Le rive della Bormida nel 1794 - 01

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[Copertina]
LE
RIVE DELLA BORMIDA
NEL 1794

RACCONTO
DI
GIUSEPPE CESARE ABBA

MILANO
TIPOGRAFIA E. CIVELLI e C.
Via Silvio Pellico, N. 8
1875

[Occhiello]

GIUSEPPE CESARE ABBA
LE RIVE DELLA BORMIDA NEL 1794

[Frontespizio]

LE
RIVE DELLA BORMIDA
NEL 1794
RACCONTO
DI
GIUSEPPE CESARE ABBA

MILANO
TIPOGRAFIA E. CIVELLI E C.
1875

[Verso]
«L'autore dichiara riservati a sè tutti i diritti accordati
dalle vigenti leggi sulla proprietà letteraria.»


A MIA MADRE MORTA

LE RIVE DELLA BORMIDA NEL 1794


CAPITOLO PRIMO

Chi si parte dalla marina del Finale, e su pel fianco dell'Appennino
va verso le Langhe, si arresta trafelando ogni tratto a ripigliar
lena, e a vedere quanta sarà ancora la salita, e quanto s'è scostato
da quella spiaggia, diversa giù giù per foci di torrenti, per
iscogliere tagliate a filo, per promontori neri, dirupati, somiglianti
a mostri, che si inoltrano cimentosi nei flutti. Ma guadagnata che
abbia la vetta del Settepani, sente l'affanno della via ripida e
lunga, quetarsi in una vista maravigliosa. La catena dell'Alpi è di
lassù un'occhiata infinita; e se vi si arriva all'apparire del sole,
tutta la distesa di picchi, di coni, di aguglie, gli pare un mondo di
cose vive e moventi. Si vorrebbe aver l'ali per lanciarsi su qualcuno
di quei culmini, così alti nel cielo; e si abbassa di malavoglia lo
sguardo, a cercare la via, giù per i gioghi avvolti ancora nell'ombra,
lì sotto: dove per un lungo digradarsi di monti, si confondono
villaggi, selve, burroni spaventosi; qua Montenotte, là Cosseria,
castella e torri feudali per tutto; più lontana e più bella d'ogni
altra quella di Vengore, che nera e solitaria si spicca su un
altipiano, oltre il quale la nebulosa pianura.
Giù per le selve fumano le carboniere da mille siti. Le donne, colle
ceste del mangiare in capo, s'affrettano verso quelle, pei dirotti
sentieri; e ti guardano fantasticando sull'esser tuo: gli uomini, a
mo' di brusco saluto, ti dicono «animo,» o «allegri!» quasi lassù non
potesse passare chi non è lieto o animoso. Non ti paia d'essere
capitato fra gente mezza barbara; chè se tu chiederai loro qualche
servigio ti saranno cortesi, e interrogati ti additteranno i ripari di
pietre ferrigne, fatti dagli Alemanni, superati dai Francesi; e i
tumuli erbosi sotto i quali giacciono i morti di quelle genti;
gloriandosi di non averli turbati mai. Se l'ora sarà del riposo, e
sederai con loro, ti narreranno leggende antiche come quella di
Adelasia ed Aleramo; o forse qualche storia della sorta di questa mia,
seguita in luoghi che si vedono di lassù; quando i repubblicani
Francesi, calarono in Val di Bormida, a piantar alberi di libertà, e a
ballare la carmagnola pei sagrati e sin nelle chiese.
Uno dei borghi di quella vallata, in cui per amenità di postura e pel
genio allegro degli abitanti, facesse di quei tempi più bello stare,
era quello di D.... bagnato dalle acque della Bormida, che ivi scorre
con curve leggiadre, all'ombra d'alti pioppi e passa sotto le volte
d'un ponte angusto, gettato sopra di esse a guisa d'un patto, stretto
cautamente fra quel popolo, in età di poca concordia. Dico così perchè
D.... se ne sta diviso in tre vichi; dei quali due giacciono in riva
all'acque, di maniera che uno d'essi pare lì per tuffarsi; mentre il
terzo li soggioga dalla vetta d'un colle ronchioso e popolato di
cerri. La via onde si arriva su questo, serpeggia con repentine svolte
per l'erta; e sebbene non tutta a petto, è di molta fatica a salirla.
Ma come uno è sulla cima si sente rinato. Piace il sito della chiesa e
il campanile che si leva più alto parecchie braccia, con una
cupoletta, che miracolo se il vento non se la porta via: piacciono il
presbiterio e l'orto; e invoglierebbero ogni uomo d'essere prete, per
vivere lassù da curato. Alcune case che fanno corona alla chiesa,
quantunque belle pongono anch'esse in cuore un funebre senso. Le
ragnatele pendono dai balconi le cui imposte cascano sfasciate; e
mentre si direbbe che questa o quella delle tante porte sia lì per
aprirsi, dura sempre una quiete altissima, interrotta solo dalle
ventate che empiono di suoni cupi le sale deserte. Lassù, nè la state
nè il verno, mai che si vegga un comignolo a fumare, e se i nostri
fossero altri tempi, a udire l'ore battute dall'orologio di quel
campanile, si farebbe credere chi sa quale storia maravigliosa alla
gente semplice del contado. Ma ognuno sa che il sagrestano della nuova
chiesa parrocchiale, sorta da pochi anni in luogo più basso e più
comodo agli abitanti del piano; sale ogni giorno il colle a caricare
quel vecchio arnese; e il suo è il solo passo che rompa il silenzio
dell'antica parrocchia, sempre vuota come le case che ha intorno. Non
più messe grandi nè vespri cantati; non più conviti nè festini;
l'ultimo dei pievani dorme da oltre mezzo secolo nel sepolcro dietro
l'altare; e delle allegre donne e degli uomini buontemponi vissuti
lassù, rimane appena il ricordo nella mente vagellante di qualche
vecchio ottuagenario.
Questo gruppo di case per essere stato sede dei feudatari della terra
si chiamava il castello; e gli abitanti venuti dopo costoro, padroni
della parte più vasta e ubertosa del paese, erano tutti signori. Nei
vichi a piè del colle, le famiglie agiate e le case di bell'aspetto
erano poche; ma in quello della riva sinistra del torrente se ne
vedeva una, notevole per la grandezza, e più alta di tutto un piano
sul vicinato, quasi tutto catapecchie. Mostravano di qual sorta di
gente fosse, il piazzale, l'atrio, il giardino che le fioriva da un
lato; e più di tutto le finestre ampie e chiuse di vetriate, le quali
sebbene fatte a riquadri strettissimi, costavano di quei tempi molto
danaro.
A qualcuna di quelle finestre appariva talvolta una donna, cui si
leggeva in faccia lo sconsolato pensiero di trovar quella casa troppo
vasta per la sua poca famiglia; e i popolani della via la salutavano
con rispettosa dimestichezza. Essi la chiamavano la vedova, e i ricchi
la signora Maddalena. Aveva cinquant'anni, e mostrava la sessantina,
sebbene i suoi capelli fossero ancora neri, e le pendessero dalle
tempia due riccioloni, che nella sua giovinezza dovevano essere stati
una leggiadria. Ma le guancie attenuate, alcune rughe della fronte, il
pallore delle labbra, e più di tutto il portamento della persona
scemata; le davano quelle apparenze che fanno pensare al sepolcro.
Essa non era nata a D...... ma dall'altra vallata della Bormida, come
da terra straniera, ve l'aveva condotta sposa giovanissima il padrone
di quella casa; col quale erano vissuti sempre d'un animo e d'un
cuore; e morendo la lasciava con un figliuolo che nel 1794 aveva
venticinque anni. Questo giovane, venuto su bello e vigoroso, era
stato avviato a modo negli studi di latinità da un buon prete del
borgo di C..... grande amico del padre suo; e come si era scoperto in
lui l'amore alla medicina, il maestro aveva fatto che la madre si era
contentata di mandarlo allo studio di Torino. La povera signora, pur
pregustando le benedizioni dei paesani, che non sarebbero più morti in
mano ai chirurghi di quei tempi e di quei luoghi, castighi di Dio; al
pensiero della lontananza che le pareva dell'altro mondo, a figurarsi
la grande città in cui il figliuolo s'andava a smarrire, aveva tremato
più che la madre d'un navigante che per la prima volta si metta in
mare. Ma poi a poco a poco s'era quetata; e un anno dopo l'altro
sempre aspettando le vacanze, sempre ricadendo nella malinconia al
finire di queste: aveva finalmente veduto giungere l'ultimo anno, che
egli sarebbe stato laggiù; forse per lei il più lungo. Tuttavia era
lieta d'aver sofferto e di soffrire un altro po' di mesi, perchè ogni
volta che il suo figliuolo veniva in autunno, scopriva in lui i segni
d'un giovane cresciuto di pregi. E così senza avvedersene aveva
mescolato al suo amore grande di madre una certa venerazione; per cui
s'abbandonava sovente ad una dolce contemplazione dell'ideale che se
n'era formato: e a vederla in quei raccoglimenti, uno avrebbe creduto
che stesse pregando. In casa non aveva altra compagnia che d'una
fantesca, la quale non sapeva bene da quanti anni fosse al mondo, ma
si rammentava d'aver portato bambino il marito di lei; e perchè aveva
fatto da aia anche al figliuolo, essa non usava dire di lui nè il
signorino, nè il padrone, nè altro; ma lo chiamava alla buona
Giuliano, come egli chiamava lei la nonna Marta. Costei era sempre
stata là dentro più da padrona che da serva, e sebbene già tanto
vecchia non lasciava che altri vi si ingerisse di nulla. Essa in
cucina, essa per le stanze, essa a far i bucati che governava meglio
d'una biancaiuola di monastero; al tempo dei ricolti, faceva l'ufficio
sin di gastaldo; e sempre le avvanzava qualche ora da godersela colla
signora. Questa, di solito, stava seduta in una sala terrena ampia,
sfogata, fresca d'estate, scaldata d'inverno da un gran camino,
dinanzi al quale si tirava una cassapanca, che il rimanente dell'anno
era lasciata nell'atrio a chi vi si volesse adagiare. Il tempo che
erano insieme, la signora parlava del marito morto o del figlio
lontano; e Marta raccontando cose antiche di castelli, di conti, di
carnevali, si studiava di tenerla allegra; guardandola amorosa e con
certa reverente dimestichezza; proprio come se fosse stata una sua
figliuola, maritata per la sua bellezza e virtù alla buon'anima del
padrone.
La sera della seconda festa di Pasqua, dell'anno 1794, esse stavano
appunto sole, in quella sala terrena aspettando Giuliano; il quale era
andato a C.... a visitarvi il suo vecchio maestro: e quella era la
terza gita che egli vi faceva, in una settimana, dacchè era venuto da
Torino, a far la Pasqua in famiglia. Sebbene la signora si fosse
maravigliata di quella frequenza, non aveva dubitato neppure un
istante che suo figlio non andasse proprio per amore del vecchio
prete; e tutta la giornata era stata malinconica ma tranquilla. Però
in sull'annottare aveva cominciato a mostrarsi inquieta. Affacciavasi
ogni tantino alla finestra, aperta dalla parte di mezzogiorno, donde
si scopriva la via di C.... per cui Giuliano doveva tornare; e dopo
l'avemaria vedendo ch'egli non veniva, non trovava più posto ove
potesse star ferma. Andava su e giù per la sala, pigliando di sul
tavolino la lucerna deponendola e ripigliandola; tornava ad
affacciarsi alla finestra, come avesse voluto rischiarare lontano la
campagna; tendeva l'orecchio, si spazientiva, si toglieva di là
sospirando e guardando Marta. Questa se ne stava colle mani in mano,
badando a non mostrare quanto fosse anch'essa scontenta dell'indugio
di Giuliano. Intanto l'ora in cui si soleva cenare, era passata di
molto; e una grossa e vecchia gatta, levandosi di su certa stuoia su
cui stava a fare le fusa, era già corsa parecchie volte a fregarsi le
schiene contro gli stinchi della fantesca. A un tratto la signora non
potendo più reggere, si volse, e quasi incalzando un discorso già
incominciato, disse alla vecchia:
«Oh insomma, non istate a dirmi di no...! o egli è caduto da cavallo,
o ebbe qualche cattivo incontro.... Chiamate Rocco, voglio
mandarglielo incontro.... ditegli che venga da me.... subito....»
Marta uscì, e dopo alcuni momenti tornò a dire, che Rocco non era
ancora rivenuto, da fare la merenda in campagna colla famigliuola.
«Benedetta anche la merenda!--sclamò la signora--e dunque chi
manderemo?»
«Non si potrebbe aspettare un altro poco?--disse Marta--noi si sta col
cuore tra due sassi, ma a chi è fuori, massime i giovani, pare sempre
di far presto....»
«Pazienza gli altri tempi....! ma ora.... con questi Alemanni che sono
in volta....»
«Gli Alemanni!--proruppe Marta, quasi offesa:--per essere, le so dire
che gli Alemanni rispettano i signori, e a Giuliano gli farebbero
buona compagnia!
«Dio voglia....»
«Ma certo! Eppoi, se egli vedesse uno mandato ad incontrarlo come a un
fanciullo, potrebbe aversene a male....»
«Allora aspettiamo!--disse la signora, e affacciandosi di nuovo alla
finestra, coi gomiti appoggiati sul davanzale, si mise a guardare
nella notte. Marta sedette ancora, colle mani giunte e abbandonate
sulle ginocchia, colla testa chinata sul seno, come la tengono le
vecchie quando pare che dormano, e in cambio stanno pregando e forse
pensando ai propri peccati. Essa non pregava, ma pensava agli
Alemanni, de' quali la signora Maddalena, mostrava d'avere tanta
paura. Costoro erano venuti quell'anno parecchie migliaia di
Lombardia, e avevano gli alloggiamenti in C.... a sostegno delle genti
del Re di Sardegna: le quali fronteggiando i Francesi, sui monti di
Nizza, s'erano la state innanzi condotte con grande valore al colle di
Raus e a quello di Milleforche. I repubblicani non avevano trovato il
verso di superare quei colli; ma fattisi più grossi nell'invernata
s'andavano preparando a nuovi assalti: e quelle non se la sentendo di
poter reggere, poche come erano; il Re aveva chiesto aiuti
all'Imperatore d'Alemagna: il quale sebbene adagino s'era mostrato
disposto a dargli un poco di spalla. Marta non sapeva queste cose a
puntino, ma la venuta degli Alemanni le aveva recata gran gioia,
perchè le pareva che fossero tornati i tempi della sua giovinezza;
quando le Langhe essendo terre dell'impero, i popoli di quelle parti
si tenevano per Alemanni anch'essi. Godeva poveretta ai cento ricordi
che le nascevano dalla comparsa di quelle assise; le pareva d'essere
in collo al padre suo, portata bambina a vedere le rassegne o il
passaggio delle soldatesche Alemanne d'allora; si sentiva sulle guance
grinzose passare la mano che le aveva carezzate quando erano fresche
d'adolescenza, e vedeva d'innanzi a sè il soldato che le aveva fatto
quel vezzo discorrendo coi suoi sulla soglia di casa; immagine lontana
e già quasi sfumata nella sua memoria; forse anco qualche affetto
rimasto in sul nascere, scuoteva nel suo cuore gli avanzi di qualche
fibra; e così tra il pensiero della soldatesca imperiale antica e
nuova, e quello di Giuliano che non arrivando affliggeva sua madre, la
mente le ondeggiava come la fiamma della lucerna, la quale scossa
lievemente dal venticello della finestra, spandeva per la sala una
luce tremula e fioca, che s'addiceva in mesta maniera a quel
raccoglimento ed a quel silenzio.
Fuori suonava un'allegrezza di canti, ed empievano l'aria le grida sin
troppo festose delle brigate, che tornavano dalla merenda, menzionata
da Marta nel parlare di Rocco. Il quale era un colono che conduceva il
podere intorno alla casa della padrona; e appunto riveniva anch'egli
da quella baldoria, che i popoli di quei monti escono a fare in
campagna l'indomani di Pasqua. Festeggiano la primavera sui prati e
nei vigneti; bevono del migliore e mangiano i resti del giorno
innanzi, portati nei tovaglioli messi in bucato la settimana santa;
dopo il pasto gli uomini continuano a bere, le donne a chiacchierare,
i fanciulli si rincorrono, ruzzano, giuocano; e le zitelle tornano
finalmente a danzare coi loro dami, dopo aver camminato ad occhi bassi
tutta la quaresima, senza poter parlare con essi neppur sul sagrato.
Quei canti suonavano dunque da tutte le parti, ma la signora
Maddalena, assorta come era in Giuliano, non vi badava. Questi intanto
veniva o piuttosto si lasciava portare dalla sua giumenta; pensoso,
raccolto, tanto che neanch'egli udiva quel chiasso festereccio; nè
vedeva la via, nè forse la testa della sua cavalcatura, tra le cui
orecchie pareva guardasse con occhi intenti. Parlava tra sè di quando
in quando, a mezza voce; e allora la povera bestia incalzava un
tratto, quasi per vedere se quelle parole toccassero alla sua
andatura: poi si rimetteva tranquilla a quella che aveva mosso
partendo da C. Giunta così a un certo segno, squassò forte il capo,
nitrì fiutando l'aria della mangiatoia vicina; e allora soltanto
scuotendosi, Giuliano s'accorse d'essere lontano dai luoghi, dov'era
rimasto col pensiero e col cuore. La notte era fatta, il suo borgo
nativo gli stava dinanzi, si discernevano le finestre illuminate
fiocamente da dentro le case; e scoprendo le proprie, egli pensò che
sua madre era là in pena ad aspettarlo. Si ricompose in sella,
affrettò colle calcagna la giumenta, e sebbene agli altri suoi
pensieri s'aggiungesse che gli pareva d'essere un cattivo figliuolo;
pure provò un po' di quel senso, che a sera rallegra soavemente il
ritorno.
Era appunto in quella che la signora Maddalena, stanca d'aspettare,
stava per dire a Marta, che Giuliano fosse o non fosse per aversene a
male, voleva andargli incontro essa stessa; quando le pedate della
bestia si fecero udire sul ciottolato del vicolo per cui si veniva nel
piazzale.
«È qui!» sclamò essa, togliendosi dalla finestra tutta mutata nel viso
e sorridendo; e lesta lesta attraversò la sala seguita dalla fantesca,
che la raggiunse nell'atrio recando la lucerna.
Il giovane arrivò di trotto, e smontando a piè dei gradini dell'atrio
disse alla signora: «non mi sgridi..... mi perdoni.... a un'altra
volta tornerò più presto.....
«Ah.... te ne avvedi anche tu? Il perdono è un bel chiederlo.... ma a
quest'altra volta.... vedremo....»
Giuliano non le lasciò finire l'amorevole rimprovero, ma guardandola
umilmente negli occhi, le si avvicinò come per soggiungere qualcosa.
Poi non trovando la parola, tenne dietro a Rocco, il quale avendolo
udito arrivare, era corso mezzo brillo a pigliare la giumenta, e
l'andava a riporre.
A quel fare insolito sbigottì la signora; e già chiedeva che ne
pensasse a Marta, la quale s'ingegnava di riverberare colla palma i
raggi della lucerna dietro Giuliano, sicchè essa rimaneva colla faccia
e colla persona nell'ombra. Ma a stornarla dalla sua domanda,
s'udirono alcuni tocchi lenti e lamentosi della campana di castello,
venuti a mescolarsi, come la voce d'una terza persona, alla loro
malinconia. A quel suono che segna la una di notte, il popolo di quei
villaggi pensa a' suoi morti, e in ogni casa s'interrompono i discorsi
della veglia per recitare il _deprofundis_. La signora Maddalena, si
segnò, e si mise a dire il salmo sublime, che ad ogni verso, ci soffia
sull'anima l'aria fredda dell'abisso; e recando come un grido
dell'altro mondo, ci fa levare gli occhi al cielo, in cerca d'un po'
di luce, d'un po' di vita, di qualche novella dei sepolti quaggiù.
Marta non sapendo le parole del salmo, che mai non aveva potuto
mandare a memoria, teneva dietro coll'intenzione, a lei, guardandola
nelle labbra, o picchiandosi il petto; e quando la signora mostrò
d'avere finito segnandosi la seconda volta, essa disse: amen. Proprio
in quel punto ricomparve Giuliano.
«Qualche cosa da dirmi l'avrà di certo»--bisbigliò la signora, e
dall'atrio entrò nella sala, seguita da lui e da Marta; la quale
sussurrò nell'orecchio al giovane, che per amore di sua madre, facesse
viso allegro. Poi andò in cucina per dare in tavola, lasciando che
essi passassero nella stanza di là dalla sala, in cui la famiglia
soleva mangiare.
La signora non si era mai seduta là dentro, senza pensare al suocero
ed a madonna, che essa non aveva conosciuti. E quando viveva il
marito, aveva pigliato sempre un mesto diletto a farsi dire cenando la
loro storia; storia che ripeteva sovente al figliuolo. Ma quella sera
non pensò ai morti; e mentre Giuliano messosi a sedere, come fosse
molto stanco, guardava i canestri di frutta dipinti nelle pareti, con
quell'occhio che fissa e non vede: essa stendeva la tovaglia, metteva
le posate e i tovaglioli, volendo e non trovando il verso d'appiccare
discorso con lui, senza dargli a vedere l'ansietà che non le era
cessata ancora. Al fine le venne alla mente il nome del buon prete di
C......, e voltasi a Giuliano con quella dolcezza che sempre usava,
sedette anch'essa e gli disse:
«Oh appunto! e che nuove mi porti di don Marco?
«Don Marco? Lo vidi da lungi e di fuga.... e mi parve triste....»
«Come da lungi e di fuga? O non hai detto stamattina che andavi a
C.... proprio per veder lui?»
«Andai.... ma.... dopo il vespro egli era fuori pei monti, ad
assistere non so che moribondo....»
«Egli pei monti? Ma il parroco, i curati, gli altri preti
giovani...... come fanno a lasciar che vada quel povero vecchio?»
«Oh....! essi avevano altro a fare! Oggi c'era gran pranzo dal
parroco: un pranzo di preti, di frati, di soldati, di signori e
signore....! mezzo il borgo faceva le feste a quegli uggiosi Alamanni
che sono colà!....»
La signora diede attorno un'occhiata, quasi temesse che qualcuno fosse
stato a udire lo parole di Giuliano, poi mutò come potè il discorso, e
proseguì: «hai detto che è triste nevvero? povero don Marco,
capisco.... noi vecchi ci sentiamo fuggire il mondo....»
«Eh!.... a vedersi tra piedi quella turba di soldati, a sentire quello
strascichio di sciabole, anco a non essere vecchi c'è da diventar
tristi e far peggio....! Se gli Alemanni fossero a D.... non ci starei
più un'ora....!
«Giuliano!--sclamò la signora, levandosi ritta--dimmelo, che tanto l'ho
già indovinato....! Tu hai questionato con qualcuno di quei soldati!
Oh.... no? Me lo accerti? Voleva vedere! Pensa che qui, essi hanno in
mano tutto e tutti...; credi in cuor tuo quel che ti pare, ma bada a
non darmi dispiaceri, chè se non te l'ho mai detto te lo dico ora: non
sono più quella d'una volta e non potrei più sopportarli....!»
Giuliano sentì dar giù improvviso quel bollore che gli si era levato
in petto, e guardando fisso sua madre, come se soltanto allora
s'avvedesse che la salute le veniva scemando, provò uno sgomento sì
forte che rispose pronto e pacato:
«Dispiaceri da me non ne avrà mai; ma questi Alemanni venuti quassù a
proteggerci e a spogliarci..... gli odio.... gli aborro, vorrei
vederli tutti morti.»
La signora tacque: e Marta che essendo entrata a mettere qualcosa in
sulla mensa, aveva udito le ultime parole del signorino, si morse la
lingua e tornò in cucina sbalordita, come vi fosse rotolata giù da un
burrone, o quelle eresie fossero state ceffoni avuti in faccia. Odiare
gli Alemanni, odiarli a segno da desiderarli tutti morti, non le
pareva cosa che si potesse dire da un giovine dabbene, come era sempre
stato Giuliano. Capì il gran mutamento che doveva essere avvenuto in
lui nello stare lungi da casa; rammentò che questo mutamento, il
pievano l'aveva predetto sin dal primo giorno che egli era andato a
Torino; vide confusamente il male che ne poteva seguire, e una
profonda malinconia mista a certo sdegno pesò sul suo vecchio cuore.
Avesse visto entrare in casa la farfalla più scura del mondo; si fosse
versata e rotta l'oliera; o la gallina a lei più cara avesse cantato
da gallo in sul bel punto della mezza notte: essa non se lo sarebbe
recato in malaugurio, quanto quelle amare parole, che biascicò due o
tre volte, pesandole colla mente e chiudendo gli occhi, come se più
non osasse guardare la luce.
Intanto i padroni mangiucchiando avevano mutati i discorsi; e sebbene
il giovane di tanto in tanto lasciasse cadere le domande della madre,
essa dalla tema di fargli saltare in capo d'andar fuori di nuovo,
taceva in pazienza. Per sapere se qualcosa gli fosse avvenuto cogli
Alemanni, disegnava di mandare l'indomani qualcuno a C.... con un
biglietto per don Marco: ma pel momento, avendo in casa il figliuolo
non temeva di nulla, e finì di cenare, senza essersi raccappezzata in
quella tristezza e in quel viso scuro.
Marta chiamata a sparecchiare, venne dalla cucina imbroncita: e accesi
due lumi da mano, uno ne porse alla padrona ed uno al giovane, ma non
disse nulla. Egli salutata rispettosamente la madre, e data la buona
notte alla vecchia, salì nella sua camera, al più alto piano della
casa, proprio sopra quella della signora, alla quale non era mai parso
di poter dormire tranquilla, se la notte egli non era in luogo da
poterlo udire, solo che si movesse.
Rimasta sola colla signora, Marta volle sfogarsi, e giungendo le mani
proruppe:
«Eh? L'ha inteso? E chi lo conosce più? Io da parecchi giorni vado in
castello che mi pare di salire sul calvario.... e le occhiate del
pievano comincio a capirle...»
«Che pievano.... che occhiate?»
«Certe occhiate bieche, come se volesse dirmi che io gli nascondo un
peccato mortale....!»
«Oh smettetela un poco anche voi!--interruppe la signora Maddalena,
con un impeto di collera non più provato da chi sa quanti
anni:--questa sera n'ho già di troppo.... andate a letto....!»
Marta umiliata da quel tono insolito di parole, s'avviò alla porta che
dava nell'atrio, per chiuderla come l'altre sere.
«Lasciate!--proseguì la signora--questa sera chiuderò io.... no no....
andate vi dico, Marta.... vorreste cominciare ora a disobbedirmi?
La vecchia chinò il capo, diede la buona notte con voce tremante, e
andò a chiudersi nella sua cameretta terrena, in cui dormiva da
sessant'anni. La signora pur sentendosi pentita del rabbuffo fattole,
non istette a rattenerla per consolarla, come già il cuore le
comandava. Ma, chiusa la porta con ogni diligenza, recò le chiavi con
sè, salì nella sua camera anch'essa, le nascose sotto il guanciale;
poi si chinò sull'inginocchiatoio, a canto al letto, e mescolando i
suoi morti, i santi e Giuliano, cominciò a pregare.
In capo a un'ora volle coricarsi; ma non lo fece, perchè disopra
s'udiva uno scarpiccio, come d'uomo che gira inquieto; ed era
Giuliano, il quale aveva sentito rinascere i propri pensieri, a
martellarlo urgenti ed acuti. Egli s'era messo parecchie volte a
spogliarsi, ma sempre aveva finito per affacciarsi alla finestra, dove
rimaneva un istante, poi andava passo passo fino all'uscio, dava di
volta, tornava a sedere: parlava, sospirava, rifaceva tutte queste
mosse, confusamente, combattuto, coi lineamenti della faccia che si
facevano affilati, come lo crucciasse qualche fiera passione. Questo
suo travaglio pareva crescere a smania; quando, chi sa come, gli
tornarono alla mente i giorni della sua fanciullezza, e l'uso che
allora aveva sua madre di non mai coricarsi, senza prima essergli
venuta in camera, a dare un'occhiata alla finestra se fosse ben
chiusa, a vedere se avesse acqua nella boccia, o se il lume fosse in
luogo da non dar fuoco. Provò di quel ricordo una dolcezza, un aiuto;
e si pregò che la madre venisse di sopra anche quella sera, perchè lì
avrebbe avuto cuore da dirle una cosa, che solo a pensarla, il sangue
gli faceva dentro un gran cavallone. A un tratto parve aver afferrato
un'idea; stette un momento, si levò risoluto; e camminando diritto
discese al piano di sotto, e picchiò all'uscio di sua madre.
La signora Maddalena, che non aveva voluto coricarsi finchè non fosse
cessato quel rumore di sopra; udendolo discendere si rimescolò tutta,
e si lodò d'aver portato seco le chiavi di casa. Ma inteso che veniva
da lei, corse all'uscio, e mentre ch'egli picchiò, essa, già pronta,
aperse, e dolcemente gli disse:
«Lo sapeva che tu avevi qualcosa da dirmi.... vieni» E tirandolo per
la mano, s'andò a sedere su d'un seggiolone d'antica fattura; perchè
sebbene facesse le viste d'essere tranquilla, non si sentiva di stare
in piedi dal tremore; poi guardandolo amorosa soggiunse: ebbene?
«Ecco,--rispose Giuliano--io non poteva più reggere, e sono venuto a
dirle.... che.... si ricorda? l'autunno passato la nostra casa le
pareva troppo solitaria, e mi disse che le tardava mille anni che io
fossi medico, perchè qui sola ci moriva di malinconia. Allora non
osai... ma ora.... ora vorrei....
«Sposarti?--sclamò la signora Maddalena balzando in piedi
dall'allegrezza, come a mensa aveva fatto dalla paura:--e spòsati, e
sia benedetta la nuora che mi condurrai in casa....! Ma perchè mi hai
tenuta tutta questa sera sulle spine? Ci voleva tanto a darmi questa
bella nuova? Siedi, che ora non voglio vederti perdere la bella
sicurezza di poco fa, per questo rimprovero; siedi e parliamo di lei.
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