Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3 - 29

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che riguarda la casa del Re, innalzossi il Gran Maestro di Francia,
anticamente chiamato Conte del palazzo, cioè Giudice della casa del Re,
ch'ebbe il governamento della medesima.
Non altrimenti nella Corona di Sicilia, oltre gli altri Ufficiali
annoverati, si vide ad esempio di quello di Francia il Gran Maestro
di Sicilia, chiamato con vocabolo ancor franzese Siniscalco, ovvero
Maggiordomo della casa del Re, il quale avea il governamento della
medesima, e la cura ed il pensiero di provedere il regio Ospizio di
ogni sorte di viveri, secondo il bisogno richiedeva: era ancora della
sua incumbenza di provedere delle biade ed altre vittovaglie per li
cavalli della stalla del Re, tener cura delle foreste, e delle caccie
riserbate per divertimento del Re, de' familiari, ed altri servidori
della casa reale, sopra i quali teneva giurisdizione di correggergli,
e castigargli eccetto che sopra i Ciambellani, i quali per essere
intimi servidori e Cubicularj del Re, che pongono il Re in letto, e lo
scalzano, e sono nella Camera secreta del Re, perciò furono esenzionati
dalla giurisdizione del Gran Siniscalco, siccome li Collaterali del Re,
che erano partecipi del consiglio segreto del Re, e riputati come parte
del corpo del Re[657].
Era egli perciò il Giudice della Casa reale, e sotto la cura sua
era tutta la famiglia del palazzo regio, e tutti gli altri Ufficiali
minori della casa del Re, i quali secondo i particolari loro impieghi
assunsero varj nomi; onde sursero molti Ufficj detti non già della
Corona, ma solamente per questo fine, della Casa del Re.
Noi a tempo de' Normanni non abbiamo riscontri di questi minori
Ufficiali, ma sì bene del Gran Siniscalco, che si disse così per esser
il maggiore, e sopra tutti gli altri Siniscalchi minori dell'Ospizio
regio; e se bene a' tempi di Ruggiero non abbiamo fra le reliquie
dell'antichità, chi fosse stato suo Gran Siniscalco; egli è però che
in tempo di Guglielmo I suo successore leggiamo suo Gran Siniscalco
Simone cognato del famoso Majone, di cui abbiamo anche memoria presso
il Pellegrino[658] al quale anche Guglielmo diede il governo della
Puglia[659]; onde non è da dubitare, che quest'Ufficio insieme con gli
altri fosse da' Normanni introdotto fra di noi.
Ma siccome ciò è vero, così anche è certissimo, che in tempo degli
Angioini, e particolarmente di Carlo II ricevè miglior forma, e su 'l
quale furono dati varj provedimenti, e stabilito nuovo modo, e dategli
altre incumbenze, secondo la Tabella stabilita per quest'Ufficio, che
rapporta Freccia; ond'è che in Napoli si videro sorgere quegli altri
Ufficj minori della casa del Re, dipendenti dal Gran Siniscalco: e
la ragione si fu, perch'avendo Carlo I d'Angiò fermata la sua regia
sede in Napoli, il Gran Siniscalco si distinse sopra tutti gli altri
Ufficiali della casa reale, che furono molti: abbiamo perciò nel
Regno di questi Angioini sovente memoria de' Maggiordomi della casa
reale, de' Maestri de' cavalli regi, de' Maestri Panettieri regi,
dei Maestri de' Palafrenieri e della scuderia regia, de' Maestri
dell'Ospizio regio, de' Maestri delle razze regie, de' Maestri Massari,
e de' Siniscalchi dell'Ospizio regio, siccome ne' tempi di Giovanna
I leggiamo: _Phichillus Gaetanus Reginalis hospitii Senescallus_;
e sotto Carlo III si legge: _Nobilis vir Bartholomeus Tomacellus
miles Regii hospitii Senescallus_; e sotto Ladislao si trova Paolino
Scaglione Siniscalco dell'Ospizio di detto Re ed altri rapportati dal
Tutini[660]. Così ancora Ufficiali della casa del Re subordinati al
Gran Siniscalco erano il Preposito della cucina del Re: il Preposito
della buccellaria regia. Il Giudice dell'Ospizio regio. I Ciambellani
Regj. I Valletti della Nappa del Re. I Cacciatori Regj. Il Custode
degli uccelli del Re. I Falconieri del Re, ed altri, de' quali ci
tornerà occasione di favellare nel Regno di questi Principi più
distesamente.
Ma siccome ne' tempi degli Angioini il Siniscalco per li tanti
Ufficiali a se sottoposti fu nel maggiore incremento e sublimità, e
furono le sue prerogative ritenute ancora ne' tempi degli Aragonesi,
per cagione che questi Re mantennero la loro residenza in Napoli così
da poi passando questo Regno sotto la dominazione degli Austriaci,
e perdendo questa città il pregio d'esser sede regia, si scemarono
in gran parte le prerogative del Gran Siniscalco, e mancarono molti
de' soprannomati Ufficiali della Casa del Re, e finalmente per
quest'istessa cagione in progresso di tempo restò presso noi a sol
titolo d'onore, senza funzione e senz'esercizio.
Per questa suppressione s'innalzarono molti di quegli Ufficj dipendenti
da lui, e ad esser riputati (se bene non delli sette della Corona)
almeno de' maggiori del Regno, e ad altri non subordinati, come il
Maestro delle razze regie, che chiamarono il Cavallerizzo del Re. Il
Gran Montiere Maggiore, ovvero il Maestro della caccia del Re, che
sopra i Cacciatori regj, e sopra tutte le foreste del Re e caccie ha
la soprantendenza; ed altri de' quali ci tornerà occasione di parlare
a più opportuno luogo. Nel che non dobbiamo tralasciar d'avvertire,
che siccome di quasi tutti gli Ufficiali sinora annoverati possiamo
far qualche paragone ed aver qualche riscontro tra gli Ufficiali nella
Notizia dell'Imperio: de' Gran Montieri però non bisogna cercarne
de' simiglianti, poichè gl'Imperadori romani non erano inclinati alla
caccia, come furono i nostri Re, che reputando quest'esercizio proprio
della professione delle armi, alle quali erano inclinati, e che sovente
perciò non per ministri, ma per essi guerreggiavano: stimarono per la
caccia così rendersi esperti de' siti e positure de' monti, valli,
poggi, piani, e fiumi, che regolarmente hanno l'istesse positure, e
siti in tutta la terra.
Così oggi presso di noi l'Ufficio del Gran Siniscalco per la lunga
assenza de' nostri Re dal Reame, tenendo altrove collocata la regia
loro sede, è quasi estinto, ed è sol rimaso a titolo d'onore: ritiene
bensì nelle congiunture di qualche Parlamento o pubblica celebrità le
sue prerogative e preminenze: veste di porpora, e siede nell'ultimo
luogo a' piedi del Re, e tra sette Ufficj della Corona è annoverato.
Ecco come Ruggiero stabilisse il suo Regno; ecco quali fossero le
leggi e la politia che v'introdusse, gli Ufficiali per i quali veniva
amministrato, e come dopo tanti travagli lo riducesse in una ben ferma
e tranquilla pace. Ma non contento il magnanimo suo cuore d'avere
stabilita in cotal guisa la Monarchia, fu da poi tutto inteso agli
acquisti di nuovi Reami e province, ancorchè poste nelle parti più
remote e lontane dell'Affrica.


CAPITOLO VII.
_Spedizione di RUGGIERO in Affrica; sue virtù, e sua morte._

Intanto il Pontefice Innocenzio dopo aver governata quattordici anni
la Chiesa romana, il dì 24 di settembre dell'anno 1143 morì in Roma
molto afflitto per li travagli, che gli diedero gli Arnaldisti ed i
Romani, i quali erano entrati nell'impegno di voler riporre la lor
patria nell'antica sua libertà, e di ristorare in Roma l'antico Ordine
senatorio ed equestre per abbassare l'Ordine ecclesiastico, e per tal
cagione facevan continui tumulti contro il Pontefice.
Fu in suo luogo eletto Guido Castello Cardinale del titolo di S.
Marco ed acclamato Papa sotto il nome di Celestino II, il quale,
appena erano scorsi sei mesi del suo Ponteficato, che insospettito
della grandezza di Ruggiero, tentò di rompere la pace fatta dal suo
predecessore con questo Principe; ma sopraggiunto poco da poi, il dì 8
di marzo dell'anno seguente 1144 dalla morte, non potè farlo. Crearono
i Cardinali per suo successore Gerardo Caccianemico da Bologna Cardinal
di Santa Croce, che si nomò Lucio II.
Questo Pontefice, seguitando le pedate di Celestino ebbe animo non
ben pacato con Ruggiero, e proccurando questo Principe d'averlo
amico, s'abboccarono insieme nel monastero Cassinense; ma non potendo
riuscir l'accordo per le difficoltà, che frapposero i Cardinali,
il Re entrò ostilmente nello Stato della Chiesa, prese Terracina, e
molti altri luoghi della Campagna di Roma[661]: non ci bisognò altro
perchè i Cardinali tosto cedessero alle difficoltà frapposte: venne
il Papa subito a concordia, il quale avendo conceduto a Ruggiero molte
prerogative, gli fu restituita Terracina con gli altri luoghi perduti.
Allora fu che questo Pontefice per maggiormente stabilir la Monarchia
di Sicilia, oltre di quello, che a Ruggiero era stato accordato da
Urbano II gli concedette l'Anello, i Sandali, lo Scettro, la Mitra e
la Dalmatica e che non potesse inviar ne' suoi Reami per Legato se
non colui, che egli volesse[662] (quantunque il Sigonio[663] dica,
che questi ornamenti furono conceduti a Ruggiero nell'anno seguente
1145 da Onorio III non da Papa Lucio II) onde è che in Sicilia i Re
vantano d'esser Signori non men del temporale, che dello spirituale; ed
in fatti nelle monete, che fece battere Guglielmo I, dall'un de' lati
si vede il Re coronato con corona di quattro raggi, avere la Verga in
mano, la Stola o Dalmatica avanti il petto incrocicchiata, ed assiso
nel regio Trono mostrare i Sandali[664].
(Dalle accuse però, che i Romani portarono all'Imperadore _Corrado
contro Ruggiero_, rapportate da _Goldasto_[665], si vede, che la
concessione della Verga, Sandali ed Anello s'attribuisce a Papa
_Innocenzio II_ nell'anno 1140 non già a _Lucio II_, e molto meno ad
_Onorio III_ secondo il parer del _Sigonio_).
Gli Arnaldisti, che continuavano a travagliar Roma sotto il famoso
Arnaldo da Brescia lor Capo, che era stato condannato da Innocenzio
II nel Concilio di Laterano, accusarono Lucio a Corrado Re de' Romani,
significandogli, che il Papa per mezzo di molta moneta, avea conceduto
a Ruggiero queste prerogative, e che s'era perciò con lui, ch'era suo
inimico, collegato a suo danno[666].
Fece da poi Ruggiero ritorno in Palermo, ed in questo medesimo tempo
gli morì Anfuso Principe di Capua suo figliuolo, il cui Principato
egli concedette a Guglielmo, che fece anche Duca di Napoli; e che
gli fu poi successore ne' suoi Reami. Agostino Inveges[667] e Camillo
Pellegrino[668] rapportano, che fra questi due anni 1142 e 43 gli fosse
morto anche Tancredi suo secondogenito Principe di Bari e di Taranto,
che fu il primo de' figliuoli che morì, e poi Anfuso terzogenito in
quest'anno 1144. Ruggiero in questo medesimo anno tornò in Capua, ove
celebrò la primiera generale Assemblea; poichè quella, che avea guari
innanzi celebrata in Ariano, fu solo di Prelati e Baroni di Puglia:
intervenne nella medesima fra gli altri suoi figliuoli il nominato
Guglielmo con gli Arcivescovi, Vescovi ed Abati, ed altri molti Conti
e Baroni; nella quale diede molti provvedimenti per lo buon governo
del Regno, e compose altresì varie liti, e particolarmente una, ch'era
nata fra Giovanni Vescovo di Aversa, e Gualtieri Abate di S. Lorenzo
della medesima città sopra la pescagione del lago di Patria[669]; ed il
diploma è rapportato dal Chioccarelli[670].
Morì poco da poi nell'anno 1145 in Roma Papa Lucio II, e Bernardo Abate
di S. Anastagio, discepolo di S. Bernardo, fu eletto in suo luogo da'
Cardinali, sotto nome di Eugenio III, il quale con tutto che i Romani
e gli Arnaldisti non cessassero di inquietarlo, avendo avviso che in
Soria le cose de' Cristiani andavano di male in peggio, si rivolse a
soccorrere quei santi luoghi, e per mezzo delle sue lettere e delle
persuasioni di S. Bernardo mosse l'Imperador Corrado e Lodovico
Re di Francia a gire con grande e poderosa armata in Terra Santa.
Ruggiero non volle entrare a parte in questa lega, perchè si faceva
per conservare il Regno di Gerusalemme a Balduino III quando egli,
come fu detto, era stato sempre istigato da Adelaida sua madre alla
conquista del medesimo; onde avendo posti i suoi Regni in tranquilla
e sicura pace, per esser egli d'animo grande ed avido di regnare,
pensò stendere le sue conquiste in altre più remote parti. Si accinse
per tanto all'impresa dell'Affrica, ed avendo ragunata in Sicilia una
grande armata se ne passò con essa nel Reame di Tunisi, ed assaltato
quel Re, gli tolse la città di Tripoli, Affrica, Stace e Cassia, e 'l
travagliò di modo anche negli altri luoghi del Regno, che il costrinse,
pacificandosi con lui a pagargli ogni anno il tributo[671], che per
trenta anni continui così a lui, come al suo figliuolo Guglielmo
fu pagato; onde avvenne come rapporta Inveges[672], che la Chiesa
tripolitana d'Affrica si rendesse suffraganea a quella di Palermo.
Ruggiero tutto glorioso per aversi reso tributario il Re di Tripoli,
per sua impresa militare si servì di quel verso, che lo fece anche
scolpire nella sua spada:
_Appulus, et Calaber, Siculus mihi servit, et Afer._
Portò ancora le sue vittoriose armi in Grecia; poichè essendo a questi
tempi morto l'Imperador Calojanne, e succeduto nell'Imperio Emanuele
suo figliuolo, questi inviò suoi Ambasciadori al Re, richiedendolo
d'imparentarsi seco, e Ruggiero per porre in effetto tal domanda,
inviò in Costantinopoli altresì suoi messaggieri; ma il perfido Greco
cangiatosi di pensiero, dopo avergli un pezzo tenuti a bada, fece
anche porgli in prigione; di che fortemente sdegnatosi Ruggiero, posto
insieme grosso stuolo di vascelli in Otranto, gl'inviò con molti
suoi baroni in Grecia, sotto il comando di Giorgio d'Antiochia suo
Grand'Ammiraglio, il quale presa la città di Mutine, assaltò l'isola di
Corfù; e passato quindi colla sua armata alla Morea, e da poi scorrendo
nel seno Saronico appresso Cenerea Porto di Corinto, pose a ferro e
fuoco tutti que' campi; indi diede il guasto in tutta l'Acaia e ruinò
Tebe, nè lasciò luogo alcuno ne' contorni di Negroponte, nè di Boezia
che non danneggiasse; donde, oltre alle ricche prede, trasse parimenti
i Maestri, che sapeano comporre drappi di seta e seco poscia in
Sicilia, ed in queste nostre province gli condusse, non essendo prima
di que' tempi pervenuta notizia di tal arte in Italia; e se non fosse
stato impedito da' Veneziani, i quali richiesti dall'Imperador Emanuele
erano venuti con sessanta galee in suo soccorso e l'obbligarono a
tornarsene in Sicilia, avrebbe portato le sue vittoriose insegne insin
sotto le mura di Costantinopoli.
Ma tutti questi trionfi furono conturbati dalla morte d'Errico suo
quintogenito, rimanendogli ora, di tanti figliuoli, sol due, Ruggiero
Duca di Puglia e Guglielmo Duca di Napoli e Principe di Capua. Camillo
Pellegrino dice, Errico esser morto in età molto infantile, ma con
manifesto errore, poichè se fu figliuolo della Regina Albiria, e
questa morì nell'anno 1134, per certo Errico a questo tempo era almeno
giovanetto di 14 anni. E s'accrebbero i travagli, quando scoverse, che
l'Imperador Corrado in quest'anno 1149 s'era a suoi danni confederato
coll'Imperador Emanuele, e quando poco da poi nel medesimo anno
gli morì Ruggiero Duca di Puglia; vedendosi tra pochi anni privo
di quattro figliuoli, rimanendogli solo Guglielmo, al quale per la
morte di Ruggiero diede il Ducato di Puglia[673]. Pensò il vedovo Re
casarsi perciò di nuovo, e prese per moglie Sibilia sorella del Duca
di Borgogna; ma questa Principessa nell'anno seguente 1150 trapassò
anch'ella in Salerno, e fu sepolta nella chiesa della Trinità della
Cava, dove ancor ora s'addita il suo tumulo[674].

§. I. _Coronazione di GUGLIELMO I, e morte di Papa EUGENIO e
dell'Imperador CORRADO, a cui succedette FEDERICO BARBAROSSA._
Ruggiero vedutosi così solo assunse per suo collega Guglielmo, e lo
fece coronare ed ungere Re di Sicilia in Palermo in quest'istesso anno
1150 la qual cerimonia si fece da Ugone Arcivescovo di Palermo, onde
Inveges[675] rapporta, che se bene la famiglia Caravella pretenda esser
di suo diritto il coronare i Re di Sicilia, i Palermitani però glie
lo contrastano, dicendo questa ragione non esser d'altri, che del loro
Arcivescovo. Che che ne sia, dal 1150 nelle scritture si noverano gli
anni del Regno di Guglielmo, nel quale il padre l'associò. E Ruggiero,
morta Sibilia così di repente, senza che vi avesse potuto generar
figliuoli, tornò a maritarsi, e prese per moglie Beatrice sorella del
Conte di Retesta, la quale dopo la sua morte rimanendo gravida gli
partorì Costanza che tolse per marito, essendo d'anni 30 e non mai
stata monaca, come con errore hanno scritto multi Autori, Errico di
Svevia, che per sua cagione divenne poscia Re di Sicilia, come al suo
luogo più diffusamente diremo; quindi si vede quanto fosse favoloso
ciò che si narra di Ruggiero e delle richieste da lui fatte all'Abate
Gioachimo intorno a' vaticinj, che si contano fatti dal medesimo sopra
Costanza; ond'è, che altri, come il Villani, non a Ruggiero, ma a
Guglielmo riferiscono quegli avvenimenti.
Morì nel seguente anno 1151 l'Imperador Corrado in Alemagna nella città
di Bamberga, non senza sospetto che fosse stato avvelenato per opra
di Ruggiero, per l'inimicizia che sempre tennero fra di loro, siccome
tutti gl'Imperadori ebbero co' Re di Sicilia, per conciliar i quali non
bastarono le interposizioni di Pietro Abate di Clugnì, uomo in questi
tempi per la sua bontà e dottrina assai celebre e rinomato. Fu eletto
successore il suo nipote Federico Duca di Svevia detto Barbarossa prode
e savio Principe, i cui fatti ci somministreranno ben ampio soggetto
nel seguente libro.
Fu seguitata nell'anno seguente 1152 la morte di Corrado da quella
d'Eugenio, il quale dopo aver racchetate le cose di Roma, essendo
stato in questa città lietamente accolto, anch'egli poco da poi se ne
morì, ed in suo luogo fu nel 1153 creato Pontefice il Cardinal Corrado
romano, e fu nomato Anastasio IV.
Ruggiero intanto, dopo aver per opra de' suoi Capitani conquistata
in Affrica la città d'Ippona celebre al Mondo per avervi in quella
Cattedra seduto il grande Agostino, messi da parte i pensieri della
guerra, fermatosi in Palermo, lasciò in questi altri due anni di vita
che gli rimasero, monumenti perenni, non meno della sua magnificenza,
che della sua pietà; poichè oltre aver edificato un magnifico Palagio
in Palermo, ed aver ivi eretta una nobil Cappella regia sotto il titolo
di S. Pietro; ed in Messina un'altra chiesa dedicata a S. Niccolò:
fondò in Bari un magnifico tempio a Niccolò Vescovo di Mira.
Eransi, come si disse, sin dall'anno 1078 trasferite in Bari l'ossa
di questo Santo; ed ora si resero di stupore al Mondo, per lo liquore
che si vide grondar da loro: crebbe la fama del portento, ed in questi
tempi si rese perciò questo santuario, e Bari cotanto celebre in
Oriente, che portava venerazione agl'istessi Imperadori Greci, come
si vide dell'Imperador Emanuele, il quale nelle sue Novelle fece ancor
memoria di sì insigne miracolo. Ruggiero, tratto da divozione, sovente
portavasi in Bari, ond'è, che graziosamente confermasse a' Baresi le
loro consuetudini; ed eresse quivi al Santo questo magnifico tempio,
con dichiararlo sua cappella reale[676], nè volle, che fosse sottoposto
all'Arcivescovo della città, ma assolutamente al Pontefice romano,
creandovi il Priore, e molti Canonici: l'arricchì di molte rendite di
castelli, ed altri poderi: la qual cosa si scorge da una scrittura in
marmo, che colà si vede benchè il Beatillo, che ha scritta l'Istoria
della città di Bari, e la vita di detto Santo, non faccia menzione
alcuna di tal fatto, dando a detta chiesa e priorato più antico e
diverso principio. Altri vogliono, che Carlo d'Angiò, non Ruggiero
istituisse quel priorato, e dichiarasse cappella regia quel Tempio; di
che altrove ci tornerà occasione di ragionare.
Donò ancora Ruggiero molti nobili arredi d'oro e d'argento alla
cappella di S. Matteo in Salerno, ed il dominio di molte terre; ed
altri ricchi doni al Monastero della Trinità della Cava; ed ancorchè
non gli piacesse usar la forza co' Saraceni e Giudei ch'erano
in Sicilia per la loro conversione, usava però gran diligenza ed
industria, che ne' suoi Reami si convertissero alla fede di Cristo.
Ma ecco, che questo Principe, dopo essersi reso cotanto chiaro ed
illustre al Mondo per li suoi fatti egregi, ammalatosi nel principio
di quest'anno 1154 nel mese di febbrajo lasciò in Palermo la terrena
spoglia in età di 58 anni di sua vita[677]: breve età alle magnifiche
cose da lui adoperate; la cui morte fu poco da poi nel mese di dicembre
del medesimo anno seguitata da quella del Pontefice Anastasio, nel cui
luogo fu eletto Adriano IV.
Principe veramente grande e glorioso, che le sue magnanime imprese lo
innalzarono ad essere uno dei più potenti e grandi Re della terra, che
pose terrore non meno agl'Imperadori d'Occidente che d'Oriente, e che
seppe in mezzo a questi due potenti Imperj far sorgere il suo Regno,
a' medesimi di spavento: egli provido di Consiglio e valoroso nelle
armi, usò non men somma costanza nell'avversa fortuna, che moderazione
nella prospera. Amicissimo non meno d'uomini valorosi nell'arme
che nelle lettere, che sin da' remoti e lontani paesi fattigli a se
venire, gl'innalzò a' primi onori del Regno. Egli saggio facitore di
nuove leggi governò con somma giustizia i suoi Stati. Careggiò, ed amò
sommamente i Francesi, traendo di Francia i suoi maggiori il legnaggio.
Della sua pietà lasciò ben chiari monumenti, e se bene altri l'incolpa
d'aver usata troppa crudeltà con suoi nemici e rubelli: ciò però non
era in lui da biasimare; poichè usò tutte quelle arti, ch'eran proprie
e necessarie ad un Principe, che intendeva stabilire un nuovo Regno.
So che S. Bernardo, e l'Imperadore Emanuele parlarono di lui come d'un
Tiranno e d'un usurpatore: ma il primo seguendo il partito d'Innocenzio
e di Lotario, fecesi lecito di quelle cose, che gli dettavano allora
la sua fazione: come si vide chiaro, che pacificato Ruggiero con
Innocenzio, finirono l'usurpazioni e le tirannidi, delle quali prima
dalla fazione d'Innocenzio e di Lotario era incolpato; ond'è che si
leggano dell'istesso Bernardo molte lettere scritte da poi a Ruggiero
piene di molte lodi, che dà a questo Principe. Ed il nostro moderno
Istorico napoletano, non prima di questa pace, dice che Ruggiero da
pessimo si fece buono; poichè presso gli Scrittori di questa tempra, il
Principe pessimo è colui, che per difendere le supreme sue regalie, si
oppone a' Pontefici romani, siccome il buono è quello, che s'umilia e
che cedendo, proccura con loro aver pace. Dall'Imperador Emanuele non
poteva aspettarsene il contrario per esser suo capital inimico, siccome
furono tutti i Principi normanni agli Imperadori d'Oriente per le
continue guerre che arsero infra di loro; quindi fu, che la Principessa
Anna Comnena trattò come un ladrone il famoso Roberto Guiscardo per la
crudel guerra, che mosse ad Alessio Comneno suo padre.
So ancora che altri riprendono questo Principe per aver seguito le
parti d'Anacleto falso Pontefice e rifiutato Innocenzio; ma dovrebbero
avvertire, che imputando ciò a Ruggiero, vengono anche ad incolpare
quasi tutto il Mondo cattolico, che credette allora Anacleto, non
Innocenzio esser il vero Papa. Furono creati amendue nell'istesso
giorno, e se bene Innocenzio fosse stato il primo eletto, nulladimanco
Anacleto ebbe maggior numero di voti; nè poterono giovare ad Innocenzio
i suffragi de' Cardinali, i quali dopo aver eletto Anacleto passarono
al suo partito. Il Popolo romano, ed i principali di quella città, se
bene prima aderissero ad Innocenzio, nulladimanco per più manifesti
divolgarono da poi al Mondo, che essi avendo conosciuta poi la verità,
aveano Anacleto per vero Pontefice. I Monaci Cassinensi col loro Abate
per tale anche lo tennero: molti Vescovi e Cardinali ed i maggiori
Prelati della chiesa, favorivano le parti d'Anacleto. Così anche
fecero molti altri Principi e Regni; e la Francia prima del Concilio
ragunato a Stampis, città posta tra Parigi ed Orleans, che determinò
a favor d'Innocenzio, n'era in gran dubbio. Errico Re d'Inghilterra,
avea gran timore se riconosceva Innocenzio per Pontefice, ed insino
che S. Bernardo non lo assicurasse in sua coscienza, non volle
riceverlo per tale[678]. E se la Germania seguì le parti sue, fu mossa
più dall'impegno di Lotario, che dal non averne dubbio. La verità
non poteva allora porsi in chiara luce fra le tante e sì contrarie
fazioni che l'avean tutta involta: fu il Mondo allora spettatore d'una
lagrimevol tragedia: Innocenzio da un canto scomunicava Anacleto co'
suoi aderenti: dall'altro Anacleto scomunicava Innocenzio co' suoi
seguaci: contendevan insieme Bernardo e Pietro Pisano, e questi era
non men del primo riputato savio e dotto. Molte dispute insorsero
tra i più gravi Teologi di que' tempi, tanto che per l'impegno di
ciascheduna delle parti, rimase la cosa almen dubbia presso le genti.
Nel qual dubbio, come ben disse S. Antonio[679] parlando dello scisma
accaduto tra Urbano VI e Clemente VII ancorchè sia necessario di
credere, che siccome è una la chiesa cattolica e non più, così ancora
uno debbe essere il suo capo e non più; con tutto ciò se accade per
qualche scisma crearsi in un medesimo tempo più Papi, non è necessario
per la salute di credere assolutamente questo o quello, ma solamente
uno d'essi, che fosse legittimamente eletto: e l'indagare chi delli
due fosse legittimamente eletto, non siam obbligati di farlo, nè di
saperlo: ed i Popoli in ciò devono seguire i suoi maggiori, e ciò
che fanno i Prelati delle loro regioni; onde questo stesso Scrittore
non imputa a peccato a S. Vincenzo Ferreri del suo medesimo ordine,
il quale quasi tutto il corso di sua vita consumò in Avignone sotto
l'ubbidienza di Benedetto XIII che quivi avea trasferita la sua Corte,
ancorchè gl'Italiani e con essi molte altre Nazioni, lo reputassero
Apostata e Scismatico, avendo Urbano per vero Pontefice; poichè fu per
errore ed ignoranza di fatto, che gli fece credere, che Benedetto fosse
tale; ed un semplice errore non fa niuno nè eretico, nè scismatico:
tanto più in cosa cotanto intrigata e dubbia, e sovente molte cose ci
possiam far lecite quando sia dubbio, che non dovremmo, quando la cosa
fosse esposta in chiara luce. Se alcuna ombra di colpa rendè men chiari
i pregi di questo Principe, solo fu, perchè anche da poi che quasi
tutto il Mondo riconobbe Innocenzio per vero Pontefice, ed anche da
poi morto Anacleto, volle pertinacemente mantener l'impegno, con far
in suo luogo crear altri; ma ben è chiaro che non lo fece per altro
che per fini di Stato, non di religione: voleva tenere per cotal via
depresso Innocenzio suo inimico implacabile, con mantener ancor viva
la fazion contraria, affinchè Innocenzio si riducesse ad aver con lui
pace. Ma ciò non bastò all'ostinato Pontefice, il quale volle egli
porsi alla testa d'eserciti armati per fargli guerra e ruinarlo. Ma
tutto al rovescio andò la bisogna, fu egli preso in battaglia e fatto
suo prigioniero. Questo fatto maggiormente fece rilucere la pietà di
Ruggiero, che con tutto che avesse potuto usar sopra di lui le leggi
della vittoria, lo riverì e lo riconobbe allora come Vicario di Cristo,
con lui volle aver pace, e fu da poi il maggior difensore, ch'avesse
la Chiesa romana contro gli sforzi degl'Imperadori non meno d'Oriente
che d'Occidente, siccome lo era stato il famoso Roberto Guiscardo, e lo
furono i due Guglielmi suoi successori.
Non lasciò altri figliuoli questo Principe dalle tante mogli ch'ebbe,
toltane Costanza sua postuma, che Guglielmo suo successore nel
Regno, e prevedendo che, siccome lo lasciava erede ne' Regni, non
poteva sperarne che da lui ereditasse le sue virtù, vedendosi con
suo cordoglio mancare tutti gli altri suoi figliuoli, e che la morte
togliendo i migliori, lasciava stare i rei, l'associò ancor vivente
al Regno e volle averlo per collega, affinchè regnando insieme,
apprendesse da lui l'arte di ben reggere i Popoli a se da Dio commessi.
Lasciò bensì dalle quattro concubine, che ebbe in varj tempi alcuni
figliuoli. Erra il Fazzello, che scrisse, che Tancredi Principe di
Bari, o di Taranto fosse figliuolo d'una concubina di Ruggiero[680];
poichè questi come si disse fu suo figliuolo legittimo, natogli da
Albiria sua prima moglie. Nè l'altro Tancredi, che fu il quarto Re
di Sicilia, fu figliuol di questo Ruggiero Re, fu bensì suo nipote
nato da Ruggiero suo primogenito Duca di Puglia; onde quali figliuoli
da questa prima concubina Ruggier lasciasse, non se ne ha niente
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