La vita militare: bozzetti - 18

Total number of words is 4417
Total number of unique words is 1705
34.3 of words are in the 2000 most common words
50.7 of words are in the 5000 most common words
58.5 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
dramma, è naturale che poco badasse a quei tanti e sfuggevoli fatti
parziali di cui, benchè altamente generoso lo scopo, eran pur sempre
lievi e quasi insensibili gli effetti rispetto alla grandezza dei mali
onde egli stesso era in gran parte travagliato. Ora non è chi non
comprenda come il sentimento di ammirazione e di gratitudine che deriva
dalla notizia vaga dell'opera che prestò l'esercito a vantaggio del
paese in quell'occasione, debba essere assai meno profondo e durevole,
e l'esempio assai meno efficace, che non sarebbe ove si conoscesse il
modo con cui quell'opera fu individualmente prestata, e i sacrifizi
che costò, e i pericoli che l'accompagnarono, così da averne scolpita
l'immagine nella mente, e poter rivolgere l'ammirazione a fatti
determinati e legare la gratitudine a dei nomi. Alcuni di questi fatti
e di questi nomi ho appunto in animo di ravvivare nella memoria di
chi gli abbia scordati o non intesi mai; e m'induce a quest'opera non
tanto il pensiero della dolce ed altera compiacenza ch'io proverò,
come cittadino e come soldato, scrivendo una pagina tanto gloriosa per
l'esercito italiano, quanto il sentimento, che è in me vivissimo, di
compiere un dovere di giustizia col mettere in luce molte virtù, molti
sacrifizi dimenticati od oscuri, e, oltre a ciò, il convincimento che
non sia cosa inutile il porgere uno splendido esempio del come s'abbia
a condurre l'uomo e il cittadino di fronte alle sventure nazionali.
* * * * *
Sullo scorcio del mille ottocento sessantasei, si sperava in Italia che
il colèra, da cui molte provincie erano state invase in quell'anno,
non sarebbe ritornato nell'anno successivo. Ritornò invece, come tutti
sanno, e più fiero e più ostinato di prima, e fra tutte le provincie
italiane quella che ne patì più gravi danni fu la Sicilia, della quale
scriverò quasi esclusivamente, per riuscire più ordinato e più breve.
Nei mesi di gennaio e febbraio del sessantasette il colèra mietè
qualche vittima nelle vicinanze di Girgenti, e specialmente in
Porto Empedocle; d'onde, nel mese di marzo, si sparse per tutta la
provincia, e da questa, nell'aprile, in quella di Caltanissetta, e
crebbe poi fierissimamente in entrambe durante il mese di maggio,
favorito dai calori estivi che si fecero sentire un mese prima a
cagione della lunga siccità. Nè scemò punto nel giugno, se se ne tolga
la sola città di Caltanissetta, in cui decrebbe rapidamente; chè anzi,
nei primi giorni di quell'istesso mese, invase la provincia di Trapani,
quella di Catania, quella di Siracusa, e sul cominciar di luglio
Palermo, e sul cominciar d'agosto Messina. Intanto si era propagato per
quasi tutte l'altre provincie d'Italia, e particolarmente in quelle del
mezzogiorno, e più che in ogni altra in quella di Reggio, dove menò la
sua ultima e più spaventevole strage sul cadere dell'anno.
Fin dai primi indizi che si manifestarono nelle provincie di Girgenti
e di Caltanissetta, il generale Medici, comandante la divisione di
Palermo, quasi antivedendo il terribile corso dell'epidemia, rimise
in vigore tutte le cautele igieniche prescritte dal Ministero della
guerra nel sessantacinque; divise i corpi in un numero maggiore di
distaccamenti perchè nessuna città e nessun villaggio ne rimanessero
privi; ordinò che dappertutto si aprissero ospedali militari pei
colerosi, infermerie pei sospetti e case di convalescenza nei punti
più appartati e salubri; istituì in ogni presidio una commissione di
sorveglianza sanitaria; prescrisse nettezza rigorosa e accurate e
frequenti disinfezioni in tutte le caserme; sospese ogni movimento
di truppa dai luoghi infetti agli immuni; impose ad ogni corpo, ad
ogni distaccamento di prestarsi prontamente e largamente a qualunque
richiesta delle autorità civili per il servizio dei cordoni sanitari
e per sussidiare le guardie nazionali nella tutela della pubblica
sicurezza; ingiunse che si cercassero e si preparassero nelle vicinanze
delle città principali i luoghi più adatti ad accamparvi le truppe
nel caso che se ne fosse presentata la necessità; migliorò il vitto
dei soldati con distribuzioni quotidiane di vino e di caffè; infine
esortò gli ufficiali a preparare gli animi dei soldati a quella
vita di sacrifizi, di pericoli e di stenti che ciascuno in cuor suo
già presentiva ed aspettava coll'animo rassegnato e fortificato
dall'esperienza dell'anno antecedente. Altrettali provvedimenti
prendevano nello stesso tempo la più parte dei comandanti divisionali
dell'altre provincie italiane, e dappertutto si allestivano ospedali,
si disinfettavano caserme, ed era un affaccendarsi continuo di medici e
d'ufficiali, un continuo dare e ricever ordini, un insolito rimescolìo
d'uomini e di cose come all'aprirsi d'una guerra; in una parola, quella
viva agitazione degli animi che suol precedere i grandi avvenimenti, e
che ognuno esprime così bene a se stesso colle parole:--Ci siamo!
Ma per quanto fossero disposti a fare pel bene del paese l'esercito
e i cittadini animosi ed onesti, tre grandi forze nemiche dovevano
rendere per molta parte e per lungo tempo inefficace l'opera loro:
la superstizione, la paura, la miseria, assidue compagne della morìa
presso tutti i popoli e in tutti i tempi.
Nel maggior numero dei paesi, e particolarmente nei più piccoli, i
sindaci e molti altri pubblici officiali abbandonavano il proprio posto
al primo apparir del colèra, e da qualche paese disertavano tutti ad un
tempo colle famiglie e gli averi. I ricchi, gli agiati, tutti coloro
che avrebbero potuto soccorrere più efficacemente le plebi, fuggivano
dalla città e si rifugiavano nelle ville. In pochi giorni tutte le case
della campagna erano ingombre di cittadini fuggiaschi, e non solo di
ricchi, ma di chiunque possedesse tanto da poter vivere qualche giorno
senza lavorare, e prendere a pigione, anche a costo di gravissimi
sacrifici, un abituro, una capanna, un qualunque bugigattolo, pur che
fosse lontano dalla città e appartato, quanto era possibile, da ogni
abitazione.
Abbandonata a se stessa e impaurita dall'altrui paura e dalla
solitudine in cui veniva lasciata, la povera gente fuggiva anch'essa
ed errava a frotte per la campagna, traendo miseramente la vita fra i
languori della fame. Il generale terrore veniva accresciuto dal ricordo
delle grandi sventure patite negli anni andati; se ne predicevano, come
sempre accade, delle peggiori; si reputavano già tali fin dal loro
cominciamento; in ciascuna provincia si esageravano favolosamente le
stragi delle altre; in campagna si narravano orrori della morìa delle
città; in città, altrettanto della campagna.
Come si trovasse ridotta la popolazione che rimaneva ne' paesi
è facile immaginarlo. Tranne poche città, essendo dappertutto
abbandonate o disordinate le amministrazioni comunali, si trascuravano
i provvedimenti igienici di più imperiosa necessità. Talora le
popolazioni, reputando fermamente che quei provvedimenti fossero
inutili, ricusavano di prestarvi l'opera propria, senza la quale
essi riuscivano inefficaci, per quanto fosse il buon volere delle
Autorità e lo zelo dei pochi cittadini che pensavano ed operavano
dirittamente. S'aggiunga che molti paesi erano rimasti senza medici,
senza farmacisti, e tutti poi, anche i più grandi, erano desolati
dalla miseria che la carestia dell'anno precedente aveva prodotto, e
lo scarso ricolto di quell'anno, e l'enorme mortalità avvenuta negli
armenti, accresciuto. Falliti gran parte dei negozianti; sospesa la
costruzione delle strade ferrate; interrotte molte opere pubbliche
provinciali e comunali; molte fabbriche chiuse; gli operai senza
lavoro; serrate dapprima le botteghe di oggetti di lusso, da ultimo
moltissime delle più necessarie; le officine abbandonate; centinaia di
famiglie ridotte a non vivere d'altro che d'erbe e di fichi d'India; in
ogni parte la fame, lo scoraggiamento e lo squallore.
Per colmo di sventura si propagava ogni di più e metteva radici
profonde nel popolo l'antica superstizione che il colèra fosse effetto
di veleni sparsi per ordine del governo, che il volgo di gran parte
dei paesi del mezzogiorno, per uso contratto sotto l'oppressione
del governo cessato, tiene in conto d'un nemico continuamente e
nascostamente inteso a fargli danno per necessità di sua conservazione.
In Sicilia, codesta superstizione era avvalorata dal convincimento che
il governo si volesse vendicare della ribellione del settembre, e però
una gran parte delle misure sanitarie prese dalle Autorità governative
incontravano nella plebe un'opposizione accanita, ogni provvedimento
aveva il colore d'un attentato, in ogni ordine si sospettava una mira
scellerata, da ogni menomo indizio si traeva argomento a conferma del
veneficio, in ogni nonnulla se ne vedeva una prova. Gli ospedali, le
disinfezioni, le visite dei pubblici officiali, tutto era oggetto di
diffidenza, di paura, di abborrimento. I poveri non si risolvevano a
lasciarsi trasportare negli spedali che nei momenti estremi, quando
ogni cura riusciva inefficace. Morivano la più parte, e per ciò appunto
si credeva più fermamente dal volgo che le medicine fossero veleni, e
i medici assassini. Preferivano morire abbandonati, senza soccorsi,
senza conforti. Non credevano al contagio, e però abitavano insieme
alla rinfusa sani ed infermi, famiglie numerose in angusti e immondi
abituri, terribili focolari di pestilenza. Occultavano i cadaveri
per non esser posti in isolamento, o perchè ripugnavano dal vederli
seppelliti nei campisanti, non nelle chiese com'è la costumanza di
molti paesi; o per la stolta opinione che sovente gli attaccati dal
colèra paiano, ma non siano morti davvero, e rinvengano dopo qualche
tempo. Si poneva ogni cura a deludere le ricerche delle Autorità.
Spesso si resisteva colla forza agli agenti pubblici che venivano per
trarre dalle case i cadaveri corrotti; si gettavano questi cadaveri
nei pozzi, si sotterravano segretamente nell'interno delle case. In
alcuni paesi, per trascuranza delle Autorità o per difetto di gente
che si volesse prestare al pietoso ufficio, i cadaveri, comunque non
contesi dai parenti, si lasciavano più giorni abbandonati nelle case,
o venivano gettati e lasciati scoperti nei cimiteri, o si ricoprivano
di poche palate di terra, così che intorno intorno ne riusciva
ammorbata l'atmosfera, e non si trovava più chi volesse avvicinarsi
a que' luoghi, e bisognava scegliere altri terreni alle sepolture.
I pregiudizi volgari venivano segretamente fomentati dai borbonici
e dai clericali. Eran sospetti di veneficio tutti gli agenti della
forza pubblica, i carabinieri, i soldati, i percettori delle dogane,
gli officiali governativi. In alcuni paesi della Sicilia era sospetto
di avvelenamento qualunque italiano del continente; in qualche luogo
tutti indistintamente gli stranieri erano sospetti. Si spargevano e si
affiggevano per le vie proclami sediziosi, eccitanti alla vendetta ed
al sangue. Tratto tratto le popolazioni armate di falci, di picche, di
fucili, si assembravano, percorrevano tumultuosamente le vie del paese
cercando a morte gli avvelenatori; minacciavano o assalivano le caserme
dei carabinieri e dei soldati; irrompevano nelle case dei medici, e le
mettevano a sacco; si gettavano nelle farmacie e vi distruggevano e
disperdevano ogni cosa; invadevano l'ufficio del comune, laceravano la
bandiera nazionale, abbruciavano i registri e le carte; costringevano
le guardie nazionali a batter con loro la campagna in traccia degli
avvelenatori; andavano a cercarli nelle case; credevano d'averli
rinvenuti, li costringevano coi pugnali alla gola a immaginare e
confessare dei complici, li trucidavano, ne straziavano i cadaveri e
li abbruciavano nelle vie e nelle piazze del paese. Intere famiglie,
accusate di veneficio, venivano improvvisamente aggredite di notte da
turbe di popolani, e vecchi, donne, bambini cadevano sgozzati gli uni
ai piedi degli altri senza aver tempo di scolparsi o di supplicare; si
ardevano le case e se ne disperdevano le rovine. A Via Grande, a Bel
passo, a Gangi, a Menfi, a Monreale, a Rossano, a Morano, a Frassineto,
a Porcile, nel Potentino, nell'Avellinese, in cento altri luoghi,
continui assembramenti e ribellioni e delitti orrendi di sangue.
Ogni giorno il popolo trovava una pietra, un cencio, un oggetto
qualsiasi, che credeva intriso di veleno. Si recava in folla dal
sindaco portando l'oggetto avvelenato, faceva venir medici e farmacisti
a sperimentarlo, e voleva che i resultati dell'esperimento fossero
com'ei riteneva che dovessero essere, o dava in minaccio e in violenze.
In alcuni paesi la forsennatezza del volgo era giunta a tal segno, che
gran parte dei cittadini, dal continuo pericolo di venir accusati come
avvelenatori ed uccisi, s'eran trovati costretti a barricarsi in casa
con qualche provvisione di cibo, vivendo così nascosti e rinchiusi come
prigionieri. Ciò destava più forti i sospetti, si assalivan le case, ne
seguiva una lotta. Nei luoghi e ne' giorni in cui per la mitezza del
morbo il volgo era meno brutalmente feroce, gli accusati di veneficio
eran soltanto vituperati e percossi, e poi trascinati, lordi di sangue,
al cospetto del sindaco. Alle volte i funzionari municipali, impauriti
dall'esasperazione della folla, non ardivano tentar di distorla dai
suoi propositi di sangue ed esortarla a risparmiare quegli infelici,
e rispondevano, come fecero nel villaggio di San Nicola, che «se ciò
che ne facesse pareva più opportuno.» E la risposta non era ancor detta
intera, che quegli sventurati giacevano a terra immersi nel sangue,
e non serbavano più traccia di sembianza umana. I municipi, dove se
ne eccettuino quei delle città principali, minacciati com'erano e
violentati ogni giorno, avevan perduto ogni autorità, e riuscivano
impotenti a mettere in atto le misure più rigorosamente necessarie
alla pubblica sanità; chè anzi erano costretti a prevenire e compiere
ogni desiderio o volere della plebe, a fine di evitare più deplorabili
danni. Dapprima il popolo imponeva che non si lasciasse entrare in
paese anima viva, e il municipio stabiliva un rigoroso cordone attorno
al paese, e ogni commercio cessava; ma appena si cominciavano a
risentire i danni di questa cessazione di commercio, il popolo voleva
che il cordone fosse tolto; rincrudiva il morbo, e un'altra volta si
doveva porre il cordone. E lo stesso accadeva per tutti gli altri
provvedimenti, ora voluti, ora disvoluti, secondo che la morìa cresceva
o descresceva, secondo che la stravolta fantasia del volgo, per il
vario manifestarsi di qualche indizio supposto, li reputava salutari o
venefici.
Insomma ogni cosa era sossopra; in ogni luogo un desolante spettacolo
di miseria e di spavento; le campagne corse da turbe d'accattoni e
sparse d'infermi abbandonati e di cadaveri; i villaggi mezzo spopolati;
nelle città cessata ogni frequenza di popolo, deserto ogni luogo di
pubblico ritrovo, spento in ogni parte lo strepito allegro della vita
operaia, le strade quasi deserte, le porte e le finestre in lunghissimi
tratti sbarrate, l'aria impregnata del puzzo nauseabondo delle materie
disinfettanti di cui le strade erano sparse; da per tutto un silenzio
cupo, o un interrotto rammarichìo di poveri e d'infermi, o guai di
moribondi o grida di popolo sedizioso. A tale si trovaron ridotte le
popolazioni di molte provincie della Sicilia e del basso Napoletano, e
fors'anco il quadro ch'io n'ho fatto non ritrae che assai pallidamente
i terribili colori della verità.
Ma il sentimento doloroso che ci si desta in cuore alla memoria di
quei giorni funesti, più che dalla notizia degl'immensi danni che il
colèra produsse, vien forse dal pensare come la parte maggiore di
cedesti danni sia derivata dall'ignoranza quasi selvaggia dei volghi,
e in generale dalla pochezza d'animo dei cittadini di tutte le classi.
L'effetto più sconsolante, quantunque non inutile, di codesta sventura
del colèra, è forse stato quello di averci mostrato che nella via della
civiltà siamo assai più addietro che non si soglia pensare, e che il
cammino che resta a farsi è assai più lungo che non paresse dapprima, e
che bisogna procedere più solleciti e più risoluti. Sarebbe, in vero,
assai difficile il dimostrare che in occasioni consimili di tempi assai
meno civili dei nostri la forsennatezza volgare sia andata più oltre
e abbia dato di sè più deplorabili prove, e che, nella generalità del
popolo, oggi più che allora, dinanzi alle sventure e ai pericoli comuni
la ragione l'abbia avuta vinta sull'istinto, la carità sull'egoismo, il
dovere sulla paura.
Ma che faceva l'esercito?
Il disordine delle amministrazioni e lo sconvolgimento e la paura
generale avevano spirato audacia ai malandrini e ai briganti, e
dato occasione che ne sorgessero dei nuovi, e gli uni e gli altri
percorrevano le città e le campagne commettendo ogni maniera di furti
e di violenze. La truppa, che non poteva cessare di dar la caccia
a costoro, per quanto l'opera sua fosse indispensabile altrove, si
trovava stretta così da mille obblighi diversi, gli uni più degli
altri pericolosi e faticosi. La forza numerica dei corpi, che già era
scarsa di fronte ai bisogni dei tempi ordinari, riusciva affatto
insufficiente per provvedere nello stesso tempo al servizio degli
ospedali, ai cordoni sanitari e alla pubblica sicurezza. Tutti questi
servigi eran però fatti dovunque, scompartendo la forza quanto più
fosse possibile minutamente; onde quasi dappertutto seguiva che
i soldati non dormissero mai due notti di seguito in caserma, e
mangiassero, non più ad ore prestabilite, ma così alla sfuggita quando
e dove ne avessero il tempo ed il modo. Continuo moto, continua fatica,
appunto in quei giorni che sarebbe stato necessario il riposo, la
tranquillità e ogni specie di riguardi. Non è a dirsi quanto la salute
dei soldati ne scapitasse, e come da quella maniera di vita fosse resa
presso che inutile la maggior cura che si poneva nella pulizia delle
caserme, nella scelta dei viveri, e in molte altre cautele imposte dai
superiori, e diligentemente, sotto la loro sorveglianza, osservate.--
Ma questi servigi erano tuttavia i meno gravosi perchè, se non sempre,
ordinariamente però erano prestati da ciascun soldato ad intervalli di
tempo costanti, benchè brevissimi, e regolarmente stabiliti; per cui
alle fatiche e ai pericoli s'andava incontro coll'animo preparato. I
servigi più duri erano quelli imposti tratto tratto da inattesi tumulti
popolari, nel cuore della notte, qualche volta simultaneamente in vari
punti dello stesso paese; e un pugno di soldati doveva uscire contro
una moltitudine armata che li superava di numero cento volte, e batteva
furiosamente alle porte della caserma e lanciava sassi alle finestre
e minacciava di appiccare il fuoco alla casa, gridando «morte agli
avvelenatori, morte agli assassini del popolo!» e ogni altra maniera di
vituperi. Le grida furenti risuonavano improvvisamente nei silenziosi
dormitori, i soldati balzavano dal letto esterrefatti, si vestivano
in furia, accorrevan gli ufficiali, si poneva mano alle armi, si
scendevano precipitosamente le scale, si faceva impeto sopra la folla.
La folla si apriva, si sparpagliava, tornava ad accalcarsi, urlando,
fischiando, gittando sassi, e i soldati un'altra volta facevano impeto,
e un'altra volta la folla si sperdeva, e avanti così per delle ore,
per tutta la notte, molte volte per tutta la mattina seguente. Quando
gli assembramenti eran di poca gente uscivan disarmati, tentavano di
quetarli colle buone parole, colla persuasione, coll'amorevolezza;
ci riuscivano tal volta; tal altra erano aggrediti, percossi, e
allora ritornavano di corsa alla caserma, s'armavano, uscivano di bel
nuovo; i sediziosi si rinchiudevano nelle case, traevano le fucilate
dalle finestre; bisognava gettar giù le porte, penetrar nelle case,
venire alle mani. Il giorno continue fatiche; la notte sonni brevi ed
interrotti; ansietà e pericolo sempre.
Oltre tutto ciò, nella maggior parte dei paesi, bisognava che i soldati
andassero a levar via i cadaveri dalle case, a trasportarli ai cimiteri
sui carri del reggimento, a scavar le fosse e seppellirli. Talora il
popolo vi si opponeva fieramente; bisognava penetrare nei suoi luridi
abituri colle baionette alla mano, impadronirsi dei cadaveri a viva
forza. Questi cadaveri bisognava qualche volta andarli a cercare per la
campagna, e quando le braccia dei soldati non bastavano all'uopo, era
mestieri obbligare i contadini a prestar l'opera loro, minacciandoli,
trascinandoli. Bisognava impedire alla gente di fuggir dai paesi,
inseguirla, ricondurla alle proprie case, tradurvela proprio a forza,
pigliando pel braccio uno ad uno intere famiglie di pezzenti, torme di
fanciulli e di donne che rompevano in pianti e grida disperate.
In tutti i corpi, in tutti i distaccamenti si facevano collette di
danaro per le famiglie più indigenti; in alcuni paesi si distribuiva
ogni giorno una quantità di pane; altrove di carne e minestra; dove
non si poteva dar altro, si davan gli avanzi del rancio, si dava della
paglia, dei panni vecchi, qualche cosa. In molti corpi si costituirono
comitati di soccorso permanenti; gli ufficiali andavano ogni giorno
in volta per le case dei poveri, a recar soccorsi, a dar consigli, a
invigilare; i soldati somministravano agli ospedali i pagliericci dei
loro letti, si offrivano spontanei di andare ad assistere gl'infermi
nei lazzeretti e nelle case private, e v'andavano e vi facevano
coraggiosamente e lietamente il loro dovere sino all'estremo. Nei paesi
rimasti privi di farmacisti andavan essi a distribuire le medicine
nelle botteghe, sorvegliati dai medici militari, e le portavano alle
case dove occorrevano. In altri luoghi, dov'eran chiuse persino le
botteghe degli alimenti più necessari alla vita, fattele aprire a
forza, provvedevano essi stessi o soprintendevano alla vendita.
Spesso eran costretti a tener aperti i mercati, parte sorvegliando lo
spaccio dei generi, parte tutelando l'ordine e la pace continuamente
minacciata. Frequentissimamente, sia nei villaggi che nelle città,
dovevano impastare e infornare il pane, lavoro che non si volea far
da alcuno per la idea che sudando si contraesse il colèra; e non di
rado si riducevano a spazzare le strade e le case dei poveri insieme
ai carabinieri e alle guardie di sicurezza pubblica perchè non c'era
chi si volesse sobbarcare a una fatica, dicevano, così gravemente
pericolosa. Incarichi meno umili, ma assai più inusati e difficili,
toccavano spesse volte agli ufficiali, che dovean farla da sindaci
nei villaggi disertati dalle autorità, e talora da medici, e sempre
da limosinieri e da missionari di civiltà in mezzo a popolazioni
stupidite ed esasperate dalla paura e dai patimenti, e accese di
passioni feroci. Lo stesso era dei medici militari, a cui oltre la cura
de' soldati incombeva quasi da per tutto quella del popolo, del quale
bisognava che prima essi distruggessero i pregiudizi e vincessero le
repugnanze e gli odi ragionando e pregando. Lo stesso dei comandanti
dei corpi, incalzati da mille bisogni, stretti da mille difficoltà,
affollati da mille cure, sempre in apprensione per la loro truppa
divisa e sparsa di qua e di là, continuamente in giro e in pericolo.
Per tutti poi un immenso dolore: quello di dovere ogni giorno dire
addio per sempre a tanti bravi soldati, a tanti buoni compagni, a tanti
amici da lungo tempo diletti.
* * * * *
Ma tutti questi servigi, questi sacrifizi, queste opere di carità,
che pure accennate di volo, come io le accennai, bastano a destare in
petto d'ogni buon cittadino un palpito di entusiasmo riconoscente,
non possono tuttavia, come già dissi, estimarsi e lodarsi quanto si
conviene ove intimamente non si conosca con che cuore venissero fatte
e in che modo. Questo è ciò che ho in animo di dire e che importa si
conosca particolarmente da coloro i quali negli atti generosi dei
soldati non sogliono vedere ed apprezzare che gli effetti immediati e
necessari della disciplina che comanda e castiga; non mai gli effetti
naturali e spontanei del cuore, che quella stessa disciplina educa,
ingentilisce e feconda. È vero, in fatti, che nelle congiunture dei
tempi ordinari, quando il soldato non capisce o non vede o vede troppo
alla lontana il frutto dell'obolo che gli si richiede a sollievo di
qualche pubblica sventura, o quando non comprende di qualche altro
sacrifizio la necessità imperiosa e può credere che vi sia chi lo
possa o lo debba fare in sua vece, è vero che, in tali congiunture,
i desiderii o gl'inviti dei superiori assumono in più delle volte,
se non la forma, l'intenzione però e l'efficacia di comandi diretti
e assoluti, onde agli atti che ne seguono non si può attribuire il
merito della spontaneità; ma questo, per cause diverse, non poteva
accadere nell'occasione del colèra. Perchè allora, nella massima parte
dei casi, i soldati capivano, vedevano chiaramente che la salute dei
paesi in cui si trovavano era riposta nelle loro mani; che in certi
momenti estremi non c'era altri che loro da cui potessero scongiurarsi
certe estreme sventure; d'ogni loro atto, d'ogni loro sacrifizio erano
immediati ed evidenti gli effetti; per ogni moneta, per ogni tozzo di
pane ch'essi porgessero era là pronta la mano scarna d'un affamato ad
afferrarlo; la pietà era tenuta viva dallo spettacolo continuo della
sventura, e non c'era luogo ad alcun dubbio o ad alcuna diffidenza che
il sentimento di quella pietà intepidisse o facesse esitare. Nè si può
ragionevolmente supporre che l'influenza dei superiori avesse parte
nelle opere caritatevoli che non erano fatte per obbligo di servizio o
per altra necessità assoluta, poichè quelle necessarie e obbligatorie
erano sì frequenti e sì gravose per sè, che nessun superiore avrebbe
potuto pretenderne dell'altre senza che proprio gliene rimordesse la
coscienza. Di più, essendo i corpi scompartiti in un gran numero di
piccolissimi distaccamenti, e quegli stessi distaccamenti operando
il più delle volte suddivisi, l'azione che potevano esercitare i
superiori sui loro subordinati per ottenerne qualcosa più in là del
dovere, era tenuissima; sarebbe anco stata insufficiente a far sì che
ciò ch'era di dovere si facesse, se di quell'azione ci fosse stata la
necessità. Per altra parte le stesse prescrizioni dei superiori non
giungevano mai sin là dove l'opera dei soldati giungeva, poichè certi
sacrifizi son di tale natura, da non potersi imporre per nessun fine e
in nessuna maniera; e i lettori vedranno quali essi siano, e quanto e
come gli ufficiali e i soldati d'ogni corpo gli abbiano compiuti. Ma
se tutte queste ragioni non bastassero a convincere gl'increduli, o
paressero poi troppo vivi e fantastici i colori del quadro che porrò
sotto gli occhi ai lettori, ci sarebbe pur sempre, a conferma di ciò
che ho asserito, la testimonianza unanime delle popolazioni, e quella,
non per tutti valevole, ma per me sicurissima e sacra, dei tanti miei
compagni d'arme ed amici che videro e narrarono quel che han fatto i
loro soldati e come l'han fatto, coll'anima compresa di tenerezza, di
gratitudine e d'orgoglio. Dal lume dei loro occhi e dal suono della
loro voce io attinsi il profondo convincimento che mi move il cuore e
la penna.
Entriamo dunque nelle caserme; andiamo in mezzo ai soldati.
* * * * *
Per solito le compagnie non si trovavano riunite che la sera, nel
dormitorio, all'ora della ritirata. Aspettando il segnale del tamburo
per la visita, i soldati si raccontavano l'un l'altro quello che
avevan visto e fatto nella giornata, parte seduti sui letti, parte
appoggiati alle finestre, parte in crocchio nel mezzo dei cameroni. Non
più quel moto, quei canti, quelle risa, quel frastuono assordante di
grida festose, per cui, nei tempi ordinari, è così bella a vedersi la
sera delle caserme. La più parte dei soldati stavano immobili, e non
si sentiva che un bisbiglio sommesso, interrotto qua e là da qualche
esclamazione di meraviglia o d'ira o di pietà, e tratto tratto lunghi
intervalli di silenzio, in cui si sarebbe detto che tutti dormivano.
I soldati che arrivavano a mano a mano, andavano cheti al loro letto
e, posato il cinturino e il cheppì, entravano nei crocchi, ciascuno a
riferire l'ultima voce raccolta nel paese, ch'era quasi sempre voce di
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La vita militare: bozzetti - 19
  • Parts
  • La vita militare: bozzetti - 01
    Total number of words is 4433
    Total number of unique words is 1678
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    49.6 of words are in the 5000 most common words
    57.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 02
    Total number of words is 4732
    Total number of unique words is 1719
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    48.0 of words are in the 5000 most common words
    55.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 03
    Total number of words is 4624
    Total number of unique words is 1636
    35.8 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 04
    Total number of words is 4719
    Total number of unique words is 1781
    33.1 of words are in the 2000 most common words
    46.9 of words are in the 5000 most common words
    55.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 05
    Total number of words is 4699
    Total number of unique words is 1731
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 06
    Total number of words is 4746
    Total number of unique words is 1712
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 07
    Total number of words is 4822
    Total number of unique words is 1640
    38.7 of words are in the 2000 most common words
    52.6 of words are in the 5000 most common words
    59.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 08
    Total number of words is 4584
    Total number of unique words is 1745
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    48.9 of words are in the 5000 most common words
    55.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 09
    Total number of words is 4762
    Total number of unique words is 1616
    40.4 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    61.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 10
    Total number of words is 4729
    Total number of unique words is 1777
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    47.9 of words are in the 5000 most common words
    55.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 11
    Total number of words is 4672
    Total number of unique words is 1697
    37.2 of words are in the 2000 most common words
    53.5 of words are in the 5000 most common words
    60.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 12
    Total number of words is 4724
    Total number of unique words is 1625
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    60.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 13
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1640
    36.2 of words are in the 2000 most common words
    51.9 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 14
    Total number of words is 4685
    Total number of unique words is 1795
    31.1 of words are in the 2000 most common words
    44.8 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 15
    Total number of words is 4796
    Total number of unique words is 1816
    30.3 of words are in the 2000 most common words
    44.4 of words are in the 5000 most common words
    52.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 16
    Total number of words is 4701
    Total number of unique words is 1764
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    47.5 of words are in the 5000 most common words
    55.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 17
    Total number of words is 4798
    Total number of unique words is 1683
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 18
    Total number of words is 4417
    Total number of unique words is 1705
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    50.7 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 19
    Total number of words is 4589
    Total number of unique words is 1697
    37.1 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 20
    Total number of words is 4591
    Total number of unique words is 1726
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    47.4 of words are in the 5000 most common words
    55.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 21
    Total number of words is 4511
    Total number of unique words is 1768
    35.3 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 22
    Total number of words is 4600
    Total number of unique words is 1759
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.2 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 23
    Total number of words is 4525
    Total number of unique words is 1783
    35.3 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    57.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 24
    Total number of words is 4505
    Total number of unique words is 1661
    36.3 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 25
    Total number of words is 4565
    Total number of unique words is 1821
    36.7 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 26
    Total number of words is 4605
    Total number of unique words is 1661
    39.3 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 27
    Total number of words is 4604
    Total number of unique words is 1583
    37.2 of words are in the 2000 most common words
    52.4 of words are in the 5000 most common words
    59.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 28
    Total number of words is 4917
    Total number of unique words is 1546
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    53.2 of words are in the 5000 most common words
    60.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 29
    Total number of words is 4673
    Total number of unique words is 1693
    37.1 of words are in the 2000 most common words
    52.6 of words are in the 5000 most common words
    60.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita militare: bozzetti - 30
    Total number of words is 2827
    Total number of unique words is 1057
    42.2 of words are in the 2000 most common words
    55.9 of words are in the 5000 most common words
    62.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.