La vita militare: bozzetti - 15
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soldati per difendere il paese dove s'è nati e cresciuti, dove s'ha la
famiglia, la casa, gli amici e.... l'amorosa, tutto ciò che abbiamo di
più caro e di più sacro a questo mondo; capisci? E la coscienza di fare
il proprio dovere basta, vedi, ai bravi soldati; oh se basta! Guarda
un po' quanti soldati han tratto fuor dal fiume,--laggiù dalla parte
dove si fanno i bagni d'estate,--dei poveri disgraziati che stavan per
annegare! Ebbene, quei soldati che si son messi al rischio di morire
per salvar la vita a gente che non conoscevano nemmeno, che cosa hanno
avuto in premio? Nulla; cioè molto: la gratitudine dei salvati, e la
coscienza della loro bella azione, e questo è tutto per un galantuomo.
E i soldati che dan la caccia ai briganti? Ogni giorno ce ne muor uno;
chi lo sa ch'ei sia morto? chi lo ricorda il suo nome, fuor della gente
di casa sua? Eppure i soldati ci stan volentieri su quelle montagne,
in quei boschi, in quei burroni, a menar la maledetta vita che menano;
e perchè? Perchè sanno di fare il loro dovere. E i carabinieri, poveri
soldati anch'essi, che giran due a due per la campagna, di notte, in
mezzo ai malandrini appostati nei fossi, che tirano le schioppettate
a tradimento, non fanno anch'essi una gran dura vita i carabinieri?
Eppure, vedi come fanno di cuore il loro dovere! Così le sentinelle; la
stessa cosa. Di notte, in queste notti qua, chi le vede le sentinelle
avviluppate ne' loro mantelli, rannicchiate in fondo ai loro casotti,
immobili, silenziose; chi le vede, chi le sente, chi sa ch'elle vi
siano, chi pensa a loro, chi se ne cura? Eppure la sentinella deve star
là ferma al suo posto, di buon grado, senza malinconie, senza triste
fantasticaggini pel capo, e pensare:--Tutti dormono, io solo veglio;
ma veglio sul sonno di tutti; se non vi fossero sentinelle, nessuno
dormirebbe dalla paura. Il mio piccolo casotto protegge i più vasti
palagi; dappertutto ove si canta e si suona e si fa del baccano, lo si
fa senza pensieri e senza sospetti perchè io taccio e vigilo e tendo
l'orecchio per tutti; il mio rozzo mantello protegge le vesti di seta
e di velluto delle signore che vanno ai balli; quest'ombra protegge
quella luce; il mio silenzio, quei suoni. Dal sentimento di queste
grandi verità, a cui non si suole pensare, a cui molti non hanno mai
pensato, ma che pur si dovrebbero tener sempre vive nella mente e nel
cuore, dal sentimento di queste verità deve trar conforto il soldato,
e capire che in questo sentimento risiede il più bel premio dei suoi
sacrifici e delle sue virtù. Sei persuaso?
--Oh sì, tenente.--
La sua voce aveva tremato; era venuta dal cuore, e aveva trovato un
intoppo a mezza gola; me ne accorsi; proseguii:
--E dopo che per cinque anni, per cinque lunghi anni, s'è fatto, tutti
i giorni, tutte le ore, tutti i minuti, sacrificio della propria
volontà, dei propri desiderii, degli affetti, delle abitudini, dei
pensieri, di tutto, insomma, sagrificio di tutto al proprio dovere,
alla propria bandiera, a quei tre bei colori che noi dobbiamo aver cari
più di noi stessi, più della vita, più di ogni cosa al mondo; quando
dopo cinque anni passati così, il paese ti dice: Ora basta, hai fatto
il dover tuo, restituiscimi quel fucile con cui m'hai difeso l'onore e
la vita, e vattene a casa, chè tua madre t'aspetta, e le tue sorelle ti
vogliono, e v'ha un'altra donna che la sera, affacciata alla finestra,
guarda lungamente all'estremità lontana della via per cui dovrai
ritornare; oh allora, credilo buon ragazzo, il poter ritornare fra le
braccia della vecchia mamma colla coscienza di essere stato un bravo
soldato, il poter tornare là sotto quel povero tetto colla fronte alta
e col callo del fucile alle mani, credilo, è una felicità che non n'ha
uguali sulla terra. Lo credi?
--....Signor tenente!
--E tornati a casa, la sera, quando splende una bella luna, si
ricomincia a ballar sull'aia, come una volta, chè quelli sono i balli
che ci piacciono di più, non è vero?
Non rispondeva,
--Dico bene sì o no?
--Oh sì! sì!--proruppe quel povero soldato con una voce di cui mi
sarebbe impossibile esprimere l'accento, ma che mi suona ancora
nell'anima, come l'avessi udita pur ora;--oh sì che dice bene, signor
tenente! Sicuro.... sicu....
Sapete perchè s'interruppe? Perchè, intenerito, agitato com'era, mosso
unicamente dall'affetto, che so io? dalla gratitudine per le mie
fraterne parole, il buon giovane dimenticò per un istante che io era un
ufficiale, che egli era un povero coscritto, e aveva steso un braccio
verso di me; ma, ravvedutosi, l'aveva subito ritirato, non sì a tempo
però che colla mano distesa non mi lambisse leggermente la manica del
cappotto.
--Eh!.... io esclamai.
Si vergognò, si confuse, e, mormorando timidamente non so quali parole
di scusa, si rintanò in fondo al casotto. Mi parve di sentir ch'ei
respirasse con molto affanno. Forse piangeva.
Mi allontanai di là che il cuore mi tremava di tenerezza. Io mi sentiva
tanto contento di me! Guardai in su alle finestre illuminate; tornai a
sentire la musica a cui da un pezzo non avea più badato; mi internai
colla mente in quella sala.... Poh, erano tutte immagini sbiadite.
Povera gioia codesta, io pensai, in confronto della mia.
IL CAMPO.
Un bel prato, piano, vasto, rettangolare, limitato ai quattro lati da
un fosso e da una siepe, e folto d'erba e tempestato di margheritine.
Al di là del fosso, dall'un dei lati, un fitto bosco di gelsi, di
quercioli, di marruche, e più oltre, sporgente al di sopra di quella
macchia, una collinetta a lento declive, bassa, verde e sparsa
d'alberi e di casicciuole bianche. A mezzo della china, un gruppo
di case più alte e d'aspetto più cittadino, e un campanile alto e
leggero. Intorno intorno certi palazzotti azzurri e rossastri, e
poggetti fioriti, e lunghi filari di pini, e gruppi di salici, e viali
sabbiosi, serpeggianti, intersecati; e qua e là statuette candide e
zampilli d'acqua mezzo nascosi fra gli alberi e i cespugli. Dinanzi a
quel prato, lungo il lato opposto al bosco, corre una strada larga e
rilevata, e gira intorno al folto degli alberi, e ascende, su per la
collina, al villaggio. In quel prato ha posto le tende un reggimento.
Poniamoci su quella strada e guardiamo quel campo. Cominciando a venti
passi dal fosso, fino all'opposto limite del prato, otto lunghi ordini
di tende, gli uni agli altri paralleli, e divisi da uno spazio di una
diecina di passi. Per ogni ordine un cento di tende; tre soldati per
tenda, trecento soldati per serie, due mila quattro cento, o poco
meno, fra tutti; un reggimento. Le tele nette, tese; le cordicelle
fisse nel suolo sur una linea retta; gli intervalli uguali; tutto
in ordine, tutto appuntino; un campo fatto a pennello. Di rimpetto
all'apertura delle tende, e sul di dietro, e sui lati, capannucci e
tettarelli di frasche,--le hanno rubate agli alberi di quella povera
campagna circostante, e il colonnello è andato in collera!--e legate ai
rami, come ad archi di trionfo, ghirlande penzolanti di rosolacci e di
pannocchiette intrecciate. Qua e là, in cima a una canna confitta nel
suolo, sventola qualche cencio di bandiera, fatta d'una cravatta rossa,
d'un lembo di camicia e d'un fazzoletto turchino, che si dà l'aria di
verde. Dentro le tende, una confusione di paglia, di panni, di zaini,
di cencerelli, di giberne, di canne di fucile e di baionette. Tra tenda
e tenda funicelle tese, su cui sono sciorinate quelle certe mezze
mutande, che dovrebbero giungere fino alla noce del piede sulle gambe
supposte dal governo; ma giungono solamente fino al ginocchio sulle
gambe dei soldati come li ha fatti la mamma.
A destra di tutte codeste tende, in senso parallelo al lato più corto
del campo, una serie d'altre tende, ma di forma conica, e più alte,
più capaci, più tese, fatte più ammodo, le tende degli uffiziali; da
quella del colonnello, che è la più vicina alla via, giù giù fino a
quella degli uffiziali della compagnia estrema. Più a destra, in senso
parallelo a codeste tende, lungo il fosso divisorio, una lunga fila
di carri sopraccarichi di casse, cassette e bauli e involti e cento
oggetti svariati; dietro l'ultimo carro, nell'ultimo angolo del prato,
una schiera di cavalli e di muli legati ai tronchi degli alberi. Lungo
il lato opposto,--il lato sinistro,--una sterminata sequela di marmitte
nere, disposte in gruppi ad intervalli uguali, e tra gruppo e gruppo
fornelletti di sassi e di mattoni accatastati, e mucchi di cenere, e
rimasugli di tizzoni spenti, di stipe e di fuscelli sparpagliati. Al di
là del fosso, alberetti distesi a terra, schiantati e scapezzati; siepi
sforacchiate; solchi calpestati e disfatti; tutti i segni d'un vasto
saccheggio. Uh il colonnello! com'è andato in collera!
Un ponticello di legno, fatto lì per lì, con due tronchi d'albero e
poche assicelle, unisce il campo alla via. Accanto al ponte, dentro il
campo, lungo la sponda del fosso, dieci o dodici tende isolate; in esse
i prigionieri coi ferri. Sul ponte una sentinella; un'altra dinanzi a
quelle tende; una serie d'altre intorno al campo nei punti d'uscita.
Tal'è il campo.
Cadeva il sole; era una bellissima sera di luglio; il cielo
mirabilmente limpido, la campagna ancor umida e fresca d'una pioggia
recente, e quel boschetto oscuro, quella bella collina verde, quelle
ville, quel paesello ancora dorato da uno sprazzo di sole....; stupendo
il luogo, stupenda l'ora.
Pel reggimento era un'ora di riposo, di svago e di festa. Tutti erano
in moto. La più parte, in maniche di camicia e in calzoni di tela,
girandolavano per tutte le parti del campo, scompagnati, a coppie, a
brigatelle; alcuni giacevan seduti o sdraiati in gruppi, o correvano
in giro inseguendosi l'un l'altro come gli scolaretti nel cortile del
collegio; altri giocavano alle murielle co' sassi; altri tiravano
di scherma co' bastoni in mezzo ad un cerchio di spettatori; altri,
teso uno spago fra due tende, saltavano a scommessa fra due ali di
ammiratori affollati; altri, seduti sulla sponda del fosso, attorno a
un cencio di tovagliolo steso sull'erba, divoravano quattro foglie di
lattuga fra amici, sbocconcellando un po' di pan bianco (di quello
che mangiano gli ufficiali, capite); altri stavan seduti a cavalcioni
delle sbarre dei carri a fumarsela in santa pace; altri, vestiti di
certe giubbe di tela cadenti a brani, a cui non restava di bianco altro
che il passato, si affaccendavano attorno ai fornelli e alle marmitte
spezzando col ginocchio e ammonticchiando rami, stoppie e fuscelli per
la cucina; e in ogni parte si levava un gridìo, un frastuono misto
d'urli e di canti e, un mormorìo continuo e diffuso.
Quanti bei quadri, chi li sapesse ritrarre con pennello fedele!
Là in fondo al campo, nel mezzo del lato opposto alla via, il
vivandiere ha disposto i suoi tre carri a foggia di tre lati d'un
trapezio, l'apertura volta verso il campo; ha disteso una tenda
rappezzata e lacera fra i due carri laterali, ha rizzato in piè due
o tre tavole, e due o tre pancaccie nere e squilibrate; ha posata
un'imposta d'armadio sopra le due botti più alte, e n'ha fatto un
banco; gli ha messo dietro la botte più larga e v'ha allogata sopra la
moglie; ha teso fra due raggi di ruota una cordicella unta e bisunta
e ci ha appesi certi così lunghi, neri, crostosi, che vorrebbero dare
ad intendere d'essere salami masticabili e ingoiabili senza pericolo
di morte; ha messo in vista, per eccitare la ghiottoneria dei soldati,
un paio di cestelle degli erbaggi migliori, un gran piatto di polli
spennacchiati e macilenti, un gran pezzo di carnaccia cruda, e una
filatessa di fiaschi, di bottiglie e bicchieri, e sigari pregni d'olio
e fogli di carta da lettera odorati di chi sa che, e poi:--Avanti,
ragazzi! Qui si mangia da crepare--Può darsi.
Le panche son tutte ingombre; le tavole coperte di bottiglie e di
bicchieri; si gioca alla mora, si canta, si grida, si zufola, si
strepita; i bicchieri di tratto in tratto danno un gran tentennio e
cozzano l'un contro l'altro, e il vivandiere si volge:--Che facciamo
laggiù?--Comparisce un uffiziale, silenzio profondo; sparisce, daccapo
il baccano. Intanto, nel passaggio aperto fra le tavole si forma una
calca di due processioni opposte, di chi viene col gamellino a tor del
vino, e di chi se ne va col gamellino ricolmo gridando:--Largo!--e
bestemmiando e imprecando il malanno a chi non cede il passo e glie
ne fa traboccare una stilla. Attorno alla vivandiera s'è già formato
un cerchiolino di caporalotti; quello della terza compagnia, fra
gli altri, che è così bellino e così sfacciatello; e il marito lo
sa, e non tralascia di lanciargli certe occhiate di sotto in su che
paiono sassate; e la vivandiera non manca di far gli occhiolini
soavi ai suoi prediletti; e il marito vorrebbe protestare; ma gli
affari della bottega vanno bene, e -questo si deve anche un po'
alle moine di quella briccona.--Chiudiamo un occhio, egli pensa,
finchè vengono i quattrini.--Un soldato s'avvicina al banco.--Che
cosa vuoi?--Un bicchierino di rum.--Eccolo, paga.--To', e porge un
biglietto.--Non cambio io; non ho quattrini.--E io come faccio?--Oh
bella, ingegnati.--E il povero soldato se ne riman lì, grullo, confuso,
a stropicciare il biglietto colle dita, a sogguardare il bicchierino
con un visaccio imbronciato. Poi s'allontana lentamente:--Noi ci pagano
colla carta, noi; e dire che la moneta c'è! Ma se la intascano tutta
quelli che vanno a cavallo.--
Cinquanta passi più in qua, un altro quadro. È un capitano che radunò
una cinquantina di soldati della sua compagnia, quanti gli venne fatto
di trovarne là attorno, li ha disposti in circolo, e, dopo detto che il
dì vegnente s'avrà da camminar di molto e che il primo che rimarrà a
mezza via ei lo farà mettere ai ferri corti, fece recare in mezzo una
botticella di vino, e, adocchiato un de' soldati più lesti:--A te,
gli disse, via lo zipolo e mesci.--Tutti gli si fanno addosso tendendo
gamellini, borraccie e bicchieri.--Un momento, per Dio; levatevi di lì,
fatevi indietro, aspettate.--Tutti si ritraggono indietro. E mentre
il soldato s'adopra a sturare la botticella ingegnandosi coll'ugne e
colla punta della baionetta, e il capitano sta là curvo colle mani
appoggiate sulle ginocchia a sorvegliare l'operazione, tutti gli altri,
ritrattisi indietro, smozzicano fra' denti delle risate di gusto, e si
stropicciano le mani piegando e stringendo le ginocchia e inarcando la
schiena, e si fan l'un l'altro certi segni taciti, certi visi, certe
smorfie buffonesche, e si toccano l'un l'altro col gomito accennandosi
col capo e con un chiuder di occhi furbesco quell'insolito apparato,
e si passano il rovescio della mano sulla bocca come per prepararla
a gustare intera la voluttà di quel nettare senz'altro umore profano
sul labbro, e si scambiano dei pizzicotti furtivi, e si fregano
l'un l'altro spalla contro spalla, e ad un tratto--il capitano s'è
vôlto--tutti dritti, fermi, duri, seri, tanto per non parere che van
pazzi per due goccie di vino. Il capitano fa cenno che si accostino;
essi s'accalcano; lo zipolo è tolto; una grossa vena porporina,
gorgogliando, prorompe; dieci gamellini stan sotto a raccoglierla;
dopo questi dieci altri, e poi altri dieci, e via così. E giù, in
corpo, a ondate.--Tocchiamo? domanda una voce. Tocchiamo! rispondono
venti altre. I gamellini si levano al di sopra delle teste, si movono,
girano e rigirano, si urtano, il vino trabocca e si sparge sulle teste,
sulle faccie, sulle mani e colora giubbe e farsetti, e sgocciola
dappertutto; ma che monta? Viva l'allegria, viva il sor capitano!
esclama a mezza voce uno dei più arditi già mezzo convinto di aver
fatto una corbelleria.--Viva! rispondono gli altri in coro.--Tacete,
per Dio! grida impetuosamente il capitano, non riuscendo però a celare
sotto quella collera affettata tutto l'intimo compiacimento;--avete
perduta la testa? Scioglietevi!--La brigata si sparpaglia di corsa in
tutte le direzioni. Ma altri soldati, che hanno avuto sentore di quel
po' di festicciola accorrono. Tardi però; la botticella è vuota, e la
borsa del capitano è chiusa. E i nuovi accorsi gironzano là attorno,
sogguardano alla sfuggita, fanno, come suol dirsi, gli indiani, e
voltano gli occhi in su a contemplare le nuvole, e dan della punta
del piede ne' sassolini, e sbadigliano sforzatamente; invano; il
capitano non li vede, si allontana; ogni speranza è morta. Dunque,
tanto vale far gli allegri; i nuovi venuti tornano là donde partirono,
canterellando con quella voce agra e stentata, che pare ci voglia
morire a mezza gola, quando abbiamo in cuore la stizza, e la vogliamo e
non la possiamo dissimulare.
Ora guardiamo in un altro punto, laggiù, nell'angolo estremo.
Lunghesso quel tratto del campo corre un canaletto largo un tre o
quattro metri o giù di lì, e in esso un'acquarella fonda un par di
palmi, tra due sponde molli e sdrucciolevoli. Sur una di quelle sponde
parte giacciono e parte vagano a diporto i soldati della compagnia
attendata là presso. All'improvviso da un crocchio d'uffiziali ritti
sulla sponda opposta s'alza una voce:--Una lira da guadagnare! Chi
salta questo fosso, eccola qua.--E di mezzo al crocchio si leva
un braccia con una moneta in mano. Tutti si volgono, e corrono da
quella parte. Io--Io--Io--Anch'io--Anche noi--Anche noi altri. Un
ufficiale:--Vediamo. Schieratevi là.--E fa cenno colla mano. La folla
gli volge le spalle, accorre confusamente a venti passi dalla sponda,
si arresta, si volge indietro, si schiera, si dispone in semicerchio,
i più animosi al centro, i più poltroni alle ali; tre o quattro del
mezzo si disputano coi gomiti la precedenza del posto, uno finalmente
la vince, pianta il piè sinistro innanzi, inclina la persona addietro,
misura coll'occhio il terreno, si alza in punta de' piedi a guardare
il fosso, pensa, esita, si volge al vicino:--Salta prima tu.--Un uh!
di vergogna si alza da tutte le parti.--Il vicino esita anch'esso,
due o tre altri si ricusano.--Largo, largo, che salterò io, sclama un
nuovo arrivato aprendosi un varco a furia di spintoni e di pugni. Gli
si fa largo, viene avanti, si mette in pronto, si dondola avanti e
indietro, avanti e indietro, adocchia il fosso, adocchia il terreno....
è partito. Divora lo spazio interposto, e sull'orlo--forza--bravo, è
al di là, piantato sul piede destro, col sinistro in aria e le braccia
alzate. La lira è sua; via subito a tracannarne un sorso. La gara
è accesa; un altro saltatore s'è slanciato; un'altra lira è vinta.
Un terzo parte: oh com'è fiacco! Giunge sull'orlo, spicca il salto,
ahi! giù, dentro, lungo e disteso; acqua in faccia a tutti. Un urlo
prolungato, sgangherato, erompe da tutte le bocche e finisce in una
risata dai precordi, accompagnata da un fragoroso batter di mani.
Il poveretto è salito a stento sulla sponda, tutto fradicio, tutto
stillante, coi capelli sparsi e attaccati a ciocche sulle orecchie
e sul viso, coi calzoni raggrinzati sulle gambe, colle braccia
penzoloni... Ma gli uffiziali si muovono a pietà.--Un bicchier di vino
a questo povero diavolo!--esclama l'un d'essi. E la faccia del povero
diavolo si rasserena.
E i crocchi de' cantatori? Oh quanti! Uno qui, uno là, un altro più
in giù. Attorno alle tende, sotto gli alberi, a cinque, a dieci, a
venti assieme. Questi gorgheggiano una romanza patetica con tanto
di muso duro; quegli altri brilli a mezzo, con cert'occhi lustri e
certe cere imbambolate, schiamazzano una canzonaccia da baccanale,
sollevando con tutt'e due le mani un gamellino ad ogni ripresa di
strofa, e cacciandovi la testa dentro e tracannandone il vinaccio a
lunghi sorsi; e poi un agitar di berretti a dimostrazione di gioia,
e un battersi reciproco delle palme sul dorso, e un gridare acuto e
ringhioso: Evviva la biondaaa! con certi ghigni, con un cerio scimiesco
raggrinzar di naso, con certi atteggiamenti di satiri. Intorno ai cori
dalle voci più armoniose e concordi, un piccolo circolo di spettatori,
e in mezzo a que' cori un direttore che segna la cadenza col dito,
e fa vergogna a chi stona, e piglia la sua parte sul serio e fa un
viso tutto modesto girando l'occhio intorno all'uditorio che si va
ingrossando.
Ma vi son pure i solitari, i malinconici, che vanno lungi da quel
baccano, da quella festa, e a cui la musica e le grida, anche udite
fiocamente da lontano, fanno tristezza e dispetto. Essi vagano nelle
parti deserte del campo, o stan seduti sull'orlo dei fossi, coi piedi
a fior d'acqua, turbando con una verghetta di salice le sabbie e i
sassolini del fondo; o se ne stanno sdraiati traversalmente dinanzi
all'apertura della tenda, colla pipa spenta fra le dita, un gomito
appoggiato a terra, la faccia nella palma della mano e lo sguardo
estatico su quei bei nuvolotti colorati di fiamma viva dal sole
caduto. Corrono cogli occhi la cresta di que' monti e pensano a che ci
abbia ad essere al di dietro: pianura; e poi? altri monti; e dietro a
questi? un'altra volta piano; e avanti, avanti, per monti, per valli
e per piani sconosciuti, immaginando, immaginando, finchè avvertono
d'improvviso le note e care vette del proprio paese, e contemplano con
un misto di tenerezza e di accoramento quel tramonto di sole che non
han più veduto da tanto tempo. Poi, ad un tratto si scuotono, girano
gli occhi all'intorno, par che s'accorgano in quel punto per la prima
volta dove sono e in mezzo a chi sono, mandano un sospirone, danno
una crollatina di capo come per cacciare quel po' di malinconia che
comincia a farsi posto nel cuore, si rizzano in piedi, e via, di corsa,
a imbrancarsi cogli altri, a fare il chiasso, che tanto struggersi il
cuore per cose che non han rimedio non mette conto.
Ma non tutti quei solitari mutano pensiero; molti dei soldati più
giovani, taluni dei più vecchi restan là tutta la sera, a pensare, a
pensare, strappando ad uno ad uno i fili d'erba d'intorno. Alcuni,
seduti colle gambe incrocicchiate a mo' di turchi, vanno strofinando
con un cencio la baionetta, o rammendano i panni, o attendono a qualche
altra faccenduola, accompagnando il lavoro con un canterellar lento,
monotono, mesto il più delle volte ne' pensieri e nelle note. Altri dan
di piglio allo zaino, vi spiegan sopra un foglio di carta con suvvi
dipinto un soldatino in atto di partire per la guerra, o un gran core
passato d'una gran freccia; si stendono a terra bocconi, e tirano fuori
un mozzicone di penna rugginosa, e pigiano e rimestano la spugnetta
filosa d'un calamaro risecchito, e, dopo aver guardato più volte la
punta di ricontro alla luce e averla premuta più volte sull'ugna e aver
passato e ripassato sul foglio la palma della mano e soffiatovi su
ritraendo e allungando il collo a più riprese, scarabocchiano di gran
paroloni storti e tiran giù di grandi aste serpeggianti, volgendo a
volta a volta la faccia in su come per domandar al cielo l'ispirazione
di quella tal parola, di quella tal frase che non ricordano più, ma
che hanno letta di sicuro, lo giurerebbero, l'hanno letta in un libro
stampato, non san più quale. Come i soldati così v'hanno gli uffiziali
dall'umor triste e dall'animo repugnante alle gioie chiassose, i quali,
o stanno seduti a cavalcioni delle loro cassette, dinanzi alla tenda,
con un libro in mano, od errano negli angoli romiti del campo, in mezzo
a quei soldati.--A chi scrivi? domanda un uffiziale, soffermandosi
dietro a un soldato che scrive. A casa scrivi?--Sissignore, risponde
questi puntando in terra il ginocchio per rizzarsi in piedi.--No, no,
sta pure; tira innanzi. È tanto tempo che impari?--Quattro mesi.--Fa'
vedere. Non c'è male. Bravo.--E va oltre. Si sofferma dietro a un
altro:--E tu a chi scrivi, a tuo padre?--Il soldato accenna di no,
sorridendo.--A chi dunque, alla mamma?--Neppure.--A chi?...--Il
soldato segue a ridere, piega la testa contro la spalla e con una
mano aperta finge di giocherellare attorno al foglio per celarne
la prima parola.--...Ho capito, briccone.--E quei due soldati sono
contenti; una parola bastò a metterli di buon umore; forse, più tardi,
s'imbrancheranno a ballare anch'essi; e costa così poco una parola!
Guardate un po' sulla via, guardate chi giunge. Be', mi direte, un
furiere che reca una borsa a tracolla, e con ciò? Aspettate. Aspettate
che quell'uomo abbia posto piede nel campo, che qualcuno l'abbia
scorto, che sia passata la voce della sua venuta, e vedrete, nel campo,
che rimescolamento, che scompiglio, che clamori. Eccolo, egli entra, e
si dirige a passi celeri e furtivi, guardando attorno sospettosamente,
verso la tenda; cerca di passare inosservato per cacciarsi un momento
là sotto a porre un po' di sesto in quel guazzabuglio di carte, chè se
no sarà un vero rompitesta a distribuirle. Ma invano. Un soldato lo
scorge, si volge ai compagni e dà un grido di gioia: Lettere!--Lettere?
si domanda all'intorno accorrendo e cercando cogli occhi qua e
là. Dov'è? Dov'è?--È andato per di qua--No, per di lì--Ah, eccolo
là.--Tutti si slanciano là. Intanto la novella è volata fino ai limiti
estremi dei campo; da tutti i crocchi dei soldati se ne staccano
ad un punto due, tre, quattro, e via di corsa, e corri, e corri,
su, su, a chi giunge il primo, a chi carpisce il primo la lettera
sperata..... Ma sì! il povero porta-lettere è già circondato, avvolto,
pigiato, soffocato da una folla irrequieta e impaziente che agita in
alto le braccia e tende le mani, e lo assorda con un ronzìo di voci
supplichevoli, insistenti, e fluttuando fluttuando lo trasporta qua e
là alla ventura; finchè da quella densa folla di braccia levate colle
palme aperte si vanno staccando volta per volta due, tre, quattro
mani stringenti convulsamente una lettera sgualcita, e via, sotto la
tenda, a leggere in santa pace. E a poco a poco il serra-serra si
dirada, la folla si riduce ad un gruppo, qualche testardo deluso resta
ancora a insistere con voce lamentosa:--Ma per me, non c'è proprio
niente per me? È impossibile; oh Dio mio, guardi meglio; mi faccia
questo piacere.--Ma se dico che non c'è niente! Oh in nome del cielo,
lasciatemi respirare una volta.--I pochi rimasti si sparpagliano
lentamente col mento sul petto e le braccia spenzolate, e il
porta-lettere, poveretto, respira, mette un gran soffio, e asciugandosi
la fronte colla mano:--Sia lodato il cielo, è finita.
Lungo la sponda dello stradale, dalla parte del campo, una lunga
schiera di curiosi, la più parte villani; uomini, donne, fanciulli,
accorsi dal villaggio a contemplare quello spettacolo così novo e
bizzarro. I fanciulli accosciati giù per la sponda del fosso; i padri e
le madri ritti sull'orlo della via; le ragazze già grandicelle un passo
più indietro. E gli uni e gli altri ad accennarsi col dito gli svariati
episodi di quel gran quadro, e a sghignazzare del gridìo dei cantatori,
e a commiserare i prigionieri, e a prorompere in accenti di meraviglia
nel veder di que' tali salti, e a compiangere con dei:--Poveretto! si
sarà fatto male--i caduti, e a far di gran commenti sulla struttura
delle tende e gli scompartimenti del campo, e a spiegarsi l'un
coll'altro la disparità dei gradi argomentando dai galloni dei berretti
e dandosi l'un l'altro sulla voce e pigliando la stizza..... Osservate:
a tutti i punti della strada dove ci sono due o tre o un gruppo di
contadinelle giovani e belloccie, corrisponde, nel campo, proprio sulla
sponda opposta del fosso, un insolito spesseggiar di soldati, i quali,
come in tutti gli uomini è costume quando sanno d'essere guardati da
una donna, si danno e nei gesti, e nel portamento, e nelle parole,
e fin nei minimi moti, fin ne' più sfuggevoli cenni, uno studio,
una ricercata scioltezza, un non so che di brioso e di spavaldo, un
qualche cosa d'insolito, insomma; e quelle contadinotte a ridere e a
ridere, e a coprirsi il volto col braccio, o a celarlo l'una dietro le
spalle dell'altra, e a sparpagliarsi ridendo, e ridendo raggrupparsi,
e a bisbigliarsi misteriose parole nell'orecchio, e qualche volta a
farsi delle carezze fra loro pel maledetto gusto, vedete le astute, le
civettuole, di fare che altri, in mirarle, si strugga di quelle carezze
e se ne roda le dita. In un punto della strada è apparsa una brigatella
di signorine, venute dalla villa là accanto, con certe vesticciuole
scarse, mi capite, sottili, bianche, rosee, azzurrine, leggerissime,
famiglia, la casa, gli amici e.... l'amorosa, tutto ciò che abbiamo di
più caro e di più sacro a questo mondo; capisci? E la coscienza di fare
il proprio dovere basta, vedi, ai bravi soldati; oh se basta! Guarda
un po' quanti soldati han tratto fuor dal fiume,--laggiù dalla parte
dove si fanno i bagni d'estate,--dei poveri disgraziati che stavan per
annegare! Ebbene, quei soldati che si son messi al rischio di morire
per salvar la vita a gente che non conoscevano nemmeno, che cosa hanno
avuto in premio? Nulla; cioè molto: la gratitudine dei salvati, e la
coscienza della loro bella azione, e questo è tutto per un galantuomo.
E i soldati che dan la caccia ai briganti? Ogni giorno ce ne muor uno;
chi lo sa ch'ei sia morto? chi lo ricorda il suo nome, fuor della gente
di casa sua? Eppure i soldati ci stan volentieri su quelle montagne,
in quei boschi, in quei burroni, a menar la maledetta vita che menano;
e perchè? Perchè sanno di fare il loro dovere. E i carabinieri, poveri
soldati anch'essi, che giran due a due per la campagna, di notte, in
mezzo ai malandrini appostati nei fossi, che tirano le schioppettate
a tradimento, non fanno anch'essi una gran dura vita i carabinieri?
Eppure, vedi come fanno di cuore il loro dovere! Così le sentinelle; la
stessa cosa. Di notte, in queste notti qua, chi le vede le sentinelle
avviluppate ne' loro mantelli, rannicchiate in fondo ai loro casotti,
immobili, silenziose; chi le vede, chi le sente, chi sa ch'elle vi
siano, chi pensa a loro, chi se ne cura? Eppure la sentinella deve star
là ferma al suo posto, di buon grado, senza malinconie, senza triste
fantasticaggini pel capo, e pensare:--Tutti dormono, io solo veglio;
ma veglio sul sonno di tutti; se non vi fossero sentinelle, nessuno
dormirebbe dalla paura. Il mio piccolo casotto protegge i più vasti
palagi; dappertutto ove si canta e si suona e si fa del baccano, lo si
fa senza pensieri e senza sospetti perchè io taccio e vigilo e tendo
l'orecchio per tutti; il mio rozzo mantello protegge le vesti di seta
e di velluto delle signore che vanno ai balli; quest'ombra protegge
quella luce; il mio silenzio, quei suoni. Dal sentimento di queste
grandi verità, a cui non si suole pensare, a cui molti non hanno mai
pensato, ma che pur si dovrebbero tener sempre vive nella mente e nel
cuore, dal sentimento di queste verità deve trar conforto il soldato,
e capire che in questo sentimento risiede il più bel premio dei suoi
sacrifici e delle sue virtù. Sei persuaso?
--Oh sì, tenente.--
La sua voce aveva tremato; era venuta dal cuore, e aveva trovato un
intoppo a mezza gola; me ne accorsi; proseguii:
--E dopo che per cinque anni, per cinque lunghi anni, s'è fatto, tutti
i giorni, tutte le ore, tutti i minuti, sacrificio della propria
volontà, dei propri desiderii, degli affetti, delle abitudini, dei
pensieri, di tutto, insomma, sagrificio di tutto al proprio dovere,
alla propria bandiera, a quei tre bei colori che noi dobbiamo aver cari
più di noi stessi, più della vita, più di ogni cosa al mondo; quando
dopo cinque anni passati così, il paese ti dice: Ora basta, hai fatto
il dover tuo, restituiscimi quel fucile con cui m'hai difeso l'onore e
la vita, e vattene a casa, chè tua madre t'aspetta, e le tue sorelle ti
vogliono, e v'ha un'altra donna che la sera, affacciata alla finestra,
guarda lungamente all'estremità lontana della via per cui dovrai
ritornare; oh allora, credilo buon ragazzo, il poter ritornare fra le
braccia della vecchia mamma colla coscienza di essere stato un bravo
soldato, il poter tornare là sotto quel povero tetto colla fronte alta
e col callo del fucile alle mani, credilo, è una felicità che non n'ha
uguali sulla terra. Lo credi?
--....Signor tenente!
--E tornati a casa, la sera, quando splende una bella luna, si
ricomincia a ballar sull'aia, come una volta, chè quelli sono i balli
che ci piacciono di più, non è vero?
Non rispondeva,
--Dico bene sì o no?
--Oh sì! sì!--proruppe quel povero soldato con una voce di cui mi
sarebbe impossibile esprimere l'accento, ma che mi suona ancora
nell'anima, come l'avessi udita pur ora;--oh sì che dice bene, signor
tenente! Sicuro.... sicu....
Sapete perchè s'interruppe? Perchè, intenerito, agitato com'era, mosso
unicamente dall'affetto, che so io? dalla gratitudine per le mie
fraterne parole, il buon giovane dimenticò per un istante che io era un
ufficiale, che egli era un povero coscritto, e aveva steso un braccio
verso di me; ma, ravvedutosi, l'aveva subito ritirato, non sì a tempo
però che colla mano distesa non mi lambisse leggermente la manica del
cappotto.
--Eh!.... io esclamai.
Si vergognò, si confuse, e, mormorando timidamente non so quali parole
di scusa, si rintanò in fondo al casotto. Mi parve di sentir ch'ei
respirasse con molto affanno. Forse piangeva.
Mi allontanai di là che il cuore mi tremava di tenerezza. Io mi sentiva
tanto contento di me! Guardai in su alle finestre illuminate; tornai a
sentire la musica a cui da un pezzo non avea più badato; mi internai
colla mente in quella sala.... Poh, erano tutte immagini sbiadite.
Povera gioia codesta, io pensai, in confronto della mia.
IL CAMPO.
Un bel prato, piano, vasto, rettangolare, limitato ai quattro lati da
un fosso e da una siepe, e folto d'erba e tempestato di margheritine.
Al di là del fosso, dall'un dei lati, un fitto bosco di gelsi, di
quercioli, di marruche, e più oltre, sporgente al di sopra di quella
macchia, una collinetta a lento declive, bassa, verde e sparsa
d'alberi e di casicciuole bianche. A mezzo della china, un gruppo
di case più alte e d'aspetto più cittadino, e un campanile alto e
leggero. Intorno intorno certi palazzotti azzurri e rossastri, e
poggetti fioriti, e lunghi filari di pini, e gruppi di salici, e viali
sabbiosi, serpeggianti, intersecati; e qua e là statuette candide e
zampilli d'acqua mezzo nascosi fra gli alberi e i cespugli. Dinanzi a
quel prato, lungo il lato opposto al bosco, corre una strada larga e
rilevata, e gira intorno al folto degli alberi, e ascende, su per la
collina, al villaggio. In quel prato ha posto le tende un reggimento.
Poniamoci su quella strada e guardiamo quel campo. Cominciando a venti
passi dal fosso, fino all'opposto limite del prato, otto lunghi ordini
di tende, gli uni agli altri paralleli, e divisi da uno spazio di una
diecina di passi. Per ogni ordine un cento di tende; tre soldati per
tenda, trecento soldati per serie, due mila quattro cento, o poco
meno, fra tutti; un reggimento. Le tele nette, tese; le cordicelle
fisse nel suolo sur una linea retta; gli intervalli uguali; tutto
in ordine, tutto appuntino; un campo fatto a pennello. Di rimpetto
all'apertura delle tende, e sul di dietro, e sui lati, capannucci e
tettarelli di frasche,--le hanno rubate agli alberi di quella povera
campagna circostante, e il colonnello è andato in collera!--e legate ai
rami, come ad archi di trionfo, ghirlande penzolanti di rosolacci e di
pannocchiette intrecciate. Qua e là, in cima a una canna confitta nel
suolo, sventola qualche cencio di bandiera, fatta d'una cravatta rossa,
d'un lembo di camicia e d'un fazzoletto turchino, che si dà l'aria di
verde. Dentro le tende, una confusione di paglia, di panni, di zaini,
di cencerelli, di giberne, di canne di fucile e di baionette. Tra tenda
e tenda funicelle tese, su cui sono sciorinate quelle certe mezze
mutande, che dovrebbero giungere fino alla noce del piede sulle gambe
supposte dal governo; ma giungono solamente fino al ginocchio sulle
gambe dei soldati come li ha fatti la mamma.
A destra di tutte codeste tende, in senso parallelo al lato più corto
del campo, una serie d'altre tende, ma di forma conica, e più alte,
più capaci, più tese, fatte più ammodo, le tende degli uffiziali; da
quella del colonnello, che è la più vicina alla via, giù giù fino a
quella degli uffiziali della compagnia estrema. Più a destra, in senso
parallelo a codeste tende, lungo il fosso divisorio, una lunga fila
di carri sopraccarichi di casse, cassette e bauli e involti e cento
oggetti svariati; dietro l'ultimo carro, nell'ultimo angolo del prato,
una schiera di cavalli e di muli legati ai tronchi degli alberi. Lungo
il lato opposto,--il lato sinistro,--una sterminata sequela di marmitte
nere, disposte in gruppi ad intervalli uguali, e tra gruppo e gruppo
fornelletti di sassi e di mattoni accatastati, e mucchi di cenere, e
rimasugli di tizzoni spenti, di stipe e di fuscelli sparpagliati. Al di
là del fosso, alberetti distesi a terra, schiantati e scapezzati; siepi
sforacchiate; solchi calpestati e disfatti; tutti i segni d'un vasto
saccheggio. Uh il colonnello! com'è andato in collera!
Un ponticello di legno, fatto lì per lì, con due tronchi d'albero e
poche assicelle, unisce il campo alla via. Accanto al ponte, dentro il
campo, lungo la sponda del fosso, dieci o dodici tende isolate; in esse
i prigionieri coi ferri. Sul ponte una sentinella; un'altra dinanzi a
quelle tende; una serie d'altre intorno al campo nei punti d'uscita.
Tal'è il campo.
Cadeva il sole; era una bellissima sera di luglio; il cielo
mirabilmente limpido, la campagna ancor umida e fresca d'una pioggia
recente, e quel boschetto oscuro, quella bella collina verde, quelle
ville, quel paesello ancora dorato da uno sprazzo di sole....; stupendo
il luogo, stupenda l'ora.
Pel reggimento era un'ora di riposo, di svago e di festa. Tutti erano
in moto. La più parte, in maniche di camicia e in calzoni di tela,
girandolavano per tutte le parti del campo, scompagnati, a coppie, a
brigatelle; alcuni giacevan seduti o sdraiati in gruppi, o correvano
in giro inseguendosi l'un l'altro come gli scolaretti nel cortile del
collegio; altri giocavano alle murielle co' sassi; altri tiravano
di scherma co' bastoni in mezzo ad un cerchio di spettatori; altri,
teso uno spago fra due tende, saltavano a scommessa fra due ali di
ammiratori affollati; altri, seduti sulla sponda del fosso, attorno a
un cencio di tovagliolo steso sull'erba, divoravano quattro foglie di
lattuga fra amici, sbocconcellando un po' di pan bianco (di quello
che mangiano gli ufficiali, capite); altri stavan seduti a cavalcioni
delle sbarre dei carri a fumarsela in santa pace; altri, vestiti di
certe giubbe di tela cadenti a brani, a cui non restava di bianco altro
che il passato, si affaccendavano attorno ai fornelli e alle marmitte
spezzando col ginocchio e ammonticchiando rami, stoppie e fuscelli per
la cucina; e in ogni parte si levava un gridìo, un frastuono misto
d'urli e di canti e, un mormorìo continuo e diffuso.
Quanti bei quadri, chi li sapesse ritrarre con pennello fedele!
Là in fondo al campo, nel mezzo del lato opposto alla via, il
vivandiere ha disposto i suoi tre carri a foggia di tre lati d'un
trapezio, l'apertura volta verso il campo; ha disteso una tenda
rappezzata e lacera fra i due carri laterali, ha rizzato in piè due
o tre tavole, e due o tre pancaccie nere e squilibrate; ha posata
un'imposta d'armadio sopra le due botti più alte, e n'ha fatto un
banco; gli ha messo dietro la botte più larga e v'ha allogata sopra la
moglie; ha teso fra due raggi di ruota una cordicella unta e bisunta
e ci ha appesi certi così lunghi, neri, crostosi, che vorrebbero dare
ad intendere d'essere salami masticabili e ingoiabili senza pericolo
di morte; ha messo in vista, per eccitare la ghiottoneria dei soldati,
un paio di cestelle degli erbaggi migliori, un gran piatto di polli
spennacchiati e macilenti, un gran pezzo di carnaccia cruda, e una
filatessa di fiaschi, di bottiglie e bicchieri, e sigari pregni d'olio
e fogli di carta da lettera odorati di chi sa che, e poi:--Avanti,
ragazzi! Qui si mangia da crepare--Può darsi.
Le panche son tutte ingombre; le tavole coperte di bottiglie e di
bicchieri; si gioca alla mora, si canta, si grida, si zufola, si
strepita; i bicchieri di tratto in tratto danno un gran tentennio e
cozzano l'un contro l'altro, e il vivandiere si volge:--Che facciamo
laggiù?--Comparisce un uffiziale, silenzio profondo; sparisce, daccapo
il baccano. Intanto, nel passaggio aperto fra le tavole si forma una
calca di due processioni opposte, di chi viene col gamellino a tor del
vino, e di chi se ne va col gamellino ricolmo gridando:--Largo!--e
bestemmiando e imprecando il malanno a chi non cede il passo e glie
ne fa traboccare una stilla. Attorno alla vivandiera s'è già formato
un cerchiolino di caporalotti; quello della terza compagnia, fra
gli altri, che è così bellino e così sfacciatello; e il marito lo
sa, e non tralascia di lanciargli certe occhiate di sotto in su che
paiono sassate; e la vivandiera non manca di far gli occhiolini
soavi ai suoi prediletti; e il marito vorrebbe protestare; ma gli
affari della bottega vanno bene, e -questo si deve anche un po'
alle moine di quella briccona.--Chiudiamo un occhio, egli pensa,
finchè vengono i quattrini.--Un soldato s'avvicina al banco.--Che
cosa vuoi?--Un bicchierino di rum.--Eccolo, paga.--To', e porge un
biglietto.--Non cambio io; non ho quattrini.--E io come faccio?--Oh
bella, ingegnati.--E il povero soldato se ne riman lì, grullo, confuso,
a stropicciare il biglietto colle dita, a sogguardare il bicchierino
con un visaccio imbronciato. Poi s'allontana lentamente:--Noi ci pagano
colla carta, noi; e dire che la moneta c'è! Ma se la intascano tutta
quelli che vanno a cavallo.--
Cinquanta passi più in qua, un altro quadro. È un capitano che radunò
una cinquantina di soldati della sua compagnia, quanti gli venne fatto
di trovarne là attorno, li ha disposti in circolo, e, dopo detto che il
dì vegnente s'avrà da camminar di molto e che il primo che rimarrà a
mezza via ei lo farà mettere ai ferri corti, fece recare in mezzo una
botticella di vino, e, adocchiato un de' soldati più lesti:--A te,
gli disse, via lo zipolo e mesci.--Tutti gli si fanno addosso tendendo
gamellini, borraccie e bicchieri.--Un momento, per Dio; levatevi di lì,
fatevi indietro, aspettate.--Tutti si ritraggono indietro. E mentre
il soldato s'adopra a sturare la botticella ingegnandosi coll'ugne e
colla punta della baionetta, e il capitano sta là curvo colle mani
appoggiate sulle ginocchia a sorvegliare l'operazione, tutti gli altri,
ritrattisi indietro, smozzicano fra' denti delle risate di gusto, e si
stropicciano le mani piegando e stringendo le ginocchia e inarcando la
schiena, e si fan l'un l'altro certi segni taciti, certi visi, certe
smorfie buffonesche, e si toccano l'un l'altro col gomito accennandosi
col capo e con un chiuder di occhi furbesco quell'insolito apparato,
e si passano il rovescio della mano sulla bocca come per prepararla
a gustare intera la voluttà di quel nettare senz'altro umore profano
sul labbro, e si scambiano dei pizzicotti furtivi, e si fregano
l'un l'altro spalla contro spalla, e ad un tratto--il capitano s'è
vôlto--tutti dritti, fermi, duri, seri, tanto per non parere che van
pazzi per due goccie di vino. Il capitano fa cenno che si accostino;
essi s'accalcano; lo zipolo è tolto; una grossa vena porporina,
gorgogliando, prorompe; dieci gamellini stan sotto a raccoglierla;
dopo questi dieci altri, e poi altri dieci, e via così. E giù, in
corpo, a ondate.--Tocchiamo? domanda una voce. Tocchiamo! rispondono
venti altre. I gamellini si levano al di sopra delle teste, si movono,
girano e rigirano, si urtano, il vino trabocca e si sparge sulle teste,
sulle faccie, sulle mani e colora giubbe e farsetti, e sgocciola
dappertutto; ma che monta? Viva l'allegria, viva il sor capitano!
esclama a mezza voce uno dei più arditi già mezzo convinto di aver
fatto una corbelleria.--Viva! rispondono gli altri in coro.--Tacete,
per Dio! grida impetuosamente il capitano, non riuscendo però a celare
sotto quella collera affettata tutto l'intimo compiacimento;--avete
perduta la testa? Scioglietevi!--La brigata si sparpaglia di corsa in
tutte le direzioni. Ma altri soldati, che hanno avuto sentore di quel
po' di festicciola accorrono. Tardi però; la botticella è vuota, e la
borsa del capitano è chiusa. E i nuovi accorsi gironzano là attorno,
sogguardano alla sfuggita, fanno, come suol dirsi, gli indiani, e
voltano gli occhi in su a contemplare le nuvole, e dan della punta
del piede ne' sassolini, e sbadigliano sforzatamente; invano; il
capitano non li vede, si allontana; ogni speranza è morta. Dunque,
tanto vale far gli allegri; i nuovi venuti tornano là donde partirono,
canterellando con quella voce agra e stentata, che pare ci voglia
morire a mezza gola, quando abbiamo in cuore la stizza, e la vogliamo e
non la possiamo dissimulare.
Ora guardiamo in un altro punto, laggiù, nell'angolo estremo.
Lunghesso quel tratto del campo corre un canaletto largo un tre o
quattro metri o giù di lì, e in esso un'acquarella fonda un par di
palmi, tra due sponde molli e sdrucciolevoli. Sur una di quelle sponde
parte giacciono e parte vagano a diporto i soldati della compagnia
attendata là presso. All'improvviso da un crocchio d'uffiziali ritti
sulla sponda opposta s'alza una voce:--Una lira da guadagnare! Chi
salta questo fosso, eccola qua.--E di mezzo al crocchio si leva
un braccia con una moneta in mano. Tutti si volgono, e corrono da
quella parte. Io--Io--Io--Anch'io--Anche noi--Anche noi altri. Un
ufficiale:--Vediamo. Schieratevi là.--E fa cenno colla mano. La folla
gli volge le spalle, accorre confusamente a venti passi dalla sponda,
si arresta, si volge indietro, si schiera, si dispone in semicerchio,
i più animosi al centro, i più poltroni alle ali; tre o quattro del
mezzo si disputano coi gomiti la precedenza del posto, uno finalmente
la vince, pianta il piè sinistro innanzi, inclina la persona addietro,
misura coll'occhio il terreno, si alza in punta de' piedi a guardare
il fosso, pensa, esita, si volge al vicino:--Salta prima tu.--Un uh!
di vergogna si alza da tutte le parti.--Il vicino esita anch'esso,
due o tre altri si ricusano.--Largo, largo, che salterò io, sclama un
nuovo arrivato aprendosi un varco a furia di spintoni e di pugni. Gli
si fa largo, viene avanti, si mette in pronto, si dondola avanti e
indietro, avanti e indietro, adocchia il fosso, adocchia il terreno....
è partito. Divora lo spazio interposto, e sull'orlo--forza--bravo, è
al di là, piantato sul piede destro, col sinistro in aria e le braccia
alzate. La lira è sua; via subito a tracannarne un sorso. La gara
è accesa; un altro saltatore s'è slanciato; un'altra lira è vinta.
Un terzo parte: oh com'è fiacco! Giunge sull'orlo, spicca il salto,
ahi! giù, dentro, lungo e disteso; acqua in faccia a tutti. Un urlo
prolungato, sgangherato, erompe da tutte le bocche e finisce in una
risata dai precordi, accompagnata da un fragoroso batter di mani.
Il poveretto è salito a stento sulla sponda, tutto fradicio, tutto
stillante, coi capelli sparsi e attaccati a ciocche sulle orecchie
e sul viso, coi calzoni raggrinzati sulle gambe, colle braccia
penzoloni... Ma gli uffiziali si muovono a pietà.--Un bicchier di vino
a questo povero diavolo!--esclama l'un d'essi. E la faccia del povero
diavolo si rasserena.
E i crocchi de' cantatori? Oh quanti! Uno qui, uno là, un altro più
in giù. Attorno alle tende, sotto gli alberi, a cinque, a dieci, a
venti assieme. Questi gorgheggiano una romanza patetica con tanto
di muso duro; quegli altri brilli a mezzo, con cert'occhi lustri e
certe cere imbambolate, schiamazzano una canzonaccia da baccanale,
sollevando con tutt'e due le mani un gamellino ad ogni ripresa di
strofa, e cacciandovi la testa dentro e tracannandone il vinaccio a
lunghi sorsi; e poi un agitar di berretti a dimostrazione di gioia,
e un battersi reciproco delle palme sul dorso, e un gridare acuto e
ringhioso: Evviva la biondaaa! con certi ghigni, con un cerio scimiesco
raggrinzar di naso, con certi atteggiamenti di satiri. Intorno ai cori
dalle voci più armoniose e concordi, un piccolo circolo di spettatori,
e in mezzo a que' cori un direttore che segna la cadenza col dito,
e fa vergogna a chi stona, e piglia la sua parte sul serio e fa un
viso tutto modesto girando l'occhio intorno all'uditorio che si va
ingrossando.
Ma vi son pure i solitari, i malinconici, che vanno lungi da quel
baccano, da quella festa, e a cui la musica e le grida, anche udite
fiocamente da lontano, fanno tristezza e dispetto. Essi vagano nelle
parti deserte del campo, o stan seduti sull'orlo dei fossi, coi piedi
a fior d'acqua, turbando con una verghetta di salice le sabbie e i
sassolini del fondo; o se ne stanno sdraiati traversalmente dinanzi
all'apertura della tenda, colla pipa spenta fra le dita, un gomito
appoggiato a terra, la faccia nella palma della mano e lo sguardo
estatico su quei bei nuvolotti colorati di fiamma viva dal sole
caduto. Corrono cogli occhi la cresta di que' monti e pensano a che ci
abbia ad essere al di dietro: pianura; e poi? altri monti; e dietro a
questi? un'altra volta piano; e avanti, avanti, per monti, per valli
e per piani sconosciuti, immaginando, immaginando, finchè avvertono
d'improvviso le note e care vette del proprio paese, e contemplano con
un misto di tenerezza e di accoramento quel tramonto di sole che non
han più veduto da tanto tempo. Poi, ad un tratto si scuotono, girano
gli occhi all'intorno, par che s'accorgano in quel punto per la prima
volta dove sono e in mezzo a chi sono, mandano un sospirone, danno
una crollatina di capo come per cacciare quel po' di malinconia che
comincia a farsi posto nel cuore, si rizzano in piedi, e via, di corsa,
a imbrancarsi cogli altri, a fare il chiasso, che tanto struggersi il
cuore per cose che non han rimedio non mette conto.
Ma non tutti quei solitari mutano pensiero; molti dei soldati più
giovani, taluni dei più vecchi restan là tutta la sera, a pensare, a
pensare, strappando ad uno ad uno i fili d'erba d'intorno. Alcuni,
seduti colle gambe incrocicchiate a mo' di turchi, vanno strofinando
con un cencio la baionetta, o rammendano i panni, o attendono a qualche
altra faccenduola, accompagnando il lavoro con un canterellar lento,
monotono, mesto il più delle volte ne' pensieri e nelle note. Altri dan
di piglio allo zaino, vi spiegan sopra un foglio di carta con suvvi
dipinto un soldatino in atto di partire per la guerra, o un gran core
passato d'una gran freccia; si stendono a terra bocconi, e tirano fuori
un mozzicone di penna rugginosa, e pigiano e rimestano la spugnetta
filosa d'un calamaro risecchito, e, dopo aver guardato più volte la
punta di ricontro alla luce e averla premuta più volte sull'ugna e aver
passato e ripassato sul foglio la palma della mano e soffiatovi su
ritraendo e allungando il collo a più riprese, scarabocchiano di gran
paroloni storti e tiran giù di grandi aste serpeggianti, volgendo a
volta a volta la faccia in su come per domandar al cielo l'ispirazione
di quella tal parola, di quella tal frase che non ricordano più, ma
che hanno letta di sicuro, lo giurerebbero, l'hanno letta in un libro
stampato, non san più quale. Come i soldati così v'hanno gli uffiziali
dall'umor triste e dall'animo repugnante alle gioie chiassose, i quali,
o stanno seduti a cavalcioni delle loro cassette, dinanzi alla tenda,
con un libro in mano, od errano negli angoli romiti del campo, in mezzo
a quei soldati.--A chi scrivi? domanda un uffiziale, soffermandosi
dietro a un soldato che scrive. A casa scrivi?--Sissignore, risponde
questi puntando in terra il ginocchio per rizzarsi in piedi.--No, no,
sta pure; tira innanzi. È tanto tempo che impari?--Quattro mesi.--Fa'
vedere. Non c'è male. Bravo.--E va oltre. Si sofferma dietro a un
altro:--E tu a chi scrivi, a tuo padre?--Il soldato accenna di no,
sorridendo.--A chi dunque, alla mamma?--Neppure.--A chi?...--Il
soldato segue a ridere, piega la testa contro la spalla e con una
mano aperta finge di giocherellare attorno al foglio per celarne
la prima parola.--...Ho capito, briccone.--E quei due soldati sono
contenti; una parola bastò a metterli di buon umore; forse, più tardi,
s'imbrancheranno a ballare anch'essi; e costa così poco una parola!
Guardate un po' sulla via, guardate chi giunge. Be', mi direte, un
furiere che reca una borsa a tracolla, e con ciò? Aspettate. Aspettate
che quell'uomo abbia posto piede nel campo, che qualcuno l'abbia
scorto, che sia passata la voce della sua venuta, e vedrete, nel campo,
che rimescolamento, che scompiglio, che clamori. Eccolo, egli entra, e
si dirige a passi celeri e furtivi, guardando attorno sospettosamente,
verso la tenda; cerca di passare inosservato per cacciarsi un momento
là sotto a porre un po' di sesto in quel guazzabuglio di carte, chè se
no sarà un vero rompitesta a distribuirle. Ma invano. Un soldato lo
scorge, si volge ai compagni e dà un grido di gioia: Lettere!--Lettere?
si domanda all'intorno accorrendo e cercando cogli occhi qua e
là. Dov'è? Dov'è?--È andato per di qua--No, per di lì--Ah, eccolo
là.--Tutti si slanciano là. Intanto la novella è volata fino ai limiti
estremi dei campo; da tutti i crocchi dei soldati se ne staccano
ad un punto due, tre, quattro, e via di corsa, e corri, e corri,
su, su, a chi giunge il primo, a chi carpisce il primo la lettera
sperata..... Ma sì! il povero porta-lettere è già circondato, avvolto,
pigiato, soffocato da una folla irrequieta e impaziente che agita in
alto le braccia e tende le mani, e lo assorda con un ronzìo di voci
supplichevoli, insistenti, e fluttuando fluttuando lo trasporta qua e
là alla ventura; finchè da quella densa folla di braccia levate colle
palme aperte si vanno staccando volta per volta due, tre, quattro
mani stringenti convulsamente una lettera sgualcita, e via, sotto la
tenda, a leggere in santa pace. E a poco a poco il serra-serra si
dirada, la folla si riduce ad un gruppo, qualche testardo deluso resta
ancora a insistere con voce lamentosa:--Ma per me, non c'è proprio
niente per me? È impossibile; oh Dio mio, guardi meglio; mi faccia
questo piacere.--Ma se dico che non c'è niente! Oh in nome del cielo,
lasciatemi respirare una volta.--I pochi rimasti si sparpagliano
lentamente col mento sul petto e le braccia spenzolate, e il
porta-lettere, poveretto, respira, mette un gran soffio, e asciugandosi
la fronte colla mano:--Sia lodato il cielo, è finita.
Lungo la sponda dello stradale, dalla parte del campo, una lunga
schiera di curiosi, la più parte villani; uomini, donne, fanciulli,
accorsi dal villaggio a contemplare quello spettacolo così novo e
bizzarro. I fanciulli accosciati giù per la sponda del fosso; i padri e
le madri ritti sull'orlo della via; le ragazze già grandicelle un passo
più indietro. E gli uni e gli altri ad accennarsi col dito gli svariati
episodi di quel gran quadro, e a sghignazzare del gridìo dei cantatori,
e a commiserare i prigionieri, e a prorompere in accenti di meraviglia
nel veder di que' tali salti, e a compiangere con dei:--Poveretto! si
sarà fatto male--i caduti, e a far di gran commenti sulla struttura
delle tende e gli scompartimenti del campo, e a spiegarsi l'un
coll'altro la disparità dei gradi argomentando dai galloni dei berretti
e dandosi l'un l'altro sulla voce e pigliando la stizza..... Osservate:
a tutti i punti della strada dove ci sono due o tre o un gruppo di
contadinelle giovani e belloccie, corrisponde, nel campo, proprio sulla
sponda opposta del fosso, un insolito spesseggiar di soldati, i quali,
come in tutti gli uomini è costume quando sanno d'essere guardati da
una donna, si danno e nei gesti, e nel portamento, e nelle parole,
e fin nei minimi moti, fin ne' più sfuggevoli cenni, uno studio,
una ricercata scioltezza, un non so che di brioso e di spavaldo, un
qualche cosa d'insolito, insomma; e quelle contadinotte a ridere e a
ridere, e a coprirsi il volto col braccio, o a celarlo l'una dietro le
spalle dell'altra, e a sparpagliarsi ridendo, e ridendo raggrupparsi,
e a bisbigliarsi misteriose parole nell'orecchio, e qualche volta a
farsi delle carezze fra loro pel maledetto gusto, vedete le astute, le
civettuole, di fare che altri, in mirarle, si strugga di quelle carezze
e se ne roda le dita. In un punto della strada è apparsa una brigatella
di signorine, venute dalla villa là accanto, con certe vesticciuole
scarse, mi capite, sottili, bianche, rosee, azzurrine, leggerissime,
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