La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 13

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che la Chiesa permette di cibarsene ne' giorni magri senza infrangere
il precetto. La sua patria sono i paesi temperati e caldi dell'Europa
e dell'Africa settentrionale, e come uccello anche migratorio viaggia
di notte. Abita i paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi di piante
acquatiche, d'insetti e di piccoli molluschi. Due sole specie trovansi
in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in
branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali.
È assai cognita quella con barchetti, chiamata _la tela_, nelle
vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese
Ginori Lisci, che ha luogo diverse volte nell'autunno inoltrato e
nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte
con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute
circa seimila folaghe; così riferirono i giornali.
La carne della folaga è nera e di poco sapore, e pel selvatico che
contiene bisogna, in cucina, trattarla così:
Prendiamo, ad esempio (come ho fatto io), quattro folaghe e, dopo
averle pelate e strinate alla fiamma per tor via la gran caluggine
che hanno, vuotatele e lavatele bene. Dopo trapassatele per la
lunghezza del corpo con uno spiedo infuocato, poi tagliatele in quattro
parti gettando via la testa, le zampe e le punte delle ali; indi
tenetele in infusione nell'aceto per un'ora e dopo lavatele diverse
volte nell'acqua fresca. Dei fegatini non me ne sono servito; ma le
cipolle, che sono grosse e muscolose come quelle della gallina, dopo
averle vuotate, lavate e tagliate in quattro pezzi, le ho messe pure
nell'infusione.
Ora, fate un battuto, tritato fine, con una grossa cipolla e tutti gli
odori in proporzione, cioè sedano, carota e prezzemolo, e mettetelo
al fuoco con grammi 80 di burro, e nello stesso tempo le folaghe e i
ventrigli condendole con sale, pepe e odore di spezie. Quando saranno
asciutte bagnatele con sugo di pomodoro o conserva sciolta in acqua
abbondante per cuocerle e perchè vi resti molto intinto. Cotte che
sieno, passate il sugo e in questo unite un petto e mezzo di folaga
tritato fine e altri grammi 40 di burro, per condire con esso e con
parmigiano tre uova di pappardelle o grammi 500 di strisce che, pel
loro gusto particolare, saranno lodate. Le folaghe, con alquanto del
loro intinto, servitele dopo come piatto di companatico che non saranno
da disprezzarsi. Tutta questa roba credo potrà bastare per cinque o sei
persone.
Ho inteso dire che si ottiene anche un discreto brodo cuocendole a
lesso con due salsicce in corpo.
276. Piccioni in umido
A proposito di piccioni sentite questa che vi do per vera, benchè
sembri incredibile, e valga come riprova di ciò che vi dicevo sulle
bizzarrie dello stomaco.
Una signora prega un uomo, che le capita per caso, di ucciderle un paio
di piccioni, ed egli, lei presente, li annega in un catino d'acqua. La
signora ne ricevè una tale impressione che d'allora in poi non ha più
potuto mangiar la carne di quel volatile.
Guarnite i piccioni con foglie di salvia intere, poneteli in un tegame
o in una cazzaruola sopra a fettine di prosciutto grasso e magro e
conditeli con olio, sale e pepe. Quando essi avranno preso colore,
aggiungete un pezzo di burro e tirateli a cottura con brodo. Prima
di ritirarli dal fuoco spremeteci sopra un limone e adoperate il loro
sugo per servirli con fette di pane arrostito postevi sotto. Avvertite
di salarli pochissimo a motivo del prosciutto e del brodo. Al tempo
dell'agresto, potete usare quest'ultimo invece del limone, seguendo il
dettato:
_Quando Sol est in leone,_
_Bonum vinum cum popone,_
_Et agrestum cum pipione._
277. Piccione all'inglese o Piccion paio
Avverto qui una volta per tutte che nella mia cucina non si fa
questione di nomi e che io non do importanza ai titoli ampollosi. Se
un inglese dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche con lo
strano nome di _piccion paio_, non è cucinato secondo l'usanza della
sua nazione, non me ne importa un fico; mi basta che sia giudicato
buono, e tutti pari. Prendete:
Un piccione giovane, ma grosso.
Vitella di latte magra, gr. 100, oppure un petto di pollo.
Fette sottili di prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Fette di lingua salata, grammi 30.
Burro, grammi 40.
Mezzo bicchiere di brodo buono digrassato.
Un uovo sodo.
Tagliate il piccione a piccoli pezzi nelle sue giunture scartando la
testa e le zampe. Tagliate la vitella di latte o il petto di pollo
a bracioline e battetele colla costola del coltello. Tagliate il
prosciutto e la lingua a strisce larghe un dito. Tagliate l'uovo in
otto spicchi.
Prendete un piatto ovale di metallo o di porcellana che regga al fuoco
e distendetevi a strati uno sopra all'altro, prima la metà del piccione
e della vitella, poi la metà del prosciutto e della lingua, la metà del
burro sparso qua e là a pezzettini e la metà, ossia quattro spicchi,
dell'uovo; condite con pochissimo sale, pepe e odore di spezie, e
ripetete l'operazione col rimanente in modo che tutto l'insieme faccia
la colma. Per ultimo annaffiate col brodo suddetto, ma diaccio, che
vedrete galleggiare sul primo orlo del piatto e che rimarrà in gran
parte dopo la cottura.
Ora formate una pasta per ricoprirlo, nelle seguenti proporzioni:
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Spirito di vino, un cucchiaino
Zucchero, un cucchiaino.
Agro di limone, uno spicchio.
Un rosso d'uovo.
Sale, quanto basta.
Intridete la farina coi suddetti ingredienti e, se non bastano,
aggiungete acqua tiepida per fare una pasta alquanto morbida.
Lavoratela molto gettandola con forza contro la spianatoia, lasciatela
un poco in riposo e tiratene una sfoglia addoppiandola quattro o cinque
volte, riducendola, per ultimo, grossa come uno scudo, col matterello
rigato. Con essa coprite il piatto adornandolo, se è possibile, coi
ritagli della stessa pasta, indi doratela con rosso d'uovo; cuocete
questo pasticcio (che tale si può chiamare) al forno da campagna e
servitelo caldo.
A me pare che questo piatto venga meglio ammannito nella seguente
maniera per dargli un carattere e un gusto più nazionale. Date
prima mezza cottura al piccione e alle altre carni col detto burro,
condendole col sale, il pepe e le spezie. Poi disponetele sul vassoio
nel modo indicato, non escludendo l'intinto dell'umido e il brodo.
Aumentando il condimento potrete unirvi anche rigaglie di pollo,
animelle e tartufi.
278. Manicaretto di piccioni
Tagliateli a quarti o a pezzi grossi nelle giunture e metteteli al
fuoco con una fetta di prosciutto, un pezzetto di burro e un mazzetto
guarnito, condendoli con sale e pepe. Quando cominciano ad asciugare
bagnateli con brodo e, a mezza cottura, aggiungete le loro rigaglie,
delle animelle a pezzi, e funghi freschi tagliati a fette, od anche
secchi ma fatti prima rinvenire nell'acqua calda, oppure tartufi;
questi però vanno messi a cottura quasi compita. Dopo averli bagnati
con del brodo, versateci, se i piccioni son due, mezzo bicchiere di
vino bianco che avrete prima fatto scemare di metà al fuoco, in un
vaso a parte. Continuate a farli bollire dolcemente, poi aggiungete
altro pezzetto di burro intriso nella farina, oppure farina sola, per
legarne la salsa, e per ultimo, avanti di mandarli in tavola, levate
il prosciutto e il mazzetto, e strizzate sui piccioni un limone. Le
animelle scottatele prima e spellatele se sono di bestia grossa.
In questo stesso modo si possono cucinare i pollastri giovani,
guarnendoli di rigaglie invece che di animelle.
279. Timballo di piccioni
Questa pietanza dicesi _timballo_, forse dalla forma che si approssima
all'istrumento musicale di questo nome.
Fate un battuto con prosciutto, cipolla, sedano e carota, aggiungete
un pezzetto di burro e mettetelo al fuoco con un piccione o due, a
seconda del numero delle persone che dovranno fargli la festa. Unite ai
medesimi le loro rigaglie con altre di pollo, se ne avete. Condite con
sale e pepe e, quando i piccioni saranno rosolati, bagnateli con brodo
per tirarli a cottura, ma procurate che vi resti del sugo. Passate
questo e gettatevi dei maccheroni che avrete già cotti, ma non del
tutto, in acqua salata e teneteli presso al fuoco rimovendoli di quando
in quando. Fate un poco di _balsamella_, poi spezzate i piccioni nelle
loro giunture, escludendone il collo, la testa, le zampe e le ossa del
groppone quando non vi piacesse di disossarli del tutto, il che sarebbe
meglio. Le rigaglie tagliatele a pezzi piuttosto grossi e alle cipolle
levate il tenerume.
Allorchè i maccheroni avranno succhiato il sugo, conditeli con
parmigiano, pezzettini di burro, dadini o, meglio, fettine di
prosciutto grasso e magro, noce moscata, fettine di tartufi o, mancando
questi, un pugnello di funghi secchi rammolliti. Unite infine la
_balsamella_ e mescolate.
Prendete una cazzaruola di grandezza proporzionata, ungetela tutta
con burro diaccio e foderatela di pasta frolla. Versate il composto,
copritelo della stessa pasta e cuocetelo al forno; sformatelo caldo e
servitelo subito.
Con grammi 300 di maccheroni e due piccioni farete un timballo per
dieci o dodici persone se non sono forti mangiatori. Volendo potete
anche dargli la forma di pasticcio come quello del N. 349.
280. Tordi colle olive
I tordi e gli altri uccelli minuti in umido si possono fare come i
piccioni N. 276; anzi ve li raccomando cucinati in quella maniera che
sono buonissimi. Le olive indolcite, state cioè in salamoia, si usano
mettere intere coi loro nocciolo quando i tordi sono a mezza cottura.
Il nocciolo però è meglio levarlo: con un temperino si fa della polpa
un nastrino, che, avvolto a spirale sopra sè stesso, par che formi
un'oliva intera.
Una volta furono regalati sei tordi a un signore, il quale, avendo in
quei giorni la famiglia in campagna, pensò di mangiarseli arrostiti a
una trattoria. Erano belli, freschi e grassi come i beccafichi e però,
stando in timore non glieli barattassero, li contrassegnò tagliando
loro la lingua. I camerieri entrati in sospetto cominciarono ad
esaminarli se segno alcuno apparisse e, guarda guarda, aiutati dalla
loro scaltrezza, lo ritrovarono. Per non la cedere a furberia, o forse
perchè con essi quel signore si mostrava soltanto largo in cintura,
«gliela vogliamo fare» gridarono ad una voce; e, tagliata la lingua a
sei tordi dei più magri che fossero in cucina, gli prepararono quelli,
serbando i suoi per gli avventori che più premevano. Venuto l'amico
coll'ansietà di fare in quel giorno un ghiotto mangiare e vedutili
secchi allampanati, cominciò a stralunare gli occhi e voltandoli e
rivoltandoli fra sè diceva: — Io resto! ma che sono proprio i miei
tordi questi? — Poi, riscontrato che la lingua mancava, tutto dolente,
si dette a credere che avessero operata la metamorfosi lo spiedo e il
fuoco.
Agli avventori che capitarono dopo, la prima offerta che in aria di
trionfo facevano quei camerieri, era: — Vuol ella oggi un bellissimo
tordo? — e qui a raccontar la loro bella prodezza, come fu narrata a me
da uno che li aveva mangiati.
281. Tordi finti
Tordi finti perchè li rammenta l'odore del ginepro e un poco anche il
sapore della composizione. È un piatto che può piacere e farete bene a
provarlo.
Magro di vitella di latte senz'osso per sei tordi, gr. 300.
Coccole di ginepro, N. 6.
Fegatini di pollo, N. 3.
Acciughe salate, N. 3.
Olio, cucchiaiate N. 3.
Lardone, quanto basta.
Questi finti tordi devono aver l'apparenza di bracioline ripiene,
quindi della vitella di latte fatene sei fette sottili, spianatele,
date loro una bella forma e mettete da parte i ritagli. Questi coi
fegatini, un pezzetto di lardone, le coccole di ginepro, le acciughe
nettate, e una foglia di salvia, formeranno il composto per riempirle;
e però tritate il tutto finissimo e conditelo con poco sale e pepe.
Dopo avere arrocchiate le bracioline con questo composto, fasciatele
con una fetta sottile del detto lardone, frapponendo fra questo e la
carne mezza foglia di salvia, e legatele in croce. Grammi 60 di lardone
in tutto, credo potrà bastare.
Ora che avete preparato le bracioline, ponetele a fuoco vivo in una
_sautè_ oppure in una cazzaruola scoperta con le dette tre cucchiaiate
d'olio, e conditele ancora leggermente con sale e pepe. Quando
saranno rosolate da tutte le parti, scolate l'unto, lasciando però il
bruciaticcio in fondo al vaso, e tiratele a cottura col brodo versato a
pochino per volta, perchè devono rimanere in ultimo quasi asciutte.
Mandatele in tavola slegate, sopra a sei fette di pane appena arrostito
e bagnate coll'intinto ristretto rimasto dopo la cottura.
Sono buone anche diacce.
282. Storni in istufa
Gli storni, essendo uccelli di carne ordinaria e dura, hanno bisogno
del seguente trattamento per renderli mangiabili.
Per numero sei storni fate un battuto, tritato fine, con un quarto di
una grossa cipolla e grammi 30 di grasso di prosciutto. Mettetelo al
fuoco con grammi 20 di burro, tre o quattro striscioline di prosciutto
grasso e magro e due coccole di ginepro. Collocateci sopra gli storni
senza sventrarli e, guarniti con foglie di salvia, conditeli con sale e
pepe. Quando avranno tirato il sapore del battuto, voltandoli spesso, e
che la cipolla sarà ben colorita, bagnateli con un poco di vino bianco
asciutto e poi versatecene tanto che fra la prima e la seconda volta
sia tre decilitri. Mancandovi il vino bianco supplite con due decilitri
d'acqua ed uno di marsala. Coprite la cazzaruola con un foglio di
carta a quattro doppi tenuto fermo da un coperchio pesante e fate
bollire a fuoco dolce fino a cottura completa. Levateli col loro sugo e
serviteli.
283. Uccelli in salmì
Cuoceteli, non del tutto, arrosto allo spiedo conditi con sale e olio.
Dopo levati, se sono uccelli piccoli o tordi, lasciateli interi;
se sono grossi tagliateli in quattro parti, e levate loro tutte
le teste che pesterete in un mortaio insieme con qualche uccellino
pure arrostito o con qualche ritaglio di uccelli grossi. Mettete una
cazzarolina al fuoco con un battuto composto di burro, qualche pezzetto
di prosciutto, sugo di carne, oppure brodo, madera o marsala nella
quantità all'incirca del brodo, uno scalogno trinciato, una coccola o
due di ginepro, se sono tordi, o una foglia d'alloro se sono uccelli di
altra specie. Condite con sale e pepe e quando questo intingolo avrà
bollito mezz'ora passatelo dallo staccio, e collocatevi gli uccelli
arrostiti; fateli bollire fino a cottura completa e mandateli in tavola
con fettine di pane arrostito sotto.
284. Stufato di lepre
Vi descriverò più avanti il pasticcio di lepre, e vi dirò anche come
questa si cuoce arrosto; aggiungo ora che per farla dolce-forte potete
servirvi della ricetta del cignale N. 285, e che si può mettere in
istufato nella seguente maniera:
Prendiamo, per esempio, la metà di una lepre, e dopo averla spezzettata
tritate fine un battuto con una cipolla di mediocre grandezza, due
spicchi d'aglio, un pezzo di sedano lungo un palmo e diverse foglie di
ramerino. Mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro, due cucchiaiate
d'olio e quattro o cinque strisce di prosciutto larghe un dito. Quando
avrà soffritto per cinque minuti, gettateci la lepre e conditela con
sale, pepe e spezie. Rosolata che sia, bagnatela con mezzo bicchiere
di vino bianco o marsala, poi buttateci un pugnello di funghi freschi,
o secchi rammolliti, e tiratela a cottura con brodo e sugo di pomodoro
o conserva; ma prima di servirla, assaggiatela per aggiungere un altro
poco di burro, se occorre.
285. Cignale dolce-forte
A me pare sia bene che il cignale da fare dolce-forte debba avere la
sua cotenna con un dito di grasso, perchè il grasso di questo porco
selvatico, quando è cotto, resta duro, non nausea ed ha un sapore di
callo piacevolissimo.
Supposto che il pezzo sia di un chilogrammo all'incirca, eccovi le
proporzioni del condimento.
Fate un battuto con mezza cipolla, la metà di una grossa carota, due
costole di sedano bianco lunghe un palmo, un pizzico di prezzemolo e
grammi 30 di prosciutto grasso e magro. Tritatelo fine colla lunetta
e ponetelo in una cazzaruola con olio, sale e pepe sotto al cignale
per cuocerlo in pari tempo. Quando il pezzo ha preso colore da tutte
le parti, scolate buona parte dell'unto, spargetegli sopra un pizzico
di farina, e tiratelo a cottura con acqua calda versata di quando in
quando. Preparate intanto il dolce-forte in un bicchiere coi seguenti
ingredienti e gettatelo nella cazzaruola; ma prima passate il sugo.
Uva passolina, grammi 40.
Cioccolata, grammi 30.
Pinoli, grammi 30.
Candito a pezzetti, grammi 20.
Zucchero, grammi 50.
Aceto quanto basta; ma di questo mettetene poco, perchè avete tempo di
aggiungerlo dopo. Prima di portarlo in tavola fatelo bollire ancora
onde il condimento s'incorpori, anzi debbo dirvi che il dolce-forte
viene meglio se fatto un giorno per l'altro. Se lo amate più semplice
componete il dolce-forte di zucchero e aceto soltanto.
Nello stesso modo potete cucinare la lepre.
286. Cignale fra due fuochi
Tenetelo in una marinata come quella della lepre N. 531 per 12 o 14
ore. Levato da questa, asciugatelo con un canovaccio e poi preparatelo
nella seguente maniera.
Collocate nel fondo di una cazzaruola tre o quattro fette di lardone
sottili come la carta, ponete il pezzo del cignale sopra alle medesime,
conditelo con sale e pepe e aggiungete una cipolla intera, un mazzetto
guarnito, un pezzetto di burro e, se il cignale fosse un chilogrammo
circa, mezzo bicchiere di vino bianco. Distendete sul pezzo della
carne altre tre o quattro fette dello stesso lardone e copritelo con un
foglio unto col burro, che vi stia aderente. Cuocetelo con fuoco sotto
e sopra e quando accenna a prosciugarsi, bagnatelo con brodo. Cotto che
sia, passate il sugo senza spremerlo, digrassatelo e unitelo al cignale
quando lo mandate in tavola.
287. Costolette di daino alla cacciatora
Le carni del daino, del capriolo e di simili bestie di selvaggina sono
aride e dure, quindi è necessario che il tempo le frolli per essere
meglio gustate.
Servitevi per questo piatto della lombata, da cui taglie rete le
costolette tenendole sottili. Mettete al fuoco olio e burro in
proporzione della quantità che avrete a cuocere, uno spicchio d'aglio
intero e diverse foglie di salvia. Quando l'aglio avrà preso colore
collocateci sopra le costolette, conditele con sale e pepe e cuocetele
a fuoco ardente, alla svelta, annaffiandole col marsala.
288. Coniglio in umido
Per cucinare questo piatto, vedi le _Pappardelle col sugo di coniglio_,
N. 94.
289. Lingua dolce-forte
Prendete una lingua di vitella di latte tutta intera colla sua
pappagorgia, perchè questa è la parte più delicata; spellatela e
lessatela a mezza cottura. Regolatevi del resto come per il cignale del
N. 285, servendovi dell'acqua dove ha bollito per finire di cuocerla.
Per spellare la lingua arroventate una paletta e ponetegliela sopra
ripetendo l'operazione diverse volte, se occorre.
290. Lingua di bue al sugo di carne
Eccovi un'altra maniera di cucinare una lingua di bue del peso, senza
la pappagorgia, di oltre un chilogrammo.
Spellatela come è indicato nella ricetta N. 289 e steccatela con grammi
60 di lardone tagliato in lardelli conditi con sale e pepe. Legatela
perchè resti distesa e mettetela al fuoco con grammi 30 di burro;
conditela con altro sale e pepe rosolandola alquanto, e poi tiratela
a cottura col sugo di carne versato un poco per volta. Cotta che sia,
il sugo che resta passatelo e condensatelo al fuoco con un pezzetto di
burro e meno di mezza cucchiaiata di farina per unirlo alla lingua, che
manderete in tavola tagliata a fette contornata di erbaggi lessati e
rifatti col burro ed il sugo.
291. Arnioni saltati
Prendete una _pietra_, come la chiamano a Firenze, cioè un arnione o
rognone di bestia grossa oppure diversi di bestie piccole, apritelo
e digrassatelo tutto perchè quel grasso ha un odore sgradevole.
Tagliatelo per traverso a fette sottili, ponetelo in un vaso, salatelo
e versate sul medesimo tanta acqua bollente che lo ricopra. Quando
l'acqua sarà diacciata levatelo asciutto e mettetelo in padella per
farlo ributtar l'acqua che getterete via. Spargetegli sopra un pizzico
di farina, buttateci un pezzetto di burro e rimovendolo spesso fatelo
grillettare per soli cinque minuti. Conditelo con sale, pepe e mezzo
bicchiere scarso di vino bianco: lasciatelo ancora per poco sul fuoco
e quando siete per levarlo aggiungete un altro pezzetto di burro, un
pizzico di prezzemolo tritato e un po' di brodo, se occorre.
Per vostra regola gli arnioni tenuti troppo sul fuoco induriscono. Il
vino è bene farlo prima bollire a parte finchè sia scemato di un terzo;
se invece di vino bianco farete uso di marsala o di _champagne_, tanto
meglio.
292. Arnioni per colazione
Arnioni di vitella di latte, di castrato, di maiale e simili si
prestano bene per una colazione cucinati nella seguente maniera. Tenete
in pronto un battutino tritato fine, composto di prezzemolo, mezzo
spicchio d'aglio, il sugo di mezzo limone e cinque o sei fette di
midolla di pane, asciugato al fuoco.
Aprite gli arnioni per digrassarli e tagliateli a fettine sottili
per traverso. Dato che siano in tutto del peso di 400 o 500 grammi,
gettateli in padella con grammi 50 a 60 di burro a fuoco ardente.
Muoveteli spesso e appena cominciano a soffriggere gettateci il
battutino; conditeli con sale e pepe e sempre muovendoli col mestolo
versateci il sugo del limone e per ultimo un ramaiuolo di brodo.
L'operazione deve farsi in cinque minuti circa e prima di mandarli in
tavola versateli sulle fette del pane.
Basteranno per quattro persone.
293. Arnioni alla fiorentina
Aprite e digrassate gli arnioni come nella ricetta N. 291 e così
spaccati a metà per il lungo, cuoceteli nel modo seguente. Ponete un
tegame al fuoco con un pezzo di burro proporzionato e quando accenna a
bollire, poneteci l'arnione lasciandovelo un poco, poi ritiratelo dal
fuoco e conditelo con sale, pepe e un pizzico di prezzemolo tritato.
Involtatelo bene nel condimento e, dopo parecchie ore, cuocetelo nello
stesso tegame, oppure in gratella, involtato nel pan grattato.
294. Cosciotto o spalla di castrato in cazzaruola I
Per associazione d'idee, la parola castrato mi presenta alla memoria
quei servitori, i quali, per un'esigenza ridicola de' loro padroni
(sono sfoghi di vanità rientrata), si tagliano i baffi e le ledine da
sembrare tanti _castratoni_, e facce da zoccolanti.
Per lo stesso motivo, cioè per la vanità delle loro padrone, sbuffano e
mal si prestano le cameriere a portare in capo quelle berrette bianche,
chiamate altrimenti cuffie; infatti quando non sono più giovani e
non sono belle, con quell'aggeggio in capo sembrano la bertuccia. Le
balie, al contrario, gente di campagna, che sente poco la dignità di
sè stessa, con quei tanti fiocchi e nastri di vario colore adornate
(_indegne pompe, di servitù misere insegne_), se ne tengono, gonfiando
impettite e non s'avvedono che risvegliano l'idea della mucca quando è
condotta al mercato.
Entrando in materia, dico che la buona fine di questi due pezzi di
carne a me sembra di ottenerla nella seguente maniera. Prendiamo, ad
esempio, la spalla e sulla medesima regolatevi nelle debite proporzioni
per il cosciotto. Non ho bisogno di dirvi che il castrato deve essere
di qualità fine e ben grasso. Supponiamo che la spalla sia del peso
di un chilogrammo, benchè possa essere anche di chilogrammi 1-1/2.
Disossatela, steccatela con lardone, e conditela di dentro e di fuori
con sale e pepe, poi arrocchiatela e legatela onde prenda una bella
forma; indi mettetela in una cazzaruola con grammi 40 di burro per
rosolarla, e dopo aggiungete i seguenti ingredienti:
Alcune cotenne di lardone o di prosciutto.
Un mazzetto legato composto di prezzemolo, sedano e carota.
Una cipolla intera di mezzana grossezza.
Le ossa spezzate che avrete levate dalla spalla o
dal cosciotto che sia.
Dei ritagli di carne cruda, se ne avete.
Un bicchiere di brodo o mezzo soltanto.
Due o tre cucchiaiate di acquavite.
Tanta acqua fredda che il liquido arrivi poco sotto alla superficie del
castrato. Coprite bene la cazzaruola e fatela bollire a fuoco lento
finchè il pezzo sia cotto, per la qual cosa ci vorranno da quattro e
più ore se la bestia è dura. Allora passate il sugo, digrassatelo e
gettate via il superfluo, cioè mandate in tavola soltanto il castrato.
Questo piatto si suol guarnire o di carote o di rape o di fagiuoli
sgranati; se di carote, mettetene due grosse intere fra la carne
e quando saranno cotte levatele e tagliatele a fette rotonde per
aggiungerle dopo; se di rape, avvertite che non sappiano di forte
per non avere ancora sentito il freddo. Dividetele in quattro parti,
_imbiancatele_, tagliatele a dadi, rosolatele appena nel burro ed
unitele al sugo, il quale deve vedersi piuttosto abbondante; se di
fagiuoli, cuoceteli prima e rifateli in questo sugo.
295. Cosciotto o spalla di castrato in cazzaruola II
Questa è una ricetta più semplice e da preferirsi a quella del numero
precedente, quando non si richieda contorno alcuno di erbaggi e di
legumi.
Prendete una spalla di castrato e dopo averla disossata steccatela con
lardelli di lardone involtati nel sale e nel pepe. Salatela alquanto,
poi arrocchiata e legata stretta, mettetela al fuoco con grammi 40
di burro e una mezza cipolla steccata con un chiodo di garofano e
fatele prender colore. Ritirata la cazzaruola dal fuoco, versateci
un bicchiere d'acqua, o meglio brodo, una cucchiaiata di acquavite,
un mazzetto odoroso e, se è il tempo dei pomodori, alcuni di questi
spezzati. Fate bollire adagio per circa tre ore colla cazzaruola tenuta
chiusa con doppio foglio di carta, rivoltando spesso il pezzo della
carne. Quando sarà cotta, gettate via la cipolla, passate il sugo,
digrassatelo ed unitelo alla carne quando la mandate in tavola.
Vi avverto di non cuocerla troppo chè allora non si potrebbe tagliare a
fette.
Nella stessa maniera, colle debite proporzioni nel condimento, si
può fare il cosciotto. Se vi nausea il puzzo speciale al montone,
digrassate la carne anche da cruda.
296. Lombata di castrato ripiena
Prendete un pezzo di lombata di castrato col suo pannicolo attaccato,
del peso di un chilogrammo, digrassatela, ma non del tutto, disossatela
e conditela con sale e pepe. Formate il composto per riempirla con
Magro di vitella di latte, grammi 150.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Un uovo.
Sale e pepe.
Tritatelo ben fine e, dopo avere spalmata con questo tutta la lombata
nell'interno, arrocchiatela tirandole sopra il pannicolo, e cucitela
onde non isbuzzi il ripieno. Ora mettetela al fuoco con grammi 50 di
burro e quando sarà rosolata bagnatela con un dito (di bicchiere) di
marsala, poi gettate nella cazzaruola a crogiolare con lei a fuoco
lento, mezza cipolla piuttosto piccola, tagliata in due pezzi, due
o tre pezzi di sedano, altrettanti di una carota e dei gambi di
prezzemolo, bagnandola con acqua o brodo per tirarla a cottura. Infine
passate il sugo e il resto, digrassatelo e servitela. È un piatto che
potrà bastare per otto persone e merita di essere raccomandato.
Già sapete che per digrassare un sugo basta posargli sopra qualche
pezzo di carta straccia sugante.
297. Bue alla moda
Questo piatto va trattato poco diversamente da quello del N. 294.
Prendete non meno di un chilogrammo di magro della coscia o del
culaccio di bestia grossa e steccatelo con lardelli grossi un dito di
buon lardone che avrete involtati nel sale e nel pepe. Legate il pezzo
della carne perchè prenda una bella forma, salatelo a sufficienza e
ponetelo in una cazzaruola con grammi 50 di burro per rosolarlo; poi
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