e si condisce nello
stesso modo; soltanto bisogna tener la broda più sciolta perchè il riso
ne tira molta. Per regolarvi meglio circa alla densità, aspettate che
il riso sia cotto per aggiungere nella broda la quantità che occorre di
lenticchie passate.
62. Zuppa di magro colle telline
Regolatevi come per il risotto colle telline N. 72.
Due spicchi d'aglio e il quarto di una cipolla potranno bastare
se trattasi di una quantità sufficiente a sette od otto persone, e
senza bisogno di ricorrere a burro e parmigiano sentirete una zuppa
eccellente, se saprete tirar bene il soffritto. Il pane arrostitelo a
fette che taglierete a dadi. Anche qui ci sta bene qualche pezzetto di
funghi secchi.
63. Spaghetti con le telline
Poichè si sentono ricordare spesso, come minestra asciutta di magro,
anche gli spaghetti con le telline, mi converrà indicarveli, sebbene, a
gusto mio, sia da preferirsi il riso. Se vi piace provarli, tritateli
minuti per poterli portare alla bocca col cucchiaio e servitevi della
ricetta N. 72 cuocendoli nell'acqua dove sono state schiuse le telline.
Scolate l'acqua superflua, conditeli con quell'intingolo unito ad
alquanto burro e parmigiano.
64. Zuppa di ranocchi
Certi usi del mercato di Firenze non mi vanno. Quando vi nettano i
ranocchi, se non ci badate, gettano via le uova che sono le migliori.
Le anguille si spellano. Le coscie e le lombate di castrato si vogliono
vendere intere. Delle interiora del maiale si serba il fegato e la
rete; di quelle della vitella di latte, il fegato e le animelle; il
resto, compreso il polmone che, essendo tenero potrebbe servire,
come in altri paesi, a fritto misto, si cede ai frattagliai che
ordinariamente vendono queste frattaglie ai brodai. Forse in mano loro
cascherà anche la così detta trippa di vitella di latte non avendola
mai vista su quel mercato; ma essa in Romagna si dà per giunta, e al
tempo dei piselli, messa arrosto morto con un pezzo di lombata, riesce
tanto buona da preferirsi a questa.
Avanti di descrivervi la zuppa di ranocchi voglio dirvi qualche cosa
di questo anfibio dell'ordine de' batraci (_rana esculenta_), perchè,
veramente, merita di essere notata la metamorfosi ch'esso subisce.
Nel primo periodo della loro esistenza si vedono i ranocchi guizzare
nelle acque in figura di un pesciolino tutto testa e coda che gli
zoologi chiamano _girino_. Come i pesci, respira per branchie prima
esterne, in forma di due pennacchietti, poscia interne, e nutrendosi
in questo stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gli
erbivori, comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un certo
punto del suo sviluppo, circa a due mesi dalla nascita, perde, per
riassorbimento, la coda, sostituisce alle branchie i polmoni e mandando
fuori gli arti, cioè le quattro zampe che prima non apparivano,
si trasforma completamente e diventa una rana. Nutrendosi allora
di sostanze animali, ossia di insetti, l'intestino si accorcia per
adattarsi a questa sorta di cibo. È dunque erronea l'opinione volgare
che i ranocchi siano più grassi nel mese di maggio perchè mangiano il
grano.
Gli anfibi tutti, i rospi compresi, sono a torto perseguitati dal
volgo essendo essi di grande utilità all'agricoltura, agli orti e ai
giardini in ispecie, per la distruzione de' vermi, delle lumache e de'
tanti insetti di cui si cibano. La pelle del rospo e della salamandra
trasuda, è vero, un umore acre e velenoso; ma in sì piccola dose
rispetto alla mucosità a cui si unisce, che non può recare nessun
nocumento. Ed è appunto per questa mucosità, che la salamandra secerne
in gran copia, che la medesima, potendo reggere per qualche istante
all'ardore del fuoco, diede origine alla favola che tale anfibio sia
dotato della virtù di restare incolume in mezzo alle fiamme.
Il brodo dei ranocchi essendo rinfrescante e dolcificante viene
raccomandato nelle malattie di petto, nelle infiammazioni lente
degl'intestini ed è opportunamente usato sul finire delle malattie
infiammatorie e in tutti quei casi in cui l'infermo ha bisogno di un
nutrimento non stimolante.
Le carni bianche, come quelle dei ranocchi, agnelli, capretti,
pollastri, fagiani, ecc., essendo povere di fibrina e ricche di
albumina, convengono alle persone di apparecchio digestivo delicato
e molto impressionabili e a chi non affatica i muscoli col lavoro
materiale.
Ma veniamo alla zuppa di ranocchi: due dozzine di ranocchi, se sono
grossi, potrebbero forse bastare per quattro o cinque persone, ma
meglio è abbondare.
Levate loro le coscie e mettetele da parte. Fate un battuto abbondante
con due spicchi d'aglio, prezzemolo, carota, sedano e basilico se vi
piace: se avete in orrore l'aglio, servitevi di cipolla. Mettetelo al
fuoco con sale, pepe e olio a buona misura e quando l'aglio comincia a
prender colore gettate giù i ranocchi. Rimoveteli di quando in quando
onde non s'attacchino, e, tirato che abbiano buona parte dell'umido,
buttate dentro pomodori a pezzi o, mancando questi, conserva allungata
coll'acqua. Fate bollire ancora, e per ultima versate l'acqua
occorrente per bagnare la zuppa, tenendo il tutto sul fuoco fin tanto
che i ranocchi sieno cotti e disfatti. Allora passate ogni cosa dal
lo staccio, premendo bene onde non restino che le ossicine. Mettete
a bollire le coscie, lasciate addietro, in un poco di questo brodo
passato e disossatele quando saranno cotte per mescolarle nella
zuppa insieme con pezzetti di funghi secchi fatti rammollire. Il pane
arrostitelo a fette che taglierete a dadi piuttosto grossi.
65. Zuppa col brodo di muggine
Uno dei pesci che meglio si presta per ottenere un buon brodo è
il muggine che nell'Adriatico comincia ad essere bello e grasso
nell'agosto e raggiunge colà il peso di oltre due chilogrammi. In
mancanza di questo può servire l'ombrina, il ragno ed il rospo le
cui carni, se non daranno il brodo saporito del muggine, saranno in
compenso di qualità più fine e più digeribile.
Se trattasi di una zuppa per sette od otto persone prendete un muggine,
ossia una _baldigara_ (come chiamasi in alcuni paesi di mare), del
peso di un chilogrammo almeno, raschiategli via le squame, vuotatelo e
lessatelo con acqua in proporzione.
Fate un battuto alquanto generoso con cipolla, aglio, prezzemolo,
carota, sedano e mettetelo al fuoco con olio, sale e pepe. Quando avrà
preso colore fermatelo con sugo di pomodoro e fatelo bollire col brodo
del pesce.
Poi questo brodo colatelo e con un po' del medesimo cuocete una piccola
quantità di sedano, carota e funghi secchi, che servono per dare odore,
il tutto tagliato a pezzetti.
Il pane per la zuppa arrostitelo e tagliatelo a dadi, poi mettetelo
nella zuppiera e versateci sopra il brodo bollente insieme coi detti
odori, servendola in tavola con parmigiano a parte.
La famiglia delle mugginidee ha lo stomaco a forti pareti muscolari a
simiglianza del ventriglio degli uccelli, e il rospo di mare, _Lofus
pescatorius_, della famiglia delle lofidee, con una pinna inargentata
e movibile del capo attira i piccoli pesci per divorarli. Chiamasi in
alcuni luoghi volgarmente _grattale_ ed è anch'esso in pregio pel brodo
da bagnare la zuppa.
66. Zuppa alla certosina
Grammi 500 di pesce minuto di diverse specie potranno bastare per una
zuppa da servirsi a quattro o cinque persone.
Fate un battuto con un quarto di cipolla, prezzemolo e sedano;
mettetelo al fuoco con olio, e colorito che sia, versateci il pesce,
bagnandolo quando è asciutto con acqua, sugo di pomodoro o conserva;
sale e pepe per condimento. Lasciatelo cuocer bene e poi versate
l'acqua occorrente per la zuppa: un litro o poco più fra prima e
dopo potrà bastare. Passate il tutto dallo staccio o da un colino,
strizzando bene, e rimettetelo al fuoco per fargli alzare il bollore e
per versarlo adagio adagio nella zuppiera, ove avrete disfatte avanti
due uova con tre cucchiaiate di parmigiano. Prima di mandare la zuppa
in tavola, gettateci il pane, il quale, a piccoli dadi, può essere
soltanto arrostito, oppure fritto nell'unto che più vi aggrada: burro,
olio o lardo. Le uova col parmigiano, se non vi dispiace di vederle
rapprese a stracci, si possono anche frullare a parte e versarle nella
pentola, mescolandole fortemente, quando il brodo è a bollore.
Si dice che il Granduca di Toscana, avendo trovata eccellente questa
zuppa in un convento di frati, mandò colà il suo cuoco ad impararla;
ma il cuoco, benchè molto abile fosse, non riusciva a farla buona come
quella dei frati, perchè questi non volevano far sapere al Granduca che
usavano il brodo di cappone invece dell'acqua.
67. Pastine o capellini sul brodo di ombrina
L'ombrina, per essere un pesce de' più fini, lessata naturalmente, cioè
senza odori di sorta, vi somministra un brodo che, quasi come quello di
carne, si presta per una minestra leggiera di magro.
Le seguenti dosi saranno sufficienti per tre persone e forse anche per
quattro.
Ombrina, grammi 500.
Pastine o capellini, grammi 120.
Burro, grammi 30.
Acqua, un litro.
Mettete al fuoco l'ombrina nella detta acqua diaccia, e salatela.
Quando è cotta passate il brodo dal colino ed in esso cuocete la
minestra aggraziandola col sugo di pomodoro per occultare il puzzo del
pesce; indi versatela nella zuppiera ove avrete collocato il pezzo del
burro. Servitela con parmigiano a parte come si usa per le minestre di
grasso.
68. Zuppa di purè di piselli secchi
Dato che i piselli siano mezzo litro metteteli al fuoco in due litri
d'acqua e frattanto fate un soffritto con mezza cipolla, una carota,
due pezzi di sedano lunghi un dito e qualche gambo di aneto, se lo
avete, e, tritato il tutto, mettetelo al fuoco con un pezzo di burro
e fategli prendere il rosso. Versate allora i piselli mezzo cotti e
scolati dall'acqua conditeli con sale e pepe e fate loro suzzare tutto
il soffritto, poi versate sugo di pomodoro e l'acqua degli stessi
piselli per tirarli a cottura. Passate ogni cosa per istaccio e, se il
purè riescisse troppo denso, aggiungete acqua calda; assaggiatelo per
aggiungere un altro pezzetto di burro che probabilmente occorre. Il
pane tagliatelo a quadrettini e friggetelo nel burro.
Se vi porrete attenzione sentirete una minestra, che sembra fatta sul
brodo.
Questa dose potrà servire per dieci o dodici persone.
69. Tagliatelle col prosciutto
Le chiamo tagliatelle, perchè dovendo esser cotte nell'acqua e condite
asciutte, va tirata la sfoglia alquanto più grossa e tagliata a
striscie più larghe dei taglierini. Si tratta sempre di un impasto
d'uova e farina, senza punta acqua se le desiderate ben sode e buone.
Tagliate a piccoli dadi una fetta grossa di prosciutto grasso e magro:
tritate bene sedano e carota in tal quantità che ambedue facciano il
volume del prosciutto all'incirca. Ponete al fuoco queste tre cose
insieme, con un pezzo di burro proporzionato al condimento delle
tagliatelle. Quando il battuto avrà preso colore, aggiungete sugo di
pomodoro oppure conserva, ma con questa occorre un ramaiolino di brodo
o, mancando questo, di acqua.
Le tagliatelle cuocetele poco e salatele pochissimo a motivo del
prosciutto: levatele asciutte, conditele col detto intingolo e con
parmigiano.
Al tempo delle salsicce potete sostituirle, bene sminuzzate al
prosciutto, trattandole nella stessa guisa.
Chi ama il gusto del burro crudo ne serbi la metà per metterlo
nell'intingolo quando lo ritira dal fuoco.
Anche gli spaghetti sono buoni conditi con le salsicce nella stessa
maniera.
70. Tagliatelle verdi
Si usano per minestra asciutta e sono più leggiere e più digeribili
di quelle intrise di tutte uova. Per dar loro il color verde cuocete
spinaci lessi, strizzateli bene e tritateli colla lunetta. Con due uova
e un pugno di questi spinaci intridete sulla spianatoia quanta farina
potete per ottenere una pasta ben soda che lavorerete molto colle
mani. Poi, col matterello, tiratela a sfoglia sottile e quando dà cenno
d'appiccicarsi, a motivo dell'erba che produce viscosità, spruzzatela
leggermente di farina. Avvolgete la sfoglia in un canovaccio, e quando
sarà asciutta tagliatela alquanto più larga de' taglierini da brodo,
avvertendo che il bello di tali paste è la loro lunghezza il che indica
l'abilità di chi le fece. Appena alzato il bollore levatele asciutte
e conditele come gli spaghetti alla rustica N. 104, oppure come i
maccheroni o le tagliatelle dei N. 87 e 69; o semplicemente con cacio e
burro.
Questa dose potrà bastare per quattro o cinque persone.
71. Tagliatelle all'uso di Romagna
_Conti corti e tagliatelle lunghe_, dicono i Bolognesi, e dicono bene,
perchè i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte
attestano l'imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano
un avanzo di cucina; perciò non approvo l'uso invalso, per uniformarsi
al gusto degli stranieri, di triturare minutissimi nel brodo i
capellini, i taglierini, e minestre consimili le quali per essere
speciali all'Italia, debbono serbare il carattere della nazione.
Fate la sfoglia e tagliatela come quella del N. 69. Cuocetele poco,
scolatele bene dall'acqua e mettetele in una cazzaruola sopra al fuoco
per un momento, onde far loro prendere il condimento che è quello degli
spaghetti alla rustica N. 104; più un pezzo di burro proporzionato alla
quantità della minestra. Mescolate adagino e servitele.
A parer mio questa è una minestra molto gustosa, ma per ben digerirla
ci vuole un'aria come quella di Romagna.
Mi ricordo che viaggiai una volta con certi Fiorentini (un vecchietto
sdentato, un uomo di mezza età e un giovine avvocato) che andavano a
prender possesso di una eredità a Modigliana. Smontammo a una locanda
che si può immaginare qual fosse, in quel luogo, quaranta e più anni
sono. L'oste non ci dava per minestra che tagliatelle, e per principio
della coppa di maiale, la quale, benchè dura assai ed ingrata,
bisognava vedere come il vecchietto si affaticava per roderla. Era però
tale l'appetito di lui e degli altri che quella e tutto il resto pareva
molto buono, anzi eccellente; e li sentii più volte esclamare: — Oh se
potessimo portarci con noi di quest'aria a Firenze! —
Poichè siamo in questi paraggi, permettetemi vi racconti che dimorava a
Firenze, al tempo che correvano i _francesconi_, un conte di Romagna,
il quale, facendo il paio col marchese di Forlimpopoli del Goldoni,
aveva molta boria, pochi quattrini e uno stomaco a prova di bomba.
Eran tempi in cui si viveva con poco a Firenze, che fra le città
capitali, andava famosa per buon mercato. C'erano parecchie trattorie
coll'ordinario di minestra, tre piatti a scelta, frutta o dolce, pane
e vino per una lira toscana (84 centesimi). Quelle porzioni, benchè
piccole, pure sfamavano chiunque non fosse allupato, e frequentavano
tali trattorie anche i signori; ma il conte in queste non si degnava.
Che industria credete ch'egli avesse trovato per figurare e spender
poco? Andava un giorno sì e un giorno no alla tavola rotonda di uno
de' principali alberghi ove con mezzo francescone (lire 2,80), il
trattamento era lautissimo, e là, tirando giù a strame, s'impinzava
lo stomaco per due giorni facendo dieta in casa, il secondo, con pane,
cacio ed affettato. Siavi di esempio e di ricetta.
72. Risotto colle telline
Noto questo risotto nelle proporzioni che è stato fatto più volte nella
mia cucina, e cioè:
Telline col guscio, chilogrammi 1,350.
Riso, grammi 500.
Per levare la sabbia che le telline racchiudono, lavatele prima, poi
ponetele in acqua fresca salata, o meglio, acqua di mare, in un catino
con un piatto rovesciato sotto alle medesime, e dopo due ore almeno,
levatele asciutte e mettetele al fuoco con acqua in proporzione del
riso da cuocere. Quando saranno aperte, levatene i gusci e serbate
l'acqua, ma badate che in fondo alla medesima si sarà formata una
qualche posatura di sabbia che va gettata via.
Fate un soffritto con olio, aglio, poca cipolla, prezzemolo, carota
e sedano, il tutto tritato finissimo colla lunetta, e quando sarà
rosolato bene, gettatevi le telline tolte dal guscio, qualche pezzetto
di funghi secchi rinvenuti, una presa di pepe e un po' di quell'acqua
serbata. Dopo qualche minuto gettate il riso in questo intingolo e
tiratelo a cottura soda col resto dell'acqua suddetta. Assaggiatelo
se sta bene di sapore col solo sale naturale delle telline e dei
condimenti datigli; se non fosse così, aggiungeteglielo con sugo di
pomodoro o conserva, ed anche con un pezzetto di burro e un pizzico di
parmigiano.
Alle telline si possono sostituire le arselle o i _peocci_ (cozze nere,
muscoli) come a Venezia, nelle cui trattorie se il riso co' _peocci_
(specialità del paese) fosse cucinato in questa maniera, sarebbe
assai più gradito. Per conservare alcun poco i molluschi a conchiglia
bivalve, vanno tenuti in luogo fresco, legati assai stretti in un
sacchetto o in un canovaccio. D'inverno ho così conservate fresche le
telline fino a sei giorni, ma non è da azzardare perchè i molluschi
riescono molto indigesti se non sono freschi.
73. Risotto colle tinche
Non vi spaventate nel sentire che le tinche possono prestarsi per una
buona minestra, la quale saprà naturalmente di pesce e riuscirà un
po' grave agli stomachi deboli; ma sarà grata al gusto, e fors'anche
lodata, se avrete la prudenza di non nominare la specie del pesce
usato.
Ecco le dosi di una minestra per sei o sette persone:
Riso, grammi 500;
Tinche, circa grammi 400.
Fate un battuto con due spicchi d'aglio, un pizzico di prezzemolo,
qualche foglia di basilico, se vi piace il suo odore, una grossa carota
e due pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in
una cazzaruola con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le
tinche già sbuzzate e tagliate a pezzi, le teste comprese. Voltatele
spesso onde non si attacchino al fondo, e quando saranno ben rosolate
cominciate a bagnarle prima con sugo di pomodoro o conserva, poi con
acqua versata a poco per volta in principio e in ultimo, in quantità
tale da cuocere il riso, ma tenendovi piuttosto scarsi che abbondanti.
Fate bollire finchè le tinche non sieno spappolate, e allora passate
dallo staccio ogni cosa, in modo che non restino se non le lische e gli
ossicini. Questo è il sugo che servirà per cuocere il riso, tirandolo
asciutto e di giusta cottura. Per aggraziarlo potete aggiungere qualche
pezzetto di funghi secchi e un pezzetto di burro e poi servirlo in
tavola con parmigiano grattato per chi lo vuole.
Al tempo dei piselli questi sono da preferirsi ai funghi; grammi 200,
sgranati, bastano. Cuoceteli a parte con un po' d'olio, un po' di burro
e una cipolla novellina intera. Versate i piselli quando la cipolla
comincia a rosolare, fateli soffriggere alquanto, conditeli con sale
e pepe e tirateli a cottura con poca acqua. La cipolla gettatela via e
mescolate i piselli col riso quando questo sarà quasi cotto.
74. Risotto nero colle seppie alla fiorentina
Questo invertebrato (_Sepia officinalis_) dell'ordine dei molluschi e
della famiglia dei cefalopodi è chiamato _calamaio_ in Firenze, forse
perchè (formando spesso la bella lingua toscana i sui vocaboli colle
similitudini) esso racchiude nel suo sacco una vescichetta, che la
natura gli ha dato a difesa, contenente un liquido nero che può servire
da inchiostro.
I Toscani, i Fiorentini in ispecie, sono così vaghi degli ortaggi,
che vorrebbero cacciarli per tutto e per conseguenza in questo piatto
mettono la bietola che, mi pare, ci stia come il pancotto nel _credo_.
Questo eccessivo uso di vegetali non vorrei fosse una, e non ultima,
delle cagioni della flaccida costituzione di alcune classi di persone,
che, durante l'influenza di qualche malore, mal potendo reggerne
l'urto, si vedono cadere fitte come le foglie nel tardo autunno.
Spellate e sparate le seppie per nettarle delle parti inservibili che
sono l'osso, l'apparato della bocca, gli occhi e il tubo digerente;
mettete da parte la vescichetta dell'inchiostro, e dopo averle lavate
bene tagliatele a quadrettino e le code a pezzetti.
Tritate minutamente due cipolle non grandi, o meglio una sola e
due spicchi d'aglio, e ponetele al fuoco in una cazzaruola con olio
finissimo e in abbondanza. Quando il soffritto avrà preso il rosso
buttateci le seppie ed aspettate che queste, bollendo, comincino a
divenir gialle per gettarvi grammi 600 circa di bietola, netta dalle
costole più grosse e tritata alquanto. Mescolate e lasciate bollire per
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