Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3 - 07

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attrattiva alla Nazione normanna, per farla venire in queste nostre
regioni. Poichè giunti in Normannia, avendo esposto il desiderio de'
nostri Principi che aveano di loro gente, valse molto a far prendere
questo cammino ad un gran numero di persone, e ben anche di chiarissimo
sangue. Al che diede mano un'occasione, che saremo per rapportare.
Nella Corte di Roberto Duca di Normannia fra gli altri Signori, che
frequentavano il suo Palazzo, furono Guglielmo Repostel ed Osmondo
Drengot: questi offeso da Guglielmo, ch'erasi pubblicamente vantato
d'aver ricevuto de' favori da sua figliuola, lo sfidò a singolar
tenzone, e con tutto che Guglielmo si trovasse presso del Duca
Roberto, il quale colla sua Corte prendevasi il piacere della caccia,
s'abbattè col suo nemico nel bosco, gli passò attraverso del corpo la
sua lancia, e l'uccise. Il Duca Roberto, riputando ciò suo oltraggio,
proccurava averlo nelle mani per farne pubblica vendetta, laonde
Osmondo per scappar via dallo sdegno del suo Sovrano, salvossi prima in
Inghilterra; ed alla fine veggendo aperta sì bella strada in Italia,
risolse quivi ritirarsi co' suoi parenti, e proccurò ancora tirar
altri con se per imprendere il cammino. Si portò in fatti questo prode
Normanno seco molti suoi fratelli, li quali, secondo narra Ostiense,
furon Rainulfo, Asclittino, Osmondo e Rodulfo, seguitati da' figliuoli
e nepoti, e da molti de' loro amici. Questo Rainulfo fu il primo
Conte d'Aversa, e poi Asclittino, chiamato da Ordorico Vitale[150]
_Anschetillo de Quadrellis_, che a Rainulfo succedè, dal quale traggono
origine i primi Normanni, che ebbero il Principato di Capua, come
vedremo.
Questi Eroi di chiarissimo sangue usciti dalla Francia con molta
comitiva de' loro Normanni, furono da' nostri Principi ricevuti con
allegrezza, e con molti segni di stima, memori di ciò che pochi anni
prima aveano adoperato i loro nazionali in Salerno. Alcuni rapportano,
ch'essi da prima andarono in Benevento, altri che si posero al
servigio del Principe di Salerno, ed altri che vennero in Capua[151]:
tutte queste cose posson essere vere, poichè questi novelli Normanni,
poco men disinteressati di quelli, che aveano combattuto in Salerno,
erano pronti di darsi al servigio di colui, che gli avesse meglio
riconosciuti: ed i nostri Principi longobardi avendosi ugualmente
a difendere contro i Greci, e contro i Saraceni, ciascuno dalla sua
parte bramava d'aver appresso di se uomini così valorosi, per mezzo de'
quali speravano di conseguire qualunque vantaggio. Comunque ciò siasi,
egli è certo che ancorchè non fosse appurato in qual anno precisamente
passassero in Capua, prima però dell'anno 1017 in quella città si
fermarono, mentre Melo fuggito da Bari avea in quella città ritrovato
il suo asilo, ed era stato accolto da Pandolfo IV, il quale dall'anno
1016 insieme con Pandolfo II figliuolo di S. Agata reggeva in quelli
tempi il principato di Capua[152]. Ciò che diede occasione a questi
novelli Normanni unitisi con lui di segnalarsi in più nobili imprese.
I Greci che col nuovo Magistrato di Catapano, aveano reso
insopportabile il lor governo nella Puglia, diedero occasione che
in Bari, principal sede di quel Magistrato, nascessero perciò nuovi
disordini e tumulti; poichè i Baresi non potendo più soffrire l'aspro
governo, che d'essi faceva Curcua nuovo Catapano, animati da Melo
prode e valoroso Capitano di sangue longobardo, che dimorava in Bari,
ove da molto tempo avea trasportata la sua famiglia, si ribellarono
dall'imperio greco, e sperando dare alla lor patria la libertà, si
misero sotto la guida di Melo, che per lor Capo insieme con Dato suo
cognato l'elessero. Ma gl'Imperadori d'Oriente avvisati di questa
rivoluzione, mandarono tosto in Italia Basilio Bagiano nuovo Catapano,
il quale giunto nella Puglia con buona compagnia di Signori e di
soldati di Macedonia pose l'assedio alla città di Bari. I Baresi
vedutisi così stretti, invece di pensare a difendersi, attesero
solamente a rappacificarsi co' Greci a costo di Melo, offrendo di
darlo loro nelle mani; di che accortosi Melo, tosto se ne fuggì
furtivamente in Ascoli con Dato, ed ivi non tenendosi a bastanza
sicuro, ritirossi ben anche più lungi, ed intanto i perfidi suoi
cittadini, per guadagnarsi la buona grazia de' Greci, inviarono a
Costantinopoli Maralda sua moglie, e 'l suo figliuolo Argiro. Melo,
che da Ascoli erasi ritirato in Benevento, indi in Salerno, erasi
finalmente con Dato fermato in Capua, chiedendo a Pandolfo, siccome a'
Principi di Benevento e di Salerno suoi Longobardi a volergli prestar
ajuto contro i Greci. Arrivando in Capua ritrovò ivi i Normanni, che
poc'anzi eranvi giunti: era egli già consapevole del lor valore, onde
trovandogli opportuni a' suoi disegni, per le grandi promesse che lor
fece, si diedero al suo servigio, ed avendo arrolate eziandio altre
truppe presso de' Principi longobardi, delle quali sollecitava il
soccorso, ragunò un'armata, che immantenente menò contro i Greci; ed
avendogli assaliti, furono in tre successive battaglie disfatti, e si
rese padrone d'alcune città della Puglia; ma poscia perdette tutto il
frutto delle sue vittorie nel quarto combattimento, che accadde intorno
l'anno 1019 presso la città di Canne, luogo già rinomato per l'antica
disfatta de' Romani[153]. Vinto Melo più tosto per lo tradimento de'
suoi, che per la forza de' Greci, i Normanni gli si mantennero fedeli,
combattendo con estremo valore. Pensò Melo, veggendo il suo partito
assai debole, di chiedere soccorso altrove, ed avendo raccomandati
tutti i Normanni che gli restavano a Pandolfo Principe di Capua, ed a
Guaimaro Principe di Salerno, tosto partissi per Alemagna a ritrovare
l'Imperador Errico, a cui avendo esposto lo stato lagrimevole di queste
nostre province, che per l'ingrandimento de' Greci erano in pericolo di
esser tutte smembrate dall'Impero d'Occidente, lo confortava ad inviare
una grossa armata contra de' Greci, o pure che venisse egli stesso
in persona a comandarla: Errico, che trovavasi distratto in altre
imprese, e che alle promesse non ben corrispondevano i fatti, obbligò
ben due fiate Melo a ripigliar quel viaggio per sollecitarlo a mandare
i promessi soccorsi; ma nel mezzo di questi affari finì Melo la sua
vita presso l'Imperador Errico, tanto che i Normanni per la perdita di
questo lor valoroso Capitano si diedero a prender altri partiti.
Adinolfo fratello di Pandolfo Principe di Capua ed Abate di Monte
Cassino, era travagliato quasi sempre da' Conti d'Aquino, i quali
sovente facevano delle scorrerie sopra i beni di quella Badia, onde
pensò l'Abate per difendergli valersi dell'opra e del valore de'
Normanni[154], i quali assai bene, e con ogni fedeltà adempierono la
commessione, che loro era stata data, guardando di continuo le terre di
quel monastero da un Borgo appellato Piniatario, non lungi dalla città
di San Germano, ove s'erano fortificati. Altri Normanni seguendo Dato
s'erano ritirati sotto gli auspicj di Benedetto VIII R. P., il quale
aveva loro dato in guardia la Torre del Garigliano, ch'era del dominio
della Chiesa; parendo così a Dato d'esser sicuro, posciachè la città di
Capua lo copriva dall'insulto de' Greci.
Ma la perfidia di Pandolfo Principe di Capua cagionò nuovi sconcerti
in queste regioni, che finalmente tutti terminarono a maggior
ingrandimento de' Normanni. Questo Principe, ancorchè mostrasse in
apparenza favorir le parti di Errico Imperador d'Occidente come a
lui soggetto, nulladimanco nudriva di soppiatto con Basilio Imperador
d'Oriente una stretta corrispondenza ed amicizia, e s'avanzò tanto,
che finalmente s'indusse a mandar in Costantinopoli le chiavi d'oro,
e sottopporre sè, la sua città, e l'intero Principato all'Imperio
d'Oriente, in quel modo ch'era prima a quello d'Occidente[155].
L'Imperador Basilio, a cui per gl'interessi suoi molto importava
quest'acquisto, tosto avvisonne Bagiano, al quale commise, che per
mezzo di Pandolfo proccurasse aver in mano Dato co' Normanni, ch'erano
in sua difesa. Questi eseguì con efficacia ed esattezza il comandamento
del suo Principe, e perchè Pandolfo non fosse distolto dall'Abate
Adinolfo suo fratello, pensò tirare al suo partito anche costui,
come lo fece opportunamente per un mezzo assai efficace, qual si fu
d'una gran donazione, che fece al suo Monastero dell'intera eredità
d'un tal Maraldo di Trani, ch'erasi devoluta al Fisco[156]; ed avendo
mandata una grossa somma di denaro a Pandolfo, lo priegò insieme, che
se veramente era fedele all'Imperadore Basilio, gli permettesse il
passaggio per gli suoi Stati per aver in mano Dato. Gli fa ciò tosto
accordato, e posto in ordine un non piccolo esercito venne ad assalir
Dato nel Garigliano; gli assediati ancorchè colti improviso si difesero
con molto coraggio per due giorni: ma alla fine bisognò, che il valore
cedesse alla forza. Bagiano prese la Piazza, e trattò con estremo
rigore tutti coloro, che vi trovò, fuorchè i Normanni in riguardo d'una
calda preghiera, che l'Abate Adinolfo gliene fece. Ma non usò pietà
con Dato; e questo disgraziato Capitano condotto in Bari sostenne il
supplizio de' parricidi, essendo stato buttato in mare dentro un sacco.
L'Imperadore Errico avendo intesa l'invasion dei Greci, la perfidia
del Principe Pandolfo, e la crudelissima morte di Dato, reputando
fra se medesimo, che perduta la Puglia ed il Principato di Capua, se
non affrettava i soccorsi, era in pericolo di perdere Roma e tutta
l'Italia, tardi avveduto di ciò che Melo tante volte aveagli presagito,
scosso finalmente da tanti avvenimenti, avendo unito una grossa armata,
e chiamati i Normanni (ch'erano stati a preghiere di Adinolfo lasciati
liberi) che militassero sotto le sue insegne, tosto in quest'anno 1022
verso Italia incamminossi[157]. Divise in tre corpi la sua armata:
ad uno composto di undicimila soldati prepose per Capitano Poppone
Patriarca d'Aquileja, che incamminossi verso Abruzzi, acciò che per
quella parte entrasse nel dominio de' Greci: l'altro corpo era di
ventimila soldati comandato da Belgrimo Arcivescovo di Colonia (poichè
in questi tempi non vi avea niente di stranezza, che i maggiori Prelati
della Chiesa si vedessero alla testa degli eserciti, come ben tosto
lo vedremo ancora praticare dagli stessi Pontefici romani) e questo
fu mandato per la strada di Roma per avere in mano l'Abate Cassinense
col Principe di Capua suo fratello, che ambedue venivano imputati
presso l'Imperadore della cattura e morte di Dato: l'altro ritenne seco
Errico, volendo egli in persona per la Lombardia e per la via della
Marca venire a' danni de' medesimi Greci.
L'Abate Adinolfo subito, che fu avvisato, che gli andava contro
un esercito intero, abbandonò il monastero, e per salvarsi in
Costantinopoli, ad Otranto con gran fretta fuggissene, dove imbarcato
nell'acque del mare Adriatico, nel quale Dato era stato sommerso, rotta
la nave con tutti i suoi, affogò.
Il Principe suo fratello, quando si vide assediato dentro Capua
dall'Arcivescovo di Colonia, dubitando d'esser tradito da' suoi
vassalli, che l'odiavano a morte, si diede in man del Prelato,
acciocchè il menasse da Errico, in presenza di cui promise provar la
sua innocenza[158]. Lo ricevè Belgrimo sotto la sua custodia, e menollo
da Errico, il quale allora teneva strettamente assediata Troja in
Puglia, città, che i Greci in questo medesimo anno aveano edificata,
la quale pochi giorni da poi si rese a lui. Rallegrossi l'Imperadore, e
fatti assembrare tutti i suoi Baroni, così italiani come oltramontani,
perchè conoscessero della sua causa, fu con universal consentimento
sentenziato a morte; ma l'Arcivescovo, sotto la cui protezione si
era egli posto, tanto seppe oprar con preghiere e pianti presso
l'Imperadore, che la pena di morte la fece commutare in esilio
perpetuo; onde fattolo strettamente incatenare, in cotal guisa se lo
menò seco in Germania.
Il Principato di Capua fu da Errico conceduto a Pandolfo Conte di
Tiano, e nell'istesso tempo investì di questo Contado Stefano, Melo e
Pietro, nipoti del celebre Melo, i quali erano sottentrati a sostenere
quell'impegno medesimo contro i Greci, che promosse il loro zio[159].
Ecco come gl'Imperadori d'Occidente disponevano del Principato di Capua
e de' Contadi dei quali era composto. Ma essendo stato obbligato Errico
a richiamar la sua armata per cagione degli eccessivi caldi della
Puglia, che gli Alemani, ond'era composta, non potevano più soffrire:
confidò i disegni che avea su l'Italia al valore de' Normanni,
lasciando a loro la cura di discacciar da Italia i Greci. Raccomandò
loro spezialmente di soccorrere, qualora il bisogno il richiedesse,
i nepoti del rinomato Melo, ai quali diede parimente in aiuto alcuni
altri celebri Normanni: questi, secondo rapporta Ostiense, furono
Giselberto e Gosmanno, Stigando, Turstino, Balbo, Gualtiero di Canosa
ed Ugone Fallucca con diciotto altri valorosi compagni.
Raccomandò ancora l'Imperador Errico questi Normanni a' Principi di
Benevento e di Salerno, ed a Pandolfo di Tiano novello Principe di
Capua, a' quali impose dovessero di loro in tutti i bisogni valersi.
Ma questi Principi tosto dimenticatisi della grande obbligazione
che aveano i Longobardi a' Normanni, da' quali erano stati tanto
ben serviti contra de' Greci, cominciarono poscia a disprezzargli;
sia perchè credessero di non aver punto bisogno di loro; sia perchè
sentissero male il vedergli interessati nel servigio dell'Imperadore
Errico. Gli lasciarono dunque errar pe' boschi senza nè pure conceder
loro un luogo di ritirata; anzi giunsero infino a negar loro quel
soldo, ch'era in costume pagarsi a' medesimi.
I Normanni, che non aveano gran sofferenza di sopportar questa
ingiustizia, presero le armi contro gli abitanti del paese, e giunsero
ben tosto a fargli stare a lor discrezione; e per ottenere più
sicuramente ciò che volevano, crearonsi un Capo della loro Nazione.
Il primo ch'elessero fu veramente abile a mantenere i loro interessi:
fu questi Turstino, uno di quei valorosi nomati da Ostiense, uomo di
merito singolare per lo posto a cui innalzavasi, e sopra tutto d'una
forza di corpo presso che miracolosa. Ma essendosi indi a poco questo
valoroso Capitano per fraude dei Pugliesi incontrato con un dragone,
ancorchè l'uccidesse, restò dal velenoso fiato di quel serpente
estinto, come rapporta Guglielmo Gemmeticense[160]. Non mancarono però
successori valevoli a vendicarsi di sua morte, poichè i Normanni in
luogo di Turstino concordemente si elessero per lor Capo Rainulfo prode
e scaltro guerriero[161], che giunse il primo in Italia in qualità di
Principe, e che fu il primo tra' Normanni a stabilirsi in queste nostre
province certa e ferma sede, come qui a poco vedremo.
Intanto Errico, dopo aver regnato ventidue anni, finì i giorni suoi in
Alemagna nell'anno 1025 senza aver lasciato di se prole alcuna; ed ora
per la sua pietà, e più per la singolar sua castità, narrandosi, che
anche ammogliato volle serbarla, gli prestiamo que' onori che a Santi
son dovuti. Egli edificò in Bamberga molte chiese, che sottopose al
romano Pontefice. Principe prudentissimo, il quale considerando, che
per non lasciar di se figliuoli, avrebbero potuto nell'elezione del suo
successore nascere disordini e confusioni, avvicinandosi alla morte,
chiamò a se i Principi dell'Imperio, e per suo successore designò[162]
loro Corrado Duca di Franconia detto il Salico, Principe saggio e
valoroso della illustre Casa di Sassonia[163]. I Principi dell'Imperio
acconsentendovi lo elessero per Re di Germania ed Imperadore; onde non
per eredità, ma per elezione, com'era il costume, fu innalzato Corrado
al soglio, ancorchè proposto da Errico suo predecessore, come se gli
Elettori di comune consenso avessero nella persona d'Errico rimessa
la elezione, quasi per un compromesso. Nè fu osservato nella sua
elezione ciò che Ottone III, avea prescritto, poichè non da' soli sette
Elettori, ma da tutti i Principi fu eletto: fu molto tempo da poi,
che come si disse, per evitar le turbolenze ed i disordini, si pose in
pratica ciò, che Ottone prescrisse.
Morì in quest'istesso anno 1025 Basilio Imperatore d'Oriente ancora, e
poco da poi nel 1028 Costantino, e per lor successore fu eletto Romano,
cognominato Argiro.
(Abbiamo indicato adesso la morte d'_Errico_ sotto la data dell'anno
1025 avendo seguito in ciò l'attestato di due Autori degni di fede.
_Lione Ostiense lib._ 2 c. 58. _Defuncto igitur augustae memoriae
Imperatore Herrico anno Domini M.XXV; ed Ottone Frisingense VI c._ 27.
_Anno ab incarnatione Domini M.XXV defuncto sine filiis Herrico._ Ma
secondo _Lamberto Schafnaburgense, Ermanno Contratto_, ed altri germani
Scrittori rapportati da _Struvio Syntag. Hist. German. dissert._ 13 §.
28 _pag._ 387 morì nel mese di luglio del precedente anno M.XXIV).


CAPITOLO I.
_Fondazione della città d'Aversa, ed istituzione del suo Contado nella
persona di RAINULFO Normanno I, Conte d'Aversa._

La morte d'Errico e l'elezione di Corrado fecero mutar faccia agli
affari di queste nostre province. Il novello Principe di Capua
Pandolfo di Tiano per li suoi abbominevoli tratti, e più per l'avidità
dell'altrui, e per la propria avarizia era da tutti abborrito. Aveasi
disgustati i Normanni, i quali, vedendosi troppo indegnamente trattati,
inquietavano gli abitanti del paese, riducendogli a loro discrezione:
perciò appo i suoi vassalli medesimi era entrato in abbominazione.
Erasi ancora disgustato con Guaimaro III, Principe di Salerno, e per
li suoi modi ridusse le cose in tale estremità, che se lo rese fiero
inimico.
Tutte queste cose portarono la sua ruina poichè Guaimaro morto Errico
proccurò con ogni sforzo entrar nella grazia del novello Imperadore
Corrado, e seppe sì ben portarsi, che si strinse con lui con ligami
assai stretti di corrispondenza ed amore. Teneva Guaimaro per moglie
Gaidelgrima sorella di Pandolfo IV, che trovavasi ancora in Alemagna
dentro due carceri ristretto: il primo favore che richiese a Corrado
fu di riporre in libertà suo cognato, e ristituirlo nel Principato di
Capua[164]. Corrado alle sue preghiere condescese, liberò Pandolfo, ed
al Principato di Capua ordinò, che fosse restituito.
Rainulfo, che co' suoi Normanni era stato così indegnamente trattato da
Pandolfo di Tiano, apertasegli sì bella occasione di vendicarsi di lui,
tosto s'unì con Guaimaro, ed alle forze di questo Principe aggiunse le
sue per far rientrare Pandolfo IV nel Principato di Capua. In fatti
questo Principe soccorso da Guaimaro e da' Normanni, aiutato anche
dagli antichi suoi fautori che teneva nella Puglia, e dall'istesso
Catapano Bagiano, e da' Conti de' Marsi, pose tosto l'assedio a Capua
per discacciarne il competitore. Difese costui per un anno e sei mesi
la Piazza; ma non potendo da poi più sostenerla, fu costretto renderla
a Bagiano, il quale sotto la sua protezione e custodia ricevutolo, il
fece insieme con Giovanni suo figliuolo, e con tutti i suoi portare a
Napoli, ove da Sergio che n'era Duca fu cortesemente ricevuto.
Pandolfo IV, entrato in Capua e restituito nel Principato, non
contento, come sono gli uomini ambiziosi, di esser ritornato alle sue
pristine fortune, sofferiva con animo maligno, che Pandolfo di Tiano
avesse trovato appo Sergio sicuro asilo, onde cominciò a meditare nuove
imprese sopra il Ducato di Napoli sotto questo pretesto.
Co' Normanni nemmeno usò quella gratitudine, che richiedevano i
servigi rilevanti, che aveangli prestati in questa congiuntura,
tanto che pensarono da loro stessi di stabilirsi in un luogo di que'
contorni dove meglio potessero, che fosse bastevole per farvisi una
comoda abitazione; e presero da prima un luogo, il quale credesi
esser quello, che oggidì chiamasi _Ponte a Selice_, tre miglia
sopra Aversa, che pareva fertilissimo[165]; ma quando si disposero a
fabbricarvi, rinvennero il fondo della terra tutto paludoso; che perciò
l'abbandonarono per girne là vicino a fabbricare la città, che poscia
fu chiamata dal loro nome _Aversa la Normanna_, la quale fu da Rainulfo
posseduta col titolo di Conte per le cagioni che diremo.
Pandolfo IV, non tardò che un anno a porre in effetto i suoi disegni
contro Sergio Duca di Napoli. Era in questi tempi il Ducato napoletano,
dopo Marino, di cui favella l'Anonimo Salernitano, governato da
questo Sergio, ed ancorchè per antiche ragioni stesse sottoposto
all'Imperadore de' Greci, nulladimanco si governava da' Duchi con
assoluto arbitrio sotto forma e disposizione di Repubblica. Mosse
intanto Pandolfo contro Napoli il suo esercito; Sergio colto così
all'improviso, e lontano dagli aiuti de' Greci, da' quali non ebbe
alcun soccorso, fu tosto obbligato uscir dalla città, che dopo breve
contrasto si rese al Principe Pandolfo: e fu la prima volta che
Napoli fosse soggiogata da' Principi longobardi, e che passasse sotto
il lor dominio dopo gli sforzi di tanti altri, che non poterono mai
conquistarla: Pandolfo di Tiano scappato come potè meglio, fuggissene
in Roma, ove ben tosto finì la vita in un miserabile esilio.
Scacciato Sergio dal Ducato napoletano, non potendo altronde ottener
soccorso per discacciarne l'invasore, con provido consiglio si rivoltò
agli aiuti dei Normanni, i quali assicurò di volergli trattare assai
più generosamente di quello, che fin allora i Principi longobardi avean
fatto. Rainulfo, che mal corrisposto da quel Principe, prendeva tutte
le occasioni, per le quali potesse maggiormente stabilirsi e proccurare
i suoi maggiori avvanzi, su queste promesse accettò l'invito; e co'
suoi Normanni unissi con Sergio, e gli prestarono sì segnalati servigi,
che obbligarono Pandolfo abbandonar Napoli dopo tre anni, che se n'era
impadronito, e fecero rientrare in quel Ducato Sergio con sua somma
gloria e stima.
Sergio non seguendo gli esempi de' Principi longobardi, memore delle
promesse fatte a Rainulfo, osservò la parola data, e fece co' Normanni
una stretta alleanza, e per unirsi con più stretti legami, si sposò
una parente di Rainulfo; ed oltre ciò perchè stesse sicuro dagl'insulti
del Principe di Capua, tra questa città e Napoli frapposevi un sicuro
riparo, costituendo Rainulfo Conte sopra i suoi Normanni[166], al
quale diede col titolo di Contado tutto il territorio intorno alla
città, ch'essi fabbricavano e che allora aveano cominciato ad abitare,
la quale veniva a coprire il Ducato di Napoli; e poich'egli stava
applicato a mantenere i Normanni in una grande avversione col Principe
di Capua, si crede, che da ciò quella città fossesi nominata _Aversa_.
Non è verisimile ciò che il Summonte, per l'autorità di Giovanni
Villani, dice, che la ragione che poteva avere il Duca Sergio di dare
il titolo di Conte a Rainulfo, dovette essere il dominio, ch'avea
Napoli in quel territorio, non essendo distante più che otto miglia;
tanto maggiormente che il Villani[167] nella sua Cronaca di Napoli
dice, che i Normanni edificarono Aversa, la quale per innanzi era
castello di Napoli. Ma questo titolo, come più innanzi vedremo, fu
confermato da poi a Rainulfo dall'Imperador Corrado. Ecco come i
Normanni cominciarono ad avere in queste nostre regioni ferma sede; ma
acquisti assai maggiori seguirono in appresso per quelle occasioni, che
saremo qui a poco a narrare.

I. _Venuta de' figliuoli di TANCREDI Conte d'Altavilla. Morte di
CORRADO il Salico e sue leggi._
Rainulfo veggendosi in cotal maniera stabilito in Aversa, attese
a fortificarvisi ed incominciò a trattarsi da Principe: inviò
Ambasciadori al Duca di Normannia, invitando i suoi compatriotti, che
venissero a gustar con esso lui l'amenità del paese, ove già possedeva
un Contado: l'invogliò a venire colla speranza di poter anch'essi
impadronirsi di alcuna parte di quello. A questo invito venne in
Italia un numero assai più grande de' Normanni, che per l'addietro
fossevi giunto: con questi vennero i figliuoli primogeniti di Tancredi
d'Altavilla capo della famiglia, di cui poc'anzi si narrò la numerosa
prole, onde sursero gli Eroi, che conquistarono non pur queste nostre
province, ma la Sicilia ancora. La spedizione de' figliuoli di Tancredi
in queste nostre regioni deve collocarsi nell'anno 1035, i quali non
tutti nell'istesso tempo ci vennero, ma i primi furono Guglielmo,
Drogone ed Umfredo. Gli altri vennero da poi, e soli due rimasero nella
loro patria[168].
Questi prodi Campioni andati prima a tentar la sorte in diversi luoghi,
alla perfine cogli altri Normanni giunsero in Italia ed in Salerno
sotto la protezione, ed a' stipendi di quel Principe finalmente si
fermarono. Reggeva in questi tempi il Principato di Salerno Guaimaro
IV, figliuolo del maggior Guaimaro, il quale sin dall'anno 1031 avea
finito i suoi giorni. Questo Principe seguendo i vestigi di suo padre
ebbegli cari, e riconoscendo questi novelli Normanni per giovani sopra
tutti gli altri della loro Nazione molto distinti, ebbegli in maggior
conto; fosse ciò per sua inclinazione o per politica, egli è certo,
che in tutti i suoi affari valevasi di quelli, e ne faceva una grande
stima, proccurando i maggiori loro ingrandimenti; e come Principe
prudentissimo reggeva perciò con vigore e magnificenza il suo Stato.
Dall'altro canto Pandolfo Principe di Capua, che mal seppe conoscergli,
era venuto, per la sua crudeltà ed avarizia, nell'indignazione
di tutti: le frequenti scorrerie e rapine che faceva al monastero
Cassinense erano così insopportabili, che finalmente obbligarono quei
Monaci, per liberarsi della sua tirannia, di ricorrere in Germania
all'Imperadore Corrado, al quale avendo esposto con pianti e querele
i guasti che dava a quel Santuario, lo pregarono a calar in Italia
per liberarlo dalle mani di quel Tiranno, rammentandogli dover a lui
appartenere la loro liberazione, essendo quel Monastero sotto la tutela
sua, come era stato sotto li suoi predecessori, e immediatamente sotto
la sua protezione[169].
S'aggiunsero ancora, per affrettar la venuta di Corrado in Italia, le
rivoluzioni accadute in quest'istesso tempo in Lombardia, autore delle
quali in gran parte era riputato l'Arcivescovo di Milano[170]. Per
queste cagioni finalmente fu risoluto Corrado intraprender il cammino
verso queste nostre parti, e nell'anno 1036 con valido esercito, avendo
passato l'Alpi entrò in Italia, ed a Milano fermossi, ove sedati i
tumulti colla prigionia de' rebelli, imprigionò ancora l'Arcivescovo
di Milano autore di quelli. Passò indi a poco in Roma, ove ascoltò le
querele, che contro il Principe di Capua gli furon portate da gente
infinita: volle conoscere de' suoi falli, e portatosi nel monastero
di Cassino, mandò Legati a Pandolfo per ridurlo di buon accordo a
restituire ciò, che ingiustamente avea occupato a quel monastero;
ma ostinandosi nella sua perfidia, sdegnato Corrado venne a Capua
egli stesso, e Pandolfo fuggendo la sua indignazione ritirossi
nella Rocca di S. Agata. L'Imperadore ricevuto in Capua con solenne
apparato ed allegrezza, nel giorno di Pentecoste fu quivi incoronato
con gran celebrità, e colle consuete cerimonie. Era allor costume
degl'Imperadori d'Occidente di replicar sovente queste funzioni ne'
giorni più celebri dell'anno, nel che è da vedersi l'incomparabile
Pellegrino nelle gastigazioni all'Anonimo Cassinense; poichè Corrado
non in Capua fu la prima volta incoronato Re o Imperadore: fu egli
prima salutato Re nell'anno 1026, ed Imperadore nell'anno seguente,
quando la prima volta venne in Roma.
(In quest'anno appunto, che fu il 1027 fu coronato in Roma da Papa
_Giovanni_ l'Imperador _Corrado_, siccome narrano _Wippone Prete pag.
433_. _Ottone Frisingense VI. cap. 29_ che dice: _Anno ab Incarnatione
Domini MXXVII. Conradus Romam veniens etc. a summo Pontifice Joanne
coronatus, ab omni Populo Romano Imperatoris, et Augusti nomen
sortitur_. Lo stesso scrissero _Ermanno Contratto_, _Lamberto
Schafnaburgense_, _Sigeberto Gemblacense_, ed il _Cronografo Sassone_
ad An. 1027. Passò in Puglia, e da poi in Germania fece ritorno. Nella
fine da poi dell'anno 1036 ritornò di nuovo in Italia: sedò i tumulti
in Milano: imprigionò quell'Arcivescovo, ed avendo celebrata la Pasqua
dell'an. 1037 in Ravenna, sedati nel seguente anno 1038 i romori di
Parma, tornò di nuovo in Alemagna. Così scrissero _Wippone Prete_
pag. 440 et seqq. _Ottone Frisigense VI. c. 31._ dicendo: _Italiam
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