La vita militare: bozzetti - 01

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LA VITA MILITARE.

Proprietà degli Editori.


LA
VITA MILITARE

BOZZETTI
DI
EDMONDO DE AMICIS
UFFIZIALE DELL'ESERCITO.
FIRENZE.
SUCCESSORI LE MONNIER.
1869


INDICE DEL VOLUME.
Una marcia d'estate Pag. 1
L'ordinanza 9
L'ufficiale di picchetto 20
L'ospitalità 29
Una sassata 47
La madre 61
Il figlio del reggimento 79
Il coscritto 137
Una marcia notturna 154
Un mazzolino di fiori 165
Carmela 174
Quel giorno 215
La sentinella 228
Il campo 239
Il mutilato 258
L'esercito italiano durante il colèra del 1867 283
Una medaglia 349
Partenza e ritorno. Ricordi del 1866 367
Una morte sul campo 422
Il più bel giorno della vita 443


A MIA MADRE
TERESA--BUSSETI--DE AMICIS
DEDICO QUESTO LIBRO
DOLENTE DI NON POTER LEGARE IL SUO CARO NOME
A UN'OPERA GENTILE COME IL SUO CUORE
ELETTA COME LE SUE VIRTÙ
SANTA COME LA SUA VITA.


Tempo fa, parlando d'uno di questi bozzetti, due lettori molto facili
a commoversi hanno significato, senza volerlo, il doppio scopo che mi
sono proposto nello scrivere l'intero libro.
Un popolano disse:--«Finito di leggere, avrei stretto la mano al primo
soldato in cui mi fossi imbattuto per via.»
Un soldato disse:--«È un racconto che consola e mette un po' di buona
volontà.»
Che si voglia bene al soldato, e ch'egli faccia il soldato con cuore:
se io riuscissi a ottenere questi due effetti in qualcuno dei miei
lettori, stimerei largamente compensate le mie fatiche, e sarebbe pago
il mio desiderio più vivo e più caro.


UNA MARCIA D'ESTATE.

Era una bella giornata d'agosto; non una nuvola, non un soffio di
vento; l'aria immobile e infocata. La strada per cui il reggimento
camminava era larga diritta e lunga che non se ne vedeva la fine, e
coperta d'una polvere finissima che si sollevava a nuvoli, penetrando
negli occhi, nella bocca, sotto i panni, e imbiancando barbe e capelli.
A destra e a sinistra della strada non un albero, non un cespuglio, non
un palmo d'ombra, non una goccia d'acqua. La campagna era secca, nuda,
deserta; nelle poche case sparse qua e là, un silenzio, una quiete, che
parevano disabitate. Non si poteva fermar lo sguardo sulla via, nè sui
muri, nè sui campi, tanto vi batteva il sole. Si camminava a capo basso
e a occhi socchiusi. Insomma, una bellissima giornata d'agosto, una
pessima giornata di marcia.
Il reggimento camminava da poco più di un'ora. Malgrado quella polvere
e quel caldo soffocante, i soldati erano ancora vispi ed allegri
come al momento ch'eran partiti. Due file camminavano a destra e due
a sinistra della strada, e dall'una all'altra parte era un continuo
scoccare e incrociarsi e ricambiarsi di motti, di frizzi e di mille
voci lepide e strane; e di tratto in tratto una gran risata e un
batter clamoroso di mani, a cui seguiva sempre un:--Al posto, via, in
ordine!--che ristabiliva momentaneamente il silenzio e la quiete. A
tre, a quattro, a cinque voci assieme, si sentiva cantare qua l'allegro
stornello toscano, là la patetica romanza meridionale, più oltre la
canzone guerriera delle Alpi; ed altri smettere, ed altri cominciare,
e mille accenti e dialetti svariati succedersi e mescolarsi. La marcia
procedeva in tutto e per tutto a norma del regolamento; le file
serrate, il passo franco, gli ufficiali al posto; tutto in ordine,
tutto appuntino. Benone! E si andava, e si andava.................
Ma--oh vedete là il second'uomo della prima fila, che comincia a
perder la distanza! Adesso l'aggiusto io. Oh là! Volete serrare sì o
no?...--Ha serrato.
Altri dieci o dodici passi.--Un altro.--E dàgli! Volete marciare al
posto, sì o no?--Oh vedete come va quella coda! Corpo di.... Animo,
serriamo, laggiù; passo di corsa.--Una rapida corsa, un gran battere di
borraccie sui fianchi, un rumoroso ballar di cartucce nelle giberne,
una confusione, un polverio che tutto investe, che tutto copre.... La
coda ha serrato.--Bisogna sfiatarsi, non c'è che dire; ci vorrebbero
dei polmoni di ferro. Gli è un gran brutto marciare quest'oggi.... Un
sole che brucia il cervello.... una polvere che leva il respiro.... e
questa strada che non finisce mai... e questo cheppì.... Ci fosse un
albero almeno! un palmo d'ombra, un po' d'acqua! Ma niente.... È un
deserto questo.--
I canti che si udivano dianzi son già calati di una nota; il dialogo è
un po' meno vivo; le file un po' meno serrate. Il comandante del primo
pelottone è già alla testa della seconda squadra; il comandante del
secondo è alla coda della terza. Si vede che il reggimento è in marcia
da tre ore.
La via diritta è finita; comincia a serpeggiare. L'occhio non può
precorrere il cammino e confortarsi sui tetti di qualche lontano
villaggio, sul campanile di una chiesuola, su qualcosa che dia indizio
di abitazione e prometta una fermata, un po' di riposo, un po' di
respiro.... un momento di vita. Dio mio, che strada! Non si vede cento
passi innanzi. Coraggio, via; ancora cinque minuti, e saremo alla
voltata. Chi sa che, svoltando, non ci apparisca, lontano lontano, un
paesello o un folto d'alberi, dove ci facciano fermare! La speranza
rinvigorisce le forze; si studia il passo; siamo alla voltata; si
corre per mettersi presto sulla nuova direzione, si allunga il collo,
si spinge innanzi avidamente lo sguardo.... Case? Alberi? Villaggi?
Fermate? Niente! Strada, strada, e sempre strada. Oh disperazione! I
menti ripiombano sui petti, gli occhi ricadono a terra, le schiene si
ricurvano sotto gli zaini; le file, dalla momentanea pressa ristrette,
si riaprono; la coda segna il passo; il comandante del primo pelottone
è già alla testa del secondo, il comandante del secondo è già alla
testa della compagnia che vien dietro; il capitano.... dove sarà il
capitano?
I canti che si udivano due ore fa son già calati di due note. Si canta
perchè s'è cominciato a cantare; forse non si ricomincerebbe più. Il
dialogo è stentato; gli scherzi non hanno più sale. Ah! si vede che il
reggimento è in marcia da quattro ore.
E si va, e si va, e si va. I volti arsi dal sole, grondanti sudore,
neri, contratti, trasfigurati; il respiro affannoso; le labbra
pendenti; la lingua grossa; le mani gonfie, pesanti; le piante
indolenzite; in tutta la persona una cascaggine, un abbandono; gli
zaini vengon giù sulle reni, le giberne sulle natiche, i cappotti su
per la schiena raggrinzati e fradici; le cravatte sciolte; i cheppì
spinti all'indietro fin sulla nuca o colla tesa calata sul naso. Gli
occhi, offesi dalla luce soverchia, o si figgono immobili sull'orma
del compagno che precede, o errano qua e là avidamente in cerca di
un rigagnolo, di una fonte, di.... di un pantano, anco; purchè si
potesse mitigare questo foco infernale che ci brucia le viscere....
Oh la sete! E qui s'affacciano alla mente alterata immagini varie e
confuse di caffè altra volta (quando si era felici!) frequentati; si
vedon là gli avventori sorbire lentamente dei grandi bicchieri di
birra spumante, gelata; si vedono delle fonti d'acqua viva sgorgare,
spumeggiando, da una roccia; se ne sente il mormorio, se ne vede lo
splendore cristallino serpeggiare e perdersi fra l'erbe.... Oh poterlo
raggiungere!--Arrivato alla tappa, beverò tanto da morire! Volerò
subito al caffè, vuoterò una bottiglia di un fiato, due, e se non
basta, tre....
E si va, e si va. I canti sono cessati; il dialogo morto. Uno scherzo
forzato scocca qualche volta dalle labbra dei più vigorosi; indarno;
è accolto con glaciale silenzio. Si marcia taciti taciti. Molti che
erano alla testa, ora, zoppicando, si trovano alla coda. I più forti
che erano alla coda, eccoli, senza che se ne avvedano, alla testa. Le
compagnie si confondono--Al posto! per Dio! al posto! Gli è il modo
di marciare codesto?...--Non dan retta; è lo stesso che predicare ai
muri.--Ohe là! voi! perchè vi fermate? Avanti, animo, su.--Tenente,
non mi fido.--Niente, niente; levatevi; avanti.... Inutile; egli già
dorme.--Serrate, voi altri, laggiù. Animo. Oramai non c'è che poco.
--Oh sì, c'è poco!--Dicono sempre così.--Intanto non si fa mai alto.--E
il brodo di questa mattina era acqua.--E il prestito non l'hanno ancora
dato.--E con questo sole, ci potevano far partire un po' prima.--E alto
intanto non si fa mai,--e il brodo....-e il prestito....
Largo! largo!--Che c'è? Chi viene?... Un precipitoso scalpitìo di
cavali, un denso nuvolo di polvere.... è passato. Era un ufficiale di
stato maggiore.
Già, eccoli lì quelli che ci fanno correre.--Gli è comodo, da cavallo,
gridare avanti a quelli che vanno a piedi!--Se avesse lui lo zaino....
Ohe, tu, di'! alza quei piedi; non ce n'è abbastanza della polvere, non
è vero?--
Molti si arrestano. Molti, accorciando il passo, lasciano passare
innanzi la propria compagnia per fermarsi non visti. La voce dei
superiori suona stizzosa, non più autorevole. Gli ordini sono radi
radi.--Il comandante del primo pelottone.... Dov'è il comandante del
primo pelottone?--Ah, si vede che il reggimento è in marcia da cinque
ore!
O ch'è questo? S'udì uno squillo di tromba. Un oh! prolungato gli
fece eco dall'uno all'altro capo della colonna. Tutti si arrestano, e
qui comincia una confusione, un parapiglia, un rovesciarsi di zaini,
un cader di fucili, un rotolar di cheppì giù pei fossi della via,
un correre a destra e a sinistra.... In due minuti il reggimento è
sparito. Dentro i fossi, di qua e di là della strada, un serra serra,
un gridìo, un disputarsi a spintoni e a colpi di gomito un palmo
d'ombra, un palmo d'erba. Pei campi un va e vieni di assetati in
traccia d'acqua, che si cercano, si scontrano e si arrestano, come una
processione di formiche su per la scorza d'un albero; un chiedere da
bere con voce lamentevole, un negare di voci stizzite, o un concedere
a stento, uno strapparsi dalle mani i gamellini con rabbia gelosa....
A poco a poco il tumulto scema, il movimento diminuisce, la quiete
ritorna; tutti, o bene o male, giacciono a terra, tutti riposano, tutti
chiudono gli occhi.... Ancora un minuto e tutto il reggimento dormirà.
--Largo! largo, ragazzi! Un po' di passo. Di', tu, bada che ti passerà
addosso la ruota. E tu leva quello zaino di mezzo alla strada.... Un
po' di passo, via. Fatemi largo.--Oh eccolo l'apportatore della vita,
ecco l'amico dei galantuomini, ecco la provvidenza! Il vivandiere!--I
dormenti si scuotono, stirano le braccia, si fregano gli occhi, puntano
i gomiti in terra; su, su, su, eccoli in piedi; corrono e fanno
ressa intorno al carro, e vi si rimescolano e vi si addossano come
i cavalloni del mare attorno alla nave nel forte della tempesta. Al
disopra di tutta quella calca un tender di mani, un agitar di braccia,
un porgere e un ricevere quattrini, un lamentarsi cruccioso di esser
là da un'ora e di non aver ancora avuto niente, un insistere ora
minaccioso ora supplichevole.... Il pover uomo è ansante, suda, sbuffa,
domanda un po' di largo, un po' di fiato....
Un altro squillo di tromba; è l'_attenti_. Un lungo mormorio di
sorpresa e di malcontento gli fa eco.--Non c'è tempo di mandar
giù un boccone.--Era meglio non fermarsi, allora.--Ci vogliono
ammazzare.--Sicuro.--La folla si disperde lentamente; i giacenti si
levano faticosamente a sedere; parte si drizzano in piedi lemme lemme;
parte stan lì a godere l'ultimo minuto, l'ultimo istante; a poco a poco
tutti son saliti dai fossi sulla via, gli zaini sono sulle spalle, gli
ordini son ricomposti.--Un altro suono; la prima compagnia si muove....
la seconda, la terza.... tutto il reggimento è in moto.--Al posto, eh!
Non ripetiamo la babilonia di prima.
Per una mezz'ora le cose vanno un po' meno peggio che per l'addietro;
comunque le membra si risentano dolorosamente del breve riposo, e non
tutti abbiano sazia la sete.--Ma guardate come marcia quella coda! Ma
volete serrare una volta?--Per una mezz'ora, come si diceva, le cose
vanno un po' men peggio di prima; le file si sono serrate, chi stava
addietro ha raggiunto la sua compagnia, gli ufficiali sono tornati
al posto....--Ma questo sole brucia il cervello! Questo è un caldo
d'Africa! È impossibile resistere!.... I piedi non han più forza di
sollevarsi da terra, strisciano; le braccia cadono spenzoloni, il
cinturino scivola giù dai fianchi, le cinghie dello zaino segano le
spalle, il cappotto opprime lo stomaco.... E non si arriva mai! E dove
ci vogliono condurre?
--Una fontana! una fontana!--Un grido di gioia risponde all'avviso.
Gli ordini si rompono, tutti accorrono; a cinque, a sei, a dieci si
cacciano a corpo morto sull'acqua: urti, spintoni, litigi, grida,
percosse.--Al posto, al posto, per Dio!--tuona un ufficiale sdegnato.
La turba si rompe e si sperde in tutte le direzioni; molti, lo stomaco
gravato dall'acqua, tentano invano di raggiungere il proprio posto;
altri vi giungono dopo una corsa affannosa e sono costretti a fermarsi
poco dopo; altri restano là ancora per un sorso, per una goccia, un
minuto, un momento!... Le forze mancano, i vacui si allargano, i fossi
si popolano di estenuati; tutto vacilla, tutto cade.... All'improvviso,
allo svoltare della via, si vede un campanile, un villaggio.--È la
tappa! È la tappa!--Il grido si propaga in un istante dalla testa
alla coda; l'effetto è mirabile; le forze si rinfrancano, le file si
serrano, le compagnie si riformano, gli sbandati accorrono; tutto è
mutato. Echeggia la musica; siamo al villaggio; si entra. Le soglie
delle officine, le imboccature delle vie, le finestre, i balconi, si
riempiono di curiosi; qua e là ai davanzali si affacciano dei visini
atteggiati a pietosa curiosità.--Poveretti! come saranno stanchi!--Oh,
gli effetti di quegli occhi! Chi andava curvo si addirizza con
grande sforzo per l'ultima volta; chi zoppicava piglia un'andatura
più risoluta; chi stava per cadere, stremato di forze, si fa animo
e tira innanzi....--Olà, voi, dove andate?--Un sorso d'acqua,
tenente.--Niente, niente! al posto!--Oh, i crudeli!--si mormora
all'intorno dalle mamme compassionevoli;--come li trattano, poveri
ragazzi! Neppure un sorso d'acqua!--
Il reggimento è passato, ha posate le armi, ha spiegato le tende.... Oh
che campo animato ed allegro! E le fatiche e gli stenti della marcia
non si ricordano più?
Ah!.... nemmen per sogno.


L'ORDINANZA.

Erano quattro anni che vivevano assieme; nè mai un solo momento l'un
d'essi avea dimenticato di essere l'uffiziale, l'altro di essere
il soldato. L'uno soldatescamente austero, l'altro soldatescamente
sommesso. E si amavano; ma di quell'affetto duro, ruvido, muto, che non
fa pompa di sè, che non si palesa, che cela un trasporto di tenerezza
sotto un atto sgarbato; eloquente quando tace, inetto e barocco quando
parla; nemico delle blandizie e accostumato, quando lo assale il
bisogno di piangere, a stringer le labbra e a ribeversi le lagrime
per non parer fiacco e sdolcinato. Correva fra loro un linguaggio
costantemente laconico, rapido, rotto; si capivano a monosillabi, a
occhiate, a gesti: interprete comune l'orologio, che regolava tutto,
anco i passi e le parole, colla più stretta disciplina.--Tenente,
comanda altro?--Nulla.--Posso andare?--Va.--Era la formola quotidiana
di comiato; mai una parola di più. E così erano passati i giorni, i
mesi, gli anni--quattro anni--in quartiere, in casa, in campo, in
marcia, in guerra, ed era a poco a poco cresciuto nel cuor di entrambi
un affetto profondo, severo, e quasi sconosciuto a sè stesso. V'era in
quella inalterabile taciturnità, in quel parlar soldatesco, in quel
ricambiarsi fuggitivo di sguardi che volean dire, l'uno--fa questo,--e
l'altro--ho capito; v'era dico, per chi avesse conosciuta la natura
di entrambi, tanta cortesia, tanta amorevolezza, tanto cuore, che al
confronto la più espansiva corrispondenza di tenerezze ne avrebbe
scapitato.
Si erano trovati a fianco sul campo in momenti solenni, a poche
centinaia di passi dai cannoni nemici, e, ad ogni sibilar di granata,
l'uno avea girato rapidamente gli occhi in cerca dell'altro,
e, trovatolo, avea messo un sospiro, pensando:--Anche questa è
passata.--Aveano vegliato assieme agli avamposti più di una notte
gelida e piovosa, coi piedi nel pantano e il vento sulla faccia; e
il mattino, al giunger del battaglione di muta, s'erano scambiati
un sorriso, come per dirsi a vicenda:--Ora si ritorna al campo;
rallegrati; potrai riposare.--Molte volte, durante una lunga marcia
d'estate, s'erano tutti e due ad un tempo voltati in dietro a
riguardare le pietre miliari sulla proda della via, e molte volte,
ne avean contate meglio di quaranta, scambiandosi, quand'eran giunti
all'ultime, uno sguardo di conforto e di compiacenza che volea
dire:--Ancora due,--ancora una,--ci siamo.--Più di una sera, nei campi,
quando si prepara l'animo alle fucilate che ci verranno a svegliare la
notte, dopo che l'un d'essi si era adagiato sotto la tenda e l'altro
gli aveva disteso ed accomodato addosso il pastrano per difenderlo
dalle brezze notturne,--buona notte, signor tenente,--aveva detto
il soldato allontanandosi, e al tenente era parso che quella voce
avesse lievemente tremato e l'ultima parola non fosse uscita intera,
e con pari accento gli aveva rimandato il saluto. Qualche altra
volta, mentre l'uno porgeva all'altro una lettera e questi stendeva
avidamente la mano per prenderla, era passato sui due volti un
leggerissimo sorriso.--È una lettera di casa; ne riconobbi i caratteri;
è tua madre--l'uno avea voluto dire;--grazie, l'altro aveva voluto
rispondere, tu mi hai anticipato la gioia.--
Dopo tutto ciò ritornavano entrambi ai soliti modi taciturni e severi.
Nè mai una volta il fiero soldato, o presentandosi al suo uffiziale,
o pigliandone comiato, dimenticava di fissargli gli occhi in faccia,
alzando la testa, portando energicamente la mano al cheppì, ritto,
immobile e fiero. Partendo, il suo _fronte indietro_ era sempre fatto a
norma del regolamento.
Vivevano assieme da soli quattro anni; ma il soldato, che aveva
cominciato a far l'ordinanza dopo il primo anno di servizio, stava per
compiere la sua ferma.
Un giorno giunse al comandante del corpo l'ordine di congedar la sua
classe.
Quel giorno, fra l'uffiziale e il soldato passarono poche parole più
del consueto; ma i due cuori si favellarono lungamente.--Comanda
altro?--Nulla.... È giunto l'ordine di congedare la tua classe; fra
dieci giorni tu partirai.
Seguì un breve silenzio senza che i loro occhi
s'incontrassero....--Posso andare?--Va pure.--Questa volta si era
aggiunto un _pure_, ed era già un gran passo sulla via delle tenerezze.
Si strinse il cuore ad entrambi; non però ad entrambi ugualmente. L'uno
perdeva un amico, anzi, più che un amico, un fratello, che l'amava
d'un affetto reverente, religioso. L'altro perdeva del pari un amico,
un fratello; ma quegli restava, questi tornava a casa. E ciò gli
era un grande sollievo. Tornare a casa! Dopo tanti anni, dopo tanti
pericoli, dopo aver tante volte la sera, nel campo, quando squillano
le lunghe e melanconiche note _del silenzio_, e sotto le tende muoiono
i lumicini, e in tutta quella mobile città di tela, poc'anzi così
animata ed allegra, si sparge una quiete profonda; dopo aver tante
volte, in quei momenti di scorata malinconia, chinato la testa fra le
mani pensando alla madre e domandandosi:--Che farà in questo momento
quella povera donna?--tornare a casa! Dopo aver tante volte, sul far
della notte, al bivacco, udito qua e là fra i crocchi dei compaesani
suonare i noti ritornelli campestri, quei che si cantavano un giorno
laggiù, a casa, in estate, quando si vegliava sull'aia e vi batteva
quel bellissimo lume di luna, e, fra le tante voci degli amici e dei
congiunti, se ne sentiva una distinta, chiara, argentina, tremola, che
sapeva così bene le vie del cuore; dopo aver tante volte benedetto
quei canti come un saluto di nostra madre lontana.... tornare! Tornare
inaspettato! Rivedere quella campagna, quei casali; riconoscere da
lontano quel tetto, studiare il passo, giungere trafelati su quella
cara aiuola, vedersi comparir dinanzi la sorellina fatta adulta, il
fratello più piccolo ormai adolescente, alle loro grida sopraggiungere
tutti gli altri, lanciarsi in mezzo a loro, poi svincolarsi da tutti,
correre in casa, chiamare la vecchia madre, vedersela venire incontro
colle braccia aperte e gli occhi pieni di lagrime, gettarsele al collo
e sentirsi stretto da quelle care braccia e provar tutte le più sante
estasi umane, le son cose che, anche a pensarle soltanto, addolciscono
qualunque amarezza, sanano qualunque ferita.
Pur non di meno a quel buon giovanotto passava l'anima il pensiero
di aversi a separare dal suo uffiziale. E poi un soldato di cuore
non si spoglia mai del ruvido cappotto che gli ha servito per tanti
anni da coperta e da guanciale, e su cui egli ha fatto tanto lavoro
di spazzola, d'ago e di sapone, senza sentirsi dentro un certo
struggimento, una certa tenerezza dispettosa ed inquieta, come al
separarsi da un amico che ce ne ha fatta qualcuna delle grosse e con
cui si vorrebbe tener il broncio, ma che in fondo si è sempre stimato
ed amato. Quelle tasche di dietro, dove in prigione si nascondeva la
pipa all'apparire dell'uffiziale di picchetto, di tanto in tanto,
per isbaglio, e fin che non se ne sia affatto smessa l'abitudine, si
cercheranno ancora colle mani.... Che stizza non trovarle più!
Il buon uffiziale s'era fatto pensieroso, e non aveva più aggiunto
una parola alle formole consuete. E così il suo soldato. Ma i loro
sguardi s'incontravano più frequenti e più lunghi, e pareva che si
dicessero:--Tu soffri, lo so.--Il soldato faceva le sue cose più adagio
per trattenersi più a lungo in casa e compensarsi, in quegli ultimi
giorni, della separazione imminente. Dapprima procedeva con una certa
lentezza; poi con lentezza apertamente studiata; da ultimo faceva le
viste di levar via la polvere dai tavolini e dalle sedie; ma il più
delle volte, assorto nel suo triste pensiero, agitava ciecamente la
pezzuola senza nulla toccare. Intanto l'uffiziale ritto ed immobile
colle braccia incrociate davanti allo specchio, che rifletteva
l'immagine del suo soldato, ne seguiva attentamente i passi, gli
atti, i moti del viso, e ne scansava gli sguardi alzando prontamente
la faccia e gli occhi al soffitto in aria distratta.--Tenente, posso
andare?--Va pure.--E il soldato se ne andava. Non aveva ancora sceso
due scalini che dentro la stanza suonava un frettoloso:--vieni qua--ed
egli tornava.--Comanda altro?--Niente. Voleva dirti.... niente, niente;
lo farai domani; va pure.--E forse l'aveva richiamato per vederlo, e,
vedutolo un'altra volta partire, continuava a tener per qualche tempo
gli occhi fissi al limitare della porta da cui era uscito.
Venne finalmente il giorno della partenza. L'ufficiale stava seduto in
casa, al tavolino, dirimpetto alla porta socchiusa. Di lì a mezz'ora
il suo soldato doveva venire a pigliare comiato da lui, e partire. Egli
fumava soffiando in alto i nuvoli del fumo, e ne seguiva sbadatamente
coll'occhio il viaggio lento e vorticoso fin che si dileguavano
nell'aria. Il fumo che gli passava sugli occhi glieli facea lagrimare,
ed egli a quando a quando se li asciugava col rovescio della mano,
pur maravigliandosi che le lacrime venissero giù così grosse da parer
ch'ei piangesse. Ne attribuiva tutta la causa al fumo, voleva illudersi
sulla sua commozione, dissimularla a sè stesso, attribuire al sigaro
ciò che spettava al cuore. E pensava:--....Già, c'era da aspettarselo.
Dunque, a che serve pigliarsela a cuore? Non lo sapeva io, quando l'ho
preso con me, che non l'avrei tenuto eternamente? Non lo sapeva che la
ferma è di cinque anni? E che quest'uomo ha una casa, un campo, una
famiglia, dove è nato, dove è cresciuto, da cui è partito con dolore
e a cui ritornerà con gioia? Pretenderei che continuasse a fare il
soldato per la mia bella faccia? Sarei un egoista.... Anzi lo sono.
Qual vincolo di gratitudine lo lega a me? Che cosa gli ho fatto io? Che
cosa mi deve costui?... Oh molto, davvero. Non gli ho mai fatto che
delle sgarbatezze, io. Gli sto sempre lì davanti con questo maladetto
muso da padre inquisitore.... Gli è il mio temperamento, già; che ci
posso fare? È inutile, io non le so trovare le parole per dir certe
cose. E poi.... non si debbono dire. Ma.... almeno fargli una faccia
un po' umana!... Adesso se ne va. Ritorna a casa a lavorare nei suoi
campi, a ripigliar la vita di prima; a poco a poco perderà tutte le
abitudini militari, dimenticherà tutto.... e il suo reggimento, e i
suoi compagni, e il suo uffiziale. Non importa; purchè viva contento.
Ma io potrò forse dimenticar lui? Quanto tempo dovrà passare prima
ch'io mi sia assuefatto ad una faccia nuova; prima che la mattina,
svegliandomi, non mi abbia più a parere di vedermelo davanti tutto
intento a sbrigar le sue faccende là in un canto della stanza, cheto
cheto, quasi senza muoversi, quasi senza alitare, per non destarmi
prima del tempo? Quante volte, appena desto, non lo chiamerò per
nome? Tanti anni di compagnia, di attaccamento devoto, di servizio
affettuoso, e poi.... vederselo andar via così.... da un giorno
all'altro.... Mah! è il nostro mestiere, non c'è che dire. Bisogna
rassegnarsi.... Che buon ragazzo! Che cuore! Se talora, marciando,
oppresso dalla fatica, riarso dal sole, affogato dal polverone, io mi
soffermava un istante e volgeva gli occhi attorno come per cercare un
po' d'acqua, subito mi appariva dinanzi una borraccia e mi suonava al
fianco una voce:--Tenente, vuol bere?--Era lui. Era uscito di nascosto
dalle file, era corso a pigliare dell'acqua.... lontano forse, chi
sa dove; era, in un batter d'occhio, tornato, ansante, grondante di
sudore, spossato, ed era venuto dietro a me ed avea aspettato che io
mostrassi desiderio di bere. Se talora, in campo, io pigliava sonno
all'ombra d'un albero, e il sole a poco a poco mi veniva a batter
sul viso, una mano sollecita mi rizzava al fianco una frasca, o
tendeva una tenda, o poneva l'un sull'altro tre o quattro zaini, o
allargava sopra un fascio d'armi un cappotto, e il sole non mi dava
più noia. Di chi era quella mano? Sua era, sempre sua. Appena giunti
alla tappa dopo sei, sette, otto ore di cammino, appena spiegate le
tende, egli spariva; ed io a cercarlo, a chiamarlo ad alta voce pel
campo, a stizzirmi: e dov'è, e chi sa dove siasi rintanato, e vedete
un po' che testa, e se questo gli è il modo di fare, e appena verrà
lo concerò io pel dì delle feste; e avanti di questo passo. Di lì a
un minuto lo vedeva giungere di lontano curvo curvo sotto un gran
carico di paglia, a passi ineguali, a sbalzelloni, urlando a destra
e a sinistra con chi gliene voleva portar via una manata, inciampando
nelle cordicelle delle tende, valicando siepi e fossi, calpestando
gli zaini e le camicie tese al sole, inciampando negli addormentati,
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