Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3 - 01

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ISTORIA CIVILE
DEL
REGNO DI NAPOLI

DI
PIETRO GIANNONE

VOLUME TERZO

MILANO
PER NICOLÒ BETTONI
M.DCCC.XXI


STORIA CIVILE DEL REGNO DI NAPOLI
LIBRO OTTAVO

Mentre l'Italia sotto la tirannide dell'ultimo Berengario e di
Adalberto suo figliuolo gemeva, gl'Italiani ridotti nell'ultime
miserie, pensarono di ricorrere ai soccorsi di Ottone figliuolo
d'Errico Re di Germania, il quale avendo domati i Sassoni ed i
Schiavoni, aveasi per le sue gloriose gesta acquistata fama non minore
di quella di Carlo M., e s'era renduto per tutta Europa celebre e
rinomato. Accelerò l'invito Adelaide vedova di Lotario, la quale
possedendo la città di Pavia assegnata a lei per dote dal marito
Lotario[1]; ed essendo ancor giovane e d'avvenenti maniere, fu fatta
dimandare da Berengario per isposa di suo figliuolo Adelberto: ma
ricusando ella lo sposo, sopra il suo rifiuto, Berengario la assediò
in Pavia, la prese e la mandò prigione nel castello di Garda: ella
ebbe talento di fuggirsene, ed implorò il soccorso del Re Ottone,
offerendogli di prenderselo in isposo e di cedergli le sue ragioni
sopra il Regno d'Italia. Adelaide, Porfirogenito[2], Luitprando[3] ed
altri comunemente la riputano figliuola di Berta e di Rodolfo Re della
Borgogna; ma Lione Ostiense[4] dice esser discesa da' Proceri della
Toscana, ed il nostro Anonimo Salernitano[5] la fa sorella di Gisulfo
Principe di Salerno: checchè ne sia, Ottone, a cui non erano ignote le
sue virtù ed avvenenza, tosto venne in suo soccorso, calò in Italia
con potente esercito, la liberò dall'oppressione di Berengario, ed
invaghitosi della di lei grazia e venustà, la sposò in moglie, e seco
in Alemagna la condusse, lasciando Corrado Duca di Lorena a perseguitar
Berengario e suo figliuolo, i quali furon costretti ad andare a
ritrovar Ottone in Alemagna e sottomettersi alla sua volontà[6]. Ottone
avendo ricevuto da essi il giuramento e l'omaggio, gli restituì ne'
loro Stati, eccettuato il Veronese e 'l Friuli, che furono da esso
dati a suo fratello Errico Duca di Baviera. Ma Berengario ed Adelberto
appena restituiti ne' loro Stati, cominciarono a cospirare contro
Ottone, e malmenare i suoi sudditi: affliggevano l'Italia con inudite
oppressioni, e maltrattavano il Papa, e tutti gli altri Vescovi e
Signori d'Italia. Portarono perciò eglino le loro querele e' lamenti
ad Ottone, e lo pregarono della sua protezione, invitandolo a calar di
nuovo in Italia per discacciarne questi tiranni. Il Papa ed i Romani
gli offerirono il Regno e la Corona imperiale: Valperto Arcivescovo
di Milano gli offerì parimente di volerlo incoronare ed ungerlo Re
d'Italia; e gli spedirono perciò una magnifica legazione.
Ottone assicurato del concorde animo di tutti gli Italiani, non volle
trascurare occasione così opportuna: ed avendo tenuta una Dieta in
Vormes, fece coronare in Aquisgrana Re di Germania Ottone II suo
figliuolo, che non avea più di sette anni; ed egli, stabilite le cose
d'Alemagna, avendo raunato un numeroso esercito, tosto traversando
la Baviera, per la via di Trento, insieme con Adelaide sua moglie, in
Italia portossi. Fu ricevuto dagl'Italiani con universale applauso, e
quantunque Adelberto avesse proccurato d'opporsegli con considerabili
forze, nulladimanco abbandonato da' suoi, abbandonò anch'egli
l'impresa, e fuggendo, non ebbe altro scampo, se non di ricovrarsi
nell'isola di Corsica[7]. Entrato per tanto Ottone senza contrasto
in Pavia, costrinse Berengario a fuggirsene con Villa sua moglie e
con tutta la sua famiglia: indi passando in Milano fu ricevuto con
incredibile giubilo da tutti i Milanesi. Allora l'Arcivescovo Valperto
memore della promessa fattagli, avendo convocato un Concilio di
Vescovi, al cospetto di tutta la città, ed in presenza di tutti, fu
Berengario con Adelberto privato del Regno, ed Ottone per Re d'Italia
proclamato: indi condotto nella chiesa di S. Ambrogio con grande
apparato e con solenne cerimonia, concorrendovi tutto il Popolo, lo
unse, e così consecrato sopra il suo capo pose la Corona del ferro:
così Ottone, che ora lo diremo Re di Germania insieme e d'Italia,
avendo in quest'anno 961 con tanta prosperità acquistato un tanto
Regno, con solenni giuramenti promise di voler difendere Italia con
tutti i suoi sforzi contro l'invasione di qualunque tiranno. Indi
tornato in Pavia si condusse nel seguente anno 962 coll'Arcivescovo
Valperto in Roma e con fioritissimo esercito, per ricevere dal Papa la
Corona imperiale: portò anche seco Adelaide, e fu da' Romani ricevuto
con non minore applauso ed allegrezza, che fu Carlo M. in quella città
introdotto. Pari fu il giubilo ed il concorso e l'ardente desiderio de'
Popoli di acclamarlo Imperadore d'Occidente: siccome eguali furono le
solenni cerimonie che Papa Giovanni XII volle usar con Ottone, niente
dissimili da quelle che praticò Lione con Carlo M. Egli incontrato
da Giovanni entrò nella chiesa del Vaticano, ove essendo pronto ed
apparecchiato tutto ciò che a sì augusta cerimonia richiedevasi, fu
dall'Arcivescovo Valperto presentato al Pontefice, il quale tosto lo
unse, e finalmente gli pose il diadema imperiale, gridando intanto
tutto il Popolo ivi accorso felicità e vittoria ad Ottone Augusto
Imperador Romano[8]: da poi avendo egli solennemente giurato difender
l'Italia contro i sforzi di Berengario, e di chi avesse tentato
perturbarla, in Pavia fece ritorno. Carlo Sigonio narra, che Ottone
fece ancora restituire al Papa alcune terre della Chiesa, che nelle
precedenti rivoluzioni d'Italia gli erano state occupate; rapportando
appresso, che Ottone III confermò le donazioni, che da Carlo M. e da
Lodovico Pio erano state fatte alla Chiesa di Roma; onde mal fa il
Chioccarelli[9], attribuendo questo privilegio di confermazione ad
Ottone I non al III, come fece il Sigonio.
Ecco ciò che si dice traslazione d'Imperio dagl'Italiani a' Germani,
della quale pure i romani Pontefici vogliono esserne riputati autori,
non altrimenti che lo pretesero di quella nella persona di Carlo
M.[10]. Così l'Imperio d'Occidente essendo prima passato da' Franzesi
negl'Italiani, fu poi trasportato negli Alemani in persona d'Ottone,
che l'ebbe per li diritti della sua conquista e per l'elezion libera
de' Popoli oppressi, i quali non potevano trovare allora altro
protettore, che lui per liberarsi dalla tirannia di Berengario.
Comunemente da' nostri Scrittori[11] Ottone vien chiamato il primo
Imperadore tedesco, ancorchè prima di lui fosse stato, come s'è detto,
Arnolfo; perchè dicono, che da Lione VIII, R. P. nell'anno 974, col
consenso di tutti i Romani fu l'Imperio aggiudicato ad Ottone ed
a tutti i suoi successori in perpetuo, e fu l'Imperio romano con
indissolubil nodo unito col Regno germanico[12], ciò che non può dirsi
d'Arnolfo, il quale in quella rivoluzione di cose in mezzo a tante
fazioni fu più per istudio delle parti, che per libera ed universale
acclamazione eletto Imperadore.


CAPITOLO I.
_OTTONE riordina il Regno d'Italia: sue spedizioni contra i Greci; ed
innalzamento del contado di Capua in Principato._

Stabilito Ottone nel regno d'Italia, furono rivolti tutti i suoi
pensieri a riordinarlo con migliori leggi ed istituti, non altrimente
che fece Carlo M. proccurò, calcando le sue pedate, ristabilirlo
dopo tante rivoluzioni in miglior forma: molte leggi di lui perciò
si leggono, e Goldasto[13] ne inserì molte ne' suoi volumi, per
le quali non meno il Regno germanico, che l'Italico fu riordinato.
Non è però, come per l'autorità del Sigonio credette l'Abate della
Noce[14], che Ottone avesse più distintamente di quello che fece Carlo
M. stabilite leggi sopra i Feudi; poichè il primo facitor di leggi
feudali fu Corrado il Salico, come diremo. Ma sopra queste nostre
province assai maggiore autorità acquistossi Ottone, che Carlo M.
istesso, e la sovranità, che vi esercitò fu di colui assai maggiore.
Non erano i nostri Principi longobardi, come il Principe di Benevento,
quello di Salerno ed il conte di Capua, in istato di opporsi alla sua
dominazione, siccome fecero Arechi e Grimoaldo Principi di Benevento
con Carlo M. e Pipino suo figliuolo; anzi dichiararonsi di lui ligi
e feudatarj, sottoponendo a lui i loro Stati, e riconoscendolo Re
d'Italia con quella medesima sovranità, che i loro maggiori riconobbero
gli antichi Re longobardi; e ciascuno di loro a gara mostravasi tutto a
lui ossequioso e riverente, per acquistarsi la sua grazia e protezione.
Reggeva in questi tempi, come s'è detto, il principato di Benevento
ed il Contado di Capua Pandulfo Capo di ferro insieme con Landulfo
III, suo fratello, il quale tosto, che seppe che Ottone s'incamminava
verso Capua per assicurarsi maggiormente della fedeltà di questi
Principi, e di Gisulfo precisamente (il quale se bene, al creder
dell'Anonimo, era suo cognato, dava però di se qualche sospetto di
dipendere da' Greci, da' quali avea ricevuto l'onore del Patriziato) e
che seco conduceva Adelaide sua moglie, uscì loro incontro con grande
apparecchio, ed in Capua ove avea sua residenza condottigli, furono
da questo Principe splendidamente e con sommo onore trattati[15].
Quivi, correndo l'anno 963, fermandosi, spedirono una Legazione in
Salerno al Principe Gisulfo, invitandolo con molti doni di venire in
Capua a riveder sua sorella. Gisulfo ancorchè dubbioso sospettasse
di qualche sinistro incontro, finalmente accompagnato da' suoi verso
quella città incamminossi, ed incontrato da Pandulfo e Landulfo lo
presentarono all'Imperador Ottone, il quale con molta allegrezza surto
dal Trono scese ad incontrarlo, ed abbracciatisi, si baciarono con
molti segni d'allegrezza. L'Imperadrice Adelaide (se dee prestarsi fede
all'Anonimo) veduto suo fratello corse ad abbracciarlo, e strettasi al
suo collo baciollo più volte, rimproverandogli come senza lor invito
non era venuto tosto a riveder sua sorella: Gisulfo dopo abbracciamenti
sì cari di sua sorella e di suo cognato con grande sua allegrezza e di
tutti i suoi ritornossene in Salerno.
Allora fu, che Pandulfo Capo di ferro entrato in somma grazia d'Ottone
ottenne per imperial autorità, che il Contado di Capua fosse innalzato
ad esser Principato, e ad esser egli nomato Principe di Capua, siccome
da poi furono gli altri, che a lui succedettero in Capua, e da questo
tempo, non da Atenulfo I, cominciarono i Principi di Capua, come
dimostra il nostro Pellegrino. Al quale onore successe da poi che Capua
nell'anno 988 fosse stata parimente innalzata ad esser metropoli, e
che Giovanni fratello di Landulfo da Vescovo ch'era di questa città,
fosse stato sublimato in Arcivescovo da Gio. XIII, come diremo più
diffusamente quando della politia ecclesiastica di questo secolo farem
parola.
Così i nostri Principi riconobbero per lor Sovrano Ottone Imperadore
come Re d'Italia, il quale per quest'istesse ragioni intraprese di
scacciare dalla Puglia e dalla Calabria i Greci, che possedevano
queste province, e di ridurre anche il Ducato napoletano sotto la sua
dominazione.
Era in quest'anno 964 succeduto nell'Imperio di Oriente Niceforo
Foca, il quale mal sofferendo che Ottone avesse in Italia acquistata
tanta autorità, e che pensasse discacciar i Greci dalla Puglia e
dalla Calabria, aveva munite queste province con forti presidj.
Erano governate le città delle medesime da Straticò, magistrato, che
lungamente durovvi sino a' Catapani; ed in Bari città metropoli della
Puglia avea unito il maggior nerbo delle sue forze; nè meno poteva
soffrire, che non si dasse a lui altro, che il titolo d'Imperador
de' Greci, e che all'incontro Ottone prendesse quello d'Imperador de'
Romani.
Ma Luitprando Vescovo di Cremona suo intimo familiare consigliò ad
Ottone, che prima di sperimentar le armi contro Niceforo, volesse
tentare, se per mezzo d'una stretta parentela potesse da lui ottener
ciò che sarebbe stato incerto di ottenere per mezzo d'una dubbia e
crudel guerra; a questo effetto riputò mezzo assai pronto ed efficace,
se Niceforo volesse dare in moglie la Principessa Anna, ovvero Teofania
ad Ottone suo figliuolo, e per titolo di dote gli concedesse le
due province Puglia e la Calabria. Era questa Principessa figliuola
dell'Imperador romano Argiro e dell'Imperadrice Teofania, la quale per
un esecrabile parricidio avea avvelenato Argiro, affinch'ella potesse
sposarsi Niceforo. Allora fu, che Ottone spedì in Costantinopoli una
magnifica Legazione a Niceforo, mandandovi per Ambasciadore il famoso
Luitprando Vescovo di Cremona a dimandarla: quegli che si rendè celebre
al mondo non meno per questa legazione, che per le molte sue opere, che
ci ha lasciate.
Riuscì però inutile l'ambasceria di Luitprando presso Niceforo, il
quale mal potendo ancora celare col medesimo l'astio, che covava
internamente contro Ottone, lo trattò indegnamente, e dopo averlo fatto
trattenere inutilmente quattro mesi in Costantinopoli, ne lo rimandò
senza conchiusione alcuna.
Intanto Ottone lusingato, che dovrebbero aver effetto i suoi disegni,
avea a se richiamato Ottone suo figliuolo, il quale fermatosi col padre
in Roma, fu associato in quest'anno 968 all'Imperio e dal Pontefice
era stato unto ed incoronato colla Corona imperiale. E Niceforo
in quest'istesso tempo, per ingannar maggiormente Ottone, e perchè
potesse riuscirgli il disegno, prima che ne rimandasse Luitprando,
gli mandò Ambasciadori offerendogli la sua parentela, che avrebbe
mandata la Principessa Teofania in Calabria; e che perciò mandasse egli
all'incontro gente quanto più tosto potesse in Calabria per riceverla.
Ottone, a cui non era nota a bastanza la fede greca, il credè, e ne
scrisse anche a' Duchi di Sassonia, dando loro speranza, che in breve
avrebbe ricuperata la Puglia e la Calabria, e riportato in Germania
Ottone suo figliuolo già casato, e mandò tosto gente in Calabria
per questo fine; ma giunti a pena, furono improvisamente colti per
un'imboscata, che Niceforo fece lor preparare, ove molti restarono
morti e gli altri presi, furono in Costantinopoli fatti portar
prigionieri.
Allora Ottone detestando i Greci, fieramente sdegnato invase i confini
della Calabria depredandola e ponendo sossopra tutta quella provincia.
In questa congiuntura s'unirono con lui i nostri Principi longobardi,
i quali come suoi Feudatarj erano obbligati seguirlo in Guerra; e
Pandulfo Capo di ferro si portò anche in Calabria contro i Greci
e contro i Saraceni, i quali erano stati da' Greci chiamati in lor
ajuto: e Gisulfo Principe di Salerno, ancorchè di sospetta fede per
l'aderenza, che teneva co' Greci, mostrò nondimeno in quest'occasione
(essendosi poco prima rimesso sotto la protezione e clientela d'Ottone)
di volerlo soccorrere in quest'impresa.
Fu pertanto ostinatamente combattuto co' Greci e Saraceni; e mentre
Pandulfo con Ottone era in Calabria, gli venne l'avviso, che il
Principe Landulfo suo germano era morto. Aveva costui tenuto il
principato di Benevento anni otto; e se bene di se avesse lasciato
Pandulfo suo figliuolo, nulladimanco Pandulfo tosto che seppe la di
lui morte, lasciando l'Imperadore in Calabria, si portò in Benevento ed
avendo escluso suo nipote, sublimò il Principe Landulfo suo figliuolo,
che perciò Landulfo IV fu detto[16].
Indi, essendosene Ottone ritornato in Ravenna, ottenne dal medesimo
nell'anno 969, molti ajuti per invadere la Puglia, siccome con gli
ajuti ricevuti da Ottone, e con alquanti giovani beneventani e capuani,
l'invase, e presso Bovino col suo esercito accampossi. Ma i Greci
usciti furiosamente dalla città, gli combatterono, e dopo una dubbia
pugna, finalmente restò Pandulfo vinto e fatto prigione da' Greci.
Erano questi sotto il comando d'Eugenio Patrizio, ch'era lo Straticò,
il quale tosto lo fece condurre prigioniero in Costantinopoli. Intanto
Gisulfo Principe di Salerno erasi avviato per soccorrere Pandulfo; ma
tardi giungendo o fosse stato per impedimenti avuti o pure artificiosa
malizia di moversi intempestivamente, tosto ritornossene in Salerno.
I Greci spinti dal furor della vittoria invasero i confini di
Benevento, prendono Avellino e verso Capua s'inoltrano: e depredando
tutto il paese, cingono la città istessa, e per quaranta giorni la
tennero strettamente assediata.
Allora i Napoletani vedendo la fortuna de' Greci andar molto prospera
s'unirono presso Capua con Eugenio Patrizio. Presedeva in questi tempi
per Duca in Napoli _Marino_, la notizia del quale noi la dobbiamo
all'Anonimo Salernitano, poichè presso gli altri Scrittori niuna
memoria abbiamo, dopo Giovanni, de' Duchi di Napoli, che fiorirono in
questi tempi; e quella carta rapportata dal Summonte e creduta per vera
dal novello Istorico Giannettasio traduttor del Summonte, dove si fa
menzione di Oligamo Stella Duca, che 'l Giannettasio lo fa successore
di Giovanni e di Ginello Capece, Baldassare Giovanne e Sarro Brancaccio
Consoli, fu grossamente supposta, così perchè in questi tempi l'uso
de' cognomi non erasi ancora ripigliato; come perchè il Capaccio[17] ed
altri testificano quella carta non essersi mai trovata fra le scritture
delle Monache di S. Sebastiano, ove fu finto conservarsi. Tanto che
il nostro Pellegrino[18] dice assai bene, che non è da sperare una
interrotta serie de' Duchi di Napoli, come d'Amalfi: nel che nè meno
ci possono giovare alcune antiche carte date in Napoli, non esprimendo
altro che i nomi ed i tempi de' greci Imperadori, alla dominazione de'
quali era questo Ducato sottoposto.
Marino co' suoi Napoletani presso Capua accampossi, nè si impiegò
ad altro, che a devastare il paese d'intorno con incendj e rapine;
Eugenio vedendo che inutilmente si raggiravano intorno Capua, e temendo
d'Ottone, di cui erasi sparsa voce, che con esercito numerosissimo
di Alemanni, Sassoni e Spoletini verso Capua s'incamminava per
soccorrerla, perchè non fossero colti in mezzo, pensò d'abbandonar
l'assedio ed in Salerno ritirossi, accolto da Gisulfo, che lo trattò,
sin che ivi si trattenne, con molta splendidezza, avverando per questo
fatto il concetto, che di lui aveasi di non essersi mai distaccato
da' Greci, e che simulatamente mostrasse aderire alle parti d'Ottone,
e che perciò così tardi mandasse il soccorso a Pandulfo. Eugenio
dopo essersi trattenuto in Salerno alquanti giorni fece ritorno
in Puglia[19]: nè passarono molti giorni che sopraggiunse in Capua
l'esercito numerosissimo d'Ottone, e non trovati ivi i Greci, si mise
a porre sossopra, ed a devastare tutto il territorio dei Napoletani,
ed unito co' Capuani cinse di stretto assedio la città di Napoli. Ma
non potendo espugnarla, ritornarono in dietro, e sopra Avellino, che
era in poter de' Greci, a' quali poco prima s'era reso, s'accamparono,
nè si travagliò molto, che tosto fu dai Beneventani ricuperata, indi
in Benevento se ne tornarono, con proposito di passar in Puglia per
discacciarne da questa provincia i Greci, ove tenevano raccolte tutte
le loro forze, e che in Bari s'erano con numerosi presidj fortificati.
Non è da tralasciarsi in questo luogo, ciò che trattando della
politia ecclesiastica in appresso più diffusamente diremo, che fermato
l'esercito d'Ottone in Benevento in quest'anno 969, prima d'accingersi
a sì dubbia impresa, e di muovere l'armi terrene, parve ad Ottone
cominciare di là onde conviensi, cioè di ricorrere agli ajuti del
Cielo. Era stato fin qui la Chiesa di Benevento governata da' Vescovi;
ma ora Giovanni XIII, ciò che aveva fatto un anno prima di Capua,
volle, a contemplazion d'Ottone e de' Principi Pandulfo e Landulfo,
far il medesimo di Benevento; l'innalzò perciò a metropoli, e per
suffraganee le assegnò molte Chiese, ed il primo Arcivescovo, che vi
constituì in quest'anno 969, fu Landulfo, a cui concedette l'uso del
Pallio, e confermogli le Chiese sipontina e garganica. Mentre adunque
l'esercito d'Ottone accingevasi a quest'impresa, Landulfo Arcivescovo
con sacra cerimonia celebrò solennemente la messa, che fu da tutti
intesa, e dopo questo furono dal medesimo Arcivescovo comunicati del
Corpo e del Sangue del Signor Nostro Gesù Cristo: indi ricevuta la
benedizione dallo stesso Prelato, s'avviarono con grande allegrezza
verso la Puglia[20]. Ove è da notare che in questi tempi era ancora
ritenuta in queste nostre parti ed in Italia la Comunione sotto l'una
e l'altra specie, ed ammettevansi tutti alla participazione così del
Corpo, come del Sangue, nè presso noi, se non in tempi più bassi, fu
quella tolta.
L'esercito d'Ottone, che si componeva di Beneventani, Alemanni, Sassoni
e Spoletini, giunto in Ascoli fu incontrato da Abdila Patrizio, che
con buon numero di Greci pretese attaccarlo, poichè Eugenio per la sua
estrema crudeltà era stato da' suoi preso e mandato in Costantinopoli
prigione. Fu combattuto ferocemente presso Ascoli, e finalmente furono
i Greci vinti e, fatto un gran bottino, se ne ritornarono i Beneventani
trionfanti in Avellino[21].
Intanto Ottone indrizzò le sue genti verso Napoli, le quali nel
contorno depredaron tutto il bestiame, e mentre Ottone se ne ritornava,
fu tutta dolente ad incontrarlo Aloara moglie del Principe Pandulfo,
con un suo figliuolo, pregandolo della liberazione di suo marito,
che in Costantinopoli era da Niceforo crudelmente trattato in oscura
prigione[22]. Ottone tosto ritornò in Puglia, nella quale diede
guasti grandissimi, cinse di stretto assedio Bovino, e molti luoghi
d'intorno fece brugiare; ma mentre queste cose succedevano in Puglia,
Niceforo in quest'anno 970, fu di morte violenta tolto al Mondo;
poichè Teofania sua moglie insieme con Giovanni Zimisce crudelmente
lo fecero ammazzare, ed in questo istesso anno Giovanni fu eletto
Imperadore d'Oriente. Giovanni rivocando ciò che il suo predecessore
aveva fatto, tosto sprigionò Pandulfo, l'assolvè e lo mandò in Puglia,
raccomandandolo anche ad Ottone, che nei suoi Stati lo riponesse.
Zimisce volle aver amicizia con Ottone, e (ciò che avevagli negato
Niceforo) gli mandò Teofania, perchè si sposasse con Ottone suo
figliuolo, la quale fu condotta in Roma, ove con molta splendidezza
fu da Ottone sposata, ed Augusta proclamata[23]. Giunto Pandulfo
in Bari, fu tosto chiamato da Ottone: Abdila glielo mandò assai
onorificamente, e ricevuto da Ottone fu restituito ne' suoi Stati e
nella pristina dignità: laonde Pandulfo per gratificare Giovanni della
libertà donatagli, tanto si adoperò con Ottone che gli fece abbandonar
l'impresa: onde fatta la pace, Ottone si ritenne d'invadere la Puglia
e la Calabria, e queste province perciò non furon mai da Ottone
conquistate, come si diedero a credere molti Scrittori contro ciò che
narra l'Anonimo, scrittore contemporaneo. Partì Ottone, ed in Francia
fece ritorno, nè più potè rivedere queste nostre regioni; poichè
sopraggiunto poco da poi dalla morte, nell'anno 973, finì i giorni
suoi, ed acquistatosi per le cose maravigliose adoperate il soprannome
di Magno, meritò esser comparato a Carlo il Grande.


CAPITOLO II.
_OTTONE II succede al padre; disordini nel Principato di Salerno, nel
quale finalmente vi succede PANDULFO._

Essendo morto in quest'anno Ottone il Grande, Ottone II suo figliuolo,
che vivente il padre era stato associato all'imperio, cominciò a
regger solo il Regno d'Italia, e ad esercitare quivi tutta quella
sovranità, che suo padre aveasi acquistata, la quale sopra queste
nostre province assai più accrebbesi per la discordia de' nostri
Principi longobardi; poichè mentre Pandulfo Capo di ferro restituito
in Capua sua sede, insieme con Landulfo IV suo figliuolo, che sedeva
in Benevento, reggevano questi due Principati, accaddero in Salerno sì
strane revoluzioni e sconvolgimenti, che posero sossopra tutto quel
Principato. Origine di tanti mali fu la soverchia fidanza, ch'ebbe
Gisulfo con suoi congiunti, i quali da esuli ch'erano, avendo voluto
richiamargli ed ingrandirgli, portarono con inaudita ingratitudine la
ruina del suo Stato.
Atenulfo II quegli, che, come si disse, discacciato da Capua erasi
ricovrato in Salerno sotto Guaimaro II suo genero, lasciò più
figliuoli, ch'esuli insieme col padre lungo tempo eran andati raminghi.
Uno d'essi Landulfo chiamato, si ricovrò prima col padre in Salerno,
da poi andossene ad abitare in Napoli; ma da poi ad intercessione
di Gaidelgrima sua sorella, moglie che fu di Guaimaro II, e madre di
Gisulfo I. fu da questo Principe ch'era suo nipote, per non disgustarsi
sua madre richiamato in Salerno; e Gisulfo oltre averlo affettuosamente
accolto diedegli anche il Contado di Consa; ma perch'era un uomo assai
crudele ed insoffribile, i Consani non potendolo più soffrire, lo
discacciarono da Consa, nè Gisulfo potè tollerarlo guari in Salerno,
onde discacciato bisognò che di nuovo in Napoli facesse ritorno con la
sua casa: avea procreati Landulfo quattro figliuoli, Guaimaro, Indolfo,
Landulfo e Landenulfo.
Accadde, che mentre Landulfo con questi suoi figliuoli erano in
Napoli, Gisulfo s'ammalasse, onde Gaidelgrima sua madre, toltolo a
tempo cominciò tutta dolente e lagrimosa a piangere, di che Gisulfo
accortosi, dimandò, che s'avesse: ella rispose immantinente; piango,
perchè avendo perduto mio marito, ora veggo te infermo: nè ho chi
in tanta amaritudine possa consolarmi, poichè anche il mio fratello
è da me lontano: che dunque, rispose Gisulfo, avrò da fare? che si
richiami, replicò ella, con tutta la sua famiglia. Gisulfo vinto dalle
lagrime di sua madre, che si richiami le rispose: e risanato da quella
infermità, fu Landulfo tosto richiamato in Salerno, e portò seco tre
suoi figliuoli, lasciando in Napoli Landulfo uomo d'ingegno astuto e
pieno d'inganni.
Fu accolto Landulfo dal Principe con molti segni di stima, di molti
poderi l'arricchì, e restituigli ancora il Contado di Consa; e
niente prevedendo di ciò che poteva accadergli, l'innalzò tanto, che
narra l'anonimo Salernitano[24] suo contemporaneo, che lo costituì
dopo lui nel primo grado in Salerno. Co' suoi figliuoli fu ancora
liberalissimo, a Guaimaro diede il Contado di Marsico nel Principato
di Salerno, concedendogli quasi tutte le ragioni ed emolumenti del suo
fisco. Ad Indolfo donò il Contado di Sarno. A Landenulfo il Contado
di Lauro, pure nel Principato di Salerno; ed essendosene costui poco
da poi morto nell'anno 971 fu richiamato da Napoli Landulfo, al quale
Gisulfo concedè il Contado stesso di Lauro, non senza indignazione
de' Salernitani e de' Nobili di quella città, che vedevano con tanta
imprudenza di Gisulfo sublimati questi Principi.
Landulfo padre, entrato in tanta grandezza, tosto cominciò a pensar
modi, come potesse invadere il Principato di Salerno: egli vedutosi
con tante forze si proccurò ancora il favore de' Duchi d'Amalfi e di
Napoli, perchè l'assistessero a quest'impresa ed ajutato da quelle
de' suoi figliuoli, e da Landulfo precisamente uomo accorto ed astuto,
avendo con alquanti congiurato il modo, una notte, avendo corrotti i
custodi, ebbe modo d'entrare nel Palazzo del Principe: ivi avendo preso
l'infelice Gisulfo insieme con l'infelice Principessa Gemma sua moglie,
figliuola d'Alfano ed agnata di Lamberto Duca di Spoleto, furono
imprigionati, e dando a sentire agli altri essere stati ammazzati,
fu la città posta sossopra. I Salernitani credutigli morti si posero
in somma costernazione, nè sapendo che si fare in tanta revoluzione,
furono costretti di giurare per Principe Landulfo lor tiranno, il quale
temendo non si scoprisse esser vivi Gisulfo e la Principessa Gemma,
tosto gli fece levare da Salerno ed in Amalfi gli fece condurre; indi,
discacciati che gli ebbe, assunse anche per collega al Principato
Landulfo suo figliuolo in quest'istesso anno 972 ovvero 973.
Presedeva in questi tempi per Duca in Amalfi Mansone Patrizio, ed in
Napoli, come si disse, Marino Patrizio. Questi intesi della congiura,
subito che udirono essere stato Gisulfo da Salerno scacciato, vennero
in Salerno con alquante truppe per soccorrere Landulfo, e stabilmente
fermarlo nel Principato[25]. Non si vide maggiore ingratitudine di
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