La vita militare: bozzetti - 28

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discorrendo. Una volta persuasi, saltavano dalla contentezza, e non
rifinivano di ringraziarmi.--Ce ne fosse uno al giorno di questi
colonnelli!--dicevano. Li ho invitati per le quattro di questa sera.
--Bene;.... e ti ricordasti di dire che venissero vestiti da soldati?
--L'ho detto.
--Cosa risposero?
--Risero; ma dissero che sarebbero venuti come lei voleva. Qualcuno non
aveva più tutta la roba. Mettetevi quel che avete, gli ho detto.
--Naturale. Dunque.... sentimi adesso; siedi.
Il giovane sedette.
--In questi tre giorni dacchè sei venuto, io non t'ho ancora potuto
tenere fermo un'ora, qui, a quattr'occhi, per farmi raccontare per
filo e per segno come sia andata tutta questa faccenda.... che s'ha
da concludere quest'oggi. Dalle lettere ho capito qualcosa, ma poco
e male; vorrei sapere le cose chiare e netto. Vedi di stare fermo e
quieto un momento, e di' su tutto per bene; tanto prima dell'otto non
l'hai da vedere; adesso dorme, m'immagino, che sarà stanca di ieri,
e poi ci vorrà un po' di tempo prima che sia vestita per andare....
Sentiamo dunque, e mettiti il cuore in pace un momento; già essa non ti
scappa, lo sai.--
Il giovine rise, si fece scorrer due o tre volte le mani sulle
ginocchia, si fece serio, poi di nuovo rise, e finalmente cominciò a
parlare. Il colonnello appoggiò un gomito sul tavolino e il mento sulla
mano.--Sentiamo queste grandi avventure.
--Ecco come l'è andata, signor colonnello; le dirò tutto, e lei
abbia la bontà di compatirmi se parlo male. Eravamo di guarnigione
a Savigliano, due battaglioni di bersaglieri, sul finire del
cinquant'otto, come lei già sa. La città non è brutta, la gente ha
buon garbo coi soldati, e c'era poco da fare; io ci stavo volentieri
e il tempo passava presto. Quattrini da casa non me ne lasciavano
mancare, e io, i giorni che non ero di servizio, appena mangiato il
rancio, me ne andavo ad aggiungervi un'insalatina di lattuga dal
vivandiere, e uscivo di caserma contento come una pasqua. I superiori
chiudevano gli occhi, io portavo un pennacchio lungo così, e tutta la
roba accomodata per bene al mio dosso, e faceva anch'io la mia figura.
In quelle ore d'uscita, passeggiavo la città in lungo e in largo con
quattro o cinque camerata, quasi sempre li stessi, o s'andava a fare
un giro in campagna o a bere un bicchiere in compagnia. Uscendo di
quartiere, portavo ogni giorno, per abitudine, una grossa fetta di pane
in tasca, e la davo a uno dei poveri che stavano davanti alla porta
del quartiere, il più delle volte a un ragazzino che poi le dirò chi
fosse. Me la passavo bene, via, e non avevo da lamentarmi di niente e
di nessuno. Oh.... senta adesso, signor colonnello. Una bella sera....
veda come tante volte dalle piccole cose.... a pensarci mi pare ancora
impossibile.... basta; una sera esco solo di caserma, e mi avvio per la
solita passeggiata. Potevano essere le cinque. Dovevo passare per una
strada tutta disselciata e ingombra di mucchi di terra, di ciottoli,
e di operai che lavoravano. Arrivato al punto dove incominciavano
gl'ingombri, vedo un povero tutto lacero, vecchio, cieco, che stentava
a reggersi in piedi e voleva andar oltre e si peritava e tastava
qua e là col bastone senza saper da che parte voltarsi. La gente
guardava e non si moveva.--Accompagnalo tu--disse una donna da una
finestra, rivolgendosi a un ragazzo; il ragazzo fece una spallata.--Ma
che non ci sia proprio nessuno che abbia un po' di carità per quel
povero disgraziato? la donna domandò.--Ci son io,--risposi; e senza
dir altro presi il vecchio a braccetto, e adagio adagio, facendogli
scansare i sassi, insegnandogli dove doveva mettere i piedi, un passo
dopo l'altro, con santa pazienza, lo condussi fuor di pericolo, dove
ricominciava la strada piana. Allora il vecchio mi ringraziò, mi toccò
per sapere chi fossi, e sentito il pennacchio e la daga, disse tutto
contento:--Ah! è un bersagliere.... Bravo bersagliere!--E andò via.
In quel punto alzo gli occhi e vedo a una finestra una ragazza che mi
guarda. Appena mi vide, scomparve; ma l'avevo sorpresa che mi guardava
con un'aria tanto buona, così colla testa un po' chinata da una parte,
come se dicesse:--Oh! che buon giovane!--Oh! che buona ragazza! pensai
subito tra me, al primo vederla. Sa, signor colonnello, ve n'è di
quei visi che fanno dire così; appena veduti si fanno voler bene; che
so io? paion persone di casa; si direbbe d'averle conosciute qualche
altra volta. Basta, non ne feci caso e tirai avanti per la mia strada.
Ma ricordo che era una bella giornata, e faceva un fresco ch'era un
piacere, e tutta la gente pareva allegra, e non so come, ma tutto
in un momento mi parve d'esser contento anch'io. Ora senta che cosa
m'è seguito una settimana di poi. Si faceva una festa a un santuario
poco lontano dalla città. Io e due miei compagni ci andammo. C'era
moltissima gente. Sul tardi, mentre tutti tornavano, in un punto dove
la strada faceva un gran giro, uno dei miei camerata domandò: Prendiamo
una scorciatoia? Prendiamola, si rispose. Bisognava saltare un fosso
largo un quattro metri per lo meno. La gente fa un po' di posto, il
primo prende la rincorsa, spicca il salto, e va a cascare proprio
sull'orlo della sponda, che un palmo più indietro gli era dentro. Il
secondo salta anche lui, ma batte in terra colle ginocchia. Salto io,
e piombo di là un buon passo d'avanzo, dritto come un fuso.--Bene!
Bravo! Svelto quel giovane!--dicono dall'altra parte. Io mi volto, e
in mezzo a tutti quei visi che mi guardavano, rivedo quel tale, quel
della ragazza, un po' chinato da una parte e che sorrideva, proprio
come la prima volta. Allora mi sono sentito un po'.... Da quel tanto
che ho potuto travedere, perchè era mezzo nascosta dalla gente, e poi
non mi venne più fatto di ritrovarla, mi è parso che fusse una povera
ragazza. Tutta la sera, tutta la mattina del giorno appresso non me
l'ho potuta levar dalla testa.--Dove l'ha la testa il numero sette? mi
gridava il sergente in piazza d'armi.--A momenti lo consegno.--Quella
parola «lo consegno» m'ha fatto venir freddo; non avevo avuto mai
tanta paura di restar segregato in quartiere, e per tutto quel
giorno rigai diritto che parevo il primo soldato del battaglione.
All'ora solita esco, e quasi senza accorgermene, di passo in passo,
mi ritrovo in quella strada. Avevo quasi paura a andare avanti, veda
un po'! Camminava impacciato come se avessi avuto le gonnelle. A una
certa distanza, vedo uscire molte ragazze da quella casa, mi fermo,
osservo, e capii che ci doveva essere una sarta. Tre o quattro si
fermano in mezzo alla strada e guardano ridendo dentro la porta,
come se aspettassero qualcuno che non vuole uscire. Finalmente esce
un'altra ragazza, era lei; esce in fretta e infila la strada dalla mia
parte, rasento il muro, colla testa bassa, come se avesse vergogna. Le
altre ragazze la guardavano e ridevano. Mi accorsi che ridevano del
modo con cui era vestita; essa pareva quasi una povera, e le altre,
signorine; camminava a passi corti corti, forse per non far vedere
gli stivaletti, e io m'accorsi ch'eran sdruciti sulla punta; e avea
il viso quasi coperto dal fazzoletto che teneva fermo sotto il mento
con una manina magra e pallida. Venne innanzi sempre più in fretta, e
appena mi vide diventò rossa come il fuoco. Mi si strinse il cuore,
e sentii una compassione tanto forte di quella povera giovane che,
non so come, mi venne un'idea.... Doveva passare fra me e il muro;
c'era una grossa pietra, mi chinai, la presi, la buttai in disparte,
feci un passo indietro, ed essa passandomi davanti come una freccia,
mi guardò e disse:--grazie.--Ed io restai là sbalordito a guardarla
mentre s'allontanava. Ad un tratto sento ridere qualcuno dietro di me,
mi volto e vedo un giovane, un signore, che andava in fretta dietro
la ragazza, guardando per terra. Non c'era altri nella strada: aveva
riso di me. Gli tenni dietro coll'occhio, non si voltò, non mi guardò,
tirò innanzi. Ma io rimasi come se m'avessero data una mazzata sul
capo. Aveva una fisonomia cattiva quel signore; gli luccicavano gli
occhi in un certo modo che faceva quasi paura. Passai una gran brutta
nottata quel giorno, signor colonnello! Che cosa vuole? Io non avevo
mai provato un'affetto così.... Non sapevo nemmeno io quel che mi
volessi; avrei voluto che ci fosse una guerra, che so io? un incendio,
o qualche altro gran diavolìo, da potermici gettare in mezzo come un
disperato. Il giorno dopo ripassai per di là e incontrai di nuovo quel
signore. Appena mi vide, si andò a piantare proprio dinanzi alla porta
della sarta. Io stetti a osservarlo da lontano. Le ragazze uscirono, e
si fermarono nella strada; usci lei per l'ultima, le altre risero, il
signore le si avvicinò per parlarle, essa gli voltò le spalle e tirò
via; quando mi fu vicina mi accorsi che piangeva. Mi guardò come il
giorno prima, passando in fretta, e scantonò alla prima strada, e il
signore dietro.--Questa volta voglio vedere anch'io,--dissi tra me, e
li seguitai da lontano. Gira e rigira, per quei vicoli torti e oscuri,
la ragazza arrivò finalmente nella via dietro l'ospedale militare, dove
stava di casa. Infilò una porta e lasciò il suo cacciatore grullo e
confuso con un piede sulla strada, e un altro sul primo scalino della
scala e la faccia rivolta in su. Dopo un minuto, essa fece capolino a
una finestrella del quarto piano, guardò giù, e riscomparve. Questa
stessa stessissima scena si è ripetuta per altri sette o otto giorni.
Lui mi guardava sempre col cipiglio e lei con quell'aria dolce e
buona; lui continuava ad andarle dietro come l'ombra del suo corpo, e
lei continuava a scappare, e io teneva d'occhio tutti e due. Intanto,
nella strada della sarta, la gente se n'era accorta, e ogni giorno
ch'io ci andavo mi sentivo bruciare il viso dalla vergogna, perchè
lei lo sa, signor colonnello; quando si vede un soldato che guarda
una ragazza, non si crede che ci possa essere altro che il solito
perchè, e la ragazza perde la reputazione, e a me piangeva il cuore a
pensarlo, e in parola di soldato d'onore, io glielo dico adesso a lei
come se parlassi davanti a Dio, se mi è mai venuta solamente l'idea....
Ma come fare a non andarci? A non andarci mi sarei immaginato subito
che dovesse accadere chi sa che, sarei stato sempre col batticuore;
mi sentivo forzato ad andare. Ora senta che cosa seguì. Io conoscevo
di veduta un giovinastro, che poteva avere un ventitrè o ventiquattro
anni, ozioso, ubriacone, accattabrighe, tenuto d'occhio dalla questura,
uno dei più cattivi soggetti del paese, e lo conoscevo per avere avuto
da fare con lui più d'una volta, di notte, girando per la città colla
pattuglia. Ebbene, un bel giorno.... non iscorderò mai la sorpresa e la
tristezza che n'ho provato.... un bel giorno incontro questo individuo
a braccetto della ragazza. Mi son sentito mancar le gambe, e per un
momento non vidi e non capii più nulla. Da quel giorno, per più d'una
settimana, non vidi più la ragazza sola; questo giovinastro l'andava
ad accompagnare la mattina e l'andava a prendere la sera. S'accorse
presto di me, e cominciò a guardarmi con due occhi di basilisco; io
non gli badava. Ogni giorno, nel punto dove c'incontravamo, o ci
fosse o non ci fosse quel tal signore, e se n'accorgesse o no il
giovane che le era assieme, essa mi dava sempre un'occhiata, una sola,
sempre uguale, sempre come me l'aveva data il primo giorno, e questo
mi metteva nel cuore una gran forza e un gran coraggio. Ma chi sarà
costui? io mi domandava ogni momento. E veda un po' per che curioso
accidente sono riuscito a sapere chi era. Un giorno, insieme alla
solita fetta di pane, mi penso di regalare al ragazzo una cravatta
vecchia da bersagliere, di quelle azzurre, che io non so perchè avevo
rotondata colle forbici ai due capi. Due giorni dopo ti vedo l'amico
della ragazza con quella cravatta al collo. Lo guardo ben bene nel
viso, confronto le due fisonomie, e mi pare che lui e il ragazzino si
somiglino, e mi viene il sospetto che siano fratelli. L'indomani tiro
in disparte il ragazzo, e gli domando:--Di' un po', lo mangi tutto tu
codesto pane, o ne dai anche a tuo fratello?--Ne do a mia sorella, mi
rispose.--Hai anche una sorella?--Una sorella e un fratello.--E che
cosa fa tua sorella?--La sarta.--E tuo fratello?--Pensò un momento
e poi rispose:--Niente.--È lui, pensai. E infatti, continuando a
interrogarlo, mi accertai di tutto. Seppi che la ragazza si chiamava
Luisa, ed era sui diciassett'anni; che non aveano più padre nè madre
nè altri parenti da quasi due anni; che lei, povera giovane, lavorava
dì e notte per vivere e per dare qualche soldo a suo fratello, il
quale andava poi a spenderli all'osteria, e tornava a casa ubriaco,
e la maltrattava, e la faceva piangere.--Tante volte, mi disse fra
le altre cose il ragazzo, egli torna a casa alle due o alle tre dopo
mezzanotte, e mia sorella lavora ancora; e poi conduce con sè i suoi
compagni, e tutti insieme si mettono a cantare e a ballare, e allora
essa esce di casa e resta addormentata sugli scalini col suo lavoro in
mano.--Se non mi venne da piangere lì in presenza sua fu perchè feci un
gran sforzo; ma non ho potuto tenermi quando fui solo. Da quel giorno
diedi al ragazzo tutto il mio pane, risparmiai tutti que' pochi soldi
che ho potuto e gli diedi anche quelli; mi parve quasi che fosse un
mio dovere; non mettevo più soltanto il cuore in codesti sacrifizi,
ma anche la coscienza, e mi sentivo il coraggio di tirare avanti così
eternamente, tanta era la tenerezza e la compassione che mi faceva
quella povera disgraziata, sola, senza difesa, ridotta a campar di
pane e a logorarsi la salute col lavoro. Oh! signor colonnello, se
lei sapesse quel che provavo io, di notte, alle due, alle tre della
mattina, quando passavo dietro l'ospedale colla pattuglia, e vedevo
lassù al quarto piano quella finestrina illuminata, e pensavo che in
quel momento lei era là che cuciva, al freddo, stanca Dio sa come,
forse senz'aver mangiato!... Senta ora come mi sono fatto conoscere;
è stato un caso. Una mattina il ragazzo mi viene a dire che sua
sorella gli aveva chiesto chi era il soldato che gli dava il pane e
i soldi. Guardi che combinazione! Io ero stato promosso caporale il
giorno prima, e m'ero messo i galloni quel giorno stesso; mi è venuta
quest'idea.--Va a dire a tua sorella, gli dissi, che il soldato che ti
dà il pane è uno che si è messo i galloni oggi per la prima volta.--La
sera esco, col cuore in trepidazione, la incontro, mi guarda, diventa
rossa, poi ride, e si copre il viso col fazzoletto. Ah! lo creda,
signor colonnello, io non ho provato una contentezza come quella; io
ebbi quasi paura di perdere la testa.
Qui Cesare tirò un gran respiro.--Avanti,--gli disse subito il
colonnello. Egli continuò:
--Ma era destinato che le mie contentezze durassero poco. Una mattina,
andando in piazza d'armi col battaglione, vedo da lontano, in fondo a
un vicolo, due persone.... due persone che non avrei mai voluto vedere
insieme, quel tal signore e il fratello di Luisa che discorrevano. Se
non mi cascò il fucile di mano fu un caso. Già lei si può immaginare
quello che sospettai. E non mi potevo mica ingannare, perchè a giudicar
dalla maniera con cui quel signore andava dietro alla ragazza, che
aveva l'aria di dire:--Son sicuro del fatto mio!--e rideva e faceva
lo sfrontato, ce n'era d'avanzo per capire a cosa mirava. E poi il
fratello era un pessimo soggetto, capace di tutte le cattive azioni.
Si figuri dunque che cuore fu il mio, quando, pochi giorni dopo, il
ragazzo mi venne a dire che la sera prima sua sorella e suo fratello
s'erano litigati, che lo avevano mandato fuori di casa per poter
discorrere tra loro, e che lui, dalla scala, avea sentito il fratello
parlar forte e con rabbia, e la sorella piangere e rispondere:--mai!
mai;--e che poi era seguito qualche minuto di silenzio in cui non avea
potuto capire che cosa facessero, e infine s'era aperta la porta, e
n'era uscita Luisa bianca in viso che pareva una morta, scarmigliata,
e con una guancia livida. Il fratello l'aveva picchiata, e lei non
avea gridato per non farsi sentir dai vicini. Mi si oscurò la vista,
mi prese un tremito così forte che mi pareva d'aver la febbre, mi
sentii diventar cattivo; se lì per lì avessi incontrato il fratello, lo
stritolavo senza dargli tempo di fiatare. Decisi di andarlo a cercare,
lui e il signore, e chiunque avesse mano in quell'intrigo infame; ma
poi mi frenai, e pensai meglio d'aspettare anche un po'.--Va a dire
a tua sorella che si faccia coraggio, dissi al ragazzo, e che c'è
qualcuno che le vuol bene davvero, e che pensa per lei.--L'indomani
era giorno di festa, e avevamo tre ore di libertà più del solito.
Uscii solo e me n'andai a passeggiare per la città. Camminavo circa
da un'ora, quando mi accorsi d'esser seguitato alla lontana da due
individui, due monellacci sullo stampo del fratello, due faccie
proibite. Feci le viste di non accorgermene. Dopo un po' di tempo vidi
che a quei due se n'erano aggiunti altri due, e che s'avvicinavano.--Ho
capito,--dissi tra me;--sono mandati; voglion tenermi a bada; qualcosa
questa sera deve seguire.--Stavo per uscir di città, ritornai verso il
centro, e affrettai il passo in modo che mi perdettero di vista per
un pezzo. Intanto trovai due miei compagni, li informai della cosa,
si combinò il nostro piano, e poi, siccome cominciava a imbrunire, mi
diressi verso l'ospedale. Nel punto che attraversavo una piazzetta là
vicino, vidi il mio.... quel signore che scantonava in fretta dalla
parte opposta. Non s'accorse di me; io affrettai il passo, arrivai
nella strada, mi andai a mettere poco lontano dalla casa di Luisa, in
un angolo buio, e stetti osservando. Quel giovane arrivò pochi momenti
dopo e si mise a passeggiare davanti alla porta, adocchiando di tratto
in tratto l'orologio, e voltandosi ad ogni passo a guardare se nessuno
veniva. Notai che si voltava sempre dalla stessa parte.--Debbono
venir di là,--pensai, e per una via laterale corsi difilato in fondo
alla strada, dalla parte che guardava l'amico. Non ebbi da aspettar
molto; comparvero quasi subito il fratello e la sorella.--L'ho detto,
io ripensai--che qualcosa deve seguire; ma o ci lascio la pelle o
non ci riescono per Dio!--M'era salito tutto il sangue alla testa;
non sapevo più quel che mi facessi; stringevo i denti e i pugni, e
mi sentivo forte per quattro. Girai largo in punta di piedi, e andai
a mettermi una quindicina di passi dietro Luisa; non potevo essere
veduto, la strada era quasi buia. Parlavano sottovoce fra loro; Luisa
piangeva, e si fermava tratto tratto, e il fratello la spingeva innanzi
stringendola pel braccio. A un certo punto essa battè forte un piede
in terra e disse risolutamente:--No! Ammazzami piuttosto.--Allora
il fratello, digrignando i denti come un cane, la interrogò ancora
tre volte:--Vieni?--Ed essa tre volte rispose no. Alla terza quel
manigoldo alzò una mano,... essa gittò un grido, io mi slanciai fra
loro, afferrai quel braccio levato in alto e glie lo ributtai indietro
con una scossa da slogargli la spalla, dicendogli:--Cosa fai,
mascalzone!--Non avea finito di profferir queste parole, che mi vidi
comparir davanti dieci persone in aria minacciosa; erano i compagni
del fratello; in mezzo a loro, il signore; più in là qualche curioso;
Luisa s'era appoggiata al muro.--Cos'ha lei? Come c'entra lei? mi
domandarono tutti insieme avvicinandosi.--Indietro!--io gridai quasi
fuor di me;--c'entro, chè qui si vuol fare un mercato infame!--È matto!
gridarono tutti insieme, avvicinandosi ancora.--Indietro!--io ripresi
con voce soffocata;--indietro, o spacco il cranio a qualcuno!--e avevo
la daga nel pugno.--Eh! via, mi si levi dai piedi, imbecille!--gridò
il signore facendo un passo innanzi per sollevare Luisa caduta; io
gli diedi uno schiaffo; gli altri mi si slanciarono addosso per
finirmi.--Un momento signori!--gridò una voce dal mezzo della strada.
Quei manigoldi si voltarono, e videro dieci bersaglieri schierati
colle daghe nel pugno. Rimasero tutti là fermi, senza fare un gesto,
senza dire una parola. Poi, tutto ad un tratto, se la svignarono
chi di qua chi di là, mogi mogi, come cani bastonati. Luisa, più
portata che condotta, entrò in casa. Il signore, tutto stravolto, mi
si accostò e mi disse:--Il suo nome?--Io gli dissi nome, cognome,
compagnia, squadra, numero di matricola, tutto quel ch'egli ha
voluto. Egli notò tutto e se n'andò dicendomi:--Ci rivedremo.--Come
le pare--risposi.--Ringraziai dopo i miei compagni:--Se tardavate un
minuto, ero spacciato; vedevo già luccicar dei coltelli.--Allora si
misero tutti insieme a farmi mille domande, a voler sapere i come e
i perchè e i quando, e io raccontai addirittura tutta la storia da
principio. Noti però, signor colonnello; bisogna esser giusti; tutti
quei mascalzoni, era il fratello di Luisa che li aveva radunati, e non
l'altro; l'altro non ne sapeva niente; anzi, se avesse preveduto che
razza di gente doveva pigliare le sue difese, io credo che non sarebbe
nemmeno venuto. Ma poi che si trovava nell'impiccio, e il dispetto e la
rabbia lo rodevano, cercò d'uscirne a tutti i patti; è naturale.
--Ma chi era questo signore?--interruppe il colonnello.
--Chi lo sa?... Quel che è certo è che in città, come mi fu detto in
seguito, era pochissimo stimato, e si diceva che fosse solito a tentare
di quelle imprese, e che usava sempre con gente di mal affare....
Quella sera tornai in quartiere che proprio, creda, non potevo più
reggere; tra per la contentezza d'aver mandato a monte quel tentativo,
tra per la commozione d'essere scampato a quel pericolo, ed anche per
l'ansietà di quel che poteva accadere dopo, io ero in uno stato che
se non mi venne addosso una febbraccia da tenermi a letto sei mesi,
posso ringraziarne la mia buona fortuna. Ero però più che mai risoluto
a resistere fino alla fine. Ma come, io domandavo discorrendo fra
me e me, perchè io sono un povero giovane, perchè sono un soldato,
perchè non ho altro che il mio cuore e il mio onore, se si dà il caso
che io pigli passione per una ragazza povera come me, che mi piace,
e anch'essa mi vuol bene, tutti hanno da perseguitarmi e da darmi
addosso come se fossi un galeotto o un bandito, e la mia affezione
disonorasse una donna? Chi è che ha il diritto di disprezzare le mie
affezioni? Cosa credono costoro, che noi non ci si abbia niente qui,
sotto le medaglie, perchè siamo soldati? E perchè non abbiamo la
famiglia con noi, perchè siamo lontani da casa, perchè non facciamo
un mestiere, perchè mangiamo nel gamellino e ci danno due soldi al
giorno, dunque, per tutto questo, noi non abbiamo diritto a nessuna
consolazione, e dobbiamo vivere come cani, ed essere morti al mondo?
Un soldato!--dicono,--una ragazza che si perde con un soldato! Un
soldato d'onore ne val dieci di voi, ubriaconi, oziosi e viziosi!
Anche il soldato ha un nome e una famiglia, e due braccia per lavorare
quando tornerà a casa, e un cuore di galantuomo per amare e rispettare
una donna! Le pare, signor colonnello? Io non dico mica che tutti i
soldati, quando sono al servizio, abbiano da riscaldarsi la testa per
una ragazza; si starebbe freschi; Dio ce ne guardi in eterno, se no,
addio esercito! Ma chi per combinazione ci casca, si porti da uomo e da
galantuomo, e non si lasci far paura da nessuno, e non ceda, dovesse
rimetterci le ossa; dico bene?
Il colonnello fece segno di sì.
--E mancò poco che io non ci rimettessi le ossa davvero. La mattina
dopo seppi dal ragazzo che Luisa era a letto con un po' di febbre e
che il fratello non aveva più fiatato. La sera tardi, appena ritornato
in quartiere, mi vengon dinanzi due sergenti, uno della mia compagnia
che mi voleva bene, e un altro d'un'altra, e mi tengono questo
discorso:--Noi sappiamo tutto quel ch'è accaduto. La stessa persona
in questione ce n'ha informati e c'incaricò di parlare con te. Noi ti
daremo un consiglio, non da superiori, ma da amici, e tu lo seguirai o
non lo seguirai secondo che ti parrà. Tu gli hai dato uno schiaffo in
presenza di molta gente, e uno schiaffo è ama delle più grosse offese
che si possano fare ad un nomo; per questo egli ha diritto di avere
una soddisfazione, ne convieni?--È naturale,--risposi,--Ora senti:
se tu fossi uno di quei coscritti minchioni che non sanno niente e
non capiscono niente, quella persona si cercherebbe un'altra maniera
di soddisfazione; ma con te che sei un soldato fatto, un giovane
intelligente, e hai cuore e fegato per quattro, con te gli è un altro
par di maniche....--Basta, ho capito--diss'io;--eccomi qua bell'e
pronto.--Bravo; capisci anche tu che l'è una faccenda da terminarsi
così, e poi è anche un onore ch'egli ti fa a sfidarti; lasciati guidare
da noi.--Se loro abbiano fatto bene, non so; ma io credo d'aver fatto
quel che non si poteva a meno di fare. E per tagliar corto, la cosa
seguì due giorni dopo, un miglio fuori di città, verso le cinque di
sera. Avevano scelto la sciabola; s'immagini cosa potevo saper fare
io colla sciabola, che l'avrò presa in mano sei o sette volte; ma ero
istruttore di bastone, in guardia ci sapevo stare, e avevo il braccio
forte e le gambe pronte. Andammo in un prato. Quando lo vidi, pensai a
Luisa, a quel gesto ch'egli aveva fatto per alzarla da terra, a quella
volta che mi aveva riso alle spalle, e mi si accese il sangue e mi
sentii pieno di coraggio. Quanto a lui, era un po' pallido, ma capii
che era deciso di tirare a freddarmi.--Sia pure, dissi fra me; tanto
la pelle, se non si taglia, si logora; niente paura.--Al segnale dei
padrini, ci mettemmo in guardia; m'accorsi subito che sapeva tirare.
Uno, due, tre colpi, alto, son ferito al braccio; lo prevedevo; è
una cosa da niente; avanti. Altri due colpi, un'altra ferita, il
medico guarda, è una scalfittura.--Si continui--dicono i padrini. Si
continuò; mi cominciava a montare il sangue alla testa; avrei preferito
pigliarmi una botta che mi buttasse in terra; essere tagliuzzato a quel
modo, come un pollo, mi umiliava; cominciai a avanzare digrignando i
denti che parevo uà arrabbiato; mi sentivo un braccio di acciaio; la
sciabola mi tremava nel pugno come una verga di salice. Altri quattro
o cinque colpi, un'altra ferita alla spalla; gettai un urlo, diventai
una bestia, non ci vidi più, mi cacciai sotto alla disperata; egli
fu sopraffatto, dette indietro; poi tutto ad un tratto lasciò cadere
la sciabola, portò tutte e due le mani alla fronte, e il viso gli
si coperse di sangue. Non mi ricordo bene cosa fecero e cosa dissero
allora gli altri; so che mi fu fasciato il braccio, e dopo qualche
minuto, noi da una parte, loro dall'altra, ce ne andammo pei fatti
nostri; nessun contadino era accorso, nessuno se n'era avveduto. Ma
come nascondere le ferite? domandai ai sergenti. Mi risposero che non
c'era mezzo di nasconderle e che bisognava andare all'ospedale.--Vatti
a dichiarar malato subito--mi dissero entrando in quartiere. Ci pensai
un poco e poi decisi di non farne nulla; volli provare a resistere.
Le ferite erano leggere, sangue n'avevo perduto pochissimo; vediamo.
La notte la passai bene; cioè, dormii bene; ma sognacci, signor
colonnello, cose d'inferno, coltellate, sciabolate, morti, becchini,
il finimondo; solamente, fra tutte queste brutte immagini, vedevo lei,
Luisa, colla sua testina chinata da una parte, e gli occhi pieni di
lacrime, e quel sorriso così buono, che mi dava una gran consolazione.
La mattina, piazza d'armi. Ci vado? non ci vado? ho da darmi per
malato? Feci la pazzia d'andare. Si figuri! Strada facendo cominciai a
sentirmi un bruciore terribile alle ferite; arrivato in piazza d'armi,
mi accorsi che s'erano aperte e che colava giù sangue; diventai bianco
come un cadavere. Come fare? Ancora uno sforzo, finchè posso reggermi
in piedi; avanti, barcollando come un briaco; mi sentivo mancar le
forze, e a poco a poco mi si stendeva un velo oscuro sugli occhi. Tutto
ad un trattò un ufficiale manda un grido:--Cos'è questo? Mi si accosta,
mi prende per la mano, io guardo, era tutta insanguinata. Uscii quasi
fuori di me, fui condotto in quartiere, e poi all'ospedale, e mi prese
una febbre maledetta, che per poco non mi mandò all'altro mondo. Fui
visitato dai medici, dagli ufficiali della compagnia, dal maggiore;
m'interrogarono, interrogarono i miei amici, e vennero in chiaro di
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