Le rive della Bormida nel 1794 - 27

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ai ripari del borgo; e l'onda dei Francesi fatti sì arditi ad
inseguirli, che la terra pareva già presa. Ma trentasei cannoni,
cominciarono a trarre da quella contro di loro, e a farne tale
strazio; che furono costretti a tirarsi in parte, dove quelle
artiglierie non gli potessero arrivare.
In un momento fu notte, e nella terricciuola di R.... sott'essi i
porticati, dove i coloni sogliono tenere i loro arnesi, nelle stalle,
nella chiesa, per tutto: cessato il fragore della battaglia, i guai,
il pianto, le voci dolorose dei feriti, volte nel delirio alle patrie,
alle persone care e lontane; empievano a quell'ora l'aria di
malinconia. Don Marco e Giuliano nell'adoperarsi intorno a quella
miseria, s'erano scompagnati sin dal mattino: e verso la mezzanotte,
insanguinato e stanco, Giuliano finiva di fasciare un ultimo ferito,
proprio alle più avanzate guardie, là dove le due cavallerie s'erano
azzuffate. Il suolo era ingombro di morti; e forse i suoi piedi
calpestarono le zolle, che avevano bevuto il sangue dello sposo di
Bianca; forse tra i cadaveri inciampò in quello ch'era stato il suo
rivale felice. Ma egli non vi pose mente, perchè l'anima gli si era
raccolta tutta negli occhi. Il borgo di D.... si vedeva lì rimpetto;
veniva da quello un rumore sordo di carra; forse erano le artiglierie
che facevano rimbombare gli archi del ponte, passandovi sopra; forse
l'esercito Alemanno che si moveva. Le scolte francesi stavano tutte
orecchi; un gruppo d'ufficiali avvolti nei mantelli e raccolti su d'un
poggiuolo, parlavano basso tra loro; alcuni cavalieri andando e
tornando cauti, e traditi soltanto da qualche nitrito, esploravano la
campagna tra le scolte francesi e il borgo.
All'idea che in sull'alba sarebbe ricominciata la zuffa, Giuliano si
sentì al cuore uno schianto. Si pose colla fantasia vicino a sua
madre; e si vergognò d'aver tanto aspettato, che altri gli aprisse le
porte di casa sua. Risoluto si mise in un ruscello coperto di grossi
cespugli: camminò cauto in guisa, che potè cavarsi dalla corona di
sentinelle francesi; e dopo molto stentare, giunse a guadagnar
l'argine della gora, che sappiamo come lungh'esso il piè d'una roccia
quasi tagliata a filo, corresse ad un molino, così poco discosto dal
suo piazzale, che talora la spruzzaglia cacciata in aria dalle ruote
andava a innaffiarlo. Là poteva essere per lui il malpasso, però che
gli Alemanni gli stessero sopra poche braccia, sul ciglio di quella
roccia; e ne udiva il gran darsi attorno, il bisbigliare concitato, e
le parole imperiose. Ma la casa materna non era più che a quaranta
passi, e nelle tenebre pareva pigliar forme vive e fargli cenni per
incuorarlo. Tirò innanzi colla buona ventura quegli altri passi
rischiosi; ma quando si sentì sotto i piedi il suolo del suo piazzale,
e provò quel che forse prova un naufrago uscito nuotando alla riva; il
cuore gli batteva sì forte; che gli bisognò fermarsi a ricogliere il
fiato. E fu per lui gran ventura, perchè se tirava innanzi, s'andava a
porre da sè in mano di quegli Alemanni, che un mese prima, l'avevano
fatto cercare, come un malfattore. Due, quattro, dieci, ne vide una
processione venir fuori dall'atrio, trascinando le sciabole; e a
badare come camminavano, come parlavano concitati, di certo frullava
loro in capo qualcosa di grosso. Al raggio di lume, che dalla porta
della sala, li coglieva nelle schiene, man mano che scantonavano
dall'atrio in sul piazzale, Giuliano li conobbe per uffiziali; e lesto
si rannicchiò all'ombra del muricciuolo, dove stette finchè furono
tutti passati. Udiva il martellamento del proprio cuore: udiva i
discorsi concitati di quegli uffiziali; e da mano manca dove erano i
suoi poderi, veniva un rumore cupo di calpestìo. Pensò che l'esercito
Alemanno, si apparecchiasse ad un attacco notturno, ma di questo non
si curò punto; e come potè farlo non visto, si lanciò nell'atrio, e di
qui nella sala, illuminata da quante lucerne erano in casa. Sul
tavolino, vide carta, penna e calamai alla rinfusa; capì che i
generali Alemanni vi si erano raccolti a consiglio; e la gatta balzata
là sopra pur allora, si stirava le membra, dimenando la coda e
fiutando, come se gli uomini usciti poco prima, vi avessero lasciato
odore di sangue. Il giovane stette ad ascoltare un istante: dalla
cucina nulla, dalle altre stanze terrene nulla, silenzio per tutto.
«Saranno di sopra» disse tra sè, e non badando manco a pigliarsi un
lume, salì. Si fermò nel corridoio, dubbioso.... gli si affacciò
l'orribile idea che sua madre e Marta fossero state uccise.... ma
subito vide un barlume dall'uscio della camera materna, e udì la voce
cara più d'ogni cosa al mondo. Ma ohimè! come fioca, come ridotta ad
un filo!
«Dunque--diceva quella voce--Marta, il saio, il cordone, il crocefisso
da pormi fra le mani, vi è tutto?
«Che è questo!--sclamò Giuliano, ad alta voce senza avvedersene; e
l'affanno gli crebbe.
«Oh! non l'avete udito?--seguitò al suo grido la voce di dentro:--Dio
della misericordia, egli viene il mio figlio, aprite; oh mio figlio!»
La signora Maddalena ebbe appena parlato, che Giuliano era già nella
camera, ginocchioni a piè del letto: e tiratosi sul capo la mano di
lei, la vi si teneva colla sua, come a non lasciarsi sfuggire quella
benedizione. Marta stretta da Giuliano contro l'inginocchiatoio, stava
là sbigottita; Tecla, all'apparire di lui fattasi come una morta di
tre dì, s'era ritratta sino alla tenda dell'alcova, e mezza avvolta in
quella, pareva una statua posta ivi per divozione.
Peritandosi a volgere la parola a Giuliano, quasi temesse di rompere
una visione; la signora guardava Tecla e diceva:
«Proprio come te nevvero? Tu pure, oggi hai tenuto qui il tuo capo,
sotto la mia mano.... qui.... ma questo... oh! questo è il suo!
Giuliano, Giuliano, se tu stavi un'altr'ora, io non poteva più
aspettarti!»
Il giovane le copriva di baci la mano; e al lume che di
sull'inginocchiatoio le rischiarava di traverso la faccia, la fissò
avidamente. Essa mezzo seduta ed appoggiata ad un mucchio di
guanciali, gli sorrideva. Le guance smunte, le labbra aride, gli occhi
scintillanti, il collo oramai ridotto da non parere più che un viluppo
di nervi; non fecero sospettare a lui, quello che a segni men chiari
avrebbe indovinato in ogni altra persona: e Marta e Tecla, che stavano
lì come a un mortorio, gli parevano due disamorate che volessero
fargli paura.
Certo la signora Maddalena si avvide del pensiero del figlio; perchè
dolcemente gli disse:
«Me ne voleva andare davvero, sai. Tu sapessi che orribili cose
abbiamo sentite oggi! I soldati vennero sin quassù.... Tu non
v'eri.... ma ora, ora non voglio più morire. O Marta, datemi la mia
veste.... voglio levarmi.... voglio partire.... Giuliano andiamo....
la casetta è quella laggiù? Come è bella! Che fai? E perchè non mi
lasci andare?»
Vinta dall'affanno, la povera donna cadde col capo rovesciato sul
guanciale, in atto di così stanco abbandono, che allora Giuliano capì
a quale estremo si trovasse. Si chinò sopra di lei per dirle qualcosa;
ma la parola gli si annodò nella strozza: alzò le mani come per
chiedere aiuto a qualcuno di lassù; e toltosi dal letto andò di qua di
là per la camera, coll'animo d'uomo offeso da' suoi simili, dalla
natura, da Dio. Lo assalì, misero, la smania di rivolgersi contro sè
stesso; e si rampognò di non essersi dato in mano agli Alemanni, un
momento prima, che l'avrebbero fucilato sulla soglia di casa sua. Ma
lo addolcì la vista di Tecla; la quale fattasi a reggere il capo della
signora, gli parve una cosa celeste. Allora egli tornò al letto, e
parendogli che sua madre, passato quello smarrimento, mormorasse
qualche parola: «o madre--diceva--madre, mi guardi: e perchè non mi ha
mandato a dire il suo stato? Che cosa dice, mamma; mi parli, mi dica.
«Vorrei--bisbigliò essa che appena potè udirsi--vorrei.... dormire un
sonno.... dolce....; ma tu veglia, e se mai....
«Che cosa?--chiese egli con ansietà grande, vedendo che essa si
peritava, a dire; ma non gli riuscì di raccogliere altra parola.
Allora Marta fattasi animo, gli si accostò, e asciugandosi gli occhi
col dosso della mano, gli disse:
«Giuliano, essa vuol forse pensare alle cose della chiesa.»
Il giovane, scosso alle parole della vecchia, le sbarrò gli occhi in
viso; ondeggiò un istante; poi si avvicinò all'orecchio della madre e
sommessamente le disse: «mamma, mi dica, forse.... se fosse qui il
signor pievano....»
Fu come se in quel punto la signora avesse visto il più bel sole del
mondo, innondare la camera di luce. «E sì--disse, facendo segno di
volersi rassettare sul guanciale:--il pievano, il viatico, il Signore
che ti benedica!»
Giuliano, manco pensando che il pievano avrebbe ghignato, a vederlo
capitare da lui; si mise giù pel buio della scala, e fu nell'atrio in
un lampo. Là si abbattè in don Marco, il quale partitosi dalla
terricciuola di R.... appena finita la battaglia; in quattr'ore di
cammino, per largo giro di monti, era riuscito alle spalle degli
Alemanni; e veniva a preparare il cuore della signora Maddalena,
all'improvviso ritorno del suo figliuolo.
«Come tu qui?--diss'egli, fermando Giuliano--dunque tu sapevi che gli
Alemanni se ne fuggono, e che la guerra è finita?
«O maestro, mia madre muore! vada... la assista.... io corro pel
viatico....» E ripigliò la corsa.
«Don Apollinare, Dio t'empia il cuore d'umiltà!» sclamò don Marco,
dando a queste parole l'espressione dolorosa dell'animo suo, colpito
dalla triste nuova; ed entrando in quella casa del lutto, trovò Marta
discesa a torre i candelieri di sul camino della sala, per portarli
disopra e porvi i torcetti della Candelara.
La vecchia vedendo il prete, fu lì per salutare in lui il pievano; ma
ravvisato don Marco, fece le maraviglie e il saluto, più cogli occhi
che colle parole; e diè di volta coi candelieri in mano, per portare
alla padrona la consolazione di quella notizia.
«Dunque sta proprio male?--chiedeva don Marco tenendole dietro.
«Oh!--rispondeva la vecchia--tanto male! Si fermi qui un momento....»
Essa entrò, e aveva appena detto alla signora il nome di lui, ch'egli
s'accostò al letto, dolce come venisse recando novelle dal paradiso.
«Sono venuto a pregare con lei:--disse all'inferma, che gli parve
qualcosa di santo, cui bisognasse rivolgersi per averne la
benedizione.
«Oh, don Marco--sospirava la povera donna:--ella e mio figlio, in
questa notte! Che due consolazioni mi manda Iddio! Si avvicini, mi
senta, io voglio confessarmi a lei.
Don Marco sin dai primi tempi del suo sacerdozio aveva smesso di
confessare; ma al letto dei moribondi, sapeva porgere ascolto ai
racconti del peccatore che parte, coll'umiltà del peccatore che
rimane: e trovava parole, che davano al morente la certezza dell'altra
vita. Egli si inginocchiò, prese una mano della signora tra la sue, e
appoggiandovi sopra la fronte, disse con dolcezza: «parliamo
dell'infinita bontà di Dio!»
Tecla e Marta s'allontanarono, e l'inferma cominciò a parlare del suo
passato.
Frattanto Giuliano, giungeva in castello. Aveva messo a salirvi assai
più tempo che non bisognasse; essendo il ponte e la via ingombri
dell'ultime schiere di Alemanni; i quali premendosi gli uni dopo gli
altri, e volgendosi addietro come avessero i Francesi alle reni, si
arrampicavano anch'essi su pel colle. A lui poco importava a
quell'ora, l'aspetto confuso di quella moltitudine; e quando potè
sboccare per un rotto del muricciuolo, sul sagrato della chiesa, gli
parve d'aver toccato il cielo. Lassù era un formicare da non potersi
descrivere. Gli Alemanni sfilavano, tenuti un po' in ordine dalle
piattonate degli uffiziali; e le bestemmie dette tra i denti,
rispondevano agli spintoni, che nelle strette si davano gli uni cogli
altri. Una donna ritta, sola, colle braccia spenzolate, più lì per
cadere di sfinimento che viva, stava a vedere quel passaggio. Giuliano
nello scantonare verso il presbiterio, quasi la toccò, senza badarle;
e fermandosi ansante in fondo alla scala di don Apollinare, gridò:
«signor pievano!»
«Chi lo vuole?» rispose di dentro la voce dolce di donna Placidia.
«Mia madre! Lo mandi a casa mia, mia madre muore.
«Chi siete, che madre dite?
«La signora Maddalena...! Lo mandi col viatico...! C'è laggiù don
Marco....
«Oh che caso, Maria Santissima, che caso!--esclamò donna Placidia; e
si levò frettolosa dalla finestra, mentre Giuliano senza attendere
risposta, diede di volta correndo, a rifare la sua via.
Di certo egli non intese un altissimo grido, che in quel momento mandò
la donna, vista e non ravvisata da lui arrivando; perchè, anche
occupato com'era di sua madre, per la pietà si sarebbe fermato a
offrire aiuto. E allora avrebbe trovato Bianca, la povera Bianca, che
finita la sfilata degli Alemanni, senza che suo marito comparisse;
appunto mentre Giuliano aveva detto a donna Placidia che la signora
Maddalena era morente; essa vedeva passare il cavallo del barone,
menato a mano da uno degli ultimi ulani, che chiudevano quella fuga
notturna. Indovinò da sè che l'Alemanno era morto; provò spavento di
non sentirsi uccidere dal dolore; le rimorse di provare un senso, come
di chi apre la braccia alla libertà; le parve di destarsi da un sogno,
d'essere tornata la fanciulla di pochi mesi innanzi; ma la chiamata di
Giuliano a donna Placidia, fu come un urto ricevuto nel petto, che la
ricacciò nell'abisso, da cui le sembrava di uscire. Rifinita,
strozzata dall'angoscia, sola, si trascinò sotto il portico della
chiesa, e là cadde, gettando quel grido, da diacciare il sangue
addosso a chi l'avesse udito.
Ma in castello non v'era più anima viva, salvo che, donna Placidia; la
quale non potè udire quel grido, perchè alla chiamata di Giuliano, si
era messa in volta pel presbiterio, come persona che non sa dove dar
del capo. Si sarebbe detto che cercasse il pievano, ma non era vero;
sapendo essa che dopo aver cantato tutto il giorno in coro il _Te
Deum_ per le armi vincitrici; avuto sentore della ritirata degli
Alemanni, egli era montato sulla giumenta, e senza dire a lei nè ai nè
bai, aveva preso la via del Monferrato. Essa l'aveva visto andare,
senza dolersi di essere piantata a quel modo: e forse mentre Giuliano
la chiamava, si preparava pregando a ricevere la morte dai Francesi.
Ma ora che sventura era la sua! La signora Maddalena aveva bisogno di
suo fratello, ed egli non v'era! Stata così un tratto a pensare il da
farsi, rammentò che il giovane le aveva detto, che a casa sua v'era
già don Marco; le parve d'uscir d'imbarazzo, e preso un lume, discese
in sagrestia. Là aperto un armadio, ne cavò il libro delle preghiere,
una stola, un amitto; s'avvolse con questo la destra, corse
all'altare, s'inginocchiò; e parlando proprio di sentimento al Cristo
inalberato là sopra, gli disse: «lo faccio a fin di bene.... laggiù vi
è don Marco, e la povera signora Maddalena vi aspetta.» Si segnò,
aperse il ciborio, vi spinse la mano avvolta nel pannolino....
tastò.... non v'era più nulla. «Oh Dio!--esclamò essa--eppure soldati
qui non ce ne sono venuti! Oh il Signore non vuole che io commetta
sacrilegio?» Spalancò gli occhi, un sudore freddo le lavò la faccia, e
avendo pronunziate ad alta voce le ultime parole, udì rispondere dalle
volte della chiesa: «sacrilegio.» Allora la sua mente fu per
ismarrirsi; non vide più che fuoco: il ciborio, l'altare, il Cristo,
tutto fuoco, anche l'amitto da cui le parve di sentirsi scottare; lo
gettò, guardandosi attorno; e via, colla stola e col libro delle
preghiere, fuggì per la chiesa, paurosa del rimbombo che i suoi passi
facevano sulle sepolture... Non le parendo vero di toccar viva la
porta, agguantò la grossa chiave; il terrore le diede forza di girarla
nella serratura, e aperto un battente, si lanciò fuori come un
fantasma.
Bianca che era là sotto il portico, si levò ginocchioni a quella
vista, e giungendo le mani: «o Madonna--disse--vi ho tanto pregata!»
«O signora Bianca!--gridò donna Placidia, riconoscendo la giovane alla
voce;--taccia per carità, che io non sono la Madonna! Sono io, e ho
già troppo peccato.... m'aspetti qui un tantino, vado dalla signora
Maddalena.
«Lasci venire anche me.... che io possa morire sulla sua
porta...!--pregò Bianca, tendendo le mani dietro a donna Placidia,
passata oltre: e levatasi, la seguì come una pazzarella, giù per la
stessa china fatta da Giuliano.
Pareva che le due donne s'affrettassero per raggiungere il giovane; ma
egli rientrava in quel punto nella camera della morente.
«Giuliano,--diceva don Marco vedendolo tornare:--tua madre ha qualche
cosa da dirti.
«Dica, dica, mamma!--esclamò Giuliano; e correndo vicino al guanciale,
si chinò quasi a toccar colla sua, la testa della povera donna.
«Oh, figlio mio,--diceva essa stentando;--non lasciarmi morire, senza
avermi detto che cosa sarà della povera Tecla. Tu glie lo darai un
poderetto dei nostri? Tu ne piglierai cura come fosse tua sorella?
«Sorella, figlia, donna; Tecla sarà per me quello che lei, madre,
vorrà!
«Donna....? Tu la piglieresti per donna? Oh! ne sentirei la gioia fin
nel sepolcro!»
Giuliano corse all'uscio, chiamò Marta e Tecla, e tornò a
inginocchiarsi al guanciale della madre. Le due donne, che stavano
nella stanza là presso, vennero e s'inginocchiarono anch'esse a piè
del letto. Tra la signora Maddalena e il suo figliuolo, correvano
occhiate lunghe; e in quel silenzio pareva che la madre facesse ancora
al figlio qualche secreta raccomandazione. Alfine essa accennando alla
fanciulla d'avvicinarsi, dalla banda del letto di contro a Giuliano,
pigliò la destra di lei e le disse:
«Tecla, se un giorno sposerai un uomo di cui tu sei degna, ricordati
delle cose che io diceva.... e pensa che io sarò sempre con te....
sempre. Giuliano ti benedico.... Marta amate, servite questa
fanciulla: noi due saremo le prime a rivederci in cielo. Ma e il
pievano non viene?
«Si dia pace!--entrò a rispondere, umile e quasi vergognosa donna
Placidia, che arrivata in quel punto, era venuta da sè nella camera,
colla confidenza che usano i preti in casa ai moribondi.
«O donna Placidia...,--disse la morente--guardi mio figlio come si
affligge...! Giuliano, non vedi i nostri amici che vengono a
trovarci?... E a momenti, sarà qui anche il pievano, nevvero?
«Signora Maddalena,--disse don Marco, che in quel mezzo aveva saputo
da donna Placidia la fuga del pievano:--pensi ai mille morti che
giacciono per i campi in faccia a questa casa: nessun prete gli ha
visti, eppure essi sono già tutti nel seno di Dio!
«Oh sì! sì! li veggo!--mormorò la signora, cui l'immagine di tanti
morti fece uscire di conoscimento:--quante palme, quante corone! Li
veggo salire, salire, fin sopra le stelle; o benedetti, attendetemi;
siete morti per ricondurmi mio figlio! Tecla, Giuliano.... li
seguo.... li seguo! Oh...! che dolce morire!»
Cessò la voce, sorrise, rimase cogli occhi fissi; e ai bagliori di
essi, don Marco indovinava gli spazi infiniti, in cui si sprofondavano
quegli ultimi sguardi.
Allora donna Placidia pose la stola sul petto della moribonda, e porse
il libro delle preghiere a don Marco, il quale dolcemente le accennò
di star zitta.
La signora era entrata nell'agonia. Essa che aveva pensato sempre, con
mesta dolcezza, al giorno in cui, udendo i rintocchi della sua agonia,
tutta la gente del borgo, si sarebbe inginocchiata a pregare per lei;
e in quel pensiero aveva goduto di non avere mai fatto male a nessuno:
essa doveva partirsi dal mondo, mentre il villaggio era deserto! Ebbe
pochi istanti d'affanno, pochi sospiri: disse ancora alcune parole
rotte; poi le sue mani s'allentarono del tutto; la sua persona fece un
moto, come per adagiarsi meglio; e finì quasi addormentandosi in un
sonno tranquillo.
Don Marco s'avvide pel primo che essa era morta. Allora andò alla
finestra, la spalancò e guardando il cielo, che già faceva l'aurora,
disse: «o Maddalena, te beata, che ora almeno tu sali!»
A quelle sue parole, venne su dal piazzale un singhiozzo. Egli si
curvò per vedere che fosse, chiedendo: «chi piange costaggiù?»
«Dunque anch'essa è morta?» rispose Bianca venuta dietro donna
Placidia, e rimasta a piè dei gradini dell'atrio, tremante come si
sentisse rea di quella morte.
«Essa vive!--proruppe don Marco, non riconoscendo quella voce:--ecco
la sua glorificazione! Udite?» Così dicendo, volse la faccia verso
l'alcova, tenendo le braccia tese fuori della finestra, la testa alta,
la persona ritta che pareva ringiovanito. Un suono di strumenti
guerrieri, un concento di migliaia di voci che cantavano l'inno dei
Marsigliesi, si levava in quel punto dai campi Francesi così alto,
così di sentimento, che la valle n'era commossa, come da qualche cosa
di sovrumano.
Giuliano, caduto in tale stupore che pareva coll'anima nell'eternità;
udendo i canti e i suoni Francesi avvicinarsi a invadere il borgo;
provò uno spasimo grande, si levò ritto, baciò in fronte la madre, e
uscì di casa a furia. Marta, che appena spirata la signora, presa da
chi sa quale pensiero, era corsa mezzo soffocata dai singhiozzi, a
nascondere gli schioppi del giovane in cucina; incontrandolo nella
sala terrena così stravolto, ebbe nel suo dolore tanta forza di
lodarsi della sua pensata. E provandosi a rattenerlo, corse dietro lui
sin nell'atrio; ma là si fermò, per un'altra scena dolorosa, in cui a
prima giunta non capì nulla. Vide donna Placidia che s'affaticava a
trascinar una giovane, lontano da quella casa: e la giovane si
difendeva, pregando per carità di essere lasciata lì, che essa non
faceva male a nessuno. Ma appena spuntò Giuliano dall'atrio, parve che
a colei fossero stati troncati i nervi; e cadde, poveretta, di sfascio
gridando:
«Giuliano, Giuliano, per la morte di vostra madre, non mi maledite!»
Egli stette un istante, come colto da vertigine; si cacciò le mani nei
capelli; fu per prorompere in un fiero lamento; ma fattosi forza,
quasi avesse a rompere una catena che gli si stringesse ai polsi, tirò
diritto senza dire parola. Gli pareva d'aver uno alle spalle, che gli
gridasse: «cammina, va, piglia la via dei monti--le selve, le
solitudini, il cielo.... là troverai tua madre!» E così senza
scegliere, tirando innanzi come uno che si rimetta in una guida che
non può fallire; traversò il torrente, guadagnò una vetta dell'opposta
sponda, poi un'altra ed un'altra; salì, salì non sentendo fatica, non
affanno di petto; e giunse in cima al più erto dei gioghi di
Montenotte. Oh se avesse potuto struggersi, dileguarsi, svanire come
ombra, lassù! Vi regnava una pace! Il mare splendeva poco lontano,
azzurro, liscio, solitario; e gli parve che nulla di più bello
dell'esser sepolto nel silenzio eterno di quei fondi. Ma spuntava
dall'orizzonte una vela bianca, sottile, che procedeva come cosa
impavida; il mare era bello, ma quella era la vita! Le foreste lì
sotto a lui stormivano incurvate dal vento, mandando suoni di voci
misteriose. Quelle foreste verdeggiavano, prosperavano da secoli,
godevano forse; ma che lutto se pei loro folti non si fossero intesi i
colpi delle scuri, i canti dei boscaiuoli, i tintinaboli delle mandre
alla pastura! Giuliano ascoltava, contemplava sentiva il pregio
infinito del poter vivere per onorare in sè stesso la madre morta; e
nel cuore gli veniva la calma che i dolori dello spirito danno al
sapiente.


CAPITOLO XXII.

Marta, da noi lasciata sbalordita nell'atrio, non ebbe bisogno di
farsi dire chi fosse la giovine donna, gittatasi ai piedi del
signorino. Essa l'indovinò alle parole di lei, all'atto di Giuliano; e
lanciatasi nel piazzale coi pugni stretti, le si sfogò contro con
voglia crudele.
«Coraccio di tigre! E ancora osa di venire a piangere qui? Dio, Dio di
misericordia, sviatemi la mente da queste tristizie; ma non so chi mi
tenga ch'io non la sbrani! Vada, vada a piangere altrove, che qui per
lei non v'è posto..! vada, che del male che ci ha fatto, le ne
chiederà conto Dio al suo tribunale!»
E così dicendo, dava sdegnosa le spalle alla giovane e a donna
Placidia, trasecolata a quello scoppio d'ira della fantesca. Bianca
presa dall'affanno, teneva gli occhi nella vecchia, che volgendosi
bieca a guardarla ancora, tornava in casa. L'infelice si pregava di
potersi umiliare tanto, che il disprezzo di quella donnicciola, le
cadesse sul capo come dall'altezza d'un trono. Ma in quella usciva
dall'atrio don Marco, dicendo a Marta: «Non così.. Marta... un po' di
carità... la signora Maddalena non avrebbe detto tante brutte parole!»
Egli, dalla camera della morta, aveva inteso Marta sclamare a quel
modo; aveva capito che le parole di lei non potevano esser volte che a
Bianca; e indovinato alla grossa il fatto, veniva a mescolarsi a
quest'altro dolore.
Lo vide appena, e Bianca si levò in piedi, come le fosse rinata la
speranza: ma la prima parola del prete, le tornò a stringere il nodo
che le faceva l'angoscia.
«Bianca... come?--diceva egli--e tuo marito?
«È morto--rispose per essa donna Placidia:--lo hanno ucciso i
Francesi.»
Don Marco giunse le mani: stette pensoso un istante, forse dubitando
che tanti guai non fossero possibili così a un tempo; forse avvisando
a quel che poteva fare per la sventurata: poi disse a donna Placidia:
«allora l'accompagneremo a suo padre.»
«Ah no...! no!--esclamò Bianca; ma il prete interruppe:
«E vorresti rimanere qui, dove gli infelici sono già tanti?»
Bianca chinò gli occhi, assentendo coll'animo al volere di don Marco:
il quale rientrò in casa, a dire a Marta e a Tecla che non si
movessero, che avrebbe raccomandata la casa ai Francesi amici di
Giuliano; che sarebbe presto tornato; poi rivenuto a Bianca, se la
prese in mezzo con donna Placidia, e mossero verso il vicolo, che
metteva al ponte.
Arrivavano in quella i Francesi, sempre con quei suoni e con quei
canti, scoppiati nell'istante che la signora Maddalena era spirata. Un
corteo di cavalieri, raccolti a piè del colle su cui sorge il
castello, parevano star a vedere i soldati, che andando a porsi a
campo oltre il borgo, passavano dinanzi a loro, col trionfo negli
occhi. Ma in verità, da quel posto, miravano la campagna e i colli, su
cui avevano combattuto il giorno prima; maravigliati del come gli
Alemanni avessero abbandonate le inespugnabili strette del borgo, e
facendo i conti al sangue, che sarebbero loro costate per
conquistarle.
Don Marco si accostò senza tema a quei cavalieri; e da uno di essi si
fece dire qual fosse il capo.
«Siete il curato di questo borgo?--chiese questi con brusca maniera,
vedendosi il prete dinanzi colle due donne.
«Io no--rispose don Marco--sono un prete di C... e venni ieri con quel
giovane medico che serve i vostri feriti.
«Oh! appunto... egli è di questo borgo,--soggiunse il generale fatto
umanissimo:--e la sua casa qual'è?
«Quella là:--rispose don Marco additandola--ma la madre del povero
giovane, è morta che sarà mezz'ora.
«Capitano,--disse il generale, volgendosi ad uno dei cavalieri, che
aveva di dietro:--pigliate quella compagnia là che viene, e ponetela a
far la guardia alla casa di quel valentuomo.» Il cavaliero si spiccò
al galoppo, a eseguire l'ordine del generale, il quale non dando tempo
a don Marco di ringraziare, proseguì: «signor curato, quella casa sarà
sacra per noi: e codeste donne sono forse parenti del vostro amico?
«No--rispose don Marco--questa è la sposa d'un uffiziale di cavalleria
Alemanno, che deve essere morto ieri.»
I Francesi si scopersero tutti il capo, guardando or Bianca
pietosamente; ora uno dei loro compagni, che a quella novità si fece
mestissimo. Egli era quel desso che aveva ucciso il barone. Ma di
questo non si avvide don Marco, il quale stava paragonando tra sè con
altrettanta mestizia, quei segni di rispetto dei Francesi, con quelli
usati a Bianca dai compagni di suo marito: nè se n'avvide donna
Placidia, che si tastava se era viva, non parendole vero d'essere
dinanzi a quei mangiatori di carne umana, che non la facevano neanche
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