La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 02

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città si fermava ad una cantonata per osservar la gente che passava
e quando vedeva uno col naso rosso era sollecito a chiedergli dove si
vendeva il vino buono. Anche passando sopra al marchio d'intemperanza
che questo vizio imprime spesso sul viso, e a certe scene che destano
soltanto un senso d'ilarità — come quella di un cuoco il quale, mentre
i suoi padroni aspettavano a cena, teneva la padella sopra l'acquaio
e furiosamente faceva vento al di sotto — è certo che quando vedete
questi beoni, che cogli occhi imbambolati, mal pronunciando l'erre
dicono e fanno sciocchezze spesso compromettenti, vi sentite serrare il
cuore nel timore che non si passi alle risse e dalle risse al coltello
come avviene sovente. Persistendo ancora in questo vizio brutale, che
si fa sempre più imperioso, si diventa ubriaconi incorreggibili; i
quali tutti finiscono miseramente.
Neppure sono da lodarsi coloro che cercano di procrastinare l'appetito
cogli eccitanti, imperocchè se avvezzate il ventricolo ad aver bisogno
di agenti esterni per aiutarlo a digerire finirete per isnervare la
sua vitalità e l'elaborazione de' succhi gastrici diverrà difettosa.
Quanto al sonno e il riposo sono funzioni assolutamente relative
da conformarle al bisogno dell'individuo, poichè tutti non siamo
ugualmente conformati, e segue talvolta che uno si senta un malessere
generale e indefinibile senza potersene rendere ragione e questo da
altro non deriva che da mancanza di riposo riparatore.
Chiudo la serie di questi precetti, gettati giù così alla buona e senza
pretese, coi seguenti due proverbi, tolti dalla letteratura straniera,
non senza augurare al lettore felicità e lunga vita.
PROVERBIO INGLESE
_Early to bed and early to rise_
_Makes a man healthy, wealthy and wise._
Coricarsi presto ed alzarsi presto
Fanno l'uomo sano, ricco e saggio.
PROVERBIO FRANCESE
_Se lever à six, déjeuner à dix_
_Dîner à six, se coucher à dix,_
_Fait vivre l'homme dix fois dix._
Alzarsi alle sei, far colazione alle dieci,
Pranzare alle sei, coricarsi alle dieci
Fa viver l'uomo dieci volte dieci.

Lettera del poeta Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini) a cui mandai in
dono una copia del mio libro di cucina, terza edizione:
On. Signor mio,
Ella non può immaginare che gradita sorpresa mi abbia fatto il
suo volume, dove si compiacque di ricordarmi! Io sono stato e
sono uno degli apostoli più ferventi ed antichi dell'opera sua
che ho trovato la migliore, la più pratica, e la più bella, non
dico di tutte le italiane che sono vere birbonate, ma anche delle
straniere. Ricorda ella il Vialardi che fa testo in Piemonte?
«GRILLÒ ABBRAGIATO. — La volaglia spennata si abbrustia, non si
sboglienta, ma la longia di bue piccata di trifola cesellata e di
giambone, si ruola a forma di valigia in una braciera con butirro.
Umiditela soventemente con grassa e sgorgate e imbianchite due
animelle e fatene una farcia da chenelle grosse un turacciolo, da
bordare la longia. Cotta che sia, giusta di sale, verniciatela con
salsa di tomatiche ridotta spessa da velare e fate per guarnitura
una macedonia di mellonetti e zuccotti e servite in terrina ben
caldo».
Non è nel libro, ma i termini ci sono tutti.
Quanto agli altri Re dei Cuochi, Regina delle Cuoche ed altre
maestà culinarie, non abbiamo che traduzioni dal francese o
compilazioni sgangherate. Per trovare una ricetta pratica e adatta
per una famiglia bisogna andare a tentone, indovinare, sbagliare.
Quindi benedetto l'Artusi! È un coro questo, un coro che le viene
di Romagna, dove ho predicato con vero entusiasmo il suo volume. Da
ogni parte me ne vennero elogi. Un mio caro parente mi scriveva:
«Finalmente abbiamo un libro di cucina e non di cannibalismo,
perchè tutti gli altri dicono: prendete il vostro fegato,
tagliatelo a fette, ecc.» e mi ringraziava.
Avevo anch'io l'idea di fare un libro di cucina da mettere nei
manuali dell'Hoepli. Avrei voluto fare un libro, come si dice di
volgarizzazione; ma un poco il tempo mi mancò, un poco ragioni
di bilancio[1] mi rendevano difficile la parte sperimentale e
finalmente venne il suo libro che mi scoraggiò affatto. L'idea mi
passò, ma mi è rimasta una discreta collezione di libri di cucina
che fa bella mostra di sè in uno scaffale della sala da pranzo. La
prima edizione del suo libro, rilegata, interfogliata ed arricchita
(?) di parecchie ricette, vi ha il posto d'onore. La seconda
serve alla consultazione quotidiana e la terza ruberà ora il posto
d'onore alla prima perchè superba dell'autografo dell'Autore.
Così, come Ella vede, da un pezzo conosco, stimo e consiglio
l'opera sua ed Ella intenda perciò con che vivissimo piacere
abbia accolto l'esemplare cortesemente inviatomi. Prima il mio
stomaco solo provava una doverosa riconoscenza verso di Lei; ora
allo stomaco si aggiunge l'animo. È perciò, Egregio Signore, che
rendendole vivissime grazie del dono e della cortesia, mi onoro di
rassegnarmi colla dovuta gratitudine e stima.
Suo Dev.mo
O. GUERRINI
Bologna, 19-XII-96.

La contessa Maria Fantoni, ora vedova dell'illustre professor
Paolo Mantegazza, mi fece la inaspettata sorpresa di onorarmi
dell'infrascritta lettera, la quale serbo in conto di gradito premio
alle mie povere fatiche.
San Terenzo
(Golfo della Spezia)
14 novembre '97.
Gentil.mo Signor Artusi,
Mi scusi la sfacciataggine, ma sento proprio il bisogno di dirle,
quanto il suo libro mi sia utile e caro; sì, caro, perchè nemmeno
uno dei piatti che ho fatto mi è riuscito _poco bene_, e anzi
taluni così perfetti da riceverne elogi, e siccome il merito è
_suo_, voglio dirglielo per ringraziarlo sinceramente.
Ho fatto una _sua_ gelatina di cotogne che anderà in America; l'ho
mandata a mio figliastro a Buenos Ayres e sono sicura che sarà
apprezzata al suo giusto valore. E poi lei scrive e descrive così
chiaramente che il mettere in esecuzione le sue ricette è un vero
piacere e io ne provo soddisfazione.
Tutto questo volevo dirle e per questo mi sono permessa
indirizzarle questa lettera.
Mio marito vuole esserle rammentato con affetto.
Ed io le stringo la mano riconoscentissima.
MARIA MANTEGAZZA.

Le commedie della cucina, ossia la disperazione dei poveri cuochi,
quando i loro padroni invitano gli amici a pranzo (scena tolta dal
vero, soltanto i nomi cambiati):
Dice il padrone al suo cuoco:
— Bada Francesco che la signora Carli non mangia pesce, nè fresco
nè salato, e non tollera neanche l'odore de' suoi derivati. Lo sai
già che il marchese Gandi sente disgusto all'odore della vainiglia.
Guardati bene dalla noce moscata e dalle spezie, perchè l'avvocato
Cesari questi aromi li detesta. Nei dolci che farai avverti di
escludere le mandorle amare, chè non li mangerebbe Donna Matilde
d'Alcantara. Già sai che il mio buon amico Moscardi non fa mai uso
nella sua cucina di prosciutto, lardo, carnesecca e lardone, perchè
questi condimenti gli promuovono le flatulenze; dunque non ne usare
in questo pranzo onde non si dovesse ammalare.
Francesco, che sta ad ascoltare il padrone a bocca aperta,
finalmente esclama:
— Ne ha più delle esclusioni da fare, _sior_ padrone?
— A dirti il vero, io che conosco il gusto de' miei invitati, ne
avrei qualche altra su cui metterti in guardia. So che qualcuno di
loro fa eccezione alla carne di castrato e dice che sa di sego,
altri che l'agnello non è di facile digestione; diversi poi mi
asserirono, accademicamente parlando, che quando mangiano cavolo o
patate sono presi da timpanite, cioè portano il corpo gonfio tutta
la notte e fanno sognacci; ma per questi tiriamo via, passiamoci
sopra.
— Allora ho capito — soggiunge il cuoco, e partendo borbotta
tra sè: — Per contentare tutti questi signori e scongiurare la
timpanite, mi recherò alla residenza di Marco (il ciuco di casa) a
chiedergli, per grazia, il suo savio parere e un vassoio de' suoi
prodotti, senza il relativo condimento!


SPIEGAZIONE DI VOCI
che, essendo del volgare toscano, non tutti intenderebbero

=Bianchire.= Vedi _imbiancare_.
=Bietola.= Erba comune per uso di cucina, a foglie grandi lanceolate,
conosciuta in alcuni luoghi col nome di _erbe_ o _erbette_.
=Caldana.= Quella stanzetta sopra la volta del forno, dove i fornai
mettono a lievitare il pane.
=Carnesecca.= Pancetta del maiale salata.
=Cipolla.= Parlando di polli, vale ventriglio.
=Costoletta.= Braciuola colla costola, di vitella di latte, di agnello,
di castrato e simili.
=Cotoletta.= Parola francese di uso comune per indicare un pezzo di
carne magra, ordinariamente di vitella di latte, non più grande della
palma di una mano, battuta e stiacciata, panata e dorata.
=Crema pasticcera.= Crema con la farina onde riesca meno liquida.
=Fagiuoli sgranati.= Fagiuoli quasi giunti a maturazione e levati
freschi dal baccello.
=Farina d'Ungheria.= È farina di grano finissima che trovasi in
commercio nelle grandi città.
=Filetto.= Muscolo carnoso e tenero che resta sotto la groppa dei
quadrupedi; ma per estensione, dicesi anche della polpa dei pesci e dei
volatili.
=Frattagliaio.= Venditore di frattaglie.
=Frattaglie.= Tutte le interiora e le cose minute dell'animale
macellato.
=Fumetto.= Liquore con estratto di anaci chiamato _mistrà_ in alcune
provincie d'Italia.
=Imbiancare.= Lessare a metà.
=Lardatoio.= Arnese di cucina per lo più di ottone in forma di grosso
punteruolo per steccare la carne con lardone o prosciutto.
=Lardo.= Strutto di maiale che serve a vari usi, ma più che altro per
friggere. (A Napoli _nzogna_).
=Lardone.= Falda grassa e salata della schiena del maiale.
=Lardo vergine.= Lardo non ancora adoperato.
=Lunetta= o =mezzaluna.= Arnese di ferro tagliente dalla parte
esteriore ad uso di cucina per tritare carne, erbe o simili, fatto a
foggia di mezza luna, con manichi di legno alle due estremità.
=Matterello.= Legno lungo circa un metro e ben rotondo, col quale si
spiana e si assottiglia la pasta per far tagliatelle od altro.
=Mestolo.= Specie di cucchiaio di legno, pochissimo incavato e di lungo
manico, che serve a rimestar le vivande nei vasi da cucina.
=Odori o mazzetto guarnito.= Erbaggi odorosi, come carota, sedano,
prezzemolo, basilico, ecc. Il mazzetto si lega con un filo.
=Panare.= Involgere pezzetti di carne, come sarebbero le _cotolette_ od
altro, nel pangrattato prima di cuocerli.
=Pasto.= Polmone dei quadrupedi.
=Pietra.= Rognone, arnione.
=Sauté.= Così chiamasi con nome francese quel vaso di rame in forma di
cazzaruola larga, ma assai più bassa, con manico lungo, che serve per
friggere a fuoco lento.
=Scaloppe= o =scaloppine.= Fette di carne magra di vitella piccole, ben
battute e cotte senza dorarle.
=Spianatoia.= Asse di abete larga e levigata sopra la quale si
lavorano le paste. In alcuni luoghi, fuori della Toscana, si chiama
impropriamente _tagliere_; ma il tagliere è quell'arnese di legno,
grosso, quadrilatero e col manico, sul quale si batte la carne, si
trita il battuto, ecc.
=Staccio.= Lo staccio da passar sughi o carne pestata è di crino nero
doppio o di sottil filo di ferro e molto più rado degli stacci comuni.
=Tagliere.= Vedi _Spianatoia_.
=Tritacarne.= Ho adottato anch'io, nella mia cucina, questo strumento
che risparmia la fatica di tritare col coltello e pestar nel mortaio la
carne.
=Vassoio.= Piatto di forma ovale sul quale si portano le vivande in
tavola.
=Vitella= o =carne di vitella.= Carne di bestia grossa, non invecchiata
nel lavoro. Nell'uso comune la confondono col manzo.
=Zucchero a velo.= Zucchero bianco pestato fine e passato per uno
staccio di velo.
=Zucchero vanigliato.= Zucchero biondo a cui è stato dato l'odore della
vainiglia.
————
Sento che alcuni trovano qualche difficoltà a raccapezzarsi per la
misura dei liquidi. Davvero che questo si chiamerebbe affogare in un
bicchier d'acqua. Per bacco baccone!... comperate il misurino bollato
del decilitro e con esso troverete tutte le misure di capacità segnate
in questo volume.
La misura del decilitro corrisponde a 100 grammi di liquido.
Tre decilitri fanno un bicchiere comune, misura di cui qualche volta mi
servo.


POTERE NUTRITIVO DELLE CARNI

Prima di entrare in materia, credo opportuno, senza pretendere di
essere scientificamente esatto, di porre qui in ordine decrescente per
forza di nutrizione, le carni di diversi animali.
1º Cacciagione, ossia selvaggina di penna e piccione.
2º Manzo.
3º Vitella.
4º Pollame.
5º Vitella di latte.
6º Castrato.
7º Selvaggina di pelo.
8º Agnello.
9º Maiale.
10º Pesce.
Ma questo prospetto può dare argomento a molte obiezioni, perocchè
l'età, l'ambiente in cui gli animali vivono, e il genere di
alimentazione, possono modificare sensibilmente la natura delle carni,
non solo tra individui della stessa specie, ma render vani in parte gli
apprezzamenti addotti tra le specie diverse.
La vecchia gallina, ad esempio, fa un brodo migliore del manzo, e il
montone, che si pasce delle erbe aromatiche delle alte montagne, può
dare una carne più saporita e sostanziosa di quella della vitella di
latte. Tra i pesci poi ve ne ha alcuni, fra i quali il carpione (specie
di trota), che nutriscono quanto, e più, dei quadrupedi.
————
FRUSTATA
Il mondo ipocrita non vuoi dare importanza al mangiare; ma poi non si
fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si
cerchi di pappare del meglio.
Il Pananti dice:
Tutte le società, tutte le feste
Cominciano e finiscono in pappate,
E prima che s'accomodin le teste
Voglion esser le pance accomodate.
. . . . . . . . . . . . . . . . .
I preti che non son dei meno accorti,
Fan dieci miglia per un desinare.
O che si faccia l'uffizio dei morti,
O la festa del santo titolare,
Se non c'è dopo la sua pappatoria
Il salmo non finisce con la gloria.


RICETTE

BRODI, GELATINA E SUGHI
1. Brodo
Lo sa il popolo e il comune che per ottenere il brodo buono bisogna
mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino
adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece di un buon brodo
preferiste un buon lesso, allora mettete la carne ad acqua bollente
senza tanti riguardi. È noto pur anche che le ossa spugnose danno
sapore e fragranza al brodo; ma il brodo di ossa non è nutriente.
In Toscana è uso quasi generale di dare odore al brodo con un
mazzettino di erbe aromatiche. Lo si compone non con le foglie che si
disfarebbero, ma coi gambi del sedano, della carota, del prezzemolo e
del basilico, il tutto in piccolissime proporzioni. Alcuni aggiungono
una sfoglia di cipolla arrostita sulla brace; ma questa essendo ventosa
non fa per tutti gli stomachi. Se poi vi piacesse di colorire il brodo
all'uso francese, non avete altro a fare che mettere dello zucchero
al fuoco, e quando esso avrà preso il color bruno, diluirlo con acqua
fresca. Si fa bollire per iscioglierlo completamente e si conserva in
bottiglia.
Per serbare il brodo da un giorno all'altro durante i calori estivi
fategli alzare il bollore sera e mattina.
La schiuma della pentola è il prodotto di due sostanze: dell'albumina
superficiale della carne che si coagula col calore e si unisce
all'ematosina, materia colorante del sangue.
Le pentole di terra essendo poco conduttrici del calorico sono da
preferirsi a quelle di ferro o di rame, perchè meglio si possono
regolare col fuoco, fatta eccezione forse per le pentole in ghisa
smaltata, di fabbrica inglese, con la valvola in mezzo al coperchio.
Si è sempre creduto che il brodo fosse un ottimo ed omogeneo nutrimento
atto a dar vigore alle forze; ma ora i medici spacciano che il brodo
non nutrisce e serve più che ad altro a promuovere nello stomaco i
sughi gastrici. Io, non essendo giudice competente in tal materia,
lascierò ad essi la responsabilità di questa nuova teoria che ha tutta
l'apparenza di ripugnare al buon senso.
2. Brodo per gli ammalati
Un professore di vaglia che curava una signora di mia conoscenza,
gravemente malata, le aveva ordinato un brodo fatto nella seguente
maniera:
«Tagliate magro di vitella o di manzo in bracioline sottili e mettetele
distese una sopra l'altra in un largo tegame; salatele alquanto e
versate sulle medesime tanta acqua diaccia che vi stiano sommerse.
Coprite il tegame con un piatto che lo chiuda e sul quale sia mantenuta
sempre dell'acqua e fate bollire la carne per sei ore continue, ma in
modo che il bollore appena apparisca. Per ultimo fate bollire forte per
dieci minuti e passate il brodo da un pannolino.»
Con due chilogrammi di carne si otteneva così due terzi o tre quarti di
litro di un brodo di bel colore e di molta sostanza.
3. Gelatina
Muscolo senz'osso (vedi N. 323), grammi 500.
Una zampa di vitella di latte, oppure grammi 150 di
zampa di vitella.
Le zampe di due o tre polli.
Due teste di pollo coi colli.
Le zampe dei polli sbucciatele al fuoco e tagliatele a pezzi; poi
mettete ogni cosa al fuoco in due litri d'acqua diaccia; salatela a
sufficienza e fatela bollire, schiumandola, adagio adagio per sette
od otto ore continue, talchè il liquido scemi della metà. Allora
versate il brodo in una catinella, e quando sarà rappreso levate il
grasso della superficie; se non si rappiglia, rimettetelo al fuoco per
restringerlo di più, oppure aggiungete due fogli di colla di pesce.
Ora la gelatina è fatta, ma bisogna chiarificarla e darle colore
d'ambra. Per riuscire a questo tritate finissima col coltello e poi
pestatela nel mortaio, grammi 70 carne magra di vitella, mettetela in
una cazzaruola con un uovo e un dito (di bicchiere) d'acqua, mescolate
il tutto ben bene e versateci la gelatina diaccia. Non ismettete di
batterla con la frusta sul fuoco finchè non avrà alzato il bollore,
e poi fatela bollire adagio per circa venti minuti, durante i quali
assaggiate se sta bene a sale e datele il colore.
A questo scopo basta che poniate in un cucchiaio di metallo non
stagnato due prese di zucchero e un gocciolo d'acqua, lo teniate sul
fuoco finchè lo zucchero sia divenuto quasi nero, versandolo poi a
pochino per volta, onde avere la giusta gradazione del colore, nella
gelatina bollente. Alcuni ci versano anche un bicchierino di marsala.
Ora, prendete un asciugamano, bagnatelo nell'acqua, strizzatelo bene e
pel medesimo passate la detta gelatina, ancora ben calda senza spremere
e versatela subito negli stampi; d'estate, qualora non si rappigli
bene, ponete questi sul ghiaccio. Quando la vorrete sformare, passate
leggermente intorno agli stampi un cencio bagnato nell'acqua bollente.
Il bello della gelatina è che riesca chiara, non dura, trasparente e
del colore del topazio. Essa ordinariamente si serve col cappone in
galantina o con qualunque altro rifreddo. È poi un ottimo alimento per
gli ammalati. Se prendesse l'agro, per non averla consumata presto,
rimettetela al fuoco e fatele spiccare il bollore. Anche il brodo
comune si rende limpido nella stessa maniera od anche colla carne
soltanto.
4. Sugo di carne
La Romagna, che è a due passi dalla Toscana, _avendo in tasca la
crusca_, chiama il sugo di carne _brodo scuro_, forse dal colore, che
tira al marrone.
Questo sugo bisognerebbe vederlo fare da un bravo cuoco; ma spero vi
riuscirà, se non squisito, discreto almeno, con queste mie indicazioni.
Coprite il fondo di una cazzaruola con fettine sottili di lardone o
di carnesecca (quest'ultima è da preferirsi) e sopra alle medesime
trinciate una grossa cipolla, una carota e una costola di sedano.
Aggiungete qua e là qualche pezzetto di burro, e sopra questi
ingredienti distendete carne magra di manzo a pezzetti o a bracioline.
Qualunque carne di manzo è buona; anzi per meno spesa si suoi prendere
quella insanguinata del collo o altra più scadente che i macellari in
Firenze chiamano _parature_. Aggiungere ritagli di carne di cucina,
se ne avete, cotenne o altro, che tutto serve, purchè sia roba sana.
Condite con solo sale e due chiodi di garofani e ponete la cazzaruola
al fuoco senza mai toccarla.
Quando vi giungerà al naso l'odore della cipolla bruciata rivoltate
la carne, e quando la vedrete tutta rosolata per bene, anzi quasi
nera, versate acqua fredda quanta ne sta in un piccolo ramaiuolo,
replicando per tre volte l'operazione di mano in mano che l'acqua
va prosciugandosi. Per ultimo, se la quantità della carne fosse di
grammi 500 circa, versate nella cazzaruola un litro e mezzo di acqua
calda, o, ciò che meglio sarebbe, un brodo di ossa spugnose, e fatelo
bollire adagino per cinque o sei ore di seguito onde ristringere il
sugo ed estrarre dalla carne tutta la sua sostanza. Passatelo poi per
istaccio, e quando il suo grasso sarà rappreso, formando un grosso velo
al disopra, levatelo tutto per rendere il sugo meno grave allo stomaco.
Questo sugo, conservandosi per diversi giorni, può servire a molti usi
e con esso si possono fare dei buoni pasticci di maccheroni.
I colli e le teste di pollo spezzate, uniti alla carne di manzo,
daranno al sugo un sapore più grato.
I resti della carne, benchè dissugati, si possono utilizzare in
famiglia facendo delle polpette.
5. Sugo di carne che i francesi chiamano salsa spagnuola
Questo trovato culinario dal quale si ottiene il lesso, un umido ed
un buon sugo, mi sembra bene indovinato ed economico, imperocchè si
utilizza ogni cosa e il sugo può servire in tutti quei piatti in cui fa
d'uopo.
Prendete un chilogrammo, compreso l'osso o la giunta, di carne magra di
manzo e da questa levatene grammi 400 tagliata in bracioline; col resto
fate, come di consueto, il brodo con litri 1-1/2, a buona misura, di
acqua.
Coprite il fondo di una cazzaruola con fettine di lardone e prosciutto
e di alcuni pezzetti di burro, trinciateci sopra una cipolla e
su questa collocate distese le bracioline. Quando la carne avrà
preso colore, a fuoco vivo, dalla parte sottostante, bagnatela con
un ramaiuolo del detto brodo, poi voltatela onde colorisca anche
dall'altra parte, e dopo versate un altro ramaiuolo di brodo, indi
condite con sale, un chiodo di garofano oppure nove o dieci chicchi
di pepe contuso e un cucchiaino di zucchero. Versate ora tutto il
resto del brodo, aggiungete una carota tagliata a fette e un mazzetto
guarnito che può essere composto di prezzemolo, sedano e di qualche
altra erba odorosa. Fate bollire adagio per circa due ore, poi levate
le bracioline, passate il sugo e digrassatelo. Con questo potete
bagnare la zuppa del N. 38 e servirvene per dar sapore ad erbaggi
oppure, condensandolo con un intriso di farina di patate e burro,
condire minestre asciutte.
La farina di patate si presta meglio di quella di grano per legare
qualunque sugo.
6. Sugo di pomodoro
Vi parlerò più avanti della salsa di pomodoro che bisogna distinguere
dal sugo il quale dev'essere semplice e cioè di soli pomodori cotti
e passati. Tutt'al più potrete unire ai medesimi qualche pezzetto di
sedano e qualche foglia di prezzemolo e di basilico quando crediate
questi odori confacenti al bisogno.

MINESTRE
Una volta si diceva che la minestra era la biada dell'uomo; oggi i
medici consigliano di mangiarne poca per non dilatare troppo lo stomaco
e per lasciare la prevalenza al nutrimento carneo, il quale rinforza
la fibra, mentre i farinacei, di cui le minestre ordinariamente si
compongono, risolvendosi in tessuto adiposo, la rilassano. A questa
teoria non contraddico: ma se mi fosse permessa un'osservazione,
direi: Poca minestra a chi non trovandosi nella pienezza delle sue
forze, nè in perfetta salute, ha bisogno di un trattamento speciale;
poca minestra a coloro che avendo tendenza alla pinguedine ne vogliono
rattener lo sviluppo; poca minestra, e leggiera, ne' pranzi di parata
se i commensali devono far onore alle varie pietanze che le vengono
appresso; ma all'infuori di questi casi una buona e generosa minestra
per chi ha uno scarso desinare sarà sempre la benvenuta, e però fatele
festa. Penetrato da questa ragione mi farò un dovere d'indicare tutte
quelle minestre che via via l'esperienza mi verrà suggerendo.
I piselli del N. 427 possono dar sapore e grazia, come tutti sanno,
alle minestre in brodo di riso, pastine e malfattini; ma si prestano
ancora meglio per improvvisare, se manca il brodo, il risotto del N.
75.

MINESTRE IN BRODO
7. Cappelletti all'uso di Romagna
Sono così chiamati per la loro forma a cappello. Ecco il modo più
semplice di farli onde riescano meno gravi allo stomaco.
Ricotta, oppure metà ricotta e metà cacio raviggiolo, grammi 180.
Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe,
e tritato fine fine colla lunetta.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, uno intero e un rosso.
Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace.
Un pizzico di sale.
Assaggiate il composto per poterlo al caso correggere, perchè
gl'ingredienti non corrispondono sempre a un modo. Mancando il petto
di cappone, supplite con grammi 100 di magro di maiale nella lombata,
cotto e condizionato nella stessa maniera.
Se la ricotta o il raviggiolo fossero troppo morbidi, lasciate addietro
la chiara d'uovo oppure aggiungete un altro rosso se il composto
riescisse troppo sodo.
Per chiuderlo fate una sfoglia piuttosto tenera di farina spenta con
sole uova servendovi anche di qualche chiara rimasta, e tagliatela con
un disco rotondo della grandezza come quello segnato in questa pagina.
Ponete il composto in mezzo ai dischi e piegateli in due formando così
una mezza luna; poi prendete le due estremità della medesima, riunitele
insieme ed avrete il _cappelletto_ compito.
[Illustrazione: Disco pei Cappelletti — NdT: Ø 64 mm
nell'illustrazione originale]
Se la sfoglia vi si risecca fra mano, bagnate, con un dito intinto
nell'acqua, gli orli dei dischi. Questa minestra per rendersi più grata
al gusto richiede il brodo di cappone; di quel rimminchionito animale
che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli
uomini. Cuocete dunque i _cappelletti_ nel suo brodo come si usa in
Romagna, ove trovereste nel citato giorno degli eroi che si vantano di
averne mangiati cento; ma c'è il caso però di crepare, come avvenne ad
un mio conoscente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine.
A proposito di questa minestra vi narrerò un fatterello, se vogliamo di
poca importanza, ma che può dare argomento a riflettere.
Avete dunque a sapere che di lambiccarsi il cervello su' libri i
signori di Romagna non ne vogliono saper buccicata, forse perchè fino
dall'infanzia i figli si avvezzano a vedere i genitori a tutt'altro
intenti che a sfogliar libri e fors'anche perchè, essendo paese ove
si può far vita gaudente con poco, non si crede necessaria tanta
istruzione; quindi il novanta per cento, a dir poco, dei giovanetti,
quando hanno fatto le ginnasiali, si buttano sull'imbraca, e avete
un bel tirare per la cavezza chè non si muovono. Fino a questo punto
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