La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 16

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spesso perchè s'attaccano, cuoceteli; ma avvertite di non rosolarli,
indi passateli dallo staccio. Aggiungete dopo il parmigiano, la noce
moscata, le uova frullate, la panna e, mescolato bene ogni cosa,
versate il composto in uno stampo liscio, che avrete unto con burro
diaccio e mettetelo al fuoco per restringerlo a bagno-maria.
È quasi migliore freddo che caldo e questa dose potrà bastare a sei
persone.
349. Pasticcio di maccheroni
I cuochi di Romagna sono generalmente molto abili per questo piatto
complicatissimo e costoso, ma eccellente se viene fatto a dovere,
il che non è tanto facile. In quei paesi questo è il piatto che
s'imbandisce nel carnevale, durante il quale si può dire non siavi
pranzo o cena che non cominci con esso, facendolo servire, il più delle
volte, per minestra.
Ho conosciuto un famoso mangiatore romagnolo che, giunto una sera non
aspettato fra una brigata di amici, mentre essa stava con bramosia per
dar sotto a un pasticcio per dodici persone che faceva bella mostra
di sè sulla tavola, esclamò: — Come! per tante persone un pasticcio
che appena basterebbe per me? — Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo
mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. — Il brav'uomo non intese a sordo
e messosi subito all'opra lo finì per intero. Allora tutti quelli della
brigata a tale spettacolo strabiliando, dissero: — Costui per certo
stanotte schianta! — Fortunatamente non fu nulla di serio; però il
corpo gli si era gonfiato in modo che la pelle tirava come quella di
un tamburo, smaniava, si contorceva, nicchiava, nicchiava forte come
se avesse da partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello,
e manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli
sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno
entrati.
Questi grandi mangiatori e i parassiti non sono a' tempi nostri così
comuni come nell'antichità, a mio credere, per due ragioni: l'una, che
la costituzione dei corpi umani si è affievolita; l'altra, che certi
piaceri morali, i quali sono un portato della civiltà, subentrarono ai
piaceri dei sensi.
A mio giudizio, i maccheroni che meglio si prestano per questa pietanza
sono quelli lunghi all'uso napoletano, di pasta sopraffine e a pareti
grosse e foro stretto perchè reggono molto alla cottura e succhiano più
condimento.
Eccovi le dosi di un pasticcio all'uso di Romagna, per dodici persone,
che voi potrete modificare a piacere, poichè, in tutti i modi, un
_pasticcio_ vi riuscirà sempre:
Maccheroni, grammi 350.
Parmigiano, grammi 170.
Animelle, grammi 150.
Burro, grammi 60.
Tartufi, grammi 70.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Un pugnello di funghi secchi.
Le rigaglie di 3 o 4 polli, e i loro ventrigli, i quali
possono pur anche servire, se li scattivate dai tenerumi.
Se avete oltre a ciò creste, fagiuoli e uova non nate,
meglio che mai.
Odore di noce moscata.
Tutto questo gran condimento non vi spaventi, poichè esso sparirà sotto
alla pasta frolla.
_Imbiancate_ i maccheroni, ossia date loro mezza cottura nell'acqua
salata, levateli asciutti e passateli nel sugo N. 4, e lì, a
leggerissimo calore, lasciateli ritirare il sugo stesso, finchè sieno
cotti.
Frattanto avrete fatta una _balsamella_ metà dose del N. 137 e
tirate a cottura le rigaglie col burro, sale e una presina di pepe,
annaffiandole col sugo. Tagliate le medesime e le animelle a pezzetti
grossi quanto una piccola noce e dopo cotte, aggiungete il prosciutto
a piccole strisce, i tartufi a fettine sottili, i funghi fatti prima
rinvenire nell'acqua calda e qualche presa di noce moscata, mescolando
ogni cosa insieme.
La pasta frolla suppongo l'abbiate già pronta, avendo essa bisogno di
qualche ora di riposo. Per questa servitevi della intera dose del N.
589, ricetta A, dandole odore colla scorza di limone; ed ora che avete
preparato ogni cosa, cominciate ad incassare il vostro pasticcio, il
che si può fare in più modi; io, però, mi attengo a quello praticato
in Romagna ove si usano piatti di rame fatti appositamente e bene
stagnati. Prendetene dunque uno di grandezza proporzionata ed
ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni dal sugo superfluo
e distendetene un primo suolo che condirete con parmigiano grattato,
con pezzetti di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di
_balsamella_ e rigaglie; ripetete la stessa operazione finchè avrete
roba, colmandone il piatto.
Tirate ora, prima col matterello liscio, poi con quello rigato,
una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo e coprite con essa
i maccheroni fino alla base, poi tiratene due strisce larghe due
dita e colle medesime formanti una croce a traverso, rinforzate la
copritura; cingetelo all'intorno con una fasciatura larga quanto gli
orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti
n'entrano colla pasta che vi rimane, non dimenticando di guarnire la
cima con un bel fiocco. Dorate l'intera superficie con rosso d'uovo,
mandate il pasticcio in forno, e in mancanza di questo cuocetelo in
casa nel forno da campagna; infine imbanditelo caldo a chi sta col
desiderio di farne una buona satolla.
350. Umido incassato
Fate una _balsamella_ con:
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 70.
Parmigiano, grammi 30.
Latte, decilitri 6.
Prendete poi:
Uova, N. 3.
Sale, quanto basta.
Spinaci, un mazzetto.
Gli spinaci lessateli, spremeteli e passateli dal setaccio.
Le uova scocciatele quando ritirate la _balsamella_ dal fuoco, e alla
metà della medesima date il color verde coi detti spinaci.
Prendete uno stampo di rame fatto a ciambella, col buco in mezzo e
scannellato all'ingiro, ungetelo bene con burro diaccio e riempitelo
prima colla _balsamella_ verde, poi colla gialla e fatela ristringere a
bagno-maria. Sformatela calda e riempitela nel mezzo con un intingolo
ben fatto di rigaglie di pollo e di animelle, oppure di bracioline di
vitella di latte con odore di funghi o tartufi. Il manicaretto tiratelo
a cottura col burro e col sugo di carne oppure in altra maniera,
facendo in modo che riesca delicato, e vedrete che questo piatto farà
bellissima figura e sarà lodato.
351. Sformato di riso colle rigaglie
Riso, grammi 150.
Parmigiano, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Latte, circa decilitri 7.
Uova, N. 3.
Sale, quanto basta.
Cuocete il riso nel latte unendovi il burro, salatelo e in ultimo,
quando è diaccio, aggiungete il resto. Versatelo in uno stampo liscio
col buco in mezzo e la carta imburrata sotto, mettetelo per poco tempo,
onde non indurisca, a bagno-maria, sformatelo caldo e guarnitelo colle
rigaglie in mezzo. Questa dose potrà bastare per cinque persone.
352. Umido di rigaglie di pollo col sedano
Quando alle rigaglie di pollo si uniscono i colli, le teste e le zampe,
diventa un piatto da famiglia che tutti conoscono; ma quando si tratta
di farlo più gentile coi soli fegatini, creste, uova non nate, fagiuoli
e anche ventrigli (purchè questi li scottiate prima nel brodo e li
nettiate dal tenerume), per renderlo di grato sapore e delicato, potete
regolarvi nella seguente maniera:
Prima date un terzo di cottura nell'acqua salata al sedano tagliato
lungo mezzo dito all'incirca. Poi fate un battutino di prosciutto
grasso e magro e poca cipolla, mettetelo al fuoco con burro e quando
sarà ben rosolato, versate prima i ventrigli, tagliati in tre pezzi,
poi un pizzico di farina di patate, indi i fegatini in due pezzi e
tutto il resto. Conditelo con sale, pepe e odore di spezie e quando
avrà tirato il sapore annaffiatelo con brodo e poco sugo di pomodoro
o conserva. Mettete a soffriggere a parte il sedano nel burro e
quando sarà cotto versateci dentro le rigaglie, fatelo bollire ancora
alquanto, se occorre brodo versatecene e servitele.
353. Scaloppine alla bolognese
Questo è un piatto semplice e sano che può servire da colazione o per
tramesso in un pranzo famigliare.
Magro di vitella di latte senz'osso, grammi 300.
Patate, grammi 300.
Prosciutto grasso e magro tagliato fine, grammi 80.
Burro, grammi 70.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Odore di noce moscata.
Lessate le patate non troppo cotte, o cuocetele a vapore, il che
sarebbe meglio, e dopo tagliatele a fette sottili più che potete.
Tagliate il prosciutto per traverso a striscioline larghe un dito
scarso.
Tritate minutissima la carne con un coltello a colpo, e conditela con
sale, pepe e un poco di noce moscata, perchè questa e le droghe in
genere, come già sapete, sono opportune nei cibi ventosi. Dividete
questa carne in dodici parti per formarne altrettante scaloppine,
schiacciandole con la lama del coltello, poi cuocetele in bianco, cioè
senza rosolarle, con la metà del detto burro.
Prendete un piatto o un vassoio di metallo, versateci l'unto che
può esser rimasto dalla cottura e quattro scaloppine, coprendole
con la terza parte del prosciutto e sopra questo collocate la terza
parte delle patate che condirete col parmigiano e con pezzetti del
burro rimasto. Ripetete la stessa operazione per tre volte, e per
ultimo ponete il piatto a crogiolar fra due fuochi e servitelo. È un
quantitativo che può bastare per quattro o cinque persone.
354. Piccione coi piselli
Vogliono dire che la miglior morte dei piccioni sia in umido
coi piselli. Fateli dunque in umido con un battutino di cipolla,
prosciutto, olio e burro collocandovi i piccioni sopra, bagnandoli con
acqua o brodo quando avranno preso colore da tutte le parti per finirli
di cuocere. Passatene il sugo, digrassatelo e nel medesimo cuocete i
piselli co' quali contornerete i piccioni nel mandarli in tavola.
355. Lesso rifatto
Talvolta per mangiare il lesso più volentieri, si usa rifarlo in
umido; ma allora aspettate di avere un tocco di carne corto e grosso,
del peso non minore di mezzo chilogrammo. Levatelo dal brodo avanti
che sia cotto del tutto e mettetelo in cazzaruola sopra un battuto di
carnesecca, cipolla, sedano, carota e un pezzetto di burro, condendolo
con sale, pepe e spezie. Quando il battuto sarà strutto, tirate la
carne a cottura con sugo di pomodoro o conserva sciolta nel brodo.
Passate l'intinto, digrassatelo e rimettetelo al fuoco col pezzo della
carne e con un pugnello di funghi secchi rammolliti.
356. Lesso rifatto all'inglese
L'arte culinaria si potrebbe chiamare l'arte dei nomi capricciosi e
strani. _Toad in the hole_, rospo nella tana; così chiamasi questo
lesso rifatto, il quale, come osserverete dalla ricetta, e come
sentirete mangiandolo, se non è un piatto squisito sarebbe ingiuria
dargli del rospo.
A Firenze mezzo chilogrammo di carne da lesso, che può bastare per tre
persone, resta, netta dell'osso, gr. 350 circa e, prendendo questa
quantità per base, frullate in un pentolo un uovo con grammi 20 di
farina e due decilitri di latte. Tagliate il lesso in fette sottili
e, preso un vassoio che regga al fuoco, scioglieteci dentro grammi 50
di burro e distendetelo sopra questo, poi conditelo con sale, pepe e
spezie. Quando avrà soffritto da una parte e dall'altra spargetegli
sopra una cucchiaiata colma di parmigiano e poi versate sul medesimo
il contenuto del pentolo. Lasciate che il liquido assodi e mandatelo in
tavola.
357. Lesso rifatto all'italiana
Se non vi dà noia la cipolla, questo riesce migliore del precedente.
Per la stessa quantità di lesso trinciate gr. 150 di cipolline,
mettetele in padella con grammi 50 di burro e allorchè cominciano a
rosolare buttateci il lesso tagliato a fette sottili, uno spicchio
d'aglio intero, vestito e leggermente stiacciato, che poi leverete, e
conditelo con sale e pepe. Via via che accenna a prosciugare bagnatelo
col brodo e dopo sette od otto minuti uniteci un pizzico di prezzemolo
tritato e il sugo di mezzo limone, e servitelo.
358. Osso buco
Questo è un piatto che bisogna lasciarlo fare ai Milanesi, essendo
una specialità della cucina lombarda. intendo quindi descriverlo senza
pretensione alcuna, nel timore di essere canzonato.
È l'_osso buco_ un pezzo d'osso muscoloso e bucato dell'estremità
della coscia o della spalla della vitella di latte, il quale si cuoce
in umido in modo che riesca delicato e gustoso. Mettetene al fuoco
tanti pezzi quante sono le persone che dovranno mangiarlo, sopra a un
battuto crudo e tritato di cipolla, sedano, carota e un pezzo di burro;
conditelo con sale e pepe. Quando avrà preso sapore aggiungete un altro
pezzetto di burro intriso nella farina per dargli colore e per legare
il sugo e tiratelo a cottura con acqua e sugo di pomodoro o conserva.
Il sugo passatelo, digrassatelo e rimesso al fuoco, dategli odore
con buccia di limone tagliata a pezzettini, unendovi un pizzico di
prezzemolo tritato prima di levarlo dal fuoco.
359. Carne all'imperatrice
Vi è molta ampollosità nel titolo, ma come piatto famigliare da
colazione può andare; le dosi qui indicate bastano per cinque persone.
Carne magra di manzo nello scannello, grammi 500.
Prosciutto grasso e magro, grammi 50.
Parmigiano grattato, cucchiaiate colme N. 3.
Uova, N. 2.
Se non avete il tritacarne per ridurre in poltiglia tanto la carne
che il prosciutto, servitevi del coltello e del mortaio. Uniteci il
parmigiano e le uova, condite il composto con sale e pepe, mescolatelo
bene, e con le mani bagnate fatene una stiacciata alta due dita.
Ponete al fuoco in una teglia o in un tegame 30 grammi di burro e due
cucchiaiate d'olio; quando cominciano a bollire collocateci la detta
stiacciata di carne e sulla medesima spargete uno spicchio d'aglio
tagliato a fettine e alcune foglie di ramerino. Fate bollire, e quando
comincia a prosciugarsi bagnatela con sugo di pomodoro o conserva
sciolta nell'acqua. Mandatela in tavola contornata dalla sua salsa.

RIFREDDI
360. Lingua alla scarlatta
Alla _scarlatta_ perchè prende un bel color rosso; ed è, per aspetto e
gusto, un piatto ben indovinato.
Dovendovi parlar di lingua, mi sono venuti alla memoria questi versi
del Leopardi:
Il cor di tutte
Cose alfin sente sazietà, del sonno,
Della danza, del canto e dell'amore,
Piacer più cari che il parlar di lingua,
Ma sazietà di lingua il cor non sente.
È vero, il prurito della loquacità non si sazia cogli anni, anzi cresce
in proporzione, come cresce il desiderio di una buona tavola, unico
conforto ai vecchi, ai quali però le inesorabili leggi della natura
impongono di non abusarne sotto pena di gravi malanni; l'uomo nella
vecchiaia consuma meno e l'azione degli organi facendosi via via meno
attiva e le secrezioni imperfette, si generano nel corpo umano umori
superflui e malefici, quindi dolori reumatici, gotta, colpi apoplettici
e simile progenie uscita dal vaso di madonna Pandora.
Tornando alla lingua, di cui devo parlarvi, prendetene una di bestia
grossa, cioè di vitella o di manzo, e con grammi 20 o 30 di salnitro, a
seconda del volume, strofinatela tutta finchè l'abbia tirato a sè. Dopo
ventiquattr'ore lavatela con acqua fredda diverse volte e così umida
strofinatela con molto sale e lasciatela sul medesimo otto giorni,
avvertendo di voltarla ogni mattina sulla sua salamoia, prodotta dal
sale che si scioglie in acqua. Il modo migliore di cucinarla essendo
di farla lessa, mettetela al fuoco con acqua diaccia, la sua salamoia
naturale, un mazzetto guarnito e mezza cipolla steccata con due chiodi
di garofani, facendola bollire per tre o quattro ore. Spellatela quando
è ancora a bollore, lasciatela freddare e mandatela in tavola; sarà poi
un rifreddo eccellente e signorile se la contornerete con la gelatina
N. 3.
Si può servire anche calda, o sola, o accompagnata da patate oppure da
spinaci.
È un piatto da non tentarsi nei grandi calori estivi perchè c'è il caso
che il sale non basti per conservarla.
361. Lingua di vitella di latte in salsa piccante
Prendete una lingua tutta intera di vitella di latte e lessatela in
acqua salata, al che accorreranno circa due ore. Fate un battutino
di sedano e carota tritato fine, mettetelo a bollire con olio a
buona misura per cinque minuti e lasciatelo da parte. Fate un altro
battuto con due acciughe salate, lavate e nettate dalla spina, gr. 50
di capperi strizzati dall'aceto, un buon pizzico di prezzemolo, una
midolla di pane quanto un uovo, bagnata appena nell'aceto, cipolla
quanto una nocciuola, meno della metà di uno spicchio d'aglio e, quando
il tutto sarà ben tritato, lavoratelo con la lama di un coltello e
un gocciolo d'olio per ridurlo unito e pastoso e poi mescolatelo col
precedente battuto di sedano e carota. Per ridurlo liquido aggiungete
altr'olio e il sugo di mezzo limone, conditelo col pepe e salatelo, se
occorre. Questa è la salsa.
Spellate la lingua ancora calda, scartate la pappagorgia co' suoi
ossicini, che è buona mangiata lessa, e il resto della lingua
tagliatelo a fette sottili per coprirle con la descritta salsa e
servitela fredda.
È un piatto appetitoso, opportuno nei calori estivi quando lo stomaco
si sente svogliato.
362. Scaloppe di lingua farsite in bella vista
Fra i rifreddi questo è uno dei migliori e di bella apparenza.
Fatevi tagliare dal vostro salumaio dieci fettine di lingua salata
nella parte più grossa, il cui peso in tutto riesca grammi 130 circa.
Fatevi anche tagliare in fette sottili grammi 100 di prosciutto cotto
grasso e magro. Tagliate giro giro i bordi della lingua per dare alle
fette una forma elegante e i ritagli metteteli da parte. Poi levate
dal prosciutto dieci fettine della dimensione di quelle della lingua e
i ritagli tanto del prosciutto che della lingua gettateli nel mortaio
con grammi 70 di burro e grammi 20 di un tartufo bianco e odoroso.
Pestate queste cose insieme per ridurle fini come un unguento, di cui
vi servirete per ispalmare le fette della lingua da una sola parte, ed
appiccicatevi sopra le fettine del prosciutto.
Ora che avete così composto questi dieci pezzi, vi danno tutto il tempo
che volete per metterli in gelatina. Questa è descritta nella ricetta
N. 3 e può bastar quella dose; ma due sono le maniere per adornar con
essa i pezzi suddetti. La prima consiste nel prendere un largo piatto
o una teglia, versarvi un leggero strato di gelatina sciolta e quando
comincia a condensare collocarvi sopra i pezzi e questi coprirli con un
altro strato di gelatina sciolta per levarli dopo a uno a uno allorchè
siasi assodata.
La seconda sarebbe di collocare i pezzi ritti in uno stampo a qualche
distanza tra loro dopo averci colato in fondo un leggero strato di
gelatina sciolta, e di coprirli poi tutti della stessa gelatina per
isformare quindi lo stampo e mandarli in tavola tutti in un pezzo, che
così faranno più bella mostra.
In un pranzo di parecchie portate io credo che questa dose potrebbe
bastare anche per dieci persone, ma per istar sul sicuro meglio sarà di
non servirla a più di otto.
363. Vitello tonnato
Prendete un chilogrammo di vitella di latte, nella coscia o nel
culaccio, tutto unito e senz'osso, levategli le pelletiche e il grasso,
poi steccatelo con due acciughe. Queste lavatele, apritele in due,
levate loro la spina e tagliatele per traverso facendone in tutto otto
pezzi. Legate la carne non molto stretta e mettetela a bollire per
un'ora e mezzo in tanta acqua che vi stia sommersa e in cui avrete
messo un quarto di cipolla steccata con due chiodi di garofani,
una foglia d'alloro, sedano, carota e prezzemolo. L'acqua salatela
generosamente e aspettate che bolla per gettarvi la carne. Dopo cotta
scioglietela, asciugatela e, diaccia che sia tagliatela a fette sottili
e tenetela in infusione un giorno o due in un vaso stretto, nella
seguente salsa in quantità sufficiente da ricoprirla.
Pestate grammi 100 di tonno sott'olio e due acciughe; disfateli
bene colla lama di un coltello o, meglio, passateli dallo staccio
aggiungendo olio fine in abbondanza a poco per volta e l'agro di un
limone od anche più, in modo che la salsa riesca liquida; per ultimo
mescolateci un pugnello di capperi spremuti dall'aceto. Servite il
vitello tonnato con la sua salsa e con spicchi di limone.
Il brodo colatelo e servitevene per un risotto.
364. Rifreddo di vitella di latte
Una braciuola senz'osso, tutta magra, di vitella di
latte, del peso di circa grammi 400.
Altro magro della stessa carne, grammi 120.
Una grossa fetta di prosciutto grasso e magro, di gr. 50.
Altro prosciutto come sopra, grammi 20.
Una fetta di mortadella, di grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Un petto di pollo crudo.
Un uovo.
La braciuola bagnatela coll'acqua e battetela col batticarne per
ridurla alla grossezza di un centimetro circa.
Tritate con la lunetta i suddetti gr. 120 di magro, insieme coi
suddetti gr. 20 di prosciutto e dopo pestateli nel mortaio aggiungendo
il parmigiano, il burro, l'uovo, poco sale e poco pepe per fare con
questi ingredienti il composto da tenere unito il ripieno che formerete
come appresso.
Tagliate a filetti, grossi più di un centimetro, il petto di pollo e le
due fette di mortadella e prosciutto e poi col composto spalmate una
parte della braciuola e sopra al medesimo collocate una terza parte
dei filetti, intercalandoli, poi spalmateli di sopra e così per altre
due volte. Fatto questo arrocchiate la braciuola con entro il ripieno
e ammagliatela ad uso salame per metterla al fuoco con grammi 30 di
burro, sale e pepe a scarsa misura. Quando avrà preso colore, scolate
l'unto, il quale potrà servire per qualche altro piatto, e tiratela a
cottura per circa tre ore col brodo versato a poco per volta. Diaccia
che sia scioglietela dallo spago, tagliatela a fette e servitela.
Potrà bastare per 10 o 12 persone, specialmente se la guarnite di
gelatina di carne che qui ci sta a pennello.
365. Pollo in salsa tonnata
Prendete un busto di pollo giovane (per busto s'intende un pollo al
quale siano state levate le interiora, il collo e le zampe), gettatelo
nella pentola quando bolle e fatelo bollire mezz'ora che basta per
cuocerlo. Quando lo levate toglietegli la pelle, chè non serve per
questo piatto, disossatelo tutto e mettetelo in pezzi per condirli con
sale, non tanto, pepe e due cucchiaiate d'olio. Dopo diverse ore che è
rimasto ammucchiato sopra un vassoio, copritelo con la seguente salsa.
Dato che il busto da crudo sia del peso di grammi 600 circa, prendete:
Tonno sott'olio, grammi 50.
Capperi strizzati dall'aceto, grammi 30.
Acciughe, N. 3.
Prezzemolo un pugno, ossia tanto che dia il colore verde alla salsa.
Le acciughe nettatele dalle scaglie e dalle spine. Il prezzemolo
tritatelo fine con la lunetta e poi pestatelo nel mortaio con tutto il
resto per ridurre il composto della salsa finissimo. Tolto dal mortaio
mettetelo in una scodella e diluitelo con quattro cucchiaiate d'olio
e mezzo cucchiaio d'aceto. Con la metà di questa salsa inzafardate il
pollo e con l'altra metà copritelo onde faccia più bella mostra, ma con
tutto ciò, rimanendo sempre un piatto di poco grata apparenza, potete
adornarlo, quando lo mandate in tavola, con due uova sode tagliate a
spicchi messevi per contorno. Potrà bastare per sei persone ed è un
cibo appetitoso, opportuno per principio a una colazione o ad un pranzo
per gente di poco appetito, nei giorni caldi, quando lo stomaco trovasi
svogliato.
Per raschiare e pulir bene il mortaio di cose morbide o liquide, come
questa salsa, è molto a proposito una grossa fetta di patata cruda.
366. Cappone in galantina
Vi descriverò un cappone in galantina fatto in casa mia e servito a un
pranzo di dieci persone; ma poteva bastare per venti, poichè, pelato,
risultò chilogrammi 1,500.
Vuotato e disossato (per disossare un pollo vedi il N. 258) rimase
chilogrammi 0,700 e fu riempito con la quantità di ingredienti che qui
appresso vi descrivo:
Magro di vitella di latte, grammi 200.
Detto di maiale, grammi 200.
Mezzo petto di pollastra.
Lardone, grammi 100.
Lingua salata, grammi 80.
Prosciutto grasso e magro, grammi 40.
Tartufi neri, grammi 40.
Pistacchi, grammi 20.
Mancandovi il maiale, può servire il petto di tacchino.
I tartufi tagliateli a pezzi grossi come le nocciuole e i pistacchi
sbucciateli nell'acqua calda. Tutto il resto tagliatelo a filetti della
grossezza di un dito scarso e mettetelo da parte salando le carni.
Fate un battuto con altro maiale e con altra vitella di latte, grammi
200 di carne in tutto, pestatelo fine in un mortaio con grammi 60 di
midolla di pane bagnata nel brodo; aggiungete un uovo, le bucce dei
tartufi, i ritagli della lingua e del prosciutto, conditelo con sale e
pepe e, quando ogni cosa è ben pesta, passatelo per istaccio.
Ora, allargate il cappone, salatelo alquanto e cominciate a distendervi
sopra un poco di battuto e poi un suolo di filetti intercalati nelle
diverse qualità, qualche pezzetto di tartufo e qualche pistacchio; e
così di seguito un suolo di filetti e una spalmatura di battuto finchè
avrete roba, avvertendo che i filetti del petto di pollastra è meglio
collocarli verso la coda del cappone per non accumulare sul petto
di questo la stessa qualità di carne. Ciò eseguito tirate su i lembi
del cappone dalle due parti laterali, non badando se non si uniscono
perfettamente, che ciò non importa, e cucitelo. Legatelo per il lungo
con uno spago, involtatelo stretto in un pannolino, che avrete prima
lavato, onde togliergli l'odore di bucato, legate le due estremità
del medesimo e mettetelo a bollire nell'acqua per due ore e mezzo.
Dopo scioglietelo, lavate il pannolino, poi di nuovo rinvoltatelo e
mettetelo sotto un peso in piano e in modo che il petto del cappone
resti al disotto o al disopra e in questa posizione tenetelo per un
paio d'ore almeno, onde prenda una forma alquanto schiacciata.
L'acqua dove ha bollito il cappone può servire per brodo e anche per la
gelatina N. 3.
367. Cappone in vescica
Si dirà che io sono armato della virtù dell'asino, la pazienza, quando
si sappia che dopo quattro prove non riuscite, ho finalmente potuto
alla quinta ed alla sesta, cuocer bene un cappone in vescica. I primi
quattro furono sacrificati a Como, il dio delle mense, perchè non
avendo prese tutte le necessarie precauzioni, le vesciche si rompevano
bollendo. È un piatto però che merita di occuparsene, visto che il
cappone, già ottimo per sè stesso, diventa squisito cotto in tale
maniera.
Prendete una vescica di bue, meglio di maiale che sembra più
resistente, grande, grossa e senza difetti; lavatela bene con acqua
tiepida e tenetela in molle per un giorno o due. Sbuzzate il cappone,
levategli il collo e le zampe, gettategli nell'interno un buon pugnello
di sale, internate le estremità delle coscie, e piegate le ali aderenti
al corpo onde le punte non isfondino la vescica. Poi cucite le aperture
del buzzo e del collo e fasciatelo tutto con grammi 150 di prosciutto
più magro che grasso a fette sottilissime, legandole aderenti al
cappone. Acconciato in questa maniera ponetelo nella vescica, facendo a
questa un'incisione per quel tanto che basta e dopo cucitela fitta.
Ora prendete un cannello lungo un palmo almeno, che serve di
sfiatatoio, fategli un becco in cima a mo' di fischietto e
un'intaccatura in fondo per infilarlo e legarlo nel collo della vescica
e con questo apparecchio mettete il cappone al fuoco entro a una
pentola di acqua tiepida e lasciatelo bollire per tre ore continue col
cannello di fuori, ma badiamo bene, perchè qui sta il _busillis_: deve
bollire in modo da veder solamente quelle piccole e rade bollicine che
vengono a galla. Se il cannello gettasse grasso o altro liquido non
ne fate caso e raccoglietelo in un tegamino. Cotto che sia il cappone
lasciatelo diacciare nella sua acqua e servitelo il giorno appresso
scartando il prosciutto che ha già perduto tutto il sapore. Entro
al cappone troverete della gelatina ed altra ne potrete aggiungere
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