La vita militare: bozzetti - 29
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tutto. Un soldato che si batte con un signore non è affare di tutti i
giorni; la cosa fece chiasso per la città; per un pezzo non si parlò
d'altro; tutti, anche i miei superiori, lodavano il coraggio e la forza
che avevo avuto di resistere tante ore alle ferite; tutti volevano
sapere chi fosse quel signore; tutti erano curiosi di conoscere la
ragazza. Dirle quanto mi rincresceva, quanto mi faceva male il pensare
che Luisa veniva così messa in piazza, come suol dirsi, per causa mia,
io non saprei dirglielo; n'ero disperato, avrei dato metà del mio
sangue Perchè non fosse. Seppi dopo che quel giovane aveva una ferita
grave nella testa; poi mi dissero ch'era quasi guarito, e poi che se ne
voleva andare dalla città. Di Luisa non seppi più notizia. Temevo che
fosse malata, che fosse andata via, poi m'immaginavo che suo fratello,
a cagione di quello ch'era seguìto, la maltrattasse peggio di prima,
e che quel signore, appena guarito, avesse ricominciato a ronzarle
intorno; vivevo in ansietà continua, e stentavo a guarire, e la sera,
debole com'ero che m'intenerivo per niente, qualche volta mi veniva da
piangere, e facevo compassione a me stesso. Intanto stava per finire
l'inverno, e si cominciava a parlare della guerra.--Ci fosse pure la
guerra! pensavo; chi sa che non mi levasse dal cuore questa disgraziata
passione.--Dopo la febbre mi eran venuti addosso cento altri malanni,
e io menava la più triste vita che si possa immaginare. Non mi
lasciavano neanche veder gli amici per paura ch'io mandassi lettere o
imbasciate per mezzo loro, e facessi nascere nuovi guai, e volevano
che tutto fosse finito. Oh che brutte giornate, signor colonnello!...
Ma in una sera, in una sola sera tutto mutò. Era sull'imbrunire;
io stavo già a letto; ero più tristo del solito; venne una monaca
a darmi da bere;--vi sentite molto male?--mi domandò, vedendomi
gli occhi rossi.--Perchè vi scoraggiate così? che cos'avete?--Ah!
sorella--risposi scrollando la testa;--io sono un disgraziato, ecco
quello che ho!--Eh via! fatevi animo,--ella rispose, e poi soggiunse
sorridendo:--non sentite che c'è della gente che canta per farvi stare
allegro?--Io tesi l'orecchio, e sentii una voce lontana, dalla strada,
da una casa della parte opposta, una voce di donna che cantava, una
voce debole, ma che pareva facesse uno sforzo per farsi sentire; il
sangue mi si rimescolò, il cuore mi cominciò a battere forte, mi prese
come un affanno violento, mi sforzai, mi sforzai, e finalmente mi diedi
giù a singhiozzare e a ridere come un bambino, appoggiando la testa
sulle braccia della sorella, che mi guardava tutta maravigliata.--Oh
Luisa!... sei tu,--esclamai ricadendo sul guanciale;--sia benedetto il
cielo!--
Il colonnello respirò come se anch'egli in quel punto si sentisse
liberato d'un affanno.
--Da quel giorno cominciai a star meglio; i miei amici che volevano
vedermi furono lasciati venire; in capo a una settimana mi potei
levare. Il mio primo passo fu verso la finestra. Era una delle più
belle mattinate di aprile. Mi accostai all'inferriata tremando,
mi afferrai prima ai ferri colle mie mani smunte e bianche, e poi
guardai all'ultimo piano della casa dirimpetto. C'era! Pareva che mi
aspettasse! Stava appoggiata al davanzale col viso rivolto alla mia
finestra; mi guardò attentamente; pareva che non mi riconoscesse, che
fosse incerta, agitata; si stropicciava le mani, sporgeva la testa a
destra e a sinistra, e se ne andava, e tornava, e non si dava pace. Io
colsi un momento che non avevo nessuno intorno e avvicinato il viso
alla grata dissi sottovoce e con forza:--Luisa.--Ah!--essa gridò, e
rimase là ferma come una statua a guardarmi.--Luisa! io ripetei.--Essa
sorrise e si appoggiò con una mano al davanzale come se le mancassero
le gambe. Io la chiamai ancora una volta.--Oh Dio!--essa gridò, e
scomparve. La stessa mattina mi mutarono di posto, e addio finestra.
Ma in pochi giorni fui in piena convalescenza, e poco dopo mi trovai
in grado di uscire. Parevo matto! Uscire, rivederla, dopo quel che
era accaduto, dopo aver sofferto tanto! Ma guardi se non era proprio
destino che io non dovessi mai esser contento per un pezzo. La guerra,
in quel frattempo, era diventata quasi sicura; molti corpi avevano già
lasciate le loro guarnigioni; ed eccoti che il giorno prima dalla mia
uscita dall'ospedale, vien l'ordine ai due battaglioni di partire.
Come fare? Non vederla più? Andar via così incerto, senza farle una
promessa, senza almeno sapere di sicuro che mi vuol veramente bene,
e che mi aspetterà? Ma ad avere una risposta non c'era più tempo, e
bisognava che mi contentassi di scriverle io. Uscendo dall'ospedale
dovevo andar difilato in quartiere, e dal quartiere difilato alla
stazione della strada ferrata; pensai che qui o là avrei trovato
il ragazzo. Scrissi un bigliettino in fretta proprio al momento di
partire, e non dicevo altro che questo:--Se vivrò, tornerò; ne do
la mia parola d'onore.--Al quartiere il ragazzo non c'era; lo vidi
alla stazione; pareva che mi cercasse. In quei pochi minuti di riposo
prima di salire nelle carrozze, potei allontanarmi dalle righe, egli
mi venne dietro, e tutt'e due mettemmo nello stesso tempo le mani in
tasca; io gli diedi il biglietto; lui tirò fuori con gran segretezza
una cosa ravvolta in un pezzo dì carta, me la mise in mano, e disse:--È
mia sorella,--e scappò. Guardai: era una borsa da tabacco. Signor
colonnello.... lei mi capisce. Fu il giorno dopo che io scrissi la
prima volta a casa tutto quello che era seguito, manifestandole mie
intenzioni, e fu dopo quella lettera che lei ebbe la bontà di occuparsi
dei fatti miei e di aiutarmi. Quel che avvenne poi lei lo sa. Io feci
tutta la campagna col mio battaglione. A San Martino, come le ho
scritto, girando pei campi dopo il combattimento, trovai tra i feriti
più gravi un bersagliere che mi parve di conoscere e che portai io
stesso all'ambulanza, dove morì appena arrivato. Era il fratello di
Luisa, che si era arrolato volontario dopo cominciata la guerra, e
avea toccato una palla in un fianco. Prima di morire, mi riconobbe,
mi ringraziò, e mi raccomandò sua sorella. Povero giovane! Finita la
guerra, il mio battaglione andò a Torino. Là seppi che una signora
di Savigliano, sua conoscente, avea preso a proteggere Luisa, e che
Luisa stava bene, benchè avesse molto sofferto per la morte di suo
fratello maggiore, e che il ragazzino andava a lavorare. La mia classe
fu congedata, e io partii subito per Savigliano, dove sapevo che, per
grazia sua, signor colonnello, erano arrivati o stavano per arrivare
mio padre e mia madre. Arrivai la mattina per tempo. Era una bella
mattinata serena e fresca come quel giorno che avevo visto Luisa per
la prima volta. Corsi subito, così come ero vestito da bersagliere,
nella strada dietro l'ospedale. Essa stava sempre là, non aveva voluto
mai andarsene, benchè la signora sua protettrice le avesse offerto di
riceverla in casa propria. Salii le scale a salti, col cuore che mi
batteva da rompersi; mi avvicinai in punta di piedi a quella porta;
una donna che era sul pianerottolo, e pareva informata di tutto, mi
fece segno che Luisa c'era; la porta era socchiusa; accostai l'orecchio
allo spiraglio; sentii canterellare, era lei; tirai fuori la borsa e la
gettai dentro la stanza; il canto cessò, udii un grido acuto, entrai,
la vidi, aprì la bocca per gettare un altro grido, non potè, agitò due
o tre volte le mani in aria come una pazza, poi vacillò e mi cadde fra
le braccia. La sera arrivarono i miei parenti, l'indomani partimmo per
Valdieri ed eccoci qui da tre giorni; qui con quella cara e santa... Oh
Dio! Eccola qui.--
Luisa era comparsa sotto la pergola, vestita da sposa, con un velo
bianco sul capo e una veste di seta nera bene adatta alla sua vita
esile e snella. Aveva il viso roseo e gli occhi umidi e dimessi,
e nell'andatura e negli atti una compostezza piena di peritanza e
di grazia. Le stavano da una parte il padre e la madre di Cesare,
dall'altra il fratello, un ragazzo sui dieci anni; dietro un gruppo di
parenti e di amici, tutti silenziosi.
--Signor colonnello,... essa mormorò timidamente facendo un inchino.
Poi si voltò allo sposo, vibrò un lampo dagli occhi, sorrise e chinò la
testa.
Il colonnello, tuttora commosso dal racconto di Cesare, la guardò
lungamente con un misto di curiosità e di tenerezza. Cesare si mise a
contemplarla con quello sguardo avido degli innamorati che gira intorno
alla persona e l'abbraccia e l'avvolge, come se volesse stringerla
nelle sue spire e tirarla a sè. La madre e le altre donne la guardavano
anch'esse con un'aria di compiacenza rispettosa, allungando di tratto
in tratto una mano per accomodarle ora una piega del velo, ora del
vestito. E tutti stavano zitti, e Luisa, confusa da tanti sguardi,
cogli occhi bassi, col sorriso sulle labbra, fingeva di guardare un
capo del velo che stropicciava tra le dita.
--...Dunque,--uscì a dire dolcemente il colonnello così per rompere
quel silenzio;--a momenti si va?
Gli sguardi dei due giovani s'incontrarono.
--La chiesa è a pochi passi di qui; voi Luisa l'avrete veduta venendo;
è là in fondo alla valle appena passato il ponte; la strada è bella,
ombrosa....
Tutti continuavano a tacere.
--E poi abbiamo una stupenda giornata; anche il tempo fa festa, come
vedete;.... per che ora avete fissato?
--Per le sette,--rispose la madre.
--Allora,--soggiunse il colonnello guardando l'orologio,--è ora.
I due giovani si scossero, si guardarono, e fecero un passo l'uno verso
l'altro.
--Dunque?--domandò la madre con un sorriso, guardando prima l'una e poi
l'altro.--Animo, a braccetto.--
Cesare porse il braccio alla sposa, essa vi appoggiò il suo, e tutti
e due accompagnarono collo sguardo quell'atto come se avessero dovuto
fare qualcosa di difficile o di strano: tremavano.
--Avanti,--disse la madre.
Fecero due o tre passi per uscire; poi s'accorsero che s'erano scordati
di salutare il colonnello, voltarono la testa indietro tutti e due
dalla stessa parte, e s'incontraron coi visi. Tutti sorrisero, Luisa
arrossì.--Dio v'accompagni, ragazzi,--disse il colonnello alzandosi
per vederli andar via. Gli sposi s'allontanarono camminando a passi
incerti e ineguali; dietro a loro i parenti e gli amici; la madre e il
colonnello si scambiarono un sorriso, come per dire:--Poveri giovani,
non han più la testa a segno.
--Dio v'accompagni,--ripetè il colonnello rimasto solo, guardando il
cancello per cui erano usciti.
La lieta comitiva era già un pezzo innanzi giù per la strada del colle.
Istanti divini! Non v'è dolcezza umana che ne valga un solo. Alla piena
della gioia che v'invade l'anima, par che la vostra povera creta non
regga; la mente istessa non la comprende intera, e la travede a lampi,
e non potrebbe fissarvi lungamente il pensiero. Si va innanzi compresi
d'una specie di stupore, come sognando, quando par di attraversare
sconosciuti giardini, folti di piante fantastiche e illuminati da
luci arcane. Tutto par sogno: la gente che si ferma per vedervi
passare; l'allegro bisbiglio dei parenti che vi accompagnano; quel
lontano campanile della chiesa che par che vi guardi e vi aspetti;
e i luoghi noti e le cose che sembrano animarsi per riconoscervi e
mandarvi un saluto.--Guardate con chi sono!--dice il cuore.--Ella
è mia, lo sapete?--E procedete a passo tremante, e vagate qua e là
coll'occhio estatico; o guardate con un senso quasi di curiosità la
piccola mano che s'appoggia sul vostro braccio, come se si fosse
messa là a vostra insaputa; e prestate l'orecchio al fruscìo della
veste, come al suono d'un bisbiglio misterioso; e provate una profonda
dolcezza a sentirvi nel viso quell'alito caldo e frequente, e sul
braccio il peso leggero di quella cara persona che tratto tratto
pare che manchi e vi s'abbandoni sul fianco. E sopraffatti così da
quella dolcezza, vorreste quasi affrettarne gli istanti, e giunger
presto alla chiesa, chè vi sembra d'aver rapito al mondo un troppo
grande tesoro, e qualcuno voglia ritorvelo, e v'insegua. E i vostri
due visi, a quando a quando, si voltano, e gli occhi s'incontrano
e s'abbarbagliano, e ogni cosa intorno s'oscura, e in quel rapido
incontro non vedete più che quella pupilla umida che splende, vi fissa,
v'affascina e si vela. E si muovon le labbra, si parla, di che? di
nulla, di tutto.--Guarda.--Di'.--Cesare.--Senti.--Luisa.--Dio!--suoni
sfuggiti all'intima e arcana armonia dell'anima. Ecco la porta
della chiesa.--Oh! ragazzi, dove andate? Per di qua,--grida la
madre.--Sbagliavano; che sanno più essi di questa terra?
Escono.
Qui l'anima si queta, e l'idea della vostra felicità, alla quale
dapprima non bastava la mente, si rifrange in mille immagini ridenti
che si seguono rapide e distinte, traendovi il core di contento in
contento fino al sentimento schietto ed intero di quella gioia onde
eravate poc'anzi soverchiati ed oppressi. E prima l'immagine del viso
di lei addormentata al vostro fianco, quando voi, contemplandola nel
silenzio della notte, le direte col pensiero mille dolcezze, e vi parrà
ch'ella dormendo v'intenda, e vi risponda con quel riso sfuggevole che
le sfiora le labbra socchiuse:--Ti sogno, angelo. E il primo saluto
della mattina, allegro, fanciullesco, soave, temperato a volte da un
subito ritorno della timidezza verginale, non tutta vinta ancora dalla
consuetudine della vita comune. E i molti giorni in cui, tornando a
casa, vi parrà sempre strano ch'ella debba esser là ad aspettarvi, e
tremerete quasi di non ritrovarla, e affretterete il passo, e il primo
suono della sua voce festosa, e il suo batter di mani, e il rumore di
quel passo rapido e leggero che verrà incontro al vostro, vi scenderà
nel profondo dell'anima come dopo una lunga lontananza. E quelle
fresche e splendide mattinate di primavera, in cui, col risvegliarsi
della natura, vi si risveglierà tutto nell'anima l'ardente amore dei
primi giorni, e un impeto irresistibile vi spingerà l'un verso l'altro,
e nel guardarvi e nel sorridervi risentirete la infinita dolcezza
dei primi sguardi e dei primi sorrisi. E quelle ore tristi, quando
contemplerete dalla finestra la campagna coperta di neve, o la pioggia
lenta ed eguale, e in quel silenzio e in quella solitudine si farà
più viva e profonda la tenerezza dei vostri colloqui melanconici, e ad
ogni lampo e a ogni tuono vi stringerete in un abbraccio più forte,
e parlerete più sommesso e più dolce. E le lunghe sere d'inverno
passate fra voi due soli, quieti, sereni, ora discorrendo delle
vostre faccenduole domestiche, ora celiando e ridendo con ingenuo e
spensierato abbandono, ora evocando i cari ricordi del tempo in cui non
vi parlavate ancora:--Che cosa dicesti fra te quella volta? Che cosa
pensasti di me quel giorno?--E quelle sere felici in cui, essendo soli,
sentirete di non esser più soli, e vi parrà che qualcuno v'ascolti e vi
guardi, e proverete per la vostra compagna un sentimento di affetto più
delicato e geloso, e a certi suoi moti di sorpresa, a certi turbamenti
improvvisi, tratterrete il respiro e interrogherete il suo sguardo,
e al rasserenarsi del suo viso palpiterete di gioia e le aprirete
le braccia. E quelle notti in cui, destandovi, sentirete alitare e
muoversi vicino al vostro capo una creaturina inquieta, e la sua
piccola mano cercare il vostro viso, e una vocina lamentevole chiamarvi
padre, e due tenere braccia ricingervi il collo. E quelle tante volte
che il vostro sentimento di gratitudine per quella dolce compagna, che
vi sta sempre al fianco, che vive per voi, che non ha altro bene che
voi, che è felice delle vostre gioie, e trema dei vostri dolori, e vi
consola, e v'inspira la rassegnazione, e v'infonde il coraggio, e vi
fa amare il lavoro, la casa, la pace, la virtù; e soffrendo e pregando
esercita con amoroso entusiasmo il suo santo ministerio di madre, e
insegna ai vostri figliuoli ad adorarvi, e vi prepara una vecchiezza
riposata e serena, dopo aver beata la vostra gioventù di tutto il fuoco
della sua bell'anima vergine, appassionata e credente; quelle tante
volte, dico, che il vostro sentimento di gratitudine per questa dolce
compagna, provocato per caso da un ricordo, da una parola, da un atto,
si espanderà improvvisamente in un trasporto di tenerezza ineffabile, e
la colmerete di carezze, di grazie, di benedizioni, bagnandole il seno
di lacrime, chiamandola coi nomi più soavi, domandandole perdono di
tutte le amarezze che avrà provato per cagion vostra, e così commossa,
come la vedrete, e radiante, vi parrà più bella del giorno che la
conduceste all'altare. Ricchezze, gloria, potenza, oh come vi guarda
dall'alto l'Amore!
* * * * *
Il colonnello andò incontro agli sposi fino al cancello e li ricevette
con molta festa e li accompagnò fin sotto il pergolato. Luisa piangeva,
Cesare pareva fuori di senno, e tutti gli altri della brigata, allegri,
commossi, facendo un chiacchierio assordante, giravano senza posa
intorno all'uno ed all'altro, senz'esser veduti, nè sentiti, nè capiti.
* * * * *
Stettero qualche ora tutti insieme sotto il pergolato; quelle ore in
cui, riavuta l'anima dalla foga della gioia, gli sposi pensano, e la
moltitudine delle loro prime immagini si va diradando man mano, sin che
ne resta una sola, che senza fissarsi mai nella mente, le gira intorno,
l'assale, sparisce, ritorna di soppiatto, dietro altre immagini, e
desta nel cuore improvvisi palpiti e trepidazioni misteriose. In mezzo
all'allegrezza della brigata, quelle due sole fronti paiono di tratto
in tratto pensierose, e quegli occhi si cercano e si fissano con una
specie di curiosità infantile, e l'uno osserva attentamente dell'altro
ogni gesto, ogni moto, e le anime si interrogano e s'intendono senza
parlare, o le parole hanno per loro diverso senso da quel che suonano,
e i sorrisi dicon tutt'altre cose. Son quelle ore deliziose, tante
volte sognate, tante volte pensate, che ci facevano domandare a noi
stessi:--Che cosa le dirò in quei momenti? Come mi guarderà?--Le ore in
cui, a misura che il tempo trascorre, noi ci sentiamo come allontanare
dal mondo, e vediamo tutto ciò che ne circonda oscurarsi, e intorno
a noi farsi una gran luce. Quei momenti, in cui se qualcuno degli
astanti dice:--Domani,--il nostro cuore si scuote, e l'anima ripete in
se stessa:--Domani;--e pare che tutto, domani, debba esser mutato nel
mondo, e ci trema più vivamente nel pensiero quell'immagine arcana.
* * * * *
Poco prima dell'ora fissata pel convegno degli amici, il colonnello
chiamò a sè gli sposi e il fratellino di Luisa, li condusse in una
stanza a terreno, e s'intrattenne un pezzo con loro, forse a parlare
d'interessi, e per fissare le nuove attribuzioni di Cesare, di cui già
da molto tempo aveva in animo di mutare lo stato.
--Forse tutti questi discorsi,--egli concluse,--non importava neanco
di farli; non vivrete voi vicino a me, sotto i miei occhi? E dunque
basta. Fate conto di me in ogni bisogno come lo fareste di un vecchio
amico; io voglio che abbiate confidenza in me, perchè vi voglio bene,
e la merito. Capirete: io non ho parenti, non ho amici, son qui diviso
dal mondo, solo, non ho altri che voi a cui voler bene, e vivrò per
voi; che volete che io viva ancora per me a quest'età? Ebbene, che io
vi sappia felici, tranquilli; che io abbia il vostro buon giorno la
mattina e la vostra buona notte la sera, e vegga Cesare lavorare di
buona voglia, e tu Luisa far la tua vita di casa col cuore sereno e
contento; che volete che io desideri di più? Purchè mi lasciate fare
quattro chiacchiere di tanto in tanto....
--Signor padrone!--esclamarono i due sposi ad una voce, guardandolo
con un aria di tenerezza quasi compassionevole.
--Dico davvero; e tu Luisa sarai contenta, te lo assicuro, perchè
conosco Cesare prima di te, fin da bambino; e sarai compensata di
tutto quel che hai sofferto, povera creatura. Oh è più che giusto! Qui
dimenticherai i tuoi giorni tristi; faremo tutti quanto sta in noi per
farteli dimenticare. Eri rimasta sola al mondo; ora eccoli in buona
compagnia; hai uno sposo, una mamma, e.... se lo vuoi, anche un papà,
ti contenti?
Luisa non potè raccoglier la voce.
--E anche noi saremo amici, non è vero, bambino?--Ciò dicendo prese
per mano il fratello e se lo trasse accanto.--Sicuro; e faremo insieme
le nostre passeggiate per la campagna, e leggeremo, e scriveremo, e
faremo tante altre cose, e vivremo allegri, vedrai; e quando le mie
gambe comincieranno a non voler più fare il loro dovere, domanderò un
po' d'aiuto al tuo braccio, che già a fare ogni giorno un giretto per
questi bei colli io non ci rinunzio. Starai meglio qui che a lavorare
in città, senza famiglia e senza protezione, te lo prometto. Povero
ragazzo, eri abbandonato! Oh! ma c'è una Provvidenza per tutti.... Che
cos'hai? Che vuol dire?... Ah! capisco, sì; vieni qua, povero ragazzo,
abbraccia pure il tuo vecchio babbo che ti vuole un gran bene; oh!
povero bambino! Chetati, via.
Il ragazzo singhiozzava che pareva gli si volesse schiantare il petto.
--E tu Luisa che cos'hai? Perchè mi guardi in quel modo?
--Signor colonnello,--rispose Luisa colla voce tremante, facendo uno
sforzo;--che vuole che io le dica? Io non trovo parole, io non so....
Mi par di sognare.... mi par che tutto questo non possa esser vero....
Ero una povera ragazza senza padre, senza madre, abbandonata da tutti;
lavoravo per vivere e non avevo nemmeno tanta roba da coprirmi, e
pativo il freddo, e qualche volta persino;... e vivevo così senza
speranze, e passavo dei giorni e delle notti che mi prendeva quasi la
disperazione.... E poi ecco che tutto cambia; incontro lui, Cesare, che
mi vuol bene, mi protegge, va alla guerra, n'esce salvo, si ricorda di
me, ritorna, mi dice che mi vuole sposare, fa venire i suoi parenti, mi
conduce qui, e tutti mi fanno festa, e trovo un signore come lei che si
piglia cura di mio fratello e parla in cotesto modo e mi fa vedere un
avvenire così bello.... e poi tutto quel che vedo e che mi sento dire
da tre giorni in qua.... Che cosa vuol che pensi io? Io non so.... Io
non posso quasi credere.... È troppa felicità tutta in una volta....
Io non ho fatto niente per meritar tutto questo.... Io ero una povera
ragazza.... Che cosa.... vuole.... che io le dica!
E scoppiò in pianto.
--Voglio che tu mi dica che sei la mia figliuola e nient'altro, ecco!
--Oh! è troppo!--esclamò Luisa con un accento di tenerezza
inesprimibile, e si slanciò per baciar la mano al colonnello.
--Via! via! che fai, pazzerella? zitta, guarda, c'è gente.--
Luisa e Cesare si voltarono e videro quattro bersaglieri che venivano
innanzi sul praticello; erano i primi invitati.
--Eccoli!--esclamò vivamente il colonnello alzandosi per andar loro
incontro;--ah! mi sento fuggire vent'anni dall'ossa!
Luisa rimase nella stanza per rimettersi un po' in calma, Cesare uscì
col colonnello; i parenti e gli amici che stavano sotto il pergolato
corsero anch'essi incontro ai soldati.
--Benvenuti, camerata! esclamò Cesare stringendo la mano a tutti e
quattro.--Ecco il signor colonnello che vi ha invitati.--
I bersaglieri lo salutarono militarmente facendo il viso serio e
ritenendo la mano alla tesa del cappello; egli li guardò fisso l'un
dopo l'altro, tentando di rifare il suo antico cipiglio di quando
voleva imporre ai soldati indisciplinati; poi sorrise e porse loro
tutt'e due le mani dicendo affabilmente:--Qua, giovanotti.--Allora
risero anch'essi, gli strinsero la mano, e cominciarono a parlargli con
una franchezza così aperta e confidente che parevano suoi intimi amici
da un pezzo. In un momento l'affollarono di domande, tutti ad una voce.
--Signor colonnello, noi non sappiamo proprio come ringraziarla.
--Lei è stato troppo buono con noi, signor colonnello.
--Perdoni, signor colonnello, è molto tempo che lei ha lasciato il
servizio?
--Signor colonnello, che reggimento comandava?
--Fin dove arriva il suo podere, signor colonnello?
--Oh che bella villa!
--Guarda: ci sono le bandiere!
--E i palloncini coloriti.
--E le ghirlande.
--E la musica.
Erano entrati nel prato sette o otto sonatori coi flauti e coi violini.
--È questa la villa?--domandò in quel punto una voce dalla strada.
Subito dopo comparve davanti al cancello un altro gruppo di dieci o
dodici soldati. Tutta la comitiva gli andò incontro. C'erano dei
bersaglieri, dei soldati di linea, un soldato di cavalleria, due
artiglieri: tutte le armi v'erano rappresentate. Chi col cheppì, chi
col berretto, chi colla papalina, chi colla tunica, chi col cappotto,
chi coi calzoni da soldato, chi coi calzoni da contadino; ognuno s'era
messo indosso quel poco che gli era rimasto; tutta roba vecchia,
scolorita e sdrucita, che mostrava la campagna del cinquantanove un
miglio di lontano. Qualcuno aveva la medaglia della Crimea. Tutti
giovanotti robusti, abbronzati dal sole, con un fare sciolto, fiero ed
allegro. Dietro a loro veniva uno stormo di curiosi che si fermarono
davanti alla porta.
--Avanti! gridarono tutti insieme, il colonnello, Cesare e i contadini.
I soldati vennero innanzi; furono ricevuti con ogni sorta di
dimostrazioni festevoli, circondati, assordati; il colonnello si
voltava di qua e di là, porgendo la mano ora all'uno ora all'altro;
Cesare era tirato per le braccia da tutte le parti; le contadinelle
ch'eran del numero degl'invitati, giravano intorno tutte strette in
un gruppo, adocchiando i soldati, ridendo, parlandosi nell'orecchio,
facendo ogni sorta di amabili vezzi; e chi batteva le mani in segno di
allegrezza, e chi meravigliandosi guardava intorno a quell'apparato
festivo, e chi tra i contadini riconosceva ed abbracciava congiunti
ed amici; e tutti parlavano e ridevano insieme, facendo un gridìo
dell'altro mondo.
In mezzo a quella confusione Cesare sparì.
Tutti gli altri continuarono a discorrere avvicinandosi alla porta
della villa. Quel vecchio bianco e curvo, in mezzo a quel gruppo di
giovani soldati, era bellissimo a vedersi; pareva il padre di tutti ed
era pieno d'anima e di foco come il più vivo e più ardente di loro.
Una parola a uno, una parola all'altro, un cenno di qua, un sorriso
di là, teneva tutti a bada. E tutti lo guardavano, lo ascoltavano,
e gli parlavano, fin da quei primi momenti, con un'espressione di
rispetto, di tenerezza e di confidenza quasi figliale.--Bravi i miei
soldati!--diceva egli di tratto in tratto girando lo sguardo su tutti i
volti--bravi! Avete fatto bene a venirmi a trovare.--Ed essi ridevano
e si guardavano gli uni cogli altri come per dirsi:--Vedete un po' che
buon cuore! che caro vecchio!
Si fece silenzio.
--Ecco gli sposi,--disse il colonnello.--Luisa e Cesare erano apparsi
sulla soglia della porta; Cesare era vestito da bersagliere coi suoi
vecchi galloni da caporale.
Il gruppo dei soldati si divise in due ali, gli sposi passarono in
mezzo, e di qua e di là si scoprirono le teste e sorse un bisbiglio
vivace.--Bel visino!--Bella figura!--Pare una madonnina!--Bravo
Cesare!--Ha l'aria d'una buona ragazza.--È di buon gusto
l'amico.--Sembra una signora.--Begli occhi!
Qualcuna di queste parole arrivò all'orecchio degli sposi; Cesare ne
gongolava, e si voltava per guardar Luisa negli occhi; Luisa sorrideva
e si copriva il viso col ventaglio.
Fecero circolo in mezzo al prato, e a due, a tre alla volta, tutti i
soldati andarono a parlare alla sposa, facendo un grande sforzo per
assottigliare un po' que' loro vocioni terribili, usati a far sentire
«l'all'erta» lontano un miglio; e Luisa accolse tutti con quel suo
sorriso e que' suoi modi soavi, senza staccarsi mai dal braccio del suo
sposo, e girando collo sguardo intorno al viso di quei che le parlavano
senza mai fissarli negl'occhi. Cesare stava osservandola mentr'ella
riceveva i complimenti dei suoi compagni, con una curiosità, con un
piacere, come se la vedesse allora per la prima volta.
--A tavola, amici,--esclamò il colonnello.
Tutti si mossero verso il pergolato, parlando confusamente.
La mensa era apparecchiata sotto il pergolato; erano dieci o dodici
giorni; la cosa fece chiasso per la città; per un pezzo non si parlò
d'altro; tutti, anche i miei superiori, lodavano il coraggio e la forza
che avevo avuto di resistere tante ore alle ferite; tutti volevano
sapere chi fosse quel signore; tutti erano curiosi di conoscere la
ragazza. Dirle quanto mi rincresceva, quanto mi faceva male il pensare
che Luisa veniva così messa in piazza, come suol dirsi, per causa mia,
io non saprei dirglielo; n'ero disperato, avrei dato metà del mio
sangue Perchè non fosse. Seppi dopo che quel giovane aveva una ferita
grave nella testa; poi mi dissero ch'era quasi guarito, e poi che se ne
voleva andare dalla città. Di Luisa non seppi più notizia. Temevo che
fosse malata, che fosse andata via, poi m'immaginavo che suo fratello,
a cagione di quello ch'era seguìto, la maltrattasse peggio di prima,
e che quel signore, appena guarito, avesse ricominciato a ronzarle
intorno; vivevo in ansietà continua, e stentavo a guarire, e la sera,
debole com'ero che m'intenerivo per niente, qualche volta mi veniva da
piangere, e facevo compassione a me stesso. Intanto stava per finire
l'inverno, e si cominciava a parlare della guerra.--Ci fosse pure la
guerra! pensavo; chi sa che non mi levasse dal cuore questa disgraziata
passione.--Dopo la febbre mi eran venuti addosso cento altri malanni,
e io menava la più triste vita che si possa immaginare. Non mi
lasciavano neanche veder gli amici per paura ch'io mandassi lettere o
imbasciate per mezzo loro, e facessi nascere nuovi guai, e volevano
che tutto fosse finito. Oh che brutte giornate, signor colonnello!...
Ma in una sera, in una sola sera tutto mutò. Era sull'imbrunire;
io stavo già a letto; ero più tristo del solito; venne una monaca
a darmi da bere;--vi sentite molto male?--mi domandò, vedendomi
gli occhi rossi.--Perchè vi scoraggiate così? che cos'avete?--Ah!
sorella--risposi scrollando la testa;--io sono un disgraziato, ecco
quello che ho!--Eh via! fatevi animo,--ella rispose, e poi soggiunse
sorridendo:--non sentite che c'è della gente che canta per farvi stare
allegro?--Io tesi l'orecchio, e sentii una voce lontana, dalla strada,
da una casa della parte opposta, una voce di donna che cantava, una
voce debole, ma che pareva facesse uno sforzo per farsi sentire; il
sangue mi si rimescolò, il cuore mi cominciò a battere forte, mi prese
come un affanno violento, mi sforzai, mi sforzai, e finalmente mi diedi
giù a singhiozzare e a ridere come un bambino, appoggiando la testa
sulle braccia della sorella, che mi guardava tutta maravigliata.--Oh
Luisa!... sei tu,--esclamai ricadendo sul guanciale;--sia benedetto il
cielo!--
Il colonnello respirò come se anch'egli in quel punto si sentisse
liberato d'un affanno.
--Da quel giorno cominciai a star meglio; i miei amici che volevano
vedermi furono lasciati venire; in capo a una settimana mi potei
levare. Il mio primo passo fu verso la finestra. Era una delle più
belle mattinate di aprile. Mi accostai all'inferriata tremando,
mi afferrai prima ai ferri colle mie mani smunte e bianche, e poi
guardai all'ultimo piano della casa dirimpetto. C'era! Pareva che mi
aspettasse! Stava appoggiata al davanzale col viso rivolto alla mia
finestra; mi guardò attentamente; pareva che non mi riconoscesse, che
fosse incerta, agitata; si stropicciava le mani, sporgeva la testa a
destra e a sinistra, e se ne andava, e tornava, e non si dava pace. Io
colsi un momento che non avevo nessuno intorno e avvicinato il viso
alla grata dissi sottovoce e con forza:--Luisa.--Ah!--essa gridò, e
rimase là ferma come una statua a guardarmi.--Luisa! io ripetei.--Essa
sorrise e si appoggiò con una mano al davanzale come se le mancassero
le gambe. Io la chiamai ancora una volta.--Oh Dio!--essa gridò, e
scomparve. La stessa mattina mi mutarono di posto, e addio finestra.
Ma in pochi giorni fui in piena convalescenza, e poco dopo mi trovai
in grado di uscire. Parevo matto! Uscire, rivederla, dopo quel che
era accaduto, dopo aver sofferto tanto! Ma guardi se non era proprio
destino che io non dovessi mai esser contento per un pezzo. La guerra,
in quel frattempo, era diventata quasi sicura; molti corpi avevano già
lasciate le loro guarnigioni; ed eccoti che il giorno prima dalla mia
uscita dall'ospedale, vien l'ordine ai due battaglioni di partire.
Come fare? Non vederla più? Andar via così incerto, senza farle una
promessa, senza almeno sapere di sicuro che mi vuol veramente bene,
e che mi aspetterà? Ma ad avere una risposta non c'era più tempo, e
bisognava che mi contentassi di scriverle io. Uscendo dall'ospedale
dovevo andar difilato in quartiere, e dal quartiere difilato alla
stazione della strada ferrata; pensai che qui o là avrei trovato
il ragazzo. Scrissi un bigliettino in fretta proprio al momento di
partire, e non dicevo altro che questo:--Se vivrò, tornerò; ne do
la mia parola d'onore.--Al quartiere il ragazzo non c'era; lo vidi
alla stazione; pareva che mi cercasse. In quei pochi minuti di riposo
prima di salire nelle carrozze, potei allontanarmi dalle righe, egli
mi venne dietro, e tutt'e due mettemmo nello stesso tempo le mani in
tasca; io gli diedi il biglietto; lui tirò fuori con gran segretezza
una cosa ravvolta in un pezzo dì carta, me la mise in mano, e disse:--È
mia sorella,--e scappò. Guardai: era una borsa da tabacco. Signor
colonnello.... lei mi capisce. Fu il giorno dopo che io scrissi la
prima volta a casa tutto quello che era seguito, manifestandole mie
intenzioni, e fu dopo quella lettera che lei ebbe la bontà di occuparsi
dei fatti miei e di aiutarmi. Quel che avvenne poi lei lo sa. Io feci
tutta la campagna col mio battaglione. A San Martino, come le ho
scritto, girando pei campi dopo il combattimento, trovai tra i feriti
più gravi un bersagliere che mi parve di conoscere e che portai io
stesso all'ambulanza, dove morì appena arrivato. Era il fratello di
Luisa, che si era arrolato volontario dopo cominciata la guerra, e
avea toccato una palla in un fianco. Prima di morire, mi riconobbe,
mi ringraziò, e mi raccomandò sua sorella. Povero giovane! Finita la
guerra, il mio battaglione andò a Torino. Là seppi che una signora
di Savigliano, sua conoscente, avea preso a proteggere Luisa, e che
Luisa stava bene, benchè avesse molto sofferto per la morte di suo
fratello maggiore, e che il ragazzino andava a lavorare. La mia classe
fu congedata, e io partii subito per Savigliano, dove sapevo che, per
grazia sua, signor colonnello, erano arrivati o stavano per arrivare
mio padre e mia madre. Arrivai la mattina per tempo. Era una bella
mattinata serena e fresca come quel giorno che avevo visto Luisa per
la prima volta. Corsi subito, così come ero vestito da bersagliere,
nella strada dietro l'ospedale. Essa stava sempre là, non aveva voluto
mai andarsene, benchè la signora sua protettrice le avesse offerto di
riceverla in casa propria. Salii le scale a salti, col cuore che mi
batteva da rompersi; mi avvicinai in punta di piedi a quella porta;
una donna che era sul pianerottolo, e pareva informata di tutto, mi
fece segno che Luisa c'era; la porta era socchiusa; accostai l'orecchio
allo spiraglio; sentii canterellare, era lei; tirai fuori la borsa e la
gettai dentro la stanza; il canto cessò, udii un grido acuto, entrai,
la vidi, aprì la bocca per gettare un altro grido, non potè, agitò due
o tre volte le mani in aria come una pazza, poi vacillò e mi cadde fra
le braccia. La sera arrivarono i miei parenti, l'indomani partimmo per
Valdieri ed eccoci qui da tre giorni; qui con quella cara e santa... Oh
Dio! Eccola qui.--
Luisa era comparsa sotto la pergola, vestita da sposa, con un velo
bianco sul capo e una veste di seta nera bene adatta alla sua vita
esile e snella. Aveva il viso roseo e gli occhi umidi e dimessi,
e nell'andatura e negli atti una compostezza piena di peritanza e
di grazia. Le stavano da una parte il padre e la madre di Cesare,
dall'altra il fratello, un ragazzo sui dieci anni; dietro un gruppo di
parenti e di amici, tutti silenziosi.
--Signor colonnello,... essa mormorò timidamente facendo un inchino.
Poi si voltò allo sposo, vibrò un lampo dagli occhi, sorrise e chinò la
testa.
Il colonnello, tuttora commosso dal racconto di Cesare, la guardò
lungamente con un misto di curiosità e di tenerezza. Cesare si mise a
contemplarla con quello sguardo avido degli innamorati che gira intorno
alla persona e l'abbraccia e l'avvolge, come se volesse stringerla
nelle sue spire e tirarla a sè. La madre e le altre donne la guardavano
anch'esse con un'aria di compiacenza rispettosa, allungando di tratto
in tratto una mano per accomodarle ora una piega del velo, ora del
vestito. E tutti stavano zitti, e Luisa, confusa da tanti sguardi,
cogli occhi bassi, col sorriso sulle labbra, fingeva di guardare un
capo del velo che stropicciava tra le dita.
--...Dunque,--uscì a dire dolcemente il colonnello così per rompere
quel silenzio;--a momenti si va?
Gli sguardi dei due giovani s'incontrarono.
--La chiesa è a pochi passi di qui; voi Luisa l'avrete veduta venendo;
è là in fondo alla valle appena passato il ponte; la strada è bella,
ombrosa....
Tutti continuavano a tacere.
--E poi abbiamo una stupenda giornata; anche il tempo fa festa, come
vedete;.... per che ora avete fissato?
--Per le sette,--rispose la madre.
--Allora,--soggiunse il colonnello guardando l'orologio,--è ora.
I due giovani si scossero, si guardarono, e fecero un passo l'uno verso
l'altro.
--Dunque?--domandò la madre con un sorriso, guardando prima l'una e poi
l'altro.--Animo, a braccetto.--
Cesare porse il braccio alla sposa, essa vi appoggiò il suo, e tutti
e due accompagnarono collo sguardo quell'atto come se avessero dovuto
fare qualcosa di difficile o di strano: tremavano.
--Avanti,--disse la madre.
Fecero due o tre passi per uscire; poi s'accorsero che s'erano scordati
di salutare il colonnello, voltarono la testa indietro tutti e due
dalla stessa parte, e s'incontraron coi visi. Tutti sorrisero, Luisa
arrossì.--Dio v'accompagni, ragazzi,--disse il colonnello alzandosi
per vederli andar via. Gli sposi s'allontanarono camminando a passi
incerti e ineguali; dietro a loro i parenti e gli amici; la madre e il
colonnello si scambiarono un sorriso, come per dire:--Poveri giovani,
non han più la testa a segno.
--Dio v'accompagni,--ripetè il colonnello rimasto solo, guardando il
cancello per cui erano usciti.
La lieta comitiva era già un pezzo innanzi giù per la strada del colle.
Istanti divini! Non v'è dolcezza umana che ne valga un solo. Alla piena
della gioia che v'invade l'anima, par che la vostra povera creta non
regga; la mente istessa non la comprende intera, e la travede a lampi,
e non potrebbe fissarvi lungamente il pensiero. Si va innanzi compresi
d'una specie di stupore, come sognando, quando par di attraversare
sconosciuti giardini, folti di piante fantastiche e illuminati da
luci arcane. Tutto par sogno: la gente che si ferma per vedervi
passare; l'allegro bisbiglio dei parenti che vi accompagnano; quel
lontano campanile della chiesa che par che vi guardi e vi aspetti;
e i luoghi noti e le cose che sembrano animarsi per riconoscervi e
mandarvi un saluto.--Guardate con chi sono!--dice il cuore.--Ella
è mia, lo sapete?--E procedete a passo tremante, e vagate qua e là
coll'occhio estatico; o guardate con un senso quasi di curiosità la
piccola mano che s'appoggia sul vostro braccio, come se si fosse
messa là a vostra insaputa; e prestate l'orecchio al fruscìo della
veste, come al suono d'un bisbiglio misterioso; e provate una profonda
dolcezza a sentirvi nel viso quell'alito caldo e frequente, e sul
braccio il peso leggero di quella cara persona che tratto tratto
pare che manchi e vi s'abbandoni sul fianco. E sopraffatti così da
quella dolcezza, vorreste quasi affrettarne gli istanti, e giunger
presto alla chiesa, chè vi sembra d'aver rapito al mondo un troppo
grande tesoro, e qualcuno voglia ritorvelo, e v'insegua. E i vostri
due visi, a quando a quando, si voltano, e gli occhi s'incontrano
e s'abbarbagliano, e ogni cosa intorno s'oscura, e in quel rapido
incontro non vedete più che quella pupilla umida che splende, vi fissa,
v'affascina e si vela. E si muovon le labbra, si parla, di che? di
nulla, di tutto.--Guarda.--Di'.--Cesare.--Senti.--Luisa.--Dio!--suoni
sfuggiti all'intima e arcana armonia dell'anima. Ecco la porta
della chiesa.--Oh! ragazzi, dove andate? Per di qua,--grida la
madre.--Sbagliavano; che sanno più essi di questa terra?
Escono.
Qui l'anima si queta, e l'idea della vostra felicità, alla quale
dapprima non bastava la mente, si rifrange in mille immagini ridenti
che si seguono rapide e distinte, traendovi il core di contento in
contento fino al sentimento schietto ed intero di quella gioia onde
eravate poc'anzi soverchiati ed oppressi. E prima l'immagine del viso
di lei addormentata al vostro fianco, quando voi, contemplandola nel
silenzio della notte, le direte col pensiero mille dolcezze, e vi parrà
ch'ella dormendo v'intenda, e vi risponda con quel riso sfuggevole che
le sfiora le labbra socchiuse:--Ti sogno, angelo. E il primo saluto
della mattina, allegro, fanciullesco, soave, temperato a volte da un
subito ritorno della timidezza verginale, non tutta vinta ancora dalla
consuetudine della vita comune. E i molti giorni in cui, tornando a
casa, vi parrà sempre strano ch'ella debba esser là ad aspettarvi, e
tremerete quasi di non ritrovarla, e affretterete il passo, e il primo
suono della sua voce festosa, e il suo batter di mani, e il rumore di
quel passo rapido e leggero che verrà incontro al vostro, vi scenderà
nel profondo dell'anima come dopo una lunga lontananza. E quelle
fresche e splendide mattinate di primavera, in cui, col risvegliarsi
della natura, vi si risveglierà tutto nell'anima l'ardente amore dei
primi giorni, e un impeto irresistibile vi spingerà l'un verso l'altro,
e nel guardarvi e nel sorridervi risentirete la infinita dolcezza
dei primi sguardi e dei primi sorrisi. E quelle ore tristi, quando
contemplerete dalla finestra la campagna coperta di neve, o la pioggia
lenta ed eguale, e in quel silenzio e in quella solitudine si farà
più viva e profonda la tenerezza dei vostri colloqui melanconici, e ad
ogni lampo e a ogni tuono vi stringerete in un abbraccio più forte,
e parlerete più sommesso e più dolce. E le lunghe sere d'inverno
passate fra voi due soli, quieti, sereni, ora discorrendo delle
vostre faccenduole domestiche, ora celiando e ridendo con ingenuo e
spensierato abbandono, ora evocando i cari ricordi del tempo in cui non
vi parlavate ancora:--Che cosa dicesti fra te quella volta? Che cosa
pensasti di me quel giorno?--E quelle sere felici in cui, essendo soli,
sentirete di non esser più soli, e vi parrà che qualcuno v'ascolti e vi
guardi, e proverete per la vostra compagna un sentimento di affetto più
delicato e geloso, e a certi suoi moti di sorpresa, a certi turbamenti
improvvisi, tratterrete il respiro e interrogherete il suo sguardo,
e al rasserenarsi del suo viso palpiterete di gioia e le aprirete
le braccia. E quelle notti in cui, destandovi, sentirete alitare e
muoversi vicino al vostro capo una creaturina inquieta, e la sua
piccola mano cercare il vostro viso, e una vocina lamentevole chiamarvi
padre, e due tenere braccia ricingervi il collo. E quelle tante volte
che il vostro sentimento di gratitudine per quella dolce compagna, che
vi sta sempre al fianco, che vive per voi, che non ha altro bene che
voi, che è felice delle vostre gioie, e trema dei vostri dolori, e vi
consola, e v'inspira la rassegnazione, e v'infonde il coraggio, e vi
fa amare il lavoro, la casa, la pace, la virtù; e soffrendo e pregando
esercita con amoroso entusiasmo il suo santo ministerio di madre, e
insegna ai vostri figliuoli ad adorarvi, e vi prepara una vecchiezza
riposata e serena, dopo aver beata la vostra gioventù di tutto il fuoco
della sua bell'anima vergine, appassionata e credente; quelle tante
volte, dico, che il vostro sentimento di gratitudine per questa dolce
compagna, provocato per caso da un ricordo, da una parola, da un atto,
si espanderà improvvisamente in un trasporto di tenerezza ineffabile, e
la colmerete di carezze, di grazie, di benedizioni, bagnandole il seno
di lacrime, chiamandola coi nomi più soavi, domandandole perdono di
tutte le amarezze che avrà provato per cagion vostra, e così commossa,
come la vedrete, e radiante, vi parrà più bella del giorno che la
conduceste all'altare. Ricchezze, gloria, potenza, oh come vi guarda
dall'alto l'Amore!
* * * * *
Il colonnello andò incontro agli sposi fino al cancello e li ricevette
con molta festa e li accompagnò fin sotto il pergolato. Luisa piangeva,
Cesare pareva fuori di senno, e tutti gli altri della brigata, allegri,
commossi, facendo un chiacchierio assordante, giravano senza posa
intorno all'uno ed all'altro, senz'esser veduti, nè sentiti, nè capiti.
* * * * *
Stettero qualche ora tutti insieme sotto il pergolato; quelle ore in
cui, riavuta l'anima dalla foga della gioia, gli sposi pensano, e la
moltitudine delle loro prime immagini si va diradando man mano, sin che
ne resta una sola, che senza fissarsi mai nella mente, le gira intorno,
l'assale, sparisce, ritorna di soppiatto, dietro altre immagini, e
desta nel cuore improvvisi palpiti e trepidazioni misteriose. In mezzo
all'allegrezza della brigata, quelle due sole fronti paiono di tratto
in tratto pensierose, e quegli occhi si cercano e si fissano con una
specie di curiosità infantile, e l'uno osserva attentamente dell'altro
ogni gesto, ogni moto, e le anime si interrogano e s'intendono senza
parlare, o le parole hanno per loro diverso senso da quel che suonano,
e i sorrisi dicon tutt'altre cose. Son quelle ore deliziose, tante
volte sognate, tante volte pensate, che ci facevano domandare a noi
stessi:--Che cosa le dirò in quei momenti? Come mi guarderà?--Le ore in
cui, a misura che il tempo trascorre, noi ci sentiamo come allontanare
dal mondo, e vediamo tutto ciò che ne circonda oscurarsi, e intorno
a noi farsi una gran luce. Quei momenti, in cui se qualcuno degli
astanti dice:--Domani,--il nostro cuore si scuote, e l'anima ripete in
se stessa:--Domani;--e pare che tutto, domani, debba esser mutato nel
mondo, e ci trema più vivamente nel pensiero quell'immagine arcana.
* * * * *
Poco prima dell'ora fissata pel convegno degli amici, il colonnello
chiamò a sè gli sposi e il fratellino di Luisa, li condusse in una
stanza a terreno, e s'intrattenne un pezzo con loro, forse a parlare
d'interessi, e per fissare le nuove attribuzioni di Cesare, di cui già
da molto tempo aveva in animo di mutare lo stato.
--Forse tutti questi discorsi,--egli concluse,--non importava neanco
di farli; non vivrete voi vicino a me, sotto i miei occhi? E dunque
basta. Fate conto di me in ogni bisogno come lo fareste di un vecchio
amico; io voglio che abbiate confidenza in me, perchè vi voglio bene,
e la merito. Capirete: io non ho parenti, non ho amici, son qui diviso
dal mondo, solo, non ho altri che voi a cui voler bene, e vivrò per
voi; che volete che io viva ancora per me a quest'età? Ebbene, che io
vi sappia felici, tranquilli; che io abbia il vostro buon giorno la
mattina e la vostra buona notte la sera, e vegga Cesare lavorare di
buona voglia, e tu Luisa far la tua vita di casa col cuore sereno e
contento; che volete che io desideri di più? Purchè mi lasciate fare
quattro chiacchiere di tanto in tanto....
--Signor padrone!--esclamarono i due sposi ad una voce, guardandolo
con un aria di tenerezza quasi compassionevole.
--Dico davvero; e tu Luisa sarai contenta, te lo assicuro, perchè
conosco Cesare prima di te, fin da bambino; e sarai compensata di
tutto quel che hai sofferto, povera creatura. Oh è più che giusto! Qui
dimenticherai i tuoi giorni tristi; faremo tutti quanto sta in noi per
farteli dimenticare. Eri rimasta sola al mondo; ora eccoli in buona
compagnia; hai uno sposo, una mamma, e.... se lo vuoi, anche un papà,
ti contenti?
Luisa non potè raccoglier la voce.
--E anche noi saremo amici, non è vero, bambino?--Ciò dicendo prese
per mano il fratello e se lo trasse accanto.--Sicuro; e faremo insieme
le nostre passeggiate per la campagna, e leggeremo, e scriveremo, e
faremo tante altre cose, e vivremo allegri, vedrai; e quando le mie
gambe comincieranno a non voler più fare il loro dovere, domanderò un
po' d'aiuto al tuo braccio, che già a fare ogni giorno un giretto per
questi bei colli io non ci rinunzio. Starai meglio qui che a lavorare
in città, senza famiglia e senza protezione, te lo prometto. Povero
ragazzo, eri abbandonato! Oh! ma c'è una Provvidenza per tutti.... Che
cos'hai? Che vuol dire?... Ah! capisco, sì; vieni qua, povero ragazzo,
abbraccia pure il tuo vecchio babbo che ti vuole un gran bene; oh!
povero bambino! Chetati, via.
Il ragazzo singhiozzava che pareva gli si volesse schiantare il petto.
--E tu Luisa che cos'hai? Perchè mi guardi in quel modo?
--Signor colonnello,--rispose Luisa colla voce tremante, facendo uno
sforzo;--che vuole che io le dica? Io non trovo parole, io non so....
Mi par di sognare.... mi par che tutto questo non possa esser vero....
Ero una povera ragazza senza padre, senza madre, abbandonata da tutti;
lavoravo per vivere e non avevo nemmeno tanta roba da coprirmi, e
pativo il freddo, e qualche volta persino;... e vivevo così senza
speranze, e passavo dei giorni e delle notti che mi prendeva quasi la
disperazione.... E poi ecco che tutto cambia; incontro lui, Cesare, che
mi vuol bene, mi protegge, va alla guerra, n'esce salvo, si ricorda di
me, ritorna, mi dice che mi vuole sposare, fa venire i suoi parenti, mi
conduce qui, e tutti mi fanno festa, e trovo un signore come lei che si
piglia cura di mio fratello e parla in cotesto modo e mi fa vedere un
avvenire così bello.... e poi tutto quel che vedo e che mi sento dire
da tre giorni in qua.... Che cosa vuol che pensi io? Io non so.... Io
non posso quasi credere.... È troppa felicità tutta in una volta....
Io non ho fatto niente per meritar tutto questo.... Io ero una povera
ragazza.... Che cosa.... vuole.... che io le dica!
E scoppiò in pianto.
--Voglio che tu mi dica che sei la mia figliuola e nient'altro, ecco!
--Oh! è troppo!--esclamò Luisa con un accento di tenerezza
inesprimibile, e si slanciò per baciar la mano al colonnello.
--Via! via! che fai, pazzerella? zitta, guarda, c'è gente.--
Luisa e Cesare si voltarono e videro quattro bersaglieri che venivano
innanzi sul praticello; erano i primi invitati.
--Eccoli!--esclamò vivamente il colonnello alzandosi per andar loro
incontro;--ah! mi sento fuggire vent'anni dall'ossa!
Luisa rimase nella stanza per rimettersi un po' in calma, Cesare uscì
col colonnello; i parenti e gli amici che stavano sotto il pergolato
corsero anch'essi incontro ai soldati.
--Benvenuti, camerata! esclamò Cesare stringendo la mano a tutti e
quattro.--Ecco il signor colonnello che vi ha invitati.--
I bersaglieri lo salutarono militarmente facendo il viso serio e
ritenendo la mano alla tesa del cappello; egli li guardò fisso l'un
dopo l'altro, tentando di rifare il suo antico cipiglio di quando
voleva imporre ai soldati indisciplinati; poi sorrise e porse loro
tutt'e due le mani dicendo affabilmente:--Qua, giovanotti.--Allora
risero anch'essi, gli strinsero la mano, e cominciarono a parlargli con
una franchezza così aperta e confidente che parevano suoi intimi amici
da un pezzo. In un momento l'affollarono di domande, tutti ad una voce.
--Signor colonnello, noi non sappiamo proprio come ringraziarla.
--Lei è stato troppo buono con noi, signor colonnello.
--Perdoni, signor colonnello, è molto tempo che lei ha lasciato il
servizio?
--Signor colonnello, che reggimento comandava?
--Fin dove arriva il suo podere, signor colonnello?
--Oh che bella villa!
--Guarda: ci sono le bandiere!
--E i palloncini coloriti.
--E le ghirlande.
--E la musica.
Erano entrati nel prato sette o otto sonatori coi flauti e coi violini.
--È questa la villa?--domandò in quel punto una voce dalla strada.
Subito dopo comparve davanti al cancello un altro gruppo di dieci o
dodici soldati. Tutta la comitiva gli andò incontro. C'erano dei
bersaglieri, dei soldati di linea, un soldato di cavalleria, due
artiglieri: tutte le armi v'erano rappresentate. Chi col cheppì, chi
col berretto, chi colla papalina, chi colla tunica, chi col cappotto,
chi coi calzoni da soldato, chi coi calzoni da contadino; ognuno s'era
messo indosso quel poco che gli era rimasto; tutta roba vecchia,
scolorita e sdrucita, che mostrava la campagna del cinquantanove un
miglio di lontano. Qualcuno aveva la medaglia della Crimea. Tutti
giovanotti robusti, abbronzati dal sole, con un fare sciolto, fiero ed
allegro. Dietro a loro veniva uno stormo di curiosi che si fermarono
davanti alla porta.
--Avanti! gridarono tutti insieme, il colonnello, Cesare e i contadini.
I soldati vennero innanzi; furono ricevuti con ogni sorta di
dimostrazioni festevoli, circondati, assordati; il colonnello si
voltava di qua e di là, porgendo la mano ora all'uno ora all'altro;
Cesare era tirato per le braccia da tutte le parti; le contadinelle
ch'eran del numero degl'invitati, giravano intorno tutte strette in
un gruppo, adocchiando i soldati, ridendo, parlandosi nell'orecchio,
facendo ogni sorta di amabili vezzi; e chi batteva le mani in segno di
allegrezza, e chi meravigliandosi guardava intorno a quell'apparato
festivo, e chi tra i contadini riconosceva ed abbracciava congiunti
ed amici; e tutti parlavano e ridevano insieme, facendo un gridìo
dell'altro mondo.
In mezzo a quella confusione Cesare sparì.
Tutti gli altri continuarono a discorrere avvicinandosi alla porta
della villa. Quel vecchio bianco e curvo, in mezzo a quel gruppo di
giovani soldati, era bellissimo a vedersi; pareva il padre di tutti ed
era pieno d'anima e di foco come il più vivo e più ardente di loro.
Una parola a uno, una parola all'altro, un cenno di qua, un sorriso
di là, teneva tutti a bada. E tutti lo guardavano, lo ascoltavano,
e gli parlavano, fin da quei primi momenti, con un'espressione di
rispetto, di tenerezza e di confidenza quasi figliale.--Bravi i miei
soldati!--diceva egli di tratto in tratto girando lo sguardo su tutti i
volti--bravi! Avete fatto bene a venirmi a trovare.--Ed essi ridevano
e si guardavano gli uni cogli altri come per dirsi:--Vedete un po' che
buon cuore! che caro vecchio!
Si fece silenzio.
--Ecco gli sposi,--disse il colonnello.--Luisa e Cesare erano apparsi
sulla soglia della porta; Cesare era vestito da bersagliere coi suoi
vecchi galloni da caporale.
Il gruppo dei soldati si divise in due ali, gli sposi passarono in
mezzo, e di qua e di là si scoprirono le teste e sorse un bisbiglio
vivace.--Bel visino!--Bella figura!--Pare una madonnina!--Bravo
Cesare!--Ha l'aria d'una buona ragazza.--È di buon gusto
l'amico.--Sembra una signora.--Begli occhi!
Qualcuna di queste parole arrivò all'orecchio degli sposi; Cesare ne
gongolava, e si voltava per guardar Luisa negli occhi; Luisa sorrideva
e si copriva il viso col ventaglio.
Fecero circolo in mezzo al prato, e a due, a tre alla volta, tutti i
soldati andarono a parlare alla sposa, facendo un grande sforzo per
assottigliare un po' que' loro vocioni terribili, usati a far sentire
«l'all'erta» lontano un miglio; e Luisa accolse tutti con quel suo
sorriso e que' suoi modi soavi, senza staccarsi mai dal braccio del suo
sposo, e girando collo sguardo intorno al viso di quei che le parlavano
senza mai fissarli negl'occhi. Cesare stava osservandola mentr'ella
riceveva i complimenti dei suoi compagni, con una curiosità, con un
piacere, come se la vedesse allora per la prima volta.
--A tavola, amici,--esclamò il colonnello.
Tutti si mossero verso il pergolato, parlando confusamente.
La mensa era apparecchiata sotto il pergolato; erano dieci o dodici
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