Le rive della Bormida nel 1794 - 02

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Già ho bell'e capito, essa è di C.... come si chiama?»
«Bianca dei N....--rispose Giuliano colle vampe al viso.
«Oh? Dei N.... ce n'è una famiglia sola, credo... Sua madre dev'esser
morta, e si chiamava la signora Costanza nevvero? Hai fatto bene a
innamorarti d'un'orfana! E la conosco sai; sta un po' a sentire: la
vidi una volta, al convento dei Minori Osservanti di C....: mi ci
aveva condotto tuo padre alla sagra della Madonna degli Angeli...
miracolo, perchè le sagre egli non le poteva udire manco a menzionare!
ebbene..... Bianca deve essere una di quelle due fanciulline che la
signora Costanza si menava per mano, sotto i pergolati del convento:
parevano due perle.... una era bionda, l'altra bruna....: ricordo che
vedendole io dissi che la festa della Madonna degli Angeli era fatta
per esse.... e tuo padre a ridere.... a ridere di sentimento.... e a
chiamarmi invidiosa.... E qual è delle due?»
«La bruna.
«Ah! già perchè l'altra deve avere pochi anni....! La
bruna!--Ripetendo questa parola la signora rimase cogli occhi fissi,
forse pensando ai tempi in cui anch'essa era piaciuta al giovane
forestiero, che poi le era diventato marito:--E sta bene,--continuò
poi,--ma come non mi hai detto nulla, mai nulla? Te ne sei forse
innamorato quest'oggi?
«Che so io?--rispose Giuliano, stato sino a quel punto come un barbero
alle mosse:--gli anni che stetti a C.... l'ho veduta venir su sotto i
miei occhi. La vedeva dal terrazzino di don Marco ogni giorno; la
seguiva in ogni luogo dov'essa andasse a passeggiare, in chiesa badava
sempre a trovare un posticcino da poterla guardare, e mi sentiva
addosso un'allegrezza!.... altro che i canti della gente e dei
preti!.... mi pareva che io avrei cantato colla voce d'un angelo! In
tutto era diventato il primo tra miei compagni; allo studio, al
giuoco, niuno se la sentiva più di vincermi: i pericoli io li cercava
come fossero spassi: e mi ricordo d'una volta che ardeva una casa, e
che io mi cacciai su fin sopra i tetti, e mi spiacque che non vi fosse
una vecchia, un bimbo, Bianca stessa da salvare. Un'altra mi
arrampicai su d'un pioppo, che aveva le cime curve sopra il torrente
in piena, per vedere gli uccelletti di un nido, che era lassù. Le
ventate mi dondolavano, e a mirare di sotto l'acqua furiosa, e lontano
in faccia il balcone di Bianca, mi credeva d'essere in paradiso. Oh!
quegli uccelletti come li baciai! Era diventato buono, così buono che
non poteva udire i poveri pregare alla porta, e correva a portar loro
il mio desinare. Don Marco diceva che ve n'erano troppi dei poveri....
e che i ricchi erano pochi e crudeli... Suvvia, io gridai una volta,
facciamoci tutti poveri e così andrà meglio....! i miei compagni non
capivano nulla.... e risero.... E la notte? La notte, se pioveva o
tirava vento, io mi sentiva in cuore una pietà che non mi lasciava
dormire, e mi doleva sin delle impannate, del cesto di basilico, delle
pietre della via che pigliavano il freddo. Una vecchia, poi, ricordo
una vecchia che aveva tre capre, la sua ricchezza; i compagni la
canzonavano, io mi posi in capo di farla rispettare, e qualcuno le
toccò sode! Poi vennero le malinconie; e talvolta tenni a mente
dugento versi di Virgilio, solo a leggerli due volte, tal altra stetti
settimane senza aprire un libro. Allora passava delle ore e delle ore
coricato colla guancia sull'erba, in qualche campo solitario; e là mi
pareva di udire quello che si faceva sotterra dai morti.... pensava
sempre alla morte, e non so perchè, ma in quei giorni, incontrando
Bianca, se qualcuno dei miei amici diceva che essa era bella, io avrei
voluto morire. Mi pativa il cuore che l'aria me la guardasse. Eppure
quelle malinconie erano nulla; le vere vennero di poi, quando andai a
Torino la prima volta.... Allora sentii uno sgomento....! e mi parve
che mi avessero fatto nel petto un buco tenebroso profondo, e che per
uscire da quella pena bisognasse....»
Qui Giuliano s'avvide di parlare a sua madre, e di parlarle come ad un
amico nelle mutue confidenze di amore. Arrossì, chinò il capo, e non
osò più dire. La signora Maddalena stava ad ascoltare, come colui che
camminando in sul far dell'alba, se ode il canto di un usignuolo,
s'arresta e teme di sturbarlo che voli via. Ma intanto le entrava
nell'anima un dolore, il dolore di avere scoperto che il suo figliuolo
non era più tutto suo; e pensando a quella fanciulla che le rapiva
tanta parte del cuore di lui, alfine si fece forza e gli chiese:
«E Bianca?»
«Io non le ho mai parlato:--bisbigliò Giuliano.
«E allora? E a C.... che cosa vi andavi a fare?
«A vederla.
«Via...., domani sarà di giorno: ora ho bisogno di raccogliermi.... tu
frattanto m'hai tolto un gran masso dal cuore! Con quegli Alemanni
m'avevi spaventata.... che t'han fatto, che c'entrano....? Basta! sono
tranquilla, vattene, domani mattina riparleremo.»
Così dicendo lo accompagnò fuori dell'uscio, ed egli risalendo alla
sua camera, dalla contentezza non toccava i gradini coi piedi. Là si
mise a guardare il cielo dalla finestra; il cielo che in quell'ora,
coi suoi splendori infiniti, gli pareva cosa meno lieta di quel che la
terra stava per divenire nelle sue nozze vicine. Ma chinando gli
occhi, vide nel giardino scuro, un tratto riquadro del suolo, su cui,
traverso la finestra di sua madre, posavano i raggi del lume che essa
teneva acceso. Quel tratto di suolo, lo percosse come la vista d'un
sepolcro scoperchiato; e subito gli passò per la mente, fantasia
maluriosa, l'ultima notte, in cui, la sua dolce madre sarebbe giaciuta
morta sul proprio letto; e il lume funereo avrebbe posato i suoi raggi
in quella maniera lugubre, da quell'istessa finestra, forse su
quell'istesso tratto di suolo. Provò l'amaro desiderio di morire prima
di quella notte, e chiuse le imposte pensando che grande miseria
sarebbe stata quel giorno, in cui nè in casa nè fuori avrebbe più
incontrato sua madre. «Che la vita sia corta è un bene:--mormorò
allora avvicinandosi ad uno scaffale--e guai a noi se uno potesse
farci dono dell'immortalità qui in terra, nel momento che ci muore la
madre!.... Sì, che la vita sia corta è un bene, e chi se ne lagna ha
torto; perchè coll'amore, collo studio, col lavoro, si può farla
valere secoli.» Così dicendo prese un grosso volume, l'aperse sul
tavolino, sedette, e raccolte le tempia fra le mani, si sprofondò
nella lettura, o forse in chi sa quali pensieri. Ad ogni modo,
chiunque l'avesse visto in quell'ora, avrebbe pensato che tanta
meditazione, non fosse cosa da potersi rompere, senza togliere
all'anima del giovine qualche ineffabile ed austera consolazione.


CAPITOLO II.

Marta essa sola, se fosse stata vicina a Giuliano, non avrebbe avuto
rispetto alla sua meditazione; offesa, stizzita, afflitta, per le cose
udite da lui. A quell'ora dava volta nel proprio letto, ora su d'un
fianco ora sull'altro; colla mente piena d'Alemanni, col cuore
travagliato dalla paura del pievano; il quale aveva predicato e fatto
predicare dal capuccino del quaresimale, che guai a chi avesse negato
qualcosa a qualcuno di quei soldati. Ora questo pievano non era uomo
da farsi pigliare a gabbo; e quel che diceva faceva; e le cose della
sua cura le conosceva a puntino; vedendo dentro le case come fossero
state senza tetto, o avessero avuto le mura di vetro. Venuto
trent'anni prima a quella pievania, la gente del borgo gli era nata
più che mezza sotto gli occhi; e quelli che non erano stati battezzati
da lui lo temevano, sebbene gli fossero meno reverenti. Rammentavano
d'essere andati ad incontrarlo il giorno del suo arrivo, lontano un
bel tratto, in processione, a suon di campane; e vivevano ancora quasi
tutte le donne, che da giovinette tra le più belle e dei migliori
casati, gli avevano fatto la fiorita per la via, vestite di bianco, e
cantando lodi come al Nazzareno. Ma in cambio, a cavallo d'una
gagliarda giumenta, accompagnato da un mulattiere carico di parecchie
casse, e da una donnicciola che pareva venisse a morte su d'un'asina
stanca; avevano visto comparire un prete prosperoso e di cera ardita;
il quale ricevute le prime accoglienze, aveva subito comandato di dar
volta ai maggiorenti che menavano la processione, e alle fanciulle
che, dinanzi a lui, s'erano tutte confuse e messe cogli occhi bassi.
Entrato al suo posto, era stato poco a mostrare d'aver preso alla
lettera i nomi di pastore e di gregge: alcuni che avevano osato di
badare alle opere sue, con due o tre esempi gli aveva fatti star
zitti; e a poco a poco s'era acconciato in casa, come se fosse stato
certo di campare cent'anni. E a dir vero, ai tempi di questa storia,
aveva già fatti i funerali a una generazione intera, senza essersi mai
lagnato d'un dolor di capo; e faceva conto di logorare un'altra
ventina di calendari, prima che un successore fosse venuto a cantargli
le esequie. Allora aveva sessant'anni, e a vederlo come vestiva lindo
e con panni bene attagliati alla persona, si capiva che da giovane gli
era piaciuto di parere un bel prete: ma i suoi occhi grigi, le guancie
rubiconde e un tantino cascanti senz'essere flosce, i capelli sciolti
e giù bassi sulla fronte; un paio d'orecchie grossissime, infiammate,
ciondolanti a guisa di bargiglioni, gli davano piuttosto l'aspetto
d'un uomo stato pronto e violento. Forse aveva sbagliato il mestiere,
perchè sui fatti suoi, rispetto a certi voti, nessuno osava lodarlo;
era avaro salvo che in certi casi che faceva il grande coi grandi; e
per desinare da un amico non badava a fare mezza dozzina di miglia.
Sebbene fosse di poca coltura, perchè appena uscito di Seminario aveva
smesso di leggere; non isdegnava gli ecclesiastici dotti, se gli
accadeva di incontrarne qualcuno: ma i laici che sapevano di lettere
li teneva d'occhio, e godeva che il volgo li chiamasse stregoni e gli
avesse sospetto. Anzi li gridava dal pulpito a dirittura uomini
perniciosi, citando esempi, facendo allusioni, dando a capire di chi
voleva parlare; e queste erano piccole giunte alle prediche che egli
sapeva fare, e che ogni tre o quattro anni tornavano sempre ad essere
le stesse; perchè egli le studiava in certi quaderni di carta
ingiallita, scarabocchiati sulle copertine con frappe, con date
antiche, con nomi diversi di preti, annestati a motti latini. Quei
quaderni erano una sorta d'eredità passata per molte mani, e tenuta da
lui molto riguardata in una cassetta, che il giorno del suo arrivo era
parsa ai curiosi uno scrigno: e le più belle di quelle prediche le
recitava dinanzi ai nobili, che dal Monferrato o da altra parte del
Piemonte, capitavano la state a pigliare i freschi nei loro poderi di
quelle valli. Era conosciuto da tutti costoro, perchè tutti ei
visitava lontano sin dove poteva andare e tornare in una giornata; e
ne aveva avuto sempre doni e carezze. Diceva spesso d'uno molto
potente in corte al Re di Sardegna, che gli aveva dato a capire, di
non sapere bene se i preti gli avesse a chiamare prima o seconda
milizia dello Stato; e che a sentir suo, nella loro gerarchia, un
pievano era pari e forse da più d'un capitano in quella dei soldati di
sua Maestà. Del rimanente ogni volta che tornava fuori con questo
discorso, finiva sempre dicendo che agli onori non si doveva badare;
la massima che l'uomo non deve porre troppo affetto nelle cose
terrene, nè in padre, nè in madre, l'aveva sulle labbra sovente, come
fosse un suo proverbio; forse non aveva mai pianto, prosperava un anno
più dell'altro; nel 1794 faceva quasi la sessantina e il suo nome era
don Apollinare.
La donna arrivata con lui il giorno ch'egli chiamava del suo avvento,
era una sua sorella più vecchia che ei si teneva in casa; creatura
spersonita ed infermiccia, che proprio reggeva l'anima coi denti. Era
così asciutta e grinzosa, che un parente tornato a vederla dopo mezzo
secolo, non avrebbe osato abbracciarla, dalla tema di sentirsela
scricchiolare tra le mani. Sotto la cuffia che colle guarnizioni
faceva alla faccia scarna una cornice disadatta, mostrava corti
capelli color di cenere, che forse erano una parrucca: un'aria soave
di purità, spirava da tutta la sua esile persona; aveva di bello gli
occhi, neri, grandi, pieni d'una profonda bontà. E buona la era
davvero, sebbene la natura e la fortuna se la fossero presa in fra
due; e la prima n'avesse formato una di quelle creature che stanno
sulla terra lunghissimi anni, e paiono sempre vicino a morire; l'altra
l'avesse posta tra quelle donne, costrette a rimanersi zitelle e ad
invecchiare in casa a qualche congiunto, non care, non respinte,
sofferte quasi da serve. La poveretta bisognosa di consolazioni più
che d'aria per vivere; dopo la sua venuta a D.... non ne aveva avuto
che di due maniere, quasi da celia. Ed una era questa che se la
quaresima capitava al presbiterio qualcuno, recando uova e salati, e
chiedendo licenza di mangiar latticini e di non digiunare, per sè o
per un ammalato; essa con aria mistica e solenne mandava il
supplicante, sciolto dalle discipline del magro e del digiuno; e non
dimenticava mai di dire, che a concedere quelle licenze, il vescovo ci
aveva messo il pievano, e il pievano ci aveva messo lei. L'altra delle
sue allegrezze la provava ammanendo il caffè pel suo fratello ogni
giorno, e le feste solenni per i sette od otto preti del borgo, che
venivano a pigliarlo con lui dopo il desinare. Godeva a udirli sorbire
quella bevanda, di cui allora si cominciava appena a parlare, come di
cosa dell'altro mondo; ma essa non ne assaggiava, perchè la sua bocca
non era da tanto. Si innebriava aspirandone il fumo, si teneva onorata
d'avere in casa quella delicatura, che anco i più ricchi del borgo non
avevano ancora; e se conversando dinanzi la porta, colle donne del
vicinato, le riusciva di far cadere il discorso su tanta grazia di
Dio; ne diceva da far venire l'acquolina a tutte; poi con certo suo
piglio orgoglioso e cortese, saliva di sopra, e poco dopo s'affacciava
con in mano un bricco lucente, donato al fratello da non so che
marchesana di quelle parti. E porgendolo a vedere imitava, senza
volerlo, l'atto che soleva fare il pievano, nell'alzare il reliquiario
più venerato della chiesa, a scongiurare il mal tempo. I fanciulli,
che non sapevano del celibato dei preti, sino a una certa età non la
chiamavano altrimenti che la moglie del pievano; al suo nome di
Placidia, si soleva aggiungere dai più il titolo nobilesco di donna;
derisione inconsapevole a una povera creatura, che nulla aveva della
donna salvo che i guai; nessuno avendola mai chiesta sposa, nessuno
amata, e potendosi dire di lei, che la si aveva lasciata vivere per
non commettere un peccato mortale.
Don Apollinare non aveva dato guari segni di voler bene a questa sua
sorella, nei tempi quieti; ma in quelli torbidi che s'erano messi
verso il 1790, la teneva come persona nudrita a posta, per poter darle
in casa i resti delle invettive, che scagliava in chiesa e fuori
contro le cose di Francia. Le quali in sul cominciare non gli erano
parse di gran momento; e a chi glie n'aveva chiesto, s'era contentato
di rispondere che erano follie di popolaglia, e che o pane o bastone,
avrebbero finito in nulla. Ma il 1791 gli era cascato addosso come
fosse stato la volta del Sancta Sanctorum, sfasciatasi mentre egli era
all'altare; e d'allora in poi aveva tenuto l'orecchio alzato a tutte
le novelle che poteva avere da quel paese. Ad ogni corriere, che
capitava ogni mese una volta, si faceva sempre più pensoso; i notabili
del borgo gli si raccoglievano intorno spauriti della sua cera: egli
parlava loro un linguaggio pieno di misteri: e se qualcuno osava
annunziare di suo, cosa che avesse inteso da gente d'altri borghi, o
dai mulattieri, che pei loro traffichi praticavano verso la Provenza;
quello agli occhi di lui, era pecora vicina a sbrancare, e cominciava
a tenerlo d'occhio. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo, avuta per
via dei suoi superiori, due anni dopo che se n'era udito parlare, gli
aveva fatto passare il giorno più nero di tutto quel tempo. Letta,
riletta, meditata a lungo quella scrittura; chiesto a sè stesso mille
cose circa quei diritti, aveva finito col capire nulla di nulla; ma in
cuor suo rese grazie a Dio d'aver fatto morire un tale cui quel foglio
sarebbe giunto per certe vie ch'egli sospettava; un tale che avrebbe
fatto le capriole dall'allegrezza solo a leggere quelle sciocche
parole, e a dirne qualcosa fra il popolo della pieve! Dio non aveva
concesso che in tempi di pericolo, il lupo stesse a rondinare intorno
all'ovile, ed aveva fatto benissimo. Quel morto che da vivo gli era
stato in ira, aveva lasciato dietro di sè un figliuolo ricco, giovane,
non di buon ramo; ma egli sperava di poterlo raddurre; e ad ogni modo
gli tornava meno molesto del padre, e confidava nell'opera della
madre, che appunto era la signora Maddalena. Con questa si era lagnato
parecchie volte, accusandola d'aver troppo allentato il freno al
figliuolo; aveva predetto che le sarebbe stato cagione di grandi
scontenti; e s'era lasciato andare sino a farle la confidenza, che
Giuliano era la più acuta spina che avesse nella sua pieve. Pensava
tuttavia che coll'aiuto del Signore, passati i bollori dell'età
giovanile, arrivato ch'ei fosse in sui trenta, si sarebbe messo a
vivere più assegnato, più da senno, più da buon cristiano; e su avesse
voluto dire tutta la verità, non gli spiaceva che egli in quei tempi
torbidi se ne stesse a Torino. Perchè i suoi superiori gli scrivevano
sempre d'aprir gli occhi, di star sulle guardie; e senza che si
aggiungesse la briga di dover badare a un giovane ricco fatto di sua
testa, e che se la sentiva di disputare anche con un monsignore, a lui
da fare gli pareva di averne già troppo. In fatti s'era messo a spiare
più attento, a capitare improvviso nelle case altrui, a scrutare le
donne chiacchierone; e come le cose di D.... stavano nei limiti egli
credeva di molto operare per la salvezza del mondo. Ma un giorno,
mentre che stava desinando, gli fu portato uno scritto del suo
vescovo, che parlava di Re Luigi stato giudicato ed ucciso. «Non può
essere!--esclamò egli dando il pugno sulla mensa, per modo che il
bicchiere si rovesciò--questa è una celia che mi si vuol fare, guai
all'autore, se lo scopro!» A queste grida donna Placidia che veniva
recando un piatto, si fermò sulla soglia guardando il fratello, e le
parve ammattito. Egli intanto, tenendo il pugno chiuso e teso verso di
lei, rilesse la lettera, e vide ai bolli che non v'era da dubitare.
«Portate via ogni cosa:--continuò allora con voce dimessa--i popoli
ammazzano i re, e questi sono tempi da fare penitenza!»--A donna
Placidia la novella non fece nè caldo nè freddo; tanto più che il vino
versato sulla tovaglia e grondante dalla mensa sul pavimento, non era
segno di disgrazia vicina. Ma egli credè d'udire i cardini del mondo
stridere per uscire di posto; la pace da lui serbata in D.... non
aveva giovato nulla e se ne doleva: prese il libro dell'Apocalisse,
ora in capo, ora in fondo, lo lesse; lo rilesse, lo predicò dal
pulpito; spaventando i fedeli che non l'avevano mai inteso parlare a
quel modo. Tenne con sè quel libro giorno e notte quasi sperasse di
poterne trarre qualche aiuto nell'ora dell'imminente ruina; dopo
dieci, venti, trenta giorni, vedendo che il sole continuava ad alzarsi
dallo stesso lato, si quetò su quel fatto del regicidio; ma gli rimase
una gran paura dei Francesi nemici di Dio, uccisori di nobili e di
preti, belve che non più frenate da nessuno, avrebbero invasa la
terra, e forse anche il borgo di D.... A rimettergli il cuore in
corpo, non vi vollero meno di quelle migliaia d'Alemanni, venuti di
Lombardia e passati per D.... nell'andarsi a porre a campo vicino a
C.... borgo tenuto in conto di capitale dell'alte Langhe. La vista di
quelle genti, di quelle assise, che ridestavano i ricordi di Marta,
levarono a speranza l'animo del pievano; il quale fu il primo ad
ossequiare il capitano dell'impero, annoiandolo con certa orazione
latina, che diceva come i popoli delle trentasette terre delle Langhe,
rammentassero d'essere stati sudditi di sua Maestà Imperiale, sino a
cinquant'anni addietro; e che bramavano d'essere tenuti dai signori
Alemanni come cosa loro. Offerse agli ufficiali la sua casa, la sua
cantina, tutto sè stesso: e se d'una cosa si dolse, fu d'aver udito
che i più grossi eserciti d'Alemagna, si travagliassero in sul Reno,
di cui egli non sapeva nè dove nè che cosa fosse. Quella, a sentir
lui, era gente sciupata; quattro e quattro otto l'avrebbe voluta tutta
lì in val di Bormida; tutta, da poterla vedere, affacciandosi al
balcone; e allora si sarebbe messo a ridere dei Francesi. Tuttavia
rifatto un po' più tranquillo, tornò a mangiare gagliardamente, a
dormire sonni quieti, a dire ogni mattina alla punta del giorno la sua
messa; alla quale s'affollavano i contadini, prima d'andare a far
giornata nei campi, e vi venivano le serve e le donicciuole più divote
del borgo, tra le quali Marta non mancava mai.
La povera vecchia soleva alzarsi prima che fosse l'alba, e queta
queta, si metteva in capo il _mesero_ stampato ad augelli e ad alberi;
poi camminando in punta di piedi, e frenando la sua tosse mattutina,
usciva di casa e saliva in castello. Per l'età sua ogni onesto le
avrebbe consigliato di astenersi da quel disagio; ma essa faceva
quell'erta come a bersi un bicchier d'acqua. Sentita la messa tornava
che di solito la padrona era ancora in camera; e s'accingeva alle sue
faccende, talvolta cantarellando, talvolta brontolando, ma sempre
festosa come una cuffia nuova sul capo d'una bella dama.
L'indomani di quella sera, in cui Giuliano ne aveva detto di così
grosse; sebbene non avesse quasi dormito, la campana di castello
cominciava appena a suonare l'avemaria, e Marta era bell'e vestita e
pronta ad uscire. Pensiamo un po' che stupore dovette essere il suo,
quando giunta alla porta, o tesa la mano, per agguantare la chiave,
non la trovò nella toppa! Subito si rammentò che la sera innanzi la
padrona aveva voluto chiudere da sè; pensò che la chiave se l'era
portata di sopra, e indovinò anche la cagione di quella novità; ma le
parve che non fosse l'ora da andarla a disturbare. Però l'idea di
mancare quel mattino alla messa, le fece avvampare il vecchio sangue,
che già le impaludava nel cuore; e fattasi animo, salì dalla signora,
la trovò desta, chiese perdono; e avuta la chiave s'affrettò a
rimettere il tempo perso. Nell'aria si udiva tuttavia la romba della
campana, ed essa già entrata in chiesa; si rannicchiò nel banco dei
padroni, si segnò, guardò, e tra due moccoli accesi allora, vide il
signor pievano che saliva all'altare. Lieta d'essere giunta a tempo,
pur non potè difendersi dalla stizza della sera innanzi; e quella
storia delle chiavi custodite dalla signora; i certi dubbi e paure che
non sapeva donde venissero, le ingombrarono la mente, con i pensieri
che non erano d'orazione, tornarono ad assalirla; si raccomandò al
santi, alla Madonna, si morse le labbra, invano: la sua testa andava
in volta, e la messa fu finita senza che, povera donna, le fosse
riuscito di recitare un intero pater. Allora delle sue distrazioni ne
fece un'offerta al Signore, e il pievano non era più all'altare da un
quarto d'ora, quando essa, malcontenta di sè, si levò per tornare ai
fatti suoi. Ed ecco don Apollinare che, l'aspettasse o no, le si fece
incontro sul piazzale della chiesa, colla tabacchiera aperta, dicendo:
«Ebbene, nostra Marta, come state?
«Eh signor pievano, da vecchia bene anche troppo!
«Oh! vecchi non si è mai, finchè l'appetito ci serve!--e qui il prete
porgeva alla donna la tabacchiera, che vi facesse dentro una
pizzicata.
«L'appetito--rispondeva Marta sfregando le dita contro la veste, quasi
per nettarle prima d'accostarle alla tabacchiera;--l'appetito come Dio
vuole c'è, sebbene del mio pane n'abbia mangiato le nove parti.....
«Mangiate anche la decima, e vi rimarrà quello del paradiso:--disse il
pievano--intanto a conti fatti avete visto nascere molti che sono già
all'altro mondo; e molti vi passeranno innanzi, che credono di non
morire mai perchè sono giovani.... A proposito di giovani, ho inteso
che il signor Giuliano è qui in D....?»
Al modo altezzoso con cui don Apollinare dava del signore a Giuliano,
Marta si sentì gelare il cuore, e a mala pena rispose:
«C'è venuto a fare la pasqua....
«La pasqua! E dove la fa la pasqua? A tavola, o forse a C...., dove è
già andato tre o quattro volte, a trovare i giacobini che appestano
quel borgo? Ah l'ha fatta pur grossa la vostra padrona, quando lasciò
ch'egli andasse a studiare a Torino! Voleva farsi medico? Ebbene, non
poteva fare come tanti altri? impratichirsi da qualcuno dei vecchi,
che hanno sempre fatto il mestiere, senz'essere mai usciti da questi
monti? Io l'avrei raccomandato al marchese di C..... al conte di
P....., e quando fosse stato tempo, questi delle licenze di curare i
malati, gliene avrebbero dato, per amor mio, non una ma dieci....! Ma
egli, superbo, no....! questi dei nobili, che danno licenza ai medici,
sono privilegi di medioevo; io non ci vado a trottare sulla mula tre o
quattro anni pei monti, per essere poi ammesso al cospetto del
marchese, a disputare dell'arte mia col prete di casa....! io non ci
vado a farmi compatire dal nobiluomo, che colla parrucca in capo e
colla pergamena già pronta, accennerà cortese o farà rabbuffi, se il
pranzo non gli avrà fatto pro: io non ci anderò a tribolare l'umanità
mandato da questi signori.... no....! ha detto così il superbo, e andò
a Torino.... Almeno ci stesse per sempre laggiù! ma vedete come egli è
ritornato pieno di religione? Voi dite che egli è venuto a fare la
pasqua.....; tutti i galantuomini a quest'ora l'hanno già fatta, ma
lui, lui chi l'ha veduto?
«Ma! sospirò Marta facendo spallucce, in guisa che parve una
chiocciola che ritraesse le corna nel guscio.
«Basta!--soggiunse risoluto il pievano--vedremo che intenzione ha:
ditegli che stamattina l'aspetto.»
E diede di volta, piantando la povera vecchia; la quale stata un poco,
come non sapesse più ritrovare la via, partì, un passo innanzi
l'altro, colla mente a quelle parole, che le suonavano col sordo
rumore d'un temporale vicino. Discese di castello, con una gran guerra
di pensieri nel capo; e giunta a casa, buttato il mesero su d'una
sedia, si mise a rassettare e a spolverare gli arredi, senza badare a
non far rumore; parendole che la padrona non avesse a rimproverarla
d'averla sturbata, dacchè pel figliuolo di lei, le era toccato dal
pievano quella mortificazione. A un tratto rimasta colla mano in alto,
guardando il soffitto, stette a udire certe pedate nel corridoio di
sopra, che le parvero di Giuliano; gioì al pensiero di potersi alfine
sfogare, e smesso il suo lavoro, se lo vide comparire dinanzi.
Calzava gli stivali a ginocchiello, e aveva in gamba le brache di
nanchino giallognole, che i signori di quei tempi tiravano fuori dagli
armadi il giorno di pasqua, fosse questa alta o bassa, ossia nella
stagione ancor fredda, o già nella dolce. A vederlo vestito proprio
come la sera innanzi, quand'era tornato da C...., Marta credette che
egli fosse in punto di ripartire e gli disse:
«Che tornate a C....? No? O allora toglietevi di gamba coteste brache
che paiono di ghiaccio! Che si mettano la festa di pasqua per
santificarla, sta bene..... ma.... e la pasqua starebbe anche meglio
santificarla in un'altra maniera!
«State buona, nonna,--disse accarezzandola il giovane--stanotte non mi
sono spogliato.....
«Già! vizi che si pigliano in città....! Nelle città se ne pigliano
tanti dei vizi.... ma il più brutto.... il più.... Uno squillo di
campanello troncò a Marta la parola, che di quel passo sarebbe forse
finita coll'ambasciata di don Apollinare. Essa dovè correre di sopra a
vedere la padrona; e Giuliano rammentando i discorsi che aveva tenuti
a sua madre, e pensando che era sul punto di doversi presentare a lei;
fu colto da un gran batticuore.
Marta, molto meravigliata, per aver trovata la padrona già vestita, e
acconciata i cappelli, da parere più giovane di qualche anno; tornò
giù a dire al signorino che sua madre lo voleva: ed allora fattosi
animo, egli salì quella scala, ma lento come su per un monte.
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