La vita militare: bozzetti - 20

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passare per certe vie, per cert'altre no; si diceva che dentro v'eran
le materie velenose che ammorbavano l'aria; non si voleva lasciarli
passare; si sbarrava loro la strada. Per portare il rancio ai loro
compagni di guardia bisognava che i soldati facessero un lungo giro
attorno a certi quartieri; guai a passarvi in mezzo; la vista delle
marmitte metteva in sospetto la gente; in men d'un istante, si
radunava la folla, si arrestavano i soldati, si voleva vedere che
cosa portavano, si obbligavano i portatori ad assaggiare in presenza
di tutti quel brodo, a lasciarne una parte per provarlo e analizzarlo
poi. Un indizio, per quanto lieve, un'asserzione, per quanto assurda,
una parola, un gesto qualunque d'uno della folla bastava a mutare il
sospetto in certezza, la certezza in furore. Non c'era tempo e modo
di consumar un delitto poichè i furori della plebe, sempre preveduti,
erano sventati sempre da un soccorso preparato e sollecito; ma la
violenza non s'era sempre in tempo a impedirla, nè tanto potevano
andar cauti i soldati da riuscire ad evitarla ogni volta, o a non
provocarla mai.--Un giorno, in una via disusata, alcune donne del volgo
videro un soldato con un involto sotto il braccio entrare a passi
frettolosi in una casa, dove, poco prima, una fanciulla era stata
colpita dal colèra. Cominciarono a fantasticare fra loro sul perchè
quel soldato fosse entrato in quella porta.--Avete notato che cosa
aveva sotto il braccio?--Avete osservato come aveva la faccia torva,
e come si guardava attorno con sospetto?--Tutte gli avevano veduto
qualcosa di strano e di malaugurato. Andarono verso quella casa e si
fermarono davanti alla porta. Era chiusa; i sospetti s'accrebbero.
Picchiarono; nessuno venne ad aprire. Chiamarono ad alta voce quei di
dentro; nessuno rispose. Non c'era più dubbio; in quella casa si stava
consumando un delitto. Levarono alte grida, percossero furiosamente la
porta, lanciaron sassi nelle finestre; in meno d'un minuto la strada
fu piena di gente armata di bastoni, di scuri e di coltelli; la porta
fu rovesciata, la folla si precipitò nella casa. Quand'ecco si schiude
rapidamente una delle finestre del primo piano; un uomo in maniche di
camicia balza in piedi sul davanzale, manda un altissimo grido, salta
giù nella strada, cade, si rialza,--c'è un soldato che avvelena!--urla
atterrito alla gente che gli si affolla intorno, fende la calca, divora
la strada, scompare. Era il soldato istesso entrato poco prima nella
casa per dare a una lavandaia un involto di biancheria del suo furiere.
Pochi giorni dopo accadde qualcosa di simile a un'ordinanza, mentre
dalla trattoria portava il pranzo al suo ufficiale ch'era malato in
casa. Da una mano teneva una boccetta dello speziale, e dall'altra i
quattro capi d'un tovagliolo con dei piatti. Attraversava una viuzza
abitata da poveri. Tutti l'osservavano attentamente; qualcuno, a una
certa distanza, lo seguiva; quattro o cinque donne lo fermarono e gli
chiesero fieramente che cosa ci fosse in quei piatti. Ebbe la mala
ispirazione di rispondere un'impertinenza. In men che non è detto, i
piatti, la boccetta, il tovagliolo furono sotto i piedi d'una folla
di gente sbucata come per incanto da tutti i bugigattoli delle case
d'intorno. Il povero soldato appena ebbe il tempo di aprirsi la via
colla baionetta alla mano, e dovette ringraziare il cielo d'esserne
uscito con una graffiatura nel viso e un colpo di pietra nella schiena.
Un'altra volta, passando tre soldati dinanzi a un gruppo di case
fuori della città, uno di essi si fermò a guardare un fanciullo che
scavava colle mani una fossetta, gli disse:--Bel bimbo,--si chinò e
gli fece una carezza. Una donna poco lontana di là vide quell'atto,
si slanciò alla porta d'una di quelle case e gridò con quanta voce
avea in gola:--Presto, presto! I soldati t'ammazzano il bambino!--Un
grido acuto s'intese dal di dentro, apparve nello stesso punto
sull'uscio un'altra donna, vide i soldati, si avventò, gettando un
grido spaventevole, sopra il bambino, lo strinse fra le braccia, tornò
come un fulmine in casa, chiuse la porta, si slanciò alla finestra,
ansante, convulsa, cogli occhi fuor dell'orbita e la faccia smorta e
stravolta; fissò lo sguardo sui soldati, e poi, accompagnando le parole
con un gesto vigoroso come se scagliasse una pietra, gridò con voce
soffocata:--Maledetti!--e si ritrasse. I soldati stavan là fermi, a
bocca aperta, come trasognati. Ma la donna che avea dato il primo grido
era corsa a chiamar gente; onde i tre poveri giovani pensarono tosto a
mettersi in salvo, che non c'era tempo da perdere. Non avevano fatto
ancora cinquanta passi quando apparvero davanti alla casa della madre i
forieri armati della turba.
Una sera, lunge dall'abitato, un branco di contadini che andava in
traccia d'avvelenatori, s'imbattè in un soldato. Appena lo vide, gli
mosse incontro di corsa. Il soldato, malaccorto, volse le spalle e
si diè a fuggire. Fu raggiunto, afferrato da dieci mani, tradotto
dietro una casa romita, messo colle spalle al muro, minacciato
di morte.--Dove tieni il veleno?--gli domandarono dieci voci in
una.--Io non ho veleno...--rispose balbettando il soldato, bianco
come un cadavere.--Dove tieni il veleno?--insistettero gli altri
minacciosamente. E uno gli tolse il cheppì, lo esaminò e la buttò
in terra; un altro gli strappò dal collo la cravatta.--Fuori questo
veleno!--e uno che lo avea afferrato pel collo gli fece batter la
testa nel muro.--Non ho nulla....--rispondeva con voce spenta e
supplichevole il soldato.--Ah, non hai nulla, eh? Ora lo vedremo se
non hai nulla! digrignavano quei feroci, e sbottonatogli il cappotto
e apertagli la camicia, lo andavano frugando per tutto.--Levategli il
cinturino,--disse uno.--Gli afferrarono subito il cinturino e glielo
tirarono di qua e di là per levarglielo d'addosso; non ci riuscivano,
strillavano, bestemmiavano.--Oh!... lasciatemelo stare..., implorava
il povero soldato, lasciatemelo stare il cinturino!...--Glielo
sciolsero e glielo buttaron via, lo costrinsero a svestire il cappotto,
malmenandolo, percuotendolo, facendogli correre a fior di pelle le
punte dei coltelli, urlandogli nell'orecchio ogni maniera di vituperi
e di maledizioni. L'infelice, a cui restava appena tanta forza da
reggersi in piedi, si lasciava fare ogni cosa senza resistenza, quasi
fuori dei sensi, colla testa e le braccia penzoloni come una persona
morta, mormorando di tratto in tratto con un filo di voce:--La mia
baionetta.... io non avveleno nessuno.... lasciatemi stare.... datemi
la mia roba.... la mia baionetta!...--L'avrebbero certamente ucciso;
ma volle la fortuna che passasse per di là una pattuglia, la quale,
accorrendo velocissimamente, disperse la turba proprio nel punto che
stava per ispargere il sangue di quello sventurato.
E questo ch'io narrai è quanto accadde di meno doloroso in quell'ordine
di fatti, però che a Catania almeno sangue di soldati non se ne sparse,
e non si può dire lo stesso di tutti gli altri paesi. Che cosa doveva
provare in quei giorni il cuore dei soldati! Quali saranno stati i
loro pensieri, i loro discorsi, a vedersi così ferocemente esecrati da
coloro stessi a cui sacrificavano il riposo, la salute, la vita!
Ma per essi il correr rischio continuo della vita e averla a difendere
così di frequente dalle violenze d'un volgo insensato era forse un
pensiero meno doloroso e una cura men grave che il dovere a ogni tratto
proteggere la vita degli altri cittadini dalle stesse violenze e per
le stesse cause minacciata. Ogni giorno dovevano accorrere a disarmare
e ad ammansire una folla cieca di furore e assetata di sangue, e a
strappare dalle sue mani le vittime, quasi sempre già malconcie dalle
percosse e sanguinose, spesso semivive, qualche volta già trucidate.
Bisognava, quando non si poteva più far altro, lottare per impadronirsi
dei cadaveri, perchè non fossero mutilati e trascinati per le vie, o
dati in preda alle bestie o alle fiamme. Bisognava che si cacciassero
uno ad uno in mezzo a una folla di gente armata, che stringendosi e
ondeggiando li portava di qua e di là, separandoli, pigliandoli in modo
che al bisogno non avrebbero neanco potuto far uso delle armi, e l'uno
potea essere passato da una coltellata senza che gli altri nemmeno se
n'accorgessero. Eppure di quella turba forsennata bisognava fidarsene,
e persuaderla, pregarla, supplicarla, chè ogni minaccia sarebbe
riuscita vana, quando pure, inasprendo le ire, non avesse provocato
una mischia e fatto versar nuovo sangue; il che, pur troppo, non di
rado accadeva. Ciò nulla meno, molte vite furono salve, molto sangue fu
risparmiato, e s'impedirono molti atti di ferocia brutale, specialmente
nei paesi in cui non eran sospetti di veneficio i soldati, o nei giorni
in cui non l'erano più.
Varrà un esempio per tutti.
A Bocca di Falco, piccolo villaggio vicino a Palermo, c'era il
colèra. Correvano per le bocche di tutti i nomi di coloro sui quali
il terribile sospetto era caduto, e s'aspettava una qualunque
occasione per immolarli. Fra questi era un povero merciaiuolo che
ogni due o tre giorni attraversava il paese per recarsi a Palermo.
Aveva i capelli lunghi, un vestire strano, un cipiglio fiero, modi
aspri e poche parole; ce n'era d'avanzo per crederlo uno spargitore
di veleno. Un giorno che il colèra aveva incrudelito oltre il
consueta in quel paese, alcune frotte di pezzenti armati di zappe e di
bastoni andavano in volta pel paese, levando alte grida di minaccia,
fieramente risolute a farla finita cogli avvelenatori. Una di queste
frotte incontrò il merciaiuolo, lo pigliò in mezzo senza ch'egli se
n'avvedesse, gli si strinse ai panni e lo interrogò.--Quanti ne hai
spacciati quest'oggi?--Lo sventurato comprese e credette di salvarsi
con uno scherzo--Dieci!--rispose, e non rise.--Bastò. Uno della
folla gli diede un gran calcio nella cassettina delle spille e delle
cravatte che portava appesa al collo, e gli mandò in aria ogni cosa,
dicendogli:--Questo, per ora. Adesso mostraci con che cosa assassini
la gente.--Io?--quegli rispose per sua sventura, non riuscendo a
frenare un impeto d'indignazione.--Siete voi che mi assassinate!--Ah
siamo noi!--proruppe la folla furente. E nello stesso punto un pugno
vigoroso nel mento gli empiva di sangue la bocca, una mano lo serrava
alla strozza, un'altra gli si avvolgeva nei capelli, su tutta la
persona gli cadeva una tempesta di pugni e di calci, ed era sbattuto
così violentemente contro il muro che la nuca vi lasciava sopra una
impronta di sangue.--Confessa i complici, assassino!--gli gridavano i
primi conficcandogli profondamente le unghie nelle guancie e nel collo
e premendogli le ginocchia e i bastoni contro il ventre--confessa!--E
quei ch'eran dietro tendevan le braccia per afferrarlo, si buttavano di
qua e di là per aprirsi un varco nella folla e giungere fino a lui e
aprirgli anch'essi una ferita. L'infelice grondava sangue dalla bocca e
dalle orecchie, gli occhi pareva gli volessero schizzar dalla fronte,
un rantolo mortale gli erompeva dal petto; metteva orrore.--Confessa!
Confessa!--Tutto ad un tratto dall'altro lato della strada scoppiò un
altissimo grido; era un altro avvelenatore che un'altra frotta di
forsennati aveva assalito e percosso; tutti si voltarono da quella
parte; il merciaiuolo, rimasto libero un istante, ributtò con uno
spintone due che gli stavano al fianco, si gettò in una porta, la
chiuse. La folla, intravvisto quell'atto, s'avventò contro la porta
e cominciò a percuoterla rabbiosamente co' sassi e colle zappe. Il
merciaiuolo s'era ricoverato in una stanzuccia a terreno; v'era dentro
una donna che aveva visto dalla finestra tutta la scena di poco prima;
all'apparir dell'avvelenatore si tenne per morta; il coraggio e la
rabbia della disperazione l'invasero; gli si slanciò contro come
una furia, gli si avviticchiò al collo, e cominciò una lotta feroce
di morsi e di graffi. Stramazzati tutti e due, si avvoltolavano per
terra come due belve, tenacemente abbracciati, l'un sopra l'altro a
vicenda, mescendo l'alito e il sangue; la folla sporgeva le braccia
dentro la stanza a traverso l'inferriata della finestra, e tendeva le
mani convulse per afferrare la sua vittima, ululando orrende parole,
e la porta cominciava a scricchiolare ed a cedere.... I soldati! I
soldati!--gridarono in quel punto molte voci. Dopo un istante il povero
merciaiuolo udì avvicinarsi nella via un rumor concitato di passi, vide
luccicare di là dalle finestre le baionette, senti sonare una voce
poderosa al di sopra del tumulto che diceva:--Pane per tutti!--e subito
dopo i colpi alla porta rallentarsi e cessare, le braccia dei suoi
assalitori ritrarsi dalla inferriata, e alle grida irate della folla
succedere un sordo mormorio. La donna era rimasta in terra stremata
di forze; egli era salvo.--Il comandante del distaccamento era stato
avvisato per tempo di ciò che stava accadendo in paese, aveva radunato
in un attimo tutti i suoi soldati, aveva fatto prender da ciascuno il
suo pane, ed era così accorso a sedare il tumulto colla doppia arme
della minaccia e della carità. Dei soldati, in quel paese, non si
sospettava, non solo, ma v'eran ben veduti, e fors'anco amati per le
elemosine e i soccorsi d'ogni maniera di che erano stati sempre larghi
con tutti; e però, al loro apparire, la folla ristette dalle violenze,
e a poco a poco si tranquillò. Una parte dei soldati entrò nella casa e
vi si pose a guardia; gli altri stettero guardando quei poveri affamati
che divoravano il loro tozzo di pane in silenzio.--Oh quanti ne
seguirono di cotesti fatti, e quante volte si ripeterono negli stessi
paesi!
* * * * *
Ma la fatica più dura e l'ufficio che naturalmente più repugnava
ai soldati era quello di seppellire i morti; per cui bisognava che
s'armassero più che mai di coraggio e di fortezza. Spesse volte, nel
cuor della notte, capitava alla caserma un messo del municipio a dire
che in un tal punto, in una tal casa del paese s'erano scoperti dei
cadaveri che nessuno voleva seppellire e che bisognava provvedervi
prontamente, prima che la putrefazione rendesse impossibile la
sepoltura. Un rullo fragoroso di tamburo destava in un istante tutto
il corpo, si radunava un drappello di soldati, si accendevano le
lanterne, si tiravano fuori i carri, si pigliavan le zappe e i badili,
l'ufficiale di picchetto si metteva alla testa del convoglio, e via.
Si giungeva silenziosamente al luogo indicato; le vie erano solitarie,
le case abbandonate e chiuse. Dopo lunga fatica le porte scassinate
rovinavano, e un alito d'insopportabile fetore ributtava indietro i
soldati. Coraggio; uno innanzi colla lanterna; gli altri dietro a
passo lento colla mano sulla bocca girando peritosamente lo sguardo
per la squallida stanza. Distesi in terra su giacigli di paglia o di
cenci, seminudi o mal ravvolti in un immondo stracciume, giacevano
i cadaveri l'uno accanto all'altro, o l'un sull'altro sconciamente
mescolati; le faccie tumide, chiazzate di nero, lorde attorno alla
bocca di una bava sanguinolenta; i ventri rigonfi, sparsi di larghe
macchie vinose e reticolati di verdi strisce dagli intestini e dalle
vene; le membra, dalla parte appoggiata al suolo, schiacciate; ogni
sembianza umana stravolta o perduta, e qua e là per le membra più
corrotte il primo manifestarsi d'una vita schifosa. E bisognava
avvicinarsi a quegli orridi giacigli e afferrare e sciogliere le une
d'in fra l'altre quelle membra; sollevare ad uno ad uno quei corpi
e portarli sui carri, vedendoli ad ogni scossa e ad ogni passo più
bruttamente scomporsi e trasfigurarsi, e lasciar cadere qua e là ora
un fetido cencio, ora qualche altra più sozza traccia di sè. Oh la
era ben altra cosa che vedere i morti sul campo stesi in un lago di
sangue, lacerati dalla mitraglia, o rotti e mutilati dalle palle di
cannone! Allora ci suona intorno il grido di mille compagni, si vedono
ondeggiare qua e là pei colli e pei campi i battaglioni luccicanti di
baionette, si vede sventolar lì accanto la bandiera del reggimento,
si sente il lontano rumore delle batterie accorrenti, e il sangue
ribolle, l'anima s'esalta, e i cadaveri che s'incontran sul cammino
non si contano, ma che! non si guardano, non si vedono, non si pensa
nemmeno che ce ne debbano essere, o se l'occhio vi si fissa, il cuore
esclama:--Addio, fratello!--e null'altro, e si va oltre, e si scorda.
Ma là, in quegli abituri, di notte, in mezzo a quel silenzio, e in
quella quiete e al chiarore di quelle lanterne, come doveva essere
orrenda l'immagine della morte! Quanti di quei soldati, anche de' più
forti, avranno poi avuto presente, e per più giorni, l'immagine di
quei cadaveri deformi, e avran risentito il contatto di quelle membra
gelide e floscie, il rumore di quelle teste cadenti pesantemente sul
carro!--E spesso qualcuno retrocedeva inorridito alla vista dei morti,
o nell'atto di afferrarli gli tremavan le braccia e gli si velavano
gli occhi.--Oh amico!...--avrà detto al vicino,--io non posso!--Ma
suonava sempre pronta la voce dell'ufficiale:--Coraggio, figliuoli,
tutto sta nel pigliare il primo; bisogna farci l'abitudine.--E allora
il soldato stendeva timidamente la mano sopra il cadavere, torcendo il
capo e trattenendo il respiro.--Il convoglio s'incamminava alla volta
del cimitero. Quivi giunti, i soldati posavano le lanterne in terra, e
parte cominciavano a scavar le fosse, parte, fermi accanto ai carri,
aspettavano un cenno per porre giù i morti. L'ufficiale stava immobile
sull'orlo d'un fosso a sorvegliare l'opera de' soldati. Tutti tacevano.
Non si sentiva che il picchio delle zappe confitte nel terreno e il
ricader della terra gettata in aria da' badili. E tratto tratto una
voce:--Animo, ragazzi!--E poi si traevan giù dai carri i cadaveri; un
soldato facea lume perchè ognuno potesse vedere dove metteva le mani,
un altro ritto sul carro aiutava quei di sotto a prender corpo per
corpo dal mucchio, e diceva:--Pigliate questo.--Quest'altro.--Attenti
a questo qui che è mezzo disfatto....--Dieci passi più in là non si
sarebbe sentito che un lieve bisbiglio, e a quando a quando una voce
più forte:--Coraggio.--Oppure:--Badate alle mani.--E tutt'intorno
tenebre e silenzio.
--Ma perchè,--domandò una volta un soldato mentre rientrava in
quartiere--perchè li dobbiamo sotterrar noi?--Oh bella--gli rispose un
caporale con accento di profonda convinzione,--perchè non li sotterrano
gli altri.--A una ragione siffatta non c'era più che obiettare, e tutti
stettero zitti.
Ma ciò che s'è detto finora non è che lieve cosa in confronto di quel
che rimane a dirsi. Quanti casi ben più funesti e più lagrimevoli sono
seguiti, e come sarei lontano ancora dalla fine della mia narrazione se
volessi dire solo una metà di quelli ch'io conosco, e ne conosco una sì
piccola parte!
A Sutèra, piccolo paese della provincia di Caltanissetta, v'era un
pelottone del 54º reggimento di fanteria comandato dal sottotenente
Edoardo Cangiano. La mattina del 22 giugno capita alla caserma un
contadino tutto affannato e si presenta all'ufficiale.--Oh signor
ufficiale!--esclama con voce supplichevole,--venga lei per carità,
ci soccorra lei... Qui presso, a Campofranco, è scoppiato il colèra;
metà della gente è fuggita; le vie son piene di morti; non ci son
medici, non ci son becchini, non c'è nemmeno da mangiare....; è una
desolazione....; quei che non morranno di colèra morranno di fame....
Oh, venga lei, venga subito lei!--Immantinente il pelottone in armi, un
avviso al sindaco, un dispaccio al comando militare di Caltanissetta,
un avvertimento al sergente che resta in paese con qualche soldato,
e poi via a gran passi alla volta di Campofranco. C'era da fare un
miglio di strada o poco più per un viottolo serpeggiante a traverso
i campi. Splendeva un sole ardentissimo. I soldati, grondanti sudore
sin dal primo uscir dal paese, procedevano un dietro l'altro, in lunga
fila, con un andare fra il passo e la corsa e l'orecchio intento
al contadino, il quale con interrotte parole dipingeva al Cangiano
il triste spettacolo che gli avrebbe offerto il paese.--Animo,
animo,--questi gli rispondeva tratto tratto,--co' lamenti non si fa
nulla, ora è tempo di fatti.--E sempre più affrettava il passo, e con
esso i soldati, tanto che finirono col correre addirittura. A un certo
punto si cominciarono a veder da lontano uomini, donne e fanciulli
errare incertamente pei campi, accennarsi l'un l'altro i soldati,
soffermarsi, fuggire, correre avanti e indietro, chiamarsi ad alta
voce, radunarsi e disperdersi, come gente inseguita e fuor di senno
dalla paura. A misura che il drappello s'avvicinava al villaggio, i
fuggiaschi spesseggiavano, l'agitazione, il gridìo crescevano; intere
famiglie s'aggiravano per la campagna portando o traendosi dietro le
masserizie; alcuni che avean posto la roba in terra per riposarsi,
alla vista de' soldati la ripigliavano in fretta e s'allontanavano
volgendosi indietro paurosamente; altri cadevano spossati, altri si
rialzavano; molti de' più lontani, rivolti verso i soldati, mandavano
alte grida e agitavano le braccia in atto di maledire.--Ah! signor
ufficiale!--esclama il contadino,--questo non è anche nulla!--Non
importa--rispondeva il Cangiano;--siamo preparati a tutto.--Apparvero
le prime case del paese e l'imboccatura della prima strada. La
gente che veniva fuggendo alla volta dei soldati, scortili appena,
parte volgea le spalle e tornava in paese correndo e gridando come
se annunciasse un assalto di nemici; parte si gettava a destra e a
sinistra pei campi. Sul primo entrare nella strada, due cadaveri stesi
in terra davanti alla porta d'una casa disabitata. Appena entrati, un
rapido sparir di gente nelle case, un chiudersi impetuoso di porte e
di finestre, strida acute di donne, pianti di bambini, e in fondo alla
strada un rapido affollarsi e un rimescolarsi rumoroso di popolo, poi
una fuga generale.--Presto,--gridò il Cangiano,--dieci soldati girino
attorno al paese e vadano a fermar quella gente.--Dieci soldati si
spiccarono dal pelottone e infilarono di corsa una via laterale. Gli
altri tirarono innanzi. La gente impaurita continuava a rinchiudersi in
furia nelle case.
--Non vogliamo far del male a nessuno!--gridava ad alta voce il
Cangiano;--siamo venuti ad aiutarvi, siamo vostri amici; uscite, buona
gente, uscite pure di casa!--
Qualche porta e qualche finestra cominciava ad aprirsi; qualche
persona, alle spalle dei soldati, cominciava ad uscire; nell'interno
delle case s'udivan voci fioche di lamento; nella strada, dinanzi
alle porte, giacevano prostesi molti infelici estenuati dalla fame
e languenti, o presi dal morbo, immobili e intorpiditi che parevano
morti; qua e là masserizie abbandonate sugli usci o in mezzo alla via
e ad ogni passo paglia sparsa e ciarpame. In ogni viuzza laterale che
mettea nei campi uno o due o più cadaveri, quali coperti di paglia,
quali di terra, quali di pochi cenci fra cui apparivano le membra
gonfie e nerastre; altri buttati a traverso le porte, metà dentro e
metà fuor delle case.--Guardi, signor ufficiale, guardi!--esclamava
lamentevolmente il contadino,--Provvederemo a tutto,--rispondeva il
Cangiano--coraggio!--
In quel punto, la folla dei fuggitivi ch'era stata respinta
addietro da quei dieci soldati, veniva tumultuosamente verso
l'ufficiale.--Schieratevi,--gridò questi volgendosi ai soldati, ed
essi si fermarono e si schierarono a traverso la strada. Il Cangiano
aspettò la turba di piè fermo. Questa gli si arrestò dinanzi a una
diecina di passi, cessò di gridare, e stette guardando con fiero
cipiglio i soldati. Era tutta povera gente stracciata, faccie pallide
e ossute, occhi stralunati, fisonomie a cui i lunghi patimenti aveano
dato un'espressione come di stanchezza mortale e insieme di selvaggia
fierezza.--Vogliamo uscire!--gridò una voce di mezzo alla folla.
E tutti ripeterono il grido, e la folla ondeggiò.--Perchè volete
uscire?--domandò il Cangiano con voce risoluta, ma temperata d'una
tal quale dolcezza.--Bisogna restare; bisogna aiutarsi l'un l'altro;
alle disgrazie comuni bisogna rimediare in comune; è un farle peggiori
il pensare ciascuno solamente per sè e nulla per tutti.... Noi siamo
venuti a soccorrervi.--Vogliamo uscire!--gridò minacciosamente la
folla, e que' di dietro incalzando, i primi furon balzati innanzi due
o tre passi.--Fatevi indietro,--disse con gran calma il Cangiano, e
poi ad alta voce:--Ascoltate il mio consiglio; le donne e i fanciulli
rientrino in casa; gli uomini restino per aiutare i soldati a
seppellire i morti.--Noi non vogliamo morire!--rispose imperiosamente
la moltitudine, e levando un rumor confuso di grida, si rimescolò e
ondeggiò un'altra volta come per pigliare lo slancio e gettarsi contro
i soldati.--Lo volete?--tuonò allora l'ufficiale,--e sia!--E voltosi
indietro gridò:--Pronti!--Il pelottone levò e spianò i fucili in atto
di sparare, e la folla, gittando un grido di spavento, disparve in un
attimo per le vie laterali. Gli altri dieci soldati si ricongiunsero ai
primi.
--Qui ci vuol fermezza e coraggio,--esclamò il Cangiano;--bisogna
sotterrar subito i morti; metà di voi vada in campagna e mi conduca
qui, a forza, quanti più uomini potrà, e gli altri vengano con
me.--Metà del pelottone si diresse a rapidi passi fuor del paese. Gli
altri cominciarono a correre di qua e di là, a entrar nelle case, a
frugar dappertutto in cerca di zappe, di pale, di carrette, di panche,
di assi su cui potere in qualche modo adagiare i morti per trasportarli
fuor del paese. In pochi minuti trovaron tutti qualcosa di servibile
a quell'uopo, e parte cominciarono a raccogliere i cadaveri, parte,
recatisi al cimitero vicino, si misero a scavare le fosse in gran
fretta, gli altri presero a sgombrar le strade degli inciampi più
incomodi e delle più fetide sozzure.
Intanto il Cangiano, seguìto da un soldato, andava in cerca d'una
casa adatta all'uso di ospedale, fermando quanta gente del paese
incontrava per via, consigliandoli, esortandoli, pregandoli, e nel
passare sollecitava i soldati, dava ordini e suggerimenti, porgeva
conforti di affettuose parole. Trovò la casa, la fece sgombrare, vi
fece portar dentro i letti dalle case abbandonate, andò egli stesso con
quattro soldati a battere alla porta di tutti gli abituri, a domandare
che gli lasciassero portar via gli infermi, ch'egli li avrebbe fatti
assistere, curare, e le loro famiglie sarebbero state soccorse.
Rispondevano di no; egli offriva del denaro, pregava, minacciava; tutto
era inutile. Allora i soldati entravano a forza nelle case; due di essi
s'impossessavano dell'infermo, gli altri due tenevano indietro colle
armi i parenti e i vicini. Spesso bisognava levar di peso di sulle
soglie delle case le donne che ne chiudevan l'accesso co' propri corpi;
bisognava lottare con esse, ributtarle malamente, trascinarle.
Dopo lunga fatica, un buon numero d'infermi eran già allogati nel nuovo
ospedale e due o tre soldati provvedevano ai loro bisogni aspettando
l'arrivo dei soccorsi da Caltanissetta, quando tornò in paese l'altra
metà del pelottone traendo seco di viva forza una frotta di contadini
che aveva arrestati per la campagna. Corse loro incontro il Cangiano,
li scompartì in vari gruppi, e li fece accompagnare ai vari lavori. I
soldati novamente giunti presero a lavorare anch'essi; in poco tempo
i cadaveri ch'eran per le strade furono sepolti; le strade sgombre
e ripulite; si continuò ad andare in volta a prendere gl'infermi, e
a poco a poco, ora colla persuasione, ora colla forza, si riuscì a
radunarne nell'ospedale la massima parte; da ogni lato era un continuo
andirivieni, un chiamarsi, un affaccendarsi continuo di soldati. Il
popolo, che cominciava a riadunarsi, li stava a guardar da lontano tra
sospettoso e meravigliato; la gente sparsa per la campagna si veniva a
poco a poco avvicinando al paese per vedere che cosa vi accadesse. I
primi arrivati, non vedendo più i cadaveri per le strade, pigliavano
animo e s'addentravano nel paese; molti cominciarono spontaneamente
a pulir le strade di quanto vi rimaneva d'immondo; altri a rientrar
nelle case; alcuni ad affollarsi intorno al Cangiano, guardandolo
attoniti, senza far parola, trattenuti ancora da un po' di diffidenza;
ma coll'animo preparato a render grazie e a pregare. E il Cangiano, pur
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