La vita militare: bozzetti - 14

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rispondemmo anche noi. Il nostro grido, da tanto tempo preparato nelle
viscere, ma compresso, soffocato, strozzato, venne su, si sprigionò,
eruppe, dal più profondo dell'anima, selvaggiamente lungo ed acuto.
La schiera vincitrice sostò un istante, poi riprese l'andare, incalzò i
fuggenti, si allontanò dietro a loro, si fe' piccina piccina, si fe' un
punto nero, disparve.
In quel punto una voce alta e vibrata risuonò in mezzo a noi:--A voi
altri adesso! Al posto!--
Era la voce del nostro maggiore.
Provate a lasciar cadere un pezzo di carta in fiamme sopra uno di quei
formicai larghi e fitti, che lontani un passo vi sembrano immobili, e
rendono l'immagine d'una macchiaccia nera, di cui non si sa a primo
aspetto distinguere la natura. La piccola turba atterrita si sconvolge
in tutti i punti vertiginosamente, si getta in furia ai varchi
sotterranei. Avventurose le prime! Le altre si serrano, si urtano, si
accavallano; quel varco è chiuso? presto ad un altro; anche questo?
via, ad un terzo; chiuso anch'esso? di nuovo al primo. E poi che la più
parte si sono cacciate alla rinfusa nel covo, molte, sfortunate! errano
ancora disperate di qua, di là, alla cieca, in cerca d'uno scampo, da
un buco ad un altro, già più morte che vive, finchè trovano anch'esse
un po' di posto al sicuro, benchè un po' tardi e forse a prezzo di
qualche scottatura.
A parte il terrore, così accadde al sonar di quella voce fra quei
soldati.
In un lampo tutti su, tutti in armi; gli ordini si ricomposero
precipitosamente; un gran fermento, un gran bisbiglio, un gran
serra-serra; poi quiete. Qualcuno corse ancora qua e là in cerca del
suo posto; chi lo trovò, vi si spinse; chi nol trovò, a forza di
gomiti, sel fece: tutti al posto.
Guardatela là quella moltitudine poc'anzi sparpagliata, giacente, cogli
abiti aperti, colle cinture sciolte, colle armi a terra, guardatela là,
in un lampo, ritta, schierata, immobile, muta, e nei sembianti ilare e
calma. Guardateli nel viso, e mi direte che quella è gente che vedrà
le spalle del nemico, o morrà. Guardate la bandiera; è immobile; il
braccio che la regge non trema. Guardate bene quei soldati che le fanno
attorno una siepe di baionette: sono spaventosi! Vi sono degli occhi
che somigliano folgori.
--Avanti!--tuona la nota voce.
Un moto subitaneo in tutta la colonna, un fremito, un sussurro; poi
quiete.--Avanti!--ripetono i capitani.
Avanti dunque, su, alla collina. La compagnia ch'è alla testa indugia
un istante dinanzi ad una prima siepicella che le fa inciampo; le
compagnie che seguono le si accalcano dietro; la colonna pesante si
serra, oscilla, ondeggia dall'un capo all'altro sull'ineguale terreno;
poi si rompe, si allarga, si restringe, si allunga, si ricompone, torna
ad accalcarsi con vece continua, a subiti impeti, a subite fermate, a
passi ineguali, a sbalzelloni. Chi è alla coda ora è balzato indietro
dallo zaino di chi precede, che lo urta nel petto; ora su chi gli è
avanti si precipita improvvisamente e lo spinge in su barcolloni; chi
è alle ali, sbattuto di qua e di là a fiancate, a colpi di gomito, a
urti di zaino, va su serpeggiando e vacillando, a capo basso e a gambe
larghe. Qui una siepe: su le gambe, alti i fucili. Lì un fosso: svelti,
è passato. Qua un rialzo di terra: animo, sopra, senza scomporsi. Là
un intreccio di rami che scendono sul viso: via colla mano, giù le
teste. Una vite fa intoppo: giù una sciabolata, è a terra, avanti.
Erbe, arbusti, siepi, viti, solchi, sentieri, tutto si sforma, tutto
cade, tutto sparisce sotto quell'onda, sotto quel peso, sotto quella
pesta precipitosa, sotto quella moltitudine scatenata. Qua il terreno
si fa erto d'un tratto e sassoso: il piede scivola, molti cadono;
su coi gomiti, su, forza, in piedi, avanti. I più si aiutano colle
mani, col calcio del fucile, colle ginocchia; i tronchi, le zolle, le
pietre, le radici, tutto serve di presa alla mano convulsa; la turba
s'arrampica, striscia, s'abbarbica, qui densa, là rada, scompigliata,
sparsa; ma tenace, ma risoluta, ma rabbiosa. E intanto le forze vengono
meno, e il sole ci saetta, ci arrovella, e qui, dentro il petto, si
brucia.... Non monta; coraggio; un'occhiata in su a veder quanto
resta:--poco.--Un'occhiata indietro:--una lunga striscia di caduti
tendono le braccia; molti tentano di rialzarsi; indarno; ricadono.--Ci
siamo, quasi; ci avranno già scorti; a momenti.... Oh!--Un sibilo,
lungo, acuto, stridente, rabbioso passò sulle teste della colonna.
Un lieve grido, un profondo fremito, tutti a terra.--Su quelle
teste!--tuona la nota voce; quando si sente il fischio è passata--Tutti
in piedi; ci siamo; ci han veduti; serriamoci; giù le baionette,
svelto il passo: sotto.[1]--Un altro sibilo più lungo, più sottile,
più mordente, più vicino, più spaventoso: tutti a terra.--Su perdio!
figliuoli!--sempre quella voce;--guardatela in faccia la morte. Niente
paura.--Un altro fischio; un altro; tutti illesi; siamo al sicuro;
eccoci sulla vetta; alto; aspettiamo.
[1] _Sotto_, in linguaggio militare, significa «serrate» ossia fatevi
innanzi così da stringer bene le file.
Tutti girano l'occhio intorno meravigliati: che pianura immensa,
stupenda! Il cielo, com'era, purissimo ne concedeva allo sguardo le
lontananze estreme. Da un lato, lontano lontano, monti e dietro monti
ed altri ancora, alti, azzurri, chiari; dall'altro lato pianura,
sempre pianura. Tutta quella superficie verde appariva solcata qua e
là da lunghe e sottili strisce bianche, che s'intersecavano in molti
punti e si perdevano fra gli alberi lontani, sollevando in certi
tratti grossi nuvoli di polvere che apparivano, percossi dal sole,
candidissimi, e si allungavano lentamente nella direzione delle vie;
quelle strisce bianche erano le vie che avevamo fatto il mattino;
quei nuvoli rivelavano l'avanzarsi di alcune colonne italiane. Poche
casuccie qua e là, mezzo nascoste fra gli alberi, com'avessero paura,
e non volessero vedere che cosa accadeva lassù. Di sotto poi, proprio
sotto, spettatrice avanzata e silenziosa, Villafranca. Dall'altra
parte, verso i nemici, certe macchie scure in mezzo al verde dei campi
ed uno sfolgorìo interrotto di baionette, che ora si avanzavano, ora
sostavano, ora accennavano a destra, ora a sinistra, quasi fossero
incerte sul dove dirigersi e procedessero circospette. Più presso a
noi, sempre sul piano, cinque, parevano, o quattro cannoni austriaci
che faceano un trarre continuato e lento. Dalla parte opposta, e
proprio ai piedi del nostro colle, tiravano continuatamente come i
primi, ma più a rilento, altrettanti cannoni dei nostri. Dietro a
noi, alle falde d'una collina vicina, si vedeva un denso fumo bianco
e crepitava un rapido fuoco di fila; era l'ala estrema d'un'altra
divisione. Null'altro vedemmo, o, almeno, null'altro mi ricordo d'aver
veduto. Stavamo là ad aspettare, contemplando quello spettacolo
meraviglioso.
Nei momenti di profonda concitazione, quando ci freme dentro la mente,
qualche affetto supremo, spesse volte, quasi inconsapevole di ciò
che segue nel cuore, si distrae a poco a poco da se stessa, e vaga e
si abbandona dietro le immagini e i pensieri più fanciulleschi e più
strani, come se quella che scorre fosse un'ora della vita consueta,
un'ora oziosa e tranquilla. Così, scorgendo un campanile lontano, io
pensai:--È domenica. Quella gente là stamane si è vestita a festa,
è uscita gaiamente per le vie, e poi è andata in chiesa, e poi ha
sbrigate le sue faccende come tutte le altre volte, queta, contenta....
È un giorno come un altro per loro. Chi sa se sapranno che cosa accade
qui! Eppure là in mezzo v'hanno delle madri che hanno il figlio
soldato....--E internandomi in questa immaginazione, io vedeva tutte
quelle donne, in chiesa, ginocchioni, raccolte, preganti, e ne spiava i
volti.--Quella là; sì, quella là è la madre di un soldato.--E ad ogni
colpo di cannone la vedevo impallidire e tremare....
Tutto ad un tratto, un sergente che mi stava seduto accanto, si levò
in piedi, mutò alcuni passi colla testa alta, il volto sorridente e
gli occhi diretti lontano, verso i monti; poi tese il braccio, puntò
l'indice verso là, sostò un istante, guardò attorno ai compagni,
e:--Figliuoli! gridò con voce alta e chiara, venite qua.--Molti si
levarono in piedi e gli corsero attorno.--Guardate, egli soggiunse,
tenendo sempre il braccio teso e l'indice appuntato. Le vedete quelle
torri laggiù lontano, e quelle case?--Dove? dove?--domandarono molti
altri sopraggiungendo a passi concitati.--Là, là, guardate dove segno
io.--Vedo, disse l'uno.--Anch'io.--Anch'io.--Vediamo tutti.--Ebbene?
--Ebbene!--egli rispose con voce sonora e tremante:--quella là è Verona!
--Verona! Verona!--gridarono tutti, battendo palma a palma; la voce si
propagò; tutto il battaglione, in un minuto, fu lì. Tutti colla faccia
volta da quella parte e colle braccia tese verso quelle torri, colla
bocca aperta a quel grido, guardavan là come si guarda.... Siete mai
stata molto tempo senza veder vostra madre? Se foste ad aspettarla
all'arrivo, avrete teso lo sguardo avidamente lungo la via per cui
doveva arrivare, e quando in fondo a quella via, lontano lontano,
avrete scorto un punto nero e un nuvoletto bianco di fumo e vi avrà
percosso l'orecchio uno squillo di corno, signora, che cosa avete
sentito nel cuore? Ciò che sentivamo noi là, beando gli occhi su quelle
torri sospirate... gridando quel caro nome....
La signorina ebbe un fremito.
--Erano lassù tutti e quattro i battaglioni del reggimento--continuò
l'ufficiale. All'improvviso, si sente un alto grido, tutti i soldati
balzano in piedi, gli ufficiali comandano:--Al posto!,--le compagnie
si riformano, e tutti zitti. Un altro grido, e tutti gli ufficiali
ripetono:--Baionette in canna.--E tutti e quattro i battaglioni
inastano le baionette, e poi di nuovo silenzio.--Cosa c'è? Cos'è
stato?--tutti si domandano. Sopraggiunge l'aiutante del colonnello
a cavallo, s'avvicina al nostro maggiore e gli dice qualcosa
nell'orecchio.--Avanti!--il maggiore grida. Il battaglione si muove,
oltrepassa la sommità del monte, scende la china dalla parte del
nemico. Tutti que' di dentro, io fra i quali, allungano il collo e
protendono il capo a destra e a sinistra per veder dove si va; ma non
si riesce a veder nulla; la prima compagnia ingombra la vista. Mi volto
indietro, e vedo gli altri battaglioni che ci seguono da lontano a
lento passo. Tutto ad un tratto, trovandosi l'ultima compagnia sopra
un rialzo di terreno, intravvedo in lontananza, tramezzo agli alberi,
un movimento, un luccichìo.... Nel punto istesso sento un terribile
scoppio, e acutissimi fischi a destra, a sinistra, ai piedi, sul capo,
e grida strazianti a pochi passi da me, e lontano una gran nuvola di
fumo bianco, e poi un grido poderoso:--Attacco alla baionetta!--Il
battaglione disordinato e confuso si slancia avanti a passo di
carica. Un altro grido:--Savoia!--Il battaglione prorompe in un urlo
altissimo e si slancia di corsa; non si vede altro che fumo; un altro
scoppio; altri fischi; avanti, avanti.... Alto! la tromba ha suonato
l'alto. Dove siamo? Dov'è il nemico? Che cosa si fa? Oh che fumo!
Il battaglione è tutto sparpagliato. Ecco una casa. Par che partano
delle fucilate da quella casa.--Attacco alla baionetta!--s'ode gridare
confusamente in mezzo alle schioppettate; il battaglione si slancia
avanti; dove si va? per dove si passa? Non si vede nulla. Ah! ecco una
porta; dentro in furia a baionetta calata; un cortile, i nemici, una
bandiera; animo, addosso. Intorno alla bandiera c'è un baluardo di
petti, irto di baionette immobili. I primi, sopraffatti, s'accasciano;
sugli altri, saldi come colonne, la furia assalitrice si arresta,
e qui comincia un tempestare precipitoso di colpi che si sentono
e non si vedono; le baionette s'incrociano e si urtano risonando
acuto; scricchiolano i fucili spezzati; urli orrendi soffocati nella
strozza, e gemiti tronchi che assecondano i conati dei colpi; le armi
si drizzano, la mischia si chiude, i combattenti vengono a corto; si
forma un gruppo confuso degli uni e degli altri, stretti, pigiati,
faccia contro faccia; impugnano le baionette, si afferrano alla gola,
incrocicchiano le braccia e le gambe, si avvinghiano e si divincolano,
cadono, risorgono, pallidi, ansanti, co' denti serrati, le teste
scoperte e sanguinose; l'uno sente dell'altro il frequente e infuocato
anelito sul viso; ad ogni tratto una faccia illividisce e un capo si
arrovescia all'indietro colle pupille stravolte; il terreno è coperto
di caduti; il gruppo attorno alla bandiera è rimpicciolito; l'alfiere
ha toccato una baionettata nel petto.--A te!--grida con voce morente;
un altro ha afferrato la bandiera. Intanto si combatte da tutte le
parti della casa. Si sentono grida lamentevoli dall'interno delle
stanze; si sentono tremare i solai sotto il peso dei passi precipitosi,
e porte scrosciare e spezzarsi sotto i colpi de' fucili. Gli assaliti
errano disperatamente di qua e di là, si rimpiattano nei cammini,
dietro ai mobili, dietro le porte; gli assalitori sopraggiungono
ululando, si sparpagliano, frugano, fiutano, li scoprono, li snidano,
li trascinano, rigando di sangue i pavimenti e le scale; i vinti non
si arrendono, i prigioni si rivoltano, si svincolano, si gettano alle
finestre e si precipitano nel cortile, o son baionettati nella schiena
e restano cadaveri sui davanzali; altri cerca scampo pei tetti, altri
ferito e grondante di sangue si trascina carponi fuor della mischia.
I difensori della bandiera sono agli estremi.--Arrendetevi!--gridano
i nostri.--No! no!--essi rispondono con voce soffocata;--morte!
morte!--Ad un tratto si sente un altissimo grido che fa rintronare
la casa, e nello stesso punto balza fuori della mischia un soldato
colla bandiera nemica nel pugno, la fronte alta e splendida, lacero
e sanguinoso.--Viva!--ripetono cento grida da tutte le parti della
casa. S'ode uno squillo di tromba.--Cosa? Che è stato? Ritirata? Come?
Perchè? È impossibile! Zitti!--Un altro squillo di tromba e un grido
tonante del maggiore:--Ritirata!--Ritirata? noi? adesso? ma proprio?
Ah! è impossibile! è impossibile!--Siamo fuori della casa, il maggiore
indica la direzione della strada, gli altri battaglioni sono già in
moto.--Dio eterno! ci ritiriamo! Capitano! capitano, in nome del Cielo,
perchè ci ritiriamo?--Il capitano senza dir nulla, si volta dalla parte
del nemico e stende il braccio verso la pianura come per accennare
qualche cosa. Guardo.... Era una colonna nemica che s'avanzava alle
nostre spalle, lunga, sterminata, perdentesi nella lontananza della
campagna: rimasi di sasso.
--Ma capitano! capitano! e gli altri corpi? le altre divisioni? dove
sono? che cosa fanno? perchè non vengono?
--Mah!--egli rispose stringendosi nelle spalle.
--Ma dunque noi abbiamo perduto!--io gridai con accento disperato.
--Pare.--
Io guardai intorno i miei soldati, guardai di nuovo la colonna
austriaca, guardai Villafranca, guardai quella stupenda pianura
lombarda, quel bel cielo, quei bei monti.--Oh povero mio
paese!--esclamai, giungendo le mani.... e piansi come un bambino.
La signorina chinò la fronte sulla palma della mano e pensò.


LA SENTINELLA.

Era una delle ultime notti di gennaio; nevicava; le vie della città,
le piazze, i davanzali e i terrazzini delle case, gli alberi dei
giardini, tutto era bianco, sepolta, sopraccarico di neve; i fiocchi
venivan giù lenti, grossi, fitti, e sullo strato nevoso lungo i muri
non appena s'imprimeva un'orma, che ne spariva ogni traccia. I lampioni
agli angoli delle strade mandavano intorno un chiarore velato e tristo;
sui crocicchi, per quanto si guardasse avanti e indietro, a destra e
a sinistra, non si vedeva nessuno; in ogni parte un silenzio cupo; si
sarebbe sentito, per mo' di dire, cader la neve.
Era una di quelle notti, in cui chi si trovi, per mala ventura, fuor
di casa, s'affretta a ritornarvi; rasenta le case a passetti rapidi,
muti, come un fantasima furtivo; l'occhio a terra per iscansare le
pozzanghere, la tesa del cappello calata sulle orecchie e sul naso,
il collo rientrato nelle spalle, il bavero del vestito rialzato sulla
nuca, l'una mano ficcata nella manica dell'altra, tutto inarcato, tutto
rimpicciolito; si getta a capo basso nel portone di casa, ascende
le scale pestando forte i piedi fradici e scotendo i panni nevosi,
caccia in furia la chiave nella toppa, entra, via il vestito, giù il
cappello, in che stato! spinge la prima seggiola davanti al camino,
vi si lascia cader su, un piede di qua e un piede di là, e abbassa il
volto sul fuoco, e se ne sta li, e se lo cova, se lo stuzzica, se lo
gode, succhiando lentamente un sigaro e geroglificando le ceneri colle
molle e brontolando di tratto in tratto:--Che tempo!--Una di quelle
notti in cui anche il marito disamorato e tediato avvicina un po' più
del solito la seggiola a quella di sua moglie; e lo scapolo fantastica
le gioie intime e tranquille d'una famigliuola, e, rinunciando alle
baraonde consuete, si ficca per tempo sotto le coltri, si contorce un
pochino per iscavarsi la fossetta calda, mette fuori tanto di mano
quanto n'occorre per tenere il romanzo e, scorse due o tre pagine,
s'addormenta placidamente aguzzandosi il gusto del caldo e del riposo
coll'immagine dei poveri assiderati che non hanno letto nè casa. Una
di quelle notti in cui la vita d'una città si ristringe tutta intorno
ai focolari domestici, dove i consueti colloqui tra le famiglie e
gli amici più stretti si producono oltre l'ora consueta, finchè i
fanciulli presi dal sonno tiran di soppiatto la gonnella alla mamma
per farle rammentare il letticciuolo che aspetta, e vanno poi a
dormire pregodendo nel pensiero la gran battaglia a palle di neve che
combatteranno il domani. Una di quelle notti in cui i desiderii più
vivi son tre, come dicono gli scapati; un caro viso, un bel libro e un
buon bicchiere.
Tutti, anche i più poveri, trovano, in codeste notti, la carità d'un
po' di tetto, d'un po' di fuoco e d'un po' di strame; tutti trovano
uno schermo dalla neve, almeno fino al primo rischiararsi del cielo,
almeno per l'ore in cui la vien giù così fitta che par che voglia
seppellire le case; tutti riposano, tutti dormono, tutti,--tranne
la sentinella,--per cui non v'ha nè tetto, nè fuoco, nè riposo; ma
solamente un solitario casotto di legno, un pesante mantello di
pannaccio, e la consegna del caporale.
Guardate laggiù, in fondo a quella piazza tutta bianca di neve, e
rischiarata intorno intorno da quattro lunghe file di lampioni, laggiù
accanto alla gran porta di quel palazzo principesco, alto, bruno, dalle
forme colossali ed antiche, da tutte quell'ampie finestre illuminate;
guardate là in quel casotto, quell'uomo imbacuccato, ritto, immobile
come un simulacro di marmo; guardatelo. Egli da più ore è là, senza
moto, senza parola, colla destra intirizzita sulla fredda canna del
fucile, e i piedi nella neve, e l'occhio chinato e fisso, che par che
noveri i larghi fiocchi che gli piovono intorno. Di tratto in tratto
gli occhi gli si socchiudono, la testa gli s'inclina insensibilmente
sull'omero; ma tosto un'interna voce lo ammonisce, ed egli risolleva
vigorosamente la fronte ed apre e dilata gli occhi e li gira intorno
più rapidi e più vigilanti, come per compensare la sua coscienza di
quel momento di languore e d'inerzia. Guardatelo; tutti, anche i più
poverelli, hanno un po' di casa, un po' di fuoco, un po' di letto,
tutti; egli non l'ha.
Questi pensieri io volgeva in mente una notte, sul cader di gennaio,
essendo di guardia, con una quarantina di soldati, appunto in quella
piazza e a quel palazzo. E me ne stava, così pensando, poco lunge dalla
porta, misurando a passi lenti un breve tratto della piazza sgombro
di neve, e volgendo a quando a quando gli occhi in su, alle finestre
illuminate, per cui mi giungeva fioca all'orecchio un'armonia confusa
di flauti e di violini, e un rumor sordo e pesante di passi mutati in
cadenza sopra un vasto solaio. Poi guardava nell'ampio vestibolo gli
smaglianti lampadari di cristallo, e i tappeti e i vasi di fiori sparsi
sul pavimento marmoreo, e le pareti coperte d'arazzi e di allori; e
sul dinanzi, fra me e la porta, un viavai di carrozze di gala, un
vociar di cocchieri, e uno scendere e salire continuo d'uomini e di
signore, e un accorrere in fretta agli sportelli, un aprir reverente,
un porger rispettoso di mani, uno strascicar lungo di vesti, uno
scoprirsi di teste azzimate, un incurvarsi di schiene, un giungere e
uno scappar incrociato di servitori dalle assise sfoggiate e bizzarre.
Ecco, s'avanza una carrozza stemmata; si ferma; i cocchieri precipitano
a terra; tutti si fanno intorno; dieci mani si gettano a gara sulla
maniglia dello sportello; una mano fortunata lo afferra; lo sportello
si schiude; la folla degli accorsi si apre in due ali, a destra e a
sinistra; i colli si allungano, gli sguardi si tendono; spunta una
testa, un piedino, una manina vestita d'un guanto candido; un'altra
mano si stende di mezzo alla folla e la stringe timidamente per la
punta delle dita;--giù il piedino,--adagio,--con riguardo,--ancora un
po',--un pochino ancora, il piedino è a terra. Oh bellino! Guai se
toccava un fiocco di neve! Ma è rimasta dentro la coda della veste. Oh
sventura! Si sarà attaccata ad un chiodo, chi sa! Presto, accorrete, in
due, in tre, in quattro:--dove s'è attaccata?--qui--no--là--piano--con
garbo--delicatamente--cerca, cerca--ah! ecco. La coda è libera, lo
strascico è giù, ella è in piedi. La stupenda figura! Largo, indietro,
miratela. Un cappuccio indiscreto non consente all'occhio che pochi
tratti di quel caro viso; è un viso d'angelo! Una zimarra gelosa ruba
agli avidi sguardi i bei fianchi e le candide spalle; ma ne lascia
indovinare, sotto le pieghe, le forme: elle son divine! La bella figura
incede mollemente,--svolta,--mette il piè sulla scala,--ancora un lembo
di veste,--è sparita. Peccato! Ma l'occhio della mente la segue in
mezzo alla folla inebriata di quelle sale rumorose; fra tutte le altre
belle teste ornate di gemme e di camelie l'occhio della mente distingue
le sue trecce e i suoi fiori, e le tien dietro nei rapidi voli della
danza, e in mezzo a quella cara battaglia di sguardi accesi che si
provocano, si cercano, si sfuggono amabilmente astuti, s'incontrano
amabilmente audaci, e tra 'l fascino dei molli abbandoni e la voluttà
delle strette segrete, languiscono, lampeggiano, pregano, ricusano,
promettono, puniscono, concedono e rapiscono in cielo.
--Ed egli è là, io pensava, povero soldato! Egli è là, esposto al
freddo, alla neve, solo, muto, negletto, senza conforti, senza
speranze; lassù si suona, si danza, si ride, si folleggia, si gode la
vita nelle sue ebbrezze più ardenti e più care, ed egli, da quella
solitudine, da quella oscurità, da quel silenzio, è costretto a subire
il tripudio che gli ferve sul capo, e a paragonarlo col suo tristo
abbandono, alla malinconia stanca del suo povero cuore. Bisogna ch'ei
subisca l'immagine di quelle danze, di quei cari volti, di quelle belle
persone, di quegli sguardi, di quei sorrisi, egli che è solo, lontano
dai suoi, che non ha un viso di donna che gli sorrida, che non ha una
manina amica da stringere; ma che forse, a maggior dolore, avrà sempre
fitta nella memoria una treccia nera e due occhi modesti che una volta
gli facevano tremar l'anima di dolcezza! Ah in mezzo a quelle teste
ingemmate e infiorate egli la sogna, egli la vede quella cara treccia
senza gemme e senza camelie!--Caporale.
--Presente.
--Chi è il soldato in sentinella?
--Il tale.
--Andate--Il cuore me lo diceva: è un coscritto. Povero coscritto! Son
pochi giorni ch'è al reggimento, è ancora stordito da questa nuova
vita; la sua testa e il suo cuore sono ancora a casa colla madre e
fra le quiete abitudini della vita di prima; il pensiero del ritorno
non gli passa nemmeno pel capo, o, se gli passa, gli è un pensiero
d'una felicità tanto lontana! Nel reggimento non ha ancora amici, non
ha ancora conforti; subisce ancora i motteggi dei vecchi soldati, e
le prime durezze, che son le più dolorose, della disciplina; non una
voce amica, non una parola affettuosa, non un sorriso, nulla; sempre
vociacce burbere, minacce, brutti visi. Dopo un'altr'ora ch'ei starà
là, verrà qui, stanco, fradicio, pien di freddo, pien di sonno, e
non avrà che un nudo tavolaccio su cui riposare, e dormirà un sonno
interrotto e penoso, e sarà destato da una squassata alle gambe o
da una manata di neve nel viso; non un po' di quiete, non un po' di
fuoco per asciugarsi i panni, non una goccia di vino; nemmeno un po'
di tabacco, forse...; nulla, nulla. Egli soffre, in questo momento,
lo giurerei. Quella musica e quella festa gli fanno male. Voglio
accertarmene. Voglio andarlo a vedere.... Ma no.... Oh che no! Sì,
invece, sì; lo voglio andare a vedere; e ci vado; sicuro che ci vado;
perchè non ci dovrei andare? Oh stiamo a vedere! Voglio andarci.--
E mi mossi. Passai dinanzi al casotto; guardai dentro, era scuro;
non potei vederlo nel viso. Tornai indietro, sostai un momento, e
pensai:--Quando si è agitati da un affetto vivo, gioia o dolore ch'ei
sia, il suono della prima parola che si profferisce dopo un lungo
silenzio è impossibile che, lì su quel subito, non si risenta di
quell'affetto e non lo riveli. Proviamo.--Mi avvicinai al casotto e
mi ci fermai dinanzi. La sentinella mi avvertì, si scosse e s'avanzò
fin sul limitare. Io non la vedeva nel viso; ella non vedeva me. Le
domandai con un accento affettatamente sbadato:--Hai freddo?--
Esitò un momento e poi:--Nossignore.--
Bastò: in quella voce io aveva avvertito un lievissimo tremito; in
quella voce v'era un suono di pianto; non v'era dubbio; io non m'era
apposto male; avevo indovinato il suo cuore.
--Non hai proprio freddo, punto punto?
--Eh no--un poco--si sa.... non mica tanto però.... così....
Poveretto, e gelava! Temeva di fare un atto d'indisciplina quel
buon ragazzo a dirmi che gelava! Come se la neve l'avesse fatta
venir giù lui o glie l'avessi fatta venir giù io, proprio sui piedi,
che li doveva aver conci Dio sa come! Mi piacque tanto quella sua
risposta,--povero giovane. E non mi si venga a chiacchierar di
separazione tra uffiziale e soldato, in quei momenti lì; il cuore non
è mica gallonato come il berretto: Dio buono! Come si fa a resistere?
Come si fa a star duri? A meno d'esser di sasso, sfido io. Però non
volendo aver l'aria di esser andato là a far il consolatore pietoso,
e neanco lasciarlo prima d'avergli rifatto un po' l'animo con quattro
parole da amico, girai largo e gli chiesi:
--Quanto tempo ti tocca ancora di restar qui?
--Non so mica, signor tenente.... l'orologio qui vicino non si
sente.... per causa della musica.
--Già;--ecco (ruppi il ghiaccio), sicuro che--a star qui--fermi--a
quest'ora, con questo tempo, non è mica un piacere; si sa. Ma--Dio
buono--il nostro mestiere.... è tutto così: bisogna pigliarlo com'è.
Eh, caro mio, questo è niente. Se si farà la guerra, allora sì che ne
vedrai delle brutte. È un altro par di maniche, sai; te ne convincerai
per prova. Quando s'è agli avamposti, per esempio, in un bosco buio
buio, sotto una di quelle pioggierelle fine fine che passano panni e
pelle e mettono dei malanni addosso, e si è soli, isolati, e non si
vede un palmo più in là del naso, eppur bisogna star là, fermi, dritti
come fusi, con l'occhio vigile, colle orecchie all'erta, che c'è il
nemico davanti e da un momento all'altro può capitarci addosso; e dopo
tutta una notte che s'è stati là, si ritorna al campo del reggimento,
e non ci si trova da levarsi la lame, e non c'è posto per dormire, o
bisogna sdraiarsi sul fango o sui sassi o sull'erba bagnata; eh allora
sì che la è una dura vita! Adesso è niente. Eppure anche quella vita
tutta fatiche, tutta stenti, tutta pericoli, i bravi soldati la fanno
di buon animo, e non si lamentano mai, e quando possono dormire,
bene; quando non possono, pazienza; quando c'è il pane, viva il pane;
quando non ce n'è, si digiuna, e alla buon'ora, e non ci si fa del
cattivo sangue per questo. E sai perchè? Perchè si vive fra amici, fra
bravi camerata, e si sa di fare il proprio dovere, si sa di fare i
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