Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3 - 28

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jus dicebat, nisi causae gravitas exigeret Regis praesentiam_. E non
già a tempo d'Alfonso I d'Aragona, ma molto tempo prima si vede essersi
distaccata questa preminenza dall'Ufficio di Gran Cancelliere; e fu
quando, avendo Carlo I d'Angiò collocata la sua Sede regia in Napoli,
fu destinato uno de' suoi Cappellani per Giudice, il quale esercitasse
giurisdizione independentemente dal Gran Cancelliere, sopra tutti gli
altri Cappellani e Cherici della Cappella regia onde prese il nome di
_Protocappellano regio_, ovvero di _Maestro della Cappella regia_,
e finalmente di _Cappellano maggiore_; del cui ufficio, siccome dei
simiglianti introdotti da Carlo I d'Angiò nella sua Casa regale di
Napoli, dovremo nel Regno suo favellare.
Così in decorso di tempo, passate le grandi e molte prerogative di
quest'Ufficiale nella Cancelleria del Re; passata ancora quest'altra
nel Cappellan maggiore con totale independenza; oggi non rimane altro
al Gran Cancelliero, che il conferir i gradi del Dottorato, in legge,
teologia, filosofia e medicina, e la soprantendenza nel Collegio
de' Dottori[619]. Ritiene bensì l'onere della porpora, di sedere
ne' Parlamenti, e nelle altre funzioni pubbliche ove interviene il
Re; ma nel sesto luogo, ed a man sinistra allato del Re dopo il Gran
Protonotario, e tra i sette Ufficiali del Regno vien anche annoverato.

§. IV. _Del Gran Giustiziero._
L'Ufficio del Gran Giustiziero se bene presso i Franzesi fosse
subordinato al Gran Cancelliere, ch'era il Magistrato de' Magistrati
e Capo di tutti gli Ufficiali di giustizia, e sotto il Regno di
Ruggiero la sua autorità non fosse cotanto ampia; nulladimeno avendo
Guglielmo suo successore istituito il Tribunal della Gran Corte, e da
poi Federico II, avendo stabilito per più Costituzioni che il Maestro
Giustiziero, che a quel Tribunale soprastava, fosse il Capo e supremo
sopra tutti gli altri Giustizieri delle province, si fece che questo
Ufficio non solo fosse riputato un de' maggiori e più grandi del Regno,
ma che occupasse il secondo luogo dopo il Gran Contestabile: per questa
cagione egli siede il primo alla sinistra del Re, veste di porpora, ed
ha per sua particolar insegna lo stendardo; di che presso noi è ancor
rimaso vestigio, poichè in congiuntura di doversi eseguire la condanna
di alcuno sentenziato a morte, si caccia questo stendardo fuori di un
balcone, in segno dell'autorità del Gran Giustiziero. E quanto più da
Federico II, fu innalzato il Tribunal della Gran Corte costituendolo
supremo e superiore nel Regno sopra tutti gli altri, ove dovessero
trattarsi non solamente le cause civili e criminali, ma anche le cause
feudali, delle Baronie, de' Contadi, de' Feudi quaternati, e di più
tutte le cause d'appellazioni; ed oltre a ciò non solo volle che si
riportassero per via d'appellazione quelle, che si erano agitate ne'
Tribunali degli altri Giustizieri delle province, ma anche le cause
delegate dal Re; avendo sottoposti alla sua giurisdizione tutti i Duchi
del Regno, i Principi e tutti gli altri Baroni; ed in oltre che potesse
conoscere anche de' delitti di Maestà lesa: tanto il Giustiziero, che
avea la soprantendenza di questo Gran Tribunale, crebbe sopra tutti
gli altri Ufficiali della Corona, e _Gran Giustiziero_ meritamente
appellossi; e Federico in una sua Costituzione[620] lo chiamò perciò
_luminare majus_, per lo splendore del quale si oscurano gli altri
minori, onde è che visitando egli le province, cessano gli altri
Giustizieri.
Nel che dovrà notarsi, che sin da questo tempo de' Re normanni si
cominciò quella divisione delle province, che oggi in gran parte ancor
riteniamo, le quali in questi tempi non aveano nome di province, ma di
Giustizierati preso da' Giustizieri, da' quali venivano governate[621];
non altrimenti che ne' tempi dei Longobardi, si dissero Castaldati da'
Castaldi, che ne aveano il governo. Infatti abbiamo, ne' tempi del
Re Guglielmo II, Tancredi Conte di Lecce Giustiziero della Puglia e
di Terra di Lavoro; il Conte Pietro Celano e Riccardo Fondano, essere
stati Giustizieri delle stesse province[622]. Così sovente ne' tempi
posteriori leggiamo ne' registri rapportati dal Tutino[623], che
mandandosi questi Giustizieri nelle province, si nominavano perciò
non _Magistri_ Giustizieri, o _Magni_ Giustizieri, a differenza del
Giustiziero del Regno, ma di quelle sole province delle quali aveano
avuto il governo. Così Giovanni Scotto si disse Giustiziere d'Apruzzo,
e Guglielmo Sanfelice Giustiziere di Terra di Lavoro, donde le province
presero queste denominazioni, e surse lo _Justiziariato_ di Calabria,
lo _Justiziariato_ di Puglia, di Terra di Lavoro ed altri, che oggi
province si chiamano; anzi in quest'istessi tempi de' Normanni e de'
Svevi ancora, sovente una provincia era governata da due Giustizieri,
siccome nei tempi di Guglielmo II nella provincia di Salerno vi erano
due Giustizieri, Luca Guarna e Filippo da Cammarota. E nell'anno 1197
abbiamo[624], che Roberto di Venosa e Giovanni di Frassineto furono
ambedue Giustizieri della terra di Bari. E nel 1225 Pietro d'Eboli e
Niccolò Cicala furono Giustizieri di Terra di Lavoro[625]. Il che da
poi da Federico II fu in miglior forma mutato e stabilito, che per
ciascuna provincia, fosse uno Giustiziero, il quale dovesse avere un
sol Giudice ed un Notaio d'atti, che oggi diciamo Mastrodatti, siccome
stabilì nella Costituzione _Occupatis_ al libro primo. Ciò che fu da
poi ritenuto dagli Angioini, li quali in ciascuna provincia mandavano
un solo Giustiziero, che oggi da noi Preside s'appella.
Chi fosse stato nel Regno di Ruggiero Maestro Giustiziero, non abbiamo,
che un sol riscontro nell'Archivio della Trinità di Venosa, in un
istromento rapportato dal Tutini, ove si legge che nell'anno 1140 fu
Giustiziero dei Re Errico Ollia. _Ego Henricus Ollia Dei gratia Regalis
Justitiarius_; ma ne' tempi de' due Guglielmi suoi successori, così
presso Romualdo Arcivescovo di Salerno, come nella Cronaca di Notar
Riccardo da S. Germano, se ne incontrano molti; come Roberto Conte di
Caserta, Ruggiero Conte di Andria e Luca Guarna, come diremo ne' Regni
di questi Principi; onde fassi chiaro l'error di coloro, che reputarono
questo Ufficio averlo introdotto nel Regno Federico II. Fu sì bene
da questo Imperadore in più sublimità e in miglior forma stabilito
per mezzo delle sue molte Costituzioni attinenti a quest'Ufficio, non
già che egli fosse stato il primo ad introdurlo, come dalle medesime
sue Costituzioni ciascuno potrà conoscer chiaramente. Altre leggi
furono da poi promulgate a' tempi degli Angioini intorno all'Ufficio
del Gran Giustiziero e molti Capitoli abbiamo sopra ciò di Carlo II,
che trattano della sua giurisdizione ed incumbenza; ma dovendo di
quest'Ufficiale trattare più ampiamente, quando del Tribunale della
Gran Corte della Vicaria farem parola, riserbiam perciò in quel luogo
di discorrere così del suo incremento, come della sua declinazione;
poichè essendosi in decorso di tempo sotto i Principi aragonesi ed
austriaci eretti altri Tribunali, siccome quello della Gran Corte
perdè sua antica autorità e dignità, così ancora il Gran Giustiziero
restò in gran parte spogliato del suo splendore e delle sue preminenze;
tanto che oggi è rimaso solo a titolo d'onore, nè ritiene altro se non
la precedenza sopra gli altri Ufficiali dopo il Gran Contestabile, di
cuoprirsi di porpora nelle funzioni e celebrità pubbliche, e di godere
quelli onori e preminenze che godono gli altri Ufficiali della Corona.

§. V. _Del Gran Camerario._
Ciò che nel Regno di Francia era chiamato il Gran Tesoriero, per la
soprantendenza, che teneva delle Finanze, presso di noi Gran Camerario
appellossi, essendo egli il Capo Ufficiale della Camera de' conti del
Re. Prima la sua incumbenza era di aver custodia della persona del
Re, dentro la sua Camera accomodare il suo letto, aver la cura e il
pensiero di provvedere il Re e i suoi figliuoli di abiti: disponere le
sentinelle per custodia della persona del Re nella sua Camera, ordinare
gli uscieri, distribuire le vesti per la famiglia del Re, e custodire
le gioie ed altri monili preziosi, l'oro, l'argento ed i panni di
lana o di seta. Ma la sua principal incumbenza era di ricevere tutto
il denaro, che si manda alla Camera del Re; soprantendere a tutti
gli altri Tesorieri del Regno, levargli ed in suo luogo sostituire
altri. Era ancora sua incumbenza di aver notizia di tutte le ragioni
appartenenti al regio Fisco, delle rendite, delle gabelle e di tutti
gli Ufficiali. Avea perciò giurisdizione sopra tutti li Tesorieri
e Commessari delle province, sopra tutti gli erari e Percettori
dell'entrate del Regno, e tenea conto del denaro del Re, che a lui
per qualunque cagione era da' Percettori inviato, i quali doveano a
lui render conto di tutte l'esazioni ed entrate. Quindi avvenne, che
siccome in Francia, essendo li Tesorieri dispersi in tutto il Regno, e
la loro carica divisa per le province, fu riputato necessario ergere
un Tribunale supremo e generale delle Finanze, dove si formasse lo
stato intiero di quelle, e se ne facesse il ripartimento a ciascuno
de' Tribunali particolari delle province, e dove finalmente tutto si
riportasse: così presso di noi surse perciò un nuovo Tribunale supremo
e generale delle Finanze, ove tutto si riportasse: Capo del quale
era il Gran Camerario, essendo egli il supremo sopra tutti gli altri
Ufficiali, che sono impiegati intorno alle cose fiscali, a' diritti
ed alle esazioni, rendite e gabelle del Re, come sono i Camerarj delle
province, i Portolani, i Secreti, i Doganieri, gli Erarj ed ogni altro,
da' quali egli riceve i conti; onde perciò fu appellato Capo ufficiale
della Camera de' conti, che ha molta simiglianza al _Comes sacrarum
largitionum_ presso i Romani; e siccome presso coloro più erano gli
_Quaestores pecuniarum_, così ancora presso noi più furono i Tesorieri
minori, i Camerarj, i Portolani, i Secreti, i Doganieri ed altri, de'
quali era incumbenza di raccogliere il denaro del Re. Questo Tribunale
in tempo di Federico II e dei Re della Casa di Angiò si reggeva per li
Maestri Razionali nella Corte della _Regia Zecca_; i quali erano detti
Maestri Razionali, perchè la maggior loro incumbenza era di invigilare,
affinchè i minori Camerarj, Tesorieri, Doganieri ed altri rendessero
ragione della loro amministrazione, e ricevevano perciò da essi i conti
dell'esazioni fatte e del denaro che mandavano alla Camera del Re.
Grandi privilegi e prerogative furono concedute dal Re Lodovico d'Angiò
e da Giovanna I, a questi Maestri Razionali[626], li quali erano anche
chiamati M. Razionali della Gran Corte, ed a' tempi de' Re angioini
da' personaggi, che sostenevano queste cariche, si vede quanto chiara
ed illustre fosse questa dignità; poichè si legge, che il famoso
Andrea d'Isernia, il celebre Niccolò Alunno d'Alife, ed altri insigni
Giureconsulti sotto il Re Carlo II, Roberto ed altri Re suoi successori
furono Maestri Razionali.
A' tempi posteriori degli Aragonesi, il Re Alfonso II, a questo
Tribunale unì l'altro da lui eretto della _Summaria_, il qual si
reggeva per quattro Presidenti legisti e due idioti, dandogli un Capo,
che vi presedesse in luogo del Gran Camerario, onde prese il nome di
suo _Luogotenente_[627]. Si vide per ciò questo Tribunale in maggior
splendore ed autorità; poichè oltre alla cura del patrimonio regale,
gli fu data anche la cognizione delle cause feudali, le quali prima
s'appartenevano alla Gran Corte. Surse quindi il nome della _Camera
Summaria_, e Presidenti della Summaria, prendendo tal denominazione
(senza che ci andiamo lusingando con etimologie più speziose di _summa
rei_, ovvero _rationis_, come vaneggia Luca di Penna[628], seguitato
a torto da Marino Freccia[629], di che a ragione ne fu ripreso dal
Reggente Moles) dalla cognizione sommaria, che doveano prendere sopra
i conti, declaratorie, o significatorie, che da' Maestri Razionali
si spedivano. Onde siccome appresso i Franzesi questo Tribunale si
appella la _Camera de' conti_, ovvero delle Finanze: così presso di
noi per l'istessa cagione fu detta _Camera_ della _Summaria_. Ciò
che maggiormente si conferma da un privilegio dell'istesso Re Alfonso
inserito nelle nostre prammatiche[630], dove il Re chiaramente dice,
essersi questo Tribunale chiamato della Summaria, _quod rationes ipsae
in Camera per Praesidentes, et Rationales ibidem ordinatos SUMMARIE
viderentur_: di che ci tornerà occasione di parlare più ampiamente,
quando dell'istituzione di questo Tribunale della Camera seguita nel
Regno d'Alfonso I, ci toccherà di favellare.
Questo supremo Ufficio di Gran Camerario, siccome è vero ciò che dice
Freccia, che fu da Carlo I d'Angiò ristabilito in miglior forma, a
somiglianza di quello di Francia: non è però che fosse stato Carlo il
primo ad introdurlo, essendo stato conosciuto dai nostri Re normanni e
svevi; e di molti Camerarj fassi nel Regno di questi Principi memoria:
molti se ne leggono nel Regno di Ruggiero istesso, ma i loro nomi
essendo stati a noi involati dall'antichità del tempo, non abbiam
potuto qui registrargli. Ben nei tempi di Guglielmo I suo successore,
infra gli altri, leggiamo Maestro Camerario del palagio reale,
Gaito Joario; dopo la morte del quale fu creato Maestro Camerario
Gaito Pietro Eunuco, ambedue Saraceni[631]. Era presso questi il
nome di _Gaito_, nome di Ufficio, che non voleva denotar altro, che
Capitano[632]. E nel Regno di Guglielmo II, pur leggiamo, che Gaito
Riccardo fu Maestro Camerario del regal palagio[633]; e che Gaito
Martino avea cura della regal Dogana. E sotto il medesimo Re pur
abbiamo menzione de' Camerari di Calabria, che risedevano in Reggio,
fra i quali fu Giovanni Colomeno, di cui ci tornerà occasione di
parlare nel Regno di questo Principe[634]. Così ancora ne' tempi de'
loro successori Svevi, e nelle Costituzioni di Federico[635] si leggono
molte leggi attinenti a quest'Ufficio, così del Maestro Camerario,
come degli altri Camerarj inferiori delle province, Doganieri, Maestri
Secreti ed altri, de' quali il Toppi tessè lungo catalogo.
Carlo d'Angiò lo ridusse in miglior forma a modo del Regno di Francia,
stabilendo un solo Gran Camerario, al quale tutti gli altri Camerarj
delle province ubbidissero, ed a cui tutto si riportasse, costituendolo
Ufficial supremo di tutte le Finanze. E ci diede molte leggi scritte
e stabilimenti intorno alla sua incumbenza, formando un particolar
regolamento di questo Ufficio, nel quale non potè nè meno dimenticarsi
de' vocaboli franzesi; poichè stabilì, che fosse dell'autorità del Gran
Camerario di deputare, sustituire e correggere i _Graffieri_, de' quali
l'incumbenza era scrivere e notare, siccome degli _Antigraffieri_ di
controscrivere e notare, che noi ora nel Regno chiamiamo _Credenzieri_,
affinchè non si commettesse frode nell'esazioni. Stabilì ancora i
Maestri degli _Arresti_, onde è che ancora presso noi fosse rimase
questo vocabolo franzese, e diciamo perciò gli _Arresti_ della
Camera, siccome essi chiamano le determinazioni e sentenze de' loro
Parlamenti[636].
Ne' tempi posteriori, e men a noi lontani, cominciò il Gran Camerario
a perdere queste tante sue prerogative, ma non già il Tribunale della
Camera; perchè reggendosi questo dal suo Luogotenente, co' Presidenti
e Razionali della medesima, come che il crearlo non s'appartiene più
a lui, ancorchè si chiami suo Luogotenente, ma al Re; quindi è nato
che se bene questo Tribunale si fosse innalzato al pari degli altri
Tribunali supremi del Regno il Gran Camerario però è oggi rimaso per
solo titolo di onore, nè più s'impaccia degli affari del medesimo, ne è
della sua incumbenza d'intrigarsi nell'entrate della Camera del Re, ma
tutto si fa dal Luogotenente e suoi Ministri, i quali al Vicerè, che è
in luogo del Principe, son obbligati dar conto della loro incumbenza,
avendo un particolar Tesoriero da chi viene conservato il denaro del
Re. Ritiene però le sue preminenze, così nel sedere alla parte sinistra
del Re dopo il Giustiziero[637], occupando il quarto luogo, come nelle
congiunture solenni di nozze, o altre funzioni pubbliche, di vestirsi
di porpora, e tra i sette Ufficj della Corona è ancora annoverato, ed
insino agli ultimi tempi se gli pagava il soldo.

§. VI. _Del Gran Protonotario._
Pietro Vincenti, che distese un libretto de' Protonotarj del Regno,
piuttosto tessè un catalogo di coloro, che esercitarono questa
carica nel Regno, che ci descrisse il loro Ufficio ed impiego. Il
Protonotario, ovvero Logoteta non vi è dubbio che presso di noi prese
il suo principio da' Greci, siccome denota la voce istessa; ma ciò
non fa che quest'Ufficio non fosse conosciuto da' Romani sotto altro
nome. Nell'Imperio, essendo egli il Capo de' Notai era perciò chiamato
_Primicerius Notariorum_, ed era decorato della dignità Proconsolare,
e dopo due anni d'esercizio diveniva _illustre_. Avea nell'antico
Imperio sotto di se tre sorte o gradi di Notai, che sono apertamente
distinti nel Codice Teodosiano[638]. I primi erano intitolati _Tribuni
Praetoriani, et Notarii_; ed anche, come l'attesta Cassiodoro[639],
erano chiamati _Candidati_; e questi avevano la dignità de' Conti.
I secondi erano semplicemente detti _Tribuni, et Notarii_; e questi
aveano la dignità de' _Vicarii_. Finalmente i terzi erano chiamati
_Notarii familiares_, ovvero _domestici_, li quali avevano l'ordine, o
dignità della _Consularità_.
Ma non bisogna confondere questi Nomi con quelli d'oggi, che i Romani
appellarono _Tabelliones_, i quali come diremo, aveano funzioni
diverse, ed erano Ufficj differentissimi. Siccome non bisogna
confondere l'Ufficio del Gran Protonotario a' tempi de' nostri Re
normanni, svevi, angioini ed aragonesi, con quello del Viceprotonotario
d'oggi, ristretto alla sola creazione de' Notai e Giudici cartularj, ed
alle legittimazioni.
L'Ufficio del Gran Protonotario era ne' tempi di questi Re cotanto
illustre, che in gran parte somigliavasi a quello del Primicerio de'
Notai presso i Romani. Questi, secondo ce lo descrive Cassiodoro[640]
e Giacomo Gottofredo[641], era del Concistoro del Principe, avea il
pensiero e la cura di notare tutti gli atti ed i secreti del Principe,
che si facevano nel suo Concistoro: per lui uscivan fuori i responsi
ed i decreti imperiali, e sovente le orazioni degl'Imperadori fatte al
Senato si recitavano dal Primicerio: in breve egli era il Secretario
fedele del Principe, a cui non vi era secreto o consiglio, che non
si confidasse, e perciò l'obbligo della sua carica lo astringeva
continuamente ad assisterlo, e con indefessa applicazione attendere
alle spedizioni de' suoi imperiali comandamenti. Teneva perciò sotto
di se que' tre gradi di Notaj, che ridotti a forma di Milizie, o di
Collegio, militavano sotto di lui, i quali aveano molta somiglianza
a' Secretarj d'oggi di Stato, o del Gabinetto e della casa del Re, de'
quali favelleremo nel Regno di Carlo II d'Angiò.
Uguale era l'Ufficio e potestà del Gran Protonotario ne' tempi di
questi Re. Il suo principal impiego non era già della creazione de'
Notai e de' Giudici cartularj, ma d'assistere continuamente appresso
la persona del Re, ricevere le preci e i memoriali, che si portavano a
quello, sentire nell'udienze coloro che aveano al Re ricorso, e farne
al medesimo relazione: per le sue mani passavano tutti i diplomi, e
da lui s'istromentavano. Tutte le nuove costituzioni, gli editti e
le prammatiche, che il Re stabiliva, erano dal Protonotario dettate e
firmate. Ciò che il Principe, o nel suo Concistoro, o in ogni altro suo
Consiglio sentenziava o decretava, egli riducevalo in forma di sentenza
o di decreto, ovvero in forma di diploma o privilegio[642], e si vide
nel Regno di Carlo II, d'Angiò in quanta eminenza arrivasse, quando
questo Ufficio era esercitato da Bartolomeo di Capua, per mano del
quale passavano i più gravi e rilevanti affari della Corona.
Ma siccome in decorso di tempo il Tribunale della Gran Corte della
Vicaria abbassò il Gran Giustiziero riducendolo in quello stato, che
oggi si vede, così l'erezione del Consiglio di S. Chiara a' tempi
d'Alfonso I Re d'Aragona fece quasi che sparire il Gran Protonotario;
e quantunque Alfonso concedendo al Presidente di quello ugual potestà,
si dichiarasse ch'egli non intendeva pregiudicare alle preminenze
del Gran Protonotario, tanto che o egli, o il suo Viceprotonotario
era ammesso a presiedere in quel Consiglio, e sovente a commettere le
cause, non altrimenti che faceva il Presidente; nulladimanco a poco a
poco l'Ufficio di Gran Protonotario fu ridotto poi a titolo di onore, e
rimase fuori di quel Consiglio; e s'arrivò a tale, che dovendo il Gran
Protonotario assistere di persona, nè senza nuova permissione del Re
potendo elegger altri per Viceprotonotario, che assistesse in suo nome,
non concedendosi più dal Re tal facoltà, siccome si legge[643] essersi
conceduta da Carlo II a Bartolomeo di Capua: il Viceprotonotario non
più si creava da lui, ma a dirittura dal Re, come si pratica tuttavia.
Per questa cagione fu introdotto, che il Gran Protonotario, quando era
dal Re eletto, pigliava con molta solennità il possesso nel Consiglio
di S. Chiara, con intervenire insieme col Presidente, e tutti gli
altri Consiglieri in tutte le sentenze, che si profferivano quella
giornata; e per questa coerenza s'introdusse ancora, che il Re creava
Viceprotonotario l'istesso Presidente del Consiglio, onde quasi sempre
si videro queste cariche unite in una medesima persona, come più
diffusamente diremo nel Regno d'Alfonso I.
In decorso di tempo essendo innalzati a quest'Ufficio i primi Baroni,
non più Giureconsulti, come ai tempi di Bartolomeo di Capua: i
Gran Protonotarj, come personaggi d'alta gerarchia, quasi sdegnando
d'intervenire di persona nel Consiglio di S. Chiara, i Viceprotonotarj
venivano ad assistervi; ma questi poi non essendo più creati da essi,
ma dal Re, vennero per ciò affatto i Gran Protonotarj ad esserne
esclusi, e di non aver poi parte alcuna in quel Consiglio. Dall'altra
parte i Presidenti del Consiglio, l'autorità de' quali era grandissima,
esclusero poi i Viceprotonotarj dalle commesse delle cause, e da tutte
l'altre preminenze, che rappresentando la persona del Gran Protonotario
prima aveano; onde venne a restringersi la loro autorità alla sola
creazione de' Notai e de' Giudici cartularj, ed alle legittimazioni,
che ora gli rimane.
Ma quantunque l'Ufficio di Viceprotonotario si fosse ristretto a
queste tre sole incumbenze: portando la creazione de' Notari e de'
Giudici, il visitare i loro privilegi e protocolli, grandi emolumenti:
sursero gravi contese fra i Gran Protonotarj, che pretendevano quelli
a loro doversi, ed i Viceprotonotarj, che come destinati dal Re,
tutti ad essi se gli appropriavano: intorno a che Marino Freccia[644]
rapporta una fiera lite, che a' suoi tempi per ciò s'accese fra il
Duca di Castrovillari Gran Protonotario, ed il famoso Cicco Loffredo
Viceprotonotario. Presentemente tutte queste contese son finite,
poichè il Viceprotonotario non riconoscendo da altri, che dal Re quella
carica, se l'appropria solo, ed ora l'Ufficio di Gran Protonotario è
rimaso a sol titolo d'onore, senza soldo e senza emolumenti; ritiene
però gli onori di vestire di porpora, e di sedere ne' Parlamenti nella
parte destra del Re dopo il Grand'Ammiraglio.
Ma egli è ben da avvertire, che i Notari d'oggi, la creazion de' quali
s'appartiene al Viceprotonotario, non hanno conformità alcuna con que'
Notari, delli quali si parla nel Codice Teodosiano, e di cui parla
Cassiodoro, i quali, come si è detto, aveano più somiglianza con gli
Ufficiali della Secretaria, o Cancellaria del Re, li quali hanno il
pensiero degli atti, e delle scritture del Re, che co' Notari presenti,
la cui incumbenza si raggira agl'istromenti, ed atti de' privati,
ancorchè il lor Ufficio pubblico fosse. Hanno costoro più coerenza co'
_Tabellioni_ degli antichi Romani, l'Ufficio de' quali era a questo
somigliantissimo; con una sola differenza, che nella persona dei Notari
d'oggi si vedono uniti insieme l'Ufficio dei _Tabularii_, e quello de'
_Tabellioni_.
Presso i Romani coloro, ch'erano destinati ad aver la custodia de'
pubblici Archivj, ove si conservavano i pubblici istromenti, ed i
monumenti delle cose fatte, si chiamavano _Tabularii_, poichè il luogo,
dove quelli si serbavano, era appellato _Tabularium_; ed i Greci lo
chiamavano _Grammatophylacium_, ovvero _Archium_[645]; e sovente la
cura di questi luoghi era commessa ai servi pubblici, cioè comprati
con pubblico denaro delle città, o delle province; e questi Tabularj,
perchè pubblici, non solo per la Repubblica, ma anche per ciascheduno
privato potevano intervenire e stipulare, acquistare, e in lor nome
prender anche la possessione[646]. L'Imperador Arcadio poi discacciò
dal _Tabulario_ i servi pubblici, e comandò che i Tabularj fossero
uomini liberi[647], i quali come persone pubbliche potessero stipulare
per altri, non altrimenti che il Magistrato[648]. Ma l'Ufficio di
questi Tabularj non era altro, che custodire nell'Archivio i pubblici
istromenti e monumenti delle cose fatte, e come persone pubbliche di
poter intervenire e stipulare per altri.
Li _Tabellioni_ erano quelli, i quali avanti a' Tabularj dettavano e
scrivevano i testamenti, e stendevano i contratti, facendone pubblici
istromenti[649], che si davan poi a conservare a' Tabularj. Questi
Tabellioni erano ancora chiamati _Nomici_ cioè _Juris studiosi_,
perchè in quelli per concepir bene, e dettare gl'istromenti, ovvero
testamenti, vi si ricercava ancora qualche perizia delle leggi[650].
Altri interpretarono la voce _Nomicus_, cioè _Legitimus_, perchè
egli rendeva legittimi tutti gli atti. Che che ne sia, egli è certo,
che i Tabellioni, che oggi noi appelliamo _Notari_, eran tutto altro
da' Tabularj, i quali erano preposti all'Archivio, siccome fra di
loro vengon distinti da Giustiniano nelle sue Novelle[651], e non
bisogna confondergli, come fecero Accursio[652], Goveano[653], e
Forcatolo[654].
Queste due funzioni però s'uniron poi nelle persone de' nostri Notari;
poichè siccome prima i Tabellioni avanti a' Tabularj scrivevano
gl'istromenti, e presso questi nell'Archivio si conservavano: poi
fu introdotto, che gl'istromenti o testamenti avanti a' Tabellioni
si scrivessero, senza più ricorrere a' Tabularj, e ch'essi medesimi
gli conservassero, facendone protocolli, e custodendogli non più
ne' pubblici Archivj, ma nelle proprie case. Quindi nacque, che
confondendosi quest'uffici, fosse il Notaro riputato persona pubblica,
e che siccome i Tabularj potevano stipulare per altri, potessero
anch'essi farlo.
Divenne perciò l'Ufficio de' Notari di maggior fede e confidenza:
ond'è che i Principi nel creargli vi stabilirono certe leggi, e
ricercarono molti requisiti, d'essere incorrotti, e di buona fama,
fedeli ed intelligenti; che sappiano scriver bene, ben intendere le
convenzioni delle parti per poterle poi nettamente ridurle in iscritto:
siano secreti, liberi, cristiani, conoscano i contraenti, e perciò
nazionali de' luoghi, ove desiderano esercitare. Quindi richiedendo
quest'Ufficio una somma fedeltà, si vide ne' tempi antichi esercitarsi
presso di noi da persone nobili; e siccome un tempo non si sdegnavano i
Nobili, particolarmente i Salernitani, esercitar medicina, così ancora
molti Nobili de' nostri Sedili, non si sdegnarono ne' tempi antichi
farsi Notari; e Marino Freccia[655] testifica aver egli veduto molti
istromenti, registri, inventarj, ed altri antichi monumenti scritti per
mano di Notari nobili, le cui famiglie, egli dice, non voler nominare,
per non dar dispiacere a' loro posteri leggendole. Quindi nacque ancora
presso i nostri Autori la massima, che per l'esercizio del Notariato,
non si perdano i privilegi della Nobiltà, e che non debbano i Notari
noverarsi fra gli artegiani[656].

§. VII. _Del Gran Siniscalco._
Siccome presso i Franzesi, dopo la suppressione de' Maestri del
palazzo, quattro Ufficj della Corona furono grandemente accresciuti,
che riguardavano la guerra, la giustizia, le finanze, e la casa del
Re; e per quel che si attiene alla guerra, surse il Gran Contestabile,
per la giustizia il Gran Cancelliere, e per le finanze il Gran
Tesoriero Capo ufficiale della Camera de' conti: così ancora per quel,
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