Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3 - 26
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repudj e sopra i Cherici, non perciò erano riputate improprie, a questi
tempi, de' Principi secolari. Non ancora s'erano intese quelle querele,
che nacquero da poi de' Pontefici romani d'essersi offesa la loro
immunità, e che fosse questo un metter la falce nella messe altrui.
Cominciarono essi poco da poi pian piano a pretenderlo, e vi diedero
l'ultima mano quando Gregorio IX ridotti in un Corpo tutti i rescritti,
che servivano alla grandezza romana, ed esteso ad uso comune quello,
che per un luogo particolare, e forse in quel solo caso speziale era
statuito, ed aboliti tutti gli altri, cavò fuori il decretale, che
principiò a fondare e stabilire la Monarchia romana. Ecco parimente,
come in questo nostro Reame, alle leggi antiche romane ritenute più per
costume, che per leggi scritte, ed alle leggi longobarde, si fossero
aggiunte da Ruggiero queste sue Costituzioni, le quali a riguardo delle
romane e longobarde erano riputate leggi particolari, siccome quelle
comuni ed universali.
§. I. _Delle leggi feudali particolari del Regno._
Ma essendosi come altre volte abbiam notato, multiplicate in queste
province le Baronie ed i Feudi, siccome in tutta Italia, surse ancora
una nuova legge, feudale appellata. Questa nella sua origine fu
introdotta per le costumanze de' Longobardi nelle città d'Italia, le
quali furono varie e diverse, secondo varie eran le usanze di ciascuna
città; tanto che la ragion feudale, prima non poteva chiamarsi, se non
che legge non scritta de' Longobardi, onde è, che alcuni saviamente
la dissero figlia del tempo, e da' Longobardi introdotta in Italia,
non per iscritto, ma per costume; crebbe in cotal guisa da poi,
insino che Corrado il Salico, che fu il primo, non pensasse colle
leggi scritte ad accrescerla; siccome al di lui esempio fecero da poi
gli altri Imperadori suoi successori; onde tutto ciò, che da queste
Consuetudini feudali introdotte da' Longobardi, e dalle leggi scritte
degli Imperadori surse, fu riputato la ragion comune dei Feudi; poichè
in tutta Italia, e da poi in tutta Europa, adattandosi a lei l'altre
province, furono quelle Consuetudini e leggi ricevute ed abbracciate.
E per questa ragione a riguardo de' Feudi, non vi era differenza
alcuna tra quelli, che viveano colle leggi longobarde, e quelli che si
governavano colle leggi romane; poichè i Romani non conobbero Feudi, e
se alcun Romano era investito di qualche Feudo, era tenuto osservare la
legge longobarda, che de' Feudi disponeva, già che dalle romane niente
potea ritrarsi.
Questa ragion comune feudale, prima di Ruggiero siccome era egualmente
osservata in tutta Italia, così ancora ebbe forza ed autorità in
queste nostre Province. Ma ridotte ora da Ruggiero in forma di Regno, e
sottratte dall'Imperio, siccome alle leggi comuni romane e longobarde,
aggiunse questo savio Principe le proprie, stabilite particolarmente
per li suoi dominj, così ancora alla legge comune feudale, volle
aggiungervi altre sue leggi feudali particolari, che dovessero
osservarsi nel suo Regno, siccome tra le sue Costituzioni che sono a
noi rimase, due ne abbiamo osservato attenenti a' Feudi. Seguitando
le costui pedate aggiunsero da poi i due Guglielmi suoi successori
altre leggi feudali; e finalmente Federico II moltissime altre ne
stabilì, che si leggono nel volume delle Costituzioni; onde si fece,
che nel nostro Regno altro fosse il _Jus comune_ feudale, che è quello
compreso ne' libri feudali, ed altro quello particolare per queste sole
nostre province, che incominciandosi da Ruggiero, s'accrebbe da poi da
Guglielmo, e più da Federico, e che col correr degli anni da tutti gli
altri Re, che ressero questo Regno, fu in quella forma, che oggi si
vede ampliato per tante Costituzioni, Capitoli, Grazie e Prammatiche,
come diremo a più opportuno luogo. Nel che dovrà avvertirsi; che
risedendo nella persona di Federico II la dignità imperiale e regale di
Re di Sicilia, quelle sue Costituzioni, che si veggono ne' libri de'
Feudi, sono quelle appartenenti al Jus comune de' Feudi; quelle, che
sono nel volume delle nostre Costituzioni, appartengono al Jus feudale
particolare del Regno di Sicilia.
Ruggiero adunque, siccome fu il primo, che alle romane e longobarde
aggiungesse nuove leggi, così ancora fu il primo, che alla ragion
comune feudale aggiungesse nel suo Regno nuove leggi feudali
particolari, per le quali fu introdotto nuovo costume di succedere
a quelli contro le longobarde; e fu perciò, che introdusse il nuovo
_Jus Francorum_, onde da poi presso di noi si rese celebre quella
distinzione dei Feudi _de Jure Longobardorum et Francorum_.
Fra gli altri pregi di questo Principe, è lodato cotanto dagli
Scrittori quel suo costume di voler essere informato delle leggi
e costumi delle altre Nazioni, e ciò che reputava commendabile,
introdurlo nel Regno suo; ma di niuna altra Nazione era egli più
amante, quanto della franzese, donde egli traea origine; perciò fu
più inchinato d'introdurre nel suo novello Regno tutte quelle usanze,
e tutti quegl'istituti, che osservava in quel floridissimo Reame; per
questa istessa cagione, come osserveremo quindi a poco, v'introdusse
egli i sette Ufficj della Corona, che ivi erano; ed amante pur troppo
de' Franzesi, diede gelosia e cruccio a' Siciliani e a' Pugliesi, che
si vedevan perciò posposti negli onori a' forestieri[576].
Quindi, come si è detto, trassero l'origine nel nostro Regno i Feudi
_Juris Francorum_, poichè Ruggiero facendo venir spesso dalla Francia
Capitani ed altri soldati franzesi, si serviva di loro in tutte le sue
ardue imprese, essendo stata sempre questa gente per valor militare
riputata sopra tutte le altre; onde Ugone Falcando dice, che perciò
soleva Ruggiero fargli venire: _Transalpinos maxime, cum ab Normannis
originem duceret, sciretque Francorum gentem belli gloria caeteris
anteferri, plurimum diligendos elegerat, et propemodum honorandos._
E questo costume fu ritenuto anche da poi da' due Guglielmi suoi
successori, anzi ne' principj del Regno di Guglielmo II fu cotanto
nella sua Corte il favore de' Franzesi, che non si ritenne di crear
suo Gran Cancelliero un Franzese, onde si rese numerosa la sua Corte di
questa gente con indignazione grandissima de' Nazionali[577].
Per questo avvenne, che militando valorosamente questi Capitani sotto
l'insegne di Ruggiero, e de' due Guglielmi, furono da essi investiti
di molti Feudi, onde abbandonando la Francia, fermarono in queste
province le loro famiglie, non lasciando intanto di vivere secondo
i proprj loro costumi, che da Francia portarono; ed insino a' tempi
di Federico II lor si permise, che dovessero così ne' giudicj, come
in altre occorrenze, esser giudicati secondo i loro patrj istituti e
costumi, fra' quali il più considerabile era, che ne' Feudi dovesse
succedere il primogenito, esclusi tutti gli altri fratelli minori, non
già, come con molta imprudenza si praticava da' Longobardi, secondo
i quali venivan tutti ammessi alla successione, dividendo con tanto
discapito dello splendore delle loro famiglie i Feudi; una delle
principali ragioni, che fu della rovina de' medesimi in queste nostre
province, come altrove fu da noi osservato. In tutta la Francia, come
ne rendono a noi testimonianza Ottone Frisingense e Cujacio[578], con
provido consiglio fu istituito, che i soli primogeniti succedessero ne'
Feudi, reputando così potersi conservare lo splendor delle famiglie.
Così tutti que' Capitani e soldati franzesi, che furono investiti di
Feudi in queste nostre province, ritennero questo costume; e Ruggiero,
ed i due Guglielmi, non solamente loro il permisero, ma anche che
ritenessero tutti lor altri istituti, tanto che Federico II per toglier
le confusioni, che si cagionavano perciò in questo Reame per queste
leggi infra di lor difformi, ebbe bisogno di stabilire una Costituzione
speziale, che è quella che si legge sotto il titolo _de Jure Franc.
in judic. subl._ per la quale tolse, che ne' giudicj potessero più
servirsi di que' loro particolari istituti; e tolse ancora quell'altro
lor barbaro costume del duello, per quella sua celebre Costituzione
_Monomachiam_.
Non però tolse, anzi approvò il lor costume, come molto commendabile,
che ne' Feudi succedesse il primogenito; quindi avvenne che presso di
noi tutti i Feudatarj si distinguessero in Franchi e Longobardi: per
Franchi intendendo coloro che viveano intorno alle successioni de'
Feudi _Jure Francorum_, e per Longobardi, quelli che viveano secondo
la lor antica usanza, d'ammetter tutti i figliuoli alla successione
de' loro Feudi. Era però il _Jus Francorum_ reputato come speziale a
riguardo del _Jus Longobardorum_, ch'era il comune, tanto che scrisse
Andrea d'Isernia[579], colui che dice esser Franco, e perciò non dover
dividere co' fratelli, allegando una ragione speziale, suo dee esser il
peso di provarlo, già che comunemente tutti si presumono vivere secondo
il _Jus comune_ de' Longobardi, che stabilisce i Feudi doversi tra
fratelli dividere.
Fu adunque in tempo di Ruggiero, che s'introdusse nel Regno questa
ragion speziale di succedere ne' Feudi all'uso de' Franzesi, il quale
non soddisfatto d'aver con sì provide leggi stabilito il suo novello
Reame, e dalla Francia introdottovi nuovi costumi ed istituti per
dargli forma più nobile, volle ancora illustrarlo, e renderlo più
maestoso con introdurvi nuove dignità e più illustri, che prima non
ebbe, onde ad emulazione di quello di Francia, l'adornò de' Principali
Ufficj della Corona, che in quel Regno da molto tempo erano stati
introdotti.
CAPITOLO VI.
_Degli Ufficj della Corona._
Dapoi che in Francia, nella stirpe di Ugo Ciappetta, restò estinta
quella sublime dignità di Maestro del Palazzo, che come ruinosa a'
Principi stessi, come si vide chiaro nel Regno di Ghilperico, fu
riputato saggio consiglio di que' Re di spegnerla affatto, si videro
da questa suppressione grandemente accresciuti quattro altri Ufficj
di quella Corona, le cui funzioni eransi prima trasfuse in quello
di Maestro del Palazzo, che per la sua grandezza e sublimità avea
assorbiti tutti gli altri. Egli era perciò detto Capo de' Capi di
tutti gli altri Ufficiali: Duca de' Duchi: e non senza ragione era
assomigliato al Prefetto Pretorio sotto gli ultimi Imperadori romani. A
lui non meno si riportavano le cose della guerra, che della giustizia;
sovrastava alle Finanze, ed alla Casa del Re: in breve, era il Superior
generale di tutti gli Ufficiali del Regno senza eccezione.
Dalla suppressione dunque di quest'Ufficio ripigliarono gli altri
Uffizj della Corona la loro antica autorità, non riconoscendo poi altri
per lor Capo e superiore, che il Re istesso; onde perciò i supremi
vennero con titolo di Grandi decorati. Surse il Gran Contestabile,
che ebbe la soprantendenza della guerra, ed il comando degli eserciti
in campagna. Il Gran Ammiraglio capo dell'armate navali, che ebbe
il comando sopra mare in guerra ed in pace. Il Gran Cancelliero per
la soprantendenza della giustizia, capo di tutti gli Ufficiali di
pace, e Magistrato de' Magistrati, dipendendo da lui i Giustizieri, i
Protonotarj, e tutti gli altri minori Cancellieri. Il Gran Tesoriero,
ovvero Gran Camerario, capo della Camera de' Conti, ed Ufficial supremo
delle Finanze; ed il Gran Siniscalco, ovvero Giudice della Casa del Re,
poichè ebbe il governamento della medesima.
Tutti questi Ufficj erano chiamati della Corona, ovvero del Regno,
perchè non riguardano il servigio della persona del Re, ma del Regno:
e Ruggiero stabilito ch'ebbe il suo, ve gl'introdusse insieme con gli
altri Ufficiali minori subordinati a' medesimi. Prima, queste nostre
province non gli conobbero, e le loro funzioni venivano esercitate
sotto altro nome da diversi altri Ufficiali: e se ben sotto i Goti
se ne fosse avuta qualche conoscenza, avendocene Cassiodoro lasciata
qualche notizia, onde è da credersi, che i Franzesi dai Goti gli
apprendessero; nulladimanco essendo stati questi discacciati da'
Greci, ed i Greci da' Longobardi, si vede che nè gli uni, nè gli altri
in tutto il tempo, che dominarono queste Province, l'usarono[580]. I
Greci le governarono per Straticò e Catapani; onde è, che oggi ancora
presso di noi sia rimasto qualche vestigio di questi Ufficiali. In
Salerno ancor si ritiene il nome di Straticò, come in Messina. In
Puglia i Catapani furono assai rinomati; onde è che per questo nome di
Magistrato ritenga oggi il nome di Capitanata una provincia del Regno.
Ebbero ancora i Greci altri Ufficiali, come i Maestri de' Cavalieri,
per li quali lungamente ressero il Ducato di Napoli. Ebbero i Patrizj,
i Protospata, ed altri moltissimi; nè mai usarono i soprannomati.
Solamente è chi dice, che l'Ufficio di Protonotario fosse d'origine
greco, ma di ciò ne parleremo al suo luogo.
I Longobardi certamente non gli conobbero; essi prima divisero
i Governi in Castaldati, a ciascuno preponendo un Castaldo per
reggerlo, al quale s'appartenevan così le cose della guerra, come
della giustizia. Da poi crearono i Conti, che nella loro origine non
erano più che Ufficiali, e non Signori; ciascuno avendo il governo
del Contado a se commesso sin tanto che poi col correre degli anni
cominciassero a mutargli, e da Ufficj, ridurgli in Feudi e Signorie,
come altre volte abbiamo osservato.
Furono adunque i Normanni, e sopra tutti il famoso Ruggiero, che avendo
ridotti i suoi dominj in un ampio e potente Reame, era di dovere che
vi introducesse questi Ufficj, che in altri Regni, e particolarmente
in quello di Francia, erano riputati proprj della Corona regale, e
come tanti lumi, che facessero maggiormente risplendere il suo regal
diadema.
§. I. _Del Gran Contestabile._
Quello che meritamente, e secondo il comun sentimento degli Scrittori
s'innalza sopra tutti gli altri, e tiene il primo luogo, è il Gran
Contestabile. Nella sua origine, appresso i Franzesi era chiamato il
Gran Scudiero del Re, e perciò da Aimone[581] viene appellato _Regalium
Praepositus Equorum_, come parimente l'attesta il suo nome latino Comes
_stabuli_, molto frequente negli antichi libri, di cui Caronda[582]
riferisce molti be' passi, e sostiene Loyseau[583] contro l'opinion
d'alcuni moderni, e spezialmente di Cujacio[584], ch'è di contrario
sentimento.
Ha due grandi prerogative: l'una, egli è custode della spada del
Re, poichè quando vien promosso a sì sublime dignità, il Re gli dà
tutta nuda la sua spada nelle mani, per la quale egli all'incontro
in quell'istante gli dà la fede ed omaggio, come appunto si narra
dell'Imperador Trajano, il quale dando la sua spada nuda a Sura Licinio
Prefetto Pretorio, gli disse queste memorabili parole: _Accipe hunc
ensem, ut si quidem recte Reip. imperavero, pro me, sin autem secus,
in me utaris_. Perciò l'insegna di questa dignità è la spada nuda;
siccome il nostro Torquato seppe ben esprimere nella persona del Gran
Contestabile d'Egitto, collocandolo perciò in quella rassegna alla
destra del Re, appartenendo a lui il primo luogo sopra tutti gli altri
Ufficiali della Corona, e dandogli la spada nuda per sua insegna.
.... _alza il più degno_
_La nuda spada del rigor ministra_.
L'altra prerogativa è, che negli eserciti egli ha il comando sopra
tutte le persone, anche sopra i Principi del sangue: dispone gli
alloggiamenti, istruisce le squadre, distribuisce le sentinelle: sono
a lui subordinati i Marescialli, e tutti gli altri Ufficiali minori:
in breve ha il supremo comando negli eserciti mentre sono in campagna,
onde di quest'altra prerogativa parlando il Tasso cantò:
_Ma Prence degl'eserciti, e con piena_
_Possanza è l'altro ordinator di pena._
Ma tutta questa sua autorità ed alto imperio potea esercitarlo negli
eserciti in campagna, non già nelle Piazze, nè sopra i Governadori
delle province; onde mal fanno coloro, che vogliono far paragone de'
Gran Contestabili co' presenti nostri Vicerè, li quali non solo hanno
il comando degli eserciti in campagna, ma anche in tutte le Piazze,
sopra tutti i Governadori delle province, così in terra, come in mare,
e sopra tutti gli altri Ufficiali della Corona. Egli è però vero che
presso i Vicerè risiedono le prerogative del Gran Contestabile; poichè
le cose di guerra a lui s'appartengono, ed egli dispone gli eserciti in
campagna, a cui ubbidiscono tutti gli altri Generali e Marescialli; ma
quando il Vicerè sia assente dal Regno, nè fosser altri dal Re deputati
a quest'impiego, potrebbe ne' casi repentini e quando la necessità
lo portasse, il Gran Contestabile servirsi della sua giurisdizione, e
riassumere ciò, che prima era della sua incumbenza, come dice Marino
Freccia[585].
Il primo Contestabile, che tra le memorie antiche abbiamo nel Regno di
Ruggiero, fu Roberto di Bassavilla Conte di Conversano[586]. Questi
fu figliuolo di un altro Roberto parimente Conte di Conversano,
e di Giuditta sorella di Ruggiero: fu adoperato da Ruggiero nelle
imprese più ardue, e meritò per la disciplina militare, nella quale
era molto versato, da questo Principe esser innalzato a sì sublime
dignità. Nel Regno di Guglielmo I si rese più rinomato, e da questo
Principe fu investito del Contado di Loritello; ma da poi essendosi
da lui ribellato, gli pose sottosopra il Regno insieme con altri
Baroni, onde Guglielmo toltagli questa dignità, la diede a Simone
Conte di Policastro suo cugino, che fu il secondo Contestabile, di
cui ci sarà data occasione di più lungamente ragionare nel Regno di
Guglielmo; e ne' tempi di Guglielmo II fu Contestabile Roberto Conte di
Caserta[587].
Merita riflessione che questi Contestabili, siccome tutti gli altri
supremi Ufficiali, che prima si dissero Maestri Contestabili, e poi
_Magni_ Contestabili, erano comuni così a queste nostre Province, come
alla Sicilia, insino che questa isola fosse stata dagli Aragonesi tolta
agli Angioini; e se bene solevano a questa dignità innalzare i nostri
Baroni, come quelli che per ampiezza di dominj e Contadi, e per le
parentele che aveano co' Principi stessi, i quali non si sdegnavano
allora imparentarsi con loro, facevano la principal figura sopra tutti
gli altri Baroni di quell'isola; e spesso solevano risedere ne' loro
Stati; nulladimeno avendo i Re normanni fermata la loro sede regia
in Palermo, solevano regolarmente in questa Corte appresso la persona
del Re risiedere, dal quale erano impiegati ne' più rilevanti affari
della Corona. Perciò non bisogna confondergli co' minori Contestabili,
i quali erano mandati ad una particolar provincia, ed a' quali o
era commesso il governo di qualche città, o gli era dato il comando
d'alcuni reggimenti o di fanteria o di cavalleria; poichè se bene
questi erano pure chiamati Contestabili, il loro posto però era molto
diverso, e di gran lunga inferiore a' grandi e primi Contestabili, i
quali perciò erano chiamati Regni Comestabuli. Così nella Cronaca di
Not. Riccardo di S. Germano scritta ne' tempi di Federico II leggiamo,
che Filippo di Citero, _erat Comestabulus Capuae_. E ne' tempi
posteriori si leggono molte carte rapportate dal Tutini[588], nelle
quali la Contestabilia era ristretta al governo d'una città sola, e
ad una particolare incumbenza: così spesso s'incontra nelle scritture
del regio Archivio della Zecca: _Henricus Comestabulus Foggiae_: ed in
alcuni istromenti del medesimo Archivio, pur si legge _Franciscus Garis
Comestabulus vigintiquatuor Balestrarum_; ed altrove: _Franciscus de
Diano Comestabulus Peditum_.
Così ancora venivano chiamati _Comestabuli Regii Hospitii_ i Mastri
di stalla della Casa reale. E parimente li Capitani delle milizie,
ch'erano in ciascheduna Provincia del Regno, che oggi si dicono
Capitani del Battaglione, erano ancora Contestabili nomati. Osserviamo
perciò Pietro della Marra Contestabile di Terra di Lavoro; Guglielmo
Ponciaco Contestabile in Basilicata; Mattia Gesualdo Contestabile
nel Principato, Gualtiedi del Ponte Contestabile in Capitanata,
Adamo Morerio Contestabile in Terra d'Otranto, e Gentile di Sangro
Contestabile nell'Apruzzi.
Nel Regno degli Angioini quest'Ufficio non perdè niente del suo antico
splendore; anzi, come scrisse Marino Freccia, Carlo I d'Angiò soleva
concederlo colle medesime prerogative, ed all'istesso modo del Regno di
Francia, ordinando che in quella guisa appunto dovesse esercitarsi nel
suo Regno di Sicilia. E Carlo II suo successore stabilì molti Capitoli
attenenti a' Gran Contestabili, rapportati dal Tutino, a' quali
sottopose tutti i Marescialli del suo Regno. Ma ora quest'Ufficio,
per le cagioni, che si diranno nel progresso di quest'Istoria, è
a noi rimaso sol a titolo d'onore e senza funzione, essendo la sua
autorità passata in gran parte nella persona del Vicerè; e solo i
Gran Contestabili ritengono la precedenza nel sedere in occasion
di Parlamenti, e nell'altre pubbliche celebrità, con molte altre
preminenze, come il vestirsi di porpora e d'armellini con berrettino;
ed ultimamente ancorchè gli fossero stati lasciati questi onori, se gli
è pure levato il soldo, che prima godevano.
§. II. _Del Grand'Ammiraglio._
Dovrebbe occupar il secondo luogo tra' Ufficj della Corona quello del
Gran Cancelliere, siccome s'usa presso i Franzesi; ovvero quello di
Gran Giustiziero siccome ora si osserva presso di noi; ma due ragioni
mi spingono dopo il Gran Contestabile a favellare del Grand'Ammiraglio:
l'una per la grande uniformità che egli tiene col Gran Contestabile;
poichè avendo ambedue la soprantendenza della guerra, il primo sopra
gli eserciti in campagna, e questo secondo sopra l'armate di mare,
mi muove, innanzi che si faccia passaggio agli Ufficiali di pace ed a
quelli di giustizia, a dover del Grand'Ammiraglio ragionare: l'altra
più potente si è il vedere, che a' tempi di questi Re normanni, ne'
quali siamo, fu la dignità del Grande Ammiraglio riputata assai più
di quella del Gran Cancelliere, e di qualunque altro Ufficiale di
giustizia; perchè essendo questi Re potenti in mare cotanto che per le
loro armate si resero gloriosi e tremendi per tutto Oriente, portando
le loro vittoriose insegne insino alle porte di Costantinopoli, e
nell'Affrica fecero maravigliosi acquisti; il loro imperio sopra il
mare era più ampio e considerabile, che quello di terra; onde avvenne,
che ne' tempi di Ruggiero, e dei due Guglielmi suoi successori, l'esser
Grand'Ammiraglio del Regno di Sicilia, era il più alto grado, nel quale
alcuno potesse mai essere innalzato. In fatti vediamo che il famoso
Majone di Bari, che a' tempi di Ruggiero era Gran Cancelliere, entrato
da poi in somma grazia del Re Guglielmo, fu da costui, per dargli un
saggio della grande stima, che faceva della sua persona, innalzato
ad esser Grand'Ammiraglio; ed Ugone Falcando, narrando lo stato della
Corte nei principj del Regno di Guglielmo II, nel qual tempo reggeva
l'ufficio di Gran Cancelliere l'Eletto di Siracusa, e quello di Gran
Camerario del palazzo Riccardo Mandra, dice che _Matthaeus Notarius cum
sciret Admiratum se non posse fieri, ob multam ejus nominis invidiam,
Cancellariatum totis nisibus appetebat_.
Se riguardiamo l'impiego e le funzioni di questo Ufficio, non è da
porsi in dubbio, che non fosse antichissimo, conosciuto da' Romani,
e più dalle regioni d'Oriente bagnate dal mare; poichè presso Livio
abbiamo i Prefetti delle classi marittime, e nell'antica Gallia presso
Cesare spesso s'incontrano i Prefetti marittimi, fra quali sopra
tutti si distinse Bibulo. Ma il suo nome certamente non lo ritroveremo
presso i Romani; ed io acconsento all'opinione di coloro, che stimano
questa voce essere non già provenzale, come credette l'Alunno[589],
ma saracena; come ben pruovano da molti passi dell'Istoria del
Fazzello[590], Pietro Vincenti[591] ed il Tutini[592]. Ed in vero i
Saraceni furono molto potenti in mare, ond'è che nell'istorie loro
spesso s'incontrano questi nomi d'Ammiragli, poich'ingombrando essi
l'Oriente, e gran parte dell'Occidente, come la Spagna, l'Affrica e la
Sicilia, luoghi nella maggior loro estensione bagnati dal mare, ebbero
perciò molti Generali di mare, da essi Ammiragli chiamati.
Gli conobbero ancora i Greci e gli ultimi Imperadori d'Oriente, i
quali per opporsi agli sforzi dei Saraceni bisognò, che si provedessero
d'armate marittime essi ancora, e non è fuor di ragione il credere che
in queste nostre province gli avessero i Greci prima introdotti, poichè
non essendogli negli ultimi tempi rimaso altro, che molte città nella
riviera del mare, come quelle della Calabria, e parte della Lucania,
Amalfi, Napoli e Gaeta, tutti luoghi marittimi bisognò provedersi
d'armate per conservargli da' Saraceni, i quali siccome avevan loro
tolta la Sicilia, così passavano pericolo quest'altre città ancora di
qua del Faro di correre la stessa fortuna. In fatti osserviamo, che gli
Amalfitani si resero potenti in mare, e nell'arte nautica espertissimi,
tanto che i Greci gli ebbero per valido presidio, ed in essi per
le cose marittime fondavano le maggiori speranze; e come altrove
fu avvertito, s'avanzarono tanto in questo mestiere, che oltre alle
frequenti navigazioni per tutte le parti orientali, furono riputati
arbitri delle controversie marittime; e siccome a' tempi de' Romani,
i Rodiani si lasciarono in dietro tutte le altre Nazioni, tanto che
le leggi Rodie erano la norma di tutti i Popoli dell'Imperio, per le
quali le liti insorte su la nautica venivan decise; così presso di noi,
tutte le liti, e tutte le controversie surte intorno alla navigazione,
si decidevano secondo le leggi, ed instituti degli Amalfitani; e Marino
Freccia[593] attesta, che insino a' suoi tempi questi litigi venivan
terminati secondo le leggi amalfitane. Quindi avvenne, che per essere
gli Amalfitani tutti dediti alla navigazione, ed esperti nella nautica,
riuscì finalmente a Flavio Gisia Amalfitano, ne' tempi di Carlo II
d'Angiò, uomo sagacissimo, di rinvenire la Bussola tanto necessaria per
le navigazioni.
Ma avendo ora i Normanni discacciati dalla Sicilia i Saraceni, e da
questi nostri luoghi i Greci, per potergli difendere dall'invasione
così degli uni, come degli altri, bisognò che parimente si
fortificassero in mare. E quanto in ciò i Normanni s'avanzassero, e
precisamente a tempo del famoso Ruggiero, e de' due Guglielmi, ben
è chiaro dall'istoria de' Regni loro. Per questa ragione l'Ufficio
di Grand'Ammiraglio a questi tempi fu reputato il più rinomato ed
illustre; onde avvenne, ch'essendo il numero delle loro armate ben
grande, e perciò convenendo tener più Ammiragli, il primo, e capo sopra
di tutti, si fosse appellato _Ammiraglio degli Ammiragli_.
Avea egli perciò le più insigni prerogative, che mai possono
immaginarsi intorno all'Imperio del mare: egli comandava sopra mare in
pace ed in guerra: era sua incumbenza la costruzione de' vascelli e
delle navi del Re, reparargli e disporgli per mantener il commercio:
tener li Porti in sicurezza in tutta l'estensione del Reame, e
conservare i lati marittimi sotto l'ubbidienza del Re; ed erano a lui
subordinati tutti gli altri Ammiragli delle province e de' porti, i
Protontini, i Calefati, i Comiti, i Carpentieri, e tutti gli altri
minori Ufficiali marittimi[594].
Presentemente il nostro Grand'Ammiraglio ritiene la giurisdizione così
civile, come criminale sopra tutti gli Ufficiali a lui subordinati, e
sopra tutti coloro, che vivono dell'arte marinaresca[595]: tiene perciò
un particolar Tribunale, ove i Giudici creati dal Grande Ammiraglio
amministrano giustizia a tutti coloro che sono ad essi subordinati, ed
ha leggi particolari stabilite sulla nautica, onde le liti si decidono:
tanto che siccome per li Feudi è surto un nuovo corpo di leggi feudali,
così ancora per la nautica, un nuovo corpo di leggi nautiche abbiamo,
del quale qui a poco farem parola. Ritiene ancora presso di noi per
sua insegna il fanale, siccome anticamente avea il Grande Ammiraglio
di Francia, il quale ora non più il fanale, ma l'Ancora ha per
insegna[596]. Ha purpurea veste, e ne' Parlamenti siede alla parte
destra del Re, dopo, ed al lato del Gran Contestabile.
Il primo, che s'incontra nel Regno di Ruggiero, fu Giorgio antiocheno:
fu costui da Ruggiero per la sua eminente virtù, ed esperienza nelle
cose marittime chiamato fin da Antiochia, e fu da questo Principe
creato Grand'Ammiraglio, del cui consiglio e prudenza valevasi
tempi, de' Principi secolari. Non ancora s'erano intese quelle querele,
che nacquero da poi de' Pontefici romani d'essersi offesa la loro
immunità, e che fosse questo un metter la falce nella messe altrui.
Cominciarono essi poco da poi pian piano a pretenderlo, e vi diedero
l'ultima mano quando Gregorio IX ridotti in un Corpo tutti i rescritti,
che servivano alla grandezza romana, ed esteso ad uso comune quello,
che per un luogo particolare, e forse in quel solo caso speziale era
statuito, ed aboliti tutti gli altri, cavò fuori il decretale, che
principiò a fondare e stabilire la Monarchia romana. Ecco parimente,
come in questo nostro Reame, alle leggi antiche romane ritenute più per
costume, che per leggi scritte, ed alle leggi longobarde, si fossero
aggiunte da Ruggiero queste sue Costituzioni, le quali a riguardo delle
romane e longobarde erano riputate leggi particolari, siccome quelle
comuni ed universali.
§. I. _Delle leggi feudali particolari del Regno._
Ma essendosi come altre volte abbiam notato, multiplicate in queste
province le Baronie ed i Feudi, siccome in tutta Italia, surse ancora
una nuova legge, feudale appellata. Questa nella sua origine fu
introdotta per le costumanze de' Longobardi nelle città d'Italia, le
quali furono varie e diverse, secondo varie eran le usanze di ciascuna
città; tanto che la ragion feudale, prima non poteva chiamarsi, se non
che legge non scritta de' Longobardi, onde è, che alcuni saviamente
la dissero figlia del tempo, e da' Longobardi introdotta in Italia,
non per iscritto, ma per costume; crebbe in cotal guisa da poi,
insino che Corrado il Salico, che fu il primo, non pensasse colle
leggi scritte ad accrescerla; siccome al di lui esempio fecero da poi
gli altri Imperadori suoi successori; onde tutto ciò, che da queste
Consuetudini feudali introdotte da' Longobardi, e dalle leggi scritte
degli Imperadori surse, fu riputato la ragion comune dei Feudi; poichè
in tutta Italia, e da poi in tutta Europa, adattandosi a lei l'altre
province, furono quelle Consuetudini e leggi ricevute ed abbracciate.
E per questa ragione a riguardo de' Feudi, non vi era differenza
alcuna tra quelli, che viveano colle leggi longobarde, e quelli che si
governavano colle leggi romane; poichè i Romani non conobbero Feudi, e
se alcun Romano era investito di qualche Feudo, era tenuto osservare la
legge longobarda, che de' Feudi disponeva, già che dalle romane niente
potea ritrarsi.
Questa ragion comune feudale, prima di Ruggiero siccome era egualmente
osservata in tutta Italia, così ancora ebbe forza ed autorità in
queste nostre Province. Ma ridotte ora da Ruggiero in forma di Regno, e
sottratte dall'Imperio, siccome alle leggi comuni romane e longobarde,
aggiunse questo savio Principe le proprie, stabilite particolarmente
per li suoi dominj, così ancora alla legge comune feudale, volle
aggiungervi altre sue leggi feudali particolari, che dovessero
osservarsi nel suo Regno, siccome tra le sue Costituzioni che sono a
noi rimase, due ne abbiamo osservato attenenti a' Feudi. Seguitando
le costui pedate aggiunsero da poi i due Guglielmi suoi successori
altre leggi feudali; e finalmente Federico II moltissime altre ne
stabilì, che si leggono nel volume delle Costituzioni; onde si fece,
che nel nostro Regno altro fosse il _Jus comune_ feudale, che è quello
compreso ne' libri feudali, ed altro quello particolare per queste sole
nostre province, che incominciandosi da Ruggiero, s'accrebbe da poi da
Guglielmo, e più da Federico, e che col correr degli anni da tutti gli
altri Re, che ressero questo Regno, fu in quella forma, che oggi si
vede ampliato per tante Costituzioni, Capitoli, Grazie e Prammatiche,
come diremo a più opportuno luogo. Nel che dovrà avvertirsi; che
risedendo nella persona di Federico II la dignità imperiale e regale di
Re di Sicilia, quelle sue Costituzioni, che si veggono ne' libri de'
Feudi, sono quelle appartenenti al Jus comune de' Feudi; quelle, che
sono nel volume delle nostre Costituzioni, appartengono al Jus feudale
particolare del Regno di Sicilia.
Ruggiero adunque, siccome fu il primo, che alle romane e longobarde
aggiungesse nuove leggi, così ancora fu il primo, che alla ragion
comune feudale aggiungesse nel suo Regno nuove leggi feudali
particolari, per le quali fu introdotto nuovo costume di succedere
a quelli contro le longobarde; e fu perciò, che introdusse il nuovo
_Jus Francorum_, onde da poi presso di noi si rese celebre quella
distinzione dei Feudi _de Jure Longobardorum et Francorum_.
Fra gli altri pregi di questo Principe, è lodato cotanto dagli
Scrittori quel suo costume di voler essere informato delle leggi
e costumi delle altre Nazioni, e ciò che reputava commendabile,
introdurlo nel Regno suo; ma di niuna altra Nazione era egli più
amante, quanto della franzese, donde egli traea origine; perciò fu
più inchinato d'introdurre nel suo novello Regno tutte quelle usanze,
e tutti quegl'istituti, che osservava in quel floridissimo Reame; per
questa istessa cagione, come osserveremo quindi a poco, v'introdusse
egli i sette Ufficj della Corona, che ivi erano; ed amante pur troppo
de' Franzesi, diede gelosia e cruccio a' Siciliani e a' Pugliesi, che
si vedevan perciò posposti negli onori a' forestieri[576].
Quindi, come si è detto, trassero l'origine nel nostro Regno i Feudi
_Juris Francorum_, poichè Ruggiero facendo venir spesso dalla Francia
Capitani ed altri soldati franzesi, si serviva di loro in tutte le sue
ardue imprese, essendo stata sempre questa gente per valor militare
riputata sopra tutte le altre; onde Ugone Falcando dice, che perciò
soleva Ruggiero fargli venire: _Transalpinos maxime, cum ab Normannis
originem duceret, sciretque Francorum gentem belli gloria caeteris
anteferri, plurimum diligendos elegerat, et propemodum honorandos._
E questo costume fu ritenuto anche da poi da' due Guglielmi suoi
successori, anzi ne' principj del Regno di Guglielmo II fu cotanto
nella sua Corte il favore de' Franzesi, che non si ritenne di crear
suo Gran Cancelliero un Franzese, onde si rese numerosa la sua Corte di
questa gente con indignazione grandissima de' Nazionali[577].
Per questo avvenne, che militando valorosamente questi Capitani sotto
l'insegne di Ruggiero, e de' due Guglielmi, furono da essi investiti
di molti Feudi, onde abbandonando la Francia, fermarono in queste
province le loro famiglie, non lasciando intanto di vivere secondo
i proprj loro costumi, che da Francia portarono; ed insino a' tempi
di Federico II lor si permise, che dovessero così ne' giudicj, come
in altre occorrenze, esser giudicati secondo i loro patrj istituti e
costumi, fra' quali il più considerabile era, che ne' Feudi dovesse
succedere il primogenito, esclusi tutti gli altri fratelli minori, non
già, come con molta imprudenza si praticava da' Longobardi, secondo
i quali venivan tutti ammessi alla successione, dividendo con tanto
discapito dello splendore delle loro famiglie i Feudi; una delle
principali ragioni, che fu della rovina de' medesimi in queste nostre
province, come altrove fu da noi osservato. In tutta la Francia, come
ne rendono a noi testimonianza Ottone Frisingense e Cujacio[578], con
provido consiglio fu istituito, che i soli primogeniti succedessero ne'
Feudi, reputando così potersi conservare lo splendor delle famiglie.
Così tutti que' Capitani e soldati franzesi, che furono investiti di
Feudi in queste nostre province, ritennero questo costume; e Ruggiero,
ed i due Guglielmi, non solamente loro il permisero, ma anche che
ritenessero tutti lor altri istituti, tanto che Federico II per toglier
le confusioni, che si cagionavano perciò in questo Reame per queste
leggi infra di lor difformi, ebbe bisogno di stabilire una Costituzione
speziale, che è quella che si legge sotto il titolo _de Jure Franc.
in judic. subl._ per la quale tolse, che ne' giudicj potessero più
servirsi di que' loro particolari istituti; e tolse ancora quell'altro
lor barbaro costume del duello, per quella sua celebre Costituzione
_Monomachiam_.
Non però tolse, anzi approvò il lor costume, come molto commendabile,
che ne' Feudi succedesse il primogenito; quindi avvenne che presso di
noi tutti i Feudatarj si distinguessero in Franchi e Longobardi: per
Franchi intendendo coloro che viveano intorno alle successioni de'
Feudi _Jure Francorum_, e per Longobardi, quelli che viveano secondo
la lor antica usanza, d'ammetter tutti i figliuoli alla successione
de' loro Feudi. Era però il _Jus Francorum_ reputato come speziale a
riguardo del _Jus Longobardorum_, ch'era il comune, tanto che scrisse
Andrea d'Isernia[579], colui che dice esser Franco, e perciò non dover
dividere co' fratelli, allegando una ragione speziale, suo dee esser il
peso di provarlo, già che comunemente tutti si presumono vivere secondo
il _Jus comune_ de' Longobardi, che stabilisce i Feudi doversi tra
fratelli dividere.
Fu adunque in tempo di Ruggiero, che s'introdusse nel Regno questa
ragion speziale di succedere ne' Feudi all'uso de' Franzesi, il quale
non soddisfatto d'aver con sì provide leggi stabilito il suo novello
Reame, e dalla Francia introdottovi nuovi costumi ed istituti per
dargli forma più nobile, volle ancora illustrarlo, e renderlo più
maestoso con introdurvi nuove dignità e più illustri, che prima non
ebbe, onde ad emulazione di quello di Francia, l'adornò de' Principali
Ufficj della Corona, che in quel Regno da molto tempo erano stati
introdotti.
CAPITOLO VI.
_Degli Ufficj della Corona._
Dapoi che in Francia, nella stirpe di Ugo Ciappetta, restò estinta
quella sublime dignità di Maestro del Palazzo, che come ruinosa a'
Principi stessi, come si vide chiaro nel Regno di Ghilperico, fu
riputato saggio consiglio di que' Re di spegnerla affatto, si videro
da questa suppressione grandemente accresciuti quattro altri Ufficj
di quella Corona, le cui funzioni eransi prima trasfuse in quello
di Maestro del Palazzo, che per la sua grandezza e sublimità avea
assorbiti tutti gli altri. Egli era perciò detto Capo de' Capi di
tutti gli altri Ufficiali: Duca de' Duchi: e non senza ragione era
assomigliato al Prefetto Pretorio sotto gli ultimi Imperadori romani. A
lui non meno si riportavano le cose della guerra, che della giustizia;
sovrastava alle Finanze, ed alla Casa del Re: in breve, era il Superior
generale di tutti gli Ufficiali del Regno senza eccezione.
Dalla suppressione dunque di quest'Ufficio ripigliarono gli altri
Uffizj della Corona la loro antica autorità, non riconoscendo poi altri
per lor Capo e superiore, che il Re istesso; onde perciò i supremi
vennero con titolo di Grandi decorati. Surse il Gran Contestabile,
che ebbe la soprantendenza della guerra, ed il comando degli eserciti
in campagna. Il Gran Ammiraglio capo dell'armate navali, che ebbe
il comando sopra mare in guerra ed in pace. Il Gran Cancelliero per
la soprantendenza della giustizia, capo di tutti gli Ufficiali di
pace, e Magistrato de' Magistrati, dipendendo da lui i Giustizieri, i
Protonotarj, e tutti gli altri minori Cancellieri. Il Gran Tesoriero,
ovvero Gran Camerario, capo della Camera de' Conti, ed Ufficial supremo
delle Finanze; ed il Gran Siniscalco, ovvero Giudice della Casa del Re,
poichè ebbe il governamento della medesima.
Tutti questi Ufficj erano chiamati della Corona, ovvero del Regno,
perchè non riguardano il servigio della persona del Re, ma del Regno:
e Ruggiero stabilito ch'ebbe il suo, ve gl'introdusse insieme con gli
altri Ufficiali minori subordinati a' medesimi. Prima, queste nostre
province non gli conobbero, e le loro funzioni venivano esercitate
sotto altro nome da diversi altri Ufficiali: e se ben sotto i Goti
se ne fosse avuta qualche conoscenza, avendocene Cassiodoro lasciata
qualche notizia, onde è da credersi, che i Franzesi dai Goti gli
apprendessero; nulladimanco essendo stati questi discacciati da'
Greci, ed i Greci da' Longobardi, si vede che nè gli uni, nè gli altri
in tutto il tempo, che dominarono queste Province, l'usarono[580]. I
Greci le governarono per Straticò e Catapani; onde è, che oggi ancora
presso di noi sia rimasto qualche vestigio di questi Ufficiali. In
Salerno ancor si ritiene il nome di Straticò, come in Messina. In
Puglia i Catapani furono assai rinomati; onde è che per questo nome di
Magistrato ritenga oggi il nome di Capitanata una provincia del Regno.
Ebbero ancora i Greci altri Ufficiali, come i Maestri de' Cavalieri,
per li quali lungamente ressero il Ducato di Napoli. Ebbero i Patrizj,
i Protospata, ed altri moltissimi; nè mai usarono i soprannomati.
Solamente è chi dice, che l'Ufficio di Protonotario fosse d'origine
greco, ma di ciò ne parleremo al suo luogo.
I Longobardi certamente non gli conobbero; essi prima divisero
i Governi in Castaldati, a ciascuno preponendo un Castaldo per
reggerlo, al quale s'appartenevan così le cose della guerra, come
della giustizia. Da poi crearono i Conti, che nella loro origine non
erano più che Ufficiali, e non Signori; ciascuno avendo il governo
del Contado a se commesso sin tanto che poi col correre degli anni
cominciassero a mutargli, e da Ufficj, ridurgli in Feudi e Signorie,
come altre volte abbiamo osservato.
Furono adunque i Normanni, e sopra tutti il famoso Ruggiero, che avendo
ridotti i suoi dominj in un ampio e potente Reame, era di dovere che
vi introducesse questi Ufficj, che in altri Regni, e particolarmente
in quello di Francia, erano riputati proprj della Corona regale, e
come tanti lumi, che facessero maggiormente risplendere il suo regal
diadema.
§. I. _Del Gran Contestabile._
Quello che meritamente, e secondo il comun sentimento degli Scrittori
s'innalza sopra tutti gli altri, e tiene il primo luogo, è il Gran
Contestabile. Nella sua origine, appresso i Franzesi era chiamato il
Gran Scudiero del Re, e perciò da Aimone[581] viene appellato _Regalium
Praepositus Equorum_, come parimente l'attesta il suo nome latino Comes
_stabuli_, molto frequente negli antichi libri, di cui Caronda[582]
riferisce molti be' passi, e sostiene Loyseau[583] contro l'opinion
d'alcuni moderni, e spezialmente di Cujacio[584], ch'è di contrario
sentimento.
Ha due grandi prerogative: l'una, egli è custode della spada del
Re, poichè quando vien promosso a sì sublime dignità, il Re gli dà
tutta nuda la sua spada nelle mani, per la quale egli all'incontro
in quell'istante gli dà la fede ed omaggio, come appunto si narra
dell'Imperador Trajano, il quale dando la sua spada nuda a Sura Licinio
Prefetto Pretorio, gli disse queste memorabili parole: _Accipe hunc
ensem, ut si quidem recte Reip. imperavero, pro me, sin autem secus,
in me utaris_. Perciò l'insegna di questa dignità è la spada nuda;
siccome il nostro Torquato seppe ben esprimere nella persona del Gran
Contestabile d'Egitto, collocandolo perciò in quella rassegna alla
destra del Re, appartenendo a lui il primo luogo sopra tutti gli altri
Ufficiali della Corona, e dandogli la spada nuda per sua insegna.
.... _alza il più degno_
_La nuda spada del rigor ministra_.
L'altra prerogativa è, che negli eserciti egli ha il comando sopra
tutte le persone, anche sopra i Principi del sangue: dispone gli
alloggiamenti, istruisce le squadre, distribuisce le sentinelle: sono
a lui subordinati i Marescialli, e tutti gli altri Ufficiali minori:
in breve ha il supremo comando negli eserciti mentre sono in campagna,
onde di quest'altra prerogativa parlando il Tasso cantò:
_Ma Prence degl'eserciti, e con piena_
_Possanza è l'altro ordinator di pena._
Ma tutta questa sua autorità ed alto imperio potea esercitarlo negli
eserciti in campagna, non già nelle Piazze, nè sopra i Governadori
delle province; onde mal fanno coloro, che vogliono far paragone de'
Gran Contestabili co' presenti nostri Vicerè, li quali non solo hanno
il comando degli eserciti in campagna, ma anche in tutte le Piazze,
sopra tutti i Governadori delle province, così in terra, come in mare,
e sopra tutti gli altri Ufficiali della Corona. Egli è però vero che
presso i Vicerè risiedono le prerogative del Gran Contestabile; poichè
le cose di guerra a lui s'appartengono, ed egli dispone gli eserciti in
campagna, a cui ubbidiscono tutti gli altri Generali e Marescialli; ma
quando il Vicerè sia assente dal Regno, nè fosser altri dal Re deputati
a quest'impiego, potrebbe ne' casi repentini e quando la necessità
lo portasse, il Gran Contestabile servirsi della sua giurisdizione, e
riassumere ciò, che prima era della sua incumbenza, come dice Marino
Freccia[585].
Il primo Contestabile, che tra le memorie antiche abbiamo nel Regno di
Ruggiero, fu Roberto di Bassavilla Conte di Conversano[586]. Questi
fu figliuolo di un altro Roberto parimente Conte di Conversano,
e di Giuditta sorella di Ruggiero: fu adoperato da Ruggiero nelle
imprese più ardue, e meritò per la disciplina militare, nella quale
era molto versato, da questo Principe esser innalzato a sì sublime
dignità. Nel Regno di Guglielmo I si rese più rinomato, e da questo
Principe fu investito del Contado di Loritello; ma da poi essendosi
da lui ribellato, gli pose sottosopra il Regno insieme con altri
Baroni, onde Guglielmo toltagli questa dignità, la diede a Simone
Conte di Policastro suo cugino, che fu il secondo Contestabile, di
cui ci sarà data occasione di più lungamente ragionare nel Regno di
Guglielmo; e ne' tempi di Guglielmo II fu Contestabile Roberto Conte di
Caserta[587].
Merita riflessione che questi Contestabili, siccome tutti gli altri
supremi Ufficiali, che prima si dissero Maestri Contestabili, e poi
_Magni_ Contestabili, erano comuni così a queste nostre Province, come
alla Sicilia, insino che questa isola fosse stata dagli Aragonesi tolta
agli Angioini; e se bene solevano a questa dignità innalzare i nostri
Baroni, come quelli che per ampiezza di dominj e Contadi, e per le
parentele che aveano co' Principi stessi, i quali non si sdegnavano
allora imparentarsi con loro, facevano la principal figura sopra tutti
gli altri Baroni di quell'isola; e spesso solevano risedere ne' loro
Stati; nulladimeno avendo i Re normanni fermata la loro sede regia
in Palermo, solevano regolarmente in questa Corte appresso la persona
del Re risiedere, dal quale erano impiegati ne' più rilevanti affari
della Corona. Perciò non bisogna confondergli co' minori Contestabili,
i quali erano mandati ad una particolar provincia, ed a' quali o
era commesso il governo di qualche città, o gli era dato il comando
d'alcuni reggimenti o di fanteria o di cavalleria; poichè se bene
questi erano pure chiamati Contestabili, il loro posto però era molto
diverso, e di gran lunga inferiore a' grandi e primi Contestabili, i
quali perciò erano chiamati Regni Comestabuli. Così nella Cronaca di
Not. Riccardo di S. Germano scritta ne' tempi di Federico II leggiamo,
che Filippo di Citero, _erat Comestabulus Capuae_. E ne' tempi
posteriori si leggono molte carte rapportate dal Tutini[588], nelle
quali la Contestabilia era ristretta al governo d'una città sola, e
ad una particolare incumbenza: così spesso s'incontra nelle scritture
del regio Archivio della Zecca: _Henricus Comestabulus Foggiae_: ed in
alcuni istromenti del medesimo Archivio, pur si legge _Franciscus Garis
Comestabulus vigintiquatuor Balestrarum_; ed altrove: _Franciscus de
Diano Comestabulus Peditum_.
Così ancora venivano chiamati _Comestabuli Regii Hospitii_ i Mastri
di stalla della Casa reale. E parimente li Capitani delle milizie,
ch'erano in ciascheduna Provincia del Regno, che oggi si dicono
Capitani del Battaglione, erano ancora Contestabili nomati. Osserviamo
perciò Pietro della Marra Contestabile di Terra di Lavoro; Guglielmo
Ponciaco Contestabile in Basilicata; Mattia Gesualdo Contestabile
nel Principato, Gualtiedi del Ponte Contestabile in Capitanata,
Adamo Morerio Contestabile in Terra d'Otranto, e Gentile di Sangro
Contestabile nell'Apruzzi.
Nel Regno degli Angioini quest'Ufficio non perdè niente del suo antico
splendore; anzi, come scrisse Marino Freccia, Carlo I d'Angiò soleva
concederlo colle medesime prerogative, ed all'istesso modo del Regno di
Francia, ordinando che in quella guisa appunto dovesse esercitarsi nel
suo Regno di Sicilia. E Carlo II suo successore stabilì molti Capitoli
attenenti a' Gran Contestabili, rapportati dal Tutino, a' quali
sottopose tutti i Marescialli del suo Regno. Ma ora quest'Ufficio,
per le cagioni, che si diranno nel progresso di quest'Istoria, è
a noi rimaso sol a titolo d'onore e senza funzione, essendo la sua
autorità passata in gran parte nella persona del Vicerè; e solo i
Gran Contestabili ritengono la precedenza nel sedere in occasion
di Parlamenti, e nell'altre pubbliche celebrità, con molte altre
preminenze, come il vestirsi di porpora e d'armellini con berrettino;
ed ultimamente ancorchè gli fossero stati lasciati questi onori, se gli
è pure levato il soldo, che prima godevano.
§. II. _Del Grand'Ammiraglio._
Dovrebbe occupar il secondo luogo tra' Ufficj della Corona quello del
Gran Cancelliere, siccome s'usa presso i Franzesi; ovvero quello di
Gran Giustiziero siccome ora si osserva presso di noi; ma due ragioni
mi spingono dopo il Gran Contestabile a favellare del Grand'Ammiraglio:
l'una per la grande uniformità che egli tiene col Gran Contestabile;
poichè avendo ambedue la soprantendenza della guerra, il primo sopra
gli eserciti in campagna, e questo secondo sopra l'armate di mare,
mi muove, innanzi che si faccia passaggio agli Ufficiali di pace ed a
quelli di giustizia, a dover del Grand'Ammiraglio ragionare: l'altra
più potente si è il vedere, che a' tempi di questi Re normanni, ne'
quali siamo, fu la dignità del Grande Ammiraglio riputata assai più
di quella del Gran Cancelliere, e di qualunque altro Ufficiale di
giustizia; perchè essendo questi Re potenti in mare cotanto che per le
loro armate si resero gloriosi e tremendi per tutto Oriente, portando
le loro vittoriose insegne insino alle porte di Costantinopoli, e
nell'Affrica fecero maravigliosi acquisti; il loro imperio sopra il
mare era più ampio e considerabile, che quello di terra; onde avvenne,
che ne' tempi di Ruggiero, e dei due Guglielmi suoi successori, l'esser
Grand'Ammiraglio del Regno di Sicilia, era il più alto grado, nel quale
alcuno potesse mai essere innalzato. In fatti vediamo che il famoso
Majone di Bari, che a' tempi di Ruggiero era Gran Cancelliere, entrato
da poi in somma grazia del Re Guglielmo, fu da costui, per dargli un
saggio della grande stima, che faceva della sua persona, innalzato
ad esser Grand'Ammiraglio; ed Ugone Falcando, narrando lo stato della
Corte nei principj del Regno di Guglielmo II, nel qual tempo reggeva
l'ufficio di Gran Cancelliere l'Eletto di Siracusa, e quello di Gran
Camerario del palazzo Riccardo Mandra, dice che _Matthaeus Notarius cum
sciret Admiratum se non posse fieri, ob multam ejus nominis invidiam,
Cancellariatum totis nisibus appetebat_.
Se riguardiamo l'impiego e le funzioni di questo Ufficio, non è da
porsi in dubbio, che non fosse antichissimo, conosciuto da' Romani,
e più dalle regioni d'Oriente bagnate dal mare; poichè presso Livio
abbiamo i Prefetti delle classi marittime, e nell'antica Gallia presso
Cesare spesso s'incontrano i Prefetti marittimi, fra quali sopra
tutti si distinse Bibulo. Ma il suo nome certamente non lo ritroveremo
presso i Romani; ed io acconsento all'opinione di coloro, che stimano
questa voce essere non già provenzale, come credette l'Alunno[589],
ma saracena; come ben pruovano da molti passi dell'Istoria del
Fazzello[590], Pietro Vincenti[591] ed il Tutini[592]. Ed in vero i
Saraceni furono molto potenti in mare, ond'è che nell'istorie loro
spesso s'incontrano questi nomi d'Ammiragli, poich'ingombrando essi
l'Oriente, e gran parte dell'Occidente, come la Spagna, l'Affrica e la
Sicilia, luoghi nella maggior loro estensione bagnati dal mare, ebbero
perciò molti Generali di mare, da essi Ammiragli chiamati.
Gli conobbero ancora i Greci e gli ultimi Imperadori d'Oriente, i
quali per opporsi agli sforzi dei Saraceni bisognò, che si provedessero
d'armate marittime essi ancora, e non è fuor di ragione il credere che
in queste nostre province gli avessero i Greci prima introdotti, poichè
non essendogli negli ultimi tempi rimaso altro, che molte città nella
riviera del mare, come quelle della Calabria, e parte della Lucania,
Amalfi, Napoli e Gaeta, tutti luoghi marittimi bisognò provedersi
d'armate per conservargli da' Saraceni, i quali siccome avevan loro
tolta la Sicilia, così passavano pericolo quest'altre città ancora di
qua del Faro di correre la stessa fortuna. In fatti osserviamo, che gli
Amalfitani si resero potenti in mare, e nell'arte nautica espertissimi,
tanto che i Greci gli ebbero per valido presidio, ed in essi per
le cose marittime fondavano le maggiori speranze; e come altrove
fu avvertito, s'avanzarono tanto in questo mestiere, che oltre alle
frequenti navigazioni per tutte le parti orientali, furono riputati
arbitri delle controversie marittime; e siccome a' tempi de' Romani,
i Rodiani si lasciarono in dietro tutte le altre Nazioni, tanto che
le leggi Rodie erano la norma di tutti i Popoli dell'Imperio, per le
quali le liti insorte su la nautica venivan decise; così presso di noi,
tutte le liti, e tutte le controversie surte intorno alla navigazione,
si decidevano secondo le leggi, ed instituti degli Amalfitani; e Marino
Freccia[593] attesta, che insino a' suoi tempi questi litigi venivan
terminati secondo le leggi amalfitane. Quindi avvenne, che per essere
gli Amalfitani tutti dediti alla navigazione, ed esperti nella nautica,
riuscì finalmente a Flavio Gisia Amalfitano, ne' tempi di Carlo II
d'Angiò, uomo sagacissimo, di rinvenire la Bussola tanto necessaria per
le navigazioni.
Ma avendo ora i Normanni discacciati dalla Sicilia i Saraceni, e da
questi nostri luoghi i Greci, per potergli difendere dall'invasione
così degli uni, come degli altri, bisognò che parimente si
fortificassero in mare. E quanto in ciò i Normanni s'avanzassero, e
precisamente a tempo del famoso Ruggiero, e de' due Guglielmi, ben
è chiaro dall'istoria de' Regni loro. Per questa ragione l'Ufficio
di Grand'Ammiraglio a questi tempi fu reputato il più rinomato ed
illustre; onde avvenne, ch'essendo il numero delle loro armate ben
grande, e perciò convenendo tener più Ammiragli, il primo, e capo sopra
di tutti, si fosse appellato _Ammiraglio degli Ammiragli_.
Avea egli perciò le più insigni prerogative, che mai possono
immaginarsi intorno all'Imperio del mare: egli comandava sopra mare in
pace ed in guerra: era sua incumbenza la costruzione de' vascelli e
delle navi del Re, reparargli e disporgli per mantener il commercio:
tener li Porti in sicurezza in tutta l'estensione del Reame, e
conservare i lati marittimi sotto l'ubbidienza del Re; ed erano a lui
subordinati tutti gli altri Ammiragli delle province e de' porti, i
Protontini, i Calefati, i Comiti, i Carpentieri, e tutti gli altri
minori Ufficiali marittimi[594].
Presentemente il nostro Grand'Ammiraglio ritiene la giurisdizione così
civile, come criminale sopra tutti gli Ufficiali a lui subordinati, e
sopra tutti coloro, che vivono dell'arte marinaresca[595]: tiene perciò
un particolar Tribunale, ove i Giudici creati dal Grande Ammiraglio
amministrano giustizia a tutti coloro che sono ad essi subordinati, ed
ha leggi particolari stabilite sulla nautica, onde le liti si decidono:
tanto che siccome per li Feudi è surto un nuovo corpo di leggi feudali,
così ancora per la nautica, un nuovo corpo di leggi nautiche abbiamo,
del quale qui a poco farem parola. Ritiene ancora presso di noi per
sua insegna il fanale, siccome anticamente avea il Grande Ammiraglio
di Francia, il quale ora non più il fanale, ma l'Ancora ha per
insegna[596]. Ha purpurea veste, e ne' Parlamenti siede alla parte
destra del Re, dopo, ed al lato del Gran Contestabile.
Il primo, che s'incontra nel Regno di Ruggiero, fu Giorgio antiocheno:
fu costui da Ruggiero per la sua eminente virtù, ed esperienza nelle
cose marittime chiamato fin da Antiochia, e fu da questo Principe
creato Grand'Ammiraglio, del cui consiglio e prudenza valevasi
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