Le rive della Bormida nel 1794 - 17

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sarebbe stata intera. Ma quando videro il caffè, uscirono tutti in uno
oh! lungo di maraviglia; e mentre donna Placidia deposto il bricco se
ne tornava in cucina, compensata d'ogni sua noia; plaudirono don
Apollinare che mescendo il caffè, procacciava ad essi, su quei monti,
di così fatte delicature. Egli mescè, zuccherò, si prese per sè una
chicchera; e rimenandovi dentro col cucchiarino, piantato sulle gambe,
la persona un po' curva, il viso sporto:
«Il caffè--sclamava--il caffè vuol essere bevuto dai signori, stando
in piedi e mormorando...!--E levata la tazza ad una sorta di brindisi,
cominciò a sorseggiare, movendo quelle sue pupille grigie, per forma
che pareva un volpone sotto una cesta.
L'allegra brigata fu tutta in piedi. I mustacchi dei bevitori
coprivano gli orli delle chicchere; e gli occhi scintillanti pei vini
tracannati in gran copia, barattavano sguardi ed amiccamenti, per
disopra a quelle. I corpi satolli, mandavano il fumo ai cervelli; chi
ne diceva una, chi ne sbottava un'altra; e per farla finita, bevute in
sul caffè parecchie altre bottiglie, uscirono fuori a prender aria.
Ad uno, a due, a quattro giù per la scala, uscivano dal presbiterio
come fosse da un'osteria. Donna Placidia, di sull'uscio della cucina,
contemplava quella strana processione, e al silenzio che regnava nella
sua stia, le pareva che i suoi polli cantassero in corpo a quella
gente contenta. La quale fu vista a gruppi scendere dal colle, col
pievano in mezzo, tronfio, acceso in volto, e, si sarebbe detto, beato
d'aver pasciuto quei messeri, che lo menavano a zonzo. Ammirati,
salutati, invidiati dalla poveraglia, che andava in giro limosinando
alle porte: come furono al piano pigliarono la via più amena, che era
quella in sulla riva del torrente; e sempre dell'istesso andare,
dissipando il fumo delle pipe e quello dei cervelli, s'allontanavano
dal borgo, a seconda dell'acqua.
Gli è quanto dire che movevano verso quella banda, per dove Giuliano
stava arrivando; e in verità non erano discosti gran tratto, che
questi capitava di faccia ad essi, ad uno svolto della via, cavalcando
di quell'andatura stanca, che la povera bestia dell'oste d'Alba
poteva, dopo sì lungo cammino.
La brigata si cansò sulle prode della via angusta; ed il giovane, che
oramai avendo il suo borgo dinanzi, ondeggiava tra il desiderio e la
paura di saper alfine la verità su sua madre; passò in mezzo senza
salutare, come non avesse veduto le splendide assise. Gli uffiziali
stettero a badare più che a lui al cavallo; ma don Apollinare
soffermatosi, colle mani appaiate sulle reni, la testa inclinata sulla
spalla, mirò di sbieco; e col calcagno destro battendo il suolo,
sicchè il ginocchio e il polpaccio agitavano le pieghe della talare,
sclamava: «pecora, pecora! se io volessi ci saresti capitata!»
Alle parole strane, tutta la baraonda gli si fece intorno curiosa; ma
il più vecchio e il più indorato di tutti quei soldati, se lo pigliò a
braccetto, si mise a parlar basso con lui; e la comitiva tenne dietro
ad essi, men gaia, meno ciarliera, quasi conscia dei discorsi che
correvano tra il pievano e quel vecchio ufficiale, che n'era il capo.
Frattanto Giuliano aveva guadagnato il ponte, e sebbene s'imbattesse
in gente nota che lo salutava; egli che in Alba avrebbe chiesto
novelle di sua madre a un nemico giurato; adesso non si sarebbe
rischiato per nulla a dimandarne ai suoi paesani, e tirando diritto
infilò il vico. Alla vista dell'arco che metteva nel suo piazzale, per
poco non si buttò di sella, per salutare le sue case, e star lì fuori,
in attesa di qualcuno, che venisse non chiesto a dirgli la verità.
«Oh!--sclamò Tecla, che era ancora sotto il pergolato col crocchio di
donne; e rimase, vedendo apparire Giuliano, colle braccia tese verso
l'arco, tinta nel viso di quel roseo, che si vede improvviso
diffondersi sulle guance a qualche giovane morente, e pare il
principio di un'aurora più bella. Le donne non ebbero tempo di levarsi
in piedi, e già le zampe del cavallo le avevano coperte di sabbia, e
Giuliano balzato di sella chiedeva ansando:
«E mia madre?
«Santa Vergine!--gridava Marta rimescolata--capitate come i morti la
notte dei Santi...
«Mia madre? Tornò a domandare Giuliano, e senza dar retta alla fante
nè all'altre donne, gittate le briglie mosse verso l'atrio; rapido
quanto lo fu il suo pensiero a ricorrere alla seconda sera di Pasqua,
quando era giunto da C..., con altre cure, con altre speranze, e aveva
trovato sua madre ad aspettarlo su quella gradinata. Ora non v'era che
Marta. Ma se sua madre fosse stata davvero in fin di vita, o morta; la
vecchia avrebbe potuto essere là a svagarsi, e Tecla con essa?
Questo pensiero non ebbe tempo di formarlo, chè la signora Maddalena
comparve ad incontrarlo quasi più affannata di lui; ed egli col piede
sul più basso gradino in atto di salire, essa sul più alto in atto di
scendere, si abbracciarono come persone, campate da un naufragio, e
incontratesi sulla riva.
La donne del crocchio peritandosi a star quivi, si allontanarono;
durò il silenzio un tratto, poi la signora sciogliendosi da
quell'abbracciamento, di cui Giuliano pareva non potersi saziare;
«ecco tua madre!» gli disse, e pigliatolo per la mano, lo trasse
dolcemente in sala. Là egli, sbalordito, e quasi la stanchezza lo
avesse colto improvvisa, si lasciò cadere di sfascio sulla prima
scranna che gli venne tra piedi; e fissando la madre, e cogli occhi
pieni di dubbio, d'allegrezza, di sbigottimento ad un tempo:
«Oh, mamma,--sclamò--credeva di non fare a tempo...! Ma che tempo? non
è vero nulla non è...? Mi dica, fu un gioco, un inganno... che fu?»
A che dissimulare? penso tra sè la signora mentre Giuliano diceva; a
che mentire, per dovergli poi dire domani quello che già sa? aperse le
braccia in atto di chi sta per dare un grande squasso al cuore altrui,
e insieme offre tutto sè stesso per confortarlo; e rispose:
«Ebbene? Tu, io, il mondo che ci possiamo? Leggi.»
E frugandosi in seno, cavò un foglio, spiegazzato forse in un momento
di fiero travaglio; e lo porse a Giuliano. Quel foglio era di don
Marco, il quale aveva scritto poche parole, per dire alla signora che
si rassegnasse, e che Bianca si sarebbe sposata di quella settimana.
Giuliano lesse agrottando le ciglia più e più ad ogni verso; e poi
quasi riavutosi dalla sua spossatezza:
«Si sposi!--urlò balzando in piedi, bello d'ira improvvisa;--si sposi
pure, e fosse già sposata! Ma che feci io di male al mondo, perchè da
ogni parte mi si debba tirare addosso come ad un malfattore? Ah!
marchesa di G... fu un gioco, un brutto gioco il vostro, e Ranza...
aveva indovinato...! A quest'ora sono in carcere tutti!
«Ma che è questo?--gridò sbigottita la signora che in quelle parole
non ci capiva nulla.
«Mamma, m'hanno mandato qua facendomi credere che ella fosse morente!
La marchesa di G.... m'ha ingannato!
«Ah capisco! Allora essa ti ha campato da qualche gran
guaio!--interruppe la signora, balenando di gioia e di gratitudine
alla gentildonna, e a don Marco, che a questa aveva scritto.
«Sì!--sclamò Giuliano--per farmi chiamare fuggiasco, vile, e peggio!
Eppure sia benedetta!»
E qui, ricadde a sedere dinanzi a sua madre; e le narrava del
viglietto avuto dalla marchesa, del viaggio fatto quasi senza sosta;
parlando con certa calma, di cui egli stesso stupiva; non sapendo come
l'anima sua si sarebbe ridestata al dolore, non appena dissipata
quella sorta di pace, in cui per aver trovata viva la madre, si
sentiva tirato. Narrò tristamente, e parlò sempre lui, quasi pauroso
di lasciare, tacendo, il posto ad altri pensieri; finchè Marta fatto
riporre il cavallo, venne dentro recando la lucerna accesa, perchè si
faceva notte.
«Il cavallo--disse essa per non istar lì a fare le accoglienze al
reduce peccatore;--il cavallo l'ho fatto legare in disparte, che
quelli degli Alemanni non gli possano tirare...»
«Che Alemanni--saltò su a dire Giuliano col sangue a
cavalloni;--dunque, nemmeno in casa mia, potrò stare senza costoro tra
piedi?...
«Per carità!--disse Marta--che essi non avessero a sentire, sono lì
sul piazzale....»
«Giuliano abbi pietà di me!--pregò la signora--ci han dato due
uffiziali ad alloggiare; soffri in pace, e se ti volessero salutare,
sii buono.
«Non voglio vederli, sono stanco, casco dalla fatica...!»
Così dicendo, Giuliano partì sdegnoso, e senza lume prese la scala che
menava alla sua stanza.
Marta sollecita accese una lucerna a mano, e gli tenne dietro; la
signora Maddalena rimase ritta un tantino in mezzo alla sala incerta
se dovesse seguirlo, o star lì a far buon viso agli Alemanni, se
venissero dentro. E siccome questo le parve il meglio, così
accostatasi alla porta, si mise ad ascoltare, tremando che essi
avessero intese le parole oltraggiose del figlio. I due, tornati mezzi
avvinazzati dal banchetto del pievano, erano proprio sul piazzale,
come Marta aveva detto; e davano ordini ai loro servitori, parlando
imperiosi la loro favella. Essa in quei loro parlari non ci capiva
nulla, ma spiegandoli a sè stessa alla sua maniera, già si figurava
che davvero toccassero il suo figliuolo. Senonchè coloro, riveduti i
loro cavalli, e detto ai servi quel che avevano a dire, se ne andarono
di nuovo; forse a godere la serata, per tornare tardi pieni di vino e
di gioia; gioia che in quella casa non doveva più brillare che su visi
stranieri.
Appena se ne furono andati, e sul piazzale non s'udì più che il passo
dei servitori, e il cigolare dei secchi, e della carrucola del pozzo;
la signora si provò a salire di sopra. Ma si fermò, perchè Marta,
lasciato il lume in camera a Giuliano, veniva giù tastoni e
strisciando il piede per trovare i gradini.
«S'è buttato sul letto vestito e stivalato, com'era, e rimase
addormentato morto.» Così la vecchia; e la signora:
«Oh dorma! dorma! e che non gli venga in mente nulla, nè C.... nè
Torino...!» e salendo in punta di piedi andò ad ascoltare e a vedere
da sè.
La stanchezza del corpo, aveva potuto più dello scompiglio dell'animo,
e Giuliano dormiva sì fisso, che tutti i tuoni del cielo non sarebbero
bastati a destarlo. Essa spinse l'uscio, entrò nella camera, appunto
come aveva fatto la notte prima della sua partenza, e al chiarore
della lucerna lasciata da Marta, stette a guardarlo. Giaceva supino;
il petto gli si gonfiava a lunghi respiri; le guance attenuate dalla
fatica erano pallide; le sopraciglia, i capelli, i panni aveva
polverosi; pareva un guerriero che riposasse dopo la battaglia. Oh! se
essa avesse potuto vedere il cuore di lui; se avesse potuto leggergli
traverso la fronte i pensieri! Eppure meglio averlo lì sotto gli
occhi, tribolato quanto si fosse, meglio lì che a Torino, nel carcere,
da cui la Marchesa di G.... l'aveva forse campato.... Oh! la
gentildonna pietosa, che sì che l'aveva trovato il modo di farlo
partire!.... E la ringraziava dal fondo del cuore, e le pareva che
oramai si sentiva forte da poterlo difendere contro ogni nemico; i
birri, gli Alemanni, il pievano, chiunque volesse fargli male, gli
avrebbe visti in viso! Rimasta un altro poco a guardarlo, baciò il
guanciale su cui posava il capo, non osando baciar lui in viso; poi si
tolse non sazia da quella vista.
Tornata in sala, trovò la fantesca gomitoni sul tavolino; e allora
soltanto, vedendola sola, si rammentò di Tecla.
«O Tecla?--chiese essa, rimescolata per l'assenza della giovinetta.
«Tecla?--rispose Marta con certa voce che pareva chiedesse
anch'essa--Tecla, questa volta ne sono certa, e non è più tempo che io
taccia. Mi scaccerà se vorrà, tanto in questa casa non ci sono quasi
più per nulla, ma voglio dire la verità. Ascolti, quando vedeva lei
usare tanti bei garbi a Tecla, e avezzarla a leggere a scrivere, a
parlar bene; ecco, diceva tra me, una signora che si apparecchia da sè
il miele amaro! Ma dalla tema di farle male, mi teneva in gola
tutto....
«Ma, o Marta,--sclamò la signora, battendo forte col piede il
pavimento:--e che strazio è questo che volete fare di me?
«Tecla la strazierà; non io...! Tecla, Tecla... vuol bene al
signorino!»
Fu come se nella sala non vi fosse rimasto più anima viva, dal tanto
silenzio che vi si fece a quelle parole. La signora si abbandonò sul
suo seggiolone, raccolse la fronte tra le mani, e non fiatò. Marta
ritta, immobile, sbigottita, stava come se avesse, senza volerlo,
ucciso qualcuno. E sentendosi rimordere forte d'avere dato quel tuffo
alla padrona, afferrò il primo pensiero che le balenò alla mente; e
senza stimare quanto valesse, fece come colui che lava la piaga colla
prima acqua che gli viene alla mano, non badando se sia immonda da
farla inciprignire. Chinandosi a lei, quasi a parlarle nell'orecchio
sommessa, disse con ingenuità maravigliosa.
«Ebbene? Che guaio c'è? E dacchè quell'altra di C... si marita...: se
il bene che Tecla gli vuole, servisse di sfogo a Giuliano.»
A queste parole, la signora Maddalena sollevò la fronte sdegnosa; ma
d'uno sdegno sì alto, sì generoso, che alla vecchia parve di non avere
visto mai nulla di più potente, a farle chinare gli occhi mortificati.
«E questo,--sclamò--questo, o Marta, è il più tristo pensiero che
abbiate concepito dacchè siete al mondo; voi, che come io, avete un
piè nella fossa!» E preso un partito, lasciando la fantesca a
ingollare le parole che aveva detto, s'avviò sola, al buio, in casa di
Rocco.
Là s'era rifugiata Tecla, sin dal primo apparire di Giuliano; senza
che la padrona, o Marta avessero badato a lei. E chiusa in quella
cameruccia, dove non aveva più posto piede da quella sera, in cui era
salita a pigliarsi i panni, per andare a Torino alla ventura: pensava
a Giuliano come ad una visione; pensava a Marta, che forse gli avrebbe
detto, come essa fosse vissuta quei due mesi alla mensa della signora
Maddalena; le veniva in mente quella fanciulla di C.... di cui aveva
inteso parlare da don Marco; provava uno sgomento profondo della
venuta del signorino, e insieme corruccio contro l'ingrata che non lo
voleva più sposare. Oh! se la grazia di essere amata da esso, il cielo
l'avesse fatta a lei! Qui arrossiva d'avere osato tanto pensiero; e in
questa guisa, ora cadendo d'animo, ora levandosi, se ne stava
rannicchiata là al buio; d'una cosa temendo su tutto, ed era che prima
o poi la si venisse a cercare.
I suoi l'avevano veduta venir in casa così di furia che n'erano
rimasti spauriti; ma già accostumati a menarle buona ogni cosa, dacchè
pareva portata in palma di mano dalla padrona; non s'erano manco
rischiati a chiederle che avesse. E tra quel fatto, e il ritorno
improvviso del signorino, ondeggiando turbati; non osavano coricarsi,
e stavano a quell'ora ancora in cucina.
Non è a dire se fu grande lo stupore di Rocco, quando vide apparire la
signora Maddalena, sola, al buio; essa che dopo l'avemaria, non aveva
posto piede fuori la soglia, forse da dieci anni. Temè che venisse a
comandargli di pigliarsi in ispalla i bimbi, le masserizie, e Tecla e
tutto, per andare in cerca d'altra casa e d'altri padroni; ma quando
la udì domandare della sua figliuola con voce dolce, sebbene commossa,
gli tornò il cuore a posto; e preso un lume la menò diritta nella
cameruccia di Tecla.
Alla vista della padrona, la fanciulla aperse le braccia, quasi per
dire: «sono qui, faccia di me quel che le pare!» E quella mandato via
Rocco:
«O Tecla--le disse--tu mi vuoi bene nevvero? Dimmi una cosa; se io ti
dicessi, bisogna che tu te ne vada per un po' di tempo da qui... mi
daresti retta...?
«Oh sì!--sclamò Tecla--anche subito... come piace a lei...!
«Io ti verrò a vedere qualche volta; ti farò condurre a Santa G.... in
casa ai parenti di tua madre. V'è lassù una bella chiesa, sopra una
vetta, tu vi andrai a pregare per me.... Non temere, di sulla porta di
quella chiesa vedrai D.... e la mia casa e la tua.... addio.»
E prese le mani della povera giovinetta, le strinse con pietà grande;
poi si tolse di quivi, perchè se vi fosse rimasta un altro poco, il
singhiozzo l'avrebbe vinta.
Discesa a basso, raccomandò a Rocco di menare la figliuola in casa ai
cognati ch'egli aveva a Santa G.... nè disse di più; che dallo
sgomento le morivano le parole in bocca. Il buon uomo promise
d'obbedire, senza chiedere il perchè, ma su per giù almanaccando, gli
pareva d'averlo indovinato: e volle accompagnare la padrona quei pochi
passi. Chi gli avesse visti a quell'ora, che era quasi di mezzanotte,
forse avrebbe pensato che in quella casa fosse qualcuno all'ultime
fiatate. Una quiete altissima regnava in quella parte del borgo,
mentre in castello si vedevano molte finestre illuminate, e veniva di
lassù un suono di strumenti; misto di quando in quando a un prorompere
di voci allegre, proprio come nei festini del carnovale. La signora
udiva e sospirava, pensando ai casi suoi dolorosi: e giunta sulla
porta, pose la sua mano ardente nella fredda e callosa di Rocco; il
quale avuta la buona notte, commosso da quell'atto, tornò a
promettere, che all'alba sarebbe stato colla figliuola in cammino per
Santa G.... Capiva che obbedendo pronto, faceva un gran bene alla
signora, a Tecla, a sè; e quasi dallo struggimento il pover'uomo
piangeva.
Tornata in casa, la signora Maddalena, si guardò bene dall'appiccar
discorso con Marta; la quale aveva detto poco prima quelle brutte
parole. E come dalla camera di Giuliano non si udiva nulla, disse alla
vecchia che andasse pure a dormire, e v'andò anch'essa. Quella fu una
notte, quasi peggiore dell'altra di tre mesi prima, che aveva
preceduto la partenza del suo figliuolo; e la povera donna ebbe un bel
rimettersi in Dio, ma non le riuscì di riposare. Manco male, che per
la stagione, il mattino stette poco ad apparire, a guisa d'un
visitatore sollecito, che viene e s'affaccia timidamente ad esplorare,
se è tempo da giungere gradito. Allora i tamburi batterono la diana
nel campo alemanno, rompendo la quiete soave della prima aurora;
quella quiete che non vorrebbe essere turbata da niuno, prima che
dagli uccelli dell'aria, ridestati al canto, all'amore, all'innocenza
della loro libera vita. Quei tamburi accompagnavano l'andata di Tecla
e di Rocco, su per la via che serpeggiando da D.... verso le alture
dei monti, i quali dividono le due valli della Bormida, mena al
villaggio di Santa G.... Salivano salivano, Rocco portando sulla
spalla il fardelletto di Tecla, infilato in un bastone; e Tecla
volgendosi addietro di tanto in tanto a guardare. A misura che la
veduta del borgo si faceva più bassa, e le case impicciolivano allo
sguardo, e il campanile del castello pareva assotigliarsi, Tecla si
sentiva crescere il cuore, e credeva di elevarsi a regioni piene
d'un'aura dolcissima di speranza.


CAPITOLO XIV.

Se in casa alla signora Maddalena s'era vegliato in quella notte assai
al tardi; a C... in casa al signor Fedele, non tutti avevano dormito:
e il sole spuntando bellissimo, visitava con uguale sorriso l'uno e
l'altro villaggio, salutando la madre di Giuliano tutta cordoglio, e
il padre di Bianca affaccendato, come un maggiordomo di famiglia
doviziosa, che abbia corte bandita.
Egli aveva ricondotte in C... le figlie e la cognata da sola una
settimana; perchè dal giorno in cui don Marco e il padre Anacleto,
s'erano bisticciati nella sua palazzina, e Bianca aveva detto
apertamente al primo, d'essere disposta a fare il volere del padre
suo; egli adagiato nelle dolcezze della campagna, s'era dilettato a
colorire i disegni che aveva nel capo. Di piàti e d'ogni altro negozio
dell'arte sua, non si era più dato pensiero, contento di quello che
teneva tra le mani grandissimo, il matrimonio di Bianca coll'Alemanno.
In verità questi due, guariti l'uno del corpo e l'altra dello spirito,
mostravano oramai d'aver fretta; ne sarebbe bisognato di sapere i
discorsi, o di badare alla rallegratura, che il viso della fanciulla
pigliava sempre più viva; per indovinare come ogni giorno fosse atto
ad essere vigilia di quella festa, che alle volte pone l'uomo dentro
al tempio della Felicità, e alle volte gli fa sbattacchiare in faccia
la porta di questa Dea.
A misura che la festa si appressava, damigella Maria pareva
restringersi con Margherita, tanto da fare con essa una sola persona
annuvolata e taciturna. Essa aveva fatto come colui, che vedendo pieno
di crepe il muro della propria casa, s'industria di tenerlo ritto con
puntelli d'ogni sorta; e tira innanzi dall'oggi al domani, finchè vi
rimane sotto schiacciato. Messa in disparte l'idea d'andarne di casa
al cognato; quetatasi nella promessa che l'Alemanno non avrebbe menata
Bianca lontana; s'era acconciata a vivere là dentro, dove tutto pareva
farsi a suo dispetto. Il signor Fedele, poneva ogni cura, a non darle
appicco di tornare a mezzo con quell'idea; badava bene a non capitarle
tra' piedi; e le lasciava volentieri il sollazzo della compagnia di
Margherita, in cui la poveretta aveva posto la vita. Così a poco a
poco, tra lo starsi e l'essere tenute in disparte, in quella faccenda
del matrimonio; esse erano divenute a Bianca quasi straniere. Questa
poi, dal dì che s'era chiarita ben disposta verso l'Alemanno, non
aveva riparlato dieci volte con esse. Occupata di sè, delle cose nuove
che si vedeva intorno, e delle tante che sapeva immaginare con quella
sua fantasia, riscaldatale dal padre e dal fidanzato in mille guise,
si reputava felice; e vedendo esse accorate faceva spallucce, e diceva
tra sè che nelle loro malinconie, non aveva a vedere nulla. Le cansava
con accortezza, e quando non era col fidanzato, col babbo
amorevolissimo, o col padre Anacleto che veniva nel borgo a visitarla;
se ne stava nella propria camera soletta; non come la primavera
addietro afflitta, taciturna, stanca di tutto; ma intenta ad aprire e
a rinchiudere, cento volte, i cassettoni del suo canterano. E pigliava
diletto a cavare e a riporre uno dopo dell'altro, vezzi d'oro, e
monili e collane; e poi sete, e trine, e vesti, e pettini, e
reticelle, e guanti di ogni colore e di molta spesa. Sovente aprendo
una scatola di lavoro sottile, che era da per sè una galanteria, ne
cavava certi fiocchi di piume di cigno, e accostandosi allo specchio,
s'impolverava peritosa un po' di capelli sulla fronte, e un po' di
gota; e rimaneva a guardarsi nella spera, come per vedere se
incipriata tutta la testa, sarebbe parsa più bella. Oh! se la mala
ventura, che poneva Giuliano a sì dure prove per amore di lei,
l'avesse portato a vederla solo una volta, in quelle opere solitarie;
che sì ch'egli avrebbe cacciato presto dal cuore l'affetto a quella
bellezza! E se le memorie prepotenti le riconducevano alla mente quel
giovane scolare del terrazzino, quella donna che tre mesi prima
l'aveva baciata in viso: se pensava al dolore in cui forse vivevano
per essa; faceva come pel cordoglio della zia, si stringeva nelle
spalle e pareva dire: «che colpa ci ho io?» Buon per lei che don Marco
non appariva più alle finestre rimpetto; perchè da parecchio tempo si
era andato a ricoverare in certa sua casuccia sui monti, dove lo
rivedremo; ma se egli fosse stato nel borgo, le avrebbe qualche volta
dato ad intendere con un solo sguardo, quanta era la colpa che essa
aveva nei dolori, sofferti dalla signora Maddalena e da Giuliano, per
cagion sua. Tuttavia, essa non se ne sarebbe doluta molto, assordata
come era dalle ciance degli adulatori; i quali sparsasi la voce del
matrimonio, erano corsi a congratularsi a lei; e gli ufficiali
Alemanni, amici del fidanzato erano stati i primi. Costoro usavano con
essa i portamenti più rispettosi; e quello stesso generale che aveva
rimbrottato il fidanzato, dandogli i fogli della licenza giunta da
Vienna; s'era rabbonito con lui per la bella maniera, con che aveva
toccata la sua ferita, e per la bellezza della fanciulla, che francava
la spesa del suo amore. La prima volta che l'aveva veduta, le era
entrato di Vienna, di Corte, dello stato che l'attendeva: e Bianca
d'allora in poi, s'era sentita crescere l'orgoglio e i desideri; e
l'animo non aveva più cessato di farle dentro come vi avesse un
pavone. E già non poteva più reggere a stare in quella casa, che le
pareva umile da averne vergogna; e pur d'andarsene si sarebbe
acconciata a partire di notte, senza dire addio a niuno, col suo
Alemanno; il quale non era più per lei, l'uomo a prima giunta tanto
spiaciuto. A farlo bello agli occhi di lei avevano anche giovato le
minute dicerie e i motti delle zitelle del borgo; motti e dicerie, che
raccolti con cura dal padre Anacleto, le venivano nell'orecchio come
prove dell'altrui invidia. Così tra i benevoli e i malevoli, la
preparazione di quel matrimonio fu un lungo epitalamio, che finì nelle
dolci parole con cui Bianca e il fidanzato, fissarono per le nozze il
primo giorno d'agosto; quello stesso in cui Giuliano si sarebbe
ridestato nel proprio letto di D.... chi sa con quali propositi
nell'anima offesa.
Il signor Fedele, aveva dormito poco la notte, e sin dall'alba si dava
attorno con un nugolo di fantesche e di servitori; tolti in casa lì
per lì, tanto che la faccenda della festa e del convito fosse mandata
innanzi per bene. Le signore del borgo, anco quelle che del matrimonio
avevano parlato più da maligne, andavano e venivano profferendo a
Bianca i loro servigi; l'una per essere stata l'amica di quella
buon'anima della signora Costanza; l'altra perchè in fatti di così
gran conto s'era sentito ribollire nel sangue la parentela; le più per
quello assillaccio della curiosità, in certe donne sì vivo, che tu le
trovi dovunque tu vada, a festa, a funerali; ora prefiche, ora
pronube; sempre colle labbra mosse in guisa, che tu non sai se siano
per dirti una parola d'augurio, una di compassione, oppure una
facezia.
Bianca stava in una stanzetta che le teneva luogo di spogliatoio. Non
aveva fatto altro in tutta la mattinata che aprire cofanetti e
cassettoni; sturar boccettine d'acque odorose e spruzzarsene; si
provava anella e pendenti di grandissimo costo, braccialetti e
collane; e già molto prima dell'ora fissata, essa era pronta per
andare in chiesa. Fattasi dinanzi ad uno specchio, che il fidanzato
aveva fatto portare sin dalla lontana Venezia, stette un tantino a
contemplarvisi piena di ammirazione per la grande bellezza che si
sentiva in tutta la persona; poi piegando il collo verso le signore
che l'avevano aiutata a vestirsi, disse altera come una regina:
«Ora possiamo andare.
«Ma lo sposo?»--chiese una di quelle dame.
«O che modo è questo di farsi aspettare?»--sclamò Bianca, battendo
dalla stizza l'ammattonato col piede, che fu visto in quell'atto,
chiuso in un scarperotto di raso bianco, stretto fin sopra la noce, da
un intreccio di cordelline di seta, le quali si scernevano sulla
calza, traforata e di sottilissima fattura. E così dicendo cavò dalla
cintura un oriolo tempestato di gemme, che mandavano dalle mille
faccette certi raggi, i quali somigliavano ai lampi onde brillavano
gli occhi di lei, per la collera cui s'era levata.
Le donne s'ingegnarono di quetarla; ed una di esse, a consumare
quell'altr'ora che rimaneva, prese a narrare, interrotta presto
dall'altre, i matrimoni illustri, che ai loro giorni avevano veduti
celebrarsi nel borgo. Bianca, messasi a sedere, ascoltava; e
proseguiva a vagheggiarsi nella spera, facendo paragone di sè colle
spose, delle quali sentiva dire.
Frattanto il signor Fedele aveva finito di far apparecchiare la mensa,
in quella sala istessa, dove alcuni mesi prima, la signora Maddalena
s'era intrattenuta con lui. I convitati dovevano essere molti, epperò
lo studio per far posto a tutti, era stato assai lungo. Il vasellame
di stagno forbitissimo, le bocce, le guastade, facevano un bel vedere
sulla tavola foggiata a ferro di cavallo, e coverta di tovaglie
tessute ad opera, candide che avrebbero rimessa la voglia in un
ammalato agli sgoccioli. Le dipinture della Samaritana al pozzo, e
della scala di Giacobbe, con tutte le altre anticaglie, erano state
tolte; e la sala parata a nuovo non pareva più quella d'una volta,
neanco per l'ampiezza, tanti erano gli arredi, e tale il bell'ordine
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