La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene - 11

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Vi prevengo che questo fritto fa molta comparita, talchè colle rigaglie
di un pollo, e due o tre animelle di agnello, potrete ottenere una
ventina di bocconi i quali misti a un fritto di cervello o d'altro
piaceranno molto. Si può fare anche a meno delle animelle; l'odore dei
tartufi, se li avete, non potrà far che bene.
224. Fritto alla garisenda
Signore che vi dilettate alla cucina non mettete questo fritto nel
dimenticatoio, perchè piacerà ai vostri sposi e, per gl'ingredienti
che contiene, forse sarete da essi rimeritate. Prendete pane raffermo,
non troppo spugnoso, levategli la corteccia e tagliatelo a mandorle o a
quadretti di quattro centimetri circa per ogni lato, tutti di un'eguale
misura. Distendete sopra ad ognuno prima una fetta di prosciutto
grasso e magro, poi fettine di tartufi e sopra a questi una fetta di
cacio gruiera. Coprite il ripieno con altrettanti pezzetti di pane che
combacino premendoli insieme perchè stieno uniti; ma tagliate ogni cosa
sottile onde i pezzi del fritto non riescano troppo grossolani.
Ora che lo avete preparato, bagnatelo leggermente col latte diaccio
e quando lo avrà assorbito tuffate ogni pezzo nell'uovo frullato indi
nel pangrattato ripetendo due volte l'operazione onde anche gli orli
restino dorati e chiusi.
Friggetelo nel lardo o nell'olio e servitelo solo o misto a qualche
altro fritto.
225. Cervello, animelle, schienali, testicciuola, ecc.
Per questi fritti, vedi la _Pastella per fritti di carne_, N. 157.

LESSO
226. Pollo lesso
Il pollame lesso, specialmente i capponi e le pollastre ingrassate,
riusciranno più bianchi e più puliti senza che la sostanza del brodo ne
soffra, se li cuocete entro a un pannolino sottile e legato.
Pei lessi rifatti vedi i numeri 355, 356 e 357.

TRAMESSI
Sono gli _entremets_ dei Francesi; piatti di minor conto, che si
servono tra una portata e l'altra.
227. Cresentine
Se l'aglio è un vermifugo, come si reputa generalmente, questo è un
cibo semplice e appetitoso pei bambini. Arrostite delle fette di pane
da ambedue le parti e così calde strofinatele con uno spicchio d'aglio.
Poi conditele con sale, olio, aceto e zucchero.
228. Donzelline ripiene di acciughe salate
Farina, grammi 220.
Burro, grammi 30.
Latte, quanto basta.
Sale, un pizzico.
Acciughe salate, N. 4.
Intridete la farina col burro, il latte e il sale formandone un pane
di giusta consistenza, lavorandolo moltissimo se volete che la pasta
rigonfi in padella.
Lasciatelo un poco in riposo, tagliatelo a metà ed allargate alquanto
le due parti.
Nettate le acciughe, dividetele a metà per il lungo, levate loro la
spina e tagliatele a pezzetti quadri e questi collocateli distesi
sopra una delle dette porzioni di pasta, copritela con quell'altra per
appiccicarle insieme e così unite tiratele col matterello a sfoglia
sottile che taglierete a mandorle per friggerle nell'olio. Questa dose
basterà per sei persone e potrà servire per principio in una colazione
o per contorno a un fritto di pesce.
229. Donzelline aromatiche
Farina, grammi 180 circa.
Olio, due cucchiaiate.
Vino bianco o marsala, due cucchiaiate.
Salvia, cinque o sei foglie.
Un uovo.
Sale, quanto basta.
La salvia tritatela con la lunetta e poi intridete la farina con
tutti gl'ingredienti lavorandola bene e procurando che la pasta resti
piuttosto morbida. Poi tiratela col matterello alla grossezza di uno
scudo spolverizzandola con farina, se occorre, e tagliata a mandorle
friggetela nell'olio o nel lardo. Sento dire che qualcuno le mangia
insieme ai fichi e al prosciutto.
Ritengo questa quantità sufficiente per quattro persone.
230. Gnocchi di semolino
Latte, decilitri 4.
Semolino, grammi 120.
Burro, grammi 50.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, N. 2.
Sale, quanto basta.
Cuocete il semolino nel latte e quando siete per ritirarlo dal fuoco
salatelo e versatevi metà del burro e metà del parmigiano. Poi, quando
è ancora ben caldo, aggiungete le uova e mescolate, indi versatelo
sulla spianatoia, o sopra un vassoio, distendetelo alla grossezza di un
dito e mezzo e lasciate che diacci per tagliarlo a mandorle.
Eccovi gli gnocchi che collocherete uno sopra l'altro in bella mostra
entro un vassoio proporzionato, intramezzandoli col resto del burro a
pezzetti e spolverizzandoli, suolo per suolo, ma non alla superficie,
col resto del parmigiano. Per ultimo, rosolateli al forno da campagna e
serviteli caldi o soli o per contorno ad un piatto di carne stracottata
o fatta in altra maniera.
231. Gnocchi alla romana
Questi gnocchi, che io ho modificato e dosati nella seguente maniera,
spero vi piaceranno come sono piaciuti a quelli cui li ho imbanditi. Se
ciò avviene fate un brindisi alla mia salute se sarò vivo, o mandatemi
un _requiescat_ se sarò andato a rincalzare i cavoli.
Farina, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Cacio gruiera, grammi 40.
Parmigiano, grammi 20.
Latte, mezzo litro.
Uova, N. 2.
Si dice che a tavola non si dovrebbe essere in meno del numero delle
Grazie, nè in più del numero delle Muse. Se vi aggirate intorno al
numero delle Muse, raddoppiate la dose.
Intridete la farina colle uova e col latte versato a poco per volta
entro una cazzaruola, aggiungete il cacio gruiera a pezzettini e
mettete l'intriso al fuoco mescolando continuamente. Quando sarà
assodato per la cottura della farina, salatelo e aggiungete la metà del
detto burro. Lasciate che il composto diacci e poi, nella stessa guisa
degli gnocchi di farina gialla, mettetelo a tocchetti in un vassoio
che regga al fuoco e conditeli via via col resto del burro a pezzetti
e col parmigiano suddetto grattato; ma non alla superficie, perchè
il parmigiano col fuoco sopra prende l'amaro. Rosolateli sotto a un
coperchio di ferro o nel forno da campagna e serviteli caldi.
232. Polenta di farina gialla colle salsicce
Fate una polenta piuttosto tenera di farina di granturco, distendetela
sulla spianatoia alla grossezza di un dito e tagliatela a mandorle.
Ponete in un tegamino diverse salsicce intere con un gocciolo d'acqua
e quando saranno cotte spellatele, sbriciolatele ed aggiungete sugo o
conserva di pomodoro.
Collocate la polenta in una teglia o in un vassoio che regga al fuoco,
conditela a suoli col parmigiano, queste salsicce e qualche pezzetto
di burro sparso qua e là, poi mettetela fra due fuochi e quando sarà
ben calda servitela, specialmente per primo piatto di una colazione
alla forchetta. La detta polenta si può fare anche dura per tagliarla a
fette.
233. Polenta pasticciata
Fate una polenta soda di farina di granturco cotta nel latte. Salatela
quando siete per ritirarla dal fuoco e versatela sopra la spianatoia,
alta due dita circa. Diaccia che sia, tagliatela a mandorle grosse
mezzo centimetro, che disporrete nella seguente maniera in un vassoio
di metallo o di porcellana che regga al fuoco. Fate un intingolo come
quello per condire i maccheroni alla bolognese N. 87 o consimile, e
fate un poco di _balsamella_ N. 137, spolverizzare il fondo del vassoio
con parmigiano grattato e distendete un suolo di polenta; conditela con
parmigiano, l'intingolo e la _balsamella_; poi sopra a questo ponete
un altro suolo di polenta e conditela egualmente; e così di seguito
finchè avrete roba. Anche qualche pezzettino di burro qua e là non ci
farà male: però mettetene poco se non volete che stucchi per soverchio
condimento.
Preparato così il vassoio colla sua colma, ponetelo nel forno da
campagna per rosolare la polenta e servitela calda per tramesso in un
pranzo durante l'autunno e l'inverno. Se viene bene sarà lodata per la
sua delicatezza.
Nel tempo della cacciagione un abile cuoco può metterla in forma
riempiendola di uccelletti cotti in umido.
234. Maccheroni colla balsamella
Prendete maccheroni lunghi alla napoletana e cuoceteli per due terzi
nell'acqua salata. Levateli asciutti e rimetteteli al fuoco con un
pezzetto di burro e quando l'avranno assorbito aggiungete tanto latte
che finisca di cuocerli a moderato calore. Preparate intanto una
_balsamella_ come al N. 137 e quando non sarà più a bollore legatela
con un rosso d'uovo e poi versatela sui maccheroni insieme con
parmigiano grattato in proporzione. Maccheroni così preparati sono
molto opportuni per contorno a un pezzo di stracotto o a un pezzo
di vitella di latte in fricandò. Potete in questo caso prendere un
vassoio che regga al fuoco, collocarvi una forma di latta in mezzo e i
maccheroni all'ingiro.
Ponete il vassoio nel forno da campagna o sotto a un coperchio di ferro
col fuoco sopra, e quando i maccheroni saranno leggermente rosolati,
ritirateli dal fuoco e, levata la forma di latta, ponete nel suo posto
la carne e serviteli. Potete anche mandarli in tavola separati, ma
sempre leggermente rosolati al di sopra per più bellezza; badate che
restino sugosi.
235. Maccheroni col pangrattato
Se è vero, come dice Alessandro Dumas padre, che gli Inglesi non vivono
che di _roast-beef_ e di budino; gli olandesi di carne cotta in forno,
di patate e di formaggio; i Tedeschi di _sauer-kraut_ e di lardone
affumicato; gli Spagnuoli di ceci, di cioccolata e di lardone rancido;
gl'ltaliani di maccheroni, non ci sarà da fare le meraviglie se io
ritorno spesso e volentieri sopra ai medesimi, anche perchè mi sono
sempre piaciuti; anzi poco mancò che per essi non mi acquistassi il bel
titolo di _Mangia maccheroni_, e vi dirò in che modo.
Mi trovavo nella trattoria dei _Tre Re_ a Bologna, sarà la bellezza di
quasi settant'anni, in compagnia di diversi studenti e di Felice Orsini
amico d'uno di loro. Erano tempi nei quali in Romagna si discorreva
sempre di politica e di cospirazioni; e l'Orsini, che pareva proprio
nato per queste, ne parlava da entusiasta e con calore si affannava
a dimostrarci come fosse prossima una sommossa, alla testa della
quale, egli e qualche altro capo che nominava, avrebbero corsa Bologna
armata mano. Io nel sentir trattare con sì poca prudenza e in un luogo
pubblico di un argomento tanto compromettente e di un'impresa che
mi pareva da pazzi, rimasi freddo a' suoi discorsi e tranquillamente
badavo a mangiare un piatto di maccheroni che avevo davanti. Questo
contegno fu una puntura all'amor proprio dell'Orsini, il quale, rimasto
mortificato, ogni volta che poi si ricordava di me, domandava agli
amici: — Come sta _Mangia maccheroni_? —
Mi par di vederlo ora quel giovane simpatico, di statura mezzana,
snello della persona, viso pallido rotondo, lineamenti delicati, occhi
nerissimi, capelli crespi, un po' bleso nella pronunzia. Un'altra
volta, molti anni dopo, lo combinai in un caffè a Meldola nel momento
che fremente d'ira contro un tale che, abusando della sua fiducia,
l'aveva offeso nell'onore, invitava un giovane a seguirlo a Firenze,
per aiutarlo, diceva egli, a compiere una vendetta esemplare. Una
sequela di fatti e di vicende, una più strana dell'altra, lo trassero
dopo a quella tragica fine che tutti conoscono e tutti deplorano,
ma che fu forse una spinta a Napoleone III per calare in Italia. —
Ritorniamo a bomba.
Maccheroni lunghi e che reggano bene alla cottura, grammi 300.
Farina, grammi 15.
Burro, grammi 60.
Formaggio gruiera, grammi 60.
Parmigiano, grammi 40.
Latte, decilitri 6.
Pangrattato, quanto basta.
Se vi piacessero più saporiti aumentate la dose del condimento.
Ai maccheroni date mezza cottura, salateli e versateli sullo staccio a
scolare. Mettete al fuoco in una cazzaruola metà del burro e la farina,
mescolando continuamente; quando questa comincia a prender colore
versate il latte a poco per volta e fatelo bollire per una diecina di
minuti; indi gettate in questa _balsamella_ i maccheroni e il gruiera
grattato o a pezzettini e ritirate la cazzaruola sull'orlo del fornello
onde, bollendo adagino, ritirino il latte. Allora aggiungete il resto
del burro e il parmigiano grattato; versateli poi in un vassoio
che regga al fuoco e su cui faccian la colma e copriteli tutti di
pangrattato.
Preparati in questa maniera metteteli nel forno da campagna o sotto un
coperchio di ferro col fuoco sopra e quando saranno rosolati serviteli
caldi per tramesso o, meglio, accompagnati da un piatto di carne.
236. Costolette d'agnello vestite
Prendete costolette d'agnello di carne fina, denudate l'osso della
costola, stiacciatele, pareggiatele, cuocetele, così naturali, alla
_sautè_ col burro, conditele calde con sale e pepe e mettetele da
parte.
Fate una _balsamella_ sodettina e nella medesima gettate prosciutto e
lingua salata a piccolissimi dadi, un pizzico di parmigiano, una presa
di noce moscata e un tartufo a fettine oppure funghi secchi rammolliti
e tritati, e mettete anche questo composto da parte perchè diacci bene.
Fate una pasta sfoglia, N. 154, proporzionata alla quantità delle
costolette e colla medesima avvolgetele una per una, lasciando fuori
l'osso della costola, ma prima spalmatele da una parte e dall'altra
abbondantemente col detto composto. Quando le avrete chiuse doratele
col rosso d'uovo, collocatele ritte intorno all'orlo di una teglia,
cuocetele nel forno da campagna e servitele calde. Saranno generalmente
aggradite e tenute in conto di piatto fine.
La pasta sfoglia potrete tagliarla con un modellino di carta, che così
l'involucro vi verrà più preciso; per più pulizia ed eleganza, prima
di mandarle in tavola, fasciate l'estremità di ogni costola con carta
bianca smerlata.
237. Costolette nella carta
Queste costolette, che i Francesi chiamano _côtelettes en papillote_,
si possono condizionare nella seguente maniera che è la più semplice e
da non disprezzarsi. Prendete costolette di vitella di latte, denudate
l'osso della costola, levandone la carne, cuocetele nel burro alla
_sautè_ e conditele con sale e pepe. Fate un composto proporzionato
di prosciutto grasso e magro e prezzemolo, tritatelo fine, aggiungete
burro e midolla di pangrattato per tenerlo unito e con questo spalmate
da ambedue le parti le costolette, poi rifioritele con fettine di
tartufi crudi.
Tagliate a modello della carta bianca grossettina per quante sono
le costolette, ungetela col burro o coll'olio da ambedue le parti
e con essa involtatele strette con l'osso della costola fuori. Ora
ponetele in gratella a fuoco leggero avvertendo che la carta non bruci
e mandatele in tavola, per più pulizia, con l'estremità della costola
fasciata di carta bianca smerlata. Possono servire a quest'uso anche le
costolette d'agnello se sono grandi.
238. Salami dal sugo di Ferrara
I salami dal sugo di Ferrara sono una specialità di quel paese. Hanno
la forma di _bondiole_ del peso di grammi 500 circa e sono di sapore
piccante e appetitoso. A differenza degli altri salumi della loro
specie migliorano invecchiando ed ordinariamente questi si mangiano
quando quelli hanno fatto la loro stagione. Allorchè vorrete servirvene
lavateli diverse volte con acqua tiepida per nettarli da quella patina
untuosa che li ricopre e metteteli al fuoco in acqua diaccia abbondante
per farli bollire lentamente un'ora e mezzo soltanto, chiusi stretti in
un pannolino onde evitare che la pelle schianti. Serviteli caldi con
contorno come i coteghini; ma il sugo di cui si vantano talvolta non
apparisce, o se pure, non è molto copioso.
239. Pagnottelle ripiene
Nelle grandi città un bravo cuoco è, a male agguagliare, come un
generale d'armata in un vasto campo ben trincerato con numerose ed
agguerrite legioni ove può far valere tutte le sue prodezze. Le grandi
città oltre all'esser sempre ben provvedute d'ogni grazia di Dio,
hanno chi pensa a fornirvi anche le più piccole cose, le quali, benchè
di poca importanza, contribuiscono alla varietà, all'eleganza e alla
precisione de' vostri lavori. Così, come vi si trovano bastoncini di
pane che, tagliati a fette, s'infilano nello spiedo cogli uccelli, vi
si fabbricano pagnottelle della grandezza di una mela comune per farle
ripiene.
Raspatene leggermente la corteccia colla grattugia e fate in mezzo
ad ognuna un tassello rotondo della dimensione di una moneta da 10
centesimi. Vuotatele del midollo lasciando le pareti all'intorno
alquanto grossette. Bagnatele dentro e fuori con latte bollente e
quando saranno discretamente inzuppate chiudetele col loro tassello,
inzuppato anch'esso, immergetele nell'uovo per dorarle e friggetele nel
lardo o nell'olio, ma buttatele in padella dalla parte del coperchio
perchè vi resti aderente. Distaccate dopo, colla punta di un temperino,
il tassello, riempitele di un battuto di carne delicato e ben caldo,
richiudetele e mandatele in tavola. Se le fate accuratamente possono
benissimo figurare in qualunque pranzo.
Il battuto di carne, a pezzetti grossi quanto i ceci, sarà bene
farlo con fegatini, petti di pollo, animelle e cose simili tirate col
sugo di carne e legate con una presa di farina; ma ciò che sarebbe
indispensabile, per rendere il composto più grato, sono i tartufi.
240. Migliaccio di farina dolce volgarmente Castagnaccio
Anche qui non posso frenarmi dal declamare contro la poca inclinazione
che abbiamo noi Italiani all'industria. In alcune province d'Italia non
si conosce per nulla la farina di castagne e credo che nessuno abbia
mai tentato d'introdurne l'uso; eppure pel popolo, e per chi non ha
paura della ventosità, è un alimento poco costoso, sano e nutriente.
Interrogai in proposito una rivendugliola in Romagna descrivendole
questo migliaccio e le dimandai perchè non tentava di guadagnare
qualche soldo con questo commercio. — Che vuole, mi rispose, è roba
troppo dolce, non la mangerebbe nessuno. — O le _cottarone_ che voi
vendete non sono dolci? eppure hanno dello smercio, diss'io. Provatevi,
almeno, soggiunsi; da principio volgetevi ai ragazzi, datene loro
qualche pezzo in regalo per vedere se cominciassero a gustarlo, e poi
dietro ad essi è probabile che a poco a poco si accostino i grandi. —
Ebbi un bel dire; fu lo stesso che parlare al muro.
Le _cottarone_, per chi non lo sa, sono mele o pere, per lo più
cascaticce, cotte in forno entro una pentola nella quale si versa un
gocciolo d'acqua, coprendone la bocca con un cencio bagnato. Veniamo
ora alla semplicissima fattura di questo migliaccio.
Prendete grammi 500 di farina di castagne e siccome questa farina
si appasta facilmente passatela dal setaccio prima di adoperarla per
renderla soffice; poi mettetela in un recipiente e conditela con uno
scarso pizzico di sale. Fatto questo, intridetela con 8 decilitri
di acqua diaccia versata a poco per volta onde ridurla una liquida
farinata, in cui getterete un pugno di pinoli interi. Alcuni aggiungono
ai pinoli delle noci a pezzetti, altri anche dell'uva secca e, sopra,
qualche fogliolina di ramerino.
Ora prendete una teglia ove il migliaccio venga grosso un dito e mezzo
all'incirca, copritene il fondo con un leggiero strato d'olio, ed altr'
olio, due cucchiaiate, spargetelo sulla farinata quando è nella teglia.
Cuocetelo in forno o anche in casa fra due fuochi e sformatelo caldo.
Con questa farinata si possono fare anche delle frittelle.
241. Migliaccio di farina gialla I
Questo è un piatto de' più ordinari, ma non è disgradevole a quelli
cui la farina di granturco piace, e non produce acidi allo stomaco.
I bambini poi salteranno dall'allegrezza se qualche volta la mamma lo
darà loro caldo caldo per colazione nell'inverno.
La farina gialla è sempre bene che sia macinata piuttosto grossa.
Ponete in un recipiente qualunque quella quantità di farina di cui
volete servirvi, salatela bene ed intridetela soda con acqua bollente;
quando sarà mescolata in modo che in fondo al vaso non resti farina
asciutta, unitevi uva secca o zibibbo in giusta dose; l'uva secca
nostrale è preferibile, in certi casi, allo zibibbo perchè conserva
un acidetto che le dà grazia. Prendete una teglia di rame e mettetela
al fuoco con lardo vergine in abbondanza e, quando questo comincia
a grillettare, versate l'impasto, il quale, per averlo intriso
consistente, fa d'uopo distendere e pareggiare col mestolo. Poi
spalmatene la superficie con un altro poco di lardo e rifioritelo con
ciocchettine di ramerino fresco. Cuocetelo al forno o tra due fuochi,
fate che rosoli alquanto e sformatelo. Col detto impasto potete anche
far frittelle, ma senza ramerino.
La miglior farina gialla che io abbia sentito è quella d'Arezzo, ove il
granturco viene curato molto e seccato in forno.
242. Migliaccio di farina gialla II
Questo piatto è più signorile del precedente.
Farina di granturco, grammi 300.
Zibibbo o uva secca, grammi 100.
Strutto, grammi 40.
Pinoli, grammi 30.
Zucchero, tre cucchiaini.
All'uva levate i semi, i pinoli tagliateli in due parti per traverso.
La teglia ungetela collo strutto e infarinatela. Pel resto regolatevi
come per l'antecedente.
243. Salsiccia colle uova
Le uova e la salsiccia messe insieme pare non si trovino in cattiva
compagnia, come non vi si trova la carnesecca tagliata a dadi; se le
prime sono sciocche, le seconde sono saporite e si forma una lega che
piace a molti, benchè si tratti di piatti ordinari.
Se la salsiccia è fresca spaccatela in due parti per il lungo e
mettetela a cuocere in un tegame senz'unto nè condimento, perchè
ne contiene di per sè stessa; se è stagionata tagliatela a fette e
levatene la pelle. Appena la salsiccia sarà cotta, scocciate le uova
e servitela quando queste saranno rapprese. Per ogni rocchio comune di
salsiccia, basta un solo uovo o al più due.
Se le salsicce fossero troppo magre sarà bene cuocerle con un po' di
burro o di lardo. Se invece di salsiccia si tratta di carnesecca,
aggiungete un pezzettino di burro e le uova versatele dopo averle
frullate a parte.
244. Salsiccia coll'uva
È un piatto triviale e comune, ma lo noto perchè la salsiccia, con quel
dolce acidetto dell'uva, potrebbe dar nel gusto a qualcuno.
Bucate le salsicce colla punta di una forchetta e mettetele in tegame
così intere con un poco di lardo o burro. Quando saranno cotte unite
l'uva, non in quantità, a chicchi interi e fatela bollire finchè si
strugga a metà.
La salsiccia sola poi, oltrechè in gratella, può cuocersi intera in un
tegame, con un gocciolo d'acqua.
245. Riso per contorno
Quando avrete per lesso una pollastra o un cappone mandateli in tavola
con un contorno di riso che vi sta bene. Per non consumar tanto brodo
_imbiancate_ il riso nell'acqua e terminate di cuocerlo col brodo dei
detti polli. Tiratelo sodo e, quando è quasi cotto, dategli sapore con
burro e parmigiano in poca quantità; posto che il riso sia grammi 200,
quando lo ritirate dal fuoco legatelo con un uovo o, meglio, con due
rossi.
Se il riso, invece che al lesso di pollo dovesse servire di contorno
a uno stracotto di vitella di latte o a bracioline, aggiungete
agl'ingredienti sopra indicati due o tre cucchiaiate di spinaci lessati
e passati per istaccio. Avrete allora un riso verde e più delicato.
Si può dare migliore aspetto a questi contorni restringendo il riso
a bagnomaria entro a uno stampo; ma badate non indurisca troppo, che
sarebbe un grave difetto.
246. Carciofi in teglia
Anche questo è un piatto di uso famigliare in Toscana, di poca spesa e
relativamente buono. Potendo servire da colazione, per principio o per
tramesso in un desinare di famiglia, non so comprendere come non sia
conosciuto in altri luoghi d'Italia.
Preparate i carciofi nel modo descritto al N. 186, e dopo averli scossi
dalla farina superflua, distendeteli in una teglia ove abbia cominciato
a grillettare olio buono e in quantità sufficiente. Quando le fette
dei carciofi saranno rosolate da ambe le parti, versate sulle medesime
delle uova sbattute, ma avvertite di non cuocerle troppo. Il condimento
di sale e pepe spargetelo parte sui carciofi e parte nelle uova prima
di versarle.
Invece della teglia potete servirvi della padella; ma allora otterrete
una frittata il cui gusto riuscirà alquanto diverso e inferiore.
247. Cacimperio
Chi frequenta le trattorie può formarsi un'idea della grande varietà
dei gusti nelle persone. Astrazion fatta da quei divoratori, come
lupi, che non sanno distinguere, sto per dire, una torta di marzapane
da un piatto di scardiccioni, sentirete talvolta portare al cielo una
vivanda da alcuni giudicata mediocre e da altri perfino, come pessima,
rigettata. Allora vi tornerà in mente la gran verità di quella sentenza
che dice: _De gustibus non est disputandum._
A questo proposito Giuseppe Averani, trattando _Del vitto e delle
cene degli antichi_, scrive: «Vario ed incostante sopra tutti gli
altri sentimenti si è il gusto. Imperocchè gli organi della lingua,
per cui gustiamo i sapori, non sono d'una maniera in tutti gli uomini
e in tutti i climi, e s'alterano sovente o per mutazione d'età o per
infermità o per altra più possente cagione. Per la qual cosa molti di
quei cibi che di soverchio appetiscono i fanciulli, non allettano gli
uomini; e quelle vivande e quelle bevande che gustevoli e delicate
solleticano con diletto e soavità il palato de' sani, non rade volte,
come spiacevoli e sazievoli, sono abbominate dagli infermi. Accade
ancora bene spesso, che una certa fantastica apprensione ci rende
più o meno aggradevoli e piacenti le vivande, secondochè la stravolta
immaginazione ce le rappresenta. I cibi e le vivande rare e strane sono
più piacevoli al gusto che le comunali e nostrali non sono. La carestia
e l'abbondanza, il caro e la viltà dà e toglie il sapore alle vivande:
e la comune approvazione de' ghiotti le fa saporite e dilettevoli.
Quindi è avvenuto che tutti i tempi e tutte le nazioni gli stessi cibi
non pregiarono, nè buoni e delicati medesimamente gli reputarono».
Io, per esempio, non sono del parere di Brillat Savarin, che nella sua
_Physiologie du goût_ fa gran caso della _fondue_ (cacimperio) e ne dà
la seguente ricetta:
«Pesate, egli dice, le uova e prendete un terzo del loro peso di
formaggio gruiera e un sesto del loro peso di burro, sale ben poco e
pepe a buona misura».
Io, in opposizione a Savarin, di questo piatto ho poco conto,
sembrandomi non possa servire che come principio in una colazione o per
ripiego quando manca di meglio.
In Italia essendo questo un piatto speciale ai Torinesi, ritenuto
perciò che essi lo facciano alla perfezione, mi sono procurato da
Torino la seguente ricetta la quale, avendo corrisposto alla prova, ve
la descrivo. Basta per sei persone.
Fontina, netta dalla corteccia, grammi 400.
Burro, grammi 80.
Rossi d'uovo, N. 4.
Latte, quanto basta.
La fontina è un formaggio poco dissimile dal gruiera, ma alquanto più
grasso.
Tagliatelo a piccoli dadi e tenetelo per due ore in infusione nel
latte. Mettete il burro al fuoco e quando avrà preso colore versateci
la fontina, ma del latte, ove è stata in molle, lasciatecene due sole
cucchiaiate. Lavoratela molto col mestolo senza farla bollire e quando
il formaggio sarà tutto sciolto ritiratela dal fuoco per aggiungervi
i rossi. Rimettetela per un poco sul fuoco rimestandola ancora e,
d'inverno, versatela in un vassoio caldo.
Se è venuta bene non dev'essere nè granulosa, nè far le fila; ma aver
l'apparenza di una densa crema.
A Torino ho visto servirla con uno strato superficiale di tartufi
bianchi crudi tagliati a fettine sottili come un velo.
248. Tortino di pomodori
Fate bollire dei pomodori tagliati a pezzi in un soffritto di aglio,
prezzemolo e olio; sale e pepe per condimento. Quando saranno cotti in
maniera che il loro sugo si sia condensato, passatelo e rimettetelo al
fuoco con uova in proporzione, frullate avanti. Aggiungete un pizzico
di parmigiano, mescolate e quando le uova saranno assodate, versatele
in un vassoio e contornatele di crostini tagliati a mandorle e fritti
nel burro o nel lardo.
Qualche foglia di nepitella, o un pizzico di regamo, dopo passato il
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