Le rive della Bormida nel 1794 - 12

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«Oh!... e come si possono sapere codeste cose?--chiese Margherita, che
sempre aveva preso diletto a farsi narrare favole e leggende.
«Dai libri,--rispose il padre Anacleto;--ma sono libri latini, che non
tutti li sanno leggere...»
«Ci racconti qualcosa lei, ci racconti...» entrò a dire damigella
Maria.
«Sì, sì--padre, racconti:--incalzava Margherita. Bianca taceva; ed
egli con quell'aria che sanno pigliare anche i più volgari favolatori,
cominciò a narrare.
«Fra i tanti fatti che si hanno dai libri di cui vi parlo, ne ricordo
uno bellissimo, seguito proprio in quei tempi, che il nostro San
Francesco capitò quassù a fondare il convento, dove noi siamo. Che
felicità, nevvero, se vi fossimo stati anche noi? Ebbene, si diceva in
quel tempo, che nelle montagne là verso il mare, (vedete? da quella
parte dove si leva il sole in questa stagione); si diceva che in una
rupe cavernosa avesse vissuto una famigliuola, di cui niuno sapeva
bene come vi fosse venuta. Io quella caverna l'ho veduta, ed è su per
giù dell'ampiezza di mezza questa sala. Abitavano là dentro marito e
moglie, colla benedizione di due bei fanciulli: il padre lavorava a
far carbone; la madre a filare lana e a far camicciole; i bambini a
cercare nidiate nelle selve, finchè fatti grandicelli poterono aiutare
il babbo nel faticoso mestiere. E recavano sulle loro spalle sacca di
carbone alla città di Savona; la quale come avete inteso a dire è in
riva alla marina, lontana dalle montagne dov'è la caverna parecchie
miglia. Partivano alla punta del giorno, tornavano la sera, e non si
stancavano mai. Una fra le tante volte che v'andarono soli, dice, che
vennero carichi di balocchi, e senza quattrini, e quei balocchi erano
pugnali, spade, elmi rugginosi che valevano un fico.
«Il babbo, sì che gli avrà sgridati!» disse Margherita, cui pareva di
veder i fanciulli, l'armi, la caverna, ogni cosa.
«Che! neanco per sogno! Anzi, fuori di sè dall'allegrezza, e
stringendo la moglie al petto: «Adelasia,--sclamò--Adelasia! il sangue
nostro, parla ai nostri figli dei loro avi e di noi....» Una
vecchierella, la quale praticava in quella grotta, intese queste
parole; le ridisse maravigliata ad un'amica, l'amica se ne confidò ad
un'altra, e via... via, ne venne a sapere tutta la montagna, insino a
Savona. In quel torno venne l'imperatore d'Alemagna con grande
esercito, a guerreggiare contro i Saraceni in questi monti; ponete
come fosse ora, che abbiamo gli Alemanni a scamparci dai Francesi, i
quali sono peggiori di tutti i Saraceni del mondo. Ebbene, dice, che
quelle parole, quel nome d'Adelasia, giunsero all'orecchio del
potentissimo sovrano, che volle vedere la donna, il marito e i
fanciulli, e..., indovinate un po'...? La donna era la figlia
dell'imperatore; l'uomo era Aleramo, che se l'aveva portata via dalla
corte molti anni prima! Povero cavaliero, amato da lei, non la potendo
sposare, l'aveva rapita; e penando chi sa quanto, erano venuti
dell'Alemagna sui nostri monti, a passarvi quella misera vita.
«Oh! E poi padre, e poi? chiese Margherita vedendo il frate far pausa;
racconti racconti ancora....
«No no,--egli rispose--non racconto più, perchè Bianca non istà
attenta....
«Oh sì!--disse Bianca io l'ascolto....
«L'imperatore--proseguì il frate--roso da lunghi rancori contro il
rapitore della figlia, che cosa doveva fare? La credeva morta da gran
pezzo; rivederla fu per lui come un miracolo. Non so dire quanto
penasse a perdonare lei e il marito, ma perdonò; e ad Aleramo diede in
feudo il paese bagnato dalla Bormida, e da non saprei che altri
torrenti. Alla grotta che dicevamo, rimase il nome d'Adelasia; e
dovreste visitarla un qualche giorno, che il babbo sia contento di
voi. Vi si arriva in quattr'ore....
«Ma e San Francesco?» tornò a chiedere Margherita, che rimasta
coll'ago in aria, non si poteva saziare di quei racconti.
E il frate, sempre cogli occhi in Bianca, la quale non aveva mai
smesso di cucire, ma a certi punti della narrazione, s'era o abbuiata
o rischiarata in viso, ripigliò:
«Lascia che respiri, santa pazienza! La stirpe d'Aleramo crebbe, e
piantò castelli e torri per tutto, in queste valli; e della storia
d'Adelasia durò la diceria per secoli. Tutte le castellane, venute col
tempo dalla sua schiatta, furono devote alla sua memoria, come a
quella d'una santa. La imitavano in tutto; volevano somigliare a lei
in tutto; massime in quel punto d'innamorarsi di chi loro piaceva. Ora
accadde che una di queste, figlia del marchese di C... aveva preso a
voler bene ad un poveraccio, il quale d'armi e di cavalleria ne sapeva
quanto ne so io, frate pacifico. E non c'era santi a farle sposare un
barone, che aveva castelli e vassalli, e che la voleva, sto per dire,
viva o morta. Il padre della zitella si prese termine d'un anno e un
giorno; e pregò lui d'andare in Terra Santa, a procacciarsi onori e
meriti in faccia a Dio. Egli intanto si sarebbe adoperato a
consigliare la figliuola, e alla fine le nozze si sarebbero fatte. Il
cavaliero partì lasciandosi addietro il cuore: e fu in Palestina dove
degli infedeli ne uccise tanti, che i menestrelli lo onoravano colle
loro canzoni, sotto le tende dei più gran principi della cristianità,
ch'erano alla crociata. Ma..., (qui entra di mezzo S. Francesco) la
zitella non voleva saperne delle cento storie che il padre le andava
raccontando ogni giorno: questi la pregava, la minacciava, la teneva
chiusa. Che! veniva a dir niente. Appunto di que' giorni capitò S.
Francesco, e il marchese si raccomandò a lui. Date retta che il bello
viene adesso. Un dì il Santo stava colla giovane addolorata
castellanina, lassù in una di quelle sale, che ora non sono più che
ruine; ed essa gli narrava le sue miserie, ed egli le parlava come
sapeva parlare un santo pari suo. Le parlava di quel cavaliere, che
per amore di lei era lontano a combattere e a patire. La giovinetta,
essendo come tutte le fanciulle bennate, molto pietosa, ascoltava il
Santo, e si sentiva rimordere delle fatiche e delle pene, alle quali
stava per cagion sua, quel valoroso barone. E già era vicina a
piangere; quando a un tratto, facendosi in vista come fosse stato in
mezzo ad una battaglia, il Santo proruppe: «in questo momento, cade il
prode dal suo cavallo e gli infedeli gli sono sopra per trafigerlo con
cento lame.» Signore Signore...!» Un grido della fanciulla che pareva
smarrirsi, richiamò il Santo dalla sua visione; «o Dio, aveva sclamato
essa, Salvatelo! Salvatelo! e sarò sua sposa!» Questo era un voto
fatto col cuore: e la fanciulla stette settimane e mesi, ad una delle
tante finestre che vediamo lassù, ornate di quelle colonnine di marmo
bianco; ad aspettare come in penitenza, sperando che qualcuno venisse
di Terra Santa, a recar novelle del cavaliero. E questo qualcuno
venne, ma chi era? Il cavaliero in persona, che tornava colle ferite
appena chiuse; e le aveva toccate proprio in quel momento, che San
Francesco, per virtù divina, aveva avuta quella visione. Spirava
appunto il termine d'un anno e un giorno dalla partenza: e di là ad
alcune settimane, fu nel castello un gran torneo; e i banchetti e i
festini non ve li so dire; tutto in onore della sposa e del cavaliero
valoroso e pio. La storia non dice che S. Francesco fosse al convito;
già noi poveri frati facciamo il bene, poi ci tiriamo in disparte:
dunque il santo non vi sarà stato. Vi piace?»
Damigella Maria accennò col capo; ma il frate che non aveva raccontato
per lei, non le badò. Gli pareva d'aver trovato così bene il filo di
cui aveva mestieri: Bianca s'era fatta ascoltando, sto per dire, così
trasparente; egli aveva potuto leggerle così chiari in viso, i
confronti che essa faceva di sè con quella castellana favolosa, e la
sua secreta e mesta compiacenza in tanta somiglianza di casi: che
lietissimo dell'opera propria, neanco s'accorse di Margherita, la
quale insaziabile lo pregava a tirare innanzi, come se il racconto non
fosse flnito.
«Dio mi ha proprio ispirato!--pensava,--chi avrebbe potuto disporla
meglio? Essa non ha più bisogno che d'un tratto; e se Fedele mena
quaggiù il barone, la cosa è fatta!»
E il barone giaceva in casa a Don Marco, il quale nell'ufficio pietoso
di quella mattinata, s'era imbattuto in lui fra i feriti. Pensando al
gran bene che avrebbe potuto fare, avendolo in casa; il buon prete gli
aveva profferta l'ospitalità, ed egli non s'era fatto pregare, perchè
sapeva come Don Marco stesse di casa vicino a Bianca. Stupito di non
vedere il signor Fedele, non aveva osato chiederne; ma l'andarsi a
porre discosto due passi da lui, gli pareva la miglior ventura che gli
potesse incontrare. Il prete, dal canto suo, era contento, perchè
sperava di pigliare dimestichezza con quel soldato; cagione di tanti
dolori a Bianca, alla signora Maddalena, e chi sa di quali guai a
Giuliano: il quale viveva lungi, accarezzando vane speranze, come
colui che innaffia una pianta morta, ingannato dalle poche foglie di
cui verdeggierà ancora per breve tempo.
«Io avrò agio di parlargli, di supplicarlo a dimenticare quella
poveretta: a far sacrificio del suo amore, per la felicità di due
creature, che s'amavano prima che egli venisse quassù. Gli dirò che
non gli sta bene lasciare memoria di sè come d'una bufera, passata a
schiantare gli alberi più gentili. Gli chiederò se nessuna donna
piange nelle sue contrade per lui; talvolta i soldati hanno spirito di
cavalieri antichi, si commoverà, vedrà il bene che può fare; pregherò
tanto che mi darà ascolto.»
Con questi pensieri, conduceva, usando gran diligenza, il ferito; il
quale camminava da sè, pur reggendosi a lui e ad un vecchio servitore,
che aveva menato seco dall'Alemagna. Questi tirava per le briglie il
cavallo, su cui il padrone tribolando molto, era venuto pei monti, dal
campo di Loano, dove aveva toccata la ferita; e il povero animale
teneva dietro, a testa bassa, quasi umiliato di non averlo più in
sella. Legato ad un arpione dell'uscio da via, rimase a guardarlo
mentre saliva la scala, e gli mandò dietro un sommesso nitrito.
Come furono dentro, il servitore vedendo la prima stanza affatto
disadorna, arricciò il naso. Un lettuccio da sedervi sopra, perdeva
l'imbottitura per gli strappi del marocchino; e gli ridestò l'immagine
dei cavalli visti di fresco sui campi, colle entragne uscenti dalle
pance squarciate. Nella stanza del terrazzino dov'era il letto di Don
Marco, aggrottò le ciglia: e questi che se n'avvide, pensando che il
servitore avesse notato nel barone qualche segno di ripugnanza a
quella povertà, disse tra sè: «Pazienza! Ma che ci posso fare se io
non sono nè un vescovo nè un parroco ricco...?» E quasi si pentiva
d'aver fatto quel passo; ma subito si consolò vedendo il barone porsi
a giacere come su d'un letto d'amici. Allora si provò a parlargli
della ferita, che era tempo di rivederla; profferse ristoro di cibo e
di bevanda; ma ebbe un bel dire; l'altro non voleva nulla. A udirlo la
sua ferita non gli dava noia, non chiedeva che d'essere lasciato in
pace. A un tratto volti gli occhi al terrazzino, chiese a Don Marco:
«Quella casa là, è del signor Fedele, nevvero?
«Sì, rispose il prete, abbuiando in viso.
«Ci sarebbe modo d'averne nuove?
«Non è in borgo» disse Don Marco, mettendosi più sul riservato.
Il barone tacque un istante, che parve assopirsi: poi levandosi sul
gomito ripigliò risoluto:
«Ah! voleva pur dirlo che, forse non era nel borgo. Don Marco, m'usi
questa cortesia, faccia chiamare il signor Fedele, o io anderò da me a
trovarlo dov'è.»
Il prete alzò gli occhi al cielo, quasi per dire addio alle speranze
fallaci, concepite poco prima; gli parve di non meritare l'amarezza di
quel che le circostanze gli davano a fare: e scrisse quel biglietto,
che spacciato al signor Fedele, fece correre costui dalla villa al
borgo, più presto che il barone stesso non avrebbe creduto.
Questi, a vederlo apparire sulla soglia della camera, balenò in quei
suoi grandi occhi verdastri, d'una gioia ineffabile: e sebbene negli
abbracciamenti il signor Fedele lo urtasse col petto proprio nella
ferita, non fece cenno di dolore; ma quando si vide lasciato solo con
lui, quasi continuando la dimanda che gli aveva fatta, il giorno in
cui era partito pei campi della riviera, gli chiese: «e Bianca?
«Bianca?--riprese il signor Fedele--Bianca, non dico nulla, la vedrà.
Alla lesta; se la sente di far un altro po' di via? Alla villa ci si
aspetta.... ci aspettano tutti colle braccia aperte....
«Oh!--sclamò l'Alemanno--un ferito in casa...! Si recano tante
molestie....
«Molestie? In casa mia niuno sa che voglia dire questa parola. Alla
lesta, ripeto, si tenga pronto, io torno in dieci minuti con una
lettiga...
«Ma... no...--disse il barone pigliando la mano di lui per
rattenerlo;--sono venuto a cavallo sin qua.... ma se mi concedesse di
guarirmi in casa a questo buon prete.....
«Storie! Non parliamone più....»
Il signor Fedele chiamò Don Marco; il ferito levatosi in piedi
ringraziò dell'ospitalità avuta, e il prete mesto e quasi umiliato
stette, a vederli discendere, in capo alla scala. Poi quando furono
fuori, tornò nella sua camera e sclamò: «È finita, Giuliano! Bianca
sarà sua!» Sedè, si pose gomitoni sul tavolino, chinò il capo e
pianse.
Intanto gli altri s'avviavano lentamente alla villa, dove il padre
Anacleto stava colle donne, stringendo i panni addosso alla povera
Bianca. Egli s'era affacciato forse la quinta volta, a vedere se il
signor Fedele tornasse; quando lungi un trar di schioppo apparve la
comitiva, tra le siepi di bianco spino, che facevano riparo ai campi,
dove il grano vegeto di molto, mosso da un'aura dolce di primavera,
ondeggiava come quei laghetti che sovente incontra di vedere, a chi
cammina sulle Alpi.
Il frate chiamò alla finestra Bianca, la quale fu sollecita a correre;
e additandole da quella parte, le disse: «Parlavamo testè della
castellana e del cavaliero ferito in Palestina: chi ci avrebbe detto
che uno ve n'era tra via, cui manca una madre, una sorella, una
consolatrice; e fu ferito per nostra difesa...?»
A queste parole Margherita discese sull'aia; la zia cieca fece atto di
levarsi da sedere; ma ripigliato il suo posto, annuvolò come chi ha
ombra di qualche cosa.
Bianca s'era sentita a prima giunta, rappiporire la vita; poi in
quelle cose che aveva intese, e in queste altre che vedeva pur allora,
le parve che qualcosa di miracoloso ci fosse. Padre Anacleto, da uomo
avvisato molto, le bisbigliò che bisognava fare, come la castellana,
buon viso a chi soffriva; perchè la carità era la corona delle altre
virtù. La povera fanciulla si mosse, si rattenne, tornò a moversi;
allora egli la prese per la mano, e dicendole dolcemente: «andiamo»
discese con essa.
Quale fu lo stupore del signor Fedele, quando vide Bianca venir oltre
col frate; quella Bianca ch'egli temeva d'avere a scovare chi sa da
qual buco, arrivando coll'Alemanno! Si sentì addosso quella gioia che
fa fare ai fanciulli le capriole; e gli crebbe la forza per modo, che
bastò da sè ad aiutare il barone a smontare da cavallo. Questi dal
gran turbamento, si sentiva mancare, e penava a reggersi quei pochi
passi: di che il signor Fedele pigliandolo a bracetto, accennò al
servitore di tenersi più accosto. Quel frate che veniva incontro a
quel soldato ferito; quel vecchio che menava il cavallo a cavezza;
facevano un vedere assai pittoresco: ma l'occhio d'uno spettatore
gentile, sarebbe rimasto fisso su Bianca, la quale tenendo nella sua
la mano di Margherita; tinta d'un rossore leggerissimo in viso, stava
sul ciglio dell'aia, dinanzi la palazzina; e pareva davvero una delle
donzelle dei tempi antichi, nel punto che a piè del castello paterno
accoglievano il corteo, venuto d'un altro feudo, a chiederle spose.
L'Alemanno si scoperse il capo, e fece un passo verso di lei, per
chiederle scusa d'aver tanto osato; ma come colui che giunto su d'una
vetta altissima veda il mare improvviso, ed esclama «infinito!» così
egli sclamò: «Bianca!» poi tra pel patimento e pel travaglio del
cuore, non vide più che un gran buio, vacillò e svenne. Felice se in
quel momento avesse inteso il grido sfuggito alla fanciulla; chè
sebbene fosse di pietà, l'avrebbe creduto d'amore: ma bisognò portarlo
sulle braccia nella palazzina, e come corpo morto fu deposto sul letto
del signor Fedele.
Durò in quello stato, che nulla giovò spruzzarlo d'acqua o dargli
aceto a fiutare, quanto padre Anacleto ebbe tempo d'andare al
convento, e tornarne accompagnato da un laico; il quale recava un
cestellino pieno di bende e di barattoli, che pareva un barbiere.
Messosi all'opera in pochi momenti ebbe sfasciato il braccio
all'Alemanno, e si vide la ferita sopra il gomito, che pareva una
zannata di tigre. Il signor Fedele nascose il viso tra le mani, per
non dar degli occhi in quella piaga; e al colore delle carni e al sito
che cominciavano a mandare, il frate rimase sgomento. L'Alemanno
guardava tranquillo; e i figli del cascinaio, che correvano dalla
camera alla sala per quel che bisognava; dicevano alle fanciulle
intente a far filacciche, lo spettacolo compassionevole della ferita.
Esse tenendo a fatica i singhiozzi, chiedevano alla zia, qual santo si
suolesse pregare, in simili casi.
«San Lazzaro, San Bastiano, tutti i Santi! ma lasciatemi in pace!»
rispondeva la cieca: e le fanciulle, massime Bianca, tacevano
intimorite. Essa cominciava a raccapezzarcisi, in quella faccenda: e
mentre era donna da aver compassione d'un moscerino, per quello
straniero tribolato non provava punto pietà.
Mezz'ora di poi, il barone medicato, lasciato solo a riposare nella
quieta oscurità di quella camera, pensava alla sua casa, al mestiere
travaglioso dell'armi; e facendo proposito di smetterlo a guerra
finita, si poneva a piene vele nei lunghi anni di amore e di pace, che
avrebbe vissuti con Bianca.
Porgeva orecchio al bisbiglio che veniva dalla sala, e si studiava di
scernere la voce di lei. Là il signor Fedele, lieto come un bambino
alla mammella, fantasticava sopra l'Impero d'Alemagna, che quasi gli
pareva d'averlo in casa: il padre Anacleto si pavoneggiava, guardato
da Bianca reverente e pensosa: Margherita vicina alla zia pigliava da
lei la malinconia taciturna: e di fuori s'udiva il cascinaio, il quale
ammaestrato dal servitore, governava il cavallo del barone; con un
occhio alla bestia, e l'altro allo scudiscio, che il vecchio teneva in
mano.


CAPITOLO X.

Staccia buratta, dal convento alla palazzina del signor Fedele, e da
questa al convento, siamo lì, direbbe un marinaio genovese, sempre di
faccia a Pegli. Ma quello che non posso pigliar di spazio, piglierò di
tempo; per dire, che in capo a quindici giorni, ognuno in quella casa,
aveva intera nel viso e nei portamenti, l'impressione dell'animo in
cui s'era sentito all'arrivo dell'Alemanno.
Al signor Fedele, s'era fatta una cera di trionfo; non vedeva più che
Bianca, la portava in palmo di mano, era il suo occhio dritto.
Damigella Maria e Margherita parevano la istoria dell'olmo e della
vite; e stavano sole la meglio parte del giorno, scansando con ogni
cura il padre Anacleto. La cieca aombrava più sempre, dell'avviamento
che pigliavano le cose; si coricava la sera disegnando per l'indomani
di dire tutto il suo cuore; ma poi taceva dalla tema di ridestare le
collere del cognato; di far nascere qualche diceria sul conto della
nipote; e confidando nel senno di questa, tirava innanzi. Il frate
veniva sin due volte ogni giorno, e soleva passare di lunghe ore, o
vicino a Bianca o al letto dell'Alemanno; il quale aveva cominciato a
migliorare tanto che presto si sarebbe sentito risanato.
E Bianca? Riacquistato l'affetto del padre, non s'accorgeva di nulla,
neanco dei mutamenti avvenuti in sè stessa. La solitudine patita per
castigo, nei giorni andati, adesso la cercava da sè. In quell'ore
solitarie le accadeva sovente di trovarsi, non sapeva nè a che nè
come, vicino all'uscio dell'Alemanno; e là origliando i discorsi
piacevoli del frate o del proprio padre, gioiva; e le pareva strano,
ma delle tre, la voce del ferito le cercava il cuore più dolcemente.
Pensava all'Alemagna lontana, ch'essa non sapeva immaginarsi diversa
da quella vallicella e da quei monti, che aveva sempre veduti intorno
a sè. Le città, le grandi vie, i giardini di cui udiva parlare, non
potevano essere più che le vie di C.... prolungate; non più che orti
come quello del convento, forse un po' meno foresti; la casa del
barone poi, se la figurava come quella dei marchesi di C..., tutta
sale e gallerie da trovarvisi spauriti. Egli parlava dei suoi, e più
della propria madre, dando a capire come fosse di grande stato: e
Bianca sentiva pietà di quella donna lontana; e come un lampo, che
guizzando lascia nell'occhio una traccia luminosa, le passava dinanzi
l'imagine della signora Maddalena. Già, tutte le madri sono donne di
una certa età, quali più quali meno, ma tutte un po' meste; e la
fanciulla s'accostumava a confondere quella dell'Alemanno con quella
di Giuliano. A questo poi non pensava più, se non come ad un peccato
di cui avesse fatta la confessione, e ne fosse stata assolta con
qualche rabbuffo. Se alle volte l'immagine di lui si veniva a porre in
mezzo a' suoi pensieri, essa penava prima di poterla scacciare; ma se
ne confidava al padre Anacleto, il quale la tirava su da quelle corte
cadute, e la rimetteva in via benedetta. Le ore che passava col frate
l'accostumarono alla sua compagnia; nè l'avrebbe pensato mai, ma una
volta ch'egli non comparve, capì che di lui non poteva fare a meno,
per difendersi dalle memorie pure e dolcissime, d'altri tempi ancor
freschi. Come mai non compariva, egli puntuale sempre come un oriolo,
a venire, dopo aver detto messa? Che al padre guardiano fosse paruta
soverchia la frequenza di lui in quella palazzina, o gli avesse
vietato di tornarvi? Bianca cominciava a formare congetture e a
spazientirsi, s'affacciava ogni tantino a vedere se spuntasse da
qualche parte, si provava a farlo partire colla fantasia ora dalla
cella, ora dalla sagrestia; l'accompagnava contandone i passi,
«eccolo--diceva--dovrebbe esser qui,» tornava ad affacciarsi....,
nulla. Allora ripigliava il suo lavoro, stizzita.
Un giorno essa era sola nella sala; il signor Fedele s'era recato al
borgo per sue faccende: damigella Maria e Margherita, essendo assai di
mattino, non erano per anco venute fuori della loro camera; ed essa
poteva pensare, sospirare, piangere a suo talento, che nessuno
l'avrebbe turbata. Sfaldava tela, sebbene in tutti quei giorni, delle
filacciche ne avesse fatte tante da bastare ad una intera coorte di
feriti; e si sarebbe detto che non pensasse, come alla fine dovesse
pur venire un giorno, in cui l'ospite non avrebbe più avuto mestieri
di quelle robe. E sì che sapeva come egli, da un par di giorni,
cominciasse a vestirsi, e stesse in camera coll'agonia di poter fare
due passi all'aperto!
In uno di quei momenti in cui stanca d'affacciarsi invano, pensava al
rimprovero da farsi al padre Anacleto, un fruscio, come di sandali, le
si fece sentire alle spalle; ed essa levandosi ritta, nell'atto di
volgersi a chi veniva, sclamò: «bravo, il padre Anacleto!» ma
facendosi nel volto di fuoco, poi come un panno lavato, chinò gli
occhi quasi persona colta in fallo, e giunse le mani tremando.
L'Alemanno, pallido, col braccio sorretto da una fascia annodata sul
collo, severo e quasi bello, sebbene paresse intimorito, con voce
impressa di gentilezza e d'affetto, le disse:
«Ed io?.... Io le fo paura? Veggo che ho osato troppo.... Ma, o
Bianca, se m'avesse visto qua dentro in questi giorni....! Essere in
casa sua, sapere che era sempre lì a due passi...., mia fidanzata....,
e non vederla....! Ora..., l'ho intesa sospirare, son venuto per dirle
che io non posso più reggere..., e veggo che le ho fatto paura...»
«Oh no paura...! credeva fosse il padre Anacleto...» rispose Bianca
cogli occhi bassi e colla voce tremante.
«Ebbene--ripiglio l'Alemanno--sono io..., sono io qui, per dirle
quello che sa, ma che non ho potuto dirle mai da me..., l'amo, e le
chieggo una grazia, quella di dirmi il giorno delle nostre nozze...»
Essa che già era confusa e quasi smarrita, udì queste parole, come
fosse stata a camminare sul ciglio d'una rupe altissima, e un impeto
di vento l'avesse investita, in punto di mettere un piede nel vuoto.
Diede uno sguardo intorno a sè; e il suo pensiero urtò per tutto.
L'empio che aveva amato riputandolo un angelo; il frate che si era
adoperato a salvarle l'anima; la memoria dei trattamenti paterni del
mese addietro; tutto le turbinò in giro, togliendole la vista d'ogni
varco a scampare: e alzati un poco gli occhi in viso all'Alemanno,
vedendolo in certa guisa abbellito dallo struggimento, aperse le
labbra e le venne detto:
«Bisognerà sentire mio padre...
«Oh! benedetta la mia vita! Voi Bianca verrete a far meravigliare le
donne delle mie contrade, comparendo un momento in mezzo ad esse! Un
momento solo..., poi torneremo quassù, e vi farò signora di tutto quel
che vi parrà bello...! Io farò vostro quel castello, che vedeva là dal
mio letto, e in questi giorni lo riedificai colla fantasia mille
volte...! E lo riedificherò per voi davvero..., vi chiameranno la
castellana, ed io sarò l'uomo più felice di questa terra...! Dov'è
vostro padre?
«Non è in casa... rispose a fatica Bianca.
«Non è in casa?--sclamò l'Alemanno turbato; poi sentendo dar giù quel
bollore dell'animo, proseguì umiliato: «allora.... perdonatemi.... mi
perdoni, Bianca, io non lo sapeva...»
E salutando modestamente, lasciò lei che non mosse; discese le scale,
uscì dalla palazzina, e aprendo il petto a quell'aria pura del
mattino, non più respirata da lunga pezza, temprò un poco quella sorta
di sgomento in cui era caduto. «O bei colli--sclamò--patria mia
dell'avvenire, io vorrei baciare ogni vostra zolla! Ma essa..., che
dirà di me...? Penserà che io stetti in agguato per coglierla sola?»
Questo pensiero gli fece scottare la terra sotto le piante; vagò senza
badare per dove; e alla fine s'abbandonò a piè d'un filare d'avellani,
forse a un trar di mano dalla palazzina.
La fanciulla, rimasta un tratto come persona che pena a destarsi;
rinvenendo da quella sorta di stordimento, sentì qualcosa che poteva
essere rimorso e sdegno dell'Alemanno, di sè, di tutto; ma udendo la
zia che entrava in sala, fuggì paurosa in punta di piedi; prese le
scale, fu alla porta della cascinaia, la chiamò a bassa voce come per
un brutto sotterfugio; e corse con essa difilata al convento.
«Bianca--diceva la cieca, mestissima nell'aspetto, venendo oltre per
la sala, colle mani tese verso la parte dove la fanciulla soleva
stare:--ho inteso... tutto... tu dunque lo sposerai? tu ci lascierai
qui sole, e andrai tanto lontana, che neanco sapremo di te se sarai
viva o morta? Non ti ricordi di quel giorno, di don Marco, della
signora Maddalena...? Oh tu singhiozzi...! tu non lo sposerai no, tuo
padre non fisserà nessun giorno...! tu sei più mia che sua, nevvero?
Vieni... vieni Margherita... (e porgeva la mano a questa che veniva
dietro lentamente), vieni... preghiamola, povera Bianca... ti vogliono
ingannare...
«O zia,--diceva Margherita--Bianca non v'è mica, non v'è...
--Come!--esclamò damigella Maria, corrugando la fronte; e il petto le
si affannò, la gola le si gonfiò di singhiozzi l'uno incalzato
dall'altro, vacillò, si resse a Margherita, e tacque.
In questo mezzo Bianca giungeva al convento. Sotto il portichetto,
donde si godeva la bella vista dei pergolati, alcuni laici sedevano
sulla cassapanca colle mani in mano; di certo chiacchierando di pace e
di guerra, che tale era di quei giorni l'oggetto d'ogni discorso.
All'apparire di lei, forse si misero a parlare della sua bellezza, e
ci avranno avuto il garbo, che avrebbe a suonar la cetra
quell'animale, di cui ricorre il nome quando tra uomini si vuol dirsi
ingiuria.
Come la giovinetta fu vicina a costoro, dimandolli del padre Anacleto,
dove lo si potesse vedere; ed uno, il quale alla colatura di cera che
aveva sulle maniche del saio pareva il sagrestano, pose lei e la
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