La vita militare: bozzetti - 09

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lo avrebbe protetto, e messo alla scuola e mandato ogni giorno alla
passeggiata coi fratelli piccini dell'ufficiale, e che, a un bisogno,
se lo sarebbe preso in casa come un figliuolo, e lo considerava già
fin d'allora come tale; questa idea, e più l'avergli letto una lettera
affettuosissima della madre del suo ospite in cui erano fette mille
promesse e mille assicurazioni che Carluccio sarebbe stato il più caro
oggetto dei suoi affetti e delle sue cure; tutto ciò mitigò d'assai
il suo dolore e fece sì che, dopo aver tentato e ritentato più volte
di smuoverci dalla nostra risoluzione, egli si rassegnasse alla dura
necessità, sospirando:--Ebbene.... allora.... tornerò a casa!--
Dopo qualche giorno levammo il campo a ci mettemmo in cammino alla
volta di Padova. Vi arrivammo un bel mattino allo spuntar del sole. Si
entrò per il Portello e si passò per quasi tutte quelle medesime strade
che avevamo percorse la prima volta. Giunti ad un certo punto, vedemmo
tutto ad un tratto staccarsi dalle file l'ufficiale padovano e con esso
Carluccio che si teneva con tutte e due le mani il fazzoletto sugli
occhi, e dirigersi tutt'e due rapidamente verso il portone d'una casa
signorile. Giunto al limitare, Carluccio si arrestò un istante, voltò
verso di noi la faccia convulsa e lagrimosa e, alzando le braccia,
singhiozzò una parola che nessuno capì; i soldati gli rimandarono il
saluto coll'atto della mano; egli scomparve.
Dopo quel giorno non lo vedemmo più. Abbiamo però saputo quindici
giorni dopo, che appena lasciato il reggimento egli era stato condotto
in casa di quel mio amico, e quivi ricevuto da tutta la famiglia colle
più vive dimostrazioni di sollecitudine e d'amore; come la matrigna,
che già da qualche giorno l'aspettava, s'era recata piangendo a
visitarlo in quella casa, e se l'era ricondotto con sè, e gli usava
ogni maniera di riguardi e di garbatezze; non certo per sua bontà, chè
non n'era capace; ma perchè, sapendolo amato e protetto da una famiglia
agiata, ne sperava e ne aspettava qualche soccorso di danaro per sè,
oltre i frequenti regali che riceveva il figliuolo. Il qual soccorso,
tra parentesi, non si fece attendere molto, e fu largo e si andò
ripetendo di mese in mese con sua grande sorpresa e non meno grande
soddisfazione. In seguito ci fu scritto che Carluccio stava bene; ma
ch'era sempre un po' malinconico; specialmente quando vedeva andare
alla piazza d'armi i reggimenti della guarnigione e sentiva sonar le
bande e i tamburi. Allora diventava pensoso e sospirava, e qualche
volta si andava a rincantucciare in un angolo della stanza, e piangeva
in segreto.

IX.
Cinque mesi erano trascorsi dall'ultima volta che l'avevamo veduto. Il
mio reggimento era di presidio in una piccola città della Lombardia.
Una mattina, uscendo di casa, incontro il mio amico di Padova, che mi
si accosta, e con un viso stranamente turbato mi porge una lettera,
dicendomi:--Leggi.--E senz'altre parole mi lascia e si allontana.
Spiego il foglio, guardo; erano due lettere: l'una scritta da
Carluccio, di cui riconobbi, a prima vista, i grossi caratteri; l'altra
sottoscritta:--la tua affezionatissima sorella.--Era la sorella del mio
amico. La lettera del ragazzo aveva la data di dieci giorni addietro;
quella della sorella era del giorno innanzi. Lessi questa per la prima.
Due ore dopo ero in quartiere.
La mia compagnia era divisa in sette o otto gruppi, sparsi pei
cameroni, e seduti dinanzi a certi cartelloni dov'erano stampate a
caratteri di scatola le lettere dell'alfabeto. Un caporale per ogni
gruppo insegnava a leggere indicando le lettere con una bacchetta di
fucile. Mi avvicinai, non visto, ad uno di quei gruppi. Due soldati,
seduti sull'ultima panca e mezzo nascosti all'occhio del caporale da
coloro che avevano davanti, stavan col capo chinato e l'occhio intento
sur un foglio di carta, dove l'un di essi andava disegnando non so che
cosa con un mozzicone di matita. Quando mi videro, non furono più in
tempo a nascondere il foglio, e levatisi in piedi subitamente, me lo
porsero e stettero ad aspettare cogli occhi bassi una lavata di capo.
Su quella carta v'era un abbozzo informe di una testa, che però, da
una tal quale rotondità di contorni e da una certa boccuccia piccina
piccina, poteva interpretarsi per la testa d'un fanciullo.
--Chi avete voluto fare con questo sgorbio?--domandai.
All'udir la mia voce, tutti gli altri s'alzarono in piedi.
--Chi avete voluto fare?--domandai un'altra volta.
--Carluccio.
--Carluccio è morto.
--Oh!--esclamarono tutti ad una voce guardandosi l'un l'altro.
--Già, proprio morto, povero ragazzo, a causa di quelle maledette
febbri. Ecco, questa è una sua lettera ch'egli scrisse qualche giorno
fa, ed è diretta a tutti i soldati della compagnia. Prendete, caporale,
e leggetela.--
E mi trassi in disparte. Tutti si strinsero tacitamente attorno al
caporale e questi cominciò a leggere. Non ne aveva letto ancora due
righe che passò la lettera ad un altro, e cavò di tasca il fazzoletto;
la più parte degli altri soldati fecero lo stesso.
--Buoni ragazzi!--io pensavo intanto guardandoli da un angolo del
camerone.--Carluccio non c'è più, Carluccio è morto; avete tutti
perduto un amico che amavate e che vi amava; è vero, poveri ragazzi,
pur troppo; anch'io ne soffro nel più vivo del cuore; ma....
Ebbene, e io amerò lui in voi; tutta quella parte di affetto ch'io
portava a Carluccio, d'ora innanzi l'avrete tutta voi altri...;
vi amerò più di prima. E tu, o povero Carluccio, assicurati che
la tua memoria non si perderà mai più fra di noi; io ti giuro in
nome di tutti i soldati che amasti e che t'amarono, ti giuro che
il tuo nome rimarrà legato alla bandiera del nostro reggimento
come una tradizione preziosa, la quale ci terrà sempre vivo
nell'anima il culto degli affetti gentili e una mesta pietà degli
infelici.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
--E la morale?--io domandai al mio amico appena ebbe detta l'ultima
parola.
--La morale,--mi rispose,--è questa. Vi ha un segreto per cui la vita
del soldato, anche quando è più dura e penosa, possiamo farcela parer
bella e contenta; è il segreto che ci dà il vigore nelle fatiche, la
costanza nei sacrifizi, l'ardimento nei pericoli, e una forte e serena
tranquillità in faccia alla morte; e questo segreto è tutto compreso in
una parola.... Amare!
Io gli strinsi la mano.
--Se mai ti piglierà vaghezza di scrivere questo racconto,--egli
soggiunse--e se, avendolo scritto, te ne verrà alcuna lode, ti prego di
non farne un merito a me; io non ti avrei raccontato nulla, o t'avrei
fatto un racconto freddo e sbiadito, se l'amicizia che strinsi poco
tempo fa con un bel ragazzino, affettuoso e gentile come Carluccio, non
mi avesse ravvivate nella memoria tutte le particolarità di quel fatto,
e ridestata nel cuore quella fiamma di affetto che era necessaria
perch'io te le narrassi con un po' di vivezza. Il merito del lavoro, se
merito avrà, sarà in parte tuo e in parte di quel caro ragazzo. Egli
ha nome Ridolfo. Te lo dico pel caso che tu volessi dedicargli, in mio
nome, il tuo racconto, e aggiungere in fondo all'ultima pagina queste
mie parole, acciocchè, dov'egli le legga, si ricordi di me.--
* * * * *
Dunque io dedico il racconto a te, caro Ridolfo; è poca cosa; ma tu che
sei tanto buono, baderai soltanto a quel che v'è di meglio: il cuore.
Vogli un po' di bene a me pure, caro bambino. Addio.


IL COSCRITTO.

Era di domenica verso le cinque di sera e faceva un tempo bellissimo.
La caserma era presso che vuota. Quasi tutti i soldati erano andati a
spasso per la città; i pochi rimasti, parte nei dormentorii a finir di
vestirsi, parte giù nel cortile ad aspettare, stavano per andarsene
anch'essi, quei di sotto gridando di tratto in tratto:--Fa presto,--e
quei di sopra rispondendo:--Un momento, --chè forse stentavano a
mettersi il cinturino da tanto che se l'erano stretto per far la
vita sottile. Anche i coscritti, arrivati al reggimento due giorni
prima, parte erano usciti, parte andavano uscendo, a sei, a otto, a
dieci assieme, seri, impalati, coi berretti per traverso, i cappotti
affagottati, le mani aperte e stecchite in un par di guantoni bianchi
che parean manopole da scherma; e i soldati di guardia, seduti sur
una panca alla porta della caserma, li andavano motteggiando man mano
che passavano, malgrado che il sergente brontolasse di tratto in
tratto:--Lasciateli in pace, poveri giovani.--L'ufficiale di picchetto,
sdraiato sul letto in una camera al primo piano, leggicchiava un
giornale.
Nell'angolo più appartato del cortile v'era un coscritto solo solo,
seduto sullo scalino d'una porta, co' gomiti appoggiati sulle ginocchia
e il mento sulle mani. Seguiva uno per uno collo sguardo i suoi
compagni che uscivano, e quando nessuno passava teneva gli occhi
immobili a terra. Aveva l'aria d'uno di quei buoni figliuoli, che si
staccano bensì con molto dolore dalla famiglia e dal villaggio dove son
nati; ma vengono a fare il soldato coll'animo pieno di rassegnazione,
di serenità, di buon volere:--e perchè c'è tanto di legge stampata che
parla chiaro, e sulla lista attaccata alla porta della comunità c'era
il loro bravo nome e cognome scritto per disteso, e i loro vecchi
ci sono andati, e i loro compagni ci vanno, e in fin dei conti poi
perchè è il loro Re che li chiama, e non c'è niente da ridire e non
occorre cercar più in là.--Ma sul suo viso c'era qualcosa di più di
quell'espressione tra il pensieroso e l'attonito che è propria dei
coscritti nei primi giorni; c'era della malinconia. Forse s'era pentito
di non aver voluto uscire cogli altri. Di domenica, quando fa bel
tempo, a stare in casa si prova sempre un po' di tristezza.
A poco a poco il quartiere rimase deserto, e vi fu un silenzio perfetto.
Un caporale in montura di fatica, attraversando frettolosamente il
cortile, vede il coscritto, si ferma e gli domanda bruscamente:
--Che cosa fai costì, colle mani in mano?
--....Io?--il coscritto risponde.
--Io?--ripete il caporale strascicando con affettazione la voce e
facendo un viso di stupido.--Quest'è curiosa! A chi parlo adesso?
alla luna? Sì, proprio tu. E levati in piedi quando parli coi tuoi
superiori.--
Il coscritto si leva in piedi.
--Chi sei tu? Di che compagnia?
--.... Compagnia?
--Compagnia?--domanda alla sua volta il caporale in tono di
canzonatura.--Ma sai che sei un gran testa di rapa, tu?--
Gli s'avvicina, lo afferra per la falda del cappotto e dandogli una
gran tirata che lo fa traballare:--Guarda!--gli grida--guarda come ti
sei conciato il cappotto a star lì seduto in terra come un accattone.--
Il coscritto si mette a pulir il cappotto colla mano.
--Guarda in che stato ti sei ridotto le scarpe!--e gli dà un colpo del
piede nella punta dei piedi.
Questi tira fuori il fazzoletto e si china per spolverare le scarpe.
--Accomodati codesta cravatta che ti vien su fino alle orecchie.--E
afferratolo per la cravatta gli dà una scrollata che un po' più lo
butta in terra.
Il coscritto alza le mani alla cravatta.
--Mettiti un po' meglio quel berretto.--
E porta le mani al berretto.
--E tirati su quei calzoni se non vuoi che ti si sciupino in una
settimana, e volta per diritto i bottoni del cappotto, e levati quegli
orecchini che sono una ridicolezza, e non istar lì col mento sul
petto che mi sembri un frate, e non guardar la gente con quel muso di
minchione....
Il povero giovane andava toccandosi colle mani tremanti ora la
cravatta, ora i calzoni, ora i bottoni, ora il berretto, e non riusciva
a far nulla, e quanto più si affrettava e si affannava, e tanto meno
sapeva o vedeva quel che si facesse. In quel momento passò là presso
la vivandiera, giovane e belloccia, e si fermò, spietata! a guardare.
Comparir ridicolo agli occhi d'una bella donna! Ah! è la più tormentosa
delle vergogne! Il povero coscritto perdette affatto la testa; gingillò
ancora un po' colle dita intorno alla cravatta e ai bottoni, e poi si
sentì andar giù le braccia, e il mento gli cadde sul petto e gli occhi
sulla punta dei piedi, e stette così immobile come una statua; era
annichilito.
La vivandiera sorrise e se n'andò. Il caporale, guardandolo e
scrollando la testa in aria di compassione sprezzante, gli andava
ripetendo:--Ah marmotta!... marmotta!--
E poi, alzando tutt'ad un tratto la voce:--Bisogna svegliarsi, mio
caro, e presto, chè se no vi sveglieremo noi, ve lo assicuro io, e
come! Consegne e pane ed acqua, pane ed acqua e consegne, alternati,
tanto per non annoiarvi. Tenetevelo bene a mente. E adesso andate al
vostro letto a ripulir le vostre robe, _marche!_
E rinforzò il comando alzando il braccio coll'indice teso verso le
finestre del dormitorio.
--Ma io....
--Silenzio!
--Io non....
--Tacete, vi dico, quando parlate coi vostri superiori; o la prigione è
là; la vedete?
E s'allontana brontolando:--Oh che gente! Oh che gente! Povero
esercito! Povera Italia!
--Signor caporale!... esclama timidamente il coscritto.
Il caporale si volta e gli accenna di nuovo la prigione facendo un par
d'occhi terribili.
--Vorrei domandarle una cosa.--
L'accento era così peritoso e sommesso che non si poteva proprio a meno
di lasciarlo parlare.
--Che cosa volete?
--Vorrei domandarle se lei sapesse che qui in questo reggimento c'è
un ufficiale del mio paese, che ci dev'essere, ma che io non so se ci
sia....
--Del vostro paese? Se al vostro paese son tutti di cotesto stampo, c'è
da augurarsi che nel reggimento non ci siate che voi.--
E scrollando le spalle se n'andò via.
--Che maniera!--mormorò tristamente il coscritto guardandolo mentre
s'allontanava.--Eppure m'hanno detto che c'è...--soggiunse poi
rimettendosi a sedere.--Ma perchè ci fanno così? Perchè ci trattano
tanto male? Che cos'hanno con noi? Che cosa siamo noi? Siamo cani?... E
bisogna far cinque anni di questa vita! Oh.... è troppo, è troppo!--E
si coperse la faccia colle mani e pensò alla sua famiglia lontana.--Se
mi vedessero in questo stato!--diceva in cuor suo;--povera gente!--
Lo scosse una sonora risata di fondo al cortile; alzò gli occhi e vide
tre soldati di guardia che lo guardavano discorrendo e ridendo tra loro.
--Oh che merlo!--cominciarono a dire que' tre.--È innamorato.--Pensa
all'amorosa.--Dove l'hai lasciata l'amorosa, di'?--Poverina, a
quest'ora avrà già trovato modo di consolarsi.--Guarda, guarda che par
d'occhioni ti fa!--E poi tutti e tre ad una voce col tono del prete che
canta la messa:--Oh che merlo!--
Il povero giovane diventò pallido; lo avevano ferito sul vivo; non si
potè più contenere; si alzò....
--Chi è quest'innamorato?--disse tra sè l'ufficiale di picchetto
affacciandosi alla finestra col giornale in mano. I soldati di guardia
lo videro e scapparono; il coscritto alzò la faccia stravolta verso
la finestra e lo guardò. L'ufficiale guardò anch'egli il soldato, e
vedendolo far prima un segno di attenzione, poi di sorpresa e poi
di contentezza senza levargli mai gli occhi d'addosso,--Chi sarà
quest'originale?--pensò, e scese nel cortile e gli si andò a piantare
davanti.
--Che cos'avete da ridere e da stropicciarvi le mani?--gli domandò con
accento severo.
E il soldato, pur vergognandosi un poco, seguitava a sorridere.
--Ma sapete che siete un minchione di nuovo conio, voi?... Vi domando
perchè ridete.
--Ecco..., rispose il coscritto, abbassando gli occhi e stropicciandosi
con tutt'e due le mani una falda;--io sapevo che lei era qui in questo
reggimento, e mi ci hanno mandato anche me.... Già lei non si ricorderà
più; ma io sì; lei è tre anni che è andato via, e io lo conoscevo,
e conoscevo anche la sua famiglia; ma loro non conoscevano noi, ed
eravamo vicini di casa, e la mattina io lo vedeva sempre passare che
andava a caccia, e.... siamo dello stesso paese, ecco.
--Ah! ora capisco--rispose l'ufficiale guardandolo attentamente per
raccapezzare chi fosse.
--Io sapevo che lei era andato a far l'uffiziale quando è partito, e
ch'era entrato nel collegio, e poi non è più tornato, e intanto hanno
rifatto la facciata del duomo e nella piazza hanno messo su un caffè
grande.... (e guardò intorno), quasi grande come mezzo questo cortile,
ed è sempre pieno di gente....
--Aspetta, aspetta; ora mi ricordo; Renzo, ti chiami, non è vero?
--Proprio!--
--Stavi in quella casina accanto alla chiesa fuor del paese, mi pare.
--Oh Dio!... Già, sicuro, nella casina fuor del paese.--
E non potea più star nella pelle quel povero giovanotto.
--Mi ricordo benissimo. E.... dimmi un po': come ti trovi contento di
fare il soldato?--
Il coscritto mutò viso ad un tratto, abbassò gli occhi e tacque.
--Perchè non sei uscito a passeggiare cogli altri?--
Non rispose, e si guardava le unghie come pensando a quel che aveva da
dire; ma gli si leggeva il cuore negli occhi.
L'ufficiale capì, e con una voce affabile che gli scese e lo scosse nel
più profondo dell'anima, gli domandò:
--Che cos'hai?--
Gli si ruppe il nodo alla lingua, e animandosi poi a grado a grado,
cominciò con voce commossa:--Ho...; senta, signor ufficiale; ho che....
non so nemmeno io quello che ho; ma ci trattano in un modo che fa
dispiacere, ecco. A domandare una cosa, non rispondono, e poi ci dicono
delle parole che offendono, e bisogna stare zitti, se no la prigione
eccola là (e imitava la voce del caporale). Lo so anch'io che non ci
sappiamo ancora vestire, e non siamo ancora buoni a fare i soldati;
ma sono soltanto due giorni che siamo qui; che colpa ci abbiamo noi?
ci possiamo qualcosa noi? Si sa; siamo venuti apposta per imparare, e
bisognerebbe che avessero un po' più di pazienza, mi pare. E poi ci
burlano in presenza della gente, e mettono anche le mani addosso, e ci
danno degli urtoni, e noi dobbiamo sopportar tutto, e loro ridono, e
io non so capire perchè ci maltrattino così. Io era venuto volentieri
a fare il soldato, e dicevo dentro di me: Farò il mio dovere, e i
superiori mi vorranno bene; ma adesso che vedo.... Forse quando ci
avremo fatta l'abitudine, non ci baderemo più; ma adesso ci fa male di
vederci maltrattare in questo modo. Eravamo assuefatti a casa, colla
famiglia, e tutti ci volevano bene, e qui, invece,... burlano anche i
nostri.... pazienza noi.... ma.... fa pena, ecco, fa troppa pena!--
Quest'ultime parole furon pronunciate con un accento veramente
sconsolato: tacque, e abbassò gli occhi continuando a borbottare tra sè.
L'ufficiale lasciò passare qualche momento in silenzio, accese un
sigaro, e poi, con un fare trascurato come se non avesse inteso o
voluto intendere nulla gli disse:
--Tirati un po' in giù quella cravatta (e l'aiutò egli stesso); così;
ora va bene. Voltati.--
Il soldato si voltò; l'ufficiale gli afferrò e gli tirò le falde del
cappotto:--Il cappotto non deve far grinze, dev'esser liscio come un
busto. Voltati.--
Si voltò; l'ufficiale gli accomodò il berretto.--Così; un po' per
traverso, chè dia l'aria di monello.--
Il coscritto sorrise.
--E sta' ben ritto sulla vita, e tieni la testa alta, e quando cammini,
cammina sciolto, franco, svelto, come quando giuocavi alle bocce nel
cortile di casa nostra, ti ricordi?--
Rise, e accennò di sì.
--Oh bene,--continuò l'ufficiale appoggiando le spalle al muro e una
gamba sull'altra;--e guarda sempre tutti nel viso, perchè non hai da
aver paura nè da vergognarti di nessuno; hai capito? Passasse anche
il Re, e tu alza la fronte e piantagli gli occhi negli occhi come per
dirgli:--son io,--chè il rispetto, noi soldati, lo dobbiamo mostrare in
codesto modo; ricordatene.--
Il soldato accennò di sì; si cominciava a rasserenare.
--E ricordati pure che, una volta entrati in caserma, bisogna cambiar
maniera di parlare; poche parole, ma franche, sonore e vibrate, con
chiunque tu parli: sì e no, no e sì, e se non hai da dir altro,
tanto meglio. E quando sei in riga, gli è come se fossi in chiesa,
e zitto; rotte le righe, sei a casa tua; e se gli altri fanno il
chiasso, e tu fallo più di loro, e non istar soltanto a vedere, che
vien la malinconia; cacciaviti subito dentro. E vogli bene ai tuoi
compagni, chè troverai degli amici d'oro, te lo prometto; troverai dei
giovinotti che ti vorranno bene come a un fratello; vedrai; chè qui ci
sarà carestia di tutto, ma di cuore no di sicuro.... Hai la pipa?
--Nossignore.
--Se no potevi fumare. E quando un superiore sgrida..., se ha ragione,
stare a sentire e farne pro; se ha torto, stare a sentire lo stesso e
non pigliarsela a cuore, perchè a questo mondo tutti hanno dei difetti
e possono fare degli spropositi tutti; a sgridare si sbaglia qualche
volta; a disobbedire si sbaglia sempre. E non credere che tutti quelli
che ti sgridano abbiano cattivo cuore e siano in collera con te e ti
vogliano male. Non c'è niente di più falso. Codesti burberoni hanno
più buon cuore che gli altri, e vi vogliono bene, e se li levassero di
mezzo a voialtri morirebbero di malinconia in quindici giorni. Urlano,
inveiscono; è un'abitudine, un affar dei polmoni; niente di più,
credilo. Finirai col voler più bene a loro che agli altri. Li vedrai
quando andranno via; piangono. Io ne ho visti tanti. Ne ho visti a
Custoza....
--Quella battaglia ch'è andata male?
--Quella; ho visto un capitano ch'era lo spavento della compagnia e
nessuno lo poteva vedere, e aveano tutti torto; ebbene, non cadeva un
ferito ch'egli non corresse a soccorrerlo, a guardargli la ferita,
a fargli coraggio; sempre in moto di qua e di là, ed era stanco da
morire.--Oh capitano! capitano! non m'abbandoni, capitano!--gridavano
i feriti trattenendolo per le braccia e per la tunica.--No,
figliuolo--egli rispondeva--starò qui con te, starò sempre con te fin
che tu sia guarito; coraggio, figliuolo, coraggio; il tuo capitano
non t'abbandona.--Capisci, che uomo? E come lui ce ne son tanti, e
bisogna non giudicar gli uomini dalle apparenze, e poi compatire i
cattivi, e volere un bene dell'anima ai buoni, e rispettar tutti,
perchè son tutti soldati e da oggi a domani possiamo vederceli morir
sotto gli occhi da valorosi. E quando si vuol bene a qualcuno, si
sopporta di buon animo ogni sorta di vita, tienlo per fermo. Cerca,
domanda, fattelo dire da' tuoi compagni; vedrai che i soldati più bravi
volevano tutti bene ai loro superiori. Guarda il soldato.... come si
chiamava?... il soldato Perrier, nel quarant'otto, che si gettò fra
il suo ufficiale e i nemici, e cadde a terra con tre palle nel petto
gridando:--Ricordatevi di me, mio buon ufficiale; io muoio contento
d'avervi salvata la vita!--E quell'altro granatiere, non mi ricordo
il nome, che piuttosto di abbandonare il suo capitano ferito, s'è
fatto uccidere a colpi di baionetta, gridando ai nemici:--Se non mi
uccidete, io non ve lo lascio.--E quegli altri otto o dieci, che sotto
una pioggia di palle, alla battaglia di Rivoli, sono andati a strappare
dalle mani dei tedeschi il cadavere del loro ufficiale, chè lo volevano
seppellire di propria mano e rendergli gli ultimi onori nel proprio
campo; e tanti e tanti altri, che ci sono i nomi e i fatti stampati in
cento libri, e tutti li ricordano e li amano ancora come se fossero
vivi.... Hai un fiammifero?--
Il coscritto che fino allora era stato colla bocca e gli occhi
spalancati che pareva estatico, tirò fuori in fretta un fiammifero e
glie lo porse.
--Quando si pensa a queste cose e si ha un po' di cuore, certi piccoli
dispiaceri, certe meschinità della vita del soldato si dimenticano; e
bisogna pensarci a queste cose, e te le insegneranno, e tu che sei un
buon figliuolo le terrai a mente; non è vero?--
Il coscritto fece segno di sì, chè lì su quel subito non potè
raccogliere la voce.
--Sicuro;--continuò l'ufficiale;--a far volentieri il soldato, e a
farlo bene, bisogna guardare un po' più alto della caserma e un po'
più in là della piazza d'armi. E poi, già, si fa l'abitudine a tutto.
Lo zaino, da principio, oh che peso, mio Dio! oh che tormento; dicono
tutti così; e poi, a poco a poco, poh, diventa una cosa da nulla. E il
mangiare? Non si mangia mica da principi, si sa; anzi, qualche volta,
a voler essere schietti, si mangia maluccio; ma bisogna aver pazienza,
pazienza e sempre pazienza, che è la gran virtù del soldato; e non
lamentarsi e piagnucolare, come fanno certuni, a diritto e a torto, di
tutto e di tutti; ma mangiare quello che c'è e contentarsi del poco. E
poi l'appetito, quando si lavora, si fatica, si fa il proprio dovere e
si ha il cuore contento, l'appetito non manca mai, e l'appetito è un
gran cuoco. Sono gli svogliati e i poltroni che trovano a ridire su
tutto e non si contentano mai. Io vedo che i bravi giovani fanno tutti
il soldato volentieri, perchè i superiori li vedon di buon occhio, i
compagni li stimano, quei del paese li rispettano, e ce n'è di quelli
che in cinque anni ch'han fatto il soldato non sono stati un giorno
ch'è un giorno in consegna e han lasciato il loro _numero diciotto_
bianco e pulito come un fazzoletto di bucato; e tu sarai uno di questi,
non è vero?--
Il soldato accennò vivamente di sì.
--Benone. E non credere poi che sia tutto spine il nostro mestiere;
c'è anco dei fiori per chi li sa cercare, e i bravi soldati li
trovano. Impara a fare il tuo dovere per bene, sii sempre pulito,
rispettoso e di buona volontà, e dal tuo capitano e dai tuoi ufficiali
ti sentirai dire certi: bravo! che ti suoneranno in fondo al cuore,
e ti cresceranno l'appetito e l'allegria. E i giorni ti passeranno
presto. Poi, in cinque anni, non si sa mai che cosa possa accadere,
potrebbero anche farci cambiar dieci volte di guarnigione, e allora il
tempo vola che i mesi paiono giorni. Vedrai dei nuovi paesi; città,
genti, campagne, monti, mari, tutto un mondo nuovo, svariato, stupendo,
tutto il nostro bel paese, l'Italia, che finora tu conosci soltanto
di nome; e troverai delle meraviglie per ogni parte: statue, chiese,
palazzi, giardini; e nelle ore di libertà andrai a vedere ogni cosa,
per poter poi raccontar tutto alla famiglia e agli amici, quando sarai
a casa. Nell'estate andremo ai campi d'istruzione, otto, dieci, venti
reggimenti, e cavalleria e artiglieria, e vedrai che bella figura fa un
accampamento, e che rumore, che allegrezza, che vita ci sarà tutto il
giorno, e quelle grandi manovre a fuoco, e quelle feste che si faranno
prima di levare il campo, musiche, balli, tombole, corse, e tutti
gli ufficiali e i generali a fare il chiasso e a divertirsi in mezzo
ai soldati, e tutta la gente venuta dai paesi vicini a godere quello
spettacolo e a batter le mani. Allora tu conoscerai già tutti i soldati
del corpo, avrai un'infinità di buoni amici, il reggimento ti parrà
una grande famiglia, e tutti gli onori che si faranno al reggimento
ti parranno fatti a te, e vorrai bene al tuo vecchio colonnello come
a un altro padre, e quando vedrai comparire la bandiera davanti ai
battaglioni schierati, e la banda suonerà la marcia del corpo, e tutti
presenteranno le armi, ti sentirai battere il cuore di contentezza
e di orgoglio, e tremerai tutto dalla commozione. E a poco a poco
porrai affetto a ogni cosa: alle tue armi, alla tua divisa, al tuo
gamellino, a questo cortile, a queste scale, a queste mura; e quando
starai per partire, e sarai già stato a salutare il tuo capitano, i
tuoi ufficiali, i tuoi sergenti, e tutti gli altri soldati ti verranno
intorno a far festa, e--addio, e--buon viaggio,--e--ricordati di
noi;--allora ti si stringerà il cuore, sai! ti si stringerà il cuore
come quando sei partito da casa; e sceso giù nella strada, ti volterai
a guardare per l'ultima volta quelle finestre della caserma, e ti
fermerai, e se ti basterà la voce, dirai ancora una volta:--Addio, o
mia seconda casa paterna, dove ho amato tanti amici, dove ho passati
tanti bei giorni colla coscienza serena, dove ho tanto pensato e
sospirato i miei cari; addio, mio povero letticciuolo; addio, mio buon
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