Le rive della Bormida nel 1794 - 03

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«Vieni oltre--gli disse la signora Maddalena, incontrandolo sulla
soglia e fissandolo negli occhi:--prima di sera, sapremo se Bianca
verrà a farci felici.....
«Oh sì verrà--sclamò Giuliano stringendo fra le sue le mani della
madre.
«Va, e chiama Anselmo che venga a pigliarmi, col calesse...
«Ma che vuole andare lei, colle vie che vi sono....
«Va.»
Giuliano obbedì; ed essa col cuore alla gola, levò le mani in alto e
disse singhiozzando:
«Giuliano, Giuliano, se tu sapessi che dolore mi dai....!»
S'asciugò gli occhi, e si mise dinanzi all'immagine di suo marito,
stata dipinta colla sua, quando si erano sposati. Stette un tratto a
contemplare quella tela, come se tra lei e l'immagine fossero
misteriose corrispondenze; quindi avvicinatasi a un cantarono antico,
tirò una delle cassette, cavò di là dentro una veste di seta color di
rosa, e la distese sul letto, dove apparve fatta alla foggia di molti
anni addietro, stretta nelle maniche, rigonfia alle ascelle, accollata
e lunga la gonna, quanto poteva bastare a far un po' di strasico
avendola indosso. Di quella vesta ne teneva di conto; e la tirava
fuori ogni anno ricorrendo il giorno delle sue nozze: trasse ancora
una scatola in cui erano alcuni vezzi d'oro, collane, maniglie, anella
di vario lavoro; e la pose aperta vicina alla veste. Del suo corredo
di sposa, non le sopravanzavano più che quelle cose; perchè le più le
aveva date, un po' alla volta a povere fanciulle del borgo, andate a
marito; e dopo averle toccate e ritoccate, col pensiero ad altri
tempi, uscì sommessa in queste parole: «S'ha un bel affligersi, ma nel
giro di trent'anni si rinnovellano nelle case, feste e dolori! ora
tocca a lui!»
Lasciò quella veste e quei vezzi così come gli aveva messi, forse
desiderando che Giuliano li vedesse, mentre sarebbe stata lontana; poi
sempre pensosa discese. A vedere Marta trasecolata come era, le parve
di doverle dire qualcosa di quel che andava a fare, ma si rattenne
senza sapere il perchè; e chiesto che le porgesse una tazza di latte,
si pose a berne, mangiucchiando d'un pane casalingo, affettato lì per
lì dalla vecchia, la quale dal rimescolamento e dalla rapina di non
sapere qual aria volesse tirare, per poco non si tagliava le dita.
In questo mezzo Giuliano era venuto col calesse, sino all'arco, per
cui s'entrava nel piazzale; e lasciato là Anselmo ad aspettare,
Anselmo che aveva fatto le maraviglie per quell'andata della signora;
corse a farne avvisata sua madre. Essa era pronta: nè avendo a far
altro che mettersi in capo la cuffia, se l'acconciò da sè, salutò
Marta, fu al calesse accompagnata da Giuliano; e senza volgersi
addietro si mise dentro e partì.
Marta rimasta in forse a guardare dalla finestra della sala, colle
braccia al seno, sentiva qualcosa crescere dentro, venir su a far
groppo: e come la frusta d'Anselmo schioccò nell'aria, gli occhi le si
empierono di lagrime, e corse verso l'uscio per andar fuori. Di certo
all'abbrivo che aveva preso, avrebbe raggiunto il calesse; ma
s'abbattè in Giuliano nell'atrio, e colla punta del grembiale,
asciugandosi il viso lavato di lagrime, si piantò di faccia a lui e
sclamò risoluta:
«Fate come volete, ma se a voi e a vostra madre piace ch'io scoppi, ho
sempre obbedito! Che faccenda è questa che mi capita la prima volta,
dacchè sono qua dentro? Sì, se io sono stimata un coraccio che non
sente nulla, ditelo; e io faccio un fagotto della mia roba, e un
cantuccio da morirvi lo troverò....
«Ma Marta....--disse Giuliano--o che adesso impazzate....? Badate
invece a star sana, che avremo fra poco bisogno di voi come del
pane...! Ma non vi sgomentate; piglieremo una giovane che v'ajuti...,
e la farete buona come voi...; qua l'orecchio..., mi sposo...
«Dio lodato!--proruppe allora la vecchia traendo lunga la voce, mutata
in faccia che non pareva più quella:--ora so in che acque mi trovo...!
Vi pareva? lasciare al bujo me, che posso dire d'aver visto fondare la
casa; e ho portato vostro padre in collo, e fui sola a governargli la
roba fin quando si sposò....?
«Giusto! ben rammentato! quando si sposò...! Io voglio fare ogni cosa
come fece mio padre; animo, che feste avete fatto quando egli condusse
la sposa?
«Eh! miracolo se si è mai visto altrettanto!--sclamò Marta levando le
mani in alto, come a significare che le erano state cose da non
poterle rifare:--le feste durarono mesi, e se le racconto vi paiono
favole da narrarsi a canto al fuoco. State a sentire. In una sua gita
a M.... nella valle di là, sapete dov'è, vostro padre ebbe una sfida
al pallone. Egli non sapeva altro gioco, ma al pallone, capperi, era
conosciuto sino in capo al mondo! In quella sua gita s'innamorò di
vostra mamma, la quale stava con parecchie zitelle di colà a vedere i
giocatori....; vostro padre, non faccio per dire, ma era un bellissimo
giovane.... Tornò da quella gita pensoso, melanconico, crucciato, come
voi ieri sera...: ed io che, non per vantarmi, gli faceva da madre,
sin dall'anno quarantacinque, che i suoi erano morti della
pestilenza.... anche quello fu un bell'anno..., basta..! io credei che
egli, chi sa come, avesse perduto qualche gran somma, e volli sapere
che cosa lo tribolasse a quel modo. Egli mi disse, così e così....;
oh! sclamai io, tutto codesto? E gli consigliai quello che avrei
consigliato a voi ieri sera, se avessi saputo che cosa vi frullava pel
capo. V'era casa, v'era stato; non gli mancava nulla, appunto come ora
a voi; forse che avete bisogno d'esser medico, di cavar sangue, per
campare ammogliato, voi? Sposate quella ragazza, gli dissi, e che Dio
vi benedica! Faremo festa per un anno e un giorno, come in casa i
principi...! Mi diede retta, tornò due o tre volte a M...., parlò; e
di là a due settimane, vostra madre veniva qui da padrona. E mi disse
poi che anch'essa s'era innamorata di vostro padre sin dal primo
giorno che l'aveva veduto. Erano due bei sposi ve', e che
accompagnatura! Vennero attraverso ai monti e in tanti, che non s'era
mai visto una simile cosa a ricordo di vecchi. Signori, signore; a
cavallo, in lettiga; musici che suonarono tutta la via; canti,
schiopettate, sparate di pistole, una battaglia! E quando il corteo fu
scoperto da qui a quel varco dei monti lassù, le campane di castello
cominciarono a suonare a gloria, come venisse monsignor Vescovo a dare
la cresima. Io era qui, in questo luogo, e un'occhiata dava al corteo
che discendeva per quelle svolte come una processione; un'altra
correva a darne in casa dove aveva un mondo di donne ad ammanire il
pranzo: un pranzo di cento convitati, mica pochi, no; e che convitati!
La sera poi un festino, che manco vi saprei dire se fossi un
avvocato...; e la storia durò settimane... Chi mi avrebbe detto, tu
Marta starai tanto al mondo, che queste cose le rivedrai una seconda
volta? Pure una differenza v'è....; quegli erano tempi di gran pace e
di gran gioia; la gioventù non s'immischiava di nulla..., al comando
chi v'era vi stesse, e vostro padre era un uomo dabbene....
«Ed io...?--chiese Giuliano, che avrebbe dato il fiato alla vecchia
perchè ricominciasse.
«Eh... voi... non siete cattivo...; ma alle volte.... per esempio ieri
sera, che cosa vi facevano gli Alemanni....? E poi... sì... ve n'ho a
dir una;--e dando un'occhiata all'arco in capo al piazzale, se
spuntasse qualcuno, si fece più vicina a lui e continuò con
dimestichezza;--stamane il signor pievano mi ha parlato di voi, e vi
vorrebbe a fare la pasqua.»
Giuliano che, solo udendo menzionare gli Alemanni, già aveva perduto
la rallegratura del viso; a quella novella del pievano divenne
annuvolato del tutto; e disse a Marta severo:
«Domani, tornate lassù: e se vi chiede di me, ditegli che lasci in
pace i cristiani.
«Che mi fate celia!--sclamò la vecchia indietreggiando:--manco se mi
faceste diventare ricca come il mare! Il pievano vuole il vostro bene.
E che credete di farne dell'anima? Questo è un altro grillo come
quello di maledire quei poveri Alemanni.
«Non mi tornate a parlar di costoro!--gridò Giuliano avvampando: e
Marta concedendo il poco pel molto:
«Bene....! ma il pievano, la pasqua almeno... Dio ha le braccia
lunghe, e quando gli pare ci arriva! Date retta a me.... andate, o
sarà tutt'una, il pievano verrà qua....
«E venga!--proruppe allora il giovane--venga!» E assettandosi su d'un
sedile di pietra fuori dell'atrio, parve proprio risoluto ad
aspettarvi il pievano.
Marta pregava, badasse a non guastare la sua e la pace della famiglia;
ricordasse che anche la sera innanzi aveva promesso a sua madre di non
darle mai dispiaceri; pensasse che stava per farsi sposo, e che quello
non era tempo di cozzare coi preti; e che ad ogni modo senza che si
fosse accostato ai sacramenti, la fanciulla amata non l'avrebbe potuto
sposare.... Ma egli non le dava retta, e facendo a sè stesso col
pensare, quello che il leone, sferzandosi colla coda; levatosi ritto
come per andar incontro a qualcuno, diceva:
«Mi vuole...! E quando m'avrà avuto lassù a forza, bella religione la
sua e la mia! O perchè non lasciano che l'anime si volgano a Dio,
ciascuna su quell'ali che egli le diede? No...; essi le vogliono
spingere in su ajutati da questi altri servi della spada, che ci
tengono col capo nel fango. E intanto si fa il male da loro, da noi,
da tutti; carne, carne, carne, null'altro che carne. O vento che soffi
dalla Provenza.... o Francia insanguinata come vergine nel circo, tu
sei la scolta di Dio! Vieni colle tue legioni, e facciamola finita una
volta!»
Il petto di Giuliano pareva si fosse fatto più ampio, e l'occhio
scintillante, come d'uomo rapito nel leggere una pagina dei profeti,
gli era rimasto fisso nell'orizzonte, proprio verso quella parte, dove
Marta aveva inteso dire che vi era la Francia. Le prime parole del
giovane l'avevano sbigottita; tutto quello che potè capire delle
ultime fu che egli le aveva dette, e con amore, ad una nazione, la
quale empieva il mondo di terribili novelle, sicchè se ne parlava sino
dai pulpiti nelle chiese; e, povera vecchia, non avea membro che
tenesse fermo. Allora sì, che le balenò sul serio il pensiero
d'andarsene da quella casa, dove sotto le spoglie del suo Giuliano
d'un tempo, era venuto ad abitare chi sa che gran peccatore! E fu a un
pelo di dirglielo lì per lì. Ma la grande passione di lui, le fece
temere di udirlo prorompere in altre eresie; di che fattasi forza, con
un martellamento di cuore che si sarebbe inteso discosto tre passi, si
ricoverò in casa. Là pregò Dio caldamente, che pel bene della signora
Maddalena e del pievano, rattenesse questo dal discendere di castello;
perchè non sapeva neanch'essa che cosa avrebbe potuto seguire. Intanto
colla fantasia si figurò di essere in volta col suo fardelletto sulle
spalle, alla cerca d'una famiglia, da potervi servire buoni cristiani,
gli altri pochi anni che le rimanevano di vita: e non vedeva l'ora che
la padrona tornasse, per dirle ogni cosa e licenziarsi.
Giuliano quetatosi un poco, e rimessosi a sedere su quella pietra di
poco prima, fissò lontano il calesse di sua madre, che s'andava
dilungando, fin che gli fu uscito di vista. Poi l'accompagnò col
desiderio e coi voti verso la meta, oltre la quale vedeva e pregustava
la sua e la parte di paradiso d'un'altra persona. Sposarsi a Bianca,
condursela in casa, dirle: «qua dentro ogni cosa è tua; sii l'angelo
del mio focolare; ringiovanisci della tua giovinezza mia madre; e
viviamo d'amore essa, tu, io» era per lui qualcosa più che aver l'ali
da volare in capo al mondo, girarlo tutto, e salire sino alle stelle.
E già la vedeva venuta, già aver fatto l'uso alla nuova casa; marito
gli pareva d'aver acquistato in essa una seconda coscienza; medico si
sentiva tratto per la campagna a far il bene, ispirato dal desiderio
di poterlo dire, tornando stanco, «ho fatto questo, ho fatto
quest'altro....» padre, (questo poi era pensiero in cui si sprofondava
col diletto preso da giovane a tuffarsi nei pelaghetti della sua
Bormida, in tempo di gran caldura, mentre il suo genitore stava a
vederlo;) padre gli pareva che avrebbe educati figli, degni di dar
gloria fra gli uomini a quel Dio, nella cui bilancia dovrà pesare più
una goccia d'acqua data ad un assetato, che una intera vita passata a
star ginocchioni dinanzi a lui; ah! i figli, i figli! quel calesse
arrivasse a C.... col buon'augurio, Giuliano v'era già col cuore!
E il calesse andava, e tacerne sarebbe come voler nascondere al
lettore, che di quei tempi gli abitanti di val di Bormida, non avevano
mai veduto quattro ruote di quella fatta a girare. Eppure era un
vecchio e gramo arnese, che ai giorni nostri farebbe sgomento al più
modesto viaggiatore che se n'avesse a servire. Anselmo lo aveva
comperato dagli eredi di non si sapeva che baroni del Monferrato; ed
essendo uomo molto arricchito nei contrabbandi tra le terre della
repubblica di Genova e del re di Sardegna, per quell'acquisto era così
cresciuto di reputazione, che a D...., quasi più nessuno osava
chiamarlo col vecchio nome di mulattiere. Ma egli punto insuperbito,
se gli capitava di guadagnare s'alzava anche a mezzanotte. E sebbene
pel suo far costare il nolo del calesse un occhio del capo, si durasse
fatica a mettersi d'accordo con lui; la signora Maddalena non era
stata quel giorno a parlare di danaro, ed egli la portava verso C...,
certo di toccare una grassa mercede e un buon beveraggio.
La via correva a tratti sulle vestigia di quel ramo dell'Emilia, che
per val di Bormida menava i Romani da Tortona all'antica Sabazia. I
dotti, quando ne parlano, rammentano la tavola Pentingeriana, e
l'itinerario di Antonino. Romana o no quella via era un macereto, e
dava così gran disagio a farla in calesse, che camminare a piedi,
sarebbe stata per la povera signora minor fatica. Ad ogni passo il
legno pigliava tali scosse, che essa era sempre lì colle mani per
toccare Anselmo che si fermasse: ma egli da uomo rotto a ben altre
molestie, la confortava a non vi badare, e starsi sicura; e tirava
innanzi per la terricciola di R.... alla volta del borgo di C.... Il
quale a chi vi giunge da quelle parti apparisce amenissimo, sebbene
schiacciato com'è fra il torrente ed una rupe alta e malinconica,
parrebbe star meglio in mezzo alla pianura, che gli si apre dinanzi.
Questa non è ampia molto, ma quanto basta per dare aspetto magnifico
ad un anfiteatro di colli, sormontati su su da dossi più alti di monti
selvosi, che col verde cupo dei loro fianchi, fanno bel contrasto coi
sottoposti vigneti, colle piagge ridenti, coi prati e coi campi, dove
si lavora in dolcissima pace. Sulla rupe che soggioga il borgo, sorse
un castello che fu dei Del Carretto, ed era degli Scarampi quando
Vittorio Amedeo, generale degli eserciti di Francia e di Savoia,
guerreggiando gli Spagnuoli in quella vallata, lo trovò difeso da
dugento di costoro, e ne gli scovò con centoquarantaquattro cannonate
giuste. Era l'anno 1625, e di là a poco il Conte di Verrua tornato a
combatterlo lo atterrava del tutto. Ai tempi della mia storia quel
castello era già quale è ai nostri, roba di donnole e di volpi, nè dà
alla gente del borgo niuna noia, salvo che quella di toglierle una
bell'ora di sole in sul tramonto, e di minacciarla colle sue
pericolanti rovine. Macchie di castagni, da lasciare in desiderio il
più valente paesista, s'aggruppano su per il pendio sino a quelle; e
ai segni dei secoli che hanno nei tronchi ispidi e muschiosi, mostrano
d'aver fatto ombra alle castellane, se nelle ore calde saranno uscite
a sedere sull'erba a piè delle mura. L'edera inviluppa le macerie; e
le muraglie che stanno ancora irte di comignoli smisurati, spiccano
tra quel verde, come dossi di giganti costretti a mordere la polvere,
colle braccia poderose levate in alto a imprecare. La Bormida lenta in
quel suo passaggio, per i molti pelaghetti che forma, pare vaga di
riposarsi un tratto a far più bello il paese. Riverbera gaiamente il
castello, le case del borgo, i bucati distesi sulle sue rive le
donnicciuole che vi s'affaccendano intorno, e quelle che vi stanno a
lavare; e a chi conosce di quali piene talvolta si gonfi, pare angusto
quel letto in cui scorre poca e tranquilla. Laggiù laggiù, dalla parte
donde tirano i venti di mezzogiorno, menando sovente a furia sulla
selve e sulla pianura, le vette di San Giacomo e del Settepani fanno
l'orizzonte sempre leggiadro: ma a vedere l'azzurro oltremarino di cui
si tingono a sera, paiono in certa guisa sfumare nei colori del cielo.
Allora lasciando varco alla fantasia di chi le guarda, e trova
oltr'esse, i borghi, le terre e il mare di cui ha inteso a dire le
meraviglie; chiudono malinconicamente la bellissima scena.


CAPITOLO III.

Sotto quel cielo, a piè di quel castello, viveva quella Bianca, che la
signora Maddalena andava a cercare. Essa era una giovinetta in sui
diciotto, e se io mi provassi a ritrarla; e dicessi che il suo viso
pareva di questa o di quella statua; che l'occhio aveva grande, nero,
intento, e l'incarnato delle guancie fresco e sincero come di bambino
allattato sull'Alpi; i miei quattro lettori se la figurerebbero ognuno
diversa e di sua fantasia: e però mi pare meglio dire in una parola
che essa era bellissima. Bellissima e mesta, aveva il portamento d'una
santa che ignorasse d'essere in terra; e forse per averla veduta
guardare in cielo, coll'atto di chi aspetta di lassù qualcosa,
Giuliano se ne era innamorato. Vicina a lei, quasi fosse il suo angelo
custode, si vedeva sempre un'altra fanciulla, più giovane di qualche
anno; la quale sebbene non le somigliasse punto, e fosse bellezza di
tutt'altra sorta, era sua sorella e si chiamava Margherita. S'amavano,
ma non osavano dirselo; e pareva ad esse di fondersi l'una coll'altra,
d'essere la felicità in persona, quando potevano darsi del tu, senza
il pericolo d'essere intese. Ma questa era cosa che accadeva assai di
rado; perchè il babbo se le sue figliuole avessero usato tra loro
questa confidenza, gli sarebbe parso d'udire tremar la casa dalle
fondamenta, e guai alle poverette. Esse potevano dirsi le due gemme di
C.... e già in chiesa, a vederle sotto quel velo bianco, aereo, che le
fanciulle delle terre liguri sapevano, fin d'allora acconciarsi in
capo con tanto garbo; la gioventù pensava più ad esse che alla
preghiera. Orfane della madre sin dall'infanzia di Margherita, avevano
vivo il padre che si chiamava il signor Fedele; uomo ricco, tirchio,
rozzo, più che sessagenario, dottore di legge molto reputato nel
borgo. Costui era di quella maniera di padri, che gli affetti, se ne
hanno, li tengono bene nascosti: nè aveva pensato che a far roba, per
arricchire le figlie. Della loro coltura manco s'era sognato, e se
fosse rimasto da lui, le giovinette non avrebbero imparato che a
leggere, tanto da poter cantare nella processione del Corpus Domini
col libro in mano. Scrivere non sapevano, perchè non era cosa che di
quei tempi si potesse insegnare alle donne, se non da parenti che le
volessero usare al male. Ma lavoravano di cucito per bene, e in casa
facevano tutto colle loro mani: perchè il padre, duro a spendere,
permetteva solo che una donna venisse a cavar l'acqua e a rigovernare
le stoviglie, e appena fatto se n'andasse, che egli gente d'altri in
casa non ne voleva. Per compensarle delle loro fatiche, dava in
carnovale una festicciuola da ballo, in cui si mostrava discreto
spenditore; e una sera di quaresima le conduceva al teatrino del
borgo, a vedervi la passione di Cristo, rifatta dai disciplinanti
della sua confraternita, con gran pompa di mitre, d'elmi, e di turbe,
che finivano col fico di Giuda; donde si vedeva spenzolare l'apostolo
scellerato, tra le risa degli spettatori. Del rimanente la vita la
passavano parte in borgo, parte in villa; il governo della famiglia
era mantenuto dal signor Fedele con gran rigore; ed essendo egli di
quei tali, che intendono gli uffici di capo di casa a una torta
maniera; entrando od uscendo, sulla soglia mutava il viso; altro era
dentro, altro di fuori, burbero ed alla mano. Quando in famiglia si
parlava di lui non dico che si tremasse, ma i cuori si facevano
piccini; fuori nessuno si lagnava dei fatti suoi, nessuno ne diceva
male, ma era uno di quegli uomini che bisogna averli morti per sapere
se furono amati o temuti. Si mostrava assai cosa di chiesa, dove o
s'udiva a intuonare in coro il suo salmo, o si vedeva ritto in parte
da essere scoperto da tutti; in piazza dava strette di mano a destra e
a sinistra; se la faceva da amico con tutti i signori dei contorni, e
coi preti del borgo, allora così numerosi, che dall'alba fino a
mezzogiorno le campane non finivano mai di suonare a messa. Monete pel
sottile ne aveva messe di molto.
Come mai quelle due giovinette senza madre, avessero potuto venire su
così gentili, con quella sorta di babbo; è cosa che non si potrebbe
spiegare, senza dire che la Provvidenza, proprio non soffre un male
quaggiù, che lì vicino non vi ponga il rimedio. Una cognata del signor
Fedele, viveva nella famiglia, recondita, mansueta buona a fare ogni
bene, quantunque fosse cieca nata. Per la vita che aveva menata
raccolta e meditativa, le si erano affinate le virtù dello spirito e
del cuore; di maniera che miglior educatrice, non si avrebbe trovata
nè in C.... nè in altre parti di quella valle. Si poteva dire di lei,
che si fosse seduta al posto della sorella morta, a far da madre alle
sue nipoti; e finchè erano state piccine non aveva provato gran dolore
di non poterle vedere: ma ora sentendo Bianca cresciuta alla voce, ai
detti, ai silenzi in cui cadono le giovinette nell'età della loro
vita, che incomincia la donna; quel non poterla studiare nel viso, era
divenuto un gran tormento per la povera cieca; la quale conosceva
tutte le cose buone e le tristi del mondo, come per una misteriosa
rivelazione. E non potendo altro, pregava Dio che per Bianca e per
Margherita, quando fosse stato tempo da ciò avesse mandato due
giovani, poveri o ricchi non montava, ma quali essa se li sapeva
immaginare; poi che l'avesse presa. Nel borgo non la si vedeva, salvo
che quando andava alla messa e ai vespri, franca di passo in mezzo
alle nipoti; e nel tragitto essa capiva come camminassero confuse
perchè guardate dalla gioventù del borgo: ma con quel suo viso calmo e
muto, comandava rispetto a coloro che avessero osato fissarle di
troppo. Nell'andare e nel tornare dalla chiesa le donne la salutavano:
«damigella Maria:» ed essa si fermava fossero signore o popolane;
appiccava discorso volentieri, interrogava e rispondeva benevola; e
(tutti abbiamo qualche peccato) se quelle persone vestivano a nuovo,
godeva a parlare della bella indiana, del rigatino, del bordato, che
sapeva discernere al tatto e all'odore. E alle voci conosceva anche
gli aspetti, e diceva delle cose e delle persone, servendosi sempre
del verbo vedere, come se davvero avesse veduto. Passeggiava
volentieri a lungo, ma fuori per i prati sulle rive del torrente, che
col suo mormorìo gli pareva un compagno caro come le nipoti che le
davano mano. Ma la sua felicità era l'estate, che se non s'andava in
villa, poteva passare le ore su d'un'altana, ombrata di luppoli, la
quale dava su di un vicoletto, e aveva di faccia la casa di quel don
Marco, stato maestro di Giuliano. Da un terrazzino di quella casa
benedetta, il giovane aveva veduta Bianca la prima volta, questa
dall'altana aveva visto lui; l'intelletto d'amore s'era in essi
destato; e per anni non era passato giorno, che non fossero stati
ognuno al suo posto parecchie ore. Ma Bianca, trovandosi in gran
confusione, si soleva tenere nascosta dietro certi vasi di fiori, col
cuore che le pareva pieno di musiche, di canti, di quell'aura
misteriosa che soffia la primavera. Non s'accorgeva di nulla la cieca,
don Marco qualcosa del suo alunno capiva: tuttavia sapendo che l'amore
nascente all'età di quei due è cosa divina, egli taceva.
Un giorno che ancora l'altana non era rinverdita, ma già si godeva a
stare all'aperto pel tempo bellissimo; la cieca e le nipoti v'erano
state confinate dal signor Fedele, il quale aveva in casa una persona,
con cui gli bisognava parlare in gran secreto; una persona che Bianca
sospettava chi fosse, e a pensarvi le pigliava un'uggia non mai
provata. Damigella Maria, con una sua scusa, fatta andare Margherita
nelle stanze disopra, stringeva coi discorsi Bianca; per sapere da
lei, come mai cinque giorni prima, (il giovedì santo) andando in
chiesa, fosse uscita in un grido mal represso, e quasi avesse
inciampato a guisa di persona confusa da vista inaspettata. Quella era
la quarta volta che la cieca tornava ad assalire la nipote con quei
parlari; dubitando che questa avesse veduto qualcuno, che già potesse
sopra il suo cuore; e voleva cavarle una confessione. Bianca si
schermiva, combattuta dal desiderio di dire la verità, provando anzi
il bisogno di sfogare qualcosa che le bolliva dentro; ma alla zia
no.... sentiva di non potergliela dire.
Potevano essere quel giorno, le quindici ore d'Italia, e il calesse su
cui veniva la signora Maddalena, giungeva a scoprire ii borgo di
C....; e Anselmo ne faceva avvisata la viaggiatrice, la quale al cenno
rispettoso di lui, alzò il capo, e guardò intorno quei luoghi non più
riveduti dacchè vi era venuta col marito, a porre Giuliano a scuola in
casa a don Marco. Rimirando quei luoghi, quasi sentendo d'averlo
ancora allato, pregò l'anima di lui a starle vicino; e le torri brune
di C..., le vette alte degli olmi che allora cingevano il borgo, il
castello in rovina, le parve facessero segno di antica amicizia.
Subito cercò coll'occhio i siti delle case a lei note; vi si mise
dentro colla fantasia, s'immaginò le liete accoglienze; e un po'
raccapricciava, pensando ai mutamenti e alle morti che vi troverebbe
avvenute; un po' noverava le famiglie alle quali, appena avuta una
risposta da chi doveva darla, sarebbe andata ad annunciare le nozze di
Giuliano. E studiava le parole da dirsi; quando quel dolce lavoro
della mente, le fu turbato da uno spettacolo non veduto altra volta.
Pei campi e pei prati a sinistra della via, giostravano gli Alemanni,
passati a D..., mesi prima; quegli Alemanni odiati tanto da suo
figlio; e nei loro esercizi parevano governati da voci strane, alte,
rabbiose; da squilli di trombe, da rumor di tamburi. Alcune coorti di
cavalli galoppavano a briglia sciolta, varcando di lancio i fossati,
balzando con turbinoso agitare di zampe per disopra alle siepi,
divorando fragorose gli spazi a investire le squadre dei fanti; e
allora urla e scompiglio come in vera battaglia. A piè d'un
muricciuolo d'orti, di costa alla via, ardevano i fuochi del campo:
nereggiavano appese sopra le fiamme grosse caldaie, intorno alle quali
s'affaccendavano alcuni soldati luridi; mentre alcuni altri
contendevano per cavar acqua da un pozzo, e ne facevano altalenare il
mazzacavallo, come monelli. Da un poggio poco discosto, si diffondeva
un'armonia di strumenti guerriera e pietosa, che faceva pensare
all'Allemagna, alle famiglie di quei soldati, alle venture sanguinose,
cui erano condotti così da lontano.
La signora Maddalena veniva guardando tutte queste cose, piena di
compassione, e due o tre volte aveva affrettato coi cenni Anselmo
curioso e restio; il quale dopo un altro po' di trottata, uscì dicendo
«siamo arrivati».
Erano dove la via correva tra le ortaglie del borgo, quasi in ripa ad
una gora, che mena anche adesso l'acque ad un antico mulino; e vedendo
a man diritta una chiesetta campestre, la signora Maddalena si
raccomandò al santo patrono di quella, qualunque egli fosse. Quella
chiesetta era dedicata a Santa Marta, e sorgeva allora solitaria in
mezzo a quegli orti; ma oggi la stringe dall'un dei lati, il cimitero,
dove se ne va in pace la nostra gente; dall'altro stanno quattro
muricciuoli a nascondere due tombe; nelle quali (molti lo credono) si
dice che stia rinchiuso il bieco governatore di Sant'Elena, colla sua
famiglia. In verità, sarebbe cosa da chiarirsi, se Hudson Low cacciato
di terra in terra come un malfattore, sia riuscito davvero a finire i
suoi giorni in quel villaggio, così vicino a Montenotte; dove il suo
prigioniero era stato preso sull'ali dalla gloria e dalla fortuna. Il
fatto è che in quelle due tombe, giace una famiglia di protestanti
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