La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 26
Cioccolata alla vainiglia, grammi 50.
Grattate la cioccolata e mettetela in una catinella con lo zucchero e
i rossi d'uovo e dimenateli con un mestolo; poi aggiungete la farina e
lavorate il composto per più di mezz'ora; per ultimo le chiare montate
mescolando adagio. Cuocetelo come l'antecedente.
602. Focaccia coi siccioli
Farina, grammi 500.
Zucchero in polvere fine, grammi 200.
Burro, grammi 160.
Siccioli, grammi 150.
Lardo, grammi 60.
Marsala o vino bianco, cucchiaiate N. 4.
Uova, due intere e due rossi.
Odore di scorza di limone.
Formata che avrete la pasta, lavorandola poco, uniteci i siccioli
sminuzzati, ungete una teglia di rame col lardo e versatecela
pigiandola colle nocche delle dita onde venga bernoccoluta; ma non
tenetela più alta di un dito.
Prima di passarla al forno fatele, se dopo cotta volete servirla
a pezzi, dei tagli quadrati colla punta d'un coltello, ripetendoli
a mezza cottura perchè facilmente si chiudono, e quando sarà cotta
spolverizzatela di zucchero a velo.
603. Focaccia alla tedesca
Zucchero, grammi 120.
Candito a pezzettini, grammi 30.
Pangrattato fine, grammi 120.
Uva sultanina, grammi 30.
Uova, N. 4.
Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d'uovo con lo zucchero finchè siano divenuti
quasi bianchi; aggiungete il pangrattato, poi il candito e l'uva, e per
ultimo le chiare montate ben sode. Mescolate adagio per non smontarle e
quando il composto sarà tutto unito, versatelo in una teglia imburrata
e infarinata o spolverizzata di pangrattato, ove alzi due dita circa e
cuocetela al forno; questo dolce prenderà l'apparenza del pan di Spagna
che spolverizzerete, dopo cotto, di zucchero a velo.
Se dovesse servire per dieci o dodici persone raddoppiate la dose.
604. Panettone Marietta
La Marietta è una brava cuoca e tanto buona ed onesta da meritare che
io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparato da lei.
Farina finissima, grammi 300.
Burro, grammi 100.
Zucchero, grammi 80.
Uva sultanina, grammi 80.
Uova, uno intero e due rossi.
Sale, una presa.
Cremor di tartaro, grammi 10.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino, ossia grammi 5 scarsi.
Candito a pezzettini, grammi 20.
Odore di scorza di limone.
Latte, decilitri 2 circa.
D'inverno rammorbidite il burro a bagno-maria e lavoratelo colle
uova; aggiungete la farina e il latte a poco per volta, poi il resto
meno l'uva e le polveri che serberete per ultimo; ma, prima di versar
queste, lavorate il composto per mezz'ora almeno e riducetelo col
latte a giusta consistenza, cioè, nè troppo liquido, nè troppo sodo.
Versatelo in uno stampo liscio più alto che largo e di doppia tenuta
onde nel gonfiare non trabocchi e possa prendere la forma di un pane
rotondo. Ungetene le pareti col burro, spolverizzatelo con zucchero a
velo misto a farina e cuocetelo in forno. Se vi vien bene vedrete che
cresce molto formando in cima un rigonfio screpolato. È un dolce che
merita di essere raccomandato perchè migliore assai del panettone di
Milano che si trova in commercio, e richiede poco impazzamento.
605. Pane bolognese
Questo è un pane che farà onore alla classica cucina bolognese perchè
gustoso a mangiarsi solo e atto a essere servito per inzupparlo in
qualunque liquido.
Farina di grano, grammi 500.
Zucchero a velo, grammi 180.
Burro, grammi 180.
Zibibbo, grammi 70.
Pinoli tritati all'ingrosso, grammi 50.
Cedro candito a piccoli filetti, grammi 30.
Cremor di tartaro, grammi 8.
Bicarbonato, grammi 4.
Uova, N. 2.
Latte, decilitri 1.
Mescolate lo zucchero con la farina e fatene un monte sulla spianatoia;
nella buca che gli farete poneteci il burro, le uova e il latte, ma
questo tiepido con le due polveri, dentro, le quali già vedrete che
cominciano a fermentare. Impastate ogni cosa insieme e quando il
pastone è divenuto omogeneo apritelo per aggiungervi i pinoli, il
candito e l'uva.
Rimaneggiatelo, onde queste cose vengano sparse egualmente per formarne
due pani a forma di spola alti poco più di un dito, dorateli col rosso
d'uovo e cuoceteli subito al forno od anche al forno da campagna.
606. Ciambelle ossia buccellati I
Farina finissima, chilogrammi 1,700.
Zucchero, grammi 300.
Lievito, grammi 200.
Burro, grammi 150.
Lardo, grammi 50.
Latte, decilitri 4.
Marsala, decilitri 2.
Rhum, due cucchiaiate.
Uova, N. 6.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Un pizzico di sale.
Odore di scorza di limone.
Se siete precisi colle dosi indicate, la farina basterà per l'appunto
ad ottenere una pasta di giusta sodezza.
Per lievito, come ho detto altra volta, intendo quella pasta, già
preparata, che serve di fermento al pane.
Il limone da grattare dev'essere di giardino.
Sciogliete il lievito in una catinella colla metà del latte, facendogli
prendere tanta farina da farne un pane di giusta consistenza. Dopo
formato lasciatelo stare in mezzo alla farina in modo che ne sia
circondato da uno strato più alto di un dito. Ponete la catinella
in luogo non freddo, riparato dall'aria, e quando quel pane sarà ben
lievitato, per il che accorreranno, a seconda della stagione, otto o
dieci ore, guastatelo e rifatelo più grande col resto del latte e della
farina occorrente. Aspettate che abbia di nuovo lievitato e che sia ben
rigonfiato, per il che ci vorrà altrettanto tempo; versatelo allora
sulla spianatoia ed impastatelo col resto della farina e con tutti
gl'ingredienti citati; ma lavoratelo ben bene e con forza onde la pasta
si affini e divenga tutta omogenea.
Preparate dei teglioni di ferro o delle teglie di rame stagnate,
unte col lardo e infarinate, e nelle medesime collocate le ciambelle
che farete grandi a piacere, ma in modo che vi stiano assai larghe.
Lasciatele lievitare in cucina o in altro luogo di temperatura tiepida,
ed allorchè saranno ben rigonfiate, ma non passate di lievito, fate
loro colla punta di un coltello delle lunghe incisioni alla superficie,
doratele coll'uovo e spargeteci sopra dello zucchero cristallino
pestato grosso.
Cuocetele in forno a moderato calore.
Vi avverto che d'inverno sarà bene impastare il lievito col latte
tiepido e mandare le ciambelle a lievitare nella caldana. Colla metà
dose potete ottenere quattro belle ciambelle di grammi 350 circa
ciascuna, quando non vogliate farle più piccole.
607. Ciambelle ossia buccellati II
Queste ciambelle da famiglia sono di più semplice fattura delle
precedenti.
Farina d'Ungheria, grammi 500.
Zucchero, grammi 180.
Burro, grammi 90.
Cremor di tartaro, grammi 15.
Bicarbonato di soda, grammi 5.
Uova, N. 2.
Odore di buccia di limone o di anaci od anche di
cedro candito in pezzettini.
Fate una buca nella farina per metterci il burro sciolto, le uova e lo
zucchero. Intridete la farina con questi ingredienti e col latte che
occorre per formare una pasta di giusta consistenza e dimenatela molto.
Le due polveri e gli odori aggiungeteli in ultimo.
Invece di una sola ciambella potete farne due e tenerle col buco
largo, che vengono grosse abbastanza. Fate loro qualche incisione alla
superficie, doratele col rosso d'uovo e cuocetele al forno o al forno
da campagna ungendo la teglia con burro o lardo. Anche con la metà
delle dosi si ottiene una discreta ciambella.
608. Pasta Maddalena
Zucchero, grammi 130.
Farina fine, grammi 80.
Burro, grammi 30.
Rossi d'uovo, N. 4.
Chiare, N. 3.
Una presa di bicarbonato di soda.
Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d'uovo collo zucchero, e quando saranno
diventati biancastri, aggiungete la farina e lavorate ancora per più di
un quarto d'ora. Unite al composto il burro liquefatto se è d'inverno,
e per ultimo le chiare montate.
La farina asciugatela al fuoco, o al sole, se d'estate.
A questa pasta potete dare forme diverse, ma tenetela sempre sottile
e di poco volume. Si usa metterla in degli stampini lavorati, unti col
burro e infarinati, oppure in teglia alla grossezza di un dito scarso,
tagliandola dopo in forma di mandorle che spolverizzerete di zucchero
a velo. Potete anche farla della grossezza di mezzo dito e appiccicare
insieme le mandorle a due per due con conserve di frutta.
609. Pizza alla napoletana
Pasta frolla metà della ricetta A del N. 589, oppure l'intera ricetta B
dello stesso numero.
Ricotta, grammi 150.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 70.
Zucchero, grammi 50.
Farina, grammi 20
Uova, N. 1 e un rosso.
Odore di scorza di limone o di vainiglia.
Latte, mezzo bicchiere.
Fate una crema col latte, collo zucchero, colla farina, con l'uovo
intero sopraindicato e quando è cotta ed ancor bollente aggiungete
il rosso e datele l'odore. Unite quindi alla crema la ricotta e le
mandorle sbucciate e pestate fini. Mescolate il tutto e riempite con
questo composto la pasta frolla disposta a guisa di torta, e cioè
fra due sfoglie della medesima ornata di sopra e dorata col rosso
d'uovo. S'intende già che dev'essere cotta in forno, servita fredda e
spolverizzata di zucchero a velo.
A me sembra che questo riesca un dolce di gusto squisito.
610. Pizza gravida
Servitevi del seguente composto, uso crema:
Latte, un quarto di litro.
Zucchero, grammi 60.
Amido, grammi 30.
Rossi d'uovo, N. 2.
Odore che più aggradite.
Aggiungete quando la ritirate dal fuoco:
Pinoli interi, grammi 30.
Uva passolina, grammi 80.
Riempite con questo composto una pasta frolla come avete fatto per la
pizza alla napoletana e cuocetela come la precedente.
611. Quattro quarti all'inglese
Uova N. 5 e del loro peso, compreso il guscio,
altrettanto zucchero ed altrettanta farina.
Uva passolina, grammi 200.
Burro, grammi 200.
Candito a pezzettini, grammi 30.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Lavorate prima le uova con lo zucchero, aggiungete la farina e
continuate a lavorare con un mestolo per mezz'ora all'incirca. Lasciate
il composto in riposo per un'ora o due, indi unite al medesimo il burro
sciolto a bagnomaria, il bicarbonato, l'uva e il candito; versatelo
in una teglia o in una forma liscia, unta col burro e spolverizzata di
zucchero a velo misto a farina e cuocetelo al forno.
L'uva passolina lavatela prima, onde nettarla dalla terra che
ordinariamente contiene, ed asciugatela. Qui viene a proposito uno
sfogo contro la proverbiale indolenza degl'Italiani i quali sono soliti
di ricorrere ai paesi esteri anche per quelle cose che avrebbero
a portata di mano nel proprio. Nelle campagne della bassa Romagna
si raccoglie un'uva nera a piccolissimi chicchi e senza seme, colà
chiamata uva _romanina_, che io, per uso di casa mia, ho messo talvolta
a profitto perchè non si distingue dalla passolina se non per essere
di qualità migliore e priva d'ogni sozzura. Per seccarla distendete i
grappoli in un graticcio, tenetela in caldana per sette od otto giorni,
nettandola dai raspi quando sarà secca.
612. Quattro quarti all'italiana
Questo dolce si fa nella stessa maniera del precedente eccetto che
si sostituisce al candito l'odore della buccia di limone, e all'uva
passolina gr. 100 di mandorle dolci con alcune amare. Usando anche qui
il bicarbonato di soda, il dolce riescirà più leggiero. Le mandorle,
dopo averle sbucciate, asciugatele al sole o al fuoco, pestatele fini
con due cucchiaiate dello zucchero della ricetta e mescolatele alla
farina prima di gettarle nel composto. Se non usate questa precauzione
c'è il caso di trovar le mandorle tutte ammassate insieme. È un dolce
che ha bisogno di essere lavorato molto, tanto prima che dopo averci
versato il burro; e il mio cuoco ha sperimentato che riesce meglio
tenendo la catinella immersa nell'acqua calda, mentre si lavora, cosa
questa che si può dire anche per le altre paste consimili. Se fatto con
attenzione sarà giudicato un dolce squisito.
613. Dolce di mandorle
Uova, N. 3.
Zucchero, il peso dell'uova.
Farina di patate, grammi 125.
Burro, grammi 125.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 125.
Odore di buccia di limone grattata.
Sbucciate le mandorle, asciugatele al sole o al fuoco e pestatele
finissime nel mortaio con un terzo del detto zucchero. Lavorate con
un mestolo i tre rossi delle uova colla rimanenza dello zucchero e la
buccia del limone, finchè saranno divenuti biancastri; uniteci dopo
la farina di patate, poi le mandorle pestate e il burro liquefatto,
lavorando ancora il composto. Per ultimo versateci le chiare montate
e quando sarà amalgamata ogni cosa insieme cuocetelo nel forno da
campagna, spolverizzandolo di zucchero a velo diaccio che sia.
Se vi servirete di una teglia, il cui fondo sia del diametro di
centimetri 22 circa, il dolce verrà giusto di altezza. Potete servirvi
dello stesso burro per unger la teglia, la quale, come sapete, va
spolverizzata con zucchero a velo misto a farina. È un dolce di gusto
delicato che può bastare per otto persone.
614. Offelle di marmellata
La parola _offella_, in questo significato, è del dialetto romagnolo
e, se non isbaglio, anche del lombardo, e dovrebbe derivare
dall'antichissima _offa_, focaccia, schiacciata composta di farro e
anche di varie altre cose.
[Illustrazione: Stampo delle Offelle di marmellata — NdT: Ø 80
mm nell'illustrazione originale]
_Dar l'offa al cerbero_ è una frase che ha il merito dell'opportunità
parlandosi di coloro, e non son pochi oggigiorno, che danno la caccia
a qualche carica onde aver modo di riceverla e mangiare sul tesoro
pubblico a quattro ganascie. Ma torniamo alle _offelle_, che sarà
meglio.
Mele rose, grammi 500.
Zucchero in polvere, grammi 125.
Candito, grammi 30.
Cannella in polvere, due cucchiaini.
Tagliate le mele in quattro spicchi, sbucciateli e levate loro la
loggia del torsolo. Tagliate questi spicchi a fette più sottili che
potete e ponetele al fuoco in una cazzaruola con due bicchieri d'acqua,
spezzettandole col mestolo. Queste mele sono di pasta dura e per
cuocerle hanno bisogno d'acqua; anzi, se bollendo rimanessero troppo
asciutte, aggiungetene dell'altra. Aspettate che siano spappolate per
gettarvi lo zucchero e poi assaggiate se il dolce è giusto, perchè
le frutta in genere, a seconda della maturità, possono essere più o
meno acide. Per ultimo aggiungete il candito a piccoli pezzettini e la
cannella.
Servitevi della pasta frolla N. 589 nel quantitativo della ricetta A,
distendetela col matterello alla grossezza di uno scudo e tagliatela
collo stampo rotondo e smerlato come quello segnato nella pagina
precedente; un disco sotto e un disco sopra, quest'ultimo tirato col
matterello rigato, e in mezzo la marmellata, umettando gli orli perchè
si attacchino. Dorate le offelle col rosso d'uovo e mandatele al forno,
spolverizzandole dopo di zucchero a velo.
615. Offelle di marzapane
[Illustrazione: Stampo delle Offelle di Marzapane — NdT: L 93
x H 114 mm nell'illustrazione originale]
Servitevi della medesima pasta frolla indicata nella precedente
ricetta e per ripieno, invece della marmellata, ponete il marzapane
descritto al N. 579 e, se non avete arancio candito, servitevi per
odore dell'arancio fresco che è molto grato. A queste _offelle_ potrete
dare una forma diversa per distinguerle dalle altre. Io mi servo dello
stampo qui sopra segnato, e lo piego in due formando una mezza luna
smerlata.
616. Crostate
Per crostate io intendo quelle torte che hanno per base la pasta frolla
e per ripieno le conserve di frutta o la crema.
Prendete la dose intera della ricetta del B N. 589, o la metà della
ricetta A, e in ambedue servitevi, come si è detto, di un uovo intero
e un torlo; ma prima di metterli nella pasta frullateli a parte e,
per risparmio, lasciate indietro un po' d'uovo che servirà per dorare
la superficie della crostata. Alla pasta frolla che deve servire
a quest'uso sarà bene dare un qualche odore come quello di scorza
di limone o d'acqua di fior d'arancio; il meglio sarebbe servirsi
esclusivamente della ricetta C.
Per formar la crostata spianate col matterello liscio una metà
della pasta per avere una sfoglia rotonda della grossezza di uno
scudo all'incirca e ponetela in una teglia unta col burro. Sopra
la medesima distendete la conserva oppure la crema od anche l'una
e l'altra, tenendole però separate. Se la conserva fosse troppo
soda rammorbiditela al fuoco con qualche cucchiaiata d'acqua. Sopra
la conserva distendete a eguale distanza l'una dall'altra tante
strisce di pasta tirata col matterello rigato, larghe un dito scarso,
e incrociatele in modo che formino un mandorlato; indi coprite
l'estremità delle strisce con un cerchio all'ingiro fatto colla pasta
rimanente, inumiditelo coll'acqua per attaccarlo bene. Dorate coll'uovo
lasciato a parte la superficie della pasta frolla, e cuocete la
crostata in forno o nel forno da campagna. Migliora dopo un giorno o
due.
617. Croccante
Mandorle dolci, grammi 120.
Zucchero in polvere, grammi 100.
Sbucciate le mandorle, distaccatene i lobi, cioè le due parti nelle
quali sono naturalmente congiunte, e tagliate ognuno dei lobi in
filetti o per il lungo o per traverso come più vi piace. Ponete queste
mandorle così tagliate al fuoco ed asciugatele fino al punto di far
loro prendere il colore gialliccio, senza però arrostirle. Frattanto
ponete lo zucchero al fuoco in una cazzaruola possibilmente non
istagnata e quando sarà perfettamente liquefatto, versatevi entro le
mandorle ben calde, e mescolate. Qui avvertite di gettare una palettata
di cenere sulle bragi, onde il croccante non vi prenda l'amaro,
passando di cottura, il punto preciso della quale si conosce dal color
cannella che acquista il croccante. Allora versatelo a poco per volta
in uno stampo qualunque, unto prima con burro od olio, e pigiandolo
con un limone contro le pareti, distendetelo sottile quanto più potete.
Sformatelo diaccio e se ciò vi riescisse difficile, immergete lo stampo
nell'acqua bollente. Si usa anche seccar le mandorle al sole, tritarle
fini colla lunetta, unendovi un pezzo di burro quando sono nello
zucchero.
618. Salame inglese
Questo dolce, che si potrebbe più propriamente chiamare pan di Spagna
ripieno e che fa tanto bella mostra nelle vetrine de' pasticcieri,
sembra, per chi è ignaro dell'arte, un piatto d'alta credenza: ma non è
niente affatto difficile ad eseguirsi.
Fate un pan di Spagna colle seguenti dosi e per cuocerlo al forno
distendetelo all'altezza di mezzo dito in un teglione possibilmente
rettangolare, unto col burro e spolverizzato di farina.
Zucchero in polvere, grammi 200.
Farina finissima, grammi 170.
Uova, N. 6.
In questo e consimili casi, alcuni trattati dell'arte suggeriscono di
asciugar bene la farina al sole o al fuoco prima di adoperarla, per
renderla forse più leggiera.
Lavorate i rossi d'uovo collo zucchero per circa mezz'ora; unite ai
medesimi le chiare ben montate e dopo averle mescolate adagino fate
cadere la farina da un vagliettino, oppure tenetevi al metodo indicato
al N. 588. Levato dal forno, tagliate dal medesimo, quando è ancora
caldo, un numero sufficiente di strisce, larghe 2 centimetri circa e
lunghe quanto il pezzo di pan di Spagna, al quale devono servire di
ripieno; ma perchè queste strisce facciano un bell'effetto, devono
prendere colori diversi; quindi alcune aspergetele di rosolio bianco
e resteranno gialle; altre di alkermes e figureranno rosse, e alle
ultime fate prendere il nero con un rosolio bianco ove sia stata infusa
della cioccolata. Questi filetti così preparati disponeteli uno sopra
l'altro, alternandoli, nel mezzo del pezzo di pan di Spagna rimasto
intero, la superficie del quale avrete prima spalmata di una liquida
conserva di frutta e spalmati pure i filetti, onde stiano uniti.
Tirate i lembi del pan di Spagna sopra i medesimi e formate un rotolo
tutto unito il quale, tagliato poi a fette, presenterà per ripieno una
scacchiera a diversi colori.
Questo dolce si può far più semplice per uso di famiglia nel seguente
modo, bastando la metà della dose anche per una teglia grande.
Spalmate il pan di Spagna con rosolio e conserva di frutta, sia di
cotogne, di albicocche o di pesche poco importa, distendete sulla
medesima delle fettine sottili di candito e rotolate come un foglio
il pezzo intero sopra sè stesso; ma nell'una o nell'altra maniera
sarebbe bene, per dargli più bell'aspetto, di ornare la superficie o
con un ricamo di zucchero o con una crosta di cioccolata come usano i
pasticcieri; ma codesti signori, per fare tali cose a perfezione, hanno
certi loro segreti particolari che non insegnano volentieri. Conosco,
però, così alto alto, un loro processo speciale che troverete descritto
al N. 789.
Frattanto contentatevi del seguente, che è più semplice ma non del
tutto perfetto:
Intridete dello zucchero a velo con chiara d'uovo, facendolo molto
sodo, e distendetelo sopra al dolce uniformemente, oppure mettetelo in
un cartoccio foggiato a forma di cornetto, e strizzandolo, per farlo
uscire dal piccolo buco in fondo, giratelo sul dolce per formare il
disegno che più vi piace. Se la crosta la fate nera, prendete gr. 60 di
zucchero a velo e gr. 30 di cioccolata in polvere, mescolate, intridete
ugualmente con chiara d'uovo e distendete l'intriso sul dolce. Se non
si asciuga naturalmente, ponetelo sotto l'azione di un moderato calore.
619. Cavallucci di Siena
I dolci speciali a Siena sono il panforte, i ricciarelli, i cavallucci
e le cupate. I cavallucci sono pastine in forma di mostacciuoli della
dimensione segnata qui sotto; quindi vedete che la figura di un cavallo
non ci ha niente che fare, e perchè siano così chiamati credo non si
sappia neanche a _Siena di tre cose piena: di torri, di campane e di
quintane_.
[Illustrazione: Cavallucci — NdT: L 45 x H 32 mm
nell'illustrazione originale]
Con questa ricetta intendo indicarvi il modo di poterli imitare, ma
non di farli del tutto precisi perchè se nel sapore all'incirca ci
siamo, la manipolazione lascia a desiderare, ed è cosa naturale. Dove
si lavora in grande e con processi che sono un segreto ai profani,
l'imitazione zoppica sempre.
Farina, grammi 300.
Zucchero biondo, grammi 300.
Noci sgusciate, grammi 100.
Arancio candito, grammi 50.
Anaci, grammi 15.
Spezie e cannella in polvere, grammi 5.
Le noci tritatele alla grossezza della veccia all'incirca.
L'arancio tagliatelo a dadettini.
Lo zucchero mettetelo al fuoco con un terzo del suo peso di acqua
e quando è ridotto a cottura di filo gettate in esso tutti gli
ingredienti, mescolate e versate il composto caldo nella spianatoia
sopra la farina per intriderla; ma per far questo vedrete che vi
occorrerà dell'altra farina, la quale serve a ridurre la pasta
consistente. Formate allora i cavallucci, dei quali, con questa dose,
ne otterrete oltre a 40, e siccome, a motivo dello zucchero, questa
pasta appiccica, spolverizzateli di farina alla superficie. Collocateli
in una teglia e cuoceteli in bianco a moderato calore. State molto
attenti alla cottura dello zucchero, perchè se cuoce troppo diventa
scuro. Quando, prendendone una goccia tra il pollice e l'indice,
comincia a filare, basta per questo uso.
620. Ricciarelli di Siena
Zucchero bianco fine, grammi 220.
Mandorle dolci, grammi 200.
Dette amare, grammi 20.
Chiare d'uovo, N. 2.
Odore di buccia d'arancio.
Sbucciate le mandorle, asciugatele bene al sole o al fuoco e pestatele
finissime nel mortaio con due cucchiaiate del detto zucchero, versato
in diverse volte; poi uniteci il resto dello zucchero mescolando bene.
Montate le chiare in un vaso qualunque e versateci le mandorle così
preparate e la buccia dell'arancio grattata. Mescolate di nuovo
con un mestolo e versate il composto sulla spianatoia sopra a un
leggiero strato di farina per fargliene prendere soltanto quella ben
poca quantità che occorre per tirare leggermente col matterello una
stiacciata morbida, grossa mezzo dito. Allora tagliateli con la forma
qui sotto segnata e ne otterrete da 16 a 18 per cuocerli nel seguente
modo:
Prendete una teglia, fatele uno strato di crusca alto quanto uno scudo
e copritelo tutto di cialde per posarvi su i ricciarelli e cuocerli al
forno a moderato calore onde restino teneri. in mancanza del forno, che
sarebbe il più opportuno, servitevi del forno da campagna.
[Illustrazione: Forma dei Ricciarelli di Siena — NdT: L 92 x H
54 mm nell'illustrazione originale]
Dopo cotti tagliate via la cialda che sopravanza agli orli di queste
paste, che riescono di qualità fine.
621. Cialdoni
Ponete in un pentolo:
Farina, grammi 80.
Zucchero biondo, grammi 30.
Lardo vergine e appena tiepido, grammi 20.
Acqua diaccia, sette cucchiaiate.
Sciogliete prima, coll'acqua, la farina e lo zucchero, poi aggiungete
il lardo.
Ponete sopra un fornello ardente il ferro da cialde e quando è ben
caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata della
detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sul
fuoco da una parte e dall'altra, levate le sbavature con un coltello ed
apritelo quando conoscerete che la cialda ha preso il color nocciuola.
Allora distaccatela alquanto da una parte col coltello e subito così
calda sopra il ferro medesimo o sopra a un canovaccio disteso sul
focolare arrotolatela con un bocciuolo di canna o semplicemente colle
mani. Quest'ultima operazione bisogna farla molto svelti perchè se la
cialda si diaccia non potrete più avvolgerla su sè stessa. Se le cialde
restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a quando col lardo, e
se non venissero tutte unite, aggiungete un po' di farina.
Sapete già che i cialdoni si possono servir soli; ma è meglio
accompagnarli con la panna o con la crema montata ed anche col latte
_brûlé_ o col latte alla portoghese.
622. Fave alla romana o dei morti
Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e
tengono luogo della fava _baggiana_, ossia d'orto, che si usa in
questa occasione cotta nell'acqua coll'osso di prosciutto. Tale usanza
deve avere la sua radice nell'antichità più remota poichè la fava si
offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le
cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si
astenevano dal mangiarne, non la seminavano, nè la toccavano colle
mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo
legume stimandolo cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere,
erano considerate come una funebre offerta, poichè credevasi che in
esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti
alle porte dell'inferno.
Nelle feste _Lemurali_ si sputavano fave nere e si percuoteva nel
tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli
antenati, i Lemuri e gli Dei dell'inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre
e l'uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto
si dice, per cui Pitagora ordinò a' suoi discepoli di astenersene;
un'altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di
governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.
Varie sono le maniere di fare le fave dolci; v'indicherò le seguenti:
le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più fine.
PRIMA RICETTA
Farina, grammi 200.
Zucchero, grammi 100.
Mandorle dolci, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, N. 1.
Odore di scorza di limone, oppure di cannella,
o d'acqua di fior d'arancio.
SECONDA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Farina, grammi 100.
Zucchero, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, N. 1.
Odore, come sopra.
TERZA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Grattate la cioccolata e mettetela in una catinella con lo zucchero e
i rossi d'uovo e dimenateli con un mestolo; poi aggiungete la farina e
lavorate il composto per più di mezz'ora; per ultimo le chiare montate
mescolando adagio. Cuocetelo come l'antecedente.
602. Focaccia coi siccioli
Farina, grammi 500.
Zucchero in polvere fine, grammi 200.
Burro, grammi 160.
Siccioli, grammi 150.
Lardo, grammi 60.
Marsala o vino bianco, cucchiaiate N. 4.
Uova, due intere e due rossi.
Odore di scorza di limone.
Formata che avrete la pasta, lavorandola poco, uniteci i siccioli
sminuzzati, ungete una teglia di rame col lardo e versatecela
pigiandola colle nocche delle dita onde venga bernoccoluta; ma non
tenetela più alta di un dito.
Prima di passarla al forno fatele, se dopo cotta volete servirla
a pezzi, dei tagli quadrati colla punta d'un coltello, ripetendoli
a mezza cottura perchè facilmente si chiudono, e quando sarà cotta
spolverizzatela di zucchero a velo.
603. Focaccia alla tedesca
Zucchero, grammi 120.
Candito a pezzettini, grammi 30.
Pangrattato fine, grammi 120.
Uva sultanina, grammi 30.
Uova, N. 4.
Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d'uovo con lo zucchero finchè siano divenuti
quasi bianchi; aggiungete il pangrattato, poi il candito e l'uva, e per
ultimo le chiare montate ben sode. Mescolate adagio per non smontarle e
quando il composto sarà tutto unito, versatelo in una teglia imburrata
e infarinata o spolverizzata di pangrattato, ove alzi due dita circa e
cuocetela al forno; questo dolce prenderà l'apparenza del pan di Spagna
che spolverizzerete, dopo cotto, di zucchero a velo.
Se dovesse servire per dieci o dodici persone raddoppiate la dose.
604. Panettone Marietta
La Marietta è una brava cuoca e tanto buona ed onesta da meritare che
io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparato da lei.
Farina finissima, grammi 300.
Burro, grammi 100.
Zucchero, grammi 80.
Uva sultanina, grammi 80.
Uova, uno intero e due rossi.
Sale, una presa.
Cremor di tartaro, grammi 10.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino, ossia grammi 5 scarsi.
Candito a pezzettini, grammi 20.
Odore di scorza di limone.
Latte, decilitri 2 circa.
D'inverno rammorbidite il burro a bagno-maria e lavoratelo colle
uova; aggiungete la farina e il latte a poco per volta, poi il resto
meno l'uva e le polveri che serberete per ultimo; ma, prima di versar
queste, lavorate il composto per mezz'ora almeno e riducetelo col
latte a giusta consistenza, cioè, nè troppo liquido, nè troppo sodo.
Versatelo in uno stampo liscio più alto che largo e di doppia tenuta
onde nel gonfiare non trabocchi e possa prendere la forma di un pane
rotondo. Ungetene le pareti col burro, spolverizzatelo con zucchero a
velo misto a farina e cuocetelo in forno. Se vi vien bene vedrete che
cresce molto formando in cima un rigonfio screpolato. È un dolce che
merita di essere raccomandato perchè migliore assai del panettone di
Milano che si trova in commercio, e richiede poco impazzamento.
605. Pane bolognese
Questo è un pane che farà onore alla classica cucina bolognese perchè
gustoso a mangiarsi solo e atto a essere servito per inzupparlo in
qualunque liquido.
Farina di grano, grammi 500.
Zucchero a velo, grammi 180.
Burro, grammi 180.
Zibibbo, grammi 70.
Pinoli tritati all'ingrosso, grammi 50.
Cedro candito a piccoli filetti, grammi 30.
Cremor di tartaro, grammi 8.
Bicarbonato, grammi 4.
Uova, N. 2.
Latte, decilitri 1.
Mescolate lo zucchero con la farina e fatene un monte sulla spianatoia;
nella buca che gli farete poneteci il burro, le uova e il latte, ma
questo tiepido con le due polveri, dentro, le quali già vedrete che
cominciano a fermentare. Impastate ogni cosa insieme e quando il
pastone è divenuto omogeneo apritelo per aggiungervi i pinoli, il
candito e l'uva.
Rimaneggiatelo, onde queste cose vengano sparse egualmente per formarne
due pani a forma di spola alti poco più di un dito, dorateli col rosso
d'uovo e cuoceteli subito al forno od anche al forno da campagna.
606. Ciambelle ossia buccellati I
Farina finissima, chilogrammi 1,700.
Zucchero, grammi 300.
Lievito, grammi 200.
Burro, grammi 150.
Lardo, grammi 50.
Latte, decilitri 4.
Marsala, decilitri 2.
Rhum, due cucchiaiate.
Uova, N. 6.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Un pizzico di sale.
Odore di scorza di limone.
Se siete precisi colle dosi indicate, la farina basterà per l'appunto
ad ottenere una pasta di giusta sodezza.
Per lievito, come ho detto altra volta, intendo quella pasta, già
preparata, che serve di fermento al pane.
Il limone da grattare dev'essere di giardino.
Sciogliete il lievito in una catinella colla metà del latte, facendogli
prendere tanta farina da farne un pane di giusta consistenza. Dopo
formato lasciatelo stare in mezzo alla farina in modo che ne sia
circondato da uno strato più alto di un dito. Ponete la catinella
in luogo non freddo, riparato dall'aria, e quando quel pane sarà ben
lievitato, per il che accorreranno, a seconda della stagione, otto o
dieci ore, guastatelo e rifatelo più grande col resto del latte e della
farina occorrente. Aspettate che abbia di nuovo lievitato e che sia ben
rigonfiato, per il che ci vorrà altrettanto tempo; versatelo allora
sulla spianatoia ed impastatelo col resto della farina e con tutti
gl'ingredienti citati; ma lavoratelo ben bene e con forza onde la pasta
si affini e divenga tutta omogenea.
Preparate dei teglioni di ferro o delle teglie di rame stagnate,
unte col lardo e infarinate, e nelle medesime collocate le ciambelle
che farete grandi a piacere, ma in modo che vi stiano assai larghe.
Lasciatele lievitare in cucina o in altro luogo di temperatura tiepida,
ed allorchè saranno ben rigonfiate, ma non passate di lievito, fate
loro colla punta di un coltello delle lunghe incisioni alla superficie,
doratele coll'uovo e spargeteci sopra dello zucchero cristallino
pestato grosso.
Cuocetele in forno a moderato calore.
Vi avverto che d'inverno sarà bene impastare il lievito col latte
tiepido e mandare le ciambelle a lievitare nella caldana. Colla metà
dose potete ottenere quattro belle ciambelle di grammi 350 circa
ciascuna, quando non vogliate farle più piccole.
607. Ciambelle ossia buccellati II
Queste ciambelle da famiglia sono di più semplice fattura delle
precedenti.
Farina d'Ungheria, grammi 500.
Zucchero, grammi 180.
Burro, grammi 90.
Cremor di tartaro, grammi 15.
Bicarbonato di soda, grammi 5.
Uova, N. 2.
Odore di buccia di limone o di anaci od anche di
cedro candito in pezzettini.
Fate una buca nella farina per metterci il burro sciolto, le uova e lo
zucchero. Intridete la farina con questi ingredienti e col latte che
occorre per formare una pasta di giusta consistenza e dimenatela molto.
Le due polveri e gli odori aggiungeteli in ultimo.
Invece di una sola ciambella potete farne due e tenerle col buco
largo, che vengono grosse abbastanza. Fate loro qualche incisione alla
superficie, doratele col rosso d'uovo e cuocetele al forno o al forno
da campagna ungendo la teglia con burro o lardo. Anche con la metà
delle dosi si ottiene una discreta ciambella.
608. Pasta Maddalena
Zucchero, grammi 130.
Farina fine, grammi 80.
Burro, grammi 30.
Rossi d'uovo, N. 4.
Chiare, N. 3.
Una presa di bicarbonato di soda.
Odore di scorza di limone.
Lavorate prima i rossi d'uovo collo zucchero, e quando saranno
diventati biancastri, aggiungete la farina e lavorate ancora per più di
un quarto d'ora. Unite al composto il burro liquefatto se è d'inverno,
e per ultimo le chiare montate.
La farina asciugatela al fuoco, o al sole, se d'estate.
A questa pasta potete dare forme diverse, ma tenetela sempre sottile
e di poco volume. Si usa metterla in degli stampini lavorati, unti col
burro e infarinati, oppure in teglia alla grossezza di un dito scarso,
tagliandola dopo in forma di mandorle che spolverizzerete di zucchero
a velo. Potete anche farla della grossezza di mezzo dito e appiccicare
insieme le mandorle a due per due con conserve di frutta.
609. Pizza alla napoletana
Pasta frolla metà della ricetta A del N. 589, oppure l'intera ricetta B
dello stesso numero.
Ricotta, grammi 150.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 70.
Zucchero, grammi 50.
Farina, grammi 20
Uova, N. 1 e un rosso.
Odore di scorza di limone o di vainiglia.
Latte, mezzo bicchiere.
Fate una crema col latte, collo zucchero, colla farina, con l'uovo
intero sopraindicato e quando è cotta ed ancor bollente aggiungete
il rosso e datele l'odore. Unite quindi alla crema la ricotta e le
mandorle sbucciate e pestate fini. Mescolate il tutto e riempite con
questo composto la pasta frolla disposta a guisa di torta, e cioè
fra due sfoglie della medesima ornata di sopra e dorata col rosso
d'uovo. S'intende già che dev'essere cotta in forno, servita fredda e
spolverizzata di zucchero a velo.
A me sembra che questo riesca un dolce di gusto squisito.
610. Pizza gravida
Servitevi del seguente composto, uso crema:
Latte, un quarto di litro.
Zucchero, grammi 60.
Amido, grammi 30.
Rossi d'uovo, N. 2.
Odore che più aggradite.
Aggiungete quando la ritirate dal fuoco:
Pinoli interi, grammi 30.
Uva passolina, grammi 80.
Riempite con questo composto una pasta frolla come avete fatto per la
pizza alla napoletana e cuocetela come la precedente.
611. Quattro quarti all'inglese
Uova N. 5 e del loro peso, compreso il guscio,
altrettanto zucchero ed altrettanta farina.
Uva passolina, grammi 200.
Burro, grammi 200.
Candito a pezzettini, grammi 30.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Lavorate prima le uova con lo zucchero, aggiungete la farina e
continuate a lavorare con un mestolo per mezz'ora all'incirca. Lasciate
il composto in riposo per un'ora o due, indi unite al medesimo il burro
sciolto a bagnomaria, il bicarbonato, l'uva e il candito; versatelo
in una teglia o in una forma liscia, unta col burro e spolverizzata di
zucchero a velo misto a farina e cuocetelo al forno.
L'uva passolina lavatela prima, onde nettarla dalla terra che
ordinariamente contiene, ed asciugatela. Qui viene a proposito uno
sfogo contro la proverbiale indolenza degl'Italiani i quali sono soliti
di ricorrere ai paesi esteri anche per quelle cose che avrebbero
a portata di mano nel proprio. Nelle campagne della bassa Romagna
si raccoglie un'uva nera a piccolissimi chicchi e senza seme, colà
chiamata uva _romanina_, che io, per uso di casa mia, ho messo talvolta
a profitto perchè non si distingue dalla passolina se non per essere
di qualità migliore e priva d'ogni sozzura. Per seccarla distendete i
grappoli in un graticcio, tenetela in caldana per sette od otto giorni,
nettandola dai raspi quando sarà secca.
612. Quattro quarti all'italiana
Questo dolce si fa nella stessa maniera del precedente eccetto che
si sostituisce al candito l'odore della buccia di limone, e all'uva
passolina gr. 100 di mandorle dolci con alcune amare. Usando anche qui
il bicarbonato di soda, il dolce riescirà più leggiero. Le mandorle,
dopo averle sbucciate, asciugatele al sole o al fuoco, pestatele fini
con due cucchiaiate dello zucchero della ricetta e mescolatele alla
farina prima di gettarle nel composto. Se non usate questa precauzione
c'è il caso di trovar le mandorle tutte ammassate insieme. È un dolce
che ha bisogno di essere lavorato molto, tanto prima che dopo averci
versato il burro; e il mio cuoco ha sperimentato che riesce meglio
tenendo la catinella immersa nell'acqua calda, mentre si lavora, cosa
questa che si può dire anche per le altre paste consimili. Se fatto con
attenzione sarà giudicato un dolce squisito.
613. Dolce di mandorle
Uova, N. 3.
Zucchero, il peso dell'uova.
Farina di patate, grammi 125.
Burro, grammi 125.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 125.
Odore di buccia di limone grattata.
Sbucciate le mandorle, asciugatele al sole o al fuoco e pestatele
finissime nel mortaio con un terzo del detto zucchero. Lavorate con
un mestolo i tre rossi delle uova colla rimanenza dello zucchero e la
buccia del limone, finchè saranno divenuti biancastri; uniteci dopo
la farina di patate, poi le mandorle pestate e il burro liquefatto,
lavorando ancora il composto. Per ultimo versateci le chiare montate
e quando sarà amalgamata ogni cosa insieme cuocetelo nel forno da
campagna, spolverizzandolo di zucchero a velo diaccio che sia.
Se vi servirete di una teglia, il cui fondo sia del diametro di
centimetri 22 circa, il dolce verrà giusto di altezza. Potete servirvi
dello stesso burro per unger la teglia, la quale, come sapete, va
spolverizzata con zucchero a velo misto a farina. È un dolce di gusto
delicato che può bastare per otto persone.
614. Offelle di marmellata
La parola _offella_, in questo significato, è del dialetto romagnolo
e, se non isbaglio, anche del lombardo, e dovrebbe derivare
dall'antichissima _offa_, focaccia, schiacciata composta di farro e
anche di varie altre cose.
[Illustrazione: Stampo delle Offelle di marmellata — NdT: Ø 80
mm nell'illustrazione originale]
_Dar l'offa al cerbero_ è una frase che ha il merito dell'opportunità
parlandosi di coloro, e non son pochi oggigiorno, che danno la caccia
a qualche carica onde aver modo di riceverla e mangiare sul tesoro
pubblico a quattro ganascie. Ma torniamo alle _offelle_, che sarà
meglio.
Mele rose, grammi 500.
Zucchero in polvere, grammi 125.
Candito, grammi 30.
Cannella in polvere, due cucchiaini.
Tagliate le mele in quattro spicchi, sbucciateli e levate loro la
loggia del torsolo. Tagliate questi spicchi a fette più sottili che
potete e ponetele al fuoco in una cazzaruola con due bicchieri d'acqua,
spezzettandole col mestolo. Queste mele sono di pasta dura e per
cuocerle hanno bisogno d'acqua; anzi, se bollendo rimanessero troppo
asciutte, aggiungetene dell'altra. Aspettate che siano spappolate per
gettarvi lo zucchero e poi assaggiate se il dolce è giusto, perchè
le frutta in genere, a seconda della maturità, possono essere più o
meno acide. Per ultimo aggiungete il candito a piccoli pezzettini e la
cannella.
Servitevi della pasta frolla N. 589 nel quantitativo della ricetta A,
distendetela col matterello alla grossezza di uno scudo e tagliatela
collo stampo rotondo e smerlato come quello segnato nella pagina
precedente; un disco sotto e un disco sopra, quest'ultimo tirato col
matterello rigato, e in mezzo la marmellata, umettando gli orli perchè
si attacchino. Dorate le offelle col rosso d'uovo e mandatele al forno,
spolverizzandole dopo di zucchero a velo.
615. Offelle di marzapane
[Illustrazione: Stampo delle Offelle di Marzapane — NdT: L 93
x H 114 mm nell'illustrazione originale]
Servitevi della medesima pasta frolla indicata nella precedente
ricetta e per ripieno, invece della marmellata, ponete il marzapane
descritto al N. 579 e, se non avete arancio candito, servitevi per
odore dell'arancio fresco che è molto grato. A queste _offelle_ potrete
dare una forma diversa per distinguerle dalle altre. Io mi servo dello
stampo qui sopra segnato, e lo piego in due formando una mezza luna
smerlata.
616. Crostate
Per crostate io intendo quelle torte che hanno per base la pasta frolla
e per ripieno le conserve di frutta o la crema.
Prendete la dose intera della ricetta del B N. 589, o la metà della
ricetta A, e in ambedue servitevi, come si è detto, di un uovo intero
e un torlo; ma prima di metterli nella pasta frullateli a parte e,
per risparmio, lasciate indietro un po' d'uovo che servirà per dorare
la superficie della crostata. Alla pasta frolla che deve servire
a quest'uso sarà bene dare un qualche odore come quello di scorza
di limone o d'acqua di fior d'arancio; il meglio sarebbe servirsi
esclusivamente della ricetta C.
Per formar la crostata spianate col matterello liscio una metà
della pasta per avere una sfoglia rotonda della grossezza di uno
scudo all'incirca e ponetela in una teglia unta col burro. Sopra
la medesima distendete la conserva oppure la crema od anche l'una
e l'altra, tenendole però separate. Se la conserva fosse troppo
soda rammorbiditela al fuoco con qualche cucchiaiata d'acqua. Sopra
la conserva distendete a eguale distanza l'una dall'altra tante
strisce di pasta tirata col matterello rigato, larghe un dito scarso,
e incrociatele in modo che formino un mandorlato; indi coprite
l'estremità delle strisce con un cerchio all'ingiro fatto colla pasta
rimanente, inumiditelo coll'acqua per attaccarlo bene. Dorate coll'uovo
lasciato a parte la superficie della pasta frolla, e cuocete la
crostata in forno o nel forno da campagna. Migliora dopo un giorno o
due.
617. Croccante
Mandorle dolci, grammi 120.
Zucchero in polvere, grammi 100.
Sbucciate le mandorle, distaccatene i lobi, cioè le due parti nelle
quali sono naturalmente congiunte, e tagliate ognuno dei lobi in
filetti o per il lungo o per traverso come più vi piace. Ponete queste
mandorle così tagliate al fuoco ed asciugatele fino al punto di far
loro prendere il colore gialliccio, senza però arrostirle. Frattanto
ponete lo zucchero al fuoco in una cazzaruola possibilmente non
istagnata e quando sarà perfettamente liquefatto, versatevi entro le
mandorle ben calde, e mescolate. Qui avvertite di gettare una palettata
di cenere sulle bragi, onde il croccante non vi prenda l'amaro,
passando di cottura, il punto preciso della quale si conosce dal color
cannella che acquista il croccante. Allora versatelo a poco per volta
in uno stampo qualunque, unto prima con burro od olio, e pigiandolo
con un limone contro le pareti, distendetelo sottile quanto più potete.
Sformatelo diaccio e se ciò vi riescisse difficile, immergete lo stampo
nell'acqua bollente. Si usa anche seccar le mandorle al sole, tritarle
fini colla lunetta, unendovi un pezzo di burro quando sono nello
zucchero.
618. Salame inglese
Questo dolce, che si potrebbe più propriamente chiamare pan di Spagna
ripieno e che fa tanto bella mostra nelle vetrine de' pasticcieri,
sembra, per chi è ignaro dell'arte, un piatto d'alta credenza: ma non è
niente affatto difficile ad eseguirsi.
Fate un pan di Spagna colle seguenti dosi e per cuocerlo al forno
distendetelo all'altezza di mezzo dito in un teglione possibilmente
rettangolare, unto col burro e spolverizzato di farina.
Zucchero in polvere, grammi 200.
Farina finissima, grammi 170.
Uova, N. 6.
In questo e consimili casi, alcuni trattati dell'arte suggeriscono di
asciugar bene la farina al sole o al fuoco prima di adoperarla, per
renderla forse più leggiera.
Lavorate i rossi d'uovo collo zucchero per circa mezz'ora; unite ai
medesimi le chiare ben montate e dopo averle mescolate adagino fate
cadere la farina da un vagliettino, oppure tenetevi al metodo indicato
al N. 588. Levato dal forno, tagliate dal medesimo, quando è ancora
caldo, un numero sufficiente di strisce, larghe 2 centimetri circa e
lunghe quanto il pezzo di pan di Spagna, al quale devono servire di
ripieno; ma perchè queste strisce facciano un bell'effetto, devono
prendere colori diversi; quindi alcune aspergetele di rosolio bianco
e resteranno gialle; altre di alkermes e figureranno rosse, e alle
ultime fate prendere il nero con un rosolio bianco ove sia stata infusa
della cioccolata. Questi filetti così preparati disponeteli uno sopra
l'altro, alternandoli, nel mezzo del pezzo di pan di Spagna rimasto
intero, la superficie del quale avrete prima spalmata di una liquida
conserva di frutta e spalmati pure i filetti, onde stiano uniti.
Tirate i lembi del pan di Spagna sopra i medesimi e formate un rotolo
tutto unito il quale, tagliato poi a fette, presenterà per ripieno una
scacchiera a diversi colori.
Questo dolce si può far più semplice per uso di famiglia nel seguente
modo, bastando la metà della dose anche per una teglia grande.
Spalmate il pan di Spagna con rosolio e conserva di frutta, sia di
cotogne, di albicocche o di pesche poco importa, distendete sulla
medesima delle fettine sottili di candito e rotolate come un foglio
il pezzo intero sopra sè stesso; ma nell'una o nell'altra maniera
sarebbe bene, per dargli più bell'aspetto, di ornare la superficie o
con un ricamo di zucchero o con una crosta di cioccolata come usano i
pasticcieri; ma codesti signori, per fare tali cose a perfezione, hanno
certi loro segreti particolari che non insegnano volentieri. Conosco,
però, così alto alto, un loro processo speciale che troverete descritto
al N. 789.
Frattanto contentatevi del seguente, che è più semplice ma non del
tutto perfetto:
Intridete dello zucchero a velo con chiara d'uovo, facendolo molto
sodo, e distendetelo sopra al dolce uniformemente, oppure mettetelo in
un cartoccio foggiato a forma di cornetto, e strizzandolo, per farlo
uscire dal piccolo buco in fondo, giratelo sul dolce per formare il
disegno che più vi piace. Se la crosta la fate nera, prendete gr. 60 di
zucchero a velo e gr. 30 di cioccolata in polvere, mescolate, intridete
ugualmente con chiara d'uovo e distendete l'intriso sul dolce. Se non
si asciuga naturalmente, ponetelo sotto l'azione di un moderato calore.
619. Cavallucci di Siena
I dolci speciali a Siena sono il panforte, i ricciarelli, i cavallucci
e le cupate. I cavallucci sono pastine in forma di mostacciuoli della
dimensione segnata qui sotto; quindi vedete che la figura di un cavallo
non ci ha niente che fare, e perchè siano così chiamati credo non si
sappia neanche a _Siena di tre cose piena: di torri, di campane e di
quintane_.
[Illustrazione: Cavallucci — NdT: L 45 x H 32 mm
nell'illustrazione originale]
Con questa ricetta intendo indicarvi il modo di poterli imitare, ma
non di farli del tutto precisi perchè se nel sapore all'incirca ci
siamo, la manipolazione lascia a desiderare, ed è cosa naturale. Dove
si lavora in grande e con processi che sono un segreto ai profani,
l'imitazione zoppica sempre.
Farina, grammi 300.
Zucchero biondo, grammi 300.
Noci sgusciate, grammi 100.
Arancio candito, grammi 50.
Anaci, grammi 15.
Spezie e cannella in polvere, grammi 5.
Le noci tritatele alla grossezza della veccia all'incirca.
L'arancio tagliatelo a dadettini.
Lo zucchero mettetelo al fuoco con un terzo del suo peso di acqua
e quando è ridotto a cottura di filo gettate in esso tutti gli
ingredienti, mescolate e versate il composto caldo nella spianatoia
sopra la farina per intriderla; ma per far questo vedrete che vi
occorrerà dell'altra farina, la quale serve a ridurre la pasta
consistente. Formate allora i cavallucci, dei quali, con questa dose,
ne otterrete oltre a 40, e siccome, a motivo dello zucchero, questa
pasta appiccica, spolverizzateli di farina alla superficie. Collocateli
in una teglia e cuoceteli in bianco a moderato calore. State molto
attenti alla cottura dello zucchero, perchè se cuoce troppo diventa
scuro. Quando, prendendone una goccia tra il pollice e l'indice,
comincia a filare, basta per questo uso.
620. Ricciarelli di Siena
Zucchero bianco fine, grammi 220.
Mandorle dolci, grammi 200.
Dette amare, grammi 20.
Chiare d'uovo, N. 2.
Odore di buccia d'arancio.
Sbucciate le mandorle, asciugatele bene al sole o al fuoco e pestatele
finissime nel mortaio con due cucchiaiate del detto zucchero, versato
in diverse volte; poi uniteci il resto dello zucchero mescolando bene.
Montate le chiare in un vaso qualunque e versateci le mandorle così
preparate e la buccia dell'arancio grattata. Mescolate di nuovo
con un mestolo e versate il composto sulla spianatoia sopra a un
leggiero strato di farina per fargliene prendere soltanto quella ben
poca quantità che occorre per tirare leggermente col matterello una
stiacciata morbida, grossa mezzo dito. Allora tagliateli con la forma
qui sotto segnata e ne otterrete da 16 a 18 per cuocerli nel seguente
modo:
Prendete una teglia, fatele uno strato di crusca alto quanto uno scudo
e copritelo tutto di cialde per posarvi su i ricciarelli e cuocerli al
forno a moderato calore onde restino teneri. in mancanza del forno, che
sarebbe il più opportuno, servitevi del forno da campagna.
[Illustrazione: Forma dei Ricciarelli di Siena — NdT: L 92 x H
54 mm nell'illustrazione originale]
Dopo cotti tagliate via la cialda che sopravanza agli orli di queste
paste, che riescono di qualità fine.
621. Cialdoni
Ponete in un pentolo:
Farina, grammi 80.
Zucchero biondo, grammi 30.
Lardo vergine e appena tiepido, grammi 20.
Acqua diaccia, sette cucchiaiate.
Sciogliete prima, coll'acqua, la farina e lo zucchero, poi aggiungete
il lardo.
Ponete sopra un fornello ardente il ferro da cialde e quando è ben
caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata della
detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sul
fuoco da una parte e dall'altra, levate le sbavature con un coltello ed
apritelo quando conoscerete che la cialda ha preso il color nocciuola.
Allora distaccatela alquanto da una parte col coltello e subito così
calda sopra il ferro medesimo o sopra a un canovaccio disteso sul
focolare arrotolatela con un bocciuolo di canna o semplicemente colle
mani. Quest'ultima operazione bisogna farla molto svelti perchè se la
cialda si diaccia non potrete più avvolgerla su sè stessa. Se le cialde
restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a quando col lardo, e
se non venissero tutte unite, aggiungete un po' di farina.
Sapete già che i cialdoni si possono servir soli; ma è meglio
accompagnarli con la panna o con la crema montata ed anche col latte
_brûlé_ o col latte alla portoghese.
622. Fave alla romana o dei morti
Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e
tengono luogo della fava _baggiana_, ossia d'orto, che si usa in
questa occasione cotta nell'acqua coll'osso di prosciutto. Tale usanza
deve avere la sua radice nell'antichità più remota poichè la fava si
offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le
cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si
astenevano dal mangiarne, non la seminavano, nè la toccavano colle
mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo
legume stimandolo cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere,
erano considerate come una funebre offerta, poichè credevasi che in
esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti
alle porte dell'inferno.
Nelle feste _Lemurali_ si sputavano fave nere e si percuoteva nel
tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli
antenati, i Lemuri e gli Dei dell'inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre
e l'uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto
si dice, per cui Pitagora ordinò a' suoi discepoli di astenersene;
un'altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di
governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.
Varie sono le maniere di fare le fave dolci; v'indicherò le seguenti:
le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più fine.
PRIMA RICETTA
Farina, grammi 200.
Zucchero, grammi 100.
Mandorle dolci, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, N. 1.
Odore di scorza di limone, oppure di cannella,
o d'acqua di fior d'arancio.
SECONDA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Farina, grammi 100.
Zucchero, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, N. 1.
Odore, come sopra.
TERZA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
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